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STORIA E CONCETTO DEL MATERIALISMO NELLA FILOSOFIA

SCHELLINGHIANA DELL’IDENTITÀ
Monica Marchetto

Presses Universitaires de France | « Revue philosophique de la France et de


l'étranger »

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2015/3 Tome 140 | pages 325 à 340
ISSN 0035-3833
ISBN 9782130651482
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Storia e Concetto del Materialismo


Nella Filosofia schellinghiana
dell’Identità

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Nel 1801 Schelling inaugura, nell’Esposizione del mio sistema filo-
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sofico, la sua cosiddetta “filosofia dell’identità”. Negli anni 1801-1804


egli non solo espone e approfondisce la sua idea dell’Assoluto come
identità assoluta, ma affronta parimenti il compito di presentare le
forme fondamentali del pensiero in cui questa stessa idea troverebbe
esposizione e di identificare le loro manifestazioni all’interno della sto-
ria della filosofia. Nel presente contributo mi concentrerò in partico-
lare sul concetto e sulla storia del materialismo, così come Schelling li
pensa ed espone nel Bruno e nella Propedeutica di Würzburg. Da una
parte, esaminerò il rapporto che Schelling intrattiene con Giordano
Bruno dal quale egli trae le tesi-chiave della sua esposizione del
materialismo speculativo. Dall’altra parte, evidenzierò l’evoluzione
che la concezione schellinghiana del materialismo conosce negli anni
1802-1804.

La materia del pensare e le sue metamorfosi

Nel 1801 Schelling rinuncia al parallelismo tra filosofia della


natura e filosofia trascendentale e si eleva al punto di vista dell’iden-
tità assoluta. La filosofia dell’identità si spinge oltre la coscienza e
l’opposizione tra Io e Non-Io in cui questa resta invischiata, ponendosi
come scienza dell’Assoluto, ovvero come esposizione dell’indifferenza
di essere e pensare, di essenza e forma. L’Assoluto è essenza che si
dischiude nella forma di tutte le forme; ed è forma che, in quanto
assoluta, è immediatamente identica all’essenza. Attinto l’Assoluto
come assoluta identità, Schelling si impegna ad esporre in esso tutte
le cose, mostrando come ogni particolare contenga in sé – anche
se solo secondo la sua potenza (Potenz) – l’intero Assoluto, e sia
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dunque l’identità stessa di soggettivo e oggettivo, posta però di volta in


volta sotto la forma del prevalere di un fattore o dell’altro. Nel Bruno
del 1802, egli ripensa ulteriormente la sua filosofia dell’identità ed
introduce elementi teoretici inediti: ora egli precisa che nell’Assoluto
il particolare è espresso come idea e dunque esso stesso assoluto;
ma proprio questa assolutezza renderebbe il particolare capace di
compiere l’atto di separazione (Absonderung)1 con cui esso pretende
una vita per se stesso e scinde – sia pure solo rispetto a sé2 – l’unità
di reale e ideale, di intuire e pensare, che è nell’Assoluto, introdu-

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cendo così le opposizioni del fenomeno.
Parallelamente, in questi stessi anni Schelling si volge ad una
considerazione della stessa filosofia come esposizione dell’Assoluto e
dunque alla considerazione del rapporto che sussiste tra la filosofia
e le particolari forme in cui la filosofia costitutivamente si esprime e
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effettivamente si è espressa nel corso della sua storia. Proprio perché


l’Assoluto è assoluta identità di essenza e forma, e la forma introduce
differenziazione e distinguibilità, secondo Schelling, l’unica filosofia
che è esposizione dell’Identità assoluta si presenterebbe necessa-
riamente secondo quattro modalità differenti che egli riconosce nel
materialismo, intellettualismo, realismo e idealismo:
questo essere è dunque identico al conoscere. Il conoscere, il puro conos-
cere, è altrettanto poco senza l’essere universale [quanto l’essere è senza il
pensare]; esso sorge soltanto in questo e insieme a questo. Perciò si spiega per-
ché la vera o, piuttosto, l’unica filosofia possa esistere sotto forme molteplici.
Queste forme sono: idealismo, realismo, intellettualismo e materialismo3.

Scopo di Schelling è però quello di esporre l’unica filosofia pura-


mente e semplicemente come tale, ovvero nella sua assoluta purezza.
Come riferisce Troxler nella trascrizione di una lezione schellinghiana
del 1801, « Schelling intende trovare il punto d’indifferenza di queste
quattro differenze che convergono nonostante diano l’impressione di
contraddirsi4  ». Nella sua filosofia dell’identità, cioè, Schelling mira
a presentare la stessa idea dell’Assoluto che sta anche a fondamento
delle quattro fondamentali forme di pensiero, offrendone però una

1. Cfr. Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling, Bruno oder über das göttliche
und natürliche Prinzip der Dinge. Ein Gespräch, in Schellings sämmtliche Werke, a
cura di K. F. A. Schelling, IV, Stuttgart-Augsburg, Cotta, 1859, pp. 213-332, p. 264
(trad. it. a cura di C. Tatasciore, Firenze, Olschki, 2000, p. 46).
2. Cfr. ivi, p. 282 (trad. it, p. 62).
3. Cfr. Schelling, Vorlesung vom Sommersemester 1801, in Schellings und Hegels
erste absolute Metaphysik (1801-1802). Zusammenfassende Vorlesungsnachschriften
von I.P.V. Troxler, a cura di K. Düsing, Köln, Dinter, 1988, p. 33.
4.  Ibid.
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esposizione che non sia gravata (come le fondamentali forme di pen-


siero succitate) dalla limitatezza che deriva dalla particolarità ed uni-
lateralità del punto di vista dal quale quell’idea viene riguardata, e
sia piuttosto capace di esibire in sé l’equilibrio tra le diverse determi-
nazioni e gli opposti punti di vista.
Nel dialogo Bruno pubblicato nel 1802, lo stesso Schelling spiega
come egli concepisca le quattro fondamentali forme di pensiero:
La materia della filosofia è della natura di ciò che è più indecomponi-
bile, e in ogni forma vi è solo tanto di vero e di giusto, quanto essa ha in sé

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di questa indecomponibilità. Come l’unico centro di gravità della Terra può
essere riguardato da quattro lati diversi, e come l’unica materia originaria si
presenta in quattro metalli ugualmente nobili e ugualmente indivisibili, così
anche quell’indecomponibile della ragione si è manifestato essenzialmente in
quattro forme, che stanno per così dire a indicare le quattro regioni cosmiche
della filosofia [...]5.
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Per chiarire quale sia il rapporto che sussiste tra l’idea dell’Assoluto
e le quattro forme fondamentali del pensiero Schelling fa qui riferi-
mento alla sua teoria dei metalli nobili, una teoria che egli avrebbe
esposto diffusamente in altri due scritti, usciti parimenti nel 1802,
le Ulteriori esposizioni e I quattro metalli nobili: come i metalli nobili
sono tutti e quattro rappresentazione di un solo e unico Urstoff, così
le quattro forme della filosofia – che con riferimento allo scritto baa-
deriano Sul quadrato pitagorico nella natura o sulle quattro regioni
cosmiche Schelling denomina le «  quattro regioni cosmiche della
filosofia6  » – altro non sono che rappresentazioni di uno stesso ed
unico metallo del pensare, dell’unico Indecomponibile della ragione,
l’identità assoluta. Come i metalli nobili, ancorché differenti tra loro in
virtù delle loro determinazioni ideali, sono tutti e quattro raffigurazioni
dell’unico e indivisibile punto di indifferenza tra coesione e gravità,
particolare e universale7, allo stesso modo, le quattro forme fonda-

5. Schelling, Bruno, op. cit., p. 309 (trad. it., pp. 84-85).


6.  Ibid. (trad. it., p. 85).
7. Nelle Ulteriori esposizioni Schelling definisce coesione e gravità specifica
come le espressioni empiriche rispettivamente del particolare e dell’universale,
della forma e dell’essenza nella cosa singola e stabilisce che, proprio perché
l’Assoluto è identità di essenza e forma, ogni cosa particolare è tanto più per-
fetta quanto più realizza in sé questa identità. Poiché i metalli nobili risultano
caratterizzati tanto da una elevata coesione quanto da una notevole gravità speci-
fica, Schelling finisce col sancirne il primato all’interno della serie delle materie
terrestri: questi metalli sarebbero infatti tra tutte le materie terrestri le più per-
fette, perché realizzano in sé più di tutte le altre materie l’unificazione di coesione
e gravità specifica e dunque l’indifferenza della forma e dell’essenza. Ma anche
se i metalli nobili, « esprimendo l’uguale indifferenza dell’essenza e della forma,
rappresentano appunto perciò, ciascuno per sé, l’indiviso e assolutamente unico
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mentali della filosofia, pur nella peculiarità del punto di vista assunto
da ognuna, sono tutte esposizioni dell’Assoluto come indifferenza di
essenza e forma. Per questo motivo, Schelling non manca di rilev-
are quanto sia importante conoscerle tutte. Al contempo egli addita
il fine ultimo in vista del quale ha senso cimentarsi nell’impresa:
l’attingimento di un più elevato punto di vista che, come ci si può
facilmente attendere, è proprio quello al quale intende collocarsi la
filosofia schellinghiana:
Conoscere nella sua schietta purezza quell’unico metallo della filosofia,

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che è in tutti lo stesso, è la meta più elevata a cui si possa tendere. Mi sembra
però che conoscere queste forme particolari e le loro sorti sia importante per
chi voglia elevarsi al di sopra di esse e piacevole per chi lo abbia già fatto.
[…] Mi pare infatti che l’edificio del nostro dialogo si completi nel modo più
perfetto se mostriamo in che modo l’unica idea, che in filosofia ci è stato
insegnato a presupporre e a cercare prima d’ogni altra, sia stata alla base di
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tutte le forme e delle pur così diverse manifestazioni della ragione che ha
assunto la forma di filosofia8.

Il materialismo inconseguente e quello speculativo

Definito il rapporto che sussiste tra le quattro fondamentali forme


di pensiero e l’idea di cui la filosofia, se è tale, deve farsi espo-
sizione, Schelling si volge alla considerazione puntuale del materia-
lismo, affrontando il compito di ricostruirne la storia e di definirne
le tesi caratteristiche.

[assoluto] centro di gravità » (Schelling, Fernere Darstellungen aus dem System


der Philosophie, in Schellings sämmtliche Werke, op. cit., IV, pp. 333-510, p. 459;
trad. it. a cura di C. Tatasciore, in Filosofia della natura e dell’identità, Milano,
Guerini, 2002, pp. 25-176, p.  131), essi sono per Schelling distinguibili tra loro
in virtù delle determinazioni che attengono alla forma. Queste determinazioni
sono 1) l’unità della riflessione, ovvero l’informarsi dell’identità nella differenza,
e 2) l’unità della sussunzione, ovvero la ripresa della differenza nell’identità. A
queste due « determinazioni ideali » o « potenze » se ne aggiungono altre due,
dato che ognuna delle due unità suddette di nuovo ricomprende in sé i momenti
della differenza e della identità (cfr. Schelling, Fernere Darstellungen, op. cit.,
pp. 460-461; trad. it., pp. 132-133). Nel saggio, I quattro metalli nobili, Schelling
si impegna dunque a dedurre la differenza tra i metalli nobili esponendo attraverso
quale determinazione ognuno si distingua come singolo (cfr. Schelling, Die vier
edlen Metalle, in Schellings sämmtliche Werke, op. cit., IV, pp. 513-523 (trad. it. a
cura di Carlo Tatasciore, in Filosofia della natura e dell’identità, Milano, Guerini,
2002, pp. 203-214). Sulla questione, cfr. Monica Marchetto, « Metamorfosi della
materia ed essenza del metallico: la teoria schellinghiana dei metalli nobili dal-
l’Esposizione del mio sistema filosofico (1801) al Sistema di Würzburg (1804) »,
Schelling Studien, 2014, 2, pp. 181-202.
8. Schelling, Bruno, op. cit., pp. 309-310 (trad. it., p. 85).
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Già nelle lezioni tenute a Jena nel semestre estivo del 1801 egli
distingue due diverse forme di materialismo: « nel materialismo si
deve distinguere quello che mira all’essere universale e quello che
invece mira ad un essere condizionato9  ». Il materialismo che mira ad
un essere condizionato è quello che passa semplicemente da un condi-
zionato ad un altro all’infinito e non riesce mai ad attingere l’Incondi-
zionato, riducendo così la natura a puro meccanismo. A questa forma
deteriore di materialismo Schelling riconduce l’atomismo, che pone
arbitrariamente un limite alla infinita divisibilità della materia, intro-

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ducendo la mera finzione di minima materiali10. Il materialismo che
mira all’essere universale è invece il «  materialismo speculativo11  ».
La tesi centrale del materialismo speculativo sarebbe quella per la
quale «  il principio è assoluto, uno. [...] La materia è la totalità,
l’eternità, e al di fuori dell’universo non vi è nessun altro essere, tutto
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è solo all’interno di esso12  ». Per il materialista speculativo «  materia


e forma sono assolutamente una sola cosa  », «  spirito e corpo sono
per così dire concresciuti in un tutt’uno13  », e non vi è generazione
o corruzione alcuna, se non rispetto al singolo.
Nel Bruno Schelling avvia l’esposizione della dottrina del materia-
lismo riconoscendo negli antichi filosofi della scuola ionica i primi
fondatori di questa forma di pensiero14. Nel corso della trattazione egli
si rifà poi manifestamente all’insegnamento di Giordano Bruno15. Nella
nota alla digressione di Alessandro egli cita infatti i passi dell’estratto

9. Schelling, Vorlesung vom Sommersemester 1801, op. cit., p. 33.


10. Cfr. ivi, p. 34.
11. Ivi, p. 35.
12.  Ibid.
13. Ivi, p. 36.
14. Cfr. Schelling, Bruno, op. cit., p.  310 (trad. it., p.  86) e Schelling, Bruno
oder über das göttliche und natürliche Prinzip der Dinge. Ein Gespräch, hrsg.
v. M. Durner, Hamburg, Meiner, 2005, p. 143.
15. Sul rapporto tra Schelling e Giordano Bruno, cfr. Werner Beierwaltes,
Identität und Differenz, Frankfurt a.M., Klostermann, 1980, p.  205 (trad. it. di
S. Saini, Milano, Vita e Pensiero, 1989, p.  242) e Jean-Louis Vieillard-Baron,
Platonisme et interprétation de Platon à l’époque moderne, Paris, Vrin, 1988. Cfr.
anche Xavier Tilliette, Schelling. Une philosophie en devenir, Paris, Vrin, 1970,
I, pp. 335-355; Stephen Otto, « Das “Symbolum der wahren Philosophie”. Die
nolana philosophia und ihre Vermittlung durch Jacobi an Schelling », in Rainer
Adolphi, Jörg  Jantzen (Hg.), Das antike Denken in der Philosophie Schellings,
Stuttgart-Bad Cannstatt, frommann-holzboog, 2004, pp. 545-578; Michaela Boenke,
« Giordano Bruno dans la philosophie de l’identité de Schelling », in Tristan
Dagron, Hélène Védrine (dir.), Mondes, formes et société selon Giordano Bruno,
Paris, Vrin, 2003, pp. 197-208. Tra i contributi più recenti, cfr. Thomas Leinkauf,
« Giordano Brunos Schrift De la causa, principio et uno und Schellings Dialog
Bruno », Bruniana & Campanelliana, 2011, XVII, 1, pp. 11-25 e Charles Théret,
« Deux métaphysiques de la mobilité. Giordano Bruno ou Schelling », Archives de
Philosophie, 2013, 76, 1, pp. 81-102.
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del De la causa pubblicato da Jacobi in appendice alle Lettere sulla


dottrina di Spinoza16, che dovrebbero corroborare la trattazione di
Alessandro, e in questo modo evidenzia i nodi teoretici del De la causa
che egli considera rilevanti ai fini della esposizione del materialismo
nella sua forma più elevata e conseguente.
Tra questi stralci spicca il passo che inaugura il terzo paragrafo
dell’estratto jacobiano (Del principio materiale considerato come sog-
getto) e che recita: « Ci si guardi dal confondere la materia di secondo
genere, che è solo il soggetto delle cose naturali e mutevoli, con

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quella che hanno in comune fra loro il mondo sensibile e il soprasen-
sibile17.  » Questo passo corrisponde alla chiusa del dialogo terzo del

16. Schelling conosce il De la causa di Giordano Bruno principalmente attra-


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verso la mediazione dell’estratto jacobiano. Poiché però la ricezione schellinghiana


del pensiero bruniano sembra andare oltre quello che di Bruno è contenuto nel-
l’estratto jacobiano, Leinkauf ha di recente sostenuto la tesi secondo cui Schelling
potrebbe aver conosciuto il pensiero di Bruno anche attraverso altre fonti, ad
esempio leggendo l’esposizione della filosofia bruniana contenuta in Johann Jakob
Brucker, Historia critica philosophiae, Bd. IV, 2, Leipzig, Breitkopf, 1744, pp. 12-62
o in Johann Gottlieb Buhle, Geschichte der neuern Philosophie, Bd. II, 2, Göttingen,
Röwer, 1801, pp. 703-856 (cfr. Thomas Leinkauf, art. cit, p.  23). Asmuth indi-
vidua un’altra possibile fonte della conoscenza schellinghiana di Giordano Bruno
in G.G. Fülleborn, Beyträge zur Geschichte der Philosophie, Bd. VII, Züllichau,
Frommann, 1796, pp. 37-103 (Christoph Asmuth, Interpretation – Trasformation.
Das Platonbild bei Fichte, Schelling, Hegel, Schleiermacher und Schopenhauer,
Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2006, p.  87). Per M. d’Alfonso Schelling
potrebbe avere avuto anche una conoscenza diretta delle opere di Bruno consul-
tabili nelle biblioteche universitarie di Tubinga e Jena (cfr. Matteo V. d’Alfonso,
« Schelling, Bruno e il Bruno di Schelling », in Riccardo Pozzo, Marco Sgarbi
(a cura di), I filosofi e l’Europa, Milano, Mimesis, 2009, pp. 163-175). In gene-
rale, sulla fortuna del pensiero bruniano, cfr. Eugenio Canone (a cura di), Brunus
Redivivus: momenti della fortuna di Giordano Bruno nel xix secolo, Pisa, Istituti Ed.
e Poligr. Internazionali, 1998; Saverio Ricci, Dal Brunus redivivus al Bruno degli
italiani. Metamorfosi della nolana filosofia tra Sette e Ottocento, Roma, Edizioni di
storia e letteratura, 2009; Saverio Ricci, La fortuna del pensiero di Giordano Bruno
(1600-1750), Firenze, Le Lettere, 1990; Saverio Ricci, « Die Rezeption Giordano
Brunos in Frankreich und Deutschland von der zweiten Hälfte des 18. bis zu den
Anfängen des 19. Jahrhundert », in Willi Hirdt (Hg.), Giordano Bruno: Tragik eines
Unzeitgemäßen, Tübingen, Stauffenburg-Verl., 1993, pp. 151-163. Val la pena di
ricordare che, in una lettera datata 7 aprile 1804, Schelling chiede a Windischmann
di acquistare per suo conto « il Giordano Bruno [sic] » (Gustav Leopold Plitt (Hg.),
Aus Schellings Leben. In Briefen, Leipzig, Hirzel, 1870, II, p.  16). Nell’ottobre
del 1808, Schelling prende in prestito in biblioteca ben quattro opere del Bruno:
De triplici minimo et mensura, De imaginum signorum et idearum compositione,
Summa terminorum metaphysicorum, De progressu et lampade venatoria logicorum
(cfr. Christoph Schulte, « F.W.J. Schelling Ausleihe von Hand- und Druckschriften
aus der Königlichen Hof- und Staatsbibliothek zu München », Zeitschrift für
Religions- und Geistesgeschichte, 1993, 45, 3, pp. 267-277, p. 271).
17. Schelling, Bruno, in Schellings sämmtliche Werke, hrsg. v. K.F.A. Schelling,
op. cit., p.  331, trad. it., p.  86; cfr. Friedrich Heinrich Jacobi, Über die Lehre des
Spinoza in Briefen an den Herrn Moses Mendelssohn [1789 – Erweiterung: Beilage I],
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Storia e concetto del materialismo 331

De la causa, ovvero a quel brano dell’opera bruniana in cui Teofilo,


il portavoce della nolana filosofia, avendo introdotto il concetto della
materia come correlato necessario della potenza attiva di Dio e avendo
concepito Dio stesso come coincidenza assoluta di potenza ed atto,
celebra «  l’eccellenza della potenza  », e segnala il fraintendimento
che risulta dal pensare la materia «  come soggetto di cose naturali
solamente  » e dall’ignorare che già per Plotino la materia è «  comune
al mondo intelligibile e sensibile  »18. Com’è noto, nel De la causa,
Teofilo non si limita a richiamare l’idea plotiniana secondo cui, se

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il cosmo sensibile è composto di materia e forma, allora anche il
cosmo intelligibile deve avere una sua materia, sia pure diversa da
quella sensibile e ben più divina; ma andando oltre Plotino19, egli
arriva a concepire una sola materia, la quale si contrae a essere
corporea o incorporea20. La tesi caratteristica della speculazione bru-
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niana è quella per cui questa materia unica sarebbe già in se stessa
attualità (implicita)21: la materia che sta a fondamento del corporeo
come dell’incorporeo, contraendosi nel corporeo, assume dimensioni
determinate, mentre contraendosi nell’incorporeo resta libera dalle
dimensioni determinate; come materia, però, ovvero considerata in sé,
essa non è libera dalle dimensioni determinate nel senso di essere
priva di dimensioni determinate, bensì nel senso di ricomprendere

in Friedrich Heinrich Jacobi: Werke, Bd. 1,1: Schriften zum Spinozastreit, hrsg. von
K. Hammacher, I.-M. Piske, Hamburg, Meiner, 1998, p.  196 (trad. it. a cura di
F. Capra, Bari, Laterza, 1969, p. 172).
18. Giordano Bruno, De la causa, principio et uno, in Opere italiane di
Giordano Bruno, testi critici e nota filologica di G. Aquilecchia, introduzione e
coordinamento generale di N. Ordine, Torino, UTET, 2002, 2 voll., I, p. 697.
19. A proposito, cfr. Leo Catana, The Concept of Contraction in Giordano
Bruno’s Philosophy, Aldershot, Ashgate, 2005, pp. 44-46 e Riccardo Chiaradonna,
« Plotino », Bruniana e Campanelliana, 2011, XVII, 1, pp. 223-232.
20. Cfr. Giordano Bruno, De la causa, op. cit., p.  713: « Sia quantosivoglia
diversità secondo la raggion propria per la quale l’una descende a l’esser corporale
e l’altra non, l’una riceve qualità sensibili e l’altra non, [...] anzi l’una e l’altra è
una medesima, e che (come è più volte detto) tutta la differenza depende dalla
contrazzione a l’essere corporea e non essere corporea: come nell’essere animale
ogni sensitivo è uno; ma contraendo quel geno a certe specie, ripugna all’uomo
l’esser leone. »
21. Cfr. Thomas Leinkauf, « Einleitung », in Thomas Leinkauf (Hg.),
G.  Bruno: Über die Ursache, das Prinzip und das Eine [= Giordano Bruno Werke
III], Hamburg, Meiner, 2007, pp. IX-CLIII, p. LXXXIV; Michele Ciliberto, « Sulla
materia », in Michele Ciliberto, Umbra profunda. Studi su Giordano Bruno, Roma,
Edizioni di storia e letteratura, 1999, pp. 125-153; Tristan Dagron, Unité de l’être et
dialectique. L’idée de philosophie naturelle chez Giordano Bruno, Paris, Vrin, 1999,
p. 365; Sandro Mancini, « Il monismo modalistico bruniano nel De la causa, prin-
cipio et uno », in Fabrizio Meroi (a cura di), La mente di Giordano Bruno, Firenze,
Olschki, 2004, pp. 195-210; Sandro Mancini, La sfera infinita. Identità e differenza
nel pensiero di Giordano Bruno, Milano, Mimesis, 2000, pp. 109-156.
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332 Monica Marchetto

tutte queste dimensioni in se stessa. In altri termini, la materia non


è informe perché priva di forma, ma perché è la possibilità assoluta
di tutte le forme e tutte le forme include in sé22. Giordano Bruno
espone questo concetto attraverso il suo portavoce nel dialogo quarto
del De la causa23 e non può stupire che tra i passi jacobiani citati da
Schelling si trovi anche il brano che riassume queste celebri pagine
bruniane:
Questa materia, che è a fondamento delle cose incorporee come di quelle
corporee, è un’essenza molteplice, in quanto racchiude in sé la moltitudine

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delle forme, ma, considerata in sé, è assolutamente semplice e indivisibile.
Poiché essa è tutto, non può essere niente in particolare. Convengo che non
a tutti è facile il comprendere come qualcosa possa avere tutte le proprietà e
nessuna, essere l’essenza formale di tutto, e tuttavia non aver forma alcuna:
ma al filosofo è noto il principio: non potest esse idem, totum et aliquid24.
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22. Per Bruno già Averroè con la sua teoria della materia come dimensio-
nalità indeterminata avrebbe compreso che la materia include in sé tutti gli atti
dimensionali e non è potenza pura e nuda. Cfr. Giordano Bruno, De la causa,
op. cit., p.  716: « Dice lui [Averroè] che la materia ne l’essenzia sua comprende
le dimensioni interminate: volendo accennare che quelle pervegnono a terminarsi,
ora con questa figura e dimensioni, ora con quella e quell’altra, quelle e quell’altre,
secondo il cangiar di forme naturali. Per il qual senso si vede che la materia le
manda come da sé, e non le riceve come di fuora. Questo in parte intese ancor
Plotino prencipe nella setta di Platone. Costui facendo differenza tra la materia
di cose superiori et inferiori, dice che quella è insieme tutto; et essendo che pos-
siede tutto, non ha in che mutarsi: ma questa con certa vicissitudine per le parti,
si fa tutto, et a tempi e tempi, si fa cosa e cosa, però sempre sotto diversità,
alterazione, e moto. Cossì dumque mai è informe quella materia, come né anco
questa, benché differentemente quella e questa, quella ne l’istante de l’eternità,
questa ne gl’istanti del tempo; quella insieme, questa successivamente; quella
esplicatamente, questa complicatamente; quella come molti, questa come uno;
quella per ciascuno, e cosa per cosa; questa come tutto et ogni cosa. » Come
spiega Sturlese, Bruno getta qui un ponte tra Averroè e Plotino: « Secondo Bruno
il concetto di materia del De substantia orbis supera quello aristotelico, puramente
astratto, di materia come potenza pura e nuda, trasformando questa in un principio
fisico reale con un ruolo attivo nella produzione della forma […] la coincidenza di
potenza ed atto intravista da Averroè nella materia del mondo sensibile, Plotino l’ha
affermata per la materia celeste […]. Forte delle due autorità così saldate, Bruno
giunge ad una seconda, decisiva conclusione, all’affermazione cioè dell’identità
della materia di “cose superiori” e di “cose inferiori” » (Rita Sturlese, « “Averroè
quantumque arabo et ignorante di lingua greca…” Note sull’averroismo di Giordano
Bruno », in Friedrich Niewöhner, Loris Sturlese (Hg.), Averroismus im Mittelalter
und in der Renaissance, Zürich, Spur-Verlag, 1994, pp. 319-348, p.  323; a pro-
posito del rapporto tra Bruno e Averroè, cfr. Eugenio Canone, « Giordano Bruno
lettore di Averroè », in Carmela Baffioni (a cura di), Averroes und the Aristotelian
Heritage, Napoli, Guida, 2004, pp. 211-247; Monica Marchetto, « Materia, attua-
lità, dimensionabilità: Plotino e Averroè nel De la causa di Giordano Bruno », in
Andrea Le Moli (a cura di), Understanding Matter, Palermo, NDP, 2015.
23. Cfr. Giordano Bruno, De la causa, op. cit., p. 711 e pp. 713-715.
24. Schelling, Bruno, op. cit., pp. 331-332 (trad. it., p. 86). Cfr. Friedrich Heinrich
Jacobi, Über die Lehre des Spinoza, op. cit., pp. 197-198 (trad. it., p. 173).
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Storia e concetto del materialismo 333

L’idea di una materia che è indistinta dall’atto e che è già forma


in quanto possibilitas absoluta di ogni forma25 costituisce infatti, nel-
l’orizzonte schellinghiano, il cuore della dottrina del materialismo.
Questa filosofia si sarebbe elevata all’idea della materia come «  l’Uno,
che è al di sopra di ogni opposizione26  ». Nell’interpretazione schel-
linghiana, il materialismo concepisce la materia come «  un’infinita
possibilità chiusa in se stessa27  », come il grembo in cui tutti gli atti
sono implicati. E se la materia è forma in quanto attualità implicita,
la forma infinita (ovvero la forma considerata assolutamente, come

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forma di tutte le forme) è materia, in quanto è l’esplicazione e la
realizzazione della possibilità della materia. Il materialismo – nella
sua forma più autentica, che è per Schelling rappresentata dalla filo-
sofia bruniana – giunge fino al pensiero dell’unità della materia e
della forma infinita, un’unità che è assoluta nell’Assoluto e che è
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invece «  un’assoluta unità della pluralità28  » nell’universo esplicato


a partire dall’Assoluto. L’esposizione schellinghiana del punto di vista
del materialismo culmina con un richiamo implicito alla concezione
bruniana della materia come vita infinita che fa scaturire ogni specie
naturale «  dal suo seno29  », e alla idea bruniana dell’Intelletto come
«  artefice interno30  »: « In questa vita universale nessuna forma nasce
dall’esterno, ma per mezzo di un’arte interna (innre Kunst), vivente e
inseparabile dalla sua opera31.  »
Malgrado l’esposizione del punto di vista del materialismo spe-
culativo sia dichiaratamente ispirata a Giordano Bruno, Schelling non
manca al contempo di evidenziare un limite che a suo dire grave-
rebbe sul modo in cui Giordano Bruno vive ed espone questo stesso
punto di vista:
Bruno dichiara identiche l’anima e la forma di una cosa (ivi, p.  269),
il che gli rende impossibile conquistare [gewinnen] in tutta la sua chiarezza
il punto più alto di indifferenza tra materia e forma, mentre Alessandro afferma
che l’anima stessa è uno solo degli opposti all’interno della forma [den Einen
Gegensatz in der Form] e quindi è subordinata alla forma32.

25. Cfr. Thomas Leinkauf, Einleitung, op. cit., p. LXXXIV.


26. Schelling, Bruno, op. cit., p. 310; trad. it., p. 87.
27. Ivi, p. 311 (trad. it., p. 87).
28. Ivi, p. 312 (trad. it., p. 88).
29. Giordano Bruno, De la causa, op. cit., p. 718.
30. Ivi, pp. 653-654. A proposito, cfr. Thomas Leinkauf, Einleitung, op. cit.,
pp. 346-350. Cfr. Tristan Dagron, Unité de l’être et dialectique, op. cit., p. 250.
31. Schelling, Bruno, op. cit., p. 314 (trad. it., p. 89).
32. Ivi, pp. 330-331 (trad. it., p.  85, modificata); cfr. Friedrich Heinrich
Jacobi, Über die Lehre des Spinoza, op. cit., p. 189 (trad. it., pp. 164-165).
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334 Monica Marchetto

Giordano Bruno non ammette una distinzione di natura tra specie


diverse di forma (ovvero tra la forma dei corpi naturali dotati di vita
e la forma di tutti gli altri corpi naturali); per il Nolano infatti vi è
una sola forma che è la stessa in ogni cosa, ma si dà differentemente
secondo la diversità delle disposizioni della materia33. Ma, dal punto di
vista di Schelling, elidendo la distinzione tra anima e forma, Giordano
Bruno confonderebbe il punto di vista dell’idea con quello del feno-
meno: per Schelling la forma infinita, ossia considerata nella sua asso-
lutezza e in quanto uguale alla materia, non è anima; anima è infatti

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la forma che si riferisce immediatamente a un ente singolo e perciò
stesso si oppone (anche se solo in modo relativo) alla materia come
corpo, dunque la forma nell’orizzonte del fenomeno, non nell’idea34. In
sé, ovvero nell’idea, la forma è perfettamente adeguata alla materia e
infinitamente unita ad essa. Nella sua esposizione del punto di vista del
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materialismo, Schelling si impegna perciò a distinguere più nettamente


di quanto non abbia fatto Bruno la forma infinita dall’anima.
Schelling non si limita ad evidenziare il nucleo teoretico della
dottrina del materialismo, ma ne ripercorre anche la storia. Nella sua
ricostruzione, già Platone avrebbe  tradito l’intuizione originaria del
materialismo, rabbassando la materia a mero soggetto delle cose natu-
rali. Ancor di più l’avrebbero tradita i filosofi posteriori identificando
la materia col corpo35. Con efficacia retorica il filosofo di Leonberg
narra la storia delle tribolazioni della materia: questa, originariamente

33. Cfr. Tristan Dagron, Unité de l’être et dialectique, op. cit., pp. 267-270; cfr.
Giordano Bruno, De la causa, op. cit., pp. 659, 661, 663-665.
34. L’anima è ciò che la forma infinita diviene quando essa si scinde dal tutto,
riferendosi immediatamente soltanto ad un ente finito e introducendo l’opposizione
relativa tra finito e infinito: « È a ciò che nelle cose abbiamo chiamato il finito che si
oppone l’infinito. Quest’ultimo, in quanto si rapporta immediatamente a questo finito, è
anche solo l’infinito di questo finito: non l’unità infinita di ogni finito, ma l’unità relativa
di questo finito, ossia il concetto, che si riferisce immediatamente solo a questo finito
come anima del medesimo » (Schelling, Bruno, op. cit., p. 263; trad. it., p. 45). Schelling
aggiunge perciò la seguente puntualizzazione: « Per evitare però che qualcuno pensi
quella forma di tutte le forme, che noi, insieme con altri, potremmo certo chiamare la
vita e l’anima del mondo, come l’anima opposta alla materia quale corpo, si deve far
notare che la materia non è il corpo, bensì ciò in cui sia il corpo sia l’anima esistono.
[...] Quella forma delle forme, assolutamente considerata, non è, invece, opposta alla
materia, ma è una con essa, mentre in relazione al singolo, per il fatto che questo non
è mai interamente ciò che può essere, essa pone necessariamente e sempre un’oppo-
sizione, ossia quella di infinito e finito, e questa è appunto l’opposizione di anima e
corpo. Anima e corpo sono dunque essi stessi compresi (begriffen) in quella forma di
tutte le forme; però quest’ultima, che nella sua semplicità è tutto e, proprio perché è
tutto, non può essere qualcosa di particolare, fa assolutamente tutt’uno con l’essenza.
L’anima in quanto tale è quindi necessariamente subordinata alla materia, ma, in tale
subordinazione, opposta al corpo » (ivi, pp. 312-313; trad. it., pp. 88-89).
35. Cfr. Schelling, ivi, pp. 310-311 (trad. it., p. 87).
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Storia e concetto del materialismo 335

concepita come la stessa unità del reale e dell’ideale, viene prima


bandita dal mondo ideale e inchiodata al  suo essere solo reale, poi
barbaramente uccisa e frantumata in una infinità di differenze fisse
(nell’atomismo)36. Questa storia di decadenza culmina per Schelling
nell’età moderna con  l’uccisione della luce – che  per Schelling costi-
tuisce nella natura l’ideale, o meglio, l’identità assoluta stessa in quanto
questa si dà come l’attività che lotta contro la materia spingendola a
ricostruirsi e a potenziarsi –, ridotta da Newton a un essere meramente
corporeo e barbaramente scomposta37. I Materialisti del diciottesimo

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secolo (de La Mettrie, v. Holbach)38 avrebbero infine sancito una morte
già da tempo consumatasi.
Ora è convinzione di Schelling nel Bruno che proprio questa deca-
denza abbia spinto l’idea dell’indifferenza di essenza e forma, di cui
la filosofia è esposizione, ad assumere una nuova forma, quella del-
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l’intellettualismo (Platone e Leibniz)39. A differenza del materialismo,


l’intellettualismo considera l’ideale come origine di ogni realtà ma, al
pari di esso, «  riconduce a quell’Uno, che è stato determinato come
ciò in cui tutto è senza opposizione40  ». Dal conflitto tra materialismo
e intellettualismo sorgerebbe poi un’opposizione più elevata, quella
tra realismo (Spinoza) e idealismo (Fichte): il primo coglie l’Assoluto
come essenza, l’altro invece come forma. Ma nella forma assoluta,
secondo Schelling, pensiero ed essere sono uniti in modo assoluto:
in altri termini, la forma dell’Assoluto, presa nella sua vera asso-
lutezza, è immediatamente identica all’essenza41. Così, né il realismo
né l’idealismo sono in grado di cogliere, puramente e semplicemente,
l’indifferenza di forma e essenza che è l’Assoluto42. All’idealismo

36. Cfr. ivi, pp. 314-315 (trad. it., p. 90).


37. Cfr. ivi, p.  315 (trad. it., p.  91). Schelling allude alla teoria newtoniana
dell’emissione della luce (cfr. Schelling, Bruno oder über das göttliche und natürli-
che Prinzip der Dinge. Ein Gespräch, hrsg. v. M. Durner, op. cit., p. 147).
38. Cfr. Schelling, Bruno, op. cit., p. 315 (trad. it., p. 91).
39. Cfr. ivi, p. 316 (trad. it., p. 91); Schelling, Vorlesung vom Sommersemester
1801, op. cit., pp. 36-37.
40. Schelling, Bruno, op. cit., p. 321 (trad. it., p. 96).
41. Cfr. ivi, pp. 323-324 (trad. it., p. 98).
42. Sul rapporto tra Schelling e Spinoza nel Bruno, cfr. Piet Steenbakkers, « “Das
göttliche und natürliche Prinzip”: Spinoza in Schellings Bruno », Schelling Studien,
2013, 1, pp. 143-156. Sul rapporto tra Schelling e Fichte nel Bruno, cfr. Claudio Cesa,
« Schellings “Bruno”: ein letzter Versuch der Versöhnung mit Fichte? », in Werner
Beierwaltes, Erich Fuchs (Hg.), Symposion: Johann Gottlieb Fichte. Herkunft und
Ausstrahlung seines Denkens, München, Beck, 2009, pp. 65-83. A proposito del rap-
porto tra Schelling e Leibniz nella filosofia dell’identità, cfr. Bernhard Rang, Identität
und Indifferenz, Frankfurt a.M., Klostermann, 2000. Sulla concezione schellinghiana
del materialismo, cfr. Giuseppe Riconda, Schelling storico della filosofia (1724-1820),
Milano, Mursia, 1990, pp. 98-102, pp. 132-133.
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336 Monica Marchetto

fichtiano in particolare Schelling attribuisce la colpa di aver smarrito


il punto assoluto di indifferenza della forma, l’unità assoluta di finito
e infinito, essere e conoscere, e di avere innalzato a principio il punto
relativo della subordinazione dell’essere al conoscere43. Se dunque
fine ultimo del pensiero è quello di «  conoscere nella sua schietta
purezza quell’unico metallo della filosofia, che è in tutti lo stesso44  »,
ovvero di esporre l’Assoluto in se stesso e nella sua purezza, la trat-
tazione delle quattro forme fondamentali di filosofia si rivela alla fine
solo propedeutica all’attingimento del punto di vista della «  filoso-

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fia pura e semplice45  », la filosofia dell’identità. Questa, riuscendo a
cogliere la forma di tutte le forme, e dunque il conoscere nella sua
vera assolutezza, per questo attinge anche l’essenza dalla quale la
forma assoluta è indistinguibile e, conoscendo l’Assoluto come questa
indifferenza di essenza e forma, riesce a farsene «  esposizione per-
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fetta46  », e cioè ad essere esposizione in-differente (non più segnata


da una particolarità) dell’indifferenza assoluta.

Bruno e l’ilozoismo: i limiti del materialismo nella Propedeutica


di Würzburg

Al tema del materialismo Schelling dedica una particolare trat-


tazione anche nella Propedeutica di Würzburg e in questo contesto
getta una luce nuova su questa forma di pensiero. Se nel Bruno egli
identifica proprio nella degenerazione del materialismo speculativo la
causa del suo declino e del simultaneo avvento di una forma diversa
di pensiero, l’intellettualismo, nella Propedeutica egli invece affigge
lo sguardo sulla limitatezza che in modo strutturale graverebbe sul
materialismo come tale, dunque anche sul materialismo considerato
nella sua forma più alta e speculativa.
Nella Propedeutica egli si impegna a esporre i diversi punti di vista
che la filosofia avrebbe superato per arrivare al punto di vista assoluto.
Il primo punto di vista sul quale si concentra l’attenzione di Schelling
è proprio quello del materialismo, espressione del primo innalzarsi
del pensiero al di sopra dell’esperienza reale e della tendenza del
pensiero a cercare l’identità del reale nella materia, non però nella
materia come questa appare, bensì nella materia come questa può

43. Cfr. Schelling, Bruno, op. cit., p. 327 (trad. it., p. 101).


44. Ivi, p. 309 (trad. it., p. 85).
45. Ivi, p. 323 (trad. it., p. 97).
46. Ivi, p. 328 (trad. it., p. 102).
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Storia e concetto del materialismo 337

soltanto essere concepita. Anche qui Schelling distingue due forme


di materialismo: quello deteriore che cerca di elevarsi al di sopra
della materia sensibile ma lo fa soltanto nel senso di concepire come
fondamenti del reale minima materiali, gli atomi; e quello più elevato,
che ora Schelling denomina «  ilozoismo47  ». Che la sua esposizione
sia di nuovo ispirata a Giordano Bruno è chiaro dalla stessa carat-
terizzazione che egli fa della materia: la materia infatti per l’ilozoismo
è vita infinita; essa non è un che di morto, cui un intelletto esterno
imponga la forma, ma è l’identità stessa del mosso e del principio

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di movimento, «  materia e artista insieme48  ». Essa è l’unità in cui
essenza e forma sono riunite e perfettamente adeguate l’una all’altra;
il grembo dal quale scaturiscono le cose finite e caduche:
la forma [...] è di nuovo uguale all’essenza, ed è eterna quanto quella.
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Dall’eternità, essenza e forma sarebbero riunite insieme nella materia. [...]


Resa gravida, se così può dirsi, delle forme delle cose dalla forma assoluta,
la sostanza inizia a generare tali forme quali singole cose reali e caduche. Se
la forma assoluta è infatti perfettamente adeguata alla sostanza assoluta, la
forma particolare le è invece necessariamente inadeguata: da qui, l’esistenza,
nelle cose singole, di un legame imposto solo forzosamente. [...] Pertanto,
nelle cose reali, deve di necessità presentarsi una differenza tra essenza e
forma [...]; viceversa, ciò che è tutto quel che può essere, è compiuto, infinito,
fuori dal tempo49.

A questo sistema di pensiero Schelling riconosce anche qui, come


già nel Bruno, il merito di avere elaborato un concetto profondo della
materia, ponendo in essa l’identità del principio finito e infinito50. Ora
però, se è vero che questo sistema concepisce la materia come identità
di finito e infinito, reale e ideale, è anche vero che esso riesce a conce-
pire appunto l’identità solo come materia; proprio perciò, è inevitabile
che questo sistema riesca a pensare l’ideale solo come subordinato al
reale e al finito, e non invece nella sua vera assolutezza ed infinità.
La prima identità è posta nell’interamente reale, nella materia. Ma appena
questa identità è posta, spunta fuori l’ideale, lo spirito, a contrapporvisi. Si
badi: non perché la materia stessa non comprenda in sé un principio ideale
accanto a quello reale – che è poi l’esplicito presupposto del sistema che
attribuisce alla materia una vita autonoma – ma perché il principio ideale,
essendo accidente della materia o subordinato ad essa, si presenta di necessità
subordinato al finito51.

47. Schelling, Propädeutik der Philosophie, in Schellings sämmtliche Werke,


hrsg. v.  K.F.A. Schelling, Bd. VI, Stuttgart-Augsburg, Cotta, 1860, pp. 73-130,
p. 85 (trad. it. a cura di F. Palchetti, Pisa, ETS, 1990, p. 46).
48. Ivi, p. 87 (trad. it., p. 48).
49. Ivi, pp. 85-86 (trad. it., pp. 46-47).
50. Cfr. ivi, p. 86 (trad. it. p. 48).
51. Ivi, p. 92 (trad. it., pp. 54-55).
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338 Monica Marchetto

Il limite attribuito nel Bruno alla filosofia bruniana, l’incapacità


di attingere con chiarezza il punto supremo di indifferenza – in
conseguenza dell’identificazione tra forma (la forma nella sua asso-
lutezza) e anima (la forma in quanto condizionata) –, è ora reinter-
pretato da Schelling come un limite costitutivo del materialismo
come tale, mentre lo stesso rabbassamento della forma assoluta a
forma solo condi­zionata appare ora come strutturalmente connesso
alla concezione dell’identità come materia. Questo limite non solo
è intrinseco al materialismo ma, per Schelling, è anche ciò che

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pone l’esigenza del suo oltrepassamento: come nella natura il prin-
cipio ideale, essendo posto come uguale al reale (e perciò come
delimitato) nella materia, perciò stesso non può non porsi imme-
diatamente anche come illimitabile in una potenza superiore alla
materia (la luce, che lotta contro la materia e la determina alla
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ricostruzione)52, allo stesso modo, nel pensare, il fatto che il mate-


rialismo ponga l’ideale sempre solo come subordinato al reale fa
sì che necessariamente l’ideale riemerga contrapponendosi al reale
(nel cartesianesimo). Ma la scissione a sua volta pone solo l’esi-
genza di una identità più elevata di quella che è concepita dal
materialismo. Schelling riconosce nello spinozismo quel compiuto
realismo che riesce ad elevarsi all’Infinito e che persino si spinge
fino all’identità assoluta; nella sua interpretazione, però, anche se
lo spinozismo pensa l’identità assoluta, esso arriva pur sempre ad
esprimerla solo nel reale53, e dunque a cogliere l’Infinito solo come
essere. Il pensare dovrà dunque ancora avventurarsi nell’ideale ed
attraversare altri due gradi di sviluppo (l’atomismo intellettuale di
Leibniz e il dualismo rappresentato da Kant e Fichte) prima di
potersi elevare al punto di vista, veramente assoluto, dell’identità
di essere e attività, e cioè allo Standpunkt supremo che è proprio
della filosofia schellinghiana54.

52. Cfr. Schelling, Darstellung meines Systems der Philosophie, in Friedrich


Wilhelm Joseph Schelling: Historisch-kritische Ausgabe, Reihe I: Werke, Bd. 10,
hrsg. v.  M. Durner, Stuttgart, Frommann-Holzboog, 2009, p.  149. Lo stesso
Schelling istituisce una corrispondenza tra i gradi che la riflessione deve attraver-
sare e i gradi della natura (cfr. Schelling, Propädeutik der Philosophie, op. cit.,
p. 103; trad. it., pp. 67-68).
53. Cfr. Schelling, ivi, p. 98 (trad. it., p. 61).
54. Riguardata da questo più elevato punto di vista, la materia non è più sem-
plicemente per se stessa identità e totalità (come viene pensata nel materialismo),
ma, proprio nel suo essere totalità che ricomprende in sé ideale e reale, essa è solo
una potenza dell’Identità assoluta stessa: « Ritenere reale la materia come tale,
questo è l’infimo grado della conoscenza; scorgere nella materia ciò che essa ha
in comune con l’infinito (l’essere totalità riguardo a se stessa), dunque conoscerla
in generale solo come totalità, questo è il secondo grado, e riconoscere infine che
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Storia e concetto del materialismo 339

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La ricostruzione della trattazione schellinghiana del materialismo


nella filosofia dell’identità ha permesso di evidenziare la centralità
che il pensiero di Giordano Bruno assume nell’orizzonte schelling-
hiano: sia nel Bruno sia nella Propedeutica Schelling trae infatti dal
Nolano le tesi-chiave della sua esposizione del materialismo specula-
tivo. L’indagine condotta in questo saggio evidenzia però al contempo
un’evoluzione all’interno della concezione schellinghiana del materia-

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lismo: mentre nel Bruno Schelling si concentra sull’opposizione tra il
materialismo speculativo e conseguente, da un lato, e il materialismo
deteriore e decaduto, dall’altro lato, e identifica nella decadenza del
materialismo speculativo la causa dell’avvento dell’intellettualismo,
nella Propedeutica egli pone l’accento sul limite che a suo dire strut-
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turalmente graverebbe sul materialismo come tale e che ne determi-


nerebbe il declino, rendendo necessario l’avvento di altre forme di
pensiero: vero è che il materialismo (anche considerato nella sua
forma più elevata e speculativa) coglie la materia come identità e
totalità; altresì vero è però, nell’interpretazione schellinghiana, che
il materialismo arriva a concepire l’identità solo come materia, il
che implica necessariamente che esso consideri l’ideale sempre solo
come subordinato al reale, non riuscendo perciò mai ad attingerlo
nella sua vera assolutezza.
Monica Marchetto
Università di Palermo
monica.marchetto@unipa.it

la materia considerata assolutamente non esiste affatto, e che v’è solo l’identità
assoluta, questo è il grado più elevato ovvero la conoscenza autenticamente specu-
lativa » (Schelling, Darstellung meines Systems der Philosophie, op. cit., p. 145).
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