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SCHELLINGHIANA DELL’IDENTITÀ
Monica Marchetto
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2015/3 Tome 140 | pages 325 à 340
ISSN 0035-3833
ISBN 9782130651482
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Nel 1801 Schelling inaugura, nell’Esposizione del mio sistema filo-
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cendo così le opposizioni del fenomeno.
Parallelamente, in questi stessi anni Schelling si volge ad una
considerazione della stessa filosofia come esposizione dell’Assoluto e
dunque alla considerazione del rapporto che sussiste tra la filosofia
e le particolari forme in cui la filosofia costitutivamente si esprime e
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1. Cfr. Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling, Bruno oder über das göttliche
und natürliche Prinzip der Dinge. Ein Gespräch, in Schellings sämmtliche Werke, a
cura di K. F. A. Schelling, IV, Stuttgart-Augsburg, Cotta, 1859, pp. 213-332, p. 264
(trad. it. a cura di C. Tatasciore, Firenze, Olschki, 2000, p. 46).
2. Cfr. ivi, p. 282 (trad. it, p. 62).
3. Cfr. Schelling, Vorlesung vom Sommersemester 1801, in Schellings und Hegels
erste absolute Metaphysik (1801-1802). Zusammenfassende Vorlesungsnachschriften
von I.P.V. Troxler, a cura di K. Düsing, Köln, Dinter, 1988, p. 33.
4. Ibid.
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di questa indecomponibilità. Come l’unico centro di gravità della Terra può
essere riguardato da quattro lati diversi, e come l’unica materia originaria si
presenta in quattro metalli ugualmente nobili e ugualmente indivisibili, così
anche quell’indecomponibile della ragione si è manifestato essenzialmente in
quattro forme, che stanno per così dire a indicare le quattro regioni cosmiche
della filosofia [...]5.
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Per chiarire quale sia il rapporto che sussiste tra l’idea dell’Assoluto
e le quattro forme fondamentali del pensiero Schelling fa qui riferi-
mento alla sua teoria dei metalli nobili, una teoria che egli avrebbe
esposto diffusamente in altri due scritti, usciti parimenti nel 1802,
le Ulteriori esposizioni e I quattro metalli nobili: come i metalli nobili
sono tutti e quattro rappresentazione di un solo e unico Urstoff, così
le quattro forme della filosofia – che con riferimento allo scritto baa-
deriano Sul quadrato pitagorico nella natura o sulle quattro regioni
cosmiche Schelling denomina le « quattro regioni cosmiche della
filosofia6 » – altro non sono che rappresentazioni di uno stesso ed
unico metallo del pensare, dell’unico Indecomponibile della ragione,
l’identità assoluta. Come i metalli nobili, ancorché differenti tra loro in
virtù delle loro determinazioni ideali, sono tutti e quattro raffigurazioni
dell’unico e indivisibile punto di indifferenza tra coesione e gravità,
particolare e universale7, allo stesso modo, le quattro forme fonda-
mentali della filosofia, pur nella peculiarità del punto di vista assunto
da ognuna, sono tutte esposizioni dell’Assoluto come indifferenza di
essenza e forma. Per questo motivo, Schelling non manca di rilev-
are quanto sia importante conoscerle tutte. Al contempo egli addita
il fine ultimo in vista del quale ha senso cimentarsi nell’impresa:
l’attingimento di un più elevato punto di vista che, come ci si può
facilmente attendere, è proprio quello al quale intende collocarsi la
filosofia schellinghiana:
Conoscere nella sua schietta purezza quell’unico metallo della filosofia,
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che è in tutti lo stesso, è la meta più elevata a cui si possa tendere. Mi sembra
però che conoscere queste forme particolari e le loro sorti sia importante per
chi voglia elevarsi al di sopra di esse e piacevole per chi lo abbia già fatto.
[…] Mi pare infatti che l’edificio del nostro dialogo si completi nel modo più
perfetto se mostriamo in che modo l’unica idea, che in filosofia ci è stato
insegnato a presupporre e a cercare prima d’ogni altra, sia stata alla base di
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tutte le forme e delle pur così diverse manifestazioni della ragione che ha
assunto la forma di filosofia8.
Già nelle lezioni tenute a Jena nel semestre estivo del 1801 egli
distingue due diverse forme di materialismo: « nel materialismo si
deve distinguere quello che mira all’essere universale e quello che
invece mira ad un essere condizionato9 ». Il materialismo che mira ad
un essere condizionato è quello che passa semplicemente da un condi-
zionato ad un altro all’infinito e non riesce mai ad attingere l’Incondi-
zionato, riducendo così la natura a puro meccanismo. A questa forma
deteriore di materialismo Schelling riconduce l’atomismo, che pone
arbitrariamente un limite alla infinita divisibilità della materia, intro-
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ducendo la mera finzione di minima materiali10. Il materialismo che
mira all’essere universale è invece il « materialismo speculativo11 ».
La tesi centrale del materialismo speculativo sarebbe quella per la
quale « il principio è assoluto, uno. [...] La materia è la totalità,
l’eternità, e al di fuori dell’universo non vi è nessun altro essere, tutto
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quella che hanno in comune fra loro il mondo sensibile e il soprasen-
sibile17. » Questo passo corrisponde alla chiusa del dialogo terzo del
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il cosmo sensibile è composto di materia e forma, allora anche il
cosmo intelligibile deve avere una sua materia, sia pure diversa da
quella sensibile e ben più divina; ma andando oltre Plotino19, egli
arriva a concepire una sola materia, la quale si contrae a essere
corporea o incorporea20. La tesi caratteristica della speculazione bru-
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niana è quella per cui questa materia unica sarebbe già in se stessa
attualità (implicita)21: la materia che sta a fondamento del corporeo
come dell’incorporeo, contraendosi nel corporeo, assume dimensioni
determinate, mentre contraendosi nell’incorporeo resta libera dalle
dimensioni determinate; come materia, però, ovvero considerata in sé,
essa non è libera dalle dimensioni determinate nel senso di essere
priva di dimensioni determinate, bensì nel senso di ricomprendere
in Friedrich Heinrich Jacobi: Werke, Bd. 1,1: Schriften zum Spinozastreit, hrsg. von
K. Hammacher, I.-M. Piske, Hamburg, Meiner, 1998, p. 196 (trad. it. a cura di
F. Capra, Bari, Laterza, 1969, p. 172).
18. Giordano Bruno, De la causa, principio et uno, in Opere italiane di
Giordano Bruno, testi critici e nota filologica di G. Aquilecchia, introduzione e
coordinamento generale di N. Ordine, Torino, UTET, 2002, 2 voll., I, p. 697.
19. A proposito, cfr. Leo Catana, The Concept of Contraction in Giordano
Bruno’s Philosophy, Aldershot, Ashgate, 2005, pp. 44-46 e Riccardo Chiaradonna,
« Plotino », Bruniana e Campanelliana, 2011, XVII, 1, pp. 223-232.
20. Cfr. Giordano Bruno, De la causa, op. cit., p. 713: « Sia quantosivoglia
diversità secondo la raggion propria per la quale l’una descende a l’esser corporale
e l’altra non, l’una riceve qualità sensibili e l’altra non, [...] anzi l’una e l’altra è
una medesima, e che (come è più volte detto) tutta la differenza depende dalla
contrazzione a l’essere corporea e non essere corporea: come nell’essere animale
ogni sensitivo è uno; ma contraendo quel geno a certe specie, ripugna all’uomo
l’esser leone. »
21. Cfr. Thomas Leinkauf, « Einleitung », in Thomas Leinkauf (Hg.),
G. Bruno: Über die Ursache, das Prinzip und das Eine [= Giordano Bruno Werke
III], Hamburg, Meiner, 2007, pp. IX-CLIII, p. LXXXIV; Michele Ciliberto, « Sulla
materia », in Michele Ciliberto, Umbra profunda. Studi su Giordano Bruno, Roma,
Edizioni di storia e letteratura, 1999, pp. 125-153; Tristan Dagron, Unité de l’être et
dialectique. L’idée de philosophie naturelle chez Giordano Bruno, Paris, Vrin, 1999,
p. 365; Sandro Mancini, « Il monismo modalistico bruniano nel De la causa, prin-
cipio et uno », in Fabrizio Meroi (a cura di), La mente di Giordano Bruno, Firenze,
Olschki, 2004, pp. 195-210; Sandro Mancini, La sfera infinita. Identità e differenza
nel pensiero di Giordano Bruno, Milano, Mimesis, 2000, pp. 109-156.
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delle forme, ma, considerata in sé, è assolutamente semplice e indivisibile.
Poiché essa è tutto, non può essere niente in particolare. Convengo che non
a tutti è facile il comprendere come qualcosa possa avere tutte le proprietà e
nessuna, essere l’essenza formale di tutto, e tuttavia non aver forma alcuna:
ma al filosofo è noto il principio: non potest esse idem, totum et aliquid24.
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22. Per Bruno già Averroè con la sua teoria della materia come dimensio-
nalità indeterminata avrebbe compreso che la materia include in sé tutti gli atti
dimensionali e non è potenza pura e nuda. Cfr. Giordano Bruno, De la causa,
op. cit., p. 716: « Dice lui [Averroè] che la materia ne l’essenzia sua comprende
le dimensioni interminate: volendo accennare che quelle pervegnono a terminarsi,
ora con questa figura e dimensioni, ora con quella e quell’altra, quelle e quell’altre,
secondo il cangiar di forme naturali. Per il qual senso si vede che la materia le
manda come da sé, e non le riceve come di fuora. Questo in parte intese ancor
Plotino prencipe nella setta di Platone. Costui facendo differenza tra la materia
di cose superiori et inferiori, dice che quella è insieme tutto; et essendo che pos-
siede tutto, non ha in che mutarsi: ma questa con certa vicissitudine per le parti,
si fa tutto, et a tempi e tempi, si fa cosa e cosa, però sempre sotto diversità,
alterazione, e moto. Cossì dumque mai è informe quella materia, come né anco
questa, benché differentemente quella e questa, quella ne l’istante de l’eternità,
questa ne gl’istanti del tempo; quella insieme, questa successivamente; quella
esplicatamente, questa complicatamente; quella come molti, questa come uno;
quella per ciascuno, e cosa per cosa; questa come tutto et ogni cosa. » Come
spiega Sturlese, Bruno getta qui un ponte tra Averroè e Plotino: « Secondo Bruno
il concetto di materia del De substantia orbis supera quello aristotelico, puramente
astratto, di materia come potenza pura e nuda, trasformando questa in un principio
fisico reale con un ruolo attivo nella produzione della forma […] la coincidenza di
potenza ed atto intravista da Averroè nella materia del mondo sensibile, Plotino l’ha
affermata per la materia celeste […]. Forte delle due autorità così saldate, Bruno
giunge ad una seconda, decisiva conclusione, all’affermazione cioè dell’identità
della materia di “cose superiori” e di “cose inferiori” » (Rita Sturlese, « “Averroè
quantumque arabo et ignorante di lingua greca…” Note sull’averroismo di Giordano
Bruno », in Friedrich Niewöhner, Loris Sturlese (Hg.), Averroismus im Mittelalter
und in der Renaissance, Zürich, Spur-Verlag, 1994, pp. 319-348, p. 323; a pro-
posito del rapporto tra Bruno e Averroè, cfr. Eugenio Canone, « Giordano Bruno
lettore di Averroè », in Carmela Baffioni (a cura di), Averroes und the Aristotelian
Heritage, Napoli, Guida, 2004, pp. 211-247; Monica Marchetto, « Materia, attua-
lità, dimensionabilità: Plotino e Averroè nel De la causa di Giordano Bruno », in
Andrea Le Moli (a cura di), Understanding Matter, Palermo, NDP, 2015.
23. Cfr. Giordano Bruno, De la causa, op. cit., p. 711 e pp. 713-715.
24. Schelling, Bruno, op. cit., pp. 331-332 (trad. it., p. 86). Cfr. Friedrich Heinrich
Jacobi, Über die Lehre des Spinoza, op. cit., pp. 197-198 (trad. it., p. 173).
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forma di tutte le forme) è materia, in quanto è l’esplicazione e la
realizzazione della possibilità della materia. Il materialismo – nella
sua forma più autentica, che è per Schelling rappresentata dalla filo-
sofia bruniana – giunge fino al pensiero dell’unità della materia e
della forma infinita, un’unità che è assoluta nell’Assoluto e che è
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la forma che si riferisce immediatamente a un ente singolo e perciò
stesso si oppone (anche se solo in modo relativo) alla materia come
corpo, dunque la forma nell’orizzonte del fenomeno, non nell’idea34. In
sé, ovvero nell’idea, la forma è perfettamente adeguata alla materia e
infinitamente unita ad essa. Nella sua esposizione del punto di vista del
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33. Cfr. Tristan Dagron, Unité de l’être et dialectique, op. cit., pp. 267-270; cfr.
Giordano Bruno, De la causa, op. cit., pp. 659, 661, 663-665.
34. L’anima è ciò che la forma infinita diviene quando essa si scinde dal tutto,
riferendosi immediatamente soltanto ad un ente finito e introducendo l’opposizione
relativa tra finito e infinito: « È a ciò che nelle cose abbiamo chiamato il finito che si
oppone l’infinito. Quest’ultimo, in quanto si rapporta immediatamente a questo finito, è
anche solo l’infinito di questo finito: non l’unità infinita di ogni finito, ma l’unità relativa
di questo finito, ossia il concetto, che si riferisce immediatamente solo a questo finito
come anima del medesimo » (Schelling, Bruno, op. cit., p. 263; trad. it., p. 45). Schelling
aggiunge perciò la seguente puntualizzazione: « Per evitare però che qualcuno pensi
quella forma di tutte le forme, che noi, insieme con altri, potremmo certo chiamare la
vita e l’anima del mondo, come l’anima opposta alla materia quale corpo, si deve far
notare che la materia non è il corpo, bensì ciò in cui sia il corpo sia l’anima esistono.
[...] Quella forma delle forme, assolutamente considerata, non è, invece, opposta alla
materia, ma è una con essa, mentre in relazione al singolo, per il fatto che questo non
è mai interamente ciò che può essere, essa pone necessariamente e sempre un’oppo-
sizione, ossia quella di infinito e finito, e questa è appunto l’opposizione di anima e
corpo. Anima e corpo sono dunque essi stessi compresi (begriffen) in quella forma di
tutte le forme; però quest’ultima, che nella sua semplicità è tutto e, proprio perché è
tutto, non può essere qualcosa di particolare, fa assolutamente tutt’uno con l’essenza.
L’anima in quanto tale è quindi necessariamente subordinata alla materia, ma, in tale
subordinazione, opposta al corpo » (ivi, pp. 312-313; trad. it., pp. 88-89).
35. Cfr. Schelling, ivi, pp. 310-311 (trad. it., p. 87).
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secolo (de La Mettrie, v. Holbach)38 avrebbero infine sancito una morte
già da tempo consumatasi.
Ora è convinzione di Schelling nel Bruno che proprio questa deca-
denza abbia spinto l’idea dell’indifferenza di essenza e forma, di cui
la filosofia è esposizione, ad assumere una nuova forma, quella del-
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fia pura e semplice45 », la filosofia dell’identità. Questa, riuscendo a
cogliere la forma di tutte le forme, e dunque il conoscere nella sua
vera assolutezza, per questo attinge anche l’essenza dalla quale la
forma assoluta è indistinguibile e, conoscendo l’Assoluto come questa
indifferenza di essenza e forma, riesce a farsene « esposizione per-
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di movimento, « materia e artista insieme48 ». Essa è l’unità in cui
essenza e forma sono riunite e perfettamente adeguate l’una all’altra;
il grembo dal quale scaturiscono le cose finite e caduche:
la forma [...] è di nuovo uguale all’essenza, ed è eterna quanto quella.
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pone l’esigenza del suo oltrepassamento: come nella natura il prin-
cipio ideale, essendo posto come uguale al reale (e perciò come
delimitato) nella materia, perciò stesso non può non porsi imme-
diatamente anche come illimitabile in una potenza superiore alla
materia (la luce, che lotta contro la materia e la determina alla
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lismo: mentre nel Bruno Schelling si concentra sull’opposizione tra il
materialismo speculativo e conseguente, da un lato, e il materialismo
deteriore e decaduto, dall’altro lato, e identifica nella decadenza del
materialismo speculativo la causa dell’avvento dell’intellettualismo,
nella Propedeutica egli pone l’accento sul limite che a suo dire strut-
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la materia considerata assolutamente non esiste affatto, e che v’è solo l’identità
assoluta, questo è il grado più elevato ovvero la conoscenza autenticamente specu-
lativa » (Schelling, Darstellung meines Systems der Philosophie, op. cit., p. 145).
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