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07 dicembre

Stavamo parlando delle preparazioni con gli strumenti manuali che si basano su due concetti: uno più
vecchio quello apico-coronale, si inizia dalla lunghezza di lavoro per risalire pian piano, la preparazione
canalare consiste nell’eliminazione completa della sostanza organica e nella rettifica del canale in modo da
avere una forma di cono liscio senza interferenze o gradini che potrebbero poi ostacolare la chiusura del
sistema endodontico tridimensionalmente. Una di queste tecniche è la Step-Back. L’altro concetto è
l’opposto , ovvero iniziare dalla corona per poi arrivare all’apice in modo tale da evitare soprattutto le curve
del canale (di solito la curva si trova nel 3°apicale), quindi si tolgono le interferenze, si addolcisce la curva e
allora si può preparare con facilità l’apice (idea di un italiano); le tecniche corono-apicali sono: Step-Down,
la doppia svasatura, la crown-down senza pressione.

La STEP-DOWN è una tecnica ibrida nel senso che è corono-apicale prima e apico-coronale poi, per questo
prende il nome step (da step-back) e down (da crown-down). Prima di tutto rx preliminare, capire
l’anatomia canalare ad esempio 2°premolare superiore mi aspetto di trovare un canale, forse 2 che si
biforcano circa alla metà dell’elemento; tramite rx vedo che il canale termina prima dell’apice allora è un
delta apicale, cioè c’è un grosso canale che si sfiocca in tanti canalini che si vedono e non si vedono; il dente
è debole perché ha due grosse carie, c’è rischio di frattura; il dente è vivo perché tramite rx non vedo
reazione apicale, il pz ha dolore perché è vivo, però potrebbe essere anche morto con una periodontite
apicale acuta. Altra rx, è il 6 inferiore, ha 2 canali nella radice mesiale e 1 nella distale che è grande; c’è una
reazione apicale più evidente in una radice che nell’altra perché sono due patologie differenze: una cronica
l’altra acuta, clinicamente il pz o presenta una fistola o un ascesso. Dove si vede più chiaro c’è un
granuloma non riacutizzato quindi una periodontita apicale cronica, dall’altra o c’è un granuloma o è
iniziato ex novo una periodontite apicale acuta con ascesso periapicale poi questo trova una via quindi
fistola.

La step-down dopo l’rx prevede la classica preparazione della cavità d’accesso, l’eliminazione dei
sottosquadri e delle interferenze coronali, e la strumentazione, quelli manuali utilizzati in questa tecnica
sono: l’hedstroem in movimento di va e vieni circonferenziale, files in acciaio precurvati utilizzati con ¼ di
giro associati ad un movimento di va e vieni. Gli irriganti sono sempre gli stessi quindi ipoclorito di sodio ad
ogni passaggio strumentale e EDTA liquido o gel in caso di costrizioni canalari, atresie canalari, ostacoli
calcifici.

Primo momento della step-down è con una lima da 8 e 10 all’inizio della curvatura, si presume che la radice
abbia una curvatura; quando si è arrivati ad una profondità di 15-16 e non c’è una curva, ci si ferma
comunque; poi si lascia il file e si inizia ad utilizzare prima l’hedstroem 15 che dovrebbe riuscire a penetrare
1mm più profondamente rispetto alle lime; poi il 20 che dovrebbe arrivare tra il 16-18mm di profondità, si
gira e si gratta via sulle pareti, questo dà luogo alla preparazione del canale. A questo punto la preparazione
è fino alla metà della curva o a 18mm, mancano gli ultimi 4-5mm a seconda dell’elemento che ancora non
vengono preparati. Con una Gates-Glidden n°1 si arriva fino alla preparazione cioè ai 18mm, si effettua il
movimento a svasare coronalmente, usando poi la n°2 e 3. Quindi prima si prepara il terzo coronale, gran
parte del terzo medio; poi di nuovo lima 10-15 alla lunghezza di lavoro presunta, cioè a quella che risulta
dalla rx preliminare, a questo punto rifacciamo una rx con lo strumento inserito per vedere con la tecnica di
Beveridge se effettivamente lo strumento 15 arriva alla lunghezza di lavoro che nel dente necrotico è
all’apice radiografico e nel dente vivo a 1-1,5mm coronalmente; quindi facciamo la rx e mettiamo lo stop
fino alla lunghezza del canale, e si potrebbe utilizzare anche il rilevatore elettronico, abbiamo determinato
così la lunghezza di lavoro. Come dicevamo questa tecnica prepara prima il terzo coronale e medio (crown-
down) poi il terzo apicale step-back cioè dopo il 15 si porta il 20 alla lunghezza di lavoro, 25 sempre files, 30
ad 1mm dalla lunghezza di lavoro, 35 a 2mm , lima 40 a 3mm , lima 45 a 4mm e 50 a 5mm, questo ha la
stessa dimensione della Gates-GLidden 1 per cui andiamo con il 50 a raccordare la patre preparata crown-
down e quella step-back. Di solito il terzo apicale è meno preciso degli altri due perché quest’ultimi sono
stati preparati con gli strumenti strisciando sulle pareti, per rettificare questa porzione che è fatta di piccoli
imputi sovrapposti allora, si possono utilizzare degli hedstroem per limare gli scalini presenti; a questo
punto il canale è pronto per la chiusura; è chiaro che ad ogni passaggio strumentale si fa un lavaggio con
l’ipoclorito.

Un’alternativa a questa tecnica è quella della DOPPIA SVASATURA che è stata la prima tecnica crown-down
pura nel senso che non prevede più il passaggio step-back. Si inizia subito nell’andare a cercare l’apice con
una lima 10 alla lunghezza di lavoro presunta rispetto alla rx preliminare, e una 15 ; quindi il preflaring
viene effettuato comunque, si ha un cateterismo iniziale classica arrivando cioè con un file 10-15 alla
lunghezza di lavoro presunta; dopodiché si passa subito a determinare la lunghezza di lavoro tramite una rx
con il 15 inserito. Una volta fatto ciò, la misura della lunghezza la si scrive da parte. Poi si ricomincia con
una lima 35 si arriva a 14mm di profondità, questa si deve impegnare, se non lo fa, si arriva fino a dov’è
ostacolata quindi fino a dove si impegna, si fanno 2/4 di giro e si effettua poi il lavaggio; si progredisce poi
verso l’apice (è corono-apicale), con la lima 30 ad 1 mm di maggiore profondità, 25 ad 1 di maggiore
profondità, 20, 15, lima 10 dovrebbe arrivare alla lunghezza di lavoro, si ricomincia poi con un 15 alla
lunghezza di lavoro, poi 20-25, 30 ad 1mm dalla lunghezza , questa è la tecnica della doppia svasatuta
perché prima si svasa la zona coronale e poi quella apicale; 35 a 2mm, 40 a 3mm, 45 a 4mm , 50 a 5mm e a
questo punto si utilizzano le Gates-Glidden n°1-2-3 sempre in direzione coronale. È simile alla step-back
solo che in questa si fa tutto manualmente ma è sicura.

CROWN-DOWN SENZA PRESSIONE ideata per semplificare la preparazione dei canali curvi, gli strumenti
sono lime con azione a quarti di giro in acciaio, è particolare perché prevede l’utilizzazione di strumenti
molto grandi all’inizio che preparino tutta la porzione del 3 medio e coronale. Le fasi sono: determinare
innanzitutto la lunghezza di accesso radicolare (profondità a cui penetra un 35 senza forzare), se questa è
uguale o maggiore di 16mm allora si procede altrimenti si fa un allargamento con una lima 10-15-20 finchè
il 35 arriva a 16mm; poi si stabilisce la lunghezza di lavoro provvisoria basandosi sulla rx preliminare, ci si
ferma ad una zona di sicurezza, 3mm dall’apice radiografico, lontano dall’apice. Nella prima sequenza
quindi si utilizza il 35 a 16mm in rotazione, quarti di giro senza pressione, poi col 30-25-20-15 sempre più
profondamente e senza pressione, il 15 dovrebbe arrivare alla lunghezza di lavoro provvisoria e il 10 a
quella effettiva e la si determina poi con una rx. Seconda sequenza: inizieremo con una 40 a 16mm poi 35-
30-25-20 sempre più profondamente, senza pressione e il 15 dovrebbe arrivare alla lunghezza di lavoro
effettiva. Con la terza sequenza il primo strumento sarà il 45 e l’ultimo un 20; con la quarta si inizia con il 50
e si finisce con il 25 sempre senza pressione e inserendo lo strumento a grattare le pareti; quindi in un
dente vivo il 25 va bene. I possibili problemi comuni alle tecniche manuali e rotanti sono che la
preparazione ha sezione tendenzialmente circolare; necessità di agire con irrigazioni abbondanti e con le
ricapitolazioni continue; è utile l’EDTA anche se il canale non è atresico perché oltre che agire sulla sostanza
inorganica, è un ottimo lubrificante e permette allo strumento di scorrere.

IRRIGANTI CANALARI  sono di 2 tipi: quelli che servono ad eliminare la sostanza organica e altri che
eliminano parte di quella inorganica. Quello che riesce ad eliminare la sostanza organica tende ad eliminare
sia i residui pulpari sia le parti necrotiche sia i batteri presenti; il principale è l’ipoclorito di sodio. Questo ha
un’azione antibatterica per soluzione che vanno dallo 0,5 a 5 %; attività istolitica; una certa tossicità;
un’attività coagulativa ed è un lubrificante. L’azione antibatterica è massima per le concentrazioni al 5% .
bisogna stare attenti a non spingerlo fuori dall’apice perché può dare attività istolitica (il pz avverte dolore
all’apice), la tossicità è relativa ma molto importante è l’attività coagulativa perché se incontra un vaso
all’esterno lo fa scoppiare per cui si hanno forti reazioni con manifestazioni con ematomi. L’ipoclorito viene
prodotto facendo reagire cloro (gas) con l’idrossido di sodio, da questa reazioni si formano composti come
cloruro di sodio. L’attività istolitica si manifesta in modo più efficace sui tessuti necrotici rispetto a quelli
vitali e si è visto che quello al 5% risulta di efficacia maggiore sui detriti organici rispetto al 2%. Una
caratteristica particolare è che agisce grazie ad una reazione chimica che viene accelerato dal calore, a 37°
aumenta l’efficacia infatti. Gli apici con diametro > 50 possono permettere la fuoriuscita apicale,
normalmente non si inserisce con pressione. Quanto ci deve stare nel canale? Ci deve essere di continuo,
ma in realtà questo non è giusto, esistono dei tempi minimi, è sufficiente il tempo di posa e poi viene
aspirato immediatamente quindi 5-10sec per ogni strumentazione. Se ho un canale molto grande con apice
25, posso lasciare l’ipoclorito agire; a volte i canali sanguinano finché non è stato eliminato tutto il
materiale all’interno e quindi l’ipoclorito è utile qui. Se c’è un canale laterale, bagno di ipoclorito perché
andrà a riassorbire il materiale organico di quel canale laterale e permetterà poi la chiusura del canale
rimasto vuoto. Quindi il turn-over degli irriganti dipende dalla forma e dal diametro del canale (apicale).
Come utilizzare gli irriganti? Per aumentare l’efficacia ad esempio, all’interno del canale si possono
utilizzare degli ultrasuoni, mettendo uno strumento sulla punta dell’ablatore senza acqua, si può agitare
l’ipoclorito che ha un’azione molto efficiente. Tra gli irriganti ci sono altri che danno luogo all’asportazione
di sostanza organica ovvero il Perossido di urea o in qualche caso antibiotici fluidi. Solitamento un
trattamento endodontico lo si fa interamente con l’ipoclorito, se l’operatore utilizzasse EDTA dovrà seguire
uno schema: prima si fa una pulizia generale con l’ipoclorito, poi si usa un gel di EDTA e di perossido di urea
per l’allargamento meccanico di 2/3 coronali, di nuovo ipoclorito al 5% ogni qualvolta si cambia strumento,
quindi l’alternanza dev’essere ipoclorito, EDTA, ipoclorito , quest’ultimo annulla l’effetto dell’EDTA. Tra le
sostanze che danno una reazione chimica sulla componente inorganica, ci sono i CHELANTI, sostanze che
hanno affinità per metalli bi o trivalenti come il calcio e piombo che sono capaci di legare in complessi
stabili. Il principale chelante è l’acido etilendiaminotetracetico (EDTA) ed il suo sale sodico (edetato
disodico). Essendo capace di legarsi al calcio, ovviamente strappa dalla sostanza inorganica della dentina, il
calcio, dando luogo alla dissoluzione della struttura dei cristalli di idrossiapatite. Mentre l’uso topico è privo
di effetti collaterali, l’ingestione può produrre vomito, diarrea, dolori addominali. A cosa serve
fondamentalmente? L’EDTA rimuove il fango dentinale prodotto durante la preparazione sia manuale che
meccanica, legando gli ioni Ca++ dentinali e sostituendoli con ioni Na++ in Sali solubili che vengono portati
via dalla restante componente dell’ EDTA gel o liquido. Lo smear layer può essere definito come uno strato
amorfo di detriti organici ed inorganici che si forma sia in seguito a preparazioni con frese sia in seguito
all’utilizzazione degli strumenti endodontici per cui si distingue uno smear layer endodontico e dentinale
(coronale); lo strato ha spessori variabili 0,5-1 micron che si deposita all’imbocco dei tubuli dentinali, è
meglio eliminarlo e viene rimosso proprio dall’EDTA. Ovviamente l’edta è incapace di agire sulla
componente organica e quindi è necessario alternarlo con l’ipoclorito di sodio. A quale concentrazione? I
risultati migliori si hanno al 15-17% e ipoclorito al 5% , questo in quantità equivalenti. Queste soluzioni
quindi vengono tamponate con idrossido di sodio in modo da innalzare il pH da 4 a 7 ed aumentarne
l’efficacia; le soluzioni a base di EDTA possono essere accompagnate da altre sostanze antisettiche come il
CETRIMIDE (CETRIXIN). Per la rimozione del fango dentinale possono essere utilizzati anche gli ultrasuoni
(per 5min. in combinazione con NaOCl) o con acidi (a.citrico al 50%, l’ortofosforico al 37%). Tra i chelanti
ricordiamo il sistema caridex ormai scomparso, serviva per il trattamento indolore delle carie nei bambini. I
prodotti commerciali per la rimozione del fango sono in CANAL CLEAN che contiene a.ortofosforico al 35%,
a.citrico, cetrimide e acqua depurata. Il CANAL CLEAN NEUTRO invece è una soluzione al 17% di EDTA
tamponato a pH 7, utilizzato durante la preparazione canalare alternato all’ipoclorito al 5%; nella
detersione finale prima dell’otturazione canalare per eliminare lo smear layer ; nelle ricostruzioni post-
endodontiche prima della cementazione di perni per migliorare la ritenzione. Altro prodotto è il
CETREXIDIN in soluzione che contiene EDTA al 15%, cetrimide 0,2% e clorexidina 0,2%. Il SALVISOL è
un’alternativa che quasi nessuno usa, si deve usare ipoclorito, EDTA e poi questo che è un acetato di
amminoquinaldinio. La LARGAL ULTRA non ha una grande commercializzazione al contrario della R.C. PREP
composto da EDTA 15%, perossido di urea 10% e glicerolo. Il CANAL + e il ROCANAL IRRIGATION con edta
diluito allo 0,2% che è stato abbandonato. Poi c’è il GLYDE che è una soluzione gelatinosa veicolata da
glicerolo.

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