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L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA MUSICOLOGIA 
COGNITIVA: APPROCCI ED APPLICAZIONI

Francesco Giomi

(pubblicato su Sistemi Intelligenti VII (1), Il Mulino, 1995)

INTRODUZIONE

Quella parte della musicologia sistematica che indaga sulla struttura di un brano, di un repertorio o
di uno stile musicale è indicato con il termine di "analisi musicale". Vale la pena di riportare la
definizione di analisi musicale con la quale il musicologo Ian Bent apre il suo libro dedicato a
questa   poliedrica   disciplina   delle   scienze   musicologiche,   inquadrandone   anche   gli   obiettivi   in
maniera efficace : 

“Analizzare   una   struttura   musicale   significa   scinderla   in   elementi   costitutivi


relativamente  più semplici,  e studiare le funzioni di questi elementi  all'interno  della
struttura data. La "struttura" a   cui si riferisce tale processo può essere di   volta in
volError:   Reference   source   not   foundta   un   frammento   di   una   composizione,   una
composizione completa, un gruppo o anche un repertorio di composizioni facenti capo
alla tradizione orale o a quella scritta.” (Bent e Drabkin, 1990).

Quale di fatto sia l'oggetto dell'analisi è ancora un problema dibattuto: se basarsi sulla partitura,
oppure   tenere   conto   soltanto   dell'esperienza   uditiva,   o   comunque   dell'immagine   sonora   dello
stesso compositore. Se da un lato si può considerare la notazione musicale come un buon punto di
partenza,   non  possono  certo   essere   ignorate  le   problematiche   legate  alla   percezione  musicale,
soprattutto in considerazione del fatto che devono poter essere analizzati anche repertori che non
appartengono alla tradizione musicale "scritta", come le musiche etniche la pop music, la musica
elettroacustica ecc. Rimane come punto fermo il fatto che il processo di base dell'analisi musicale
è quello di comparazione: confrontando elementi e strutture del testo (sia esso scritto o sonoro) se
ne possono comprendere le funzioni all'interno di un brano o di uno stile musicale.
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Quando ci si avvale di tecniche informatiche come ausilio all' analisi musicale, si parla di "analisi
musicale computazionale". 
Comunque,   nell'analisi   computazionale   della   musica   il   calcolatore   non   assume   un   ruolo   di
semplice esecutore di procedure analitiche: grazie alla ricerca in questo campo, l'informatica si
configura sempre di più come uno strumento indispensabile per le operazioni di verifica e test
delle teorie musicali1 investigate.
L'Italia è attualmente uno dei Paesi più attivi nella ricerca in questo settore (cfr. Camilleri, 1988),
grazie soprattutto alle iniziali ricerche condotte a Bologna (si veda per es. Baroni e Jacoboni,
1983;   Baroni   et   al.,   1984;   Baroni,   Dalmonte   e   Jacoboni,   1992)   e   a   Firenze   (si   veda   per   es.
Camilleri, 1984; Camilleri et al., 1987; Giomi e Ligabue, 1991, 1992a). Recentemente specifiche
sessioni dimostrative di programmi informatici di analisi musicale sono state inserite con successo
in   manifestazioni   di   analisi   musicale,   come   il   secondo   convegno   europeo   svoltosi   a   Trento
nell'ottobre del 1991 (Dalmonte e Baroni, 1992).
Le ricerche di punta nel settore della musicologia computazionale vedono l'impiego di strumenti
concettualmente   e   tecnologicamente   molto   avanzati,   appartenenti   principalmente   al   campo
dell'intelligenza artificiale (IA). Non vogliamo dilungarci sul significato, assai controverso, di
questo termine, rimandando a specifiche bibliografie per eventuali approfondimenti. Elenchiamo
qui   di   seguito   due   definizioni,   funzionali   al   nostro   discorso   sulle   applicazioni   musicali,   che
riassumono anche i principali e diversi punti di vista di questa disciplina. La prima privilegia il
taglio   di   tipo   cognitivo:  Error:   Reference   source   not   found“lo   studio   delle   facoltà   mentali
mediante l'uso di modelli  computazionali” (Charniak e McDermott, 1985), mentre la seconda:
“Error: Reference source not foundLa  ricerca sull'IA mira  alla costruzione di macchine capaci
di attività che richiedono di norma l'intervento dell'intelligenza umana”  (Nilsson, 1980) ha un
carattere   di   tipo   ingegneristico.   Anche   se   il   significato   del   termine   "IA"   si   arricchisce
continuamente   col   progredire   della   ricerca   nel   campo,   possiamo   affermare   che   il   campo   di
interesse dell'analisi musicale basata su tecniche di IA si estende in entrambe le direzioni sopra
citate, abbracciando indagini sui modelli cognitivi che stanno alla base delle attività musicali ma
sviluppando anche strumenti capaci di riprodurre il comportamento "intelligente" dell'analista
umano.
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Alla   luce   di   queste   considerazioni,   la   progettazione   e   la   realizzazione   di   sistemi   analitici


mediante tecniche di IA si pongono due obiettivi principali:
i) la creazione di ambienti di analisi, aperti a miglioramenti ed ampliamenti;
ii) la verifica e l'arricchimento sia dei contenuti teorici impiegati sia dei risultati analitici derivati
dall'utilizzo integrato di diverse fonti teoriche.
Da un punto di vista storico è a partire dal secondo dopoguerra che l'analisi musicale inizia a
subire   l'influsso   di   due   importanti   direttrici   del   pensiero   contemporaneo:   la   linguistica 2  e   la
cibernetica. E proprio al 1949 si fa risalire la prima applicazione musicologica dell'elaboratore,
per opera di Bernard H. Bronson, autore di uno studio sulle ballate popolari anglo­scozzesi (Bent
e   Drabkin,   1990).   Si   può   comunque   iniziare   a   parlare   in   maniera   propria   di   analisi
computazionale dopo le esperienze condotte da Allen Forte nei primi anni sessanta che videro
l'applicazione, mediante calcolatore, della  teoria degli insiemi all'analisi  della musica seriale 3
(Forte, 1966).
Il settore ha avuto uno sviluppo enorme, soprattutto negli ultimi dieci anni, proponendo centinaia
di studi e di applicazioni all'attenzione del mondo musicale. Di fatto, riviste internazionali di
teoria   musicale   ospitano   regolarmente   articoli   riguardanti   ricerche   analitiche   effettuate   con
l'ausilio del computer, mentre sono nate anche specifiche pubblicazioni sull'argomento. Si veda
in proposito, per esempio, una recente bibliografia curata da Deta Davis (1988), oppure una
rassegna   apparsa   sulla   rivista  Computers   in   Music   Research  pubblicata   dalla   University   of
Wisconsin   (Alphonce,   1989).   Un   discorso   a   parte   deve   poi   essere   fatto   per   la   prestigiosa
pubblicazione annuale del Center for Computer Assisted Research in the Humanities di Menlo
Park (California) che elenca e descrive le applicazioni informatiche alla musicologia, dedicando
specifiche  sezioni all'analisi  musicale  mediante  elaboratore  (Hewlett e Selfridge­Field, 1985­
1988, 1989­1993).

Fig. 1. Copertina dell'annuario Computing in Musicology

E' interessante fare alcune considerazioni a proposito di quelle che sono le linee guida della
ricerca analitica contemporanea; si sono aperti nuovi settori di studio e sono emersi interessanti
problemi di carattere metodologico. A questi argomenti è dedicato il prossimo paragrafo mentre
il successivo affronta l'esame di differenti approcci ai problemi della musicologia cognitiva. A
differenti   approcci   corrispondono   diversi   sistemi   analitico­computazionali,   alcuni   dei   quali
saranno brevemente  descritti.  Tra i molteplici  esempi, concentreremo la nostra attenzione  su
quelli più rilevanti da un punto di vista sia dei risultati sia del metodo e che possono essere
ricondotti  al campo delle applicazioni  di intelligenza  artificiale  alla  musicologia  (cfr. Roads,
1985; Balaban et al., 1992).
L'ultimo   paragrafo   è   dedicato   invece   all'esame   di   una   particolare   teoria   musicale   impiegata
spesso come base di partenza per lo sviluppo dei sistemi di IA in analisi, ai problemi che si
incontrano nella sua realizzazione informatica e alle possibilità che il mezzo informatico offre
per sue eventuali estensioni ed integrazioni. La descrizione di uno di questi sistemi, per l'analisi
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armonica di repertori tonali occidentali, completa il paragrafo.
Nella conclusione ripercorreremo le tappe ed i risultati dello studio, tracciando anche i possibili
sviluppi futuri della ricerca dell'analisi musicale computazionale.
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1. ANALISI AL CALCOLATORE: PROBLEMI METODOLOGICI E PROSPETTIVE

Da   diverso   tempo   l'analisi   musicale   computazionale   ha   acquisito   uno  status  di   disciplina


autonoma. Molti studiosi sostengono che essa, soprattutto nelle sue forme metodologicamente
più evolute, possa contribuire alla definizione formale di basi teoriche generali per le ricerche
musicologiche  (per  es.  Balaban,  1986  o  Laske,   1988),  o  addirittura   servire  come   veicolo  di
comparazione  ed unificazione  tra  teorie  musicali  diverse (Ligabue,  1992). Fermi  restando  la
validità e il fascino di simili affermazioni, si può affermare che essa soprattutto contribuisce a far
riflettere   gli   studiosi   sui   singoli   approcci   teorici   dell'attività   musicale   oltre   che   a   renderne
espliciti i contenuti, talvolta presentati in maniera alquanto nebulosa o non ben formalizzata.
Prima di tutto, quindi, il calcolatore rappresenta un mezzo per la formulazione di tali contenuti e
per la loro verifica su larga scala.
L'utilizzo dei sistemi informatici in analisi dà luogo poi ad implicazioni a livello metodologico di
notevole   importanza:   sono   ormai   dimostrate   le   frequenti   ed   effettive   ripercussioni   sulla
costruzione delle teorie musicali, sull'indagine delle stesse metodologie di analisi e, ovviamente,
sui   repertori   musicali   indagati.   E   del   resto,   il   fatto   di   dover   "comunicare"   alla   macchina
informazioni riguardanti la conoscenza musicale attesta le attinenze che questa disciplina ha con
lo studio delle attività cognitive umane. 
Un   duplice   punto   di   vista   per   lo   studio   scientifico   della   musica:   da   un   lato   l'aspetto
metodologico, ovvero la descrizione formale dei passi dell'analisi, verificabili e riproducibili;
dall'altro   quello   percettivo,   legato   ai   meccanismi   psicologici   di   ascolto   e   di   comprensione
musicale. E proprio entrambi gli aspetti possono essere tenuti in considerazione e correlati grazie
all'impiego   dei   processi   computazionali   ed   ad   opportune   forme   di   rappresentazione
dell'informazione musicale.
Esistono   comunque   anche   applicazioni   che   non   rispondono   a   queste   caratteristiche   e   che   si
avvalgono esclusivamente di tecniche di tipo statistico per l'indagine sulla struttura di brani o
repertori musicali (Camilleri, 1991); visto il ruolo assunto dal calcolatore come semplice mezzo
di automazione di processi analitico­matematici, non ci soffermeremo oltre su questo tipo di
approccio.
La   verifica   e   l'estensione   di   un   modello   teorico   appaiono   dunque   come   alcuni   fra   gli   scopi
primari dell'analisi musicale computazionale. E questo è anche il caso dei lavori citati nella parte
introduttiva, mediante i quali si cerca di favorire le condizioni per eventuali cambiamenti ed
estensioni dei metodi analitici. Nelle pagine seguenti cercheremo di porre in evidenza i diversi
strumenti metodologici e tecnici che consentono, nella maggioranza dei casi, di ottenere questo
tipo di interazioni.
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1.1. I processi di analisi e di sintesi

Quando si vuole trasferire una porzione di conoscenza musicale per scopi analitici ad un sistema
informatico, esistono fondamentalmente due strategie metodologiche, normalmente identificate
come processi di "analisi" e di "sintesi".

ù ù ù ù TEORIA         REPERTORIO  OSSERVAZIONE
ù         ³ ù           ³ 
ù         ³ ù ³
ù        ³ ù        ³
ù  FORMALIZZAZIONE          ù        REGOLE ÄÄ TEORIA
ù         ³ ù     (GRAMMATICA)    
ù         ³ ù ³
ù         ³ ù ³
ù      ANALISI              ù     FORMALIZZAZIONE
ù         ³ ù ³
ù         ³ ù ³
ù         ³ ù           ³    
ù ù ù RISULTATI             ù ù ù ù  SINTESI

a) processo di analisi b) processo di sintesi

Seguendo i due schemi (Camilleri, 1991) si può vedere che, nel primo caso, si parte da una teoria
musicale riguardante un certo repertorio o un certo stile musicale. Questa porzione di conoscenza
sul dominio viene formalizzata all'interno della macchina, che opera pertanto delle procedure di
analisi sui brani musicali  selezionati.  Il risultato del processo  è rappresentato in questo caso
proprio   dall'output   analitico,   che   fornisce   indicazioni,   se   comparato   con   analisi   effettuate
manualmente, sul grado di attendibilità della teoria stessa. Con l'iterazione del processo (linea
tratteggiata)   si   possono   produrre   miglioramenti   ed   estensioni   nei   postulati.   Inoltre,   molto
frequentemente,   il   processo   è   ripetuto   sottoponendo   all'analisi   brani   musicali   di   complessità
sempre maggiore, fino al raggiungimento di una completa affidabilità del sistema analitico nel
suo complesso. 
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Nel   secondo   tipo   di   approccio,   definito   anche   come   "generativo",   si   affronta   inizialmente
l'osservazione del repertorio o dello stile, consultando il maggior numero possibile di partiture o
di manuali musicali. Si cercano quindi di dedurre le caratteristiche peculiari dei brani in oggetto
e   di   tradurle   sotto   forma   di   regole   o   di   produzioni   di   una   grammatica   musicale 4. Una   volta
inserite queste all'interno della macchina, il processo termina con la sintesi di brani musicali
dotati   delle   caratteristiche   stilistiche   proprie   del   repertorio   analizzato.   Naturalmente   la
generazione è tanto più coerente quanto più risulta corretta la formulazione delle regole o delle
produzioni grammaticali. Anche in questo caso la linea tratteggiata sta a significare la necessità
di ripetizione dell'intero processo con possibilità di raffinamenti ad ogni passaggio; dopo diversi
cicli è possibile raggiungere un buon grado di approssimazione nei risultati. Il brano generato
non   costituisce   comunque   lo   scopo   primario   del   lavoro:   il   risultato   fondamentale   di   questo
approccio sta nel fatto di essere riusciti a ben formalizzare la teoria e quindi a comprendere lo
stile compositivo esaminato nella sua interezza.
La   maggioranza   delle   applicazioni   analitico­computazionali   ricadono   in   una   di   queste   due
categorie, sebbene ogni volta siano spostati i termini in gioco, nel senso che ogni blocco dei due
schemi   rappresenta   una   fase   del   metodo   che   può   essere   associata   ad   operazioni   o   tecniche
informatiche diverse. 

1.2. Direzioni della ricerca 

Pur   costituendo   i   progetti   di   analisi   musicale   computazionale   un   sottoinsieme   relativamente


piccolo di tutte le applicazioni dei calcolatori alla musica (si pensi, per esempio, alla sintesi del
suono, alla composizione automatica o assistita, alla didattica musicale, alla stampa della musica,
ecc.)   è   possibile   delineare   alcune   direttrici   di   massima   secondo   cui   muoversi   nel   campo   di
ricerca. Ed è conveniente farlo seguendo un duplice asse di indagine: uno che suddivide i lavori
secondo il campo di applicazione all'interno dell'analisi musicale tradizionale, ed un secondo che
li esamina secondo il loro approccio tecnico­metodologico. 
Il   primo   tipo   di   classificazione,   peraltro   molto   semplificato,   prevede   come   categorie   i   vari
"generi" o settori musicali oggetto dell'analisi:

Classificazione per argomento di analisi

_  Musica antica
_  Musica tonale
_  Musica atonale e contemporanea
_  Musica elettroacustica
_  Repertori etnici
_  Musica jazz e popular music
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_  Esecuzione musicale
_  Ascolto e percezione 

Il secondo tipo divide le applicazioni secondo la metodologia impiegata nella formalizzazione e
realizzazione su calcolatore:

Classificazione per metodologia analitico­computazionale

_  Sistemi procedurali
_  Grammatiche musicali e sistemi di regole
_  Sistemi basati sulla programmazione logica
_  Sistemi basati sulla conoscenza
_  Modelli connessionisti
_  Sistemi misti o ibridi

Vorremmo precisare che la classificazione non ha la pretesa di essere esaustiva, ma vuole altresì
contribuire a far chiarezza su un settore estremamente frammentato e soggetto a nuovi e continui
innesti sia teorici che tecnologici.
Molti dei sistemi più recenti e anche quello da noi proposto come esempio nella parte finale del
saggio, si collocano nella categoria dei sistemi misti, in considerazione del fatto che associano ad
un sistema di rappresentazione della conoscenza basato su regole, una porzione di conoscenza
per il controllo della dimensione temporale di un brano musicale oltre ad alcune parti ottenute
con tecniche di programmazione procedurale.
Vogliamo adesso esaminare alcune delle applicazioni che riteniamo più importanti nel panorama
della ricerca internazionale, escludendo quelle afferenti alle ultime tre categorie che verranno
affrontate più avanti. 
Come   detto   nella   parte   iniziale   del   paragrafo,   non   è   compito   di   questo   scritto   addentrarsi
nell'investigazione dei sistemi che si avvalgono esclusivamente di tecniche di programmazione
procedurale: vorremmo soltanto spendere due parole per dire che esistono ottimi lavori basati su
questo   tipo   di   approccio,   orientati   verso   ognuno   dei   sei   settori   della   prima   tabella   di
classificazione.
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Per quanto riguarda le grammatiche musicali, direttamente acquisite dalle discipline linguistiche,
ci  limiteremo  ad  alcune   considerazioni   di  carattere  generale   rimandando   agli  studi  di  Curtis
Roads (1980) e di Goffredo Haus (1984) per una completa trattazione dell'argomento. Quello che
è interessante  notare  è che grammatiche  musicali  e sistemi  di regole sono stati  impiegati  in
moltissimi   studi   di   analisi   e   composizione   musicale   fin   dai   primi   anni   sessanta.   Per   quanto
riguarda progetti recenti vale la pena di ricordare i molti lavori presenti nel volume  Musical
Grammar   and   Computer   Analysis  curato   da   Mario   Baroni   e   Laura   Callegari   (1984)
dell'Università di Bologna, tra i quali figurano quelli del gruppo dello stesso Baroni sui corali di
Bach, di Lelio Camilleri sulle melodie dei lieder di Schubert e di Otto Laske sull'analisi musicale
in generale. 
Mediante l'approccio grammaticale o quello della formalizzazione dei postulati mediante regole,
sono stati toccati anche altri aspetti, riconducibili alla prima tabella di classificazione, tra i quali
lo   studio   dell'improvvisazione   jazzistica   (Ligabue,   1986;   Giomi   e   Ligabue,   1991)   e
dell'esecuzione   musicale.   A   quest'ultimo   campo,   alcuni   ricercatori   del   Royal   Institute   of
Technology di Stoccolma hanno dedicato molti anni di lavoro, formalizzando efficaci sistemi di
regole per la modellizzazione delle esecuzioni musicali umane e realizzandoli con le tecniche di
programmazione   più   diverse   (Friberg   e   Sundberg,   1986;   Friberg,   1991).   Applicazioni   molto
sofisticate sono state ultimamente condotte aventi come oggetto, in un primo caso la musica
improvvisata per tabla (tamburi della tradizione musicale indiana) e in un secondo la percezione
delle singole voci nella musica barocca. Nel primo esempio, di analisi etnomusicologica, vari tipi
di grammatiche dipendenti dal contesto sono state usate per la generazione di improvvisazioni
nello stile investigato (Kippen e Bel, 1992) mentre nel secondo caso sono stati programmati e
confrontati sei modelli di risoluzione dello stesso problema, affidati ad altrettanti distinti sistemi
di produzione (Marsden, 1992).
Venendo al terzo caso, ovvero quello dei sistemi di tipo logico, oltre ad applicazioni teoriche
della logica simbolica alla teoria musicale ­ si veda per esempio la raccolta di saggi curata da
P.M. Sgard (1992) o al lavoro fatto alla Queen's University di Kingston (Blevis et al., 1989) sul
formalismo logico di Charles Seeger) ­ a partire dalla seconda metà degli anni ottanta si sono
avuti diversi esempi di impiego della programmazione logica. L'analisi musicale possiede, per
sua natura, sia un aspetto dichiarativo, che determina la forma dell'analisi, che uno procedurale,
relativo al come l'analisi è ottenuta (Roeder, 1988). Pertanto, modelli dichiarativi come quelli dei
linguaggi   di   programmazione   logica   quali   ad   esempio   il   Prolog   (Balaban   e   Murray,   1985)
possono   risultare   idonei   alla   rappresentazione   corretta   di   molti   fenomeni   musicali.   Unico,   a
questo proposito, è proprio il tentativo di John Roeder (University of British Columbia) che ha
messo   a   punto   un   interessante   modello   dichiarativo   per   la   descrizione   della   musica   atonale
(Roeder, 1991). Vale la pena citare anche uno studio sugli accordi di Vincent Risch (1989) ed un
ampio lavoro di ricerca sulle intavolature per liuto sviluppato all'istituto francese ERATTO del
C.N.R.S. (Charnassé e Stepien, 1992).
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Vogliamo terminare con la citazione di alcuni interessanti lavori che coniugano analisi musicale
e apprendimento della musica. Le strategie di insegnamento adottate in questi progetti rientrano
in   settore   individuato   con   il   termine   inglese  Intelligent   Tutoring   Systems  (Schaffer,   1990),
traducibile   come   sistemi   intelligenti   di   insegnamento.   Il   primo   che   citiamo   è   un   sistema   di
insegnamento   multimediale   per   studenti   principianti   di  pianoforte;   inteso   come   strumento   di
ausilio al normale insegnamento, il  Piano Tutor  (Dannemberg et al., 1990) aiuta lo studente
correggendo gli errori e fornendogli nuovi insegnamenti.  Piano Tutor combina un prototipo di
sistema esperto con normali programmi di riconoscimento della musica. Analoghi sistemi sono
quelli proposti da John Tobias (1988) (IBM L.A. Scientific Center), dedicato all'apprendimento
delle leggi dell'armonia, da Gerhard Widmer (1992), in cui viene invece presa in considerazione
la   modellizzazione   degli   aspetti   percettivi   dell'apprendimento   musicale   e   da   Simon   Holland
(1992)  che  fa  uso  di  teorie  della   percezione   per  lo  sviluppo  di  un  software  per  la  didattica
dell'armonia.

2. LA RAPPRESENTAZIONE DELLA CONOSCENZA MUSICALE

Dare una definizione  del  termine  "conoscenza  musicale"  può rivelarsi  impresa assai  ardua e


devono necessariamente essere coinvolti concetti come percezione uditiva, apprendimento ed
esperienza musicali. Possiamo estendere al "musicale" ­ ma anche qui la questione è dibattuta ­
una  buona e semplice  definizione  che  la identifica  come  l'insieme  delle  informazioni  di  cui
necessita  un programma  di calcolatore  prima di potersi comportare  in maniera  "intelligente"
(Waterman, 1986).
Possono   essere   definiti   come   appartenenti   alla   categoria   dei   sistemi   basati   sulla   conoscenza
quelli   che,   oltre   ad   un   ambiente   di   supporto   (linguaggi   di   programmazione,   strutture   dati
primitive, interfacce, ecc.), siano dotati 1) di strutture per la rappresentazione della conoscenza di
base e 2) di tecniche per l'applicazione razionale della conoscenza al problema (musicologico nel
nostro caso), chiamate anche strategie di controllo, motori inferenziali, ecc. (Carreras, 1990).
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Per   quanto   riguarda   specificamente   la   musica,   il   problema   della   rappresentazione   della


conoscenza   pone   di   per   sé   una   serie   di   interrogativi   (Camurri,   1992),   riscontrabili   fin   dai
primissimi tentativi di formalizzazioni analitiche (per es. Smoliar, 1980). In particolare si discute
quale sia il ruolo di una rappresentazione in musica, dove percezione e azione regolano gran
parte delle attività e i domini in gioco sono assai meno oggettivi e meno legati al mondo fisico
che   non,   per   esempio,   in   campi   quali   la   visione   artificiale.   Ed   inoltre   quale   forma   di
rappresentazione,   simbolica,   analogica,   neurale,   ibrida   o   altro,   è   più   opportuna   agli   scopi
musicologici ? Anche la corrispondenza biunivoca tra rappresentazioni e compiti musicali solo
apparentemente   distinti   (per   esempio   la   composizione   e   l'analisi)   può   venire   messa   in
discussione,  vista  la   natura  e   il  grado   di  interazione   tra   i  vari  modelli  mentali   delle  attività
musicali.
Nella   costruzione   e   messa   a   punto   di   questa   categoria   di   sistemi,   quindi,   il   problema   della
rappresentazione della conoscenza musicale è di estrema importanza. E' infatti la possibilità di
rappresentare  ed  usare  conoscenze   relative  al  dominio   di  applicazione  che  rende  un  sistema
capace di prestazioni elevate, sia nella comprensione delle domande che gli vengono poste, che
nella risoluzione automatica di problemi musicologici e nella formulazione di strategie di analisi.
Uno dei problemi chiave nella rappresentazione della conoscenza è lo sviluppo di una notazione
per esprimerla: essa deve essere facilmente accessibile ed inoltre deve risultare significativa e
discriminante per l'attività di analisi automatica cui il sistema è destinato.
I formalismi  per la rappresentazione  della conoscenza vengono di solito suddivisi in diverse
categorie: quelli basati sulle regole, sulle reti semantiche, sulle reti di Petri, sui frame (particolari
oggetti strutturati della programmazione di IA, introdotti per la prima volta da Marvin Minski,
sui  quali  si  possono  fare  operazioni  globali  o  sui  loro  singoli  attributi)   e su  tecniche   ibride
(Brachman e Levesque, 1986). Concentreremo la nostra attenzione sul primo tipo di formalismo,
quello a regole, perché di maggiore impiego nel nostro campo e di buona rilevanza sul piano
metodologico­musicale. 

2.1. Formalismi a regole e sistemi esperti 

I sistemi che adottano un formalismo di rappresentazione basato su regole sono stati introdotti
per la formalizzazione di quei problemi la cui soluzione è facilmente descrivibile in termini di
associazioni del tipo situazione­azione.
Il vantaggio più evidente derivante dall'uso delle regole in musicologia sta nella separazione tra
la   conoscenza   sul   problema   e   la   conoscenza   sul   controllo,   ovvero   le   strategie   analitiche.   In
particolare, le regole musicali costituiscono un formalismo appropriato per la rappresentazione
della conoscenza soprattutto quando le procedure analitiche per la ricerca della soluzione non
sono note a priori.
In generale, un sistema che fa uso di questo tipo di strumenti si compone di tre parti distinte: 
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1) una base di conoscenza, che raccoglie le informazioni sul dominio musicale sotto forma di
fatti e di regole;
2) un motore inferenziale, che ha la funzione di attivare i meccanismi di ragionamento sulla base
di conoscenza;
3) un'interfaccia utente, che permette la comunicazione con il mondo esterno rendendo visibili i
risultati, richiedendo informazioni ed esplicitando i ragionamenti effettuati.
Le regole citate nel punto 1 hanno generalmente la forma 
if <premessa> then <conseguenza> 
dove la premessa deve essere soddisfatta affinché la parte conseguente possa essere eseguita
(regole di produzione) o resa vera (regole di inferenza). Esse costituiscono un modo formale per
rappresentare direttive, relazioni, strategie, asserzioni; l'insieme delle regole restringe il campo di
ricerca, guidando l'attenzione del programma verso le soluzioni più probabili. Mediante questo
formalismo si è in grado di esplicitare i meccanismi di inferenza in termini accettabili da un
essere umano, dato che le decisioni si fondano appunto su regole inserite da esperti umani del
settore piuttosto che, per esempio, su regole astratte della logica formale.
Il motore inferenziale del punto 2 (chiamato anche interprete) è responsabile dell'applicazione
delle regole ed opera con le strategie di controllo di concatenamento in avanti (forward chaining)
e di concatenamento all'indietro (backward chaining5); quest'ultimo tipo di tecnica può dar luogo
anche  ha un processo di  backtracking: quando si arriva ad una situazione  da cui non  è più
possibile dedurre nuove conclusioni, si ripercorrono all'indietro  gli  ultimi  passi compiuti  per
cercare nuove alternative. 
In   molti   sistemi   i   meccanismi   possono   essere   regolati   anche   da   strategie   aggiuntive   che
consentono opzioni di ordinamento delle regole per la risoluzione dei conflitti, di restringimento
o selezione del numero delle stesse, della fermata in caso di verifica di certe condizioni e così
via.
Negli usi analitico­musicali, ma anche in molti altri, i sistemi che utilizzano regole ed i sistemi
esperti   in   genere   (si   veda   il   tentativo   di   definizione   più   avanti)   hanno   alcuni   interessanti
vantaggi,   derivati   dalla   natura   stessa   della   loro   struttura   o   da   caratteristiche   aggiunte   dal
progettista: 
­   Rappresentazione   diretta   degli   enunciati   teorici.   In   molti   casi   infatti,   le   teorie   musicali   da
realizzare si presentano già in una forma che potremmo definire "a regole", anche se scritte di
fatto in linguaggio naturale (si consideri per esempio la teoria generativa della musica tonale di
Lerdahl e Jackendoff (1983)).
­   Approccio   incrementale.   La   teoria   può   essere   inserita   e   testata   in   maniera   graduale   ed
eventualmente integrata anche in fasi successive, semplicemente aggiungendo altre regole o altra
conoscenza sui dati.
­ Traccia del ragionamento. Le strategie ed i percorsi del ragionamento possono essere resi palesi
grazie all'esame di appositi file di traccia ed eventualmente corretti e/o ampliati.
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­ Inferenza incerta. Ad ogni regola o a ciascuna clausola della premessa può essere associato un
fattore di certezza (di solito variabile tra 0 e 100 o tra ­1 e +1) che serve poi ad esprimere il grado
di verità  della conclusione.  Con questo criterio  si arriva ad una precisa modellizzazione  dei
processi di scelta, producendo anche analisi diverse dello stesso pezzo, controllando l'influenza
progressiva di una regola e così via.
­   Orientamento   verso   gli   obiettivi   (goal­oriented).   Possono   facilmente   essere   espressi   degli
obiettivi   specifici   del   ragionamento   e   questo   è   anche   quello   che   normalmente   si   fa   in
musicologia durante l'analisi.
Analizziamo   adesso   alcuni   degli   esempi   di   applicazione   più   significativi   realizzati   in   questi
ultimi   anni.   Basandosi   su   una   serie   di   considerazioni   riguardanti   gli   elementi   dell'attività
musicale che sono rilevanti per la progettazione di programmi analitici basati sulla conoscenza,
Richard   Ashley     della   Northwestern   University   of   Illinois   ha   sviluppato   il   prototipo   KSM,
Knowledge System for Music (Ashley, 1985, 1986). Le attività musicali sono, secondo Ashley,
caratterizzate dal fatto di essere  goal­oriented, di avere differenti organizzazioni temporali, di
essere organizzate in conoscenze strutturate, di fare uso di molteplici forme di rappresentazione e
comunicazione.   Il   suo   sistema,   scritto   in   IQLISP   sotto   MS­DOS,   cerca   di   integrare   questi
presupposti per lo svolgimento di vari compiti musicologici. KSM è principalmente costituito da
cinque componenti: un corpo di regole, una memoria di lavoro ed un interprete, un insieme di
fatti   musicali   e   di   primitive   per   la   manipolazione   degli   elementi   del   sistema   stesso.   Tra   le
applicazioni   di   KSM   è   interessante   quella   riguardante   l'analisi   melodica.   Partendo   da   un
frammento di musica tonale è possibile applicare delle regole per arrivare ad una descrizione
strutturale delle frasi presenti all'interno della linea melodica. Anche se l'intento dell'autore  è
quello di fornire uno strumento piccolo e maneggevole per semplici compiti analitici, non ci
sembra   che,   malgrado   la   buona   impostazione   teorico­metodologica,   i   risultati   siano   assai
rilevanti: si risolvono piccoli problemi per i quali non è forse giustificabile un approccio così
complesso e dispendioso e gli stessi obiettivi finali del sistema risultano vaghi e non specifici.
Di ben altra importanza reputiamo i contributi di John Maxwell (SAS Institute Inc., Cary) e di
Kemal Ebcioglu (IBM T.J. Watson Research Center, Yorktown) che definiscono i loro sistemi di
conoscenza in termini di "sistema esperto". 
Anche   in   questo   caso  tentiamo   di  dare   una   definizione   del   termine   "sistema   esperto"   il   più
semplice e corretta possibile. Può essere chiamato sistema esperto un programma di intelligenza
artificiale che si serva di una base di conoscenza per eseguire compiti difficili generalmente
espletati   solo   da   esperti   umani.   L'efficacia   del   sistema   dipende   ovviamente   dal   tipo   e   dalla
quantità di conoscenza a disposizione e dalle tecniche di inferenza impiegate.
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Nel caso di Maxwell (1988) si tratta di un prototipo di sistema basato su regole che esegue
l'analisi   della   funzione   armonica   degli   accordi   di   un   brano   tonale   (sono   stati   testati
prevalentemente pezzi di musica barocca). In pratica viene automatizzato il tradizionale processo
di   analisi   armonica,   focalizzando   la   questione   sull'interazione   fra   due   problemi   strettamente
connessi: la determinazione di quali "sonorità verticali" sono effettivamente accordi meritevoli di
una etichetta di funzione e la determinazione delle regioni tonali all'interno delle quali gli accordi
devono   essere   analizzati.   Strutturalmente,   Maxwell   ha   adottato   il   seguente   schema:
identificazione dei toni non armonici, riconoscimento degli accordi, determinazione di cadenze e
modulazioni  e, infine,  analisi  funzionale  degli  accordi.  Le note  e le  altre  informazioni  della
partitura sono codificate in una notazione a liste, esaminata da una fase di pre­elaborazione e
trasformata in una rappresentazione interna basata sui  frame; ulteriori  frame  vengono aggiunti
dall'attivazione delle regole per rappresentare dati intermedi e risultati. La realizzazione delle
regole,   attivate   con   il   meccanismo   di   concatenamento   in   avanti,   è   stata   effettuata   con   il
linguaggio Lisp. Gli esempi di analisi proposti da Maxwell dimostrano, prima di tutto, l'effettivo
funzionamento del suo sistema, caso non certo frequente, ed inoltre la sua efficacia analitica,
almeno sul repertorio selezionato.
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Nello stesso periodo di quello di Maxwell è apparso il sistema di Ebcioglu (1988). In questo caso
ci   si   basa   su   un  processo   di  sintesi,   anziché   di   analisi,   per   indagare   il   repertorio   dei   corali
bachiani, armonizzati ed analizzati automaticamente con tecniche analitiche schenkeriane 6. Per la
sua   realizzazione,   attiva   su   IBM   3090   in   ambiente   VM/CMS,   Ebcioglu   si   è   avvalso   del
linguaggio   di   programmazione   logica,   appositamente   progettato,   BSL   (Backtracking
Specification Language). Esso associa le caratteristiche fondamentali dei predicati della logica
del primo ordine ad alcuni  tratti  tipici  dei normali  linguaggi di programmazione  tipo Algol.
Quello  che  rende  estremamente  interessante   il  lavoro  del  ricercatore   turco­americano   è  però
l'approccio metodologico alla rappresentazione della conoscenza musicale. Egli opta infatti per
un insieme multiplo di primitive logiche per rappresentare  il linguaggio musicale in oggetto
secondo   differenti   punti   di   vista.   Ogni   angolazione,   in   tutto   cinque,   è   rappresentata   da   una
differente struttura dati, chiamata la matrice­soluzione di quel punto di vista, e ottenuta con un
processo   distinto   che   costruisce   tale   soluzione   incrementalmente   e   interagendo   con   gli   altri
processi.   La   base   di   conoscenza   di   ogni   punto   di   vista   è   espresso   mediante   tre   gruppi   di
asserzioni logiche che ne determinano il funzionamento: regole di produzione, insieme di vincoli
e formule euristiche. Vediamo quali sono i cinque punti di vista (preferiamo indicare anche i
termini inglesi per l'inadeguatezza espressiva di quelli tradotti). Il primo è quello della struttura
accordale (chord skeleton), che serve ad osservare il corale come una sequenza senza ritmo di
accordi e fermate. Il secondo è il riempimento (fill­in), che permette a quattro automi interagenti
di individuare le note di passaggio o gerarchicamente meno importanti del brano. Poi il punto di
vista dei segmenti temporali verticali (time­slice), capace di vedere il corale come una sequenza
di fette verticali di durata fissa e di imporre vincoli armonici. Il quarto punto è quello delle linee
melodiche (melodic­string) che si focalizza sulla sequenza melodica delle singole voci. L'ultimo
aspetto   riguarda   invece   le   procedure   di   analisi   schenkeriana   (Schenkerian   analysis)   sulla
condotta gerarchica delle voci. 
Non è facile distinguere i corali armonizzati dal sistema di Ebcioglu da quelli in cui la parte
armonica è stata scritta dallo stesso Bach, anche se esistono all'ascolto alcune incongruenze ed il
sistema potrebbe sicuramente essere raffinato nonché eventualmente adattato anche per impieghi
didattico­musicali.
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L'ultimo   sistema   che   prendiamo   in   considerazione   è   un   prototipo   per   l'individuazione   della


struttura a gruppi di brani melodici tonali. Questo, per molti versi, può essere considerato il
predecessore di quello descritto nella parte finale del saggio, sia per affinità negli strumenti di
sviluppo impiegati (IBM­ESE) che per il tipo di teoria musicale su cui si fonda. Si tratta di un
prototipo realizzato dal gruppo di ricerca della Divisione Musicologica del CNUCE/C.N.R. di
Firenze e Pisa (Camilleri, Carreras e Duranti, 1990). Alla base delle regole di di analisi delle
melodie   troviamo   la   parte   della   teoria   di   Lerdahl   e   Jackendoff   (1983,   1984)   che   si   orienta
sull'analisi di un fattore cruciale della comprensione musicale: la segmentazione, a diversi livelli,
di una linea melodica in gruppi gerarchici (questa parte è stata integrata anche con altri spunti
derivati   da   altre   teorie   musicali   di   origine   semiologico­psicologica).   Mentre   in   ingresso   si
fornisce la codifica di una melodia tonale, l'uscita del programma è rappresentata dalla struttura
gerarchica della suddivisione in gruppi di ogni livello, insieme agli elementi (sequenze di note o
sequenze di gruppi di livello più basso) contenuti in ognuno di questi. Il repertorio su cui è stato
maggiormente testato è quello romantico­liederistico.
Anche osservando più in dettaglio i precedenti, risulta chiaro come i sistemi che in generale si
basano sui formalismi logici abbiano un approccio alla rappresentazione della conoscenza che
viene definito come "simbolico", nel senso che astrae dalla natura della macchina che elabora i
simboli, a condizione che questa abbia un carattere di universalità (Camurri, 1990). Se, da un
lato si è cercato di ampliare l'approccio simbolico inquadrandolo da diversi punti di vista, come
nel   caso   di   Ebcioglu,   oppure   integrandolo   con   forme   di   descrizione   logica   di   strutture
gerarchiche   musicali   (Harris   et   al.,   1991),  questo   presenta   dall'altro   alcune   lacune   di  fondo.
Fondamentalmente   la   mancanza  di  flessibilità  nella  rappresentazione  di   compiti  e  concetti  a
basso­livello, poiché tutti i dettagli devono essere specificati esplicitamente. E poi, salvo alcuni
casi,   anche   una   insufficienza   nella   rappresentazione   del   fattore   temporale,   elemento
fondamentale in musica.
Da alcuni anni, all'approccio  simbolico, si  è affiancato  quello chiamato "sotto­simbolico", in
considerazione   del   suo   concentrarsi   sulla   strutture   microscopiche   della   musica   e   sulle   loro
proprietà di dinamica, casualità e parallelismo. Alcuni di questi argomenti, in riferimento alle
problematiche musicali, sono oggetto del prossimo sotto­paragrafo.

  
2.2 Modelli connessionisti
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Negli ultimi anni si è assistito ad un ritorno di interesse, soprattutto dopo il superamento delle
obiezioni a suo tempo sollevate da Marvin Minski e Seymour Papert in un loro famoso libro
(Minski   e   Papert,   1969),   da   parte   del   mondo   scientifico   verso   modelli   cognitivi   di   tipo
connessionista.   I   successi   di   questi   nuovi   paradigmi   hanno   chiaramente   dimostrato   (cfr.
Rumelhart e McCelland, 1986) che le manipolazioni simboliche, quali per esempio quelle usate
dai sistemi di regole, non costituiscono il solo metodo per la modellizzazione dei comportamenti
cognitivi e che anzi, in alcuni casi, permettono proprio il superamento delle limitazioni insite in
quelle forme di rappresentazione concettuale.
Anche   in   musicologia   computazionale   si   è   acceso   il   dibattito   riguardante   l'opportunità   di
avvalersi per certi compiti analitici di rappresentazioni più adeguate dell'informazione musicale.
Per la natura stessa della musica, che coinvolge numerosi aspetti di carattere cognitivo, forme di
rappresentazione   sotto­simboliche   delle   relazioni   tra   le   componenti   del   linguaggio   musicale
appaiono  più adatte  per una corretta  modellizzazione.  Inoltre,  strumenti  come  le  reti neurali
possono essere istruiti per operare su problemi intrinsecamente complessi e multidimensionali
come quelli riguardanti  le strutture polifoniche, le relazioni  armonico­strutturali  e soprattutto
senza le tradizionali decomposizioni gerarchiche dei problemi (Gjerdingen, 1989, 1990).
Proprio nella direzione della percezione e della complessità musicologico­cognitiva sembrano
orientati molti dei progetti di applicazione all'analisi musicale di reti neurali, processi paralleli
distribuiti e modelli connessionisti in genere: studi ed esperienze sull'ascolto musicale (Leman,
1986), sulla percezione delle altezze (Sano e Jenkins, 1989) e dell'armonia tonale (Bharucha,
1987; Bharucha e Olney, 1989; Bharucha e Todd, 1989) sono stati condotti, anche se molto
spesso   non   con   sperimentazioni   opportunamente   documentate.   Se   numerosi,   infatti,   sono   i
contributi teorico­metodologici su questo tipo di approcci (per es. Barucha, 1988; Dolson, 1989;
Leman, 1992; Marsden e Pople, 1989) altrettanto non si può dire di applicazioni effettivamente
funzionanti. Anche se di un certo interesse, queste si limitano spesso alla risoluzione di compiti
relativamente semplici (per es. De Poli et al., 1991a, 1991b; Rowe, 1992).
Uno   degli   studiosi   più   attivi   del   settore   è   senza   dubbio   il   belga   Marc   Leman   (I.P.E.M.   ­
Università   di   Ghent)   che   da   diversi   anni   si   occupa   delle   problematiche   connessioniste   in
riferimento al mondo musicologico (Leman, 1986, 1989, 1992, 1994). 

Fig. 2. Risultato di una simulazione mediante rete neurale ottenuta da Leman nell'ambito di un
suo lavoro sulle funzioni tonali.

Proprio   Leman   è   autore   di   quello   che   sicuramente   può   essere   considerato   il   lavoro   più
significativo condotto in questi ultimissimi anni. Si tratta di un prototipo di sistema basato su reti
neurali atto all'individuazione di quello che l'autore chiama il "contesto tonale" 7 di brani musicali
classici   (Leman,   1991).   La   cosa   estremamente   interessante   è   che   l'ingresso   al   sistema   è
rappresentato dalla vera e propria esecuzione del brano, "catturata" per mezzo di un modello di
orecchio artificiale. Leman si fa carico dunque di analizzare l'"oggetto musicale" a partire dal
livello più basso possibile: quello acustico. Un'analisi di questo tipo non solo tiene in conto in 
18

maniera   esatta   delle   variabili   che   regolano   l'ascolto   musicale,   ma   si   configura   come   uno
strumento   capace   di   esplorare   territori   notoriamente   complessi   delle   scienze   musicali   come
l'etnomusicologia e lo studio dei linguaggi per i quali esiste soltanto il testo sonoro come la
musica elettroacustica. 
Proprio   per   l'investigazione   di   quest'ultimo   genere   musicale   è   orientato   un   sistema   analitico
proposto   dall'autore   insieme   a   Marco   Ligabue   nell'ambito   della   Divisione   Musicologica   del
CNUCE/C.N.R.   di   Firenze.   Si   tratta   di   un   sistema   che,   partendo   da   assunzioni   di   carattere
estesico­cognitivo8  definire, cerca di arrivare a delle modalità di identificazione degli oggetti
sonori presenti in un brano elettronico e/o strumentale. In questo caso, infatti, una rete neurale
può essere addestrata per il riconoscimento e la comparazione di eventi sonori complessi al fine
di   riuscire   a   comprendere,   dopo   lo   svolgimento   dei   processi   computazionali,   le   strategie
compositive   dirette   o   trasversali   usate   dal   compositore   durante   la   sua   organizzazione   degli
universi sonori (Giomi e Ligabue, 1992a, 1992b).
Rimandiamo   ad   ulteriori   letture   per   eventuali   approfondimenti   su   altri   specifici   modelli
connessionisti per l'analisi della musica e dell'esecuzione musicale (Todd e Loy, 1992) o sul
confronto tra metodi diversi per la risoluzione di problemi musicologici particolari (Stevens e
Latimer, 1992).
Anche   se   molti   dei   problemi   emersi   precedentemente   a   proposito   dei   sistemi   informatico­
musicali   di   tipo   simbolico   possono   essere   efficacemente   risolti   con   l'utilizzo   di   modelli
connessionisti,   quest'ultimi   stanno   forse   andando   incontro   ad   una   popolarità   eccessiva   (Loy,
1989). Riteniamo  ancora una volta che le possibilità  di integrazione fra approcci  diversi nei
cosiddetti sistemi ibridi possano portare a più corrette e complete metodologie di indagine e
analisi della musica.

3. L'"IMPLEMENTAZIONE" DELLE TEORIE MUSICALI

Chiunque abbia provato ad implementare 9  procedimenti di analisi o anche porzioni ridotte di
teorie musicali conosce le difficoltà che si incontrano nella formalizzazione, sia da un punto di
vista della correttezza che della completezza.
Affrontiamo   in   questo   paragrafo   l'esame   di   alcuni   di   questi   aspetti   fondamentali   per   le
applicazioni analitiche di intelligenza artificiale e lo facciamo attraverso un ideale percorso, per
mezzo di una specifica teoria, che conduca all'esplorazione generale delle problematiche e delle
possibilità dell'approccio computazionale.
Una delle teorie più impiegate come base di lavori di analisi musicale computazionale è senza
dubbio quella proposta nei primi anni '80 dal compositore e teorico Fred Lerdahl (University of
Michigan) e dal linguista Ray Jackendoff (Brandeis University), la teoria generativa della musica
tonale (GTTM).
19

I   sistemi   costruiti   sul   modello   analitico   dei   due   studiosi   americani,   descritto   e   inquadrato
storicamente   più   avanti,   rappresentano   un   esempio   molto   significativo   di   una   categoria   di
ricerche che si pone sì l'obiettivo di automatizzare i processi di analisi ma che nello stesso tempo
cerca di investigare e dimostrare in maniera scientifica le teorie musicologiche proposte. 
La GTTM può rappresentare un modello analitico che ben si presta per la sua natura ad essere
implementato e di conseguenza ad essere sottoposto a verifiche ed eventualmente ad integrazioni
ed ampliamenti. Integrazioni ed ampliamenti che diventano possibili ed interesse primario delle
ricerche   grazie   principalmente   alle   possibilità   offerte   dalle   recenti   tecniche   di   intelligenza
artificiale.
Nel   prosieguo   di   questo   paragrafo   cercheremo   di   soffermarci   sui   problemi   realizzativi   che
emergono nella traduzione e sperimentazione degli aspetti teorico­musicali sottolineando, ove
questo accada, il contributo che l'approccio computazionale può apportare alla costruzione di
nuovi e più ampi modelli teorici nelle discipline musicologiche (Camilleri, 1992a). D'altro canto,
è sostenuto da alcuni studiosi (Camurri, 1990) che questa sorta di feedback tra teoria musicale e
sue   realizzazioni   computazionali   possa   dar   luogo   anche   a   utili   e   interessanti   contributi   nei
confronti delle discipline informatiche.

3.1. Il caso della teoria generativa della musica tonale

Le   teorie   linguistiche   della   fine   degli   anni   '50,   sviluppate   soprattutto   da   Noam   Chomsky,
influenzarono   notevolmente   anche   il   mondo   musicale.   Si   iniziarono   le   prime   esperienze   di
applicazione   della   linguistica   alla   musica   (Winograd,   1968)   e   concetti   come   quello   di
"grammatica musicale" entrarono a far parte del bagaglio teorico dei musicologi (cfr. Roads,
1984). Da non sottovalutare inoltre gli importanti contributi teorici provenienti dal settore della
semiologia   musicale   (Nattiez,   1975,   1987)   che   influenzerà   molte   delle   scuole   analitiche
successive.
Come detto, Lerdahl e Jackendoff hanno sviluppato una teoria della musica tonale che in parte si
basa sugli obiettivi, anche se non sui contenuti, della linguistica generativa. Dopo una serie di
articoli (Lerdahl e Jackendoff, 1977, 1982) le ricerche dei due studiosi sono culminate nella
pubblicazione del volume A Generative Theory of Tonal Music. Dalla frase iniziale del libro si
intuiscono già le due principali differenze con le teorie precedenti: 

“Assumiamo   come   obiettivo   di   una   teoria   musicale   la   descrizione     formale   delle


intuizioni musicali di un ascoltatore dotato di esperienza in un idioma musicale”Error:
Reference source not found (Lerdahl e Jackendoff, 1983). 
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Come primo aspetto, la teoria generativa tenta di produrre delle descrizioni formali dei pezzi di
musica analizzati in senso prettamente scientifico. I risultati analitici possono essere usati come
termine di confronto, in relazione alle comuni intuizioni musicali, per la verifica dei principi
teorici asseriti. In secondo luogo, la natura del lavoro è di matrice psicologica, dato che tenta di
spiegare   capacità   di   tipo   cognitivo:   l'attenzione   è   rivolta   all'organizzazione   strutturale   che
l'ascoltatore   esperto   attribuisce   inconsciamente   a   un   pezzo   musicale   e   ai   principi   cognitivi
"universali"  attraverso  i quali  essa  è determinata.  Non ci addentreremo  oltre  sugli aspetti  di
questa teoria afferenti alla musicologia cognitiva, settore estremamente ricco di contributi ed
estremamente complesso in tutte le sue ramificazioni 10. Era comunque utile sottolineare anche
questa seconda matrice del lavoro di Lerdahl e Jackendoff, che tra i suoi compiti primari assume
quello della maggiore conoscenza delle facoltà mentali musicali (Jackendoff, 1987).
Facendo   principalmente   riferimento   alla   musica   tonale   occidentale,   la   conoscenza   che
l'ascoltatore  ha dell'idioma  musicale  viene  espressa nei termini  di una grammatica  musicale,
comprendente un insieme di regole per la descrizione globale delle strutture musicali. Questa
grammatica non genera pezzi musicali né si comporta come un automa in grado di riconoscere
come appartenente alla grammatica un dato brano. Essa, di fatto, enuncia principi per mettere in
corrispondenza dei pezzi musicali con le loro descrizioni strutturali.
Vengono presi in considerazione dalla teoria soprattutto gli aspetti della struttura musicale che
sono   di   natura   gerarchica.   Per  gerarchia  si   intende   un'organizzazione   formata   da   elementi
discreti   (o   da   sezioni)   correlati   in   modo   tale   che   un   elemento   (o   una   sezione)   dominante
comprende o contiene altri elementi (o sezioni) subordinati. Questo processo di subordinazione
continua indefinitamente in modo che tutti gli elementi della gerarchia siano, tranne quelli agli
estremi superiori e inferiori, subordinati e subordinanti allo stesso tempo. Gli elementi in una
stessa   classe   gerarchica   possono   essere   pensati   come   appartenenti   ad   un   medesimo  livello
gerarchico. 
I tipi di struttura gerarchica proposti dalla teoria sono quattro: 
1) Grouping structure (struttura di raggruppamento), la segmentazione della superficie musicale
(il più basso livello di rappresentazione che abbia significato in musica) in temi, frasi e segmenti;
2) Metrical structure (struttura metrica), l'organizzazione  in tempi forti e deboli che l'ascoltatore
impone alla musica;
3)  Time   span   reduction  (riduzione   dell'intervallo   temporale),   stabilisce   l'importanza   relativa
strutturale delle altezze all'interno delle unità ritmiche percepite;
4) Prolongational reduction (riduzione del prolungamento), la gerarchia di stabilità delle altezze
secondo i pattern di tensione e di rilassamento.
Ecco   un  esempio   musicale   nel   quale   compaiono   tutti   e   quattro   i   tipi   di   struttura   gerarchica
evidenziati da Lerdahl e Jackendoff:
21

Fig. 3. Esempio  musicale  (corale di J.S. Bach) nel quale compaiono  tutti e quattro  i tipi  di


struttura gerarchica evidenziati da Lerdahl e Jackendoff.

Per ognuna delle quattro porzioni della grammatica sono stati formalizzati tre tipi di regole:
a) Well­formedness rules (regole di forma), specificano la possibile descrizione strutturale;
b)  Transformational   rules  (regole   trasformazionali),   permettono   una   classe   vincolata   di
modifiche   sulla   superficie   musicale   in   modo   che   certi   fenomeni   apparentemente   scorretti
possano essere trattati come fenomeni normali;
c)  Preference   rules  (regole   di   preferenza),   stabiliscono   quali   strutture   formalmente   possibili
corrispondono all'effettivo ascolto di un dato pezzo.
Quindi le regole di tipo "a" e "b" descrivono condizioni formali, mentre quelle del terzo tipo
mettono   in   relazione   condizioni   formali   a   particolari   superfici   musicali.   E   proprio   l'ultima
famiglia   di   regole   è   quella   maggiormente   rappresentata   nella   grammatica.   Mediante
l'applicazione delle regole di preferenza, sia a livello locale, globale e trasversalmente ai due, si
può far emergere un'analisi "preferita" del brano analizzato, da un punto di vista della maggior
coerenza. Ed è interessante verificare come, in tali casi le regole si rafforzano a vicenda, a causa
di situazioni acustiche chiare, mentre altrove condizioni musicali ambigue o vaghe danno luogo a
conflitti tra regole. In questi casi descrizioni strutturali distinte possono essere attribuite al brano.
Quest'ultimo è uno dei punti di maggiore interesse della teoria, soprattutto laddove le discrepanze
del ragionamento analitico­musicale possano essere evidenziate e studiate. L'esempio illustrato
nel   quinto   paragrafo,   per   il   quale   è   stato   scelto   un   sistema   basato   sulla   conoscenza   per   lo
sviluppo di un'analisi incentrata anche sul paradigma del time­span reduction, si muove proprio
in questo senso. Si ha la possibilità infatti di seguire la traccia del ragionamento attraverso le
regole scelte, le motivazioni delle scelte, i valori dei parametri, ecc., sia in casi regolari che di
output multipli (Camilleri, Carreras e Giomi, 1991).
22

Nell'ultimo decennio, buona parte degli studiosi di informatica musicale di tutto il mondo si sono
ispirati, in un modo o nell'altro, alla teoria di Lerdahl e Jackendoff, tanto che risulta impossibile
anche semplicemente elencare le applicazioni in questo senso. In alcuni casi, però, si è trattato di
vere e proprie realizzazioni dirette degli spunti teorici appena illustrati. Si deve, per esempio,
all'inglese Michael Baker della Open University, la costruzione di sistemi per l'analisi automatica
basata   sui   raggruppamenti   (Baker,   1987)   e   per   forme   di   interazione   fra  grouping   analysis,
parallelismo musicale e livelli di riduzione (Baker, 1989a, 1989b). Anche al Brooklyn College
della University of New York sono state fatte esperienze in questo senso, formalizzate con due
tecniche diverse: un sistema di regole (Scarborough et al., 1988) e un modello connessionista
(Scarborough   et   al.,   1989b),   entrambi   per   la   scoperta   delle   strutture   metriche   e   di
raggruppamento di brani tonali (Scarborough et al., 1989a). In un recente saggio Frode Holm
(University of California)  ipotizza  invece  l'applicazione  dei processi comunicanti  sequenziali
(Communicating Sequential Processes), strumenti informatici di IA estremamente sofisticati, alla
riduzione   dell'intervallo   temporale,   costruendo   un   algoritmo   per   la   riproduzione   udibile   dei
livelli di analisi (Holm, 1992). Anche il sistema per la segmentazione in gruppi e l'analisi della
struttura metrica, descritto precedentemente, è un esempio di applicazione diretta di una porzione
della GTTM.
Vale la pena di ricordare, infine, che nel corso di questi ultimi anni la teoria musicale di Lerdahl
e  Jackendoff  ha  subito   ulteriori   sviluppi,   particolarmente  incentrati   sugli   aspetti  psicologico­
cognitivi (Jackendoff, 1991) o sulla sua estensione a repertori di musica atonale (Lerdahl, 1989).

3.2. Ampliamenti, integrazioni e nuovi approcci

Anche   se   ben   formalizzata   e   documentata,   la   teoria   di   Lerdahl   e   Jackendoff   presenta


indubbiamente alcune lacune e i problemi implementativi da risolvere non sono pochi, poiché
molti aspetti, non individuabili attraverso la semplice lettura del testo, sono lasciati piuttosto sul
vago. 
Uno di questi riguarda per esempio alcuni dei criteri per i processi di riduzione gerarchica, a
livello   armonico,   di   un   brano   musicale.   Vengono   introdotti   infatti   concetti   come   quelli   di
stabilità   o   di   vicinanza   armonica11  senza   specificarne   peraltro   una   definizione   precisa   o
comunque dare indicazioni per l'effettivo loro utilizzo ai fini della scelta degli elementi armonici
da ridurre.
Uno studio dello stesso Lerdahl pubblicato nel 1988 (Lerdahl, 1988) da un lato e l'approccio
computazionale dall'altro possono venirci in aiuto per questo specifico problema. Esaminiamo
innanzitutto il primo: Lerdahl propone un modello di "spazio tonale" le cui particolarità, come
dice lo stesso autore, stanno nel fatto che tratta altezze, accordi e regioni tonali nell'ambito di una
medesima struttura. Egli correla inoltre la parte puramente teorica con dati sperimentali ed infine
integra la sua con altre teorie esistenti.
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Per poter essere di aiuto ad un lavoro non solo di descrizione dei fenomeni dell'armonia ma
anche di tipo specificamente analitico l'impianto di Lerdahl necessita, a nostro avviso, di alcune
integrazioni. Come detto, lo scopo del lavoro sugli spazi tonali è quello di descrivere le relazioni
armoniche tra altezze, accordi e regioni tonali nei termini delle condizioni di prossimità. Sia il
termine "prossimità" che "stabilità" denotano a grandi linee lo stesso concetto: esprimono infatti
in maniera numerica il concetto di "vicinanza" (e quindi di distanza) di una nota, di un accordo o
di una regione rispetto ai rispettivi fondamentali, quali la tonica, l'accordo di primo grado o la
tonalità di impianto del brano. Con l'attribuzione dei valori di stabilità è possibile costruire una
gerarchia tra eventi musicali distinti, che si differenziano l'un l'altro per vicinanza o lontananza
armonica.
Ma può la complessa struttura di Lerdahl, una volta implementata in un sistema di IA, essere
utile   per   scopi   analitici?   Per   esempio   per   l'eventuale   individuazione   automatica   delle
modulazioni armoniche di un brano o di ausilio ai processi di riduzione gerarchica?
Un   metodo   per   il   riconoscimento   delle   modulazioni   può   essere   progettato   basandosi   su
considerazioni che coinvolgono i valori di prossimità/stabilità attribuiti agli accordi di un brano:
il   modello  di   spazio  tonale  proposto  da  Lerdahl   può  a  sua  volta   essere   esteso  e  modificato
ottenendo, dopo una prima fase di modellizzazione della stabilità, una sequenza completa dei
valori attribuiti agli accordi. L'esame della sequenza e del suo andamento può dare informazioni
riguardo la presenza di una eventuale modulazione. 
Se da un lato i precedenti sistemi di analisi basati su computer hanno lasciato sempre abbastanza
vaghe le questioni concernenti le modulazioni, questo tipo di impiego della teoria di Lerdahl e le
sue  estensioni  costituiscono   un'esperienza  non  riscontrabile   in  altri  programmi  riguardanti  le
proprietà armoniche di un brano musicale. Essa risulta di particolare efficacia proprio grazie alla
sua automazione mediante calcolatore: sarebbe impensabile costruire manualmente e in poco
tempo decine di spazi tonali, confrontare note di accordi, calcolare valori di stabilità, loro medie
e decidere infine sulla presenza o meno di una modulazione.
Sia   la   teoria   generativa   della   musica   tonale   che   gli   ultimi   ampliamenti   appena   descritti
costituiscono   la   base   teorica   di   un   sistema   di   analisi   armonica   basato   su   tecniche   ibride,
procedurali   e   di   rappresentazione   della   conoscenza,   descritto   come   esempio   nel   paragrafo
successivo.

4. ANALIZZARE L'ARMONIA CON UN SISTEMA ESPERTO

Vorremo concretizzare le riflessioni condotte nei paragrafi precedenti attraverso la discussione di
un esempio concreto di sistema di analisi armonica. Le motivazioni di questa scelta stanno nel
fatto che questo adotta alcune delle tecniche di IA illustrate nel secondo paragrafo ed inoltre
prende   come   base   teorica   alcuni   dei   paradigmi   della   teoria   generativa   della   musica   tonale
brevemente introdotta nel paragrafo precedente, assieme ad alcune estensioni ed integrazioni.
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Il progetto nasce nell'ambito della Divisione Musicologica del CNUCE/C.N.R., operante presso
il Conservatorio di Musica di Firenze, per la creazione di un ambiente per l'analisi armonica di
brani musicali del repertorio tonale occidentale (Camilleri, Carreras e Giomi, 1992, 1993).
Uno degli aspetti caratterizzanti del lavoro sta proprio nel fatto che esiste, allo stato attuale, un
numero ristretto di applicazioni dirette di molti dei paradigmi presentati dalla teoria di Lerdahl e
Jackendoff.   Tra   questi   uno   dei   più   significativi   aspetti   della   teoria,   da   un   punto   di   vista
dell'armonia, è la riduzione dell'intervallo temporale (time span reduction): si tratta di una serie
di regole e di criteri  che permettono  la progressiva riduzione  di un brano nei suoi elementi
armonicamente più importanti. Questo procedimento di riduzione, articolato in diversi livelli,
consente un processo di analisi strutturale che è stato da noi ampliato e confrontato con i principi
derivati   da   altre   teorie   musicali   ed   ulteriormente   integrato   con   alcune   parti   teoriche
appositamente progettate.  Da un punto di vista teorico­musicale un altro aspetto interessante
della ricerca è l'interazione tra le procedure di riduzione gerarchica sopra citate e l'individuazione
degli spazi tonali del brano analizzato mediante l'esame dei valori di stabilità. Se la seconda
procedura rende possibile la scoperta automatica delle cadenze e delle modulazioni, l'interazione
tra le due, possibile unicamente grazie all'impiego del calcolatore, fornisce utili indicazioni anche
dal punto di vista del metodo oltre che dei risultati.
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Cerchiamo di introdurre brevemente la questione del  time span reduction. Esiste un'intuizione
musicale fondamentale che sta dietro al concetto di riduzione. Si tratta del fatto che nella musica
tonale alcuni passaggi o eventi sono ascoltati come  ornamenti  o  elaborazioni  di altri. Se già
Schenker   aveva   messo   in   evidenza   che   l'organizzazione   di   un   pezzo   musicale   può   essere
concepita in tali termini, Lerdahl e Jackendoff hanno riassunto e formalizzato questa intuizione
in una "ipotesi di riduzione" atta a facilitare il processo di comprensione delle proprietà astratte
della musica tonale:

Ipotesi di riduzione:
L'ascoltatore organizza gli eventi sonori di un brano in una singola struttura coerente in
modo che essi sono uditi in una gerarchia di importanza relativa (Lerdahl e Jackendoff,
1983).

Una   rappresentazione   dell'importanza   strutturale   relativa   degli   eventi   di   un   brano   è   quindi


definita con il termine riduzione del brano. Sotto questa ottica l'analisi del brano consiste in una
progressiva semplificazione dove ad ogni passo eventi meno importanti sono cancellati a favore
di altri strutturalmente più importanti (vertici o teste della riduzione) fino a far emergere una
sorta di ossatura del pezzo.
Nella   riduzione   dell'intervallo   temporale   i   domini   delle   elaborazioni   armoniche   e   melodiche
all'interno dei quali scegliere gli eventi sono definiti dal contesto ritmico delle strutture metriche
e di raggruppamento.  Ogni linea  successiva dell'analisi   è il risultato  di una cancellazione  di
eventi relativamente meno importanti della linea superiore. Il procedimento è ripetuto a partire
dal livello delle note di durata minima fino al livello che raggruppa l'intero frammento. Se le
riduzioni analitiche sono corrette, ogni livello risulta acusticamente una semplificazione naturale
della linea precedente.

Fig.   4.   Esempio   di  time­span   reduction  espresso   con   una   notazione   ad   albero.   Se   un   ramo
connesso ad un certo evento x termina su quello connesso all'evento y, il primo è strutturalmente
meno importante del secondo, ovvero  x  è udito come una elaborazione di  y. Procedendo verso
l'alto, ogni livello di riduzione risulta una semplificazione armonica del livello precedente.

Le regole che permettono la riduzione dell'intervallo temporale a partire dal livello superficiale
possono essere schematicamente divise in due parti. La prima parte si fa carico di derivare i
domini entro i quali effettuare le riduzioni partendo dalle unità metriche più piccole e salendo
verso i domini più grandi. La seconda parte contiene le regole che individuano all'interno del
dominio gli elementi che agiscono da testa o vertice della riduzione (elemento gerarchico più
importante).
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Vediamo quali sono i fattori che determinano la scelta di un elemento come vertice a partire da
domini,   gli   intervalli   temporali,   con   due   o   più   eventi.   Ognuno   dei   fattori   non   è   di   per   sé
determinante   alla   scelta   ma   contribuisce   in   una   certa   misura   alla   decisione   complessiva.
Inizialmente   si   tiene   conto   della   posizione   metrica:   un   elemento   metricamente   più   forte   (in
relazione   alla   sua   posizione   interna   alla   battuta   musicale)   risulterà   preferibile   come   testa   di
riduzione. Altri due importanti fattori hanno invece a che fare con le proprietà "tonali" degli
eventi:   la   consonanza   armonica   intrinseca   e   la   stabilità   rispetto   alla   tonica.   Vengono
naturalmente  preferiti come teste eventi relativamente  consonanti e con un grado di stabilità
maggiore.   Anche   la   condotta   melodica   delle   voci   viene   presa  in   considerazione   a   favore   di
riduzioni che conducano a profili melodici il più possibile stabili. 
Man mano che ci si allontana dal livello superficiale aumentano gradatamente di importanza altri
fattori   legati   soprattutto   a   considerazioni   di   tipo   macro­strutturale.   In   particolare   assumono
rilevanza nella riduzione gli eventi che fanno parte di un inizio o di una fine strutturale (per
esempio le cadenze); solitamente il movimento di una frase musicale si articola proprio tra questi
due punti strutturalmente importanti e di relativa stabilità formale.  Devono anche essere inserite
regole per il controllo di certe condizioni di parallelismo che si possono verificare sia in senso
melodico che armonico tra eventi o coppie di eventi adiacenti.

4.1. Struttura del sistema

Per quanto riguarda la struttura, il sistema è articolato in diversi blocchi, rappresentanti le diverse
funzioni logiche del lavoro di analisi armonica della partitura:

CODIFICA E ANALISI LESSICALE DELLA PARTITURA 
RICONOSCIMENTO DEGLI ACCORDI 
CALCOLO DEI VALORI DI STABILITA' 
RICONOSCIMENTO DELLE CADENZE 
RICONOSCIMENTO DELLE MODULAZIONI 
PRIMO LIVELLO DI RIDUZIONE 
. . . . . 
. . . . .
N­MO LIVELLO DI RIDUZIONE 
OUTPUT
27

Il primo problema affrontato nella fase di progettazione è quello della stesura di un formalismo
per la codifica del brano da analizzare. In questo primo passo si ha la necessità di avere una
rappresentazione completa, che garantisca cioè, da un punto di vista dell'analisi armonica, una
fedele riproduzione simbolica della struttura verticale del brano. Nello stesso tempo essa non
deve essere né ridondante né di difficile trattamento da un punto di vista dell'analisi lessicale.
In funzione delle caratteristiche suddette e dei postulati teorici impiegati abbiamo elaborato una
codifica che dopo una serie di parametri generali, consentisse la scrittura del brano secondo una
suddivisione dello stesso in "fette" temporali (dal termine inglese  slice). I parametri generali
sono tre e permettono la definizione della tonalità del brano, il suo tempo espresso in frazione ed
infine il valore dell'unità ritmica minima. 
Lo slice è invece una lista di sei campi contenenti le note dell'accordo rappresentate in notazione
anglosassone   con   il   sistema   nome­alterazione­ottava,   la   durata   dell'accordo,   la   dinamica
dell'accordo, accento/staccato/tenuto/corona e infine il numero di battuta.
Ecco un esempio di alcune battute di un brano seguito dalla relativa codifica in slice:

Fig. 5. Alcune battute di un brano seguite dalla relativa codifica in slice.

KEY=BF+
TS=4/4
SU=8
BF2:D3:F3:BF3,4,MF,,,1
A2:C3:F3:C4,4,,,,1
BF2:BF2:F3:D4,4,,,,1
F2:A2:F3:C4,4,,,,1
G2:BF2:F3:BF3,8,,,,2
G2:BF2:E3:BF3,8,,,,2
A2:C3:F3:A3,8,,,,2
BF2:C3:F3:A3,8,,,,2
C3:C3:E3:G3,8,,,,2
C2:BF2:E3:G3,8,,,,2
F2:A2:C3:F3,4,,,C,2
G2:D3:G3:BF3,4,,,,3
A2:C3:F3:C4,4,,,,3
BF2:BF2:F3:D4,8,,,,3
BF2:A2:F3:D4,8,,,,3
G2:BF2:EF3:EF4,4,,,,3
F2:BF2:F3:D4,8,,,,4
EF2:BF2:F3:D4,8,,,,4
F2:A2:F3:C4,8,,,,4
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F2:A2:EF3:C4,8,,,,4
BF1:F2:D3:BF3,2,,,C,4

Questa   forma   di   rappresentazione   rispetta   gran   parte   delle   proprietà   di   un   buon   schema   di
rappresentazione   musicale   (unicità,   mnemonica,   consistenza,   estensibilità,   indipendenza   dal
contesto, etc.) stabilite dal musicologo canadese D. Huron in un suo fondamentale saggio sulle
rappresentazioni (Huron, 1992) e risulta inoltre strettamente funzionale agli scopi perseguiti dalle
fasi   successive.   D'altro   canto   la   semplicità   della   sua   struttura   ne   facilita   anche   la   fase   di
introduzione   da   parte   dell'utente   e   di   analisi   ed   estrazione   dei   valori,   quest'ultime   ottenute
attraverso la realizzazione di un piccolo analizzatore lessicale.
Le   limitazioni   dello   schema   stanno   nel   fatto   che   non   risponde   a   requisiti   di   isomorfismo
strutturale con la sorgente rappresentata e che inoltre non può essere reversibile come alcuni
linguaggi di codifica di impiego generale come il DARMS (Digital Representation of Musical
Score) o lo SCORETM (Hewlett e Selfridge­Field, 1987). E' pensabile di utilizzare per l'analisi
eventuali   repertori   già   codificati   con   linguaggi   più   completi   come   quelli   sopra   citati,
provvedendo allo sviluppo di specifici programmi di transcodifica verso il nostro schema.
La prima fase di effettivo arricchimento automatico delle informazioni relative ad ogni singolo
evento   musicale   verticale   è   quella   concernente   il   riconoscimento   del   tipo   di   accordo
rappresentato.
Per questo tipo di problema sono state condotte ricerche specifiche e approfondite, le più recenti
delle quali, affrontano l'argomento con l'impiego di reti neurali opportunamente addestrate che
riescono a classificare le triadi12 anche in situazioni armoniche particolari e complesse (Laden e
Keefe, 1989; Leman, 1990). Abbiamo scelto qui una soluzione che potremmo invece definire
classica e che risulta anche intuitivamente semplice. Si basa su un algoritmo che calcola gli
intervalli tra tutte le note dell'accordo, ordina le stesse per terze e, in base alla successione delle
terze, individua il tipo di accordo e gli attribuisce un nome.
Vengono riconosciute triadi maggiori e minori, diminuite ed eccedenti, più le precedenti con la
presenza di settime e none. L'algoritmo può anche terminare con un fallimento nel caso non ci
sia la possibilità di disporre per intervalli di terza le note dell'accordo o le note stesse non siano
sufficienti per formare un vero e proprio accordo: questo caso viene segnalato con un apposito
marcatore.
Abbiamo già discusso precedentemente sull'attribuzione dei valori di stabilità ai singoli accordi.
Come detto, la teoria originaria di Lerdahl (1988) può essere  modificata ed estesa e soprattutto
usata   in   modi   e   per   scopi   abbastanza   diversi   da   quelli   canonici.   E'   possibile   formulare   un
algoritmo per la rilevazione delle eventuali modulazioni di tonalità attraverso l'esame dei singoli
valori di stabilità e delle loro sequenze.  
29

Il  metodo   utilizzato  per  l'individuazione   delle  modulazioni   è quello   illustrato   nel  precedente
paragrafo e fa uso sia delle informazioni sulla stabilità relativa degli accordi che di alcuni dati
globali del brano, tra i quali i cosiddetti punti cadenzali. Infatti, attraverso un apposito sistema di
regole appartenenti alla base di conoscenza, descritta più avanti nel paragrafo, viene elaborato un
parametro contenente la lista dei punti del brano in cui si ritiene possano esserci delle cadenze. 
L'informazione del cambio provvisorio di tonalità, importante per la comprensione della struttura
musicale complessiva del pezzo analizzato, verrà passata e usata dalla base di conoscenza per
l'effettuazione dei processi di riduzione.

4.2. La base di conoscenza

Compito della base di conoscenza e delle strategie di controllo è quello di catturare il patrimonio
di   conoscenze   e   di   tecniche   dell'analista   musicale.   L'insieme   degli   oggetti   della   base   di
conoscenza è costituito principalmente dai parametri, cioè quelle strutture atte a contenere i "fatti
del   dominio"   e   dalle   regole   che   rappresentano   invece   le   "relazioni"   tra   i   fatti   della   base   di
conoscenza. Oltre a questi esistono i gruppi, insiemi di oggetti simili e i blocchi di controllo
(FCB ­ focus control block), che dicono al sistema come portare a compimento una certa unità di
lavoro analitico.
Le regole impiegate all'interno di ogni blocco di controllo hanno il classico formato if premessa
then azione, dove la premessa è una serie di enunciati booleani e l'azione è una serie di attività da
intraprendere  se la premessa risulta vera. I meccanismi  di inferenza che sono stati  usati per
regolare l'accensione delle regole appartengono ai due tipi già citati, quelli di forward chaining e
quelli di backward chaining. 

Fig. 6. Esempi di regole musicali attivate nella base di conoscenza.

La figura successiva (Fig. 7) illustra la struttura dei blocchi di controllo della base di conoscenza,
organizzata sottoforma di albero. Dei tre rami principali il primo scopre le cadenze, il secondo
effettua  il primo  livello  di riduzione  e l'ultimo  completa  i processi di riduzione  fino al loro
esaurimento.

Fig. 7. Albero di controllo della base di conoscenza.
30

Effettuare il primo livello di riduzione significa esprimere una gerarchia tra particolari eventi
musicali interni ad una fissata unità ritmica, il time span, per usare la terminologia tipica della
teoria (Lerdahl e Jackendoff, 1983). Nel livello iniziale  i fattori che entrano in gioco per la
determinazione della testa sono prevalentemente di natura metrica e/o di relazione armonica. A
questo livello vengono ridotte, per esempio, le appoggiature, le note di passaggio, le note di
volta, ecc.
Per confrontare gerarchicamente la consonanza di due accordi abbiamo introdotto una forma di
classificazione deducibile dal tipo dell'accordo. La classificazione usata è una nostra variante di
quella   introdotta   da   John   Maxwell   nel   suo   sistema   esperto   (Maxwell,   1988)   e   prevede   la
seguente suddivisione degli accordi:
1) triadi maggiori e minori;
2) triadi diminuite, maggiori e minori di settima;
3) triadi aumentate;
4) altre triadi.
All'accordo viene assegnato un valore corrispondente al numero della sua classe. Esiste anche
una categoria intermedia tra la prima e la seconda, dove viene collocato esclusivamente l'accordo
di settima di dominante della tonalità. Agli accordi che hanno una configurazione di primo o
secondo rivolto viene aggiunto mezzo punto per compensare la piccola "perdita" di consonanza.
Ad ogni regola che governa i processi di riduzione viene assegnato un fattore di certezza 13 che ne
contraddistingue il peso nella determinazione dei vertici. Questi pesi possono essere cambiati
dall'analista per controllare l'influenza progressiva dei fattori in gioco, la predominanza di uno di
essi su gli altri e così via.
Per   quanto   riguarda   le   procedure   di   consultazione   della   base   di   conoscenza,   operanti   con
modalità interattive, il sistema di analisi armonica accetta in ingresso la codifica alfanumerica del
brano   musicale   da   analizzare   e   fornisce,   al   termine   delle   procedure   analitiche,   un'analisi
armonico­strutturale del brano stesso espressa in termini dei livelli di riduzione. 
In mezzo a questi due estremi sono disponibili comunque tutta una serie di risultati intermedi,
altrettanto degni di interesse da un punto di vista musicologico e importanti anche ai fini di un
costante controllo sull'esecuzione del processo analitico. Questi risultati, che potremmo definire
parziali, sono rappresentati da:
1) riconoscimento degli accordi, espresso come etichettatura degli stessi e verificabile all'interno
di un file di controllo apposito;
2) descrizione dei punti cadenzali, riscontrabile all'interno della base di conoscenza mediante
stampa della lista specifica;
3)   descrizione   delle   sezioni   di   modulazione   armonica,   riscontrabile   mediante   esame   del   file
contenente le informazioni sugli slice.

Fig. 8. Esempio di rilevazione delle cadenze (lista delle cadenze: [10,20,...]) e di effettuazione
automatica   del   primo   livello   di   riduzione   (lista   degli  slice  da   ridurre:
[...,22,23,26,28,30,33,37,39,41,43,...]) su due diversi corali di J. S. Bach.
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Un   risultato   indiretto   di   estrema   importanza   per   il   processo   di   interazione,   verifica   e


ampliamento della teoria è costituito dalla traccia del ragionamento (trace file) disponibile in
diversi   livelli   di   dettaglio   come   risultato   di   un   processo   di   consultazione   della   base   di
conoscenza. Possono essere evidenziati il passaggio di controllo tra i blocchi di controllo, la
ricerca di valori e il loro assegnamento ai parametri, la risoluzione dei vincoli e soprattutto la
prova e l'attivazione delle regole, il loro stato e molte altre informazioni.
La fase di sperimentazione è uno dei momenti più importanti nello sviluppo di un sistema di
analisi musicale computazionale. Non esiste, nel nostro caso, un confine netto fra la fase vera e
propria   di   sviluppo   e   quella   di   sperimentazione;   esse   sono   inscindibilmente   connesse   nella
misura in cui contribuiscono assieme a raffinare i programmi, a verificare progressivamente la
parte teorica e a colmarne le eventuali lacune.
Inizialmente i test, sia delle fasi di pre­elaborazione che poi delle fasi inferenziali, sono stati
condotti su brani relativamente semplici, tipicamente appartenenti al repertorio barocco (corali,
partite, ecc.), proseguendo poi con un progressivo aumento di complessità dei pezzi in analisi, sia
nell'ambito dello stesso repertorio sia con un passaggio verso musiche tonali più "complessi"
come quelli liederistici. Man mano che il grado di complessità musicale sale sono state tenute in
considerazione, con l'aggiunta di regole e con modifiche alle parti procedurali, sempre nuove
variabili e nuovi punti di vista per la risoluzione dei problemi. 
Il processo di retroazione descritto ha messo in luce, già in alcuni dei primi esempi di analisi,
alcune discrepanze con i risultati manuali ottenuti dagli stessi Lerdahl e Jackendoff: si tratta
soprattutto di alcune differenze nei risultati delle riduzioni, differenze che possono anche essere
interpretate   non   tanto   come   errori   nella   formalizzazione   della   teoria   generativa   ma   come
espressione di una nostra diversa interpretazione di alcune casistiche musicali. Sarà interessante
verificare, sia mediante una discussione con gli autori stessi della teoria generativa che con il
confronto con altri impianti teorici, le motivazioni e le conclusioni da trarre nei confronti di
questo genere di risultati.
Il   sistema   di   analisi   armonica   è   stato   sviluppato   in   un   ambiente   supervisore   VM   (Virtual
Machine   System   Product)   dotato   di   sistema   operativo   CMS.   Essendo   composto   da   parti
prettamente procedurali e da una cospicua parte di tipo logico, abbiamo utilizzato il linguaggio
VS­Pascal   per   la   parte   di   programmazione   procedurale   e   il   sistema   ESE   (Expert   System
Environment) dell'IBM per la parte di rappresentazione della conoscenza. 
E' da notare che solo in alcuni casi le parti procedurali risultano distinte da quelle logiche: molto
spesso,   infatti,   grazie   alle   caratteristiche   di   I/O   del   sistema   ESE,   le   routine   Pascal   vengono
invocate implicitamente dalle regole o dal motore inferenziale per la risoluzione di quei problemi
musicali micro­strutturali prettamente algoritmici.
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CONCLUSIONE

L'analisi musicale computazionale è una disciplina continuamente in trasformazione, sia grazie
alle ricadute provenienti dalla ricerca tecnologica, sia per le continue influenze derivanti dagli
studi sulle scienze cognitive. I futuri sviluppi della ricerca potranno andare proprio in queste due
direzioni. 
Il rapido evolversi della progettazione di nuove architetture per i sistemi di elaborazione e di
nuove tecnologie hardware in genere, contribuirà alla crescita dell'analisi musicale: sistemi di
progettazione   relativamente   recente   come   la  connection   machine14  (Vercoe,   1988)   ed   i
transputer15  (Leman,   1992)   cominciano   già   ad   affacciarsi   nel   mondo   delle   applicazioni
informatiche alla musicologia.
Ancora più ampio è lo spettro aperto dalle ricerche di punta della musicologia cognitiva (Deliège
e   McAdams,   1989)   che,   concentrandosi   sulla   comprensione   dei   processi   mentali   dell'uomo
coinvolti nelle attività musicali, può assumere un ruolo determinante anche nell'analisi musicale
computazionale.
L'alto grado di complessità dei fenomeni musicali impone delle forme di realizzazione che siano
adeguate  e che, a fini di completezza,  affrontino  i problemi  sotto un numero di angolazioni
sufficientemente   ampio.   Per   questi   motivi   appare   sempre   più   interessante   la   possibilità   di
integrare   in   maniera   coerente,   formalismi   di   rappresentazione   della   conoscenza   musicale   di
differente natura, all'interno dei cosiddetti sistemi ibridi. 
L'esempio di sistema esperto da noi proposto si colloca  in una tale dimensione.  Con questo
lavoro abbiamo cercato di ampliare, integrare e verificare (anche con la rilevazione di alcune
discrepanze)   gli   assunti   della   teoria   generativa   della   musica   tonale   proposta   dagli   studiosi
americani Lerdahl e Jackendoff, e della teoria sulle regioni tonali dello stesso Lerdahl. Laddove
la trattazione  di certi aspetti analitico­musicali  non fosse stata precedentemente  contemplata,
sono state cercate specifiche Soluzioni teoriche nuove. 
Pertanto anche da un punto di vista teorico­musicale la possibilità di integrare differenti approcci
appare come una via foriera di interessanti sviluppi. Ed è proprio grazie alle nuove tecniche di
intelligenza artificiale che diventano fattibili tali forme di integrazione e di verifica dei risultati.
Vorremo terminare affermando che, se l'informatica appare appunto oggi come il mezzo migliore
per   sviluppare   e   verificare   sistematicamente   un   qualunque   insieme   di   teorie   musicali,   è
auspicabile che essa possa sempre di più stimolare nuove forme di studio dei complessi fenomeni
che hanno luogo in musica.

NOTE
33

1 La teoria musicale abbraccia lo studio delle componenti fondamentali della musica (acustica,

sistemi di altezze, intonazione,  scale, tonalità, rapporti intervallari,  consonanza e dissonanza,


ritmo,   durata,   ecc.),   la   loro   strutturazione   in   melodie,   contrappunti,   armonie   e   forme,
l'espressione di queste strutture in forma scritta e la loro realizzazione per mezzo di tecniche
strumentali e vocali. Tutto questo secondo diversi punti di vista: quello filosofico, compositivo,
esecutivo, didattico e, infine, quello legato all'ascoltatore e dunque percettivo.

2  Per ulteriori approfondimenti sulle relazioni tra musica e linguistica si veda per esempio il

recente libro­rassegna di Raymond Monelle (1992).

3  Viene così definita una musica nella quale una "serie" strutturale di note governa il totale

sviluppo della composizione. Introdotta per la prima volta da Arnold Schoenberg negli anni '20,
questo tipo di scrittura musicale si configurò subito come rivoluzionaria, rispetto alle tradizionali
componenti armoniche, ritmiche e melodiche della composizione.

4  Il concetto di grammatica è stato introdotto formalmente, come è noto, dalla linguistica ed

esteso successivamente al campo musicologico.

5 Nel caso del forward chaining il motore inferenziale inizia con una lista di parametri con valori

conosciuti, trova le regole le cui premesse diventano vere usando quei valori e le esegue; se
vengono   determinati   nuovi   valori   di   parametri   essi   vengono   aggiunti   alla   lista   iniziale   e   il
processo si ripete. Nella  tecnica del backward chaining si scelgono i parametri per i quali sono
desiderati   dei   valori   oppure   il   sistema   li   sceglie   indirettamente   durante   la   consultazione;   il
sistema cerca le regole che citano questi parametri nelle loro azioni e le esegue una per volta.
Elaborando le regole alcuni parametri necessari possono essere sconosciuti e sono marcati come
sotto­obiettivi; il processo si ripete attivando nuovamente una ricerca delle regole che possano
trarre conclusioni su questi nuovi parametri ed eventualmente eseguendole.

6  Dal nome del famoso teorico  Heinrich Schenker (1868­1935), autore di una serie di studi

sull'analisi musicale e inventore di un importante sistema di analisi strutturale per la musica del
periodo classico.

7 Concetto che l'autore assimila a quello di tonalità.
34

8  Il   processo  estesico  è   l'insieme   delle   strategie   messe   in   atto   all'atto   della   percezione   del
prodotto  dell'attività  poietica, cioè  quella  grazie  alla  quale, alla  fine dell'atto  creativo,  esiste
l'opera,   che   prima   non   esisteva   e   che   dunque   può   diventare   oggetto   di   analisi.   Il   concetto,
introdotto dal semiologo Jean­Jacques Nattiez nei suoi due libri fondamentali (Nattiez, 1975,
1987), è usato in questo caso per indicare  un approccio  analitico  basato prevalentemente  su
criteri di ascolto. 

9 Formalizzare   cioè   e   realizzare   su   calcolatore,   dall'inglese  to   implement,   che   è   dal   latino
implere, "riempire".

10  Si vedano in proposito testi specifici  di psicologia della musica o, per esempio, gli studi

proposti nella rivista Music Perception, curata da Diana Deutsch e pubblicata da University of
California   Press.   Riguardo   specificamente   la   musicologia   cognitiva   si   può   consultare   una
raccolta   di   saggi   apparsa   in   un   recente   numero   della   rivista  Minds   &   Machines  (Camilleri,
1992b).

11  Anche se ancora oggetto di accesi dibattiti, a grandi linee, questi due concetti esprimono la

relazione di importanza che esiste tra gli accordi costruiti sui diversi gradi della scala nell'ambito
di una certa tonalità.

12  Accordi di tre note comprendenti la nota fondamentale, quella sul terzo e quella sul quinto

grado. Si contraddistinguono per tipologia (triadi maggiori, minori, aumentate, diminuite, ecc.).

13 Spesso nei sistemi esperti i fatti e le regole non sono soltanto veri o falsi; talvolta esiste un

grado di incertezza sulla validità di un fatto o sulla precisione di una regola. Quando questo
dubbio è reso esplicito, è chiamato "fattore di certezza".

14 Calcolatore ad alto grado di parallelismo dotato di 65536 unità di elaborazione connesse tra

loro.   Questa   configurazione  consente  il   raggiungimento   di  potenze  di  calcolo   pari  a   diverse
migliaia di milioni di operazioni al secondo.

15  Micro­calcolatori   ad   alte   prestazioni   progettati   per   facilitare   le   comunicazioni   sia   tra
elaboratori che tra processi computazionali. Spesso sono usati insieme per la costruzione di reti
informatiche veloci.

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