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L'arte di stare in silenzio
L'arte di stare in silenzio
L'arte di stare in silenzio
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L'arte di stare in silenzio

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Il metodo infallibile per non parlare mai a sproposito

Scopri l’antica e infallibile arte del silenzio 
Come difesa, terapia, cura, il rimedio più efficace per trovare l’equilibrio e vivere serenamente in mezzo agli altri

Viviamo bombardati da ogni genere di stimolo sonoro e visivo. Passiamo freneticamente da un’attività all’altra, finendo per sentirci stressati nel tentativo di elaborare le troppe informazioni che riceviamo. E secondo i parametri della società attuale siamo tenuti ad avere ed esprimere un’opinione su tutto. Il silenzio può essere un antidoto a questo circolo vizioso, una strategia per vivere meglio, per riprendere il controllo di una vita caotica e ritrovare l’equilibrio nel folle, rumoroso mondo in cui viviamo. Ma come stare in silenzio senza apparire degli snob asociali, come trovare la giusta misura di partecipazione e astrazione? Questo libro ci insegna la tecnica per riappropriarci dello spazio necessario e trovare il nostro autentico ritmo di vita, pur rimanendo benevolmente in contatto con il mondo che ci circonda.
Amber Hatch
è scrittrice, insegnante ed esperta di meditazione buddista, una pratica che esercita da otto anni. Offre il suo supporto al centro Samantha, in Galles, che organizza ritiri per famiglie, e gestisce gruppi di sostegno per genitori a Oxford. Oltre a vari manuali sulla genitorialità, ha pubblicato libri da colorare in collaborazione con suo marito Alex Ogg, illustratore. L’arte di stare in silenzio è il suo primo libro pubblicato in Italia dalla Newton Compton.
LanguageItaliano
Release dateMar 16, 2018
ISBN9788822718877
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    L'arte di stare in silenzio - Amber Hatch

    446

    Titolo originale: The art of silence

    © 2017 Amber Hatch

    First published in Great Britain in 2017 by Piatkus,

    an imprint of Little, Brown Book Group.

    Traduzione dall’inglese di Carla De Pascale

    Prima edizione ebook: aprile 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1887-7

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Amber Hatch

    L’arte di stare in silenzio

    Il metodo infallibile per non parlare mai a sproposito

    Indice

    Introduzione

    RENDERE PIÙ SILENZIOSO IL NOSTRO MONDO

    Fare spazio al silenzio

    Tenersi occupati con quello che ci fa stare bene

    Fare spazio alla solitudine

    COLTIVARE RELAZIONI PACIFICHE

    Strategie per esprimersi con gentilezza

    Ascoltare ed essere ascoltati

    Quando non si hanno parole

    Silenzi in pubblico e come affrontarli

    COLTIVARE IL SILENZIO INTERIORE

    Reclamare un po’ di silenzio per noi

    Coltivare un senso di calma ed equilibrio interiore

    Placare la voce che abbiamo nella testa

    Riflessioni finali

    A tutti coloro che sentono che di più

    non è la risposta

    Introduzione

    Cos’è il silenzio?

    Sappiamo tutti cos’è il silenzio. Eppure, quanti di noi l’hanno davvero provato? Il dizionario ci spiega che il termine silenzio indica una «totale assenza di suono», ma quando mai ci è capitato di ritrovarci in una situazione del genere?

    Il suono ci circonda in ogni momento. È provocato da vibrazioni che si diffondono nell’aria (o in un altro elemento) e colpiscono i nostri timpani. Il cervello interpreta queste onde come suoni. Dato che non viviamo sottovuoto (per fortuna, altrimenti moriremmo nel giro di pochi secondi), siamo costantemente circondati da tanti tipi di rumore. Il vero silenzio è quindi teoricamente impossibile da esperire.

    Dato che il silenzio assoluto è una realtà puramente ipotetica, tendiamo a utilizzare questo termine per indicare qualcosa di meno esatto ma di più comune.

    Possiamo definire silenzio reale uno stato relazionale: consideriamo un ambiente silenzioso se lo avvertiamo meno rumoroso di altri. Immagino che gran parte dei lettori di questo manuale non stia cercando la totale assenza di suono – intendo la reale e totale assenza di rumori. Se così fosse, basterebbe acquistare un paio di tappi per le orecchie di buona qualità, che costano più o meno come il libro che state leggendo.

    Personalmente credo che molti di noi vogliano provare qualcosa di più complesso e particolare. Vogliamo cogliere qualcosa dell’essenza del silenzio.

    Se interpretiamo il silenzio in questo modo, allora lo possiamo trovare a notte fonda, nella solennità di una chiesa o di un luogo di culto, nel bel mezzo di un campo di grano oppure alla fine di un discorso, appena prima che parta l’applauso.

    Il silenzio comprende molto altro, nel nostro immaginario, oltre alla totale assenza di suono. Ha in sé qualcosa di salubre, di speciale: ha un’aura che dobbiamo rispettare, quasi sacra. È una fonte di potere profondo, un posto in cui regnano quiete, calma e pace.

    Inquinamento acustico: perché fa male

    Nella vita di tutti i giorni, veniamo continuamente bombardati da ogni genere di stimolo sonoro e visivo.

    In questo momento sono seduta a scrivere nella mia stanza silenziosa, eppure riesco a sentire: il gatto accoccolato sulle ginocchia che fa le fusa, i muratori nell’appartamento di fianco che parlano, i bambini che litigano al piano di sotto, mentre rovistano nella scatola dei mattoncini LEGO; una persona che tossisce, una sirena della polizia, il traffico, il mio respiro, le mie dita che battono i tasti del portatile, una macchina che viene messa in moto, un telefono che squilla; il rumore di passi diretti su per le scale, gli uccelli che cinguettano, la stoffa dei miei vestiti che struscia sulla sedia, pneumatici che fischiano sull’asfalto, il vento che soffia fra le foglie; io che deglutisco, un colombo che tuba, le assi del pavimento che scricchiolano, il rombo di un aereo, qualcuno che sminuzza delle verdure, una porta che sbatte, un po’ di rumore bianco e un’altra macchina che viene messa in moto.

    Nel giro di pochi minuti si sono susseguiti tutti questi rumori. Alcuni erano, per loro natura, più forti e hanno sovrastato il resto. Della presenza di altri, forse perché così familiari, mi sono accorta soltanto dopo qualche istante di ascolto più attento. Anche se non ce ne rendiamo conto, tutti questi rumori possono influire sul nostro livello di attenzione.

    Ce ne sono altri che ancora non udiamo, ma che ci aspettiamo di sentire. Questi rumori potenziali rischiano di distrarci ancora di più. Magari tendiamo l’orecchio per sentire se il bambino scoppia a piangere, qualcuno bussa alla porta o il telefono squilla. L’idea che qualcosa o qualcuno possa interromperci da un momento all’altro ci fa perdere la concentrazione, perché distogliamo continuamente il pensiero dalla situazione presente per rivolgerlo all’eventuale imprevisto. E se la cosa ci irrita, saremo ancora più distratti, anzi; spesso è questo a disturbarci, molto più che l’interruzione vera e propria.

    Viviamo in un’epoca in cui l’informazione e la comunicazione comportano un eccesso di rumore visivo e acustico. Siamo talmente abituati a percepire questi stimoli che in assenza di essi arriviamo a provare solitudine e noia. Ecco perché accendiamo la radio quando viaggiamo in auto, quando ci alleniamo o mentre sbrighiamo le faccende di casa, oppure diamo un’occhiata ai social mentre siamo in fila al supermercato. Il problema è che ormai non possiamo più fare a meno di questo eccesso di stimoli. La società si aspetta che ci teniamo al passo con le notizie, le e-mail, i post sui social media, la moda e che ci facciamo un’opinione su tutto. Se non facciamo attenzione, tutti questi stimoli rischiano di sopraffarci.

    In un mondo dominato dall’informazione, in cui immagini e dati provenienti da tutto il mondo ci sommergono, sopravvive soltanto il più forte. Per raggiungere i destinatari, i messaggi devono essere inviati a un volume sufficientemente elevato e devono spiccare sugli altri, in senso metaforico e reale. Aziende, enti benefici, istituzioni e altre realtà investono sempre più le proprie risorse economiche nella pubblicità, per far sentire la propria voce. I nostri profili sui social media, le nostre caselle e-mail e gli smartphone ci bombardano di notifiche, messaggi, aggiornamenti di stato e altre informazioni inviate da amici, famiglia, colleghi e, ovviamente, aziende e imprese.

    Proprio a causa dei social la distinzione tra sfera pubblica e privata si è enormemente assottigliata. Ci arrivano notifiche non solo per i messaggi espressamente rivolti a noi, ma anche per conversazioni in cui sono impegnate altre persone. In alcuni casi può risultare difficile perfino allontanarsi da discussioni nelle quali non si è personalmente coinvolti.

    La pubblicità trova spazio non soltanto su giornali, mezzi di trasporto, edifici e cartelloni, ma anche sui siti che visitiamo, nella casella e-mail e sulle nostre pagine social. Grazie alle informazioni che vengono raccolte quando navighiamo, ci stanno targettizzando sempre meglio. E noi stessi puntiamo sveglie, allarmi e sistemi di notifica su telefoni, tablet, orologi e ogni sorta di dispositivo, in modo da sapere se qualcuno ci ha cercato o se avevamo in programma di fare qualcosa.

    E tutto ciò senza prendere in considerazione le persone che ci circondano: i colleghi, i figli, il partner, i clienti, la gente che viaggia con noi sui mezzi pubblici, i commessi dei negozi, le persone che incontriamo per strada, gli amici e i conoscenti. Le interazioni che abbiamo sono innumerevoli, soprattutto se viviamo in città o in un posto densamente popolato. Le nostre giornate sono una serie infinita di conversazioni, domande, istruzioni, ordini e richieste.

    Che ne siamo consapevoli o no, siamo costantemente intenti a navigare tra le informazioni, a reagire a rumori e notifiche da catalogare nella giusta maniera, a valutare e attribuire una priorità a ogni cosa. L’impegno mentale per fare tutto ciò può essere notevole; potremmo addirittura arrivare a esaurire tutte le risorse, e a minare la nostra capacità di stare alla pari con tutto. Siamo come un bambino davanti al bancone di una gelateria che non riesce a scegliere fra i troppi gusti disponibili: a un certo punto arriva

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