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Testi e studi di cultura classica


Collana fondata da
Giorgio Brugnoli e Guido Paduano
Diretta da
Guido Paduano, †Alessandro Perutelli, Fabio Stok

60
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Totus scientia plenus.


Percorsi dell’esegesi virgiliana antica
a cura di
Fabio Stok

Edizioni ETS
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www.edizioniets.com

Volume pubblicato con il contributo


del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma «Tor Vergata»
(fondo PRIN 2009)

© Copyright 2013
EDIZIONI ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
info@edizioniets.com
www.edizioniets.com

Distribuzione
PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]

ISBN: 978-884673782-3
Servio e i poeti romani arcaici
di Giampiero Scafoglio

Nella vastissima ed eterogenea mole d’informazioni conservata nel com-


mento di Servio e del Seruius auctus, un aspetto importante e controver-
so è il confronto tra Virgilio e gli autori precedenti, alcuni dei quali si
possono considerare i suoi modelli. Questo confronto si sviluppa in di-
versi modi e con diversi fini: dalla citazione di una parola o di una iunc-
tura in funzione linguistica (per illustrare il contenuto semantico di un
lemma, per esplorarne le differenti accezioni, per evidenziare un arcai-
smo, etc.) all’individuazione di analogie nelle scelte lessicali e nella for-
ma dell’espressione, di ampiezza variabile e di portata non sempre facile
da definire, fino ad arrivare al caso più raro del (presunto) parallelismo
tra segmenti narrativi più o meno estesi1.
Questo tipo di scoli presenta più motivi d’interesse: 1) fornisce docu-
mentazione testuale sull’evoluzione della lingua, specialmente sulla fase
arcaica, di cui restano poche tracce nella letteratura sopravvissuta; 2)
fornisce documentazione testuale anche sulla mitologia, segnatamente
sulle diverse versioni delle leggende, comprese quelle più peregrine; 3)
tramanda testimonianze e frammenti che, se da un lato offrono un ri-
scontro utile per testi in nostro possesso come quelli di Plauto e Teren-
zio, dall’altro lato sono una risorsa inestimabile per la conoscenza di o-
pere perdute, la cui (parziale) ricostruzione è affidata esclusivamente al-
la tradizione indiretta; 4) fornisce materiale testuale e occasioni di rifles-
sione (da valutare tuttavia con prudenza e comunque da sviluppare) sui
rapporti di Virgilio con i modelli e in generale con gli autori precedenti.
I vantaggi che si possono trarre da questo tipo di scoli non sono però
immediati ed esenti da rischi e inconvenienti, in quanto Servio e gli eru-

1
Lo scopo di insegnamento linguistico è ovviamente prioritario per un grammaticus che indi-
rizza il proprio lavoro agli allievi; non è però l’unico, come conferma il quadro sinottico ad hoc.
Sull’impianto didattico del commento di Servio e sul ruolo giocato al suo interno dagli auctores
cf. KASTER 1978, 181-209.
146 Giampiero Scafoglio

diti confluiti nel Seruius auctus non leggono direttamente molti di questi
autori, su cui attingono informazioni da fonti intermedie: le testimonian-
ze non sempre sono attendibili; le citazioni testuali raramente sono chia-
re e precise. A errori e fraintendimenti degli eruditi si aggiungono i gua-
sti testuali, non infrequenti nello stato penoso in cui si trova il commento
curato da Thilo e non molto migliorato dagli studiosi harvardiani guidati
da Rand2.
L’unico studio sistematico sull’argomento, a quanto pare, è l’articolo
di ampio respiro di Robert Lloyd, che risale al 1961 (più di mezzo se-
colo fa)3 e abbraccia in un quadro d’insieme il materiale documentario
(molto eterogeneo) riguardante gli autori di tutto il periodo repubblicano
(dai poeti epici, tragici e comici più antichi agli storici e ai grammatici
del I secolo a.C.)4. L’argomento è affrontato, in modo molto diverso, nel
noto libro di Michael Wigodsky sui rapporti di Virgilio con i poeti latini
arcaici5. Qui l’approccio metodologico con Servio e col Seruius auctus è
più rigoroso; il focus però è spostato su Virgilio e sul suo debito nei con-
fronti dei modelli: il commento dei due eruditi svolge un ruolo ‘strumen-
tale’ (subordinato al suo contenuto informativo) e non è oggetto di un
discorso critico specifico. Per il resto, alcune osservazioni (non molte, a
dire il vero) sono sparse qua e là nella bibliografia virgiliana6.
Tuttavia manca ancora una visione d’insieme su questa problematica

2
Cf. THILO - HAGEN 1881-1887 (di qui le mie citazioni); RAND - SMITH - SAVAGE 1946 (Aen.
1-2); STOCKER - TRAVIS 1965 (Aen. 3-5). Un notevole progresso si è registrato con RAMIRES
1996 e 2003. Una nuova edizione è attualmente in preparazione per la CUF, di cui è uscito il pri-
mo volume a cura di JEUNET-MANCY 2012 (Aen. 6).
3
Cf. LLOYD 1961. Lo studioso conduce un esame comparativo tra Servio e il Seruius auctus,
applicando 4 parametri di giudizio: il numero degli autori nominati, l’esplicitazione della fonte, la
lunghezza e la precisione delle citazioni.
4
Queste le conclusioni: Servio menziona un minor numero di autori, in modo più sintetico ed
evasivo; il Seruius auctus ne cita un maggior numero, in modo più ampio e preciso. Secondo
Lloyd, i due eruditi dipendono da una fonte comune, che sembra essere il commento di Donato, di
cui l’uno e l’altro fanno un uso diverso: Servio lo abbrevia, ne riduce i dati al minimo, com’è nello
stile di un commento scolastico; il Seruius auctus ne perde anch’egli lo spessore originario, ma ne
salva una maggiore quantità di informazioni, come si addice a un commento specialistico.
5
Cf. WIGODSKY 1972: un lavoro notoriamente serio ed equilibrato (pur con qualche eccesso
di scetticismo), che risulta ancora utile, anche se alcune delle sue conclusioni si considerano at-
tualmente superate.
6
Cf. per esempio il famoso libro di NORDEN 1915, 18ss. e passim, e qualche articolo di argo-
mento più circoscritto come TRAINA 1998, 11-17. È un dato di fatto che nella bibliografia sulla
tragedia romana arcaica curata da MANUWALD 2001, 11-237, nelle sezioni relative alla fortuna e
alla ricezione, non vi è un paragrafo dedicato a Servio.
Servio e i poeti romani arcaici 147

pregnante e complessa, che non si esaurisce nella tradizione indiretta


della letteratura perduta e neppure nella discussione sull’intertestualità
virgiliana, ma alimenta altresì una tappa significativa di storia della cul-
tura. Perciò mi pare opportuno riprendere l’argomento, restringendo il
campo agli autori più antichi e ad alcuni generi letterari: in particolare, i
poeti epici e tragici del periodo arcaico (una scelta rispondente ai limiti
di spazio di questo contributo, ma anche al proposito di lavorare su ma-
teriale più omogeneo, che si presti allo svolgimento di un discorso orga-
nico).
In primo luogo ho diviso gli scoli di Servio e del Seruius auctus com-
prendenti i riferimenti a questi poeti in tre gruppi, a seconda delle finali-
tà perseguite mediante le testimonianze e/o le citazioni testuali: 1) osser-
vazioni linguistiche, stilistiche, metriche (esempi di arcaismi, recupero
del significato originario di un lemma, indicazioni di diverse accezioni
delle parole, saggi di abbinamenti insoliti di lemmi o di complementi co-
struiti in modo irregolare, segnalazione di particolarità metriche); 2) imi-
tazione (versi o sintagmi identici o simili, analogie di scene o immagini,
segmenti narrativi con tratti comuni); 3) dati contenutistici e, in genera-
le, elementi culturali (miti, eventi storici, usi e costumi, illustrati me-
diante i passi degli autori che ne parlano).
All’interno di questi gruppi ho indicato poi alcuni casi particolari: a)
qualora un’osservazione linguistica o la segnalazione di un’imitazione
non sia autonoma, ma sia subordinata a una questione di critica testuale
(ossia la difesa o la confutazione di una uaria lectio di tradizione indiret-
ta); b) se la segnalazione di un’imitazione è completata da una breve o
brevissima discussione (anche una sola frase).

Osservazioni lingui- Imitazione Dati contenutistici, mi-


stiche, stilistiche, me- ti, eventi storici, usi e
Livio Andronico triche costumi
Servio (1) Aen. 10.636
Seruius auctus (2) Aen. 1.92* Aen. 4.37
Nevio
Seruius auctus (9) Aen. 1.213, 4.267 Aen. 1.198, 2.797* Aen. 1.170, 1.273, 3.
10, 4.9, 9.712
Ennio
Servio (54) Buc. 10.10; Georg. 2. Aen. 1.20*, 1.281*, Aen. 6.777, 7.691
424, 3.76; Aen. 1.4, 1. 2.241, 2.274, 4.404*,
26, 1.51, 1.224, 1.412, 6.219, 6.845*, 7.
1.741, 2.651, 4.9, 4. 320*, 7.622*, 8.631,
148 Giampiero Scafoglio

576, 6.545, 6.595, 6. 9.163, 9.253, 9.501*,


685, 6.686, 6.705, 6. 10.396*, 11.27, 11.
748, 6.763, 6.779, 7. 601*, 11.608, 12.
568, 7.683, 7.804, 9. 115*, 12.499*, 12.
37, 9.675, 10.5, 10. 552
532, 11.236, 11.660,
12.298, 12.605**, 12.
709**
Seruius auctus (45) Buc. 9.23; Georg. Aen. 9.420, 9.526, Georg. 1.75, 3.35; Aen.
1.12** (2), 1.18 (2), 12.294 1.254, 1.273, 11.19, 11.
2.449, 3.116, 4.59, 306
4.170, 4.188 (2),
4.230 (2); Aen. 1.31,
1.52, 1.69, 1.81,
1.123, 1.190, 1.726**,
2.62, 2.173, 2.355,
3.241, 3.333 (2),
3.384, 5.37, 8.361 (2),
8.500, 9.327 (2),
9.399, 9.641, 9.653,
9.744, 10.6, 10.10,
11.299, 11.326,
12.121, 12.657
Pacuvio
Servio (8) Aen. 2.651, 4.9, 12.298 Aen. 2.557, 4.469, 4.
473*, 7.320*, 11.
259*
Seruius auctus (10) Georg. 4.436; Aen. 1. Aen. 4.469
55; 1.87, 5.28, 5.40, 9.
664, 11.169**, 12.
543, 12.605**
Accio
Servio (1) Aen. 4.404*
Seruius auctus (13) Aen. 1.179, 4.641, 5. Aen. 1.42*, 1.44**, Aen. 8.130
40, 9.619, 12.605** 1.88, 1.122, 2.17

Nota: i numeri dei libri e dei versi virgiliani indicano ovviamente i rispettivi scoli. In parentesi,
accanto al nome dell’erudito, è riportato il numero complessivo degli scoli che fanno esplicita-
mente riferimento al singolo poeta (frammenti e/o testimonianze, senza distinzione). Se uno scolio
contiene due frammenti, l’indicazione si trova in parentesi, accanto al numero del verso virgiliano
corrispondente.

Legenda: * La segnalazione dell’imitazione (con o senza citazione testuale) è accompagnata da


una breve, o anche brevissima, discussione. ** L’osservazione linguistica o la segnalazione dell’i-
mitazione è funzionale a una questione di critica testuale (difesa o confutazione di una variante di
tradizione indiretta).
Servio e i poeti romani arcaici 149

Partiamo da Livio Andronico. Servio lo cita una sola volta (ad Aen.
10.636), in relazione alla parola nubes, distinta dalla forma arcaica nubs.
Nel menzionare il nome del poeta, l’erudito sente il bisogno di precisare:
qui primus edidit fabulam apud nos. La fonte di una citazione così pun-
tuale e stringata, circoscritta a un’unica parola, deve essere un’opera di
compilazione linguistica, forse una rassegna di forme arcaiche7. Servio
non si aspetta che Livio Andronico sia familiare ai suoi lettori, se sente il
bisogno di aggiungere tale precisazione sulla sua identità.
Il Seruius auctus cita Livio Andronico due volte. Nello scolio ad
Aen. 4.37, gli attribuisce una notizia storica assai peculiare, la cui auten-
ticità è messa in discussione dalla critica: i Cartaginesi avrebbero ‘trion-
fato’ spesso sui Romani (con riferimento al costume del triumphus) e
avrebbero adornato i propri portici con i relativi trofei. La fonte della no-
tizia, non nominata esplicitamente, non può essere che l’inno a Giunone
Regina composto da Livio Andronico su commissione del senato duran-
te la seconda guerra punica. A chi obietta che, in tale sede, il poeta non
potesse annoverare e tanto meno enfatizzare i successi dei nemici, si può
rispondere che non è noto il contenuto di quel componimento e che non
si può escludere che, invocando l’aiuto di Giunone, egli lamentasse le
sconfitte subite dal popolo romano, lo scandalo dei «trionfi» e dei trofei,
a riprova della gravità della situazione. A ben guardare, il problema è
nominale più che sostanziale: l’attribuzione di un rito tipicamente roma-
no come il triumphus ai Cartaginesi non sorprende, se si considera la no-
ta propensione di Livio Andronico per la ‘romanizzazione’ di usi e co-
stumi di altri popoli, al fine di renderli comprensibili e perfino familiari
al suo pubblico. La fonte della notizia sarà un’opera di compilazione
culturale miscellanea non dissimile dalle Noctes Atticae di Gellio, op-
pure un’opera di ‘antichità romane’ non necessariamente tarda.
Non meno interessante è lo scolio ad Aen. 1.92, che individua il mo-
dello di un passo virgiliano, focalizzando in particolare l’uso metaforico

7
Quando parlo di ‘fonte’ mi riferisco al testo (o meglio, al tipo di testo, in generale) che può
aver funzionato da ‘filtro’ tra il poeta arcaico e Servio, estrapolando un lemma o un passo dal con-
testo originario; ovviamente non si può escludere (è anzi realisticamente da ipotizzare) una media-
zione più ‘stratificata’, cioè uno o più testi intermedi tra tale ‘fonte’ e il commento di Servio: cf.
STOK 2012, 464-84. Tuttavia la stratificazione esegetica non deve far perdere di vista il punto di
partenza, che è forse il momento più importante e delicato di tutto il processo: può essere opportu-
no infatti chiedersi quando presumibilmente, e a quale scopo, sia avvenuto il ‘prelievo’ di un seg-
mento testuale dal suo asse sintagmatico.
150 Giampiero Scafoglio

del plesso semantico di frigor / frigere8. L’erudito nega che il modello


diretto di Virgilio sia Omero, come si crede comunemente: piuttosto è
Livio Andronico, che ha tradotto quel verso omerico in latino, servendo-
si proprio del verbo frixit. Il triplice confronto tra Omero, Livio e Virgi-
lio, ossia la rivendicazione della mediazione svolta dalla poesia romana
arcaica tra l’epica greca e l’Eneide, è un motivo presente anche nei Sa-
turnalia di Macrobio9. Nel libro V infatti Eustazio disserta sul rapporto
di Virgilio con Omero e presenta un lungo elenco di loci similes; all’ini-
zio del libro successivo, Pretestato chiede a Rufio Albino di mostrare
quid idem Maro de antiquis Romanis scriptoribus traxerit (6.1.1). Albi-
no acconsente e annuncia di voler illustrare ai presenti quantum Vergi-
lius noster ex antiquiorum lectione profecerit et quos ex omnibus flores
uel quae in carminis sui decorem ex diuersis ornamenta libauerit (6.1.
2). Ecco come egli conclude il proprio proposito (6.1.7): post haec quae-
dam de his quae ab Homero sumpta sunt ostendam non ipsum ab Home-
ro tulisse, sed prius alios inde sumpsisse, et hunc ab illis, quos sine du-
bio legerat, transtulisse.
Un concetto, questo, ribadito successivamente: sunt quaedam apud
Virgilium quae ab Homero creditur transtulisse: sed ea docebo a nostris
auctoribus sumpta, qui priores haec ab Homero in carmina sua traxe-
rant (6.3.1). Probabilmente non è un caso che, nell’elenco dei loci simi-
les addotti da Eustazio nel libro precedente, compare anche il verso vir-
giliano discusso dal Seruius auctus nello scolio in esame (Aen. 1.92), se
non che il parallelo omerico proposto nei Saturnalia (5.3.9-10) non è lo
stesso (Il. 6.305-307). È evidente che Macrobio e il Seruius auctus di-
pendono, se non dalla medesima fonte, da opere appartenenti alla stessa
‘corrente’ culturale, la cui ratio sembra essere la valorizzazione della
letteratura latina (in chiave patriottica?) e/o più probabilmente la riven-
dicazione della dignità della poesia arcaica. Si potrebbe pensare al movi-
mento arcaizzante del II secolo. Tuttavia, vi sono tracce più antiche di
una discussione sulla mediazione romana nell’imitazione virgiliana di o-
pere greche: un accenno si trova in Seneca, Epist. 108.33-3410. Nello

8
Ecco il testo: FRIGORE timore […] Liuius in Odyssia ‘igitur demum Vlixi cor frixit prae pa-
uore’ . reprehenditur sane hoc loco Vergilius, quod improprie hos uersus Homeri transtulerit etc.
9
Cf. WIGODSKY 1972, 16-17 (specialmente le note 67 e 68) e passim. Le citazioni dei Satur-
nalia sono tratte da KASTER 2011.
10
Deinde Ennianos colligit uersus et in primis illos de Africano scriptos: ‘cui nemo ciuis ne-
que hostis / quibit pro factis reddere opis pretium’. Ex eo se ait intellegere <opem> apud anti-
Servio e i poeti romani arcaici 151

scolio del Seruius auctus, per di più, un segno di un modo di pensare a-


lieno dal movimento arcaizzante è l’avverbio valutativo improprie, in ri-
ferimento al linguaggio di Livio Andronico a confronto col modello o-
merico: uno spunto estetico, questo, che non si concilia affatto col gusto
diffuso al tempo di Gellio e ricorda piuttosto il severo giudizio di Orazio
sui poeti romani arcaici.
Il caso di Nevio, per quanto fondato su materiale più cospicuo, non è
poi molto diverso da quello di Livio Andronico. Servio non lo cita mai;
il Seruius auctus invece lo menziona 9 volte, sia per la lingua arcaica,
sia per l’imitazione virgiliana, sia per l’informazione mitologica. Alcune
delle testimonianze e dei frammenti che si trovano in questi scoli, se di-
sposti secondo l’ordine cronologico (presunto) degli eventi a cui si rife-
riscono, compongono un quadro che ha non pochi tratti in comune col
racconto virgiliano. La fuga di Enea da Troia nella notte della conquista
è oggetto di tre scoli del Seruius auctus, rispettivamente ad Aen. 1.170,
2.797 e 3.10:

HVC SEPTEM AENEAE C. N. […] nouam tamen rem Naeuius


bello Punico dicit, unam nauem habuisse Aeneam, quam Mercu-
rius fecerit.
INVENIO ADMIRANS […] sane adamat poeta ea quae legit di-
uerso modo proferre. Naeuius belli Punici primo de Anchisa et
Aenea fugientibus haec ait ‘eorum sectam sequuntur multi morta-
les’, ecce hoc est ‘inuenio admirans numerum’: ‘multi alii e Troia
strenue uiri’, ecce hi sunt ‘animis parati’: ‘ubi foras cum auro illic
exibant’, ecce et ‘opibus instructi’.
LITORA CUM PATRIAE LACRIMANS amat poeta quae legit
inmutata aliqua parte uel personis ipsis uerbis proferre. Naeuius e-
nim inducit uxores Aeneae et Anchisae cum lacrimis Ilium relin-
quentes uerbis ‘amborum uxores noctu Troiade exibant, capitibus
opertis, flentes ambae, abeuntes lacrimis cum multis’.

Negli ultimi due scoli, in particolare, l’erudito mette i versi virgiliani a

quos non tantum auxilium significasse sed operam. Ait [opera] enim Ennius neminem potuisse
Scipioni neque ciuem neque hostem reddere operae pretium. Felicem deinde se putat quod inue-
nerit unde uisum sit Vergilio dicere ‘quem super ingens / porta tonat caeli’. Ennium hoc ait Ho-
mero [se] subripuisse, Ennio Vergilium; esse enim apud Ciceronem in his ipsis de re publica hoc
epigramma Enni: ‘si fas endo plagas caelestum ascendere cuiquam est, / mi soli caeli maxima
porta patet’.
152 Giampiero Scafoglio

confronto con i segmenti corrispondenti nel Bellum Poenicum, dicendo


che il poeta «ama esprimere in modo diverso ciò che legge nel modello»
(sane adamat poeta ea quae legit diuerso modo proferre), ovvero «ama
riprodurre con qualche mutamento, o con riferimento a differenti perso-
naggi, quello che legge nel modello» (amat poeta quae legit inmutata
aliqua parte uel personis ipsis uerbis proferre). La reiterata notazione
della diversità di formulazione presuppone una parziale analogia nelle
singole scene e immagini, ma probabilmente anche nelle grandi linee
dell’azione11.
Questo vale altresì per l’episodio cartaginese e per i viaggi nel Medi-
terraneo di Aen. I, III e IV. Il soggiorno africano e una sosta nell’isola di
Procida si lasciano forse intravedere nel Bellum Poenicum12 dagli scoli
del Seruius auctus ad Aen. 4.9 e 9.712:

ANNA SOROR cuius filiae fuerint Anna et Dido, Naeuius dicit.


PROCHYTA ALTA TREMIT […] hanc Naeuius in primo Belli
Punici de cognata Aeneae nomen accepisse dicit.

Lo sviluppo parallelo di alcuni eventi tra l’Eneide e il Bellum Poenicum


è confermato da Macrobio, Sat. 6.2.31:

In principio Aeneidos tempestas describitur, et Venus apud Iouem


quaeritur de periculis filii, et Iuppiter eam de futurorum prosperi-
tate solatur. Hic locus totus sumptus a Naeuio est ex primo libro
belli Punici. Illic enim aeque Venus Troianis tempestate laboran-
tibus cum Ioue queritur, et secuntur uerba Iouis filiam consolantis
spe futurorum.

Questa testimonianza deriva presumibilmente dalla medesima fonte de-


gli scoli del Seruius auctus appena citati. A giudicare dalla posizione in
cui si trova, al culmine e quasi al termine del discorso di Rufio Albino
sul primato dei modelli romani rispetto a quelli greci, si potrebbe dedur-
re che la fonte sia la stessa usata dal Seruius auctus ad Aen. 1.92, a pro-

11
Il debito di Virgilio verso il Bellum Poenicum, se da un lato è al centro di un dibattito che
non trova un esito univoco, dall’altro lato non può essere negato tout court. Tra gli altri, cf. BUCH-
HEIT 1963, 23-57; WIGODSKY 1972, 22-39; LUCK 1983, 267-275; HORSFALL 1973/1974, 1-13.
12
Anche su questo punto il dibattito rimane aperto; la maggior parte degli studiosi però con-
corda sulle peregrinazioni per mare e su una tappa cartaginese di Enea, con o senza l’episodio
amoroso. Cf. VON ALBRECHT 1999, 47-51.
Servio e i poeti romani arcaici 153

posito di Livio Andronico. D’altra parte, l’insistenza sulla diversità di


formulazione (ad Aen. 2.797 e 3.10) rimanda alle polemiche sull’origi-
nalità virgiliana attestate da notizie e aneddoti fin dal I secolo a. C. (per
esempio, l’alterco tra Asconio Pediano e gli obtrectatores, a cui accenna
la Vita Vergilii di Donato-Svetonio). Negli scoli appena citati si intrave-
dono quindi due motivi distinti: modelli latini vs modelli greci; imitazio-
ne servile vs rielaborazione creativa. La medesima sovrapposizione si ri-
scontra nel passo di Macrobio, dove Rufio Albino accenna più volte alla
differenza di formulazione tra Virgilio e i modelli: egli afferma di voler
mostrare locos integros cum parua quadam immutatione translatos sen-
susue ita transcriptos, ut unde essent eluceret, immutatos alios, ut tamen
origo eorum non ignoraretur (6.1.7); e più avanti dice di voler procedere
con nuovi confronti post uersus ab aliis uel ex integro uel ex parte
translatos uel quaedam immutando uerba tamquam fuco alio tinto (6.2.
1). Tale sovrapposizione si potrebbe ricondurre alla contaminazione di
due fonti, avvenuta già in un’opera precedente, a cui si rifanno Macrobio
e il Seruius auctus. È lecito pensare nondimeno che i due motivi coesi-
stessero fin dall’inizio, come due diversi aspetti del dibattito virgiliano
del I secolo d.C. che Macrobio tenta di riprodurre mimeticamente, men-
tre il Seruius auctus ne raccoglie e ne ricompone i frammenti.

Il caso di Ennio si rivela subito diverso. Questi è menzionato spesso


da Servio come dal Seruius auctus: nel primo, però, le citazioni sono
distribuite in funzione sia della lingua che dell’imitazione, nel secondo
prevalgono di gran lunga le osservazioni linguistiche. La differente
distribuzione delle citazioni nelle due categorie, certamente non casuale,
potrebbe confutare o comunque indebolire la teoria della fonte comune,
da sostituire eventualmente con l’idea più duttile di una fonte comune (o
più di una) per le osservazioni linguistiche, a cui aggiungerne un’altra (o
più di una), seguita da Servio e non dal Seruius auctus, in relazione
all’imitazione. Sui rapporti con i modelli infatti si può pensare che
quest’ultimo avesse un legame privilegiato con un testo più antico, che
tendeva a ricondurre l’epos virgiliano più a Nevio che a Ennio (forse
non del tutto a torto, se si considera non tanto lo stile quanto il
contenuto)13.

13
La mia impressione, in base alle citazioni della poesia romana arcaica, è che le aggiunte
‘danieline’ abbiano radici più profonde, cioè fonti più antiche, rispetto al commento di Servio. È
154 Giampiero Scafoglio

Alcune osservazioni linguistiche sono funzionali a questioni di critica


testuale sia in Servio (ad Aen. 12.605, 12.709) sia nel Seruius auctus (ad
Georg. 1.12, ad Aen. 1.726): è lecito pensare quindi che la fonte di tali
testimonianze e/o citazioni non sia un’opera strettamente linguistica, né
una compilazione miscellanea di cultura arcaica, bensì un commento o
un trattato dedicato a Virgilio, come quello di Probo; tanto più che pro-
prio il suo nome ricorre in uno degli scoli citati (ad Aen. 12.605)14.
Inoltre tra le osservazioni linguistiche, in particolare nel Seruius auc-
tus, alcune sono improntate alla difesa di una parola o di una iunctura
virgiliana, di cui si dice o si presuppone messa in discussione l’appro-
priatezza semantica oppure la congruenza contestuale.
Così per esempio lo scolio ad Aen. 11.326, sul verbo texamus, che al-
cuni non meglio precisati (quidam) ritengono proprie dictum, evidente-
mente in contrasto con altri che ne contestano l’uso: perciò è citato il so-
stantivo corradicale textrinum (il cantiere navale, in un frammento di
Ennio). Da Gellio si apprende che alcuni eruditi come Igino e Anneo
Cornuto criticavano il linguaggio virgiliano, ne stigmatizzavano special-

possibile nondimeno che Servio attingesse il proprio bagaglio erudito da un sostrato comune col
Seruius auctus, selezionandolo però in modo diverso. Nessuna di queste due ipotesi è inconciliabi-
le con la posizione attualmente maggioritaria nella critica, che tende a identificare in parte o anche
in larga misura (ma non integralmente!) il Seruius auctus col perduto commento di Donato, di cui
si sono serviti Servio e Macrobio: cf. RAND 1916, 158-64; GOOLD 1970, 103-05; STOK 2012, 466-
74. Non bisogna dimenticare infatti che il ‘compilatore’ del Seruius auctus, se da un lato «fre-
quently complements and extends the same exegeses selected and shortened by Servius» (come si
vedrà infra, nota 14), dall’altro lato «could have used not the original Commentary, but a re-
working, in which the Donatian exegesis was perhaps mixed with other material from other sour-
ces», come precisa il medesimo STOK 2012, 468: di qui la famosa metafora del «buco nero» pro-
posta da DAINTREE 1990, 65-79.
14
A dire il vero, il nome di Probo non compare nello scolio di Servio, che è questo: FLAVOS
LAVINIA CRINES antiqua lectio ‘floros’ habuit, id est florulentos, pulchros: et est sermo Ennia-
nus. È il Seruius auctus ad aggiungere: Probus sic adnotauit: ‘neotericum erat flauos, ergo bene
floros: nam sequitur et roseas laniata genas: Accius in Bacchis ‘nam flori crines, uideo, ei pro-
pessi iacent’, in iisdem ‘et lanugo flora nunc demum inrigat’, Pacuuius Antiopa ‘ceruicum floros
dispergite crines’. La stretta complementarità tra le due note depone per una fonte commune (pas-
sata eventualmente per la mediazione di una più articolata tradizione), il cui autore sarebbe appun-
to Probo. Resta il fatto che Servio si limita a richiamare Ennio (peraltro in modo generico), il Ser-
uius auctus aggiunge esempi testuali da Pacuvio e Accio: in questo caso è evidente che, partendo
dal medesimo sostrato, il primo seleziona e riduce al minimo il materiale disponibile, di cui il se-
condo fa un uso più ampio. Si potrebbe perfino sospettare che Servio definisca evasivamente ser-
mo Ennianus quel lemma per indicarne il carattere arcaico (i.e. «del tempo di Ennio»), che egli de-
duce dai riscontri concreti degli altri poeti citati nel testo di riferimento, scegliendo però di non
menzionarli.
Servio e i poeti romani arcaici 155

mente la nouitas uerborum (Noct. Att. 1.21, 7.6 e passim). Un’accusa,


questa, confutata da altri grammatici mediante l’indicazione dell’origine
arcaica delle singole parole, della loro presenza nelle opere più antiche.
Di tale difesa rimane traccia, tra le righe, in più punti dei Saturnalia di
Macrobio15, così come in alcuni scoli del Seruius auctus. Tra questi, la
nota ad Aen. 2.62: qui l’espressione virgiliana occumbere morti è defini-
ta nouae locutionis figura et penitus remota, con l’esempio di un fram-
mento di Ennio. Più esplicito lo scolio ad Aen. 3.384:

LENTANDVS […] et quidam ‘lentandus’ noue uerbum fictum


putant, sed in annalibus legitur ‘confricati oleo lentati, paratique
ad arma’, a uerbo ‘lentor’.

Talvolta le osservazioni linguistiche assumono l’articolazione e la curva-


tura di disquisizioni in miniatura, non senza affermazioni stravaganti e
deduzioni fantasiose. Così lo scolio del Seruius auctus ad Aen. 8.361:

LAVTIS MVGIRE CARINIS […] alii dicunt carinas montem no-


minatum, quod ager suburbanus ante portas carus erat. alii lauta
loca legatorum, quae in ea regione instructa accipere consuerant.
alii quod ibi Sabini nobiles habitauerint quorum genus inuidere et
carinare solebat. carinare autem est obtrectare: Ennius ‘contra
carinantes uerba atque obscena profatus’, alibi ‘neque me decet
hanc carinantibus edere chartis’. alii quod Romani Sabinis in-
stantibus fugientes, eruptione aquae feruentis et ipsi liberati et
hostes ab insequendo repressi <sint. aut> quia calida aqua la-
uandis uulneribus apta fuit, locus lautulus appellatus est.

La scarsa pertinenza di tali note, e delle citazioni che vi sono contenute,


ne riconduce l’origine a un’opera linguistica o di compilazione erudita,
con una speciale attenzione per la dizione arcaica, ma non riguardante la
poesia virgiliana.
Tra le citazioni funzionali alla segnalazione dell’imitazione, non po-
che (11 su 20, negli scoli di Servio) sono accompagnate da discussione,
pur breve o brevissima. Alcuni paralleli sono commentati ‘tecnicamen-
te’, con interesse precipuo per il lessico e per l’ordo uerborum, come ne-

15
Qualche esempio: non nouum usurpauit uerbum (6.4.5); ferit aures nostras hoc nouum
uerbum discludere ut nouum (6.4.11); sed hac licentia largius usi sunt ueteres, parcius Maro (6.4.
22). Cf. JOCELYN 1964, 286-289.
156 Giampiero Scafoglio

gli scoli ad Aen. 9.501 e 12.115:

AT TUBA TERRIBILEM SONITVM hemistichium Ennii: nam


sequentia iste mutauit. ille enim ad exprimendum tubae sonum
ait ‘taratantara dixit’. et multa huius modi Vergilius cum aspera
inuenerit, mutat. bene tamen hic electis uerbis imitatur sonum tu-
barum.
LVCEMQVE ELATIS NARIBUS EFFLANT Ennianus uersus
est ordine commutato: ille enim ait ‘funduntque elatis naribus lu-
cem’. et sciendum, nusquam diem sic potenter descripsisse Vergi-
lium.

Lo scolio di Servio ad Aen. 4.404 segnala il passaggio di un emistichio


da Ennio (de elephantis dictum) ad Accio (de Indis) e poi a Virgilio, che
lo riferisce alla formiche, come termine di paragone per i Troiani che si
preparano a partire da Cartagine (Aen. 4.402-407). L’erudito quindi nota
puntualmente il cambiamento del soggetto, ovvero l’uso del medesimo
segmento testuale all’interno di contesti diversi.
Tanto più sorprende che, nel parallelo pregnante delineato nello sco-
lio ad Aen. 7.622 (l’apertura del tempio di Giano da parte di Giunone
nell’Eneide, da parte della personificazione della Discordia negli Anna-
les)16, Servio si sofferma esclusivamente su un dettaglio linguistico, tra-
lasciando l’imitazione complessiva della scena, con le sue importanti e
delicate implicazioni:

RVPIT SATVRNIA POSTES acyrologiam fecit commutando En-


nii uersum: nam ille ait ‘belli ferratos postes portasque refregit’.

Di speciale interesse mi sembrano poi gli scoli di Servio ad Aen. 1.20 e


1.281, che evidenziano alcuni tratti comuni, pur diversamente contestua-
lizzati, nell’impianto teologico-morale e teleologico sotteso agli eventi
narrati da Ennio e Virgilio:

AVDIERAT a Ioue aut a Fatis. non enim omnia numina habent


diuinandi facultatem […] et perite ‘audierat’; in Ennio enim indu-

16
Non posso dedicarmi a questo problema, che ho affrontato in un mio recente intervento
all’École Normale Supérieure di Parigi (18 maggio 2013), nell’ambito dell’«atelier Servius» orga-
nizzato da Mathilde Simon-Mahé e Sylvia Estienne: il testo (SCAFOGLIO 2013) sarà pubblicato
prossimamente nella Revue de Philologie.
Servio e i poeti romani arcaici 157

citur Iuppiter promittens Romanis excidium Carthaginis.


CONSILIA IN MELIVS REFERET quia bello Punico secundo, ut
ait Ennius, placata Iuno coepit fauere Romanis.

Se negli Annales di Ennio «Giove prometteva ai Romani la distruzione


di Cartagine» fin dall’inizio del conflitto o in una fase ancora incerta,
come fa intendere lo scolio ad Aen. 1.20, si può pensare credibilmente
che il corso degli eventi seguisse un piano superiore, favorevole al popo-
lo romano: uno spunto finalistico o provvidenziale, che sarà poi ampia-
mente sviluppato da Virgilio. L’analogia è ulteriormente ampliata dalla
‘conversione’ di Giunone (un’evoluzione dall’ostilità alla benevolenza)
indicata nella nota ad Aen. 1.281. Questi scoli dipendono da un testo di
notevole spessore culturale, capace di cogliere elementi comuni nel so-
strato concettuale, morale, religioso (anche a prescindere dalle parole e
dalla forma dell’espressione), tra due poemi di argomento completamen-
te diverso. L’autore di questo testo, pur collocandosi nel II secolo d.C. o
più tardi (quando ormai l’oscuramento di Nevio ha propiziato il primato
di Ennio tra i modelli virgiliani), leggeva integralmente gli Annales o,
quanto meno, ne conosceva segmenti cospicui, per essere in grado di
svolgere un confronto di ampio respiro che superava di gran lunga i li-
miti del metodo scoliastico. La lettura diretta dell’opera, o comunque
una conoscenza delle linee generali della trama, non è inconciliabile con
la datazione relativamente tarda della fonte. Vi sono infatti testimonian-
ze di recitazioni pubbliche dell’epica arcaica nell’età imperiale: in parti-
colare, Gellio afferma di aver ascoltato proprio gli Annales di Ennio
(Noct. Att. 18.5)17.
D’altro canto, non tutto ciò che Servio dice su Ennio è riconducibile a
un testo del II secolo e specificamente al movimento arcaizzante. Con
quest’ultimo mi sembra incompatibile, per esempio, lo scolio ad Aen.
11.601:

HORRET AGER terribilis est: est autem uersus Ennianus, uitupe-


ratus a Lucilio dicente per inrisionem, debuisse eum dicere ‘horret

17
Non mi sembra sussistano motivi per metterlo in dubbio: Cum Antonio Iuliano rhetore, uiro
hercle bono et facundiae florentis, complures adulescentuli familiares eius Puteolis aestiuarum
feriarum ludum et iocum in litteris amoenioribus et in uoluptatibus pudicis honestisque agitaba-
mus. Atque ibi tunc Iuliano nuntiatur anagnosten quendam, non indoctum hominem, uoce admo-
dum scita et canora Ennii annales legere ad populum in theatro etc.
158 Giampiero Scafoglio

et alget’: unde Horatius de Lucilio ‘non ridet uersus Enni grauita-


te minores?’.

Servio definisce terribilis il sintagma virgiliano horret ager, riconducen-


dolo a Ennio; egli riferisce poi il giudizio derisorio di Lucilio, ricordato
da Orazio (Sat. 1.10.54). Il fatto è che Servio non esprime spesso un giu-
dizio negativo sul linguaggio di Virgilio: si può dire, più in generale, che
egli non esprima spesso giudizi di gusto. Qui Servio attinge probabil-
mente da un commento oraziano i resti di un dibattito culturale molto
più ampio, dallo sviluppo diacronico e intertestuale, i cui interlocutori
sono dapprima Lucilio ed Ennio, successivamente Orazio e Lucilio18.
Per quanto riguarda Pacuvio e Accio, la situazione non è omogenea.
Il primo è menzionato da Servio e, poco più spesso, ma quasi esclusiva-
mente nelle osservazioni linguistiche, dal Seruius auctus (un aspetto in
comune con Ennio, come si è visto). Su 9 citazioni in funzione della lin-
gua, 2 sono subordinate a questioni di critica testuale: la fonte, o una
delle fonti, deve essere dunque un’opera dedicata alla poesia virgiliana e
non genericamente alla lingua arcaica. Diverso è il caso di Servio, che
cita Pacuvio soprattutto come modello di Virgilio o come testimone di
rami secondari e peregrini del mito, a cui il poeta augusteo sembra rifar-
si o almeno indirizzare qualche richiamo allusivo19. Così Servio, ad Aen.
2.557 e 4.473:

IACET INGENS LITORE TRVNCVS […] quod autem dicit ‘li-


tore’, illud, ut supra diximus, respicit, quod in Pacuuii tragoedia
continetur20.
SEDENT IN LIMINE DIRAE a Pacuuio Orestes inducitur Pyla-
dis admonitu propter uitandas furias ingressus Apollinis templum:
unde cum uellet exire, inuadebatur a furiis. hinc ergo est ‘sedent
in limine dirae’.

18
Cf. FREUDENBURG 2001, 88-92; BRINK 2011, 95-97.
19
Di qui la difficoltà di classificare tali citazioni, che perseguono simultaneamente entrambe
le finalità, la segnalazione dell’imitazione e l’informazione mitografica. La mia schedatura, infir-
mata innegabilmente da una misura inevitabile di approssimazione, si basa sulla prevalenza della
prima, che tuttavia non esclude la seconda.
20
L’erudito fa riferimento a uno scolio precedente, cioè quello ad Aen. 2.506: FORSITAN ET
PRIAMI FVERINT QVAE FATA REQUIRAS […] de morte autem Priami uarie lectum est. alii di-
cunt, quod a Pyrrho in domo quidem sua captus est, sed ad tumulum Achillis tractus occisusque
est iuxta Sigeum promunturium: nam in Rhoeteo Aiax sepultus est: tunc eius caput conto fixum
circumtulit. Cf. SCAFOGLIO 2010, 102-105; SCAFOGLIO 2012, 664-70.
Servio e i poeti romani arcaici 159

Più complesso il caso degli scoli giustapposti di Servio e del Seruius au-
ctus ad Aen. 4.469:

AGMINA PENTHEVS […] Pentheus autem secundum tragoe-


diam Pacuuii furuit etiam ipse. AGMINA PENTHEVS […] Pen-
theum autem furuisse traditur secundum tragoediam Pacuuii. de
quo fabula talis est: Pentheus, Echionis et Agaues filius, Theba-
norum rex, cum indignaretur ex matertera sua Semele genitum Li-
berum patrem coli tamquam deum, ut primum comperit eum in
Cithaerone monte esse, misit satellites, qui eum uinctum ad se
perducerent: qui cum ipsum non inuenissent, unum ex comitibus
eius Acoeten captum ad Pentheum perduxerunt. is cum de eo gra-
uiorem poenam constitueret, iussit eum interim claudi uinctum:
cumque sponte sua et carceris fores apertae essent, et uincula
Acoeti excidissent, miratus Pentheus, spectaturus sacra Liberi pa-
tris Cithaerona petit: quem uisum Bacchae discerpserunt. prima
autem Agaue mater eius amputasse caput dicitur, feram esse exi-
stimans.

L’enigmatico riferimento di Virgilio a Penteo demens, perseguitato dagli


Eumenidum agmina (nella similitudine relativa alla folle disperazione di
Didone, vv.469-473), è commentato da Servio con un non meno ambi-
guo richiamo a un dramma imprecisato di Pacuvio, probabilmente il
Pentheus21. Il Seruius auctus ribadisce il concetto, ripete anzi ad uerbum
quanto dice Servio, aggiungendo il riassunto del mito di Penteo, che pe-
rò mi sembra troppo generico per identificarsi veramente col dramma di
Pacuvio e, in ogni caso, non è congruente col peculiare accenno di Vir-
gilio22. Le due chiose non sembrano avere la medesima origine: l’esposi-
zione della leggenda proviene da una fonte diversa, che non ha niente a
che fare né con l’Eneide né con la tragedia di Pacuvio: un’opera d’infor-
mazione mitografica come le Favole di Igino.
Per quanto riguarda Accio, Servio lo passa quasi completamente sot-
to silenzio: il suo nome compare in un solo scolio, ad Aen. 4.404, in

21
Il problematico passo virgiliano è finemente analizzato da STOK 2004, 427-34, che ha buon
gioco nel dimostrare che il poeta ha «deliberatamente invertito i tratti canonici dei due miti» di
Penteo e Oreste, in una sorta di «enallage».
22
Non vi è alcun riferimento alla dementia di Penteo (improbabile si debba dedurre dal fatto
che egli spectaturus sacra Liberi patris Cithaerona petit) e tanto meno alla persecuzione delle Eu-
menidi.
160 Giampiero Scafoglio

margine a un più consistente riferimento a Ennio (già discusso). Di con-


tro, il Seruius auctus lo menziona in diversi scoli (più di 10) e ne tra-
manda qualche frammento. Qui non c’è spazio per affrontare il compli-
cato caso del discorso sul fulmine (ad Aen. 1.42), in cui si sovrappongo-
no i dati provenienti da vari testi di argomento mitologico, culturale e re-
ligioso23. Tuttavia vale la pena di notare che, in un gruppo di scoli del
Seruius auctus concernenti il libro I dell’Eneide (segnatamente ad Aen.
1.42, 1.44, 1.88 e 1.122), sono citati 4 frammenti di Accio: nel secondo e
nel terzo caso (ad Aen. 1.44 e 1.88) è indicata pure la tragedia di prove-
nienza, la Clutemestra24. Ora, il frammento presente nello scolio ad Aen.
1.42 sembra derivare dal medesimo contesto di quello citato nello scolio
ad Aen. 1.44, in quanto il primo descrive il lancio del fulmine da parte di
Giunone (evidentemente al posto di Atena), il secondo mostra l’uccisio-
ne di Aiace Oileo, in preda alle fiamme25. I due frammenti tramandati
negli scoli ad Aen. 1.88 e 1.22, a loro volta, si riferiscono entrambi a una
tempesta, probabilmente quella in cui perisce Aiace Oileo, secondo il
racconto di un testimone, nella Clutemestra. Notevoli le conseguenze da
trarre sia per la ricostruzione di questa tragedia sia per l’analisi dell’in-
tertestualità dell’Eneide. Ciò che soprattutto interessa qui, nondimeno, è
che il Seruius auctus confronta più punti di un segmento narrativo virgi-
liano con versi provenienti da un dramma di Accio, che è probabilmente
uno dei modelli imitati nel libro I dell’Eneide26. Il debito di Virgilio nei
confronti di Accio doveva essere appunto l’argomento del testo da cui il
Seruius auctus ha attinto i frammenti: un testo non molto tardo, il cui au-
tore leggeva almeno alcuni dei drammi di Accio, come la Clutemestra.
Da una fonte completamente diversa, senza la minima attinenza con
la tematica dell’imitazione nell’Eneide, deriva invece lo scolio del Ser-
uius auctus ad Aen. 8.130, che espone varie versioni della genealogia di
alcuni personaggi, a partire dagli Atridi, di cui è indicata pure la presun-
ta parentela con Evandro, quos Accius in Atreo plenius refert. La fonte è

23
Il Seruius auctus richiama esplicitamente le res diuinae di Varrone e, subito dopo, gli Etru-
sci libri de fulguratura; ma la citazione tragica sembra provenire da ancora un’altra fonte. Cf.
SCAFOGLIO 2009, 91-105.
24
Per una ricostruzione complessiva della tragedia: D’ANTÒ 1980, 68-70, 198-204; DANGEL
1995, 165-67, 320-23.
25
Ecco il passo dello scolio: sed qui legunt ‘pectore’ de Accio translatum adfirmant, qui ait in
Clytemestra de Aiace ‘in pectore fulmen inchoatum flammam ostentabat Iouis’ .
26
Cf. STABRYLA 1970, 96-103 e passim; scettico WIGODSKY 1972, 85.
Servio e i poeti romani arcaici 161

con ogni probabilità un’opera di compilazione genealogica, che non do-


veva essere assai diversa da quella integrata nelle Favole di Igino (dalla
Fab. CLV in poi). Ne risulta così confermato il carattere parzialmente
eterogeneo del materiale confluito nel commento del Seruius auctus.

Da questa esemplificazione si possono trarre alcune conclusioni


provvisorie, da sottoporre a ulteriori verifiche e da consolidare:
1) Servio conosce e menziona frequentemente Ennio, in funzione del-
la lingua arcaica e anche dell’imitazione virgiliana; meno spesso cita Pa-
cuvio, per lo più come modello del poeta augusteo e, al tempo stesso,
come testimone di materiale mitografico. L’erudito passa sotto silenzio
Nevio; non più di una sola volta nomina Livio Andronico e Accio.
2) Le modalità delle citazioni rimandano a fonti relativamente tarde,
a partire dal II secolo d.C. (come dimostra il primato di Ennio): opere
specificamente linguistiche o genericamente culturali, il cui quadro di ri-
ferimento sarebbe il movimento arcaizzante.
3) Se il primato di Ennio si può ritenere un segno del tempo, come si
spiega il ruolo (pur in sottordine) di Pacuvio? È evidente che questi tor-
na utile per il bagaglio culturale di cui è portatore (i miti ‘marginali’ e
altrimenti ignoti, a cui si deve probabilmente la sua fama di doctrina).
4) Il Seruius auctus non accorda molto spazio a Livio Andronico, con
cui però ha un approccio alquanto disinvolto e familiare. Egli propone
accostamenti che presuppongono un confronto di ampio raggio tra alcu-
ni tratti del Bellum Poenicum di Nevio e i libri I-IV dell’Eneide. Egli ci-
ta molto spesso Ennio, ma prevalentemente in funzione della lingua. Per
lo stesso motivo fa ricorso a Pacuvio, mentre menziona Accio parimenti
come modello virgiliano e per gli esempi linguistici.
5) Il fatto che il Seruius auctus ponga al servizio degli aspetti lingui-
stici proprio i due poeti citati più spesso da Servio non può essere un ca-
so: è chiaramente riconoscibile la volontà di evitare duplicazioni (non
nella stesura originaria, ma nell’integrazione di questa parte aggiuntiva
tra le chiose serviane).
6) Negli scoli del Seruius auctus si intravedono i resti di un dibattito
culturale che inizia fin dal I secolo d.C. (del tipo riprodotto in uitro nei
Saturnalia di Macrobio): un confronto dialettico tra più interlocutori che
esaminano, con opposti argomenti (denigratori o difensivi), il linguaggio
di Virgilio e più in generale il suo debito nei confronti dei modelli, sia
greci che romani.
162 Giampiero Scafoglio

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Indice

Fabio Stok
Introduzione 7

Giancarlo Abbamonte
Tra filologia e poetica: riflessi del commento virgiliano di Anneo
Cornuto nell’esegesi posteriore e nei poeti del I sec. d.C.
15
Daniel Vallat
Per transitum tangit: allusions, sens cachés et réception de Virgile
dans le commentaire de Servius 51

Maria Luisa Delvigo


Servio e i veteres 83

Caterina Lazzarini
Servio: lezioni di stile. Citazioni di poeti fra esegesi e formazione
101
Olga Monno
Saggio di scavo nella bibliotheca di un grammatico: Servio, Virgi-
lio e Stazio 125

Giampiero Scafoglio
Servio e i poeti romani arcaici 145

Fabio Stok
Servio e la metempsicosi 165

Jean-Yves Guillaumin
Nursia e i Gracchi (Servio ad Aen. 7, 715) 193

Liliana Pégolo
La exégesis serviana acerca del carácter non enarrabile del escudo
de Eneas 205
452

Carlo Santini
Tracce serviane negli scolii alla Tebaide di Lattanzio Placido 219

Giuseppe Ramires
Il valore delle aggiunte dei mss. a nella costituzione del testo dei
Commentarii virgiliani di Servio 231

Stefano Poletti
La tradizione delle interpolazioni a Servio tipiche del Reg. lat. 1495
257
Monique Bouquet
Le Servius de Cristoforo Landino, d’après le commentaire aux Bu-
coliques de Virgile 293

Carlo M. Lucarini
Per la storia delle Interpretationes Vergilianae di Tiberio Claudio
Donato: dagli esemplari tardo antichi alla fase insulare e carolin-
gia a Luxeuil 315

Luigi Pirovano
Note filologiche al ‘nuovo’ Tiberio Claudio Donato 341

Massimo Gioseffi
Interpretatio e paraphrasis da Seneca a Tiberio Claudio Donato
361
Marisa Squillante
Talem monstrare Aenean debuit, ut dignus Caesari parens praebere-
tur: Augusto in Tiberio Claudio Donato 391

Alice Daghini
La brevitas nelle Interpretationes Vergilianae di Tiberio Claudio
Donato 401

APPENDICE: Il carteggio su Servio di Timpanaro – Ramires 429

Raffaella Tabacco
Timpanaro, il latino tardo e gli strumenti elettronici 431

Paolo Esposito
Servio, Timpanaro, Ramires e il metodo della filologia per litteras 443

Indice 451
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Edizioni ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
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Finito di stampare nel mese di novembre 2013
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Testi e studi di cultura classica


Collana fondata da
Giorgio Brugnoli e Guido Paduano
Diretta da
Guido Paduano, †Alessandro Perutelli, Fabio Stok

1. Giorgio Brugnoli, Foca: vita di Virgilio. Introduzione, testo, traduzione e


commento, 1983, 19952, pp. XX-58 [con due tavole fuori testo].
2. Fabio Stok, Percorsi dell’esegesi virgiliana. Due ricerche sull’Eneide,
1988, pp. 200.
3. Giorgio Brugnoli, Identikit di Lattanzio Placido. Studi sulla scoliastica
staziana, 1988, pp. 82.
4. Elena Rossi, Una metafora presa alla lettera: le membra lacerate della
famiglia. «Tieste» di Seneca e i rifacimenti moderni, 1989, pp. 154.
5. Domenico De Venuto, Il Bucolicum Carmen di F. Petrarca. Edizione
diplomatica dell’autografo Vat. Lat. 3358, 1990, pp. XLVI-182.
6. Rosa Maria Lucifora, L’ablativo assoluto nella Pharsalia. Riflessioni sul
testo e sullo stile di Lucano, 1991, pp. 172.
7. Nicoletta Palmieri, L’antica versione latina del «De Sectis» di Galeno
(Pal. lat. 1090), 1992, pp. 236.
8. Alessandro Grilli, Inganni d’autore. Due studi sulle funzioni del prota-
gonista nel teatro di Aristofane, 1992, pp. 232.
9. [Aristotele], De spiritu, a cura di Amneris Roselli, 1992, pp. 160.
10. Giorgio Brugnoli, Fabio Stok, Ovidius parw/dhvsa", 1992, pp. 218.
11. Preveggenze umanistiche di Petrarca. Atti delle giornate petrarchesche di
Tor Vergata (Roma-Cortona 1/2 giugno 1992), 1994, pp. 320.
12. Giorgio Brugnoli, Curiosissimus Excerptor. Gli «Additamenta» di Giro-
lamo ai «Chronica» di Eusebio, 1995, pp. LX-248.
13. Carlo Santini, I frammenti di L. Cassio Emina. Introduzione, testo, tra-
duzione e commento, 1995, pp. 228.
14. Tiziana Privitera, Didone mascherata: per il codice genetico di Emma
Bovary, 1996, pp. 84.
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15. Pompei exitus. Variazioni sul tema dall’Antichità alla Controriforma, a


cura di Giorgio Brugnoli e Fabio Stok, 1996, pp. 260.
16. Patrizio Domenicucci, Astra Caesarum. Astronomia, astrologia e cata-
sterismo da Cesare a Domiziano, 1996, pp. 194.
17. L. Iuni Moderati Columellae, Rei rusticae liber decimus (carmen de cul-
tu hortorum), a cura di Francesca Boldrer, 1996, pp. 404.
18. Rosa Maria Lucifora, Prolegomeni all’elegia d’amore, 1996, pp. 192.
19. Marco Fucecchi, La teicoskopiva e l’innamoramento di Medea. Saggio
di commento a Valerio Flacco «Argonautiche» 6,427-760, 1997, pp. 300.
20. Giorgio Brugnoli, Studi Danteschi. I Per suo richiamo, 1998, pp. 218.
21. Giorgio Brugnoli, Studi Danteschi. II I tempi cristiani di Dante, 1998,
pp. 212.
22. Giorgio Brugnoli, Studi Danteschi. III Dante Filologo: l’esempio di
Ulisse, 1998, pp. 134.
23. Nicoletta Palmieri, L’eroe al bivio: modelli di “mors uoluntaria” in Sene-
ca tragico, 1998, pp. 204.
24. Giorgio Brugnoli, Roberto Rea, Studi leopardiani, 2001, pp. 126.
25. Fabio Stok, Studi sul Cornu Copiae di Niccolò Perotti, 2002, pp. 240.
26. Lucio Anneo Seneca, Medea, introduzione, traduzione e commento di
Annalisa Németi, con un saggio di Guido Paduano, 2003, pp. 306.
27. Alessandro Perutelli, Prolegomeni a Sisenna, 2004, pp. 144.
28. Silvia Paponi, Per una nuova edizione di Nevio comico, 2005, pp. 172.
29. Emanuele Narducci, Cicerone e i suoi interpreti. Studi sull’opera e la
fortuna, 2004, pp. 444.
30. Giorgio Brugnoli, Studi di filologia e letteratura latina, a cura di Silvia
Conte e Fabio Stok, 2004, pp. 252.
31. Hinc Italae gentes. Geopolitica ed etnografia italica nel Commento di
Servio all’Eneide, a cura di Fabio Stok e Carlo Santini, 2004, pp. 314.
32. Gli scolii a Lucano ed altra scoliastica latina, a cura di Paolo Esposito,
2004, pp. 204.
33. Aspetti della Fortuna dell’Antico nella Cultura Europea, I, a cura di
Emanuele Narducci, Sergio Audano, Luca Fezzi, 2005, pp. 210.
34. Giorgio Brugnoli, Fabio Stok, Studi sulle Vitae Vergilianae, 2006,
pp. 160.
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35. Aspetti della Fortuna dell’Antico nella Cultura Europea, II, a cura di
Emanuele Narducci, Sergio Audano, Luca Fezzi, 2005, pp. 110.
36. Tiziana Privitera, Terei puellae: metamorfosi latine, 2007, pp. 104.
37. «Vediamo se sei filologo….». Studi, interessi e curiosità di Giorgio Bru-
gnoli, a cura di Riccardo Scarcia e Fabio Stok, 2007, pp. 158.
38. Una guerra in Colchide. Valerio Flacco, Argonautiche 6,1-426, introdu-
zione, traduzione e commento a cura di Marco Fucecchi, 2006,
pp. 392.
39. Aspetti della Fortuna dell’Antico nella Cultura Europea, III, a cura di
Emanuele Narducci, Sergio Audano, Luca Fezzi, 2007, pp. 172.
40. Quinto Ennio, Le opere minori. Introduzione, edizione critica dei
frammenti e commento a cura di Alessandro Russo, 2007, pp. 300.
41. Aspetti della Fortuna dell’Antico nella Cultura Europea, IV, a cura di
Emanuele Narducci, Sergio Audano, Luca Fezzi, 2008, pp. 192.
42. Esegesi dimenticate di autori classici, a cura di Carlo Santini, Fabio
Stok, 2008, pp. 404.
43. Agostino a scuola: letteratura e didattica, a cura di Fabio Gasti e Mari-
no Neri, 2009, pp. 194.
44. Alessio Umbrico, Terenzio e i suoi nobiles. Invenzione e realtà di un
controverso legame, 2010, pp. 136.
45. Aspetti della Fortuna dell’Antico nella Cultura Europea, V, a cura di
Sergio Audano, 2010, pp. 168.
46. Sub Imagine Somni: Nighttime Phenomena in Greco-Roman Culture,
edited by Emma Scioli and Christine Walde, 2010, pp. 340.
47. Devotionis munus. La cultura e l’opera di Adamo di Brema, a cura di
Riccardo Scarcia e Fabio Stok, 2010, pp. 208.
48. Vates Operose Dierum. Studi sui Fasti di Ovidio, a cura di Giuseppe La
Bua, 2010, pp. 272.
49. Sedula Cura Docendi Studi sull’Anthologia Latina per / con Riccardo
Scarcia, a cura di Tiziana Privitera e Fabio Stok, 2011, pp. 128.
50. Lorenzo Miletti, L’arte dell’autoelogio. Studio sull’orazione 28 K di Elio
Aristide, con testo, traduzione e commento, 2011, pp. 230.
51. Alessandro Perutelli, Studi sul teatro latino, a cura di Guido Paduano e
Alessandro Russo, 2013, pp. 190.
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52. Tatiana Korneeva, Alter et ipse: identità e duplicità nel sistema dei per-
sonaggi della Tebaide di Stazio, 2011, pp. 250.
53. Letteratura e Civitas. Transizioni dalla Repubblica all’Impero. In ricordo
di Emanuele Narducci, a cura di Mario Citroni, 2012, pp. 456.
54. Claudio Buongiovanni, Gli epigrammata longa del decimo libro di Mar-
ziale, introduzione, testo, traduzione e commento, 2012, pp. 480.
55. L’addio di Medea. Valerio Flacco, Argonautiche 8,1-287, introduzione e
commento a cura di Caterina Lazzarini, 2012, pp. 282.
56. Giancarlo Abbamonte, Diligentissimi uocabulorum perscrutatores.
Lessicografia ed esegesi dei testi classici nell’Umanesimo romano di XV
secolo, 2012, pp. 250.
57. Edipo. Margini, confini, periferie, a cura di Patrizia Pinotti, Massimo
Stella, 2013, pp. 442.
58. Sebastiano Timpanaro, Giuseppe Ramires, Carteggio su Servio 1993-
2000, a cura di Giuseppe Ramires, prefazione di Fabio Stok, 2013,
pp. 286.
59. Patrizio Domenicucci, Il cielo di Lucano, 2013, pp. 110.
60. Totus scientia plenus. Percorsi dell’esegesi virgiliana antica, a cura di
Fabio Stok, 2013, pp. 454.

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