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1 Recentemente sono stati recuperati diversi documenti, tra cui il diario privato dell’arciprete
locale che seguì gli avvenimenti, si veda F. Fusco, Carlo Pisacane e la Spedizione di Sapri, Galze-
rano editore, Casalvelino 2007. Per la distribuzione delle medaglie alla Guardia Urbana nel 1857
si veda Ministro e Real segreteria di Stato della Presidenza del consiglio dei ministri all’Intendente
di Principato Citeriore Luigi Ajossa, in ASS, disbarco sedizioso effettuato in Sapri, B. 98, f. 5. I
documenti originali sulla rivoluzione nel distretto di Sala furono pubblicati in originale qualche
mese dopo, si veda A. Alfieri D’Evandro, Della insurrezione nazionale nel salernitano. Pensieri e
documenti, Del Vaglio, Napoli 1861, pp. 46-54. Per le abbreviazioni successive: ASN (Archivio di
Stato di Napoli), ASS (Archivio di Stato di Salerno), MSMN (Museo nazionale di San Martino);
FS (fondo Sapri).
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Pinto, Conflitto civile e guerra nazionale
2 A.M. Rao, Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia (1799-1802), Guida, Napoli
1992; M. Isabella, Risorgimento in esilio. L’internazionale liberale e l’età delle rivoluzioni, Later-
za, Roma-Bari 2011; Id., Exile and Nationalism: the case of Risorgimento, in «European History
Quarterly», 4, 2006; F. Sofia, Esilio e Risorgimento, in «Contemporanea», 3, 2011, pp. 557-64.
3 G. Galasso, Il Mezzogiorno borbonico e risorgimentale (1815-1860), Utet, Torino 2006; M.
Meriggi, Gli stati italiani prima dell’Unità. Una storia istituzionale, il Mulino, Bologna 2002; H.
Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Martello, Milano 1960; G. De Sivo, Storia delle Due Sicilie
dal 1847 al 1861, (1863), Berisio, Napoli 1962-1966; G. Galasso, I Borboni delle Due Sicilie, Edita-
lia, Roma 1992; R. Moscati, I Borboni d’Italia, ESI, Napoli 1970; M. Petrusewicz, Come il Meri-
dione divenne una Questione. Rappresentazioni del Sud prima e dopo il Quarantotto, Rubbettino,
Catanzaro 1998; A. Spagnoletti, Storia del Regno delle Due Sicilie, il Mulino, Bologna 1997.
4 G. Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento, Feltrinelli, Milano 1962;
B. Croce, Storia d’Europa nel secolo XIX, Laterza, Bari 1943; G. Salvemini, Mazzini, Catania 1915.
Per la Spedizione: S. Russo, La storiografia sul Mezzogiorno nell’ultimo quarantennio, in La sto-
riografia sull’Italia contemporanea, a cura di G. Cassina, Giardini, Pisa 1991; Tra pensiero e azione:
una biografia politica di Carlo Pisacane, a cura di C. Pinto e L. Rossi, Plectica, Salerno 2010.
5 L. De Monte, Cronaca del Comitato Segreto di Napoli sulla Spedizione di Sapri, Stamperia
del Fibreno, Napoli 1877; P. Bilotti, La Spedizione di Sapri. Da Genova a Sanza, Salerno 1907; L.
Cassese, La Spedizione di Sapri, Laterza, Bari 1968.
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lavori inseriti nella lunga tradizione che, hanno ricordato Roman Schnur
e di recente Gabriele Ranzato, ha collocato gli studi sulle rivoluzioni
e sulle guerre civili sempre all’interno della prospettiva rivoluzionaria,
anche a prescindere dalla appartenenze ideologiche e culturali degli stu-
diosi6. Il conflitto civile non è una inevitabile e ripugnante conseguenza
di una frattura storica (la guerra fratricida), o una categoria subordinata
a un movimento lineare e progressivo qual è quello rivoluzionario, ma
una lotta per il potere o per un’ideologia, all’interno di un paese e tra
cittadini dello stesso Stato. Pertanto è un elemento necessario per com-
prendere la formazione della nazione nell’epoca risorgimentale7.
Nel 1857, ancora una volta, emersero due opposte scelte rispetto
all’appartenenza allo stesso Stato. Norberto Bobbio ha definito le guer-
re civili come «lotta tra parti, partiti, fazioni costituite da cittadini dello
stesso Stato o della stessa città»8. Nel Mezzogiorno borbonico c’era que-
sta condizione: c’era chi preparava e tentava un atto di guerra contro le
forze al potere e chi reagiva per difendere il proprio ruolo e la titolarità.
Nel Sud degli anni cinquanta c’erano almeno quattro differenti correnti
politiche, con varianti al loro interno: radicali e moderati tra i liberali,
costituzionali e assolutisti tra i legittimisti.
Alla base, due visioni opposte e nemiche: quelli che sostenevano la
casa di Borbone e la sua tradizione più che secolare, e quelli che avevano
abbracciato il liberalismo o la democrazia, con il mito della unificazione
italiana. I termini della questione erano chiari ai contendenti. Anche il
capo urbano realista di un piccolo paese del Regno capiva che gli avver-
sari volevano «distruggere il real governo»9. Quando iniziò lo scontro a
fuoco tra gli uomini di Pisacane (quasi tutti meridionali) e la gendarme-
ria e la guardia urbana borbonica (tra l’altro quasi tutti civili), raccontò
6 Si veda G. Ranzato, Un evento antico e un nuovo oggetto di riflessione, in Guerre fratri-
cide. Le guerre civili in età contemporanea, a cura di G. Ranzato, Bollati Boringhieri, Torino
1994, pp. IX-XVI. Per un inquadramento del dibattito: Nazione e controrivoluzione nell’Europa
contemporanea 1799-1848, a cura di E. di Rienzo, Guerini e associati, Milano 2004; R. Schnur,
Rivoluzione e guerra civile, Giuffré, Milano 1986; R. Cobb, Reazioni alla rivoluzione francese,
Franco Angeli, Milano 1990. Per un confronto: E. Labrousse, 1848-1830-1789: comment naissent
les révolution, Presses Univérsitaires de France, Paris 1948; M. Mollat e P. Wolff, Les révolutions
populaires en Europe aux XIV e XV siècles, Calmann-Levy, Paris 1993; P. Viola, Il crollo dell’an-
tico regime. Politica e antipolitica nella Francia della rivoluzione, Donzelli, Roma 1993; C. Tilly,
Le rivoluzioni europee 1492-1992, Laterza, Roma-Bari 1993: D. M. G. Sutherland, Rivoluzione e
controrivoluzione. La Francia dal 1789 al 1815, il Mulino, Bologna 1985.
7 S. Lupo, L’unificazione italiana. Mezzogiorno, rivoluzione, guerra civile, Donzelli, Roma
2011, pp. 6-12.
8 N. Bobbio, Guerra civile, in «Teoria politica», 1992, 1-2, p. 299.
9 Relazione del capo urbano di Sapri Vincenzo Peluso, luglio 1857, in ASS, Processi politici,
B. 197, ff. 3-4.
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10 Relazione del giudice regio del circondario di Sanza Vincenzo Leoncavallo al Procuratore
Generale del Re Francesco Pacifico, in ASS, Processi politici, B. 205, ff. 6-8.
11 Lupo, L’unificazione italiana cit.; M. Marmo, Il coltello e il mercato. La camorra prima
e dopo l’Unità, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2011; N. Perrone, L’inventore del trasfor-
mismo. Liborio Romano, strumento di Cavour per la conquista di Napoli, Rubbettino, Soveria
Mannelli 2009; Quando crolla lo Stato. Studi sull’Italia pre-unitaria, a cura di P. Macry, Liguori,
Napoli 2003; R. Martucci, L’invenzione dell’Italia unita. 1855-1864, Sansoni, Milano 1999.
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12 Lettera di Rosa Morici al direttore del Museo di San Martino, Napoli 9 luglio 1900, in
MNSM, FS, s. 9, cass. XXIX.
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13 J.C. Martin, Rivoluzione francese e guerra civile e P. Pezzino, Risorgimento e guerra civile.
Alcune considerazioni preliminari, in Ranzato, Guerre fratricide cit. Per un confronto interpreta-
tivo, Ch. Tilly, La Vandea, Rosenberg & Sellier, Torino 1976; J.C. Martin, I bianchi e i blu. Realtà
e mito della Vandea nella Francia rivoluzionaria, SEI, Torino 1989.
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dinando II. Nel mondo liberale, invece, si trattava della generazione più
giovane del 1848 o addirittura di giovanissimi. I parlamentari, i dirigenti
più in vista erano in esilio o in carcere, comunque fuori gioco in questa
fase (torneranno in campo nel sessanta). Gli uomini del decennio e della
rivoluzione costituzionale erano molto anziani, spesso morti o fuorigioco
(in qualche caso riassorbiti dalla politica del re, come Filangieri). Il taglio
scelto in questo saggio ci porta invece ai quadri direttamente impegnati nel
Mezzogiorno nello scontro tra rivoluzione e controrivoluzione.
Una premessa sui due napoletani più in vista nei fronti del 1857 può
offrire un primo profilo della frattura meridionale: Ferdinando Troya, al
vertice borbonico, e Carlo Pisacane, il leader rivoluzionario. Troya era dal
1852 segretario di Stato e presidente del consiglio dei ministri. Uomo duro
e puro della dinastia (De Cesare lo ricordava ai limiti della superstizione re-
ligiosa), aveva sostituito Giustino Fortunato (altro parente di futuri illustri
meridionali), caduto in disgrazia dopo il fallito tentativo di evitare la pubbli-
cazione delle lettere di Gladstone. Suo fratello, Carlo, storico del medioevo
ed esponente del neoguelfismo napoletano, era invece stato l’unico capo del
governo costituzionale di tendenza unitaria, dimessosi a causa gli scontri del
15 maggio, dopo aver cercato di portare il Regno nell’alleanza italiana e di
spostare l’equilibrio politico delle Due Sicilie a favore di un liberalismo co-
stituzionale e modernizzante. Entrambi provenivano dalla classe dirigente
del Regno, ma finirono per rappresentare due simboli opposti dello svilup-
po della monarchia amministrativa. Tutti e due i fratelli, in epoche diverse e
per motivi contrari, moriranno isolati e sconfitti.
Altrettanto valido è l’esempio dei Pisacane. La biografia di Carlo, uomo
di punta della democrazia nazionalista (e socialista), è conosciuta (sono re-
centi alcuni studi sulla compagna Enrichetta)14. Dopo la fuga d’amore e le
varie peripezie dell’esilio (con la parentesi della Legione straniera) fu tra i
volontari del 1848 e, soprattutto, capo di stato maggiore della Repubblica
romana. Nel decennio successivo fu uno dei più originali e combattivi
intellettuali della sinistra democratica, figura di spicco nei dibattiti ide-
ologici tra gli esuli e i militanti nazionalisti15. Quasi ignota è la storia del
fratello Filippo, fedelissimo ufficiale borbonico. Seguì il re nella campagna
14 E. Doni, C. Galimberti, L. Levi, D. Maraini, M.S. Palieri, L. Rotondo, F. Sancin, M. Serri,
F. Tagliaventi, C. Valentini, Donne del Risorgimento, il Mulino, Bologna 2011.
15 C. Pisacane, La rivoluzione, Einaudi, Torino 1976; Id., La guerra del 1848-49 in Italia,
Rossi, Napoli 1970; Id., Vita e scritti scelti, Dalai, Milano 2011; Id., Eguaglianza, Mimesis, Milano
2011; L. Russi, Carlo Pisacane: vita e pensiero di un rivoluzionario senza rivoluzione, Esi, Napoli
2007; A. Bojano, Briganti e senatori: Garibaldi, Pisacane e Nicotera nel destino di un senatore
del Regno, Guida, Napoli 1997; L. La Puma, Il pensiero politico di Carlo Pisacane, Giappichelli,
Torino 1995; C. Vetter, Carlo Pisacane e il socialismo risorgimentale, Franco Angeli, Milano 1984;
N. Rosselli, Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano, Einaudi, Torino 1958.
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16 Su Filippo Pisacane è in corso di stampa un saggio scritto dal suo discendente dott. Ernesto
Pisacane. L’archivio dei Pisacane è ancora conservato, in parte dalla famiglia, in parte depositato
presso la Biblioteca nazioanle di Napoli. Un caso analogo a quello di Rosolino Pilo e del fratello
borbonico, si veda Pezzino, Risorgimento e guerra civile cit., p. 66.
17 ASS, Gabinetto Intendenza, B. 274, f. 38.
18 P. Villani, Luigi Ajossa, in Dizionario Biografico degli Italiani; Necrologio, in «La Illustra-
zione italiana», V (1878), I sem., p. 9; Bilotti, La spedizione di Sapri cit.; R. De Cesare, La fine di
un Regno, I, Città di Castello 1908, pp. 8, 280-282; L. Cassese., Luci ed ombre nel Processo per
la spedizione di Sapri, in L’attività del centro culturale dell’Archivio di Stato di Salerno, Salerno
1958, pp. 72, 75, 80.
19 Esercito delle Due Sicilie, Ruoli de’ generali ed uffiziali attivi e sedicenti di tutte le armi del
real esercito di s.m. il re del Regno delle Due Sicilie, Reale tipografia militare, Napoli1846.
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20 F. Minolfi, Contemporaneità. Biografia del cav. Ludovico Bianchini [Biogr. del cav. L.
B.], Capolago 1840; B. Cely Colaianni, Intorno la vita e le opere del comm. Ludovico Bianchini,
Napoli 1856; G. Ricca Salerno, Storia delle dottrine finanziarie in Italia, A. Reber, Palermo 1896;
E. De Vincentiis, La caduta della monarchia borbonica in un’opera inedita di Ludovico Bianchini,
in Archivio storico italiano, LXXXIII (1925); B. Croce, Francesco De Sanctis e lo scioglimento e
la ricomposizione della Società Reale di Napoli nel 1861, in Id., Aneddoti di varia letteratura, IV,
Laterza, Bari 1954; G. Raffiotta, Della vita e delle opere di Ludovico Bianchini, in L. Bianchini,
Storia delle finanze del Regno di Napoli, Cedam, Padova 1960; R. Villari, Problemi dell’economia
napoletana alla vigilia dell’unificazione, in Id., Mezzogiorno e contadini nell’età moderna, Later-
za, Bari 1961; G. Cingari, Il dibattito sullo sviluppo economico del Mezzogiorno dal 1825 al 1840,
in Id., Problemi del Risorgimento meridionale, D’Anna, Messina–Firenze 1965.
21 Nomina del cav. G. Calvosa, in ASS, Gabinetto Iintendenza, B. 275, f. 9.
22 Incartamento sulla vita del maggiore di Gendarmeria reale sign. De Liguoro nel Distretto
di Vallo, in ASS, Gabinetto Intendenza, B. 123.
23 De Cesare, La fine di un regno cit., pp. 241-8.
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rono fedeli però alla dinastia. Nel 1860, ad esempio, la famiglia di Ajossa fu
accusata di promuovere i violenti tumulti che nel suo circondario accompa-
gnarono il plebiscito, repressi dai garibaldini calabresi di Agostino Plutino.
Anche De Liguoro (con gran parte della gendarmeria) combattè fino alla
fine per l’estrema difesa della dinastia. L’eccezione fu Ghio, testimonianza
dello sbandamento di una parte della classe dirigente borbonica. Si arrese a
Garibaldi con i suoi uomini a Soveria Mannelli e fu nominato dal dittatore
comandante della fortezza di Sant’Elmo, ma subito destituito per le proteste
dei mazziniani. Fu ucciso, in forme misteriose e mai chiarite, in una zona
collinare di Napoli, i Ponti rossi.
Se la classe dirigente borbonica del 1857 era convinta della propria ap-
partenenza politica e funzione nazionale, dall’altro lato del conflitto me-
ridionale troviamo un’altrettanto solida determinazione negli ambienti
liberali che avevano invece scelto definitivamente la possibile patria ita-
liana. I dirigenti erano tutti (o quasi) professionisti e borghesi, estranei
alle istituzioni del Regno. Le figure più rappresentative, nel Mezzogior-
no, erano Giuseppe Fanelli (segretario del Comitato segreto, ingegnere
e architetto), Nicola Mignogna (avvocato e dirigente pugliese), Giacinto
Albini (avvocato, insegnante e capo dei liberali lucani), Giuseppe Libertini
(massone di Lecce) e Giovanni Matina (medico e leader dei democratici
salernitani). Fanelli nel 1848 andò volontario in Lombardia e nella Repub-
blica Romana. Mazziniano convinto, diventò il segretario del comitato
segreto del Partito d’azione nel napoletano e il principale coordinatore
della rete democratica clandestina24. Mignogna proveniva da una famiglia
antiborbonica dal 1799. Dirigente radicale dagli anni trenta-quaranta fino
al ’48, diventò un punto di riferimento della resistenza antiborbonica e
il principale animatore del comitato segreto, fino all’arresto e all’esilio25.
Albini era il più popolare e radicato tra i dirigenti territoriali del comitato
segreto. Aveva un retroterra territoriale liberale e radicale. Era stato tra i
dirigenti del circolo costituzionale del 1848 e poi tra i fondatori della rete
clandestina in Basilicata (unificando moderati e radicali)26. Matina veniva
da uno storico nucleo carbonaro. Il suo ambiente, il Cilento e il Vallo
24 A. Lucarelli, Giuseppe Fanelli nella storia del Risorgimento e del socialismo italiano, Vec-
chi, Trani 1952.
25 G. Pupino Carbonelli, Nicola Mignogna nella storia dell’Unità d’Italia, A. Morano, Napo-
li 1880; A. Criscuolo, Ricordi di Nicola Mignogna, Taranto 1888; T. Pedio, Dizionario dei patrioti
lucani: artefici e oppositori, (1700-1870), Vecchi, Bari 1969-90; V. Lisi, L’Unità e il Meridione.
Nicola Mignogna (1808-1870), Lupo, Copertino 2011.
26 Per Giacinto Albini: ricordi biografici e storici, Potenza 1883; D. Albini, A Giacinto Albini:
pubbliche onoranze della Basilicata, Potenza 1893; Pedio, Dizionario dei patrioti lucani cit.; L. Pre-
dome, La Basilicata (Lucania), Bari 1964; G. Racioppi, Storia dei moti di Basilicata e delle provincie
contermini nel 1860, A. Morelli, Napoli, 1867.
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mitato segreto scriveva che nel suo territorio «il partito reazionario molto
è nei principali paesi disposto ad armarsi e combattervi nell’insorgere», il
funzionario borbonico della stessa area utilizzava parametri esattamente
identici nel definire l’esistenz29. Un rapido sguardo può offrire un quadro
di queste divisioni, ma un’intensa ricerca di archivio e di fonti locali (nu-
merose, anche a livello di archivi privati) consentirebbe in altre sedi uno
studio più organico. Nei centri interessati direttamente dalla spedizione,
si vede con chiarezza che c’erano i due partiti, quello dichiarato, realista, e
quello non dichiarato dei liberali (ma formalizzati come tali perché inse-
riti negli elenchi degli attendibili privi di diritti politici). A Sapri c’erano i
Peluso alla guida del partito borbonico (famosi per aver ucciso il deputato
cilentano Carducci, leader dei moti del ’48). I loro nemici erano i Gallotti,
da generazioni invece gli animatori dell’opposizione. A Padula erano due
religiosi, l’arciprete Santomauro e il prete Vincenzo Padula, capi rispetti-
vamente del partito borbonico e di quello liberale. A Sanza il capo urbano
Laveglia era osteggiato dai Barzelloni. Il capo dei liberali del distretto di
Torchiara, Magnoni, invece aveva i suoi nemici nel capoluogo. Da una
parte e dall’altra c’erano obiettivi e memorie, i realisti avevano la Guardia
urbana, i liberali avevano comandato nel ’48 la Guardia nazionale. Tut-
ti avevano familiari sanfedisti o calderari, oppure liberali e carbonari. Le
linee di frattura si propagavano a ogni livello almeno attraverso due seg-
menti: la formazione di tradizioni, culture e memorie politiche contrap-
poste, oramai consolidate anche a livello locale, e la crescente divisione
della società meridionale tra opinioni e gruppi sempre più distanti.
3. Un conflitto asimmetrico:
Stato e antistato nel Mezzogiorno borbonico
I due segmenti della società meridionale che lottarono negli anni cin-
quanta ereditarono un’esperienza di sessant’anni di scontro politico. I
funzionari e i militari borbonici utilizzavano le strutture del decennio,
consolidate dalla monarchia amministrativa e infine dalla reazione del
post-’48. I nemici della Dinastia riproponevano il tentativo di istituzio-
nalizzare uno Stato parallelo clandestino, creando le condizioni per una
competizione asimmetrica. C’era un paese con istituzioni moderne (in
cui solo un settore, per quanto importante, era preposto all’azione po-
29 Il comitato a Michele Magnone, 13 ottobre 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXIX; Il direttore
Bianchini all’Intendente della provincia di Principato Citeriore L. Ajossa, Napoli 16 maggio 1856,
in ASS, Spirito pubblico, B. 157, f. 26.
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30 B. Croce, Uomini e cose della vecchia Italia, II, Laterza, Bari 1943, p. 318.
31 Il direttore Bianchini all’Intendente Ajossa, Napoli 20 maggio 1857, in ASS, Spirito pub-
blico, B. 157, f. 26.
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36 Dal Sottintendente del distretto di Sala all’Intendente di Salerno, Sala 4 luglio 1855, in ASS,
Gabinetto Intendenza, B. 95, F. 6.
37 Dal Sottointendente di Vallo all’Intendente della Provincia di Salerno, Vallo 11 dicembre
1856, in ASS, Gabinetto Intendenza, Spirito pubblico, B. 156, f. 20.
38 Il Sottintendente G. Calvosa all’Intendente della provincia di Principato Citeriore L. Ajos-
sa, Sala 30 maggio 1857, in ASS, Spirito pubblico, B. 98, f. 2.
39 Il Sottintendente del distretto di Sala, G. Calvosa all’Intendente di Principato Citeriore, L.
Ajossa, Sala 30 maggio 1857, in ASS, B. 97, f. 22.
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40 G. Mazzini, Note autobiografiche, Centro napoletano di studi mazziniani, Firenze 1944, pp.
106-8.
41 A. Ottolini, La carboneria dalle origini ai primi tentativi insurrezionali, Società tipogra-
fica modenese, Modena 1936; R. F. Esposito, La massoneria e l’Italia dal 1800 ai giorni nostri,
Edizioni paoline, Roma 1969; G. Leti, Carboneria e massoneria nel Risorgimento italiano. Saggio
di critica storica, Genova 1925; A. Luzio, La massoneria e il Risorgimento italiano, A. Forni,
Bologna 1866.
42 Avvertenze di Carlo Pisacane al comitato, 1856, in C. Pisacane, Epistolario, a cura di A.
Romano, Società Dante Alighieri, Milano 1937, pp. 298-302.
43 Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento cit., pp. 539-90; O. Dito,
Massoneria, carboneria e altre società segrete nella storia del Risorgimento italiano, A. Forni,
Bologna 1866; A. De Stefano, Lettere di Nicola Fabrizi a Rosolino Pilo, Società di storia patria,
Palermo 1968.
44 Luigi Dragone per il comitato a Nicola Fabrizi, 6 novembre 1856, in MSMS, FS, s. 9, c.
XXXV.
45 Giacinto Albini al comitato, 3 novembre 1856, in MSMN, s. 9. C. XL.
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46 G. Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento cit., pp. 691-5; C. Pinto,
Progettare la nazione. Il movimento democratico meridionale tra il 1857 e il 1860, in Pinto, Rossi,
Tra pensiero e azione: una biografia politica di Carlo Pisacane cit.
47 Alessandro Mauro a Giuseppe Fanelli, 26 giugno 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXVI.
48 Il comitato a Nicola Fabrizi, 15 maggio 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXII.
49 Il comitato a Giacinto Albini, 24 dicembre 1856, in MSMS, FS, s. 9, c. XL.
50 Michele Magnone al comitato, 3 febbraio 1857, in MSMN, s. 9, c. XXXIX.
51 Il comitato a Michele Magnone, 19 dicembre 1856, in MNSN, FS, s. 9, c. XXXIX; Giuseppe
Fanelli a Nicola Fabrizi, 16 gennaio 1857, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXIV.
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nei luoghi di più solida tradizione liberale52, si voleva una rete radicata e
presente sul territorio.
La struttura era divisa per sezione (i comuni), zone (i distretti) e poi per
riferimenti comprensoriali e provinciali (quasi un alter ego di sottointen-
denti e intendenti borbonici). Gli uomini del comitato aspiravano a costru-
ire un apparato dotato di corrieri, magazzini, responsabili dei diversi settori
e di averne un controllo burocratico («urgenti i tempi [...] ci è di somma
necessità conoscere a che stato si trova la vostra organizzazione»)53. Anche
i moderati, di fatto, cercarono di fare lo stesso con un proprio programma
ideologico («concorrere tutti ad un punto convergenza il Piemonte»)54. Il
comitato segreto, in ogni caso, seguendo l’esperienza della carboneria, sa-
peva che un’organizzazione molto radicata doveva avere caratteri ideolo-
gicamente poco definiti e al contrario molto includenti. «Se volete trovare
tutti d’elemento repubblicano siamo sicuri che possiamo smettere», scrive-
va Fanelli ai suoi referenti esteri55. La pressione continua sui riferimenti lo-
cali è un indice dei tentativi di ricostruire il possente antistato fondato dalla
carboneria nella generazione precedente: «Attendo comunicazioni interes-
santi che mi rivelino il più precisamente possibile lo stato organizzativo ed
organico», scriveva lo stesso Fanelli al suo interlocutore calabrese, Mauro56;
«Desideriamo nuove di voi, e delle cose nostre della provincia», chiedeva al
riferimento salernitano, Magnoni; «Vi ridomandiamo dello stato della pro-
vincia, dell’organamento da voi fatto», insisteva il comitato centrale con i
dirigenti locali57. Il mondo della cospirazione, diverso e opposto a quello
legittimista, viveva, comunque e allo stesso modo, in funzione dell’altro,
finendo per fotografare non solo uno storico conflitto, ma anche una delle
radici della peculiare frammentazione della società meridionale.
Gli uomini che lavoravano nelle istituzioni dello Stato o che militavano
nelle sette segrete avevano nei connazionali i nemici del proprio progetto
ideologico e morale. La lotta politica generò pertanto i fenomeni propri
52 Giuseppe Fanelli a Nicola Fabrizi, 10 gennaio 1856, in MSMN, FS, s. 9, C. XXXIV; Il
comitato a Nicola Fabrizi, 22 novembre 1855, in MSMN, S. 9, c. XXXII; C. Pinto, Progettare la
nazione. Il movimento democratico meridionale tra il 1857 e il 1860 cit.
53 Il comitato a Michele Magnone, 25 dicembre 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXIX.
54 Il comitato a Nicola Fabrizi, 22 maggio 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXII.
55 Ibid.
56 Giuseppe Fanelli ad Alessandro Mauro, 29 gennaio 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXVI;
Giuseppe Fanelli a Giacinto Albini, s.d., in MSMN, FS, s. 9, c. XL.
57 Il comitato a Michele Magnone, 7 aprile 1856, in MSMN, s. 9, c. XXXIX.
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58 Avvertenze di Carlo Pisacane al Comitato, 185, in Pisacane, Epistolario cit., pp. 298-302.
59 Carlo Pisacane a Giuseppe Fanelli, 8 gennaio 1857, ivi, pp. 304-416.
60 Proclama di Carlo Pisacane alle popolazioni del Salernitano, in ASS, Processi politici, Do-
cumenti, B. 210, f. 99.
61 Giuseppe Fanelli a Nicola Fabrizi, 23 gennaio 1857, in MSMN, FS, c. XXXII, s. 9. 224.
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68 Dall’Intendente di Principato Citeriore al giudice regio del primo distretto, Ispettore di
polizia di Nocera e commissario polizia di Salerno, Salerno 7 dicembre 1855, in ASS, Gabinetto
Intendenza, B. 13, f. 40.
69 Dal Sottintendente del distretto di Sala all’Intendente di Salerno, Sala 4 luglio 1855, in ASS,
Gabinetto Intendenza, B. 95, F. 6.
70 Il Sottintendente di Sala G. Calvosa ell’Intendente della provincia di Principato Citeriore
L. Ajossa, Sala 1 luglio 1857, in ASS, Disbarco di sediziosi in Sapri, B. 98, f. 2
71 Relazione del Capo Urbano Leopardi, Buonabitacolo, 29 agosto 1857, in ASS, Processi
politici, B. 205, f. 7.
72 Rapporto del tenente Giovanni De Merich al maggiore comandante dell’11 battaglione
Cacciatori, conte d. Gennaro Marulli, in ASS, Documenti, B. 224, f. 40.
73 Cassese, La Spedizione di Sapri cit., p. 69.
74 La Gendarmeria reale all’Intendente della provincia di Principato Citeriore, Sala 12 luglio
1857, in ASS, Disbarco di sediziosi in Sapri, B. 98; f. 3.
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75 G. Lazzaro, Memorie sulla rivoluzione dell’Italia meridionale dal 1848 al 7 settembre
1860, Tip. dei Classici Italiani, Napoli 1867.
76 Luigi Dragone a Nicola Fabrizi, 15 novembre 1855, in MSMS, FS, s. 9, c. XLII.
77 Giuseppe Fanelli a Nicola Fabrizi, 3 gennaio 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXII.
78 Nicola Fabrizi al comitato, 6 novembre 1855, in MSMN, FS, s. 9, c. XLI.
79 Il comitato a Giacinto Albini, 18 novembre 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XL.
80 Il comitato a Nicola Fabrizi, 24 luglio 1856, in MSMN, FS, s. 9, c. XXXIV.
81 Nicola Fabrizi al comitato, 27 novembre 1855, in MSMS; FS, s. 9, c. XXXII.
82 Giuseppe Fanelli ad Alessandro Mauro, aprile 1855, in MSMN; FS, s. 9, c. XXXVI.
83 Antonio Morici per Nicola Fabrizi al comitato, 25 novembre 1855, in MSMN, s. 9, c. XXXII..
84 Carlo Pisacane al comitato, agosto 1855, in Pisacane, Epistolario cit., pp. 205-9.
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109 Cobb, Reazioni alla rivoluzione francese cit., pp. 1994-5.
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