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Un Invito All’Eresia Nell’Era Della Follia

— Tristano Ajmone —

discorso presentato a

WORLD ASSOCIATION FOR PSYCHOSOCIAL REHABILITATION


IX° CONGRESSO MONDIALE, ATENE 12-15 OTTOBRE 2006

PSYCHOSOCIAL REHABILITATION COMING OF AGE IN A GLOBALIZED WORLD

Il seguente testo non è assoggettato a copyright e può pertanto essere liberamente distribuito,
riprodotto e citato, senza richiedere ulteriore autorizzazione da parte dell’autore, a patto che ne
venga citata la fonte.

Signori e signore, utenti/sopravvissuti e operatori della salute mentale,


Voglio ringraziare tutti voi per essere qui. A prescindere da quanto possano differire le idee che
promuoviamo e difendiamo, una delle maggiori opportunità nel campo della solidarietà è
certamente la libertà di parola e la volontà di condividere idee intrattenendosi in un confronto aperto
e costruttivo. Siccome le idee hanno conseguenze, e noi siamo condannati ad essere al contempo i
beneficiari e le vittime delle idee passate, presenti e future, spero che questi miei pensieri
dissenzienti possano smuovere le acque stagnanti del sistema della salute mentale verso un
cambiamento radicale.
Mi chiamo Tristano Ajmone1, sono un sopravvissuto alla psichiatria italiana e sono presidente
dell’OISM, l’Osservatorio Italiano Salute Mentale2, un’associazione non a scopo di lucro fondata
nel 2001 da mio padre, il dott. Claudio Ajmone. All’epoca ero un ostaggio degli istituti psichiatrici;
da quando ho riconquistato la libertà mi son fatto carico della missione dell’associazione e del
compito di diffonderne la vision.
Sono venuto qui per offrirvi la mia prospettiva, come utente/sopravvissuto, sulla questione della
salute mentale e della riabilitazione psicosociale.
Quindi, dal mio punto di vista, questa opportunità di libera parola dovrebbe essere immediatamente
impiegata per rammentare che il sistema della salute mentale poggia le sue basi sulla coercizione.
La moneta intellettuale che impieghiamo nel libero mercato delle idee — se mi consentite la
metafora — ammette sul suo dorso l’anatema dell’esclusione sociale diagnostica. Per dirla in breve:
semplicemente non possiamo fingere oltre di non accorgerci che nella nostra società l’impresa
psichiatrica si presta al controllo sociale, screditando e privando della libertà persone le cui idee e
comportamenti violano il paradigma morale nascosto della sanità — che non è altro che il

1
Sito Web: http://tristano-ajmone.oism.info | email: <presidente@oism.info>
2
www.oism.info

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conformismo al consenso sociale predominante. La libertà di parola perde il proprio senso laddove
le idee dissenzienti sono interdette attraverso la destituzione medica di chi osa darvi voce.

Vagliando il Programma Scientifico del Convegno WAPR


Durante la preparazione di questo discorso, ho vagliato il programma scientifico di questo evento
internazionale e tentato di capire come avrei potuto contribuirvi col punto di vista di un utente. A
dire il vero, sono rimasto alquanto deluso nel constatare che vi sono molte proposte per tarare i
metodi d’intervento con cui il sistema della salute mentale dovrebbe portare avanti il proprio lavoro,
eppure nessuno porta a galla la questione della legittimità degli interventi psichiatrici, e se il sistema
della salute mentale debba seguitare ad intervenire nella vita delle persone oppure no. Di fatto, gli
utenti ed i sopravvissuti hanno da tempo sfidato la psichiatria sul terreno delle proprie fondamenta.
Per questa ragione, mi piacerebbe ricordare alcuni eventi di dissenso significativi, organizzati dai
vari movimenti di sopravvissuti alla psichiatria.

Il Tribunale Foucault sullo Stato della Psichiatria


Nel 1998, la “Irren-Offensive” (l’Offensiva dei Folli) — un gruppo di survivor risalente ai primi
anni ottanta — assieme alla “Libera Università di Berlino”, organizzò a Berlino un Tribunale
Internazionale sullo stato della psichiatria, Il Tribunale Foucault, in cui la difesa e l’accusa erano
costituite da accademici ed esperti, la giuria da un “gruppo di svitati”. Io consiglio a tutti i presenti
in quest’aula di guardare il video di questo evento, gratuitamente scaricabile su Internet dal sito
OISM, poiché potrà stupirvi quanto siano forti le argomentazioni di accusa assunte dai survivor
psichiatrici, indipendentemente dal fatto che gli psichiatri ci abbiano etichettati come incapaci e
pazzi.
L’intera storia della resistenza dei survivor contro la psichiatria coercitiva è una storia alimentata
dalla chiarezza del senno di cosa la psichiatria veramente è, e di cosa veramente fa; un senno che
nasce dall’esperienza in prima persona dei suoi interventi. La forza delle nostre argomentazioni non
si nutre di teorie o proiezioni in scenari futuri, ma poggia sul buon senso comune, esperienze
personali e il retaggio della memoria (sia personale che storica).
Voglio esprimere la mia profonda gratitudine a tutti i survivor che hanno lottato per organizzare il
Tribunale Foucault, il quale è un simbolo storico della forza civilizzatrice del movimento degli
utenti e sopravvissuti, poiché denuncia crimini contro l’umanità, e colma lo iato di silenzio
mediatico che occulta i legami tra eugenetica nazista e psichiatria odierna; ed il Tribunale Foucault
consegue tutto questo in nome della libertà e della difesa dei diritti umani. E ringrazio quei
coraggiosi accademici che li hanno sostenuti mossi da onestà intellettuale e senso del dovere —
come il professor Szasz, il dott. Ron Leifer, il prof. Narr, e via dicendo.

MindFreedom e Il Digiuno per la Libertà nella Salute Mentale


Nel 2003 MindFreedom3, un’organizzazione internazionale di survivor psichiatrici che lotta per i
diritti umani delle persone etichettate malate di mente, avviò il Fast for Freedom in Mental Health,
uno sciopero della fame “in sfida al dominio della biopsichiatria”. Esercitando pressioni sull’APA,
avviarono un dibattito che metteva in dubbio la legittimità della psichiatria, le sue teorie e le sue
prassi.

3
Vedi sito: www.mindfreedom.org

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Questa storia è troppo lunga da poterla menzionare qui rendendole giustizia, mi limiterò a fare
presente che un corpo cospicuo di personaggi di spicco del mondo della salute mentale —
psichiatri, neurologi, psicologi e medici, quali Peter Breggin, Fred Baughman, Loren Mosher,
David Cohen, e molti altri — si schierarono dalla parte dei manifestanti, vagliando e confutando le
risposte che l’APA forniva a difesa delle proprie rivendicazioni scientifiche.
Questo fu un evento che attirò l’attenzione dei media a tal punto da non rendere attuabile l’intento
originario dell’APA di ignorare questi survivor o liquidarli come «poveri pazzi» — il dr. James H.
Scully Jr., MD, all’epoca Direttore Medico dell’APA, rifiutò il confronto con i manifestati
asserendo che “dialoga solo con le persone serie”.
Beh… mi viene difficile pensare a persone più serie e determinate di questi duri survivor
psichiatrici che lottano per i diritti umani in maniera assolutamente pacifica e legale.
Quindi, come potete constatare, molte persone nell’ambito della salute mentale citano oggi il prof.
Loren Mosher — il quale, vorrei ricordarvi, è Socio Onorario dell’OISM dal 2002; due anni prima
che lasciasse questo mondo — come stavo dicendo, lo citano principalmente per il suo fenomenale
contributo del Progetto Soteria. Ma poche persone menzionano il fatto che egli spese gli ultimi due
anni della sua vita affiancandosi ad accademici — come mio padre, e gli scienziati menzionati
poc’anzi — i quali negano in toto l’esistenza della malattia mentale, e offrendo sostegno alla
battaglia dei sopravvissuti contro la psichiatria. Non scordatevelo, Mosher era tra quei 14 scienziati
che analizzarono le risposte dell’APA alla richiesta da parte dei manifestanti di prove scientifiche
per le rivendicazioni delle fondamenta biologiche della malattia mentale, della validità degli esami
diagnostici, della teoria degli squilibri neurochimici, e dell’efficacia terapeutica degli psicofarmaci.
Perciò, il professor Mosher era uno di quei 14 scienziati di spicco che concordarono unanimemente
che l’APA non fornì alcuna prova scientifica per le rivendicazioni appena menzionate — le quali
costituiscono le fondamenta della facciata scientifica del sistema della salute mentale. La lettera di
risposta del comitato scientifico a sostegno dello sciopero della fame di MindFreedom, termina con
un severo ammonimento per l’APA:
“I membri del comitato non possono fare a meno di notare il contrasto tra gli scioperanti della
fame, i quali pongono chiare domande circa la scienza della psichiatria, assumendosi
consciamente i propri rischi in nome della salvaguardia del benessere degli utenti della
psichiatria, e l’American Psychiatric Association, la quale evita di rivelare quali prove
scientifiche concrete giustifichino la propria autorità. Non fornendo risposte scientifiche alle
domande dei manifestanti, sembra che confermiate le ragioni stesse che muovono lo sciopero
della fame.”
— Fast For Freedom Scientific Panel Reply To The American Psychiatric Association4
Sono orgoglioso di aver avuto l’onore di tradurre in italiano la Lettera di Dimissioni dall’American
Psychiatric Association del Professore Loren R. Mosher5. L’ho tradotta di notte, mentre ero
rinchiuso nella mia cella carceraria dell’OPG Montelupo Fiorentino. Questo per dimostrarvi che noi
sopravvissuti siamo alquanto diversi dal quadro diagnostico dipinto nelle nostre cartelle cliniche —
che ci raffigura come inadatti, pazzi, imprevedibili e pericolosi. Molti di noi hanno dimostrato di
essere combattenti tenaci e leali, pronti a fronteggiare le avversità del sistema della salute mentale
contro tutte le speranze. La verità è che noi siamo i testimoni oculari dei crimini contro l’Umanità
del nostro tempo! Perciò, noi rappresentiamo un pericolo per l’èlite dominante.

4
http://www.mindfreedom.org/mindfreedom/hungerstrike21.shtml
5
http://www.oism.info/it/terapia/etica_deontologia/lettera_dimissioni_mosher_apa.htm

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Inoltre, questo è per dimostrare che è grazie a scienziati coraggiosi ed onesti come Mosher se i
sopravvissuti alla psichiatria mantengono viva la speranza che le cose possano cambiare nel sistema
della salute mentale attraverso un confronto aperto e sincero con i suoi operatori.
Persone come il professor Thomas Szasz, che noi consideriamo il padre della critica alla psichiatria,
che ha lottato per mezzo secolo al fine di salvaguardare la libertà individuale dalla schiavitù
psichiatrica e dai miti fondatori dell’impresa psichiatrica; e ha conseguito ciò non solo attraverso la
sua opera monumentale di scritti accademici e conferenze pubbliche, ma anche offrendo il suo
sostegno personale ai movimenti dei survivor psichiatrici. Voglio esprimergli la mia gratitudine per
aver sostenuto la missione dell’OISM accettando di divenire un nostro Socio Onorario, e per
l’immenso sostegno personale che mi ha offerto in sincera amicizia.
Incontrarci è l’unico modo per scoprire che al di là delle divergenze accademiche esistono forti
fattori umani e convinzioni sincere — a prescindere dal fatto che possano essere (sinceramente)
sbagliate. Vorrei che questo punto fosse molto chiaro, poiché il movimento dei survivor non ha mai
negato che anche gli psichiatri appartenenti alla corrente ufficiale si siano, a volte, dimostrati di
sostegno per alcuni di essi. Per quanto la psichiatria possa essere marcia, non dobbiamo dimenticare
che ad indossare il camice sono pur sempre degli uomini, i cui pregi e difetti trascendono i loro
ruoli clinici e le loro specializzazioni. Quindi, non vedo alcun motivo per cui dovremmo
demonizzare in massa gli psichiatri — così come non vedo alcun motivo per glorificarli.
Ma, indubbiamente, noi attacchiamo le fondamenta ideologiche della psichiatria.
Ho qui menzionato due delle principali campagne condotte contro la psichiatria dai movimenti di
utenti/sopravvissuti, ma vorrei chiarire che ve ne sono state molte altre — troppe perché io possa
conoscerle tutte, troppe da poterle oggi menzionare tutte. Quindi, questi esempi non esauriscono la
lista. Giusto per menzionarne alcune altre:
The Great Escape Bed Push6, che ha avuto luogo l’agosto scorso a Londra, dove un letto
psichiatrico è stato spinto per 60 miglia, dal Mill View Psychiatric Hospital, a Brighton, fino al sito
originale del manicomio “Bedlam” a Londra; in protesta contro “lo scarso livello di scelta nei
trattamenti e la diffusione del ricorso alla forza negli ospedali psichiatrici”.
Oppure la protesta organizzata dall’International Association Against Psychiatric Assault7 (IAAPA)
che sta avendo luogo proprio in questi giorni, alla mostra «Deadly Medicine» presso lo «Hygiene
Museum» di Dresden. Una protesta contro la falsificazione della storia, perché il museo nega le
oltre 20.000 morti per fame perpetrate negli istituti psichiatri tra il 1945 ed il 1949. Sono fiero di
essere un membro della IAAPA, e desidero ringraziare René Talbot, della Germania, e Hagai Aviel,
da Israele, per tutto il buon lavoro portato avanti e per il loro sostegno personale alla mia battaglia.

L’International Disability Caucus


Potrei dilungarmi sul grandioso lavoro condotto dall’International Disability Caucus8, sul tema
della capacità giuridica, per la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. L’IDC è
una coalizione di oltre 70 organizzazioni di persone disabili e le società civili ad esse alleate. Colgo
l’occasione per esprimere la mia gratitudine a Myra Kovary e Tina Minkowitz per tutto il lavoro
svolto, per il loro caloroso sostegno alla causa e per avermi concesso il privilegio di tradurre e

6
http://www.bedpush.com
7
http://www.iaapa.de
8
http://www.un.org/esa/socdev/enable/rights/idc05.htm

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presentare al Presidente del Consiglio la versione italiana del documento di emendamento
dell’IDC9.
Menzionerò anche che la Network of Users and Survivors of Psychiatry10 (WNUSP) assieme al
Bapu Trust11 dell’India hanno pubblicato quest’estate un libro intitolato First Person Stories on
Forced Interventions And Being Deprived of Legal Capacity12 (Resoconti Personali sugli Interventi
Coercitivi e la Spogliazione della Capacità Giuridica), che raccoglie testimonianze di sopravvissuti
da tutto il mondo, inclusa la mia storia personale. Di nuovo, grazie Myra, Tina e Bhargavi Davar.
Sostanzialmente, ovunque vi voltiate troverete utenti e sopravvissuti alla psichiatria attivi nella
battaglia per l’abolizione della psichiatria coercitiva. Per questa ragione sono alquanto deluso che la
coercizione non sia un argomento chiave delle discussioni pianificate in questo congresso.
Voglio sottolineare che la questione della coercizione psichiatrica viaggia mano nella mano con la
convinzione paternalistica secondo cui alcune persone sarebbero nella posizione di sapere ciò che
sia meglio per gli altri e che, di conseguenza, sarebbero autorizzate a imporre le loro competenze
tecniche con la forza o con l’inganno. Filosoficamente, quest’idea si trascina dietro il peso di molte
delle opinioni di Platone circa il ruolo della medicina, poiché Platone promuoveva sia il
paternalismo che l’eugenetica. Il matrimonio tra paternalismo e medicina è di per se stesso qualcosa
di pericoloso per la società. Questa è la radice del male psichiatrico, ma rimane comunque un
problema della medicina in generale, per cui non mi vi addentrerò oltre; passerò invece alle critiche
specificamente pertinenti la psichiatria.

Contraddizioni Interne All’Approccio Psicosociale


Dopo questo breve promemoria sulla forte presenza di una rete mondiale di sopravvissuti alla
psichiatria dissenzienti, ritengo utile rammentare alcuni dei punti chiave delle nostre vedute
dissenzienti. Dato che questo evento tratta il tema della riabilitazione psicosociale, potrei iniziare
portando in luce alcune delle discrepanze più significative che soggiacciono a quest’idea di
interventi psicosociali.

Stritolando Psyche tra Filosofia e Medicina


Per esempio, la presenza stessa del termine psyche nello scenario odierno della salute mentale
conduce ad alcune domande alquanto sconcertanti.
Nessuno si pone la domanda basilare — eppure vitale — di come avvenga che sia la psicologia che
la psichiatria condividono il prefisso psyche, eppure — mentre entrambe rivendicano di operare
sulla mente — la prima procede parlando alla persona, la seconda assalendo chimicamente il
cervello, o contenendo fisicamente la persona. La psicologia soleva essere una branca della
filosofia, perciò affonda le sue radici nel regno delle idee e dovrebbe trattare le idee attraverso la
discussione verbale. La psichiatria rivendica di essere una branca della medicina, per cui dovrebbe
occuparsi degli aspetti corporali delle persone, eppure gli interventi cerebrali sono una prerogativa
dei neurologi, e l’incarcerazione una prerogativa delle forze di polizia, ragion per cui al fine di
giustificare i propri interventi gli psichiatri si nascondono dietro il doppio binario dell’indossare il
camice medico e — al contempo — rivendicare di essere esperti della mente. Questo consente loro

9
http://www.oism.info/it/legge/diritti/convenzione_onu_diritti_persone_disabilita.htm
10
http://www.wnusp.org
11
http://www.camhindia.org
12
http://www.camhindia.org/first_person_stories.html

5/13
di ingarbugliare l’intera questione spiazzando il significato delle parole, scambiando i ruoli e
creando una gran confusione tra ciò che essi rivendicano di fare e ciò che essi effettivamente fanno.
Ovviamente, gli psichiatri non detengono la benché minima conoscenza di come funzioni la mente
umana, se la conoscessero non tenterebbero di sopprimerla aggredendola con agenti chimici,
elettricità, o interventi chirurgici. La repressione del pensiero dissenziente — ossia, la repressione
della libera espressione di pensieri dissenzienti — è un crimine politico contro l’Umanità, ed è
l’arma dei regimi totalitari, così come della psichiatria. Ma la guerra scientifica contro la mente
dissenziente — ossia, mirare ad arrestare o menomare i processi del pensiero, una volta per tutte —
è un crimine contro l’intero genere umano, ed è un’arma impiegata esclusivamente dall’impero
terapeutico psichiatrico, per quanto mi risulti.
Al fine di comprendere cosa sia la riabilitazione psicosociale, dovremmo prima comprendere cosa
sia la psyche. La maggior parte delle persone oggi sostengono che psiche sia un’equivalente della
mente. Pur accettando questo dubbio neologismo mente per il suo valore di facciata, non possiamo
fare a meno di cogliere lo iato relazionale che separa mente e cervello: mente è un concetto, come
anima e psiche; il cervello è un organo, come il cuore ed il fegato. Questo è il motivo per cui gli
psicologi dovrebbero maneggiare le idee ed i neurologi i cervelli. Solo gli psichiatri rivendicano di
maneggiare entrambi in nome di una sola scienza — che è il modello medico, il modello della
biopsichiatria. Nessuna scoperta scientifica riempirà mai lo iato tra ciò che è fisico (ovvero:
corporeo) e ciò che è concettuale (ovvero: esistenziale). E chiunque posizioni la sua professione
precisamente in questo iato, è destinato ad essere un controllore sociale, mascherando la privazione
di libertà per interventi medici o terapeutici.
Vedete, questo iato tra il mondo fisicamente misurabile e la nostra esperienza dinamica della sua
realtà è irriducibile, ed il modello riduzionista tenta di riempire questo iato restringendo la psiche
dell’Uomo — negando il libero arbitrio, riducendo la vita individuale al mero risultato del palleggio
tra circostanze genetiche e biochimiche — e, così facendo, disumanizza l’uomo e magnifica la
scienza ad uno status religioso.
Gli psicologi hanno da tempo arreso la loro arte — accettando il modello medico della mente, il
quale nega il libero arbitrio all’individuo, riconducendo tutti i suoi problemi a cause biologiche e
genetiche; accettando le cure di «pillole miracolose», di fronte alle quali siamo tutti uguali: sia i
pazienti che i terapeuti. Quindi, la funzione della psicologia e della psicanalisi ha esaurito se stessa
in questo sistema della salute mentale che si focalizza sulla sfera biologica, incolpando d’ogni cosa
il cervello ed i geni.
Ma ciò che più mi preoccupa, sono queste nuove mode che affiorano nella salute mentale. Perlopiù
si tratta di semplici artifici paradigmatici al fine di spezzare la frustrante routine di interminabili
fallimenti terapeutici e mantenere viva l’illusione di servizi funzionali. Altre, sono pericolose
reviviscenze dei paradigmi del passato, come l’approccio bio-psico-sociale alla salute mentale. La
storia si è già scontrata con questo approccio trinitario e mendace, durante il periodo nazista,
quando Ebrei, omosessuali, zingari, ed ogni tipo di socialmente indesiderati venivano diagnosticati
dagli psichiatri come biologicamente corrotti (bio-), psicologicamente inadatti (psico-), e
socialmente pericolosi (socio-). È proprio questo paradigma che giustificò lo sterminio delle
persone indesiderate in nome della psichiatria, per mezzo di camere a gas, stermini per fame, e via
dicendo. Chiamatela pure salute mentale, igiene mentale, o igiene razziale, tanto è lo stesso
oggigiorno, poiché stiamo assistendo ad una fusione delle scienze mediche, psicologiche e sociali,
sotto l’ombrellone della salute mentale biopsichiatrica.
Come Albert Einstein saggiamente ammonì: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità
umana; e non sono del tutto certo circa l’universo.” Com’è che siamo così creduloni da mandar giù
ciecamente tutte queste assurdità scientifiche?

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Spiegazione contro Descrizione: La Ricerca di Giustificazioni Morali
Io ritengo che il problema centrale della salute mentale risieda nell’eterno conflitto tra la richiesta
sociale di descrivere ciò che facciamo ed il nostro bisogno di giustificare le nostre azioni. Thomas
Szasz lo spiega in maniera stupenda nel suo libro La Teologia Della Medicina13: “Nella vita
quotidiana, la distinzione tra spiegazione e giustificazione è spesso sfocata, e per una buona
ragione. Sovente, è difficile sapere cosa si dovrebbe fare, quale sia una valida giustificazione per
intraprendere una data azione. Una delle maniere migliori per risolvere simili incertezze è
giustificare una data linea d’azione rivendicando di spiegarla.”
Mi pare chiaro che una descrizione nuda e cruda degli interventi della salute mentale non
suonerebbe molto invitante, questa è la ragione per cui i professionisti della salute mentale sono
sempre alla ricerca di nuovi nomi e teorie con cui descrivere i vecchi interventi crudeli di sempre.
Sinceramente, non è molto gratificante ammettere di aver legato con le cinghie una giovane donna
indifesa, e poi averle elettroscioccato il cervello. È molto più facile vantarsi di aver eseguito un
intervento medico terapeutico sulla sua mente malata. Eppure, i fatti nudi e crudi non vengono
alterati dalle giustificazioni che troviamo per essi, soprattutto dal punto di vista della vittima, ma dal
punto di vista del carnefice la manovra linguistica fornisce un solido alibi morale per giustificare
ciò che, altrimenti, sarebbe palesemente un atto crudele. Siamo sotto l’incantesimo del sistema di
credenze della salute mentale.
La Chiesa Cattolica soleva bruciare vive le persone ai roghi — questa è la descrizione fattuale di ciò
che facevano. La sua giustificazione era la salvezza dell’anima di persone che erano traviate dalla
retta via, di eretici. È richiesta una fede religiosa cieca per consentire che una spiegazione talmente
astratta e fantastica impedisca alle persone di vedere la realtà fattuale di ciò che l’Inquisizione
faceva alle persone. Allo stesso modo, ci è richiesta una fede cieca nella medicina mistica per
impedirci di vedere ciò che la maggior parte degli interventi psichiatrici sono: misure cruente di
controllo fisico, chimico e ambientale di individui devianti — ossia degli eretici odierni, quali gli
omosessuali, i tossicodipendenti, ecc.
«Mente» è solo un altro concetto astratto, come «anima», che si presta ad un facile impiego per
giustificare tutta una serie di manovre mascherate. Non vi è alcuna mente, così come non vi è
alcuna anima — si tratta solo di concetti che possono essere introdotti nel regno delle idee per
discutere e spiegare le cose, ma non vi è alcuna equivalenza tra mente e cervello, o tra anima e
cuore. Certo, è possibile mettere sul tavolo il cervello di una persona — sacrificandone la vita —,
ma è semplicemente impossibile mettere la sua mente in alcun posto, perché la mente è un concetto
ed è immateriale — come lo Spirito Santo: se vi credi potrai sentirlo, ma non vi è modo per cui lo si
possa catturare in una provetta e fare in modo che altri lo sentano così come lo senti tu. Coloro che
credono di poter puntualizzare la mente con la medicina illudono se stessi, poiché non esiste alcuna
mente. Mente è un sostantivo, un neologismo che — nella lingua inglese — fu introdotto solamente
nel 17° secolo — prima esisteva solo come verbo. Se volete approfondire questo argomento della
mente — intendo dire, approfondirlo scientificamente —, allora dovreste leggere The Meaning of
Mind, del prof. Szasz — un libro che, vi avverto, cambierà radicalmente la vostra visione della
salute mentale!
In questa sede, dovrebbe bastare affermare che non esiste alcuna mente ma solo la persona! Ciò che
rivendicate di fare in nome della medicina alle menti dei pazienti, non può giustificare la vostra
inadempienza a vedere ciò che state facendo come individui ad altri individui. Potete asserire di
essere medici che curano pazienti, ma il fatto resta che questa, spesso, è semplicemente una

13
La Teologia Della Medicina è in fase di traduzione a cura di Tristano Ajmone. Il testo è scaricabile gratuitamente dal
sito OISM:
http://www.oism.info/it/terapia/etica_deontologia/la_teologia_della_medicina.pdf

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traduzione gergale — una manovra linguistica — del fatto che voi siete persone che privano della
libertà altre persone che non hanno commesso crimini. Fine della storia!
Tralasciando come i professionisti della salute mentale spiegano e giustificano ciò che fanno,
l’esperienza in prima persona delle loro azioni non cambia — né è influenzata — dai mutamenti
paradigmatici teorici. Essere incarcerati e contenuti in un istituto psichiatrico oggi ha lo stesso
sapore che aveva nei primi manicomi del passato. Non possiamo accettare nessuna apologia che
rivendichi che le torture siano diventate meno cruente, e i manicomi più abitabili (il che, tra l’altro,
è falso) — non è una questione di quantità o qualità, è una questione di principio, così come
l’Olocausto non si riduce meramente ad una questione di numeri. Essere elettroscioccati o storditi
dagli psicofarmaci in nome della biopsichiatria, della salute mentale bio-psico-sociale, o la Sacra
Inquisizione, o quant’altro, è dopotutto la stessa ed unica esperienza in tutta la storia —
quantomeno, è tale dal punto di vista delle vittime.

La Malattia Mentale: Un Mito Senza Alcun Modello di Sanità


La malattia mentale non esiste! Questa questione mi è talmente chiara che ritengo sufficiente
menzionare il fatto che non esistono test biologici per rilevare la presenza di malattie mentali; e che
mentre le categorie diagnostiche psichiatriche stanno crescendo in maniera esponenziale, non viene
offerto nessuno modello di sanità con cui tali «malattie» mentali dovrebbero essere misurate, oltre
ai capricci discrezionali delle task force che ne votano i criteri diagnostici. Qualsiasi vero medico è
in grado di descrivere come dovrebbe apparire la parte del corpo che ritiene malata, se fosse sana.
Un dentista non esiterebbe a descrivere come si presenta un dente sano — quale porosità dovrebbe
avere, e via dicendo, con tutte le caratteristiche che riguardano i denti e la bocca. Ma così non è con
gli psichiatri, perché le malattie mentali semplicemente non esistono.
Non vi sono test biologici per diagnosticare le malattie mentali, si basa tutto su colloqui parlati o
resoconti di terze parti. I criteri diagnostici sono interamente decisioni arbitrarie da parte dei clinici.
Semplicemente, mi rifiuto di credere che l’omosessualità o la masturbazione siano malattie fisiche,
eppure entrambe sono state tra le principali malattie mentali psichiatriche. Com’è che un giorno un
comportamento è una malattia medica e il giorno dopo diviene semplicemente una questione di
condotta e scelta personale? Il cancro non può essere convertito in condotta e scelta personale! Il
fatto è che gli psichiatri privano della libertà di scelta nella condotta personale dichiarando malattia
mentale qualsiasi comportamento indesiderato. Questo è controllo sociale mascherato da cura
medica.
Qual è il modello di sanità mentale oggi? È, ancora, come durante il periodo nazista, essere
eterosessuali, bianchi ed Ariani, produttivi, e devoti al regime? Oppure è cambiato? Sinceramente,
ve lo chiedo… proprio in questo momento migliaia di dissidenti politici sono rinchiusi in istituti
psichiatrici in Cina… e molti altri in tutto il mondo.
I modelli scientifici nella salute mentale sono mutati lungo la storia, attraverso gli accesi dibattiti tra
le diverse scuole di pensiero nel sistema della salute mentale; cosicché l’eugenetica nazista viene
oggi condannata, mentre gli approcci biopsicosociali vanno di moda. Eppure molti non colgono che
entrambi i modelli condividono le stesse idee di base e — soprattutto — fanno approssimativamente
le stesse cose.
I processi di Norimberga non sono riusciti a interrompere la prassi psichiatrica di etichettare i
pensatori dissidenti come malati e inadeguati, privarli dei diritti di base, deportarli in istituti totali, e
«curarli» con la forza.

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Eresia: Scegliere per Noi Stessi
Le etichette diagnostiche potranno pur essere cambiate — così come i metodi d’intervento — ma il
paradigma soggiacente rimane lo stesso: se non si assecondano le regole del sistema si è colpevoli
di eresia. L’etimo della parola eresia risale al Greco αἵρεσις, hairesis (da αἱρέομαι, haireomai,
“scegliere”), che significa o una scelta di credenze o una fazione di credenti dissidenti. Io ritengo
che le relazioni intime che intrecciano i concetti soggiacenti all’eresia e alla malattia mentale
possano essere difficilmente esagerate — poiché se l’eresia implica la scelta, e l’Inquisizione era il
diniego di quella scelta, allora la psichiatria sta alla malattia mentale come l’Inquisizione stava
all’eresia. Le etichette psichiatriche sono ipso facto delle procedure stigmatizzanti, sono dei termini
intenzionalmente privi di significato, che non intendono comunicare nulla, il loro unico scopo è
scomunicare le persone indesiderate.
Il punto è che l’eresia non è una questione concernente l’essere nel giusto o nel torto, ma è una
questione che riguarda l’avere o meno scelta personale, ed è una questione che riguarda la libertà. In
una società che promuove la libertà la scelta di voler essere diversi non dovrebbe essere motivo di
discriminazione e persecuzione. Eppure la nostra società non pare disposta a farsi carico delle
responsabilità che, necessariamente, conseguono alla libertà. È più facile lavarsi le mani di tutte le
responsabilità e gestire le scelte imbarazzanti rimuovendo l’intera arena del confronto, chiamando
in causa qualche misteriosa malattia che richiede sacri interventi psichiatrici.
Così succede che, ogni qualvolta negli USA un cittadino americano bianco spara al Presidente, deve
per forza essere un pazzo — per l’opinione pubblica è semplicemente inconcepibile che la società
americana possa fallire nell’instillare i suoi valori patriottici nei suoi beneducati figli. Ma se un
arabo spara al Presidente, allora la faccenda è alquanto più facile da gestire, non vi è alcun bisogno
di ricorrere al gergo psichiatrico per gestire la situazione: il gergo della guerra contro «il fanatismo
religioso» è ben instaurato, pronto a dislocare ogni responsabilità dalle spalle della nazione su
quelle di una cultura religiosa aliena, che è per definizione pazza e fanatica. Non vi è necessità di
ricorrere all’approccio medico che incolpa il cervello ed i geni.
Ciò che appare inspiegabile deve essere gestito da quegli esperti che sono riluttanti a spiegare la
natura della loro impresa scientifica — la forza stessa della psichiatria risiede nell’impossibilità di
dimostrare la natura medica della malattia mentale, poiché anche se dovessero trovare delle prove
scientifiche di una correlazione tra cervello e comportamento, questo non ne farebbe una questione
psichiatrica, di fatto diverrebbe immediatamente una questione neurologica, e ciononostante non
una malattia mentale ma bensì una malattia cerebrale.
Quindi, scelta ed eresia sono intimamente connesse all’odierno sistema della salute mentale.
Persone come me hanno intrapreso la scelta volontaria di essere eretici e dissidenti fino in fondo. E
devo a Thomas Szasz l’immenso piacere di aver scoperto il vero significato della libertà: attraverso
i suoi scritti ho gradualmente scoperto la libertà interiore quando ero ancora un carcerato
psichiatrico. Non importa quanto spiacevole sia stato il mio viaggio nella follia e nella psichiatria,
ora posso fieramente affermare di aver scoperto la vera forza dell’eresia: quella forza di
cambiamento sfrenata che sfida i luoghi comuni in nome dell’Uomo e della libertà.
Voglio anche ringraziare di tutto cuore il dott. Giorgio Antonucci, uno dei più grandi eretici del
nostro tempo: un medico e psicanalista che ha sfidato la schiavitù psichiatrica alle sue radici.
Giorgio ha smantellato diversi manicomi italiani, liberando persone che erano state legate ai letti da
vent’anni! Persone che non erano più in grado di muovere gli arti. Persone a cui erano stati rimossi i
denti frontali perché si rifiutavano di mangiare, per poter morire, e che venivano alimentati
forzatamente. Persone a cui gli psichiatri applicavano le museruole sulla bocca per evitare che
sputassero ai loro carcerieri. Giorgio Antonucci — anch’egli Socio Onorario OISM — è sia un
attivista di prima linea che un intellettuale dissidente, e non ha mai smesso di sostenere le vittime

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del sistema psichiatrico, né coloro che difendono la causa della libertà. Egli è stato perseguitato
dalla psichiatria e dalle istituzioni italiane, lo hanno calunniato e finanche condotto in tribunale. Ma
lui non si è mai arreso. È un esempio vivente per i survivor italiani, e non ci ha mai negato il
proprio sostegno; il suo cuore è nobile e coraggioso come quello di un leone, ed è anche una
persona molto dolce. Lo ringrazio per tutto il sostegno che mi dà e per la pazienza che dimostra con
me, poiché so di avere un caratteraccio.
Molti sopravvissuti e pensatori dissidenti si uniscono sotto l’ombrellone comune dell’eresia, e la
lista di queste persone è troppo lunga per menzionarla. Il nostro non è un élite club basato sul
cumulo di crediti per ciò che fai. Non è come essere in una carriera in cui le azioni ti elevano di
posizione nella scala sociale. Ha a che fare con l’essere ciò che uno crede dovrebbe essere. Non
sono qui per prendere un attestato di partecipazione. Sono venuto qui a spese mie, e siccome i miei
risparmi non erano sufficienti a coprire l’intero costo, ho accettato con orgoglio che i miei generosi
pari dell’associazione Diritti e Doveri14 di Biella mi aiutassero a raggiungere la somma richiesta.
Sono qui poiché sono come sono e voglio condividerlo con voi. Noi eretici non pensiamo in termini
di status sociale o credenziali accademiche, noi valorizziamo le qualità umane prima e più di tutto.
Molti di noi sono economicamente poveri, e ci rimaniamo davvero male quando veniamo censurati
e messi a lato, poiché non godiamo di pari opportunità; molti di noi sono stati ridotti alla
destituzione dagli interventi psichiatrici e dallo stigma.
Spero che questa divagazione vi aiuti a cogliere lo spirito che anima molti dei survivor che
attaccano la psichiatria. Comprendere gli altri è una grande conquista, e i sopravvissuti sono
principalmente persone molto ricche dentro, e rappresentano la forza civilizzatrice dell’eresia
odierna.
Quindi, torniamo alla questione delle diagnosi quali controffensiva paternalista alla libertà di scelta.

Scelta e Psicoriabilitazione
La scelta soleva essere il perno centrale degli interventi psicologici: il terapeuta soleva cercare
mezzi per espandere le scelte del proprio cliente, al fine di superare le condizioni limitanti che erano
causa di sofferenza — quello che il cliente soleva definire il proprio problema e causa di sofferenza.
Oggi, gli psicologi sono talmente scesi a compromessi con il modello medico da accettare pazienti
ricoverati coercitivamente, pazienti ai quali è stata negata la principale scelta del contratto
terapeutico: ovvero, il proprio consenso ad entrare in terapia. Quella della scelta non è più una
questione in psicoterapia, l’atteggiamento generale nei programmi di psicoriabilitazione è che se il
paziente è consenziente “tanto meglio”, se no… “beh, poco importa.” Gli psicofarmaci sono sempre
dati per scontati come parte della terapia, eppure di fronte alla pillola siamo tutti uguali. Vedete,
non vi è più entusiasmo nella professione psicologica, non vi è più vita in essa.
La coercizione è la negazione della scelta individuale. La libertà non è veramente libertà se
l’individuo non appartiene a sé stesso e non gode del diritto di scegliere da sé per sé stesso. La
libertà di scelta — intendo dire, la vera libertà di scelta — implica che alcune persone
intraprenderanno scelte di cui potremmo disapprovare, come il suicidio, o il consumo di droga, e via
dicendo. Dobbiamo però comprendere che l’Uomo non è libero fintanto che non appartiene a sé
stesso e gode del diritto di disporre come meglio crede di sé stesso. Comprendo l’impulso di molte
persone a intervenire di fronte a simili scelte, specialmente quando vengono intraprese dalle persone
amate; ma a meno che noi si comprenda che il nostro dovere e la nostra responsabilità ad aiutare gli
altri si esauriscono con il semplice atto di offrire e rendere disponibile questo aiuto, seguiteremo a

14
http://diritti-e-doveri.utenti.net

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cadere nella trappola paternalistica che giustifica la coercizione e lo stigma. E, fate attenzione, non
dico questo basandomi su congetture teoriche!
Mia madre varcò l’uscita di emergenza della libertà fatale, dopo una vita di torture psichiatriche —
incluso l’elettroshock! — e, ovviamente, mi manca molto, e vorrei tanto che fosse qui. Ma non
posso condannare la sua scelta, specialmente dopo aver provato io stesso un lungo viaggio nel
sistema psichiatrico. È così che va la vita, che vi piaccia o no. Questo mondo sta andando a rotoli: la
violenza, il razzismo e l’indifferenza sociale sono la norma; quindi, come possiamo biasimare
quelle persone intelligenti che decidono che vivere non vale pena che richiede?

Ripensarla Tutta dall’Inizio


Qualsiasi discussione «scientifica» che non trascini nell’arena di discussione questo paradigma
ideologico-operativo soggiacente non è altro che una fuga dalla responsabilità. Il gergo che
giustifica l’esistenza di questo paradigma è sempre lo stesso: il gergo pseudo-medico che mistifica
la realtà fattuale di ciò che avviene. E, per questo motivo, sono certo che il mio intervento potrebbe
facilmente essere liquidato dato che la libertà e la politica non dovrebbero essere parte del
programma di un congresso medico, a meno che non si tratti di una conferenza sull’etica. Ma per la
stessa ragione potremmo chiedere a tutti gli psicologi di alzarsi e tornarsene a casa, dopo tutto non
sono dei medici. Il punto è che quando la medicina (o la psicologia) privano della libertà e del
consenso alla cura, allora la libertà diviene una questione da affrontare, e non mi sovviene altra
maniera genuina di affrontarla se non prendendola come una questione politica — nel senso
etimologico del termine.
Perciò, non dovreste stupirvi se gli utenti ed i sopravvissuti di tutto il pianeta hanno avviato una
protesta globale contro il regime psichiatrico — e che lo abbiano fatto con notevole successo. Le
argomentazioni con cui i survivor muovono le proprie critiche affondano le radici nella questione
della libertà. Se ci riconoscete che siamo esseri umani, e non pazienti, allora dovrete riconoscerci il
diritto a godere dei diritti umani inalienabili. Eppure, l’alienazione psichiatrica infrange questi diritti
e rivendica un mandato che li scavalchi, ed è proprio questo che rende gli psichiatri degli alienisti e
noi pazienti degli alieni.

La Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani delle Nazioni Unite


La Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani delle Nazioni Unite15 stabilisce che “Tutti gli esseri
umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, eppure la biopsichiatria nega questo status di
eguaglianza con le proprie rivendicazioni secondo cui i tratti della personalità sono ereditari.
E che “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.”
Eppure gli psichiatri, gli psicologi e gli assistenti sociali che accettano l’approccio coercitivo
negano questi diritti.
E che “Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù”, eppure i pazienti
psichiatrici sono spesso assoggettati ad entrambi.
E che “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli,
inumani o degradanti.” Eppure gli psichiatri hanno tre secoli di registro storico per siffatte pratiche.
E ancora: “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità
giuridica.” Eppure, gli psichiatri negano il riconoscimento giuridico della persona di fronte alla

15
http://www.unhchr.ch/udhr/lang/itn.htm

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legge quando negano l’agenzia morale tramite la difesa per “incapacità di intendere e volere”, o
quando screditano un testimone sulla base di criteri diagnostici.
E che, “Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.” Eppure, il
trattamento sanitario obbligatorio è, a tutti gli effetti, un arresto arbitrario di persone non colpevoli
di reati, perpetrato con il sostegno delle forze di polizia.
Potrei proseguire, ancora ed ancora, leggendo tutti i punti chiave della Dichiarazione Universale
Dei Diritti Umani, mostrando come la psichiatria abbia uno stratagemma per raggirare ogni diritto
umano e di come lo abbia storicamente fatto fino al giorno d’oggi senza soluzione di continuità.
Ora, tutto questo ha un senso solo per coloro che sono sinceramente interessati ad ascoltare il punto
di vista degli utenti e sopravvissuti. Se è vero che gli psichiatri hanno detto le stesse cose lungo
tutto il corso della storia — ossia, che hanno il dovere di curare le persone, anche contro la loro
volontà —, è anche vero che pure gli utenti hanno ripetuto sempre le stesse cose — ossia, lasciateci
stare! Smettetela di torturarci! Smettetela di privarci della libertà e dei diritti civili!
Quando la medicina viene valorizzata al di sopra della libertà, e gli interventi medici vengono
giustificati tramite la morale e spiegazioni prive di senso — anziché tramite la scienza —, allora la
medicina diviene una religione, e gli eretici divengono dei pazienti. E direi, senza esitazione, che
questa è la situazione attuale.
Promettere i diritti umani è un facile compito quando vi è a portata di mano una forza psichiatrica
per raggirare il loro effettivo godimento attraverso un criterio medico arbitrario posto al di sopra
della regola della legge. Ma garantire questi diritti umani e poi difenderli a costo delle nostre vite,
beh… questo è qualcos’altro. Eppure, coloro che lottarono per il riconoscimento di questi diritti
erano persone che si batterono duramente. La Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani asserisce
chiaramente nel Preambolo “è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche,
se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro
la tirannia e l'oppressione.”
Ma come possiamo proteggere questi diritti se valorizziamo la medicina al di sopra della libertà? Lo
sforzo globale per stabilire dei diritti speciali per i «malati di mente» è un tentativo di ufficializzare
la spogliazione dei diritti umani di una sottoclasse di reietti. Dato che la diagnosi psichiatrica è più
un diritto del medico che non del paziente, ne consegue che la diagnosi è — ancora una volta nella
storia — uno strumento per legittimare la discriminazione nella classificazione giuridica.
L’International Association Against Psychiatric Assault ha avviato una campagna intitolata because
human rights are indivisible (“dato che i diritti umani sono inscindibili”). Non esiste condizione
medica — vera o falsa che sia — che possa giustificare l’implementazione di criteri diversificati per
i diritti umani dell’individuo.

Conclusione
Per concludere, vi invito a considerare il fatto che l’impulso, che molte persone avvertono, a curare
i presunti malati di mente non è, tutto sommato, una questione fondamentale in questo mondo, a
differenza di quanto si rivendica — e non sto dicendo, con questo, che aiutare le persone sofferenti
non sia una questione importante, ovviamente lo è. Ciò che voglio dire è che sono fermamente
convinto che «udire voci inesistenti» o «vedere cose inesistenti» non è, tutto sommato, grave quanto
l’incapacità a vedere ciò che è dritto davanti ai nostri occhi, o il non essere sufficientemente onesti
da prestare pienamente orecchio alla voce di coloro che hanno subito la psichiatria.
Proprio come nella favola di Andersen, il re è nudo: la psichiatria è sempre stata — e rimane
tutt’oggi — un sistema di controllo sociale.

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Se i nostri intellettuali e scienziati non riescono a rendersene conto allora siamo davvero in un mare
di guai, poiché saremo condannati ad essere di nuovo testimoni degli orrori storici dell’Olocausto,
delle sterilizzazioni di massa, e del genocidio silenzioso in nome della medicina.
Non possiamo avere la libertà se non accettiamo la responsabilità, perciò vi chiedo di prendere in
seria considerazione questo mio appello a fermarvi e ripensare la vostra missione di riabilitazione
psicosociale. Non valorizzate la medicina al di sopra della libertà! Non valorizzate la vostra
professione al di sopra della vostra umanità!
Vorrei concludere questo mio discorso ringraziando di cuore il dott. Tibaldi, il mio psichiatra — il
quale non ha mai smesso di sostenermi, nonostante il mio carattere tremendo; e ha creduto in me
come persona quando anche i miei amici più stretti mi hanno abbandonato al mio destino
psichiatrico.
Come frase conclusiva voglio offrirvi una citazione di Yevgeny Zamyatin:
“Il mondo è tenuto in vita solo dagli eretici … Il nostro simbolo di fede è l’eresia: il domani è
inevitabilmente eresia per l’oggi … Ieri, vi erano gli zar, e vi erano gli schiavi; oggi non vi
sono zar, ma gli schiavi rimangono; domani vi saranno solo zar. Noi marciamo in nome
dell’uomo libero di domani — l’uomo regale. Abbiamo vissuto l’era della soppressione delle
masse; stiamo vivendo in un’epoca della soppressione dell’individuo in nome delle masse; il
domani porterà la liberazione dell’individuo — in nome dell’Uomo. … L’unica arma degna
dell’Uomo — dell’Uomo del domani — è la parola.”
— Yevgeny Zamyatin (1884-1937), Tomorrow16
Grazie.

16
Y. Zarnyatin, “Tomorrow [1919-20]” in A Soviet Heretic: Essays by Yevgeny Zamyatin — citato in Heresies (T.S.
Szasz, Anchor Books, 1976)

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