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Egidia Occhipinti

Dionisio il Vecchio
e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia*

Che la tirannide di Dionisio I, il quale seppe sfruttare, come già Er-


mocrate,1 il pericolo cartaginese e debellare così l’opposizione oligarchica,
non avesse nella realtà una forte giustificazione politica, lo mostrano diver-
si passi diodorei, peraltro abbastanza noti e su cui non intendo soffermar-
mi, dai quali emerge con chiarezza l’esigenza da parte del tiranno di man-
tenere vivo il pericolo punico per conservare il consenso verso la sua poli-
tica e la sua carica a Siracusa. 2
I bizzarri stratagemmi adoperati da Dionisio per smascherare even-
tuali congiure di oppositori al regime ci sono conservati in Polieno3, oggi,

* Ringrazio la Prof. R. Marino, che mi ha dato la possibilità di partecipare a questo


incontro di studio. Ringrazio ancora la Prof. P. Anello e la Prof. M. Giuffrida per la loro
disponibilità.
1 F. Grosso, Ermocrate di Siracusa, «Kokalos» XII (1966), 102-143, 140. M. J. Fon-
tana, Alcune considerazioni su Ermocrate Siracusano, in L. Gasperini (a cura di), Scritti sul
mondo antico in memoria di Fulvio Grosso, Roma 1981, 151-165. M. Sordi, Ermocrate di
Siracusa: demagogo e tiranno mancato, ibid., 595-600. P. Anello, Rapporti dei Punici con
Elimi, Sicani e Greci, «Kokalos» XXXVI-XXXVII (1990-1991), 175-213, 205 ss. S. N. Con-
solo Langher, Un imperialismo tra democrazia e tirannide. Siracusa nei secoli V e IV a.C.,
Roma 1997, 102 ss.
2 Cfr. Diod. XIV 7, 1; 68, 1; 75, 2-3. M. Sordi, Il IV e il III secolo da Dionigi I a Ti-
moleonte (336 a.C.), in E. Gabba - G. Vallet (a cura di), Storia della Sicilia, II, Napoli 1979,
209-236.
3 Polyaen. V 2, 3: «Dionisio bramava più di tutto smascherare coloro che complot-
tavano. Uno straniero circolava in città dicendo che lui solo poteva insegnare a conoscere in
anticipo i complottatori; quando venne chiamato sull’acropoli, disse a Dionisio che lo
avrebbe insegnato solo a lui, affinché quell’arte non diventasse manifesta a tutti. Dopo che
si allontanarono tutti i presenti, in privato gli disse: ‘concorda di avere imparato l’arte di
riconoscere in anticipo e nessuno oserà più tramare’. Dionisio compiaciuto dell’inganno,
onorò l’uomo con grandi doni, poi annunciò alle guardie del corpo e ai soldati che gli era
stato insegnato un eccezionale mezzo per riconoscere i cospiratori. Essi gli credettero e non
osarono più complottare» (cfr. Plut. Mor. 175 f.). V 2, 13: «Dionisio, volendo sapere che
cosa pensavano e dicevano di lui i suoi sudditi, ordinò che le cantanti e le etere si registras-
sero. Esse pensarono che si trattasse dell’imposizione di una pesante tassa; egli invece non
pretese denaro, ma domandò a ciascuna sotto tortura che cosa avesse udito riguardo alla
tirannide da parte degli amanti con cui si incontrava. Così venne a conoscere quelli che ne
parlavano male e in parte li uccise e in parte li cacciò». V 2, 15: «Dionisio, volendo sapere

ο{ρµος 8 (2006), pp. 65-82


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peraltro, notevolmente rivalutato dalla critica, in quanto in diversi casi


sembrerebbe risalire a fonti antiche e ben documentate.4 Non è il caso di
addentrarci nel complicatissimo problema della veridicità storica di quanto
afferma Polieno relativamente al comportamento del tiranno; tuttavia il ca-
rattere per così dire aneddotico e ‘moralistico’ degli Stratagemmi, con le
dovute cautele, potrebbe rivelare l’impronta di una certa Tendenz storio-
grafica di IV secolo; e d’altra parte oggi gli studiosi all’unanimità ricono-
scono in Polieno la presenza di echi di storici greci tra i quali, in modo par-
ticolare, ricorderei Teopompo e Duride.5 Più in generale, nel racconto di
Polieno si respira quel clima di costante sospetto all’interno dello Stato ter-
ritoriale di Siracusa, che spinse il regime ad adottare misure atte a indivi-
duare e a colpire gli oppositori politici.
Purtroppo le dinamiche socio-politiche emergono dal racconto degli
antichi solamente in occasione dei conflitti di una certa entità, mentre sono
più difficili da rintracciare nei momenti in cui tale conflittualità viene meno
o si traduce in semplici scaramucce. In modo particolare, circa il ruolo gio-
cato dai Greci di Sicilia e dai popoli anellenici dell’area centro-orientale
dell’isola – che sarà l’oggetto del presente intervento – abbiamo notizie,
attraverso il racconto diodoreo, solamente in relazione alla politica di con-
quista svolta da Dionisio a danno dei loro centri.6 Inoltre, a complicare la
questione è il fatto che quando parliamo di Siculi, così come di Sicani o di
Elimi, ci riferiamo ad una classificazione etnica di matrice greca, che tende

chi fosse ostile alla tirannide, salpò dall’Italia verso un cantiere navale nascosto, fingendo di
essere stato ucciso dai propri soldati. Quelli che gli erano avversi, riunendosi di corsa, si
raccontavano reciprocamente con gioia la disgrazia; Dionisio allora fece arrestare quelli che
gioivano e li uccise». V 2, 16: «Dionisio, fingendosi malato, sparse la notizia che stava gia-
cendo in fin di vita. Mentre molti si rallegravano a questa voce, egli si mostrò davanti a tutti
facendosi avanti con le guardie e ordinò che fossero arrestati quelli che si rallegravano»
(trad. E. Bianco).
4 L’esame complessivo delle fonti di Polieno fu effettuato per la prima volta alla fine
dell’Ottocento da J. Melber, Über die Quellen und den Wert der Strategemensammlung
Polyäns, «Jahrbücher für klassische Philologie» Suppl. XIV (1885), 417-688. Se da una par-
te si riconosceva a Polieno l’uso di fonti storiche quali Erodoto, Tucidide, Timeo o Ieroni-
mo di Cardia, dall’altra si sosteneva l’uso prevalente di aneddoti dal valore storico estrema-
mente limitato. Recentemente N. Luraghi, Polieno come fonte per la storia di Dionisio il Vec-
chio, «Prometheus» XIV (1988), 164-180, è riuscito a dimostrare il carattere storico di tre
aneddoti riguardanti Dionisio il Vecchio. Cfr. E. Bianco, Gli Stratagemmi di Polieno. Intro-
duzione, traduzione e note critiche, Torino 1997, 5-14.
5 Bianco, Gli Stratagemmi... cit., 8.
6 Cfr. M. Giuffrida, I Dionisî e l’area calcidese, in N. Bonacasa - L. Braccesi - E. De
Miro (a cura di), La Sicilia dei due Dionisî, Atti della settimana di studio (Agrigento, 24-28
febbraio 1999), Roma 2002, 417-426; Ead., Leontini, Catane e Nasso dalla II spedizione ate-
niese al 403 , in Φιλιvας Χαvριν. Miscellanea di Studi classici in onore di E. Manni, Roma 1979,
1139-1156. F. Cordano, L’evoluzione sociale dei Calcidesi di Sicilia, «MGR» XIII (1988),
51-62.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 67

ad omologare in modo generalizzante realtà isolane policentriche e diffe-


renziate dal punto di vista tipologico, strutturale, organizzativo. Dal mo-
mento che gli ethne siculo, sicano ed elimo,7 sono l’esito di una costruzione
storico-ideologica non siamo in grado di intervenire sulla questione della
percezione che tali popoli avrebbero avuto della propria identità: non pos-
sediamo alcuna letteratura o storia indigena. 8 Il presunto carattere au-
toctono delle genti sicane, sostenuto da una parte della tradizione greca,9 è
stato letto come espressione del fatto che i Sicani sarebbero stati i primi in
Sicilia ad acquisire una coscienza unitaria di sé. 10 Il discorso si fa forse an-
cora più complicato per i Siculi, in quanto l’esegesi della tradizione lettera-
ria, che pur nella sua varietà di letture rimanda ad una provenienza italica
di tale ethnos,11 si era basata in passato sul presupposto che questi sarebbe-
ro giunti in Sicilia già coscienti della propria identità culturale e, pertanto,
l’indagine storico-archeologica si era unicamente preoccupata di stabilire il
momento del loro arrivo.12 Superato il rigido rapporto deterministico
ethnos-cultura materiale che aveva caratterizzato la ricerca archeologica fi-
no quasi agli anni settanta del Novecento, i termini della questione si fanno
oggi più sfumati. Si riconosce generalmente che tra la Sicilia e la penisola
italiana in un’epoca imprecisata siano intercorsi stretti rapporti, anche se si
tende ad evitare l’appellativo di ‘Siculi’ per quelle genti italiche di età prei-
storica, che ebbero appunto legami con la Sicilia.13
Inoltre, il concetto stesso di identità, che viene elaborato all’interno
di un gruppo sociale per rispondere ad un’esigenza di autoaffermazione, in
contrapposizione all’affermazione di un altro o di altri gruppi di individui
(non è mai un concetto neutrale), e che è il frutto, dunque, di
un’operazione ideologica, induce a porre un ulteriore interrogativo e, cioè,
se i Siculi si percepissero come tali – ammesso che si percepissero come un

7 Per il problema elimo, che esula dalla presente indagine, rimando a P. Anello, I Si-
cani nel IV secolo a.C., in C. Miccichè - S. Modeo - L. Santagati (a cura di), Diodoro Siculo e
la Sicilia indigena, Atti del Convegno di Studi (Caltanissetta, 21-22 maggio 2005), Caltanis-
setta 2006, 150-157, 151 s. R. Sammartano, La leggenda troiana in Diodoro, in Miccichè -
Modeo - Santagati (a cura di), Diodoro Siculo... cit., 10-25.
8 A parte la circostanza, ricordata dallo storico greco Diodoro (XIV 88, 1), in cui i
Siculi intorno al monte Tauro rivendicavano la terra avita, non abbiamo altre testimonianze
che mettano in luce la prospettiva delle genti anelleniche. Vd. infra.
9 Tim. FGrHist 556 F 38 = Diod. V 6, 1-3. Sull’origine iberica dei Sicani, Thuc. VI
2, 1-2; Phil. FGrHist 556 F 45 = Diod. V 6, 1. Sulla provenienza italica dei Sicani, Paus. V
25. Cfr. Anello, I Sicani... cit., 150-157.
10 V. La Rosa, Considerazioni sul problema siculo, «Sileno» I (1977), 65-81, 74.
11 Sulle tradizioni intorno alla provenienza dei Siculi rimando a L. Braccesi, Tratta-
zione storica, in E. Gabba - G. Vallet (a cura di), Storia della Sicilia, I, Napoli 1979, 53-86.
12 La Rosa, Considerazioni... cit., 69-70.
13 La Rosa, Considerazioni... cit., 70.
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ethnos unitario – a seguito del contatto con l’elemento sicano,14 ovvero solo
dopo l’arrivo dei Greci. Ad ogni modo, non è possibile pensare ai Siculi
come ad un unico ethnos, neppure per la stessa età di Ducezio, in cui fu
avviato un processo politico unificante: parlare di Siculi significa parlare di
entità diverse, disseminate nella parte orientale della Sicilia e articolate kata
komas.15
A partire dalla fine degli anni settanta le indagini sugli ethne di Sici-
lia si sono concentrate, in modo particolare, sui fenomeni di contatto
dell’elemento greco con le realtà indigene in contesti coloniali e hanno da-
to vita a due prospettive di lettura diametralmente opposte, che ponevano
l’accento l’una sul carattere ‘pacifico’ dei fenomeni coloniali,16 l’altra sugli
aspetti violenti di tali processi.17 Ancora di recente, alla luce della nozione
di acculturazione,18 è stato sottolineato il carattere violento dei fenomeni di
contatto relativamente alla parte orientale della Sicilia in età coloniale. 19
L’espressione utilizzata, oggi, per definire le relazioni greco-sicule è
quella di interculturalità: si tende, cioè, a rifiutare il concetto di accultura-
zione,20 in quanto suggerirebbe un’azione culturale unidirezionale dal
mondo greco a quello indigeno, e si preferisce, invece, una terminologia
più sfumata. Tuttavia, al di là degli usi terminologici, bisogna riflettere sul

14 Cfr. La Rosa, Considerazioni... cit., passim.


15 A. M. Prestianni Giallombardo, Ducezio e la fondazione di Kale Akte, in Miccichè
- Modeo - Santagati (a cura di), Diodoro Siculo... cit., 135-149.
16 D. Asheri, La colonizzazione greca, in Gabba - Vallet (a cura di) Storia... cit., 89-
142.
17 Cfr. l’intervento di E. Manni a D. Musti, La Sicilia e il mondo greco arcaico fino al-
la fine del VI secolo a.C. L’apporto della ierologia, «Kokalos» XXX-XXXI, I, (1984-1985),
Atti del VI Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia antica (Palermo, 29 aprile - 5
maggio 1984), Roma 1987, 165-191.
Comincia, tuttavia, presto ad essere messa in discussione l’idea secondo la quale il
contatto tra i Greci e i non Greci avrebbe assunto sempre e comunque forme violente. D.
Musti, Storia e storiografia della Sicilia greca. Ricerche 1980-1984, «Kokalos» XXX-XXXI, I,
(1984-1985) cit., 329-359. D. Asheri, Colonizzazione e decolonizzazione, in S. Settis (a cura
di), I Greci. Storia Cultura Arte Società. 1, Noi e i Greci, Torino 1996, 73-115. S. Cataldi,
Storia e storiografia della Sicilia greca. Ricerche 1993-1996, «Kokalos» XLIII-XLIV, I 2,
(1997-1998), Atti del IX Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia antica (Palermo, 9-
13 aprile 1997), Roma 1999, 497-553.
18 N. Wachtel, L’acculturazione, in J. Le Goff - P. Nora (a cura di), Fare storia, Tori-
no 1981, 93-116, 93. J. M. Hall, Culture, Cultures and Acculturation, in V. Rollinger - C. Ulf
(hrsg. von), Griechische Archaik. Interne Entwicklungen-Externe Impulse, Berlin 2004, 35-
50. M. Lombardo, I paradossi dell’ellenizzazione da Pirro ad Annibale: ideologie e pratiche
‘ellenizzanti’ nell’Italia meridionale di fronte all’espansione romana, «Pallas» LXX (2006),
15-26.
19 Vd. N. Cusumano, I culti di Adrano e di Efesto. Religione, politica e acculturazione
in Sicilia tra V e IV secolo, «Kokalos» XXXVIII (1992), 151-189; Id., Una terra splendida e
facile da possedere. I Greci e la Sicilia, Supplemento a «Kokalos» X, Roma 1994.
20 J. P. Morel, Les Grecs et la Gaule, in Les Grecs et l’Occident, Actes du Colloque
de la Villa “Kerylos” (Beaulieu-sur-Mer 1991), Roma 1995, 41-69.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 69

fatto che i fenomeni di contatto rimandano, comunque, all’idea di una rot-


tura di equilibri preesistenti e di una ricomposizione, che comporta modi-
fiche al sistema su cui tale rottura ha operato. Il discorso investe tutte le
sfere delle relazioni tra i Greci e gli indigeni, quali i culti, 21 il sistema mone-
tario,22 l’alfabeto, 23 l’arte, ecc.

Enucleate le principali problematiche connesse alla presente indagi-


ne, c’è da chiedersi se sia possibile indagare le modalità adottate da Dioni-
sio per ottenere il consenso delle popolazioni anelleniche. Come abbiamo
già detto, la fonte che ci viene in aiuto è ancora una volta una fonte greca,
Diodoro Siculo, e in particolare il quattordicesimo libro della sua Biblio-
theke.24 L’assenza di un filo narrativo continuo nel racconto delle vicende

21 Anche se è improbabile un’azione di acculturazione in termini unidirezionali (dai


Greci ai Siculi; cfr. A. Brelich, La religione greca in Sicilia, «Kokalos» X-XI (1964-1965),
Atti del I Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia antica (Palermo, 18-24 aprile 1964),
Roma 1966, 35-54), bisogna tuttavia fare i conti con una documentazione che, come ha os-
servato N. Cusumano, Animali, culti e interazioni etniche. I ladri di mantello ad Atene e
Adrano tra droit e prédroit, «Μυ`θος » XII (2004-2005), 107-136, non lascia tracce circa
un’eventuale assunzione di culti indigeni all’interno della religiosità greca; e se, d’altro can-
to, abbiamo notizia dei culti siculi, ciò avviene attraverso la mediazione dei Greci, che po-
trebbero avere riplasmato e riattualizzato questi culti alla luce degli eventi.
22 Anche dati significativi, come l’adozione della litra indigena da parte dei Greci,
che suggerisce la possibilità di un suo uso da parte di questi e degli indigeni come valore
ponderale già nella fase premonetale, non possono essere letti in maniera unilaterale come
espressione del carattere pacifico della convivenza tra Greci e indigeni. Diversamente S. N.
Consolo Langher, Tra Falaride e Ducezio. Concezione territoriale, forme di contatto, processi
di depoliticizzazione e fenomeni di ristrutturazione civico-sociale nella politica espansionistica
dei grandi tiranni e in età post-dinomenide , «Kokalos» XXXIV-XXXV, I (1988-1989), Da
Cocalo a Ducezio. Incontri fra genti nella Sicilia antica, Atti del VII Congresso Internazionale
di Studi sulla Sicilia antica (Palermo, 10-16 aprile 1988), Roma 1992, 229-263, 233-34.
23 L. Agostiniani, I modi del contatto linguistico tra Greci e indigeni nella Sicilia anti-
ca, «Kokalos» XXXIV-XXXV, I cit., 167-208.
24 Cfr. C. Volquardsen, Untersuchungen über die Quellen der griechischen und
sizilianischen Geschichte bei Diodor XI-XVI, Kiel 1868. E. Bachof, Timaios als Quelle für
Diodor XIV 54-78, «Jahrbücher für Klassische Philolologie» CIX (1879), 161-173; Id.,
Timaios als Quelle Diodors für die Reden des dreizehnten und vierzehnten Buches,
«Jahrbücher für Klassische Philolologie» CXXIX (1884), 445-478. Chr. Clasen, Untersu-
chungen über Timaios von Tauromenion, Kiel 1883, 63-65. Ed. Schwartz, s.v. Diodoros, in
RE V (1903), 663-704. G. L. Barber, The Historian Ephorus, Cambridge 1935, 167-169. R.
Laqueur, s.v. Timaios, in RE VI A, 1 (1936), 1076-1203. G. De Sanctis, Diodoro, in Ricerche
storiografiche. Appunti delle lezioni del Prof. Gaetano De Sanctis (Annali Accademici
1945/46-1952/53), Palermo 1953, 591-592; Id., Ricerche sulla storiografia siceliota, Palermo
1958, 86-87. R. Lauritano, Sileno in Diodoro?, «Kokalos» II, 2 (1956), 212-213. E. Manni,
Sileno in Diodoro?, «AAPal» XVIII (1957-1958), 81-88; Id., Recenti studi sulla Sicilia antica,
«Kokalos» VII (1961), 216-242, 237; Id., Ancora a proposito di Sileno-Diodoro, «Kokalos»
XVI (1970), 74-78. F. Sartori, Sulla ∆ϒΝΑΣΤΕΙΑ di Dionisio il Vecchio nell’opera diodorea,
«CS» V (1966), 3-12. K. Meister, Die sizilische Geschichte bei Diodor von den Anfängen bis
zum Tod des Agathokles. Quellenuntersuchungen zu Buch IV-XXI, Diss. München, 1967. D.
Ambaglio, La Biblioteca storica di Diodoro Siculo: problemi e metodo, Como 1995, 334-336.
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siceliote presenti in tale libro, insieme ad una terminologia ‘rigida’ (Siculi e


Sicani) che non permette di rintracciare articolazioni all’interno delle realtà
indigene – viste in maniera quasi monolitica – comporta grossi limiti ad
una lettura di tipo storico, peraltro già piena di insidie.

Dal testo diodoreo apprendiamo che dopo la vittoria riportata su


Cartagine nel 405 a.C.25 Dionisio condusse una spedizione punitiva contro
i Sikeloi che avevano partecipato alla guerra al fianco dei Cartaginesi. 26
L’attacco, indirizzato contro Erbesso, fu sospeso a causa dei contrasti in-
sorti all’interno dell’esercito siracusano e a seguito del coinvolgimento dei
cavalieri di Etna nel conflitto. L’intervento contro il territorio dei Siculi ri-
prenderà qualche anno più tardi, nel 403 a.C., collocandosi nel quadro di
un più ampio progetto che investiva l’intera area calcidese.27
Ancora da Diodoro28 sembra potersi desumere che l’intervento con-
tro i Siculi fosse stato piuttosto un effetto, un contraccolpo della politica
anticalcidese di Dionisio: incontrata una forte resistenza a Leontinoi, il ti-
ranno mosse contro il territorio dei Siculi simulando un attacco che avreb-
be avuto in realtà lo scopo di rendere il nemico (Katane e Naxos) imprepa-
rato nella difesa della propria città. Dionisio coinvolse in questo piano un
altrimenti sconosciuto Aimnesto di Enna 29 e lo insediò in tale città come
tiranno; ma di fronte ad un improvviso voltafaccia del neoalleato, che si ri-
fiutò di accogliere Dionisio nella propria città, il Siracusano spinse gli En-
nei a rovesciare il tiranno, irruppe nella città, arrestò Aimnesto e abbando-
nò Enna. Lo storico commenta (XIV 14, 8): του'το δ∆ ε[πραξεν ουjχ ου{τως
του' δικαιvου φροντιvζων, ωJς βουλοvµενος προτρεvψασθαι τα;ς α[λλας ποvλεις
αυjτω/' πιστευvειν.30 Dunque la simulazione è la prima arma adottata dal ti-
ranno per ingraziarsi il favore dei Siculi.

25 Per le clausole del trattato del 405 tra Dionisio e Cartagine cfr. P. Anello, Il tratta-
to del 405 a.C. e la formazione dell’eparchia unica di Sicilia, «Kokalos» XXXII (1986), 115-
180. S. N. Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca. Tra età arcaica ed alto ellenismo, Mes-
sina 1996, 47 nota 58.
26 Diod. XIV 7, 5-6.
27 Diod. XIV 14, 2.
28 Diod. XIV 14.
29 Su Enna cfr. L. Bernabò Brea, Che cosa conosciamo dei centri indigeni della Sicilia
che hanno coniato monete prima dell’età di Timoleonte, in L. Breglia (a cura di), Le emissioni
dei centri siculi fino all’epoca di Timoleonte e i loro rapporti con la monetazione delle colonie
greche di Sicilia, Atti del IV Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici
(Napoli, 9-14 aprile 1973), Roma 1975, 3-51, 32 ss.; G. K. Jenkins, The coinages of Henna,
Galaria, Piakos, Imachara, Kephaloidion and Longane, in Breglia (a cura di), Le emissioni...
cit., 77-103, 78-83.
30 Il testo greco è tratto dall’edizione del Vogel. «Si comportò così non tanto perché
si desse pensiero della giustizia, ma perché voleva indurre le altre città ad avere fiducia in
lui» (trad. D. P. Orsi).
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 71

Vinta per tradimento la resistenza di Katane e di Naxos31 e in ultimo


di Leontinoi, Dionisio si occupò della riorganizzazione del territorio. Il di-
verso trattamento che, rispetto agli altri popoli calcidesi, i Leontinoi rice-
vettero dal tiranno si evince dal testo diodoreo, dove si legge che sarebbero
stati indotti παραδιδοvναι τη;ν ποvλιν και; µετεvχειν τη'ς εjν Συρακουvσαις
πολιτειvας (XIV 15, 4): tale espressione, sebbene di difficile lettura, ha fat-
to ipotizzare che Dionisio avesse offerto la cittadinanza siracusana ad una
parte della popolazione leontinese, verosimilmente a quei dynatoi che nel
422 a.C. si erano trasferiti a Siracusa e che all’epoca del trattato di Dionisio
con Cartagine del 405 a.C. erano rientrati a Leontinoi.32 La difficoltà della
esegesi di questo passo è dovuta principalmente al fatto che la struttura
poleica della città calcidese fu soggetta a continui mutamenti: dopo il sine-
cismo con Siracusa del 422 a.C., Leontinoi figura, infatti, come un oikete-
rion siracusano, 33 dove confluirono nel 406 a.C. gli abitanti di Gela e di
Camarina dopo la sconfitta subita ad opera di Cartagine; nel 405 a.C. a se-
guito del trattato di Dionisio con i Cartaginesi Leontinoi ottenne
l’autonomia, anche se non è chiara la nuova situazione in termini politici e
istituzionali;34 infine, nel 403 a.C. la città calcidese tornava ad essere un
φρουvριον siracusano. 35 Rimane comunque probabile che, in tale data (il
403 a.C. appunto), soltanto un fetta della popolazione leontinese benefi-
ciasse della cittadinanza siracusana mentre molti altri Leontinoi rimanesse-
ro nella loro città e nella chora circostante.36
È significativo che dopo la conquista dell’area calcidese il tiranno si-
racusano abbia adottato metodi benevoli verso i Siculi, ai quali andava il
territorio di Naxos. 37 Ciò potrebbe far supporre che in una qualche misura
alcuni centri siculi abbiano giocato la loro parte in appoggio a Dionsio o
perlomeno, nell’ambito di quella che fu definita la politica di decalcidizza-
zione del tiranno,38 l’insediamento dei Siculi nel territorio che era stato di
Katane e di Naxos non dovette avere costituito un motivo di pericolo per il
mantenimento degli equilibri politico-territoriali.
Il rapporto del tiranno con i centri siculi è quanto mai controverso.
Fallito il tentativo (all’epoca dell’attacco contro l’area calcidese, 403 a.C.)

31 Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia... cit., 452 ss.


32 Giuffrida, Leontini, Catane… cit., 1140-1149.
33 Diod. XIII 89.
34 Giuffrida, Leontini, Catane... cit., 1140-1149. R. Vattuone, ‘Metoikesis’. Trapianti
di popolazioni nella Sicilia greca fra il VI e il IV sec. a.C., «CISA» XX (1994), 81-113.
35 Diod. XIV 58, 1. Cfr. Diod. XIII 94.
36 Vattuone, ‘Metoikesis’... cit., 93.
37 Diod. XIV 15, 3.
38 Asheri, Colonizzazione... cit., 94.
72 Egidia Occhipinti

di impadronirsi di uno dei siti più importanti della Sicilia interna,39 quale
Erbita, stipulò una pace con i suoi abitanti,40 che dovette assicurare al cen-
tro un certa autonomia di movimento, se Arconide, prostates di Erbita, su-
bito dopo la pace con Dionisio (403 a.C.), fondava una colonia, Halesa Ar-
conidio,41 ad otto stadi dalla costa tirrenica, che gli permise di dominare la
fascia montuosa dei Nebrodi e con essa gli accessi alla costa tirrenica della
Sicilia centro-orientale.42 Nella fondazione non si è vista nessuna velleità
anti o filo-siracusana del centro in questione. Alla deduzione di Halesa par-
teciparono tre gruppi diversi: mistophoroi, un symmikton ochlon (una folla
di esuli siracusani) e gli aporoi di Erbita, ridotti a tale condizione a causa
della guerra.43 In altri termini, la fondazione sarebbe stata determinata da
spinte di tipo socio-economico. 44 Erbita, il centro che godeva forse di mag-
giore autonomia rispetto agli altri siti indigeni, erede in certa misura della
politica duceziana,45 mostra i tratti dell’ellenizzazione nelle monete, che ri-
producono l’immagine di Apollo46 e nei culti (ad Alesa, ktisis mista guidata

39 Si parla per la prima volta di Erbita nel 446 a.C., quando Ducezio, esiliato dai Si-
racusani a Corinto, infranse i giuramenti e tornò in Sicilia; qui grazie alla collaborazione di
alcuni Siculi e di Arconide, dinasta di Erbita, fondò Kale Akte (nella costa tirrenica). Diod.
XII 8, 2; XIV 15, 16; 78; XIX 6. Thuc. VII 1. Cic. Verr. II 65; III 18; 75, 80; V 33, 86; 42,
110; 49, 128. Plin. NH III 91. Ptol. Geog. III 4, 6. Steph. Byz. s.v. ”Ερβιτα. Bernabò Brea,
Che cosa conosciamo... cit., 18 ss. La grande importanza avuta dal centro in questione trova
un riscontro in Tolemeo, Geog. III 4, 6, il quale nel rappresentare la Sicilia come un trian-
golo con il vertice rivolto verso il nord dice che era abitata a nord dai Messinesi, al centro
dagli Erbitei e dai Catanesi e a sud dai Segestani e dai Siracusani. Cfr. G. Bejor, s.v. Erbita,
in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, VII
(1989), 283-289.
40 Diod. XIV 15, 1 e 16, 1.
41 Diod. XIV 16, 1-2. Nel medesimo passo si ricorda un’altra tradizione circa la
fondazione cartaginese di Halesa, all’epoca della pace di Imilcone con Dionisio, verosimil-
mente intorno al 405/404 a.C. È probabile che si tratti di un’altra Halesa; e, d’altra parte,
come ci testimonia Diodoro, la città fondata da Arconide fu chiamata Halesa Arconidio,
proprio per essere distinta dalle altre città che in Sicilia avevano lo stesso nome. Cfr. Cusu-
mano, I culti di Adrano... cit., 173 nota 73.
42 Bejor, Erbita... cit., 283-289. Mentre in età arcaica si segnala una scarsa influenza
delle attività marinare nella fascia costiera della Sicilia settentrionale, a partire dal V secolo
la situazione evolve nella direzione di una forte spinta verso il Tirreno da parte dei centri
siculi vicini alla costa. Cfr. Bernabò Brea, Che cosa conosciamo... cit., 5 ss.
43 Diod. XIV 16.
44 L’intervento di A. M. Prestianni Giallombardo a D. Musti, Tradizioni letterarie,
«Kokalos» XXXIV-XXXV, I cit., 226-227; Ead., Ducezio e la fondazione di Kale Akte, in
Miccichè - Modeo - Santagati (a cura di), Diodoro Siculo... cit., 135-149.
45 È stata messa in luce la particolare capacità di aggregazione e di influenza eserci-
tata dagli Arconidi all’interno del mondo siculo nel corso di diverse generazioni. Cusuma-
no, I culti di Adrano... cit., 174 nota 77. Cfr. Musti, Tradizioni... cit., 209-226, 221; Consolo
Langher, Tra Falaride e Ducezio... cit., 229-263.
46 Ch. Boehringer, Herbita, «NumAntCl» X (1981), 95-114. Intorno alla metà del
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 73

da Herbita, accanto al culto indigeno di Adrano è presente il culto di


Apollo) e forse nella stessa struttura politica. Infatti, se la presenza del cul-
to di Adrano ad Halesa poteva rappresentare un elemento culturale di ag-
gregazione per i Siculi e, dunque, iscriversi in una prospettiva di continuità
con il precedente duceziano (Ducezio, come è noto, si servì del culto indi-
geno dei Palici), il modello politico di Arconida – come è stato giustamente
osservato47 – non si basava su un progetto di omoethnia (quale era stato
quello perseguito da Ducezio), ma sulla dynasteia personale del signore lo-
cale, secondo un ideale di governo di matrice siracusana.
Se, come è stato ipotizzato,48 la fondazione del centro di Adrano nel
400 a.C. ad opera di Dionisio 49 fu una risposta alla fondazione di Alesa
(403 a.C.), il quadro delle relazioni di Siracusa con il mondo siculo si pre-
senta ancora più articolato. Cioè la scelta del nome del sito, che riconduce-
va al culto di una divinità sicula, avrebbe avuto una forte valenza ideologi-
ca e aggregante. Lo scopo del tiranno sarebbe stato quello di fondare una
città eponima del dio locale, costruendovi nei pressi un santuario, col pro-
posito di raccogliervi i Siculi agglomerati nei villaggi dell’area del Mendoli-
to, dove si ipotizza la sede originaria del culto di Adrano. 50 All’azione con-
dotta da Erbita corrisponderebbe, dunque, una reazione da parte di Dioni-

IV secolo Erbita fu in grado di coniare moneta propria non solo bronzea, come molti centri
indigeni, ma anche argentea, verosimilmente all’epoca di Dione o di Timoleonte. Cfr. A.
Bertino, Le emissioni monetali di Abaceno, in Breglia (a cura di), Le emissioni... cit., 105-
131, 107). Si dibatte ancora oggi sul significato da attribuire alle emissioni monetali dei cen-
tri siculi, e cioè se la moneta bronzea nasca per rispondere alle esigenze economiche dei Si-
culi, ovvero se sia il risultato del contatto con l’elemento greco. Questa seconda prospettiva,
prevalsa nel corso degli anni Settanta, suscita qualche perplessità. Se sembra incontroverti-
bile che i tipi monetali siculi nel V sec. a.C. riproducessero modelli iconografici greci
(Jenkins, The coinages... cit., 78 e passim. R. Ross Holloway, Le monetazioni di Agyrion,
Aluntion, Entella, Hipana, Nakone, Steila, in Breglia (a cura di), Le emissioni... cit., 133-146,
138. Sulla presenza di copie ‘barbare’ di monete siracusane, agrigentine, geloe: Ch.
Boehringer, Die Barbarisierten Münzen von Akragas, Gela, Leontinoi und Syrakus im 5.
Jahrhundert v. Chr., in Breglia (a cura di), Le emissioni... cit., 157-190), tuttavia una prospet-
tiva di indagine dal taglio prettamente greco rischierebbe di non tenere conto dei diversi
tipi di risposta che probabilmente di volta in volta i Siculi manifestarono in reazione al con-
tatto culturale con l’elemento greco. Per usare le parole della Tusa Cutroni, in Breglia (a
cura di) , Le emissioni... cit., 193: «[...] l’inizio dell’attività delle zecche sicule ed indigene in
genere, più che come una acquisizione passiva della civiltà e della cultura greca, mi sembra
vada considerato come la espressione di una certa maturità politica, di una organizzazione
sociale più evoluta e di un’attività economica più organizzata che poggia le basi oltre che
sull’agricoltura e sull’allevamento (ad es. Abaceno), cioè sui mezzi di sussistenza, anche
sull’artigianato e sulla piccola industria [...]».
47 Cusumano, I culti di Adrano... cit., 175 s.
48 Cusumano, I culti di Adrano... cit., 174.
49 Diod. XIV 37.
50 G. Manganaro, Iscrizioni di Adrano, «PP» XVI (1961), 126-135, 128 nota 9. Cfr.
G. Lamagna, Adrano (Catania). Contrada Mendolito, «BA» XVI-XVIII (1992), 255-264.
74 Egidia Occhipinti

sio che mirava a controbilanciare le forze sicule, facendo leva sugli stessi
elementi culturali propri degli indigeni.
La nostra fonte non parla più degli ethne di Sicilia fino all’anno
397/96 a.C., quando questi furono coinvolti nei preparativi disposti da
Dionisio per intervenire contro Cartagine. Come è stato giustamente osser-
vato dall’Anello,51 fino al 374 a.C. (anno della stipula del trattato siracusa-
no-punico) si segnala una scarsa presenza politica e militare di Cartagine in
Sicilia. Certamente, la parte occidentale dell’isola riconosceva nella città
africana il principale referente nei momenti difficili, ma ciò non significava
mancanza di autonomia decisionale in politica estera. Così in occasione di
questo attacco dionisiano contro Mozia (a. 397 a.C.) i Cartaginesi inter-
vennero solo in un secondo momento in difesa dell’isolotto. Alla debole
presenza cartaginese si contrappone una forte ingerenza di Siracusa. Gli
abitanti di Erice µε;ν καταπλαγεvντες το; µεvγ εθος τη'ς δυναvµεως... προσ−
εχωvρησαν τω/' ∆ιονυσιvω/ (Diod. XIV 48, 1). Fecero lo stesso tutti i Sicani,
mentre dei symmachoi cartaginesi soltanto cinque rimasero fedeli a Carta-
gine: Alicie, Solunto, Egesta, Panormo ed Entella.52 Il quadro che si ricava
dall’Agirinense fa pensare ad una compatta compagine di popolazioni in-
digene gravitanti attorno a Dionisio. E, d’altra parte, apprendiamo che du-
rante l’assedio di Mozia la maggior parte dei soldati al seguito di Dionisio
erano Siceli.53
Tuttavia l’anno successivo, quando Dionisio, che si trovava con
l’esercito ad Egesta, decise di coinvolgere i Sicani nell’assedio contro alcu-
ne città controllate da Cartagine, nonostante la promessa di concessione di
terre, ne ricevette un netto rifiuto.54 Il caso di Alicie, che nel giro di breve
tempo cambia più volte referente politico (con Cartagine,55 con Dionisio e
poi contro56) insieme all’esempio di Erice 57 conferma la grande autonomia
di movimento posseduta dalle città poste sotto l’influenza cartaginese.58
Frattanto era imminente la spedizione di Imilcone (397/6 a.C.59) e il
fronte indigeno si mostrava sempre meno compatto (Diod. XIV 58, 1): οιJ
δε; Σικελοιv, παvλαι µε;ν µισου'ντες το;ν ∆ιονυvσιον, τοvτε δε; καιρο;ν τη'ς
αjποσταvσεως ε[χοντες, µετεβαvλοντο προ;ς Καρχηδονιvους πλη;ν ∆Ασσωριvνων

51 Anello, Rapporti dei Punici... cit., 204 ss.


52 Diod. XIV 48, 4.
53 Diod. XIV 54, 5.
54 Diod. XIV 55, 6-7.
55 Diod. XIV 48, 4.
56 Diod. XIV 54, 2 e 55, 7.
57 Diod. XIV 48.
58 Anello, Rapporti dei Punici... cit., 208.
59 Diod. XIV 58.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 75

α{παντες .60 C’è da chiedersi cosa possa essere cambiato sul versante delle
relazioni con il mondo indigeno. L’odio inveterato nei confronti del tiran-
no sembra essere la causa principale di tale mutamento, tuttavia mi pare un
dato riconducibile con tutta probabilità alla fonte utilizzata dal Nostro sto-
rico. Non escluderei, in verità, la possibilità di rapporti ‘differenziati’ fra
Siracusa e le diverse aree dell’isola. Il passo sopra esposto61 purtroppo non
fornisce ulteriori elementi che possano chiarire di quali centri indigeni si
stia parlando; l’unico dato che emerge dalla lettura del capitolo successivo
(XIV 59) è che i Siculi di Naxos,62 appoggiati dai Cartaginesi, avevano oc-
cupato il monte Tauro;63 il che sembrerebbe ricollegarsi a problemi di pos-
sesso territoriale e di conflittualità con lo Stato siracusano – il racconto si
presenta, in verità, molto contratto. È possibile che le aree più vicine al ter-
ritorio siracusano fossero quelle maggiormente ‘compromesse’ e legate alla
politica del tiranno, mentre l’area sicana, le realtà ‘periferiche’ o le zone vi-
cine alla eparchia cartaginese avessero un comportamento più fluttuante,
come si è potuto, peraltro, evincere dai casi di Erice e di Alicie. Il caso de-
gli Assorini (in prov. di Enna), ricordati da Diodoro come gli unici tra i Si-
celi ad essere rimasti fedeli al tiranno, a mio parere, fa supporre che alcuni
centri dell’area interna della Sicilia fossero da tempo coinvolti nelle vicen-
de siracusane. E d’altra parte, nel momento in cui il pericolo cartaginese
cessò (397/96 a.C.) e Dionisio si dedicò al riordino del territorio,64 venne a
patti con Agiri, tiranno di Agirio,65 con Damone, signore di Centuripe, con
gli Erbitei e con gli Assorini, 66 mentre conquistò con la forza altre località
sicule. Esistevano, cioè, delle realtà politiche della Sicilia per le quali è pos-
sibile forse ipotizzare una politica del compromesso, l’esistenza, cioè, di
rapporti di collaborazione, definibili in termini di ‘coesistenza pacifica’,
con il vicino Siracusano. Il caso forse storicamente e archeologicamente
meglio documentato è il centro di Erbita, che nel 396 a.C., al momento del
trattato con Dionisio non pare sia governato da un dinasta, come era acca-
duto nel 406 a.C.; il generico ∆Ερβιταιvους usato da Diodoro, non lascia
spazio alle interpretazioni, tuttavia potrebbe suggerire l’esistenza di una
struttura cittadina con tratti simili a quelli di una polis di tipo greco. Il fatto
che esistano realtà territorialmente vicine a Siracusa, e allo stesso tempo
politicamente ‘autonome’ al loro interno, fa pensare che le relazioni di

60 «I Siceli, che da tempo odiavano Dionisio, avendo allora l’occasione della rivolta,
passarono dalla parte dei Cartaginesi tutti tranne gli Assorini».
61 Diod. XIV 58.
62 Diod. XIV 15, 3. Cfr. supra.
63 Diod. XIV 59.
64 Diod. XIV 78.
65 Su Agirio si veda Bernabò Brea, Che cosa conosciamo... cit., 36-38.
66 Diod. XIV 78.
76 Egidia Occhipinti

Dionisio con le realtà anelleniche della Sicilia contemplassero situazioni


molto più articolate di quanto non emerga dalla lettura immediata del testo
diodoreo.
L’area sicula maggiormente ‘attiva’, che rappresentava un serio peri-
colo per il tiranno credo sia stata quella dei Siculi gravitanti attorno a Tau-
romenio e più in generale la cuspide nord orientale della Sicilia. Nel
394/93 a.C. Dionisio, che progettava di guidare un esercito contro Reggio,
era disturbato dalla presenza dei Siceli di Tauromenio; perciò decise di as-
salirli.67 Si tratta di quei Siceli a cui in passato (nel 403 a.C.) Dionisio aveva
ceduto, come abbiamo visto, il territorio di Naxos 68 e che in seguito, nel
397/96 a.C., persuasi dalle promesse di Imilcone, avevano occupato il
monte chiamato Tauro.69 All’interno di questo racconto sull’attacco di
Dionisio contro i Siceli di Tauromenio del 394/93 a.C., Diodoro apre una
parentesi ed espone una vera e propria archaiologia dei Siculi della detta
area. Scrive, infatti, lo storico (XIV 88, 1): «I Siceli avevano ereditato
un’antica tradizione dai loro padri: era stato al tempo in cui essi occupava-
no queste zone dell’isola che i Greci, approdati per la prima volta, avevano
fondato Nasso e scacciato da questo monte i Siceli che allora l’abitavano;
appunto per questo motivo, affermando di aver recuperato la terra avita e
di avere il diritto di vendicarsi dei torti di cui i Greci si erano macchiati nei
confronti dei loro antenati, facevano ogni sforzo per mantenere il possesso
del monte». È forte la tentazione di cogliere nel passo le tracce di una pro-
babile rivendicazione da parte dei Siculi delle terre intorno al Tauro
all’epoca dell’attacco di Dionisio (394/93 a.C.), che la tradizione storiogra-
fica greca lascerebbe leggere soltanto in filigrana.70
L’episodio narrato da Diodoro si conclude con la vittoria dei Siculi
di Tauromenio e a motivo di tale successo si può addurre chiaramente
l’inespugnabilità dell’acropoli del monte Tauro. 71 Il che fa pensare, tra
l’altro, ad una struttura cittadina militarmente ben organizzata. Probabil-
mente a seguito di questa vittoria la maggior parte dei Siculi – il testo di
Diodoro non lo specifica ma è probabile che si trattasse dei Siculi dell’area
nord-orientale, dal momento che le operazioni del nuovo generale cartagi-
nese, Magone, si tennero nello Stretto – strinse alleanza con Magone, che,
tentando di risollevare le sorti dei Cartaginesi dopo la disfatta che questi
avevano subito da Dionisio nel 396 a.C., operava nello Stretto nel 393/2

67 Diod. XIV 87, 4-5.


68 Diod. XIV 15. Cfr. supra.
69 Diod. XIV 59: «Esso aveva una posizione naturalmente forte e i Siculi, dopo
averlo cinto di un muro, lo abitarono allora e anche dopo la guerra; chiamarono la città
Tauromenio per il fatto che vi rimanevano (menein) le genti raccoltesi sul Tauro».
70 Cfr. Sordi, Il IV e il III secolo... cit., 209-236.
71 Diod. XIV 88, 4-5.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 77

a.C. (XIV 90, 2-3): «Magone, il comandante dei Cartaginesi che si tratte-
neva in Sicilia, cercava di risollevare le sorti di Cartagine dopo la disfatta
subita. Si comportava con umanità nei confronti delle città soggette e ac-
coglieva coloro ai quali Dionisio portava guerra. Strinse alleanza con la
maggior parte dei Siceli e, dopo aver raccolto truppe, marciò contro il ter-
ritorio di Messina. Dopo averlo saccheggiato ed essersi impadronito di
molto bottino, partì e pose il campo presso Abacene, città alleata....». La
successione degli avvenimenti che registrano il coinvolgimento di Siculi
nelle imprese siciliane di Magone si complica se si confronta il passo testé
preso in esame con il capitolo 95, considerato un duplicato del primo. 72 In
esso si legge che «I Cartaginesi, che si stavano riprendendo lentamente
dalla sconfitta subita a Siracusa, decisero di riprendere il controllo della
situazione siciliana. Avendo stabilito di combattere, mossero con poche
navi da guerra e raccolsero truppe in Libia, in Sardegna, ancora fra i bar-
bari d’Italia. I soldati furono tutti riforniti con cura delle armi proprie di
ciascun popolo e trasportati in Sicilia: non meno di ottantamila agli ordini
di Magone. Egli marciò attraverso il territorio dei Siceli, fece ribellare a
Dionisio la maggior parte delle città e pose il campo nel territorio di Agi-
rio, rinunciò ad avanzare ulteriormente, sentendo che i nemici si erano
mossi da Siracusa. Dionisio, quando apprese che i Cartaginesi marciavano
attraverso l’interno, raccolse in fretta quelli che poté di Siracusani e mer-
cenari e si mise in marcia, avendo in tutto non meno di ventimila uomini.
Giunto vicino ai nemici, avviò trattative con Agiri, il signore degli Agirinei.
Dei tiranni che allora vi erano in Sicilia, egli era il più potente dopo Dioni-
sio: era padrone di quasi tutte le fortezze circostanti e governava sulla città
di Agirio, a quei tempi densamente popolata dal momento che aveva non
meno di ventimila cittadini. Per questa gran quantità di persone, radunata-
si nella città, erano state depositate sull’acropoli molte ricchezze, che Agiri
aveva raccolto dopo aver ucciso i cittadini più ricchi. Ebbene Dionisio, en-
trato con pochi nelle mura, convinse Agiri ad allearsi ufficialmente con lui
e promise di donargli molta terra confinante, se la guerra avesse avuto esito
positivo. Agiri, per prima cosa, donò premurosamente a tutti i soldati di
Dionisio grano e quanto fosse necessario; poi, avendo fatto uscire il suo
esercito in massa, marciò con Dionisio e partecipava al suo fianco alla
guerra contro i Cartaginesi».73
La lettura dei due capitoli fa emergere l’assenza di coerenza e di con-
tinuità logico-narrativa. Se, invece, anteponiamo la decisione dei Cartagi-
nesi di riorganizzare l’esercito e di affidare a Magone il comando di ottan-
tamila uomini (95) si comprenderebbe meglio l’espressione presente al ca-

72 Sordi, Il IV e il III secolo... cit., 217.


73 Diod. XIV 95.
78 Egidia Occhipinti

pitolo 90, 2, secondo cui Magone διεvτριβε µε;ν εjν Σικελιvα/. Se tale lettura è
valida allora si dovrebbero anteporre anche le operazioni di Magone nella
Sicilia centrale (95) rispetto a quelle svoltesi nella Sicilia orientale (90). Dal
punto di vista dell’analisi storica, ciò significherebbe che il percorso di
Magone attraverso la Sicilia centrale, dopo l’ostilità mostratagli dai Siceli e
da Agiri, in modo particolare, lo avrebbe portato a spostarsi in un’altra
area, una ‘zona rossa’, ovvero il settore nord-orientale dell’isola.
L’alleanza di Dionisio con Agiri – ottenuta dal Siracusano dietro la
promessa di concedere molta terra confinante74 – sembra confermare il
quadro delle relazioni fra il Siracusano e i Siceli, che abbiamo tentato di
ricostruire fin qui: la parte centrale della Sicilia si mostra attenta ad intesse-
re relazioni di mutuo scambio e di ‘pacifica coesistenza’ con il tiranno,
mentre l’area nord-orientale presenta spinte autonomistiche di antica data
e mai sopite del tutto. Tra l’altro, anche con Agirio, come abbiamo visto
nel caso di Erbita, ci troviamo di fronte ad una realtà politico-sociale e mi-
litare abbastanza autonoma e complessa, modellata forse sul sistema polei-
co greco. Che si tratti di una esagerazione di Diodoro, dovuta ad eccessivo
campanilismo non ci è dato sapere, tuttavia la precisione dei dati che ci
fornisce l’Agirinense sul centro (corpo civico, fortezze, beni 75) potrebbe
svelare, al contrario, un ricercatore ben documentato, che avrebbe avuto
accesso alle informazioni locali.

La politica di Dionisio, come è noto, si caratterizza per l’inserimento


dei suoi mercenari all’interno del corpo cittadino delle poleis conquistate e
per la riorganizzazione del territorio.76 I mercenari campani sono presenti
stabilmente ad Entella, 77 a Katane – nel 403 a.C. Dionisio, dopo avere vin-
to le resistenze calcidesi, insedia a Katane mercenari campani78 –, ad
Aitna, 79 ad Egesta, a Nakone e a Tauromenio.80 Ai Campani il tiranno ri-
corre per presidiare le città greche della costa meridionale.81
Nel 396 a.C. i campi di Leontinoi sono donati da Dionisio a dieci-
mila mercenari peloponnesiaci come ricompensa del servizio prestato. 82
Questi αjσµεvνως δ∆ αυjτω'ν υJπακουσαvντων δια; το; καvλλος τη'ς χωvρας,

74 Diod. XIV 95, 5-6.


75 Diod. XIV 95, 4-5.
76 Diod. XIV 78, 3.
77 Diod. XIV 9.
78 Diod. XIV 15, 4.
79 Diod. XIV 58.
80 Diod. XIV 96.
81 H. Berve, Storia greca, II, Bari 1966, 516. G. Castellana, La Neapolis nella chora
acragantina e la colonizzazione dionisiana della Sicilia, «PP» XXXIX (1984), 375-383.
82 Diod. XIV 78, 2-3.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 79

ου|τοι µε;ν κατακληρουχηvσαντες ω/[κουν εjν Λεοντιvνοις .83 Non si conosce la


sorte dei cittadini, anche se è probabile che l’insediamento mercenario ri-
guardasse prevalentemente la chora e le fortezze del territorio.84
Allo stesso modo il tiranno installa i Messeni, che erano fuggiti dal
Peloponneso, a Messene favorendone in seguito la fondazione di Tindari,
insieme a mercenari italici, locresi, medimnei (396 a.C.85). Come è stato os-
servato dalla Giuffrida, si tratta di colonie che iscrivono nuovi cittadini e
che hanno dunque la sovranità sul nuovo Stato costituitosi.86 Merita parti-
colare attenzione il fatto che Tindari nascesse sulla fascia marittima del ter-
ritorio di Abacene, a questa sottratto da Dionisio: il fatto che Abacene fos-
se caratterizzata nel corso della sua storia da una politica di costante oppo-
sizione alla potenza imperialistica siracusana, 87 offre, infatti, un’ulteriore
conferma del carattere conflittuale delle relazioni tra le popolazioni che ri-
siedevano sul versante nord-orientale della Sicilia e lo Stato di Siracusa.
Anche Siracusa non fu immune da simili trapianti di popolazione:
qui vengono impiantati, infatti, gli abitanti di Caulonia e di Reggio
all’epoca della guerra condotta da Dionisio in Italia (388/87 a.C. 88).
Forse tra i mercenari del tiranno presenti in Sicilia si devono ipotiz-
zare anche i Celti e gli Iberi, inviati in Grecia in soccorso degli Spartani.89
Non conosciamo il risultato di tale politica territoriale ed etnica, an-
che se è probabile che si verificarono forme di assimilazione: le situazioni
meno destabilizzanti potrebbero essersi avute laddove fu favorita l’unione
della manodopera schiavile e/o dei mercenari con le donne locali, cosa che
si può evincere, peraltro, dallo stesso Polieno. 90

Accanto alla pratica di ripopolare in maniera strategica i territori

83 Diod. XIV 78, 3: «Accettarono volentieri, data la bellezza del territorio; distribui-
tolo fra loro in lotti mediante sorteggio, abitavano a Leontini».
84 Così, Vattuone, ‘Metoikesis’... cit., 93.
85 Diod. XIV 78.
86 Giuffrida, I Dionisî e l’area... cit., 423.
87 Nella sua opposizione alla politica siracusana Abacene non rifiutò l’aiuto cartagi-
nese: nel 393 a.C. si alleò con Magone contro Dionisio I, che già nel 396 a.C. le aveva sot-
tratto la zona marittima (Diod. XIV 78, 5); nel 315 a.C. si schierò con Amilcare contro Aga-
tocle (Diod. XIX 65). In entrambe le circostanze (nel 392 a.C. e nel 313 a.C.) cadde sotto il
dominio di Siracusa, perdendo il diritto di battere moneta. Bertino, Le emissioni monetali...
cit., 110.
88 Diod. XIV 107, 111.
89 Diod. XV 70. Xen. Hell. I 20, 22. Castellana, La Neapolis nella chora.... cit., 380.
90 Polyaen. V 2, 20: «Dopo la conquista di una città i cui abitanti erano stati in parte
uccisi e in parte erano fuggiti, Dionisio lasciò pochi uomini come guarnigione. Ma la città
era troppo grande per poter essere controllata da pochi uomini, sicché Dionisio fece sposa-
re agli schiavi prigionieri le figlie dei loro padroni perché apparendo acerrimi nemici dei
loro padroni, fossero invece fedeli custodi della città per lui».
80 Egidia Occhipinti

conquistati, un’altra arma utilizzata da Dionisio per ottenere il consenso fu


la promessa di redistribuzione e/o la effettiva redistribuzione della terra di
confine. Lo abbiamo visto in più occasioni con i Sicani,91 con i Siculi del
monte Tauro,92 e, infine, con Agiri.93
Oltre alle pratiche violente, alla simulazione, ecc., è possibile che
Dionisio si servisse anche dell’arma ideologica per costruire il consenso
degli indigeni intorno alla sua figura: il caso della fondazione di Adrano,
anche se rappresenta un unicum nella nostra documentazione, può costi-
tuire un esempio significativo per una lettura in tale direzione. E, d’altro
canto, sono state già rilevate dagli studiosi le numerose operazioni propa-
gandistiche messe in atto dal tiranno nei confronti dei Greci allo scopo di
procacciarsi alleanze politiche:94 se, come credo, siamo di fronte ad una
prassi politica, è verosimile l’uso di tali strumenti anche nei confronti dei
signori locali di Sicilia.
Il comportamento politico di Dionisio nei confronti delle popolazio-
ni locali destò, peraltro, sconcerto negli ambienti siracusani ostili al tiran-
no. Si pensi al discorso che Diodoro fa pronunciare a Teodoro, un opposi-
tore politico di Dionisio, nel corso di un’assemblea tenutasi a Siracusa nel
396 a.C., nella quale il tiranno, sconfitto dai Cartaginesi nel 397 a.C., ri-
schiava di essere spodestato. Tra le tante denunce mossegli contro, compa-
re l’accusa di avere ceduto il territorio dei Siracusani agli alleati allo scopo

91 Diod. XIV 55, 6-7.


92 Diod. XIV 59, 2.
93 Diod. XIV 95, 6.
94 P. Meloni, Il contributo di Dionisio I alle operazioni di Antalcida del 387 av. Cr.,
«RAL» IV (1949), 190-203. M. Gigante, Il discorso olimpico di Lisia, in Studi in onore di
Luigi Castiglione, Firenze 1960, 373-406. M. Sordi, I rapporti romano-ceriti e l’origine della
civitas sine suffragio, Roma 1960; Ead., Dionigi e gli Italioti, «Aevum» LII (1978), 1-16 (=
La dynasteia in Occidente, Padova 1992, 51-79). L. J. Sanders, Plato’s first visit to Sicily,
«Kokalos» XXV (1979), 207-219. M. Sordi, Dionigi e Platone, in Φιλιvας Χαvριν... cit., 2015-
2022; Ead., Lo Ierone di Senofonte, Dionigi I e Filisto, «Athenaeum» LVIII (1980), 3-13 (=
La dynasteia in Occidente... cit., 105-117). P. Anello, Dionisio il Vecchio I. Politica adriatica e
tirrenica, Palermo 1980; Ead., Polifemo e Galatea, «Seia» I (1984), 11-51. M. Sordi, Dionigi
I, dinasta d’Europa, «CISA» XII, Milano 1986, 84-90 (= La dynasteia in Occidente... cit., 73-
79). L. Braccesi, Ancora sulla colonizzazione siracusana in Adriatico (Dionigi, Diomede e i
Galli), in C. Cassio - D. Musti (a cura di), Aspetti di interazione culturale nel IV sec. a. C.,
Atti del Convegno tra Sicilia e Magna Grecia (Napoli, 19-20 marzo 1987), Pisa 1991, 57-64.
M. Sordi, Il motivo della felicità del tiranno, in Cassio - Musti (a cura di), Aspetti di inter-
azione... cit., 65-73. L. J. Sanders, From Dionysius to Augustus: some thoughts on the
Nachleben of Dionysius I of Syracuse , «Kokalos» XXXVI-XXXVII (1990-1991), 111-137. A.
Giuliani, Dionigi I, Sparta e la Grecia, «RIL» CXXVIII (1994), 149-166. P. Anello, Note sui
rapporti tra Dionisio e Atene nel primo decennio del IV secolo, «Kokalos» XLII (1996), 383-
408. G. Vanotti, Alceta, Siracusa, Atene, «Hesperìa» VII (1997), 77-90. M. Sordi, I due
Dionigi, i Celti e gli Illiri, in Scritti di storia greca, Milano 2002; L. J. Sanders, The relations
of Syracuse and Magna Graecia in the Era of the Dionysii, in Bonacasa - Braccesi - De Miro
(a cura di), La Sicilia... cit., 473-492. M. Sordi, Dionigi e il Tirreno, ibid., 493-499.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 81

di garantirsi la loro collaborazione.95 Il discorso del Siracusano nel denun-


ciare la vergognosa condotta di Dionisio rispetto a quella esemplare di
Gelone si sofferma proprio sul tema del ‘consenso’96 che Gelone ottenne
«grazie al valore e alla grandezza delle imprese» (XIV 66, 3), al contrario di
Dionisio che «non si preoccupava gran che di violare i patti contro i giu-
ramenti; temeva piuttosto i gruppi superstiti dei Sicelioti. E appunto appa-
re evidente il suo continuo, insonne sforzo per trascinarli alla rovina». 97
Il discorso di Teodoro contiene secondo l’analisi di Scarpa Bonazza
Buora i temi-chiave della riflessione greca di V e IV secolo sulla tirannide
(il tiranno despotes che rende schiavi la polis e gli alleati, che abbatte i pa-
trioi nomoi e che calpesta la patrios eleutheria) e sarebbe una pura e sem-
plice esercitazione retorica ad opera di Diodoro.98 Tale punto di vista è sta-
to respinto con solide argomentazioni dalla Bearzot, 99 per la quale l’Agi-
rinense avrebbe attinto ad una fonte contemporanea agli eventi narrati.100
Il tema della libertà della Sicilia, che costituisce il leitmotiv del di-
scorso di Teodoro, potrebbe essere un riflesso di quell’ampio dibattito che
probabilmente scaturì in Grecia a seguito dell’intervento di Ermocrate a
Siracusa nel 424, ricordato da Tucidide nel suo IV libro delle Storie (64).
Dibattito che col tempo diede origine a dei veri e propri progetti politici,
come testimonia, peraltro, l’arrivo in Sicilia di due ben noti ‘liberatori’ gre-

95 Diod. XIV 65, 3: «Ora i nemici possiedono una piccola parte della nostra terra,
ma Dionisio, che l’ha tutta devastata, la donò a coloro che lo aiutarono ad ingrandire la ti-
rannide».
96 G. Bruno Sunseri, Aristocrazia e democrazia nella politica di Gelone, in Φιλιvας
Χαvριν... cit., 295-308; C. Bearzot, Gelone strategos autokrator tra storicità e propaganda dio-
nigiana, «Hesperìa» II (1991), 79-87. G. Mafodda, Erodoto e l’ambasceria dei Greci a Gelo-
ne, «Kokalos» XXXVIII (1992), 247-271; Id., La monarchia di Gelone tra pragmatismo ideo-
logia e propaganda, Messina 1996; Id., Da Gelone a Dionigi il Grande, in Bonacasa - Braccesi
- De Miro (a cura di), La Sicilia... cit., 443-452. E. Galvagno, Politica ed economia nella Sici-
lia greca, Roma 2000.
97 Diod. XIV 68, 4.
98 A. Scarpa Bonazza Buora, Libertà e tirannide in un discorso “siracusano” di Diodo-
ro Siculo, Roma 1984; Ead., Dionisio e Gelone: il tiranno e il re, in Studi in onore di Arnaldo
Biscardi, V, Milano 1984, 455-462.
99 C. Bearzot, recensione a Scarpa Bonazza Buora, Libertà... cit., «Aevum» LIX
(1985), 128-129. Cfr. G. De Sensi Sestito, La τιµωριvα dei ‘tyrannos’ e del ‘basileus’: il caso di
Dionisio I e di Alessandro Magno, «CISA» XXIII (1997), 167-200.
100 Relativamente al passo in questione gli studiosi hanno fatto il nome di Timeo.
Laqueur, in RE VI A, 1082. K. Stroheker, Dionysios I. Gestalt und Geschichte des Tyrannen
von Syrakus, Wiesbaden 1958, 17, 25, 78, 150. Meister, Die sizilische... cit., 92-93. C. A. Fol-
cke, Dionysios und Philistus: the Tyrant and the Historian, Diss. New York 1973, 125-129.
Luraghi, Polieno come fonte... cit., 167. G. Vanotti, I discorsi siracusani di Diodoro Siculo,
«RIL» CXXIV (1990), 3-19. Cfr. L. Pearson, Ephorus and Timaeus in Diodorus Laqueur’s
thesis rejected, «Historia» XXXIII (1984), 1-20; Id., The speeches in Timaeus’ History,
«AJPh» CVII (1986), 350-368; Id., T he Greek Historians of the West. Timaeus and his
predecessors, Atlanta 1987, 178 ss.
82 Egidia Occhipinti

ci quali appunto Dione e Timoleonte. Nel discorso di Teodoro siamo in


presenza di una fonte sensibile alla questione della eleutheria siciliana e
d’altra parte, l’immagine di Dionisio il Vecchio e della sua politica ebbe
una grande risonanza nel mondo greco, non soltanto per l’intervento di Si-
racusa nella politica greca al fianco di Sparta, ma anche perché la sua per-
sona, prima dileggiata e poi esaltata dagli ambienti culturali ateniesi di IV
secolo,101 divenne un modello da emulare per i sovrani greci e non greci
successivi.

101 Gigante, Il discorso... cit., 373-406. Sordi, Lo Ierone... cit., 3-13 (= La dynasteia...
cit., 105-117). Sanders, Plato’s first visit... cit., 207-219. C. Bearzot, Platone e i moderati ate-
niesi, Milano 1981. Sanders, From Dionysius... cit., 111-137. C. Franco, Isocrate e la Sicilia,
«RFIC» CXXI (1993), 37-52. Giuliani, Dionigi I, Sparta... cit., 149-166. J. H. Hordern, The
Cyclops of Philoxenus, «CQ» XLIX (1999), 445-455.

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