Sunteți pe pagina 1din 64

SOMMARIO

Maria Teresa Fattori, Introduzione. Politiche sacramentali


tra Vecchio e Nuovi Mondi nei secoli XVI-XVIII. . . . . . . . . Pag.  295
This introductory article of the monographical issue of the journal
focuses on the ways Christian missionaries encountered cultures and
religions of the non-European world. It casts a light on the importan-
ce of this question starting with the discipline of otherness in medie-
val Christendom and presents the themes highlighted by the articles
in the issue. The meeting of missionaries and non-European peoples
have produced various adaptations, at the same time, however, the
encounters have leveled the differences, reshaping them, especially in
the area of moral, matrimonial and sexual behavior, according to the
Tridentine model.

Fabrizio Mandreoli, Note sulla teologia sacramentaria tra


il XII e il XV secolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »   327
This essay focuses on the history of the theology of sacraments and
especially its development between the 12th and the 15th centuries.
The primary sources of the investigation include the conciliar delibe-
rations on the sacraments of baptism and eucharist during these four
centuries. It becomes clear in the analysis that social, anthropological,
and institutional elements are in play in the theological reflection, all
interacting with the theological debate within the Church. Especially
important for the understanding of the sacraments in the life of the
Church is the idea of difference and otherness in the debates at the
councils celebrated between the 12th and the 15th centuries.

Riccardo Saccenti, Quidam dicunt quod aqua sive ablutio,


quidam quod character. Discussioni sulla natura del bat-
tesimo fra la metà del XII e i primi decenni del XIII secolo »   387
The sacrament of baptism is at the centre of a large theological debate
between the middle of the XII century and the middle of the XIII.
IV

Starting with Peter Lombard’s position in his Sentences, the theological


debate developed a deeper understanding of the various aspects of bap-
tism. The main theologians engaged in it were Stephen Langton, Wil-
liam of Auxerre, Alexander of Hales and Hugues of Saint-Cher. Their
doctrines had an evident influence on the positions of the subsequent
authors such as Bonaventure of Bagnoregio and Thomas Aquinas.

Ângela Barreto Xavier, “Conformes á terra no modo de


viver”. Matrimónio e império na Goa quinhentista. . . . . . Pag.  419
The essay analyzes the social and political consequences of the con-
versions to Christianity in Goa, in particular the consequences on the
practice of marriage. The canon law was preceded by the norms of the
Portuguese empire in India, which favored the association between the
conversion to Christianity and the granting of the rights of citizenship
for new converts. On the other side, the native peoples used conversion
to gain political inclusion or to preserve their social status.

Giuseppe Marcocci, Teologia e missioni in un impero com-


merciale: casi di coscienza e sacramenti nel mondo porto-
ghese, ca. 1550-1600 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »   451
This article analyzes the creation and development of the “casuistry” of
missionary theology in the territories of the Portoguese Empire in the
second half of the 16th century. It focuses on the internal debates of the
Society of Jesus from Europe to India, and from Brasil to Japan, looking
especially at the issue of the strategy of adaptation in the administration
of sacraments in non-European territories.

Bruno Boute, The Trial of Melchisedek. Bureaucrats of


the faith in Rome and engineers of the sacred in Flanders,
1606-1610 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »   483
In the course of the early modern period, hundreds of books about
liturgy, devotional practices, and sacramental method were the object
of preventive or repressive censorship by Roman Congregations. In this
article, a specific case – the Louvain affair of Jacobus Jansonius’ Li-
turgica (1606-1609) – is used as a platform to integrate research into
religious practice into ritual studies in general, and as an opportunity
to turn the scepticism of Philiph Buc’s The Danger of Ritual into an
analytical vantage point in particular. Investigating the complex rela-
tionship between orthodoxy, orthopraxy, and writing about religious
practice, this essay seeks to contribute to the history of the “practising
Christian”, the primary unit of analysis in today’s Sociology and Anthro-
pology of Christianity.
Cr St 31 (2010) 327-386

Note sulla teologia sacramentaria


tra il XII e il XV secolo

La teologia e la pastorale dei sacramenti sono tradizionalmente


un luogo prospettico, significativo per intravedere alcuni elementi
dell’identità e della figura di Chiesa nei concreti assetti storici1 e,
quindi, anche nel confronto con le forme di alterità che via via si
sono affacciate dentro e fuori i confini dell’Ecclesia. Anche per l’oggi
ecclesiale, che si contrassegna per la cosiddetta uscita dal regime di
cristianità e che risulta erede di infinite stratificazioni,2 tale percezio-
ne pare significativa da molteplici – e inaspettati – punti di vista.3 Ci
proponiamo di rinvenire alcune tracce di queste stratificazioni rac-
cogliendo osservazioni storico teologiche sulla teologia medievale e
primo-moderna dei sacramenti così come essa si è depositata nell’in-
segnamento magisteriale conciliare in relazione soprattutto alla fi-
gura di Chiesa dentro la quale e per la quale tali sacramenti erano
celebrati.

1. I sacramenti: “l’inizio” di una riflessione

Trattare dei sacramenti nel periodo che va all’incirca dal Late-


ranense IV alla conclusione del concilio di Firenze – alle soglie di

1
Cfr. T. Citrini, I sacramenti in un’ecclesiologia in fieri, in La Scuola Cattolica 6
(1974) 744-757
2
S. Dianich, La Chiesa fra la libertà della fede e il sistema sociale della christianitas,
in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 24 (2008) 303-316.
3
Cfr. A. de Libera, Avant-propos, in I. Rosier-Catach, La parole efficace. Signe, rituel,
sacré, Paris 2004, 11-21 e I. Illich, D. Cayley, La corruption du meilleur engendre le
pire, Arles 2007.
328 F. Mandreoli

quella temperie che giunse fino alle riforme protestanti, al concilio


di Trento4 e poi all’epoca tridentina5 – significa porsi in un contesto
storico e teologico caratterizzato dall’emersione nell’occidente latino
di una teologia sacramentaria specifica e approfondita. Infatti “a par-
tire dal XII secolo si vanno costituendo nella Chiesa latina una teo-
logia sacramentaria e una progressiva dogmatizzazione della pratica
sacramentale”.6 Questo, ovviamente, non significa che la teologia dei
sacramenti prima della nascita e della formalizzazione del metodo
scolastico non fosse conosciuta, praticata e tantomeno che non fosse
creativa e originale. Il tipo di riflessione che inizia intorno al XII
secolo è comunque differente dal tipo di riflessione che la precede.
Come affermato plasticamente dalle acute analisi di Cesare Giraudo
la teologia del “primo millennio” differisce visibilmente da quella del
“secondo millennio”.7 Quest’ultima si pone, infatti, domande diffe-
renti, utilizza strumenti e pratiche diverse, si svolge in contesti – ec-
clesiali, sociali ed esistenziali – mutati rispetto al passato.8
Tutti i trattati di questo lungo periodo, quali i compendia e le sum-
mae, si pongono il problema di investigare i sacramenti. Si tratta di
indagare la loro natura e struttura, il numero, la fonte della grazia da
loro elargita, la qualità della causalità sacramentale, il rinvenimento
della loro istituzione nelle parole e nei gesti di Gesù Cristo, la loro
efficacia, la capacità di imprimere un carattere e la loro reiterabilità,
la necessità medicinale, le simbologie, la connessione con la progres-
siva dispensazione della salvezza. Tale articolata indagine si colloca
all’interno di una ricerca più complessiva che tenta di rinvenire una
definizione di sacramento adatta per descrivere, in maniera generale,
i sacramenti più direttamente collegati all’elargizione della grazia. Si
può affermare che gli autori che, per primi, danno voce in modo
organico a tale serie di interrogativi siano Ugo di San Vittore seguito

4
Cfr. P. Prodi, Controriforma e/o riforma cattolica: superamento di vecchi dilemmi
nei nuovi panorami storiografici, in Römische Historische Mitteilungen 31 (1989)
227-237.
5
Cfr. G. Alberigo, Du Concile de Trente au tridentinisme, in Irénikon 2 (1981) 192-
210.
6
H. Bourgeois, La costituzione della sacramentaria, in H. Bourgeois, B. Sesboüé, P.
Tihon, I segni della Salvezza XII-XX secolo, (Storia dei Dogmi, III) Casale Monfer-
rato 1998, 99.
7
Cfr. C. Giraudo, ‘In Unum Corpus’. Trattato mistagogico sull’eucarestia, Cinisello
Balsamo 2001, 9-32.
8
Cfr. E. Mazza, Continuità e discontinuità. Concezioni medievali dell’eucarestia a
confronto con la tradizione dei Padri e della liturgia, Roma 2001.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 329

dall’autore della Summa Sententiarum e da Pietro Lombardo.9 Ugo


di San Vittore, interrogandosi sulle dimensioni della redenzione af-
ferma:
Opus restaurationis est incarnatio Verbi cum omnibus sacramentis suis,
sive iis quae praecesserunt ab initio saeculi, sive iis quae subsequuntur
usque ad finem mundi.10

Per il maestro di San Vittore i sacramenti all’interno dell’opus


restaurationis, insieme alla fede e alle opere della carità,11 sono le
strutture fondamentali della riparazione e della salvezza dell’uomo.12
Ugo è tra i primi maestri del XII secolo che si interroga su cosa sia
un sacramento – quid sit sacramentum –, per quale motivo sia stato
istituito, di quale materia sia costituito, di quanti generi siano i sa-
cramenti. Egli, ponendosi tali domande sulla natura dei sacramenti
avvia a una riflessione che si articolerà in seguito nel De sacramentis
in genere et in specie13 venendo ripresa, ampliata e approfondita da
tutti gli autori della tradizione scolastica. Ugo di San Vittore con tale
ricerca non si distanzia ancora dalla riflessione patristica e altome-
dievale dove l’utilizzo del termine sacramentum copre ancora una
vasta gamma di realtà e di significati.14 Il termine sacramento può
indicare pressoché ogni realtà predisposta da Dio per la salvezza e la
redenzione dell’uomo.15 Nondimeno egli dà avvio ad una riflessione
che diverrà sempre più specifica e analitica. Il Vittorino segnala con
le sue domande l’inizio di un’ampia ricerca riguardante la diffinitio16
dell’essenziale del sacramentum a cui si collega lo sviluppo da un lato
della progressiva delimitazione numerica dei sacramenti e dall’altro

9
Cfr. A. Caprioli, Alle origini della definizione di sacramento: da Berengario a Pietro
Lombardo, in La Scuola Cattolica 6 (1974) 718-743.
10
Hugo de Sancto Victore, De sacramentis christianae fidei, I: Prologus, in P.L. 176,
183.
11
Hugo de Sancto Victore, De sacramentis christianae fidei, I, VIII, in P.L. 176, 305.
12
Cfr. R. Berndt, Vernunft des Heils. Die Rationalität der Geschichte in theologischen
Summen des 12. und 13. Jahrhunderts, in Id. (Hrsg.), Vernünftig, Würzburg 2003,
243-246.
13
Cfr. R. Gerardi, Il genus del sacramento e i genera sacramentorum, in F. Giacchetta
(a cura di), Grazia, sacramentalità, sacramenti, Assisi 2008, 89-110.
14
Cfr. C.U. Blessing, Christus de ore ad cor transit. Die Eucharistielehre Hugos von St.
Viktor, Neuried 1997, 36-67.
15
Cfr. Pascasius Radbertus, De corpore et sanguine Domini, III, B. Paulus (ed.), CC
CM XVI, Turnhout 1969, 23-25.
16
Hugo de Sancto Victore, De Sacramentis christianae fidei, I, IX, in P.L. 176, 317.
330 F. Mandreoli

dello studio approfondito degli aspetti dei singoli sacramenti. Appro-


fondimento che, dal punto di vista teorico, ha avuto un versante mar-
catamente teologico, uno canonico e uno celebrativo-liturgico.

2. I sacramenti e la Chiesa

All’interno di questa fioritura di testi e prospettive che hanno segna-


to la vita della Chiesa e la teologia sui sacramenti la nostra analisi cerca
di ricostruire alcuni elementi della riflessione teologica sacramentaria
presente nel magistero conciliare, dedicando particolare attenzione
alla relazione esistente tra la riflessione – e la prassi – sacramentaria e
la figura di Chiesa che tale riflessione testimonia, traduce o tende a pla-
smare. Possiamo ricordare come esempio di tale direzione di ricerca lo
studio recente di Laurent Villemin.17 Egli riprende la nota distinzione
tra la potestas ordinis e la potestas iurisdictionis, tra la consacrazione
sacramentale e l’esercizio della giurisdizione pastorale, per cercarne le
remote origini teologiche e canoniche. In tale studio l’autore mostra
come, all’interno di una complessa fluttuazione di significati e prospet-
tive, una certa teologia del sacramento dell’ordine sia in relazione a
una determinata figura di Chiesa, caratterizzata da specifici aspetti isti-
tuzionali e sacramentali. A seconda del tipo di relazione che si stabilisce
tra il sacramento e il diritto correlato, tra la fonte della consacrazione
e la fonte della giurisdizione, si disegna un tipo di esercizio nella Chie-
sa del ministero del diaconato, del presbiterato, dell’episcopato e del
ministero del pontefice; la segmentazione del potere in due, giurisdi-
zionale e sacramentale, comporta ampie conseguenze su tutto l’assetto
ecclesiologico. La distinzione tra potestas e potestas porta a distinguere
da un lato l’autorità sui sacramenti e la loro amministrazione, dall’altro
l’autorità pastorale sul popolo di Dio;18 caso emblematico si ha nella
differenziazione avvenuta dentro l’esercizio dell’ordine sacro: da un
lato vi è il ministero di colui che celebra i sacramenti, dall’altro quello
di colui che predica dove il primo tipo di ministero non suppone e non

17
L. Villemin, Pouvoir d’ordre et pouvoir de juridiction, Paris 2003.
18
L. Villemin, Pouvoir d’ordre…, 195-196: “Cette conception s’est développée au
cours de la scolastique pour aboutir à l’idée que le pouvoir d’ordre avait pour objet
le corps réel du Christ alors que le pouvoir de juridiction avait pour objet le corps
mystique du Christ. On a, de plus, limité le domaine sacramentel au corps réel du
Christ et relégué le corps mystique du Christ dans la sphère juridique non sacra-
mentelle”.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 331

include il secondo.19 Tale ricerca mostra, cioè, come l’emersione della


distinzione, e poi della progressiva separazione, tra le due potestates
nella teologia sacramentaria e nella canonistica del XII e del XIII se-
colo – con gli ampi sviluppi successivi – configura e nello stesso tempo
riflette un modello storico di Chiesa.20
Nella duplice consapevolezza metodologica che non si possono
cercare risposte a domande che il passato non sopporta e che l’esem-
pio addotto è particolare in quanto si basa sulla intrinseca solidarietà
esistente tra figura di Chiesa e teologia del sacramento dell’ordine,
tuttavia tale esempio indica che si possono rinvenire utili indizi e
significative tracce del rapporto – nelle sue costanti e nelle sue varia-
zioni – tra la teologia dei sacramenti e la figura di Chiesa. La nostra
prospettiva di ricerca nasce, quindi, dalla persuasione, quasi ovvia,
che i sacramenti sono i sacramenti della Chiesa.21 Essi, come afferma
Bonaventura, sono costituiti nella santa Chiesa,22 vengono celebrati
in relazione all’esercizio del credere ecclesiale,23 alla fides ecclesiae.24
Ricordiamo come Ugo di San Vittore nel De sacramentis christianae
fidei tratta dei sacramenti della nuova alleanza nel libro secondo a
partire dal capitolo terzo dopo aver riflettuto nei primi due capitoli
sulle realtà teologiche che li rendono possibili e li intenzionano, ossia
l’incarnazione e la Chiesa. Per lui i sacramenti non sono comprensi-
bili se non in tale quadro teologico ed ecclesiologico.25 Lo stesso Tom-
maso descrive la Chiesa come costruita – fabricata – dai sacramenti:
per sacramenta quae de latere Christi pendentis in cruce fluxerunt,
dicitur esse fabricata Christi.26

19
Cfr. P.-M. Gy, Évangélisation et sacrements au moyen-âge, in C. Kannengiesser, Y.
Marchasson, Humanisme et foi chrétienne, Paris 1976, 570-572.
20
Cfr. L. Villemin, Pouvoir d’ordre…, 115-197.
21
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, III, q. 60: “Considerandum est de
Ecclesiae sacramentis quae ab ipso Verbo incarnato efficaciam habent”.
22
Bonaventura, Breviloquium, VI, I, in San Bonaventura, Opuscoli Teologici, II: Bre-
viloquio, Roma 1996, 246: “Sacra institutione et benedictione divinitus consecrata,
ad cultum sacratissimum Dei in sacra Ecclesia constituta, ita ut merito dici debeant
Sacramenta”.
23
Cfr. M.Th. Nadeau, Foi de l’Église. Évolution et sens d’une formule, Paris 1988.
24
Cfr. S. Ubbiali, Il Sacramento cristiano, Assisi 2008, 7.
25
Hugo de Sancto Victore, De Sacramentis christianae fidei, II, II, I, in P.L. 176, 416:
“In corpore uno spiritus unus. Nihil in corpore mortuum, nihil extra corpus vivum.
Per fidem membra efficimur, per dilectionem vivificamur. Per fidem accipimus
unionem; per charitatem accipimus vivificationem. In sacramento autem per bap-
tismum unimur, per Corpus Christi et sanguinem vivificamur”.
26
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 64, art. 2.
332 F. Mandreoli

In altri termini si può affermare che “dove c’è la Chiesa, là ci sono


i sacramenti. Essi appartengono intimamente alla vita della Chiesa”.27
Essa è al contempo la Chiesa che li celebra e li amministra come doni
di grazia del Signore crocifisso e risorto e quell’opera divina28 che
risulta dai sacramenti che la edificano e le danno forma.29
All’interno di tale orizzonte teorico ci concentriamo in partico-
lare, non esclusivamente, sull’eucarestia e – in parte – sul battesi-
mo. Essi sono, per quanto attiene alla coscienza cristiana del periodo
investigato,30 considerati comunemente come i sacramenti principali
per dire sia il luogo di edificazione della Chiesa sia l’ingresso e l’ap-
partenenza piena alla Chiesa da parte dei credenti.31 Non è un caso
che durante i secoli qui studiati proprio questi due sacramenti sono
serviti da punto di partenza e da modello di elaborazione per un trat-
tato De sacramentis in genere: per comprendere cos’è un sacramento
si è spesso partiti dal cogliere le caratteristiche dei sacramenti del bat-
tesimo e dell’eucarestia per poi applicarle analogicamente agli altri
sacramenti. Ugo di San Vittore, descrivendo l’istituzione e la qualità
dei sacramenti, prende come modello esemplare il battesimo,32 men-

27
I. Biffi, I sacramenti, Milano 2007, 17.
28
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 72, 11: “Fideles autem
Christi sunt quoddam divinum opus secundum illud 1 Cor 3,9 ‘Dei aedificatio es-
tis’”.
29
Cfr. T. Citrini, I sacramenti in un’ecclesiologia in fieri, in La Scuola Cattolica 6 (1974)
747: “C’è un’ecclesia congregata ma anche un’ecclesia congregans […]. Come frut-
to della salvezza la Chiesa è certamente prodotta dai sacramenti. Basta pensare al
Battesimo, e più in genere ai sacramenti dell’iniziazione, ianua ecclesiae; o all’Eu-
carestia, la cui grazia propria è l’unità del corpo di Cristo che è la Chiesa. Ma come
struttura attiva a servizio della salvezza essa ‘gestisce’, tra l’altro, i sacramenti stessi,
che tra gli avvenimenti di Chiesa sono indubbiamente al primo posto”.
30
Cfr. A. Caprioli, Alle origini della definizione di sacramento: da Berengario a Pietro
Lombardo, in La Scuola Cattolica 6 (1974) 724-735, in particolare: “Per l’azione
dello Spirito si può dire che l’eucarestia è il sacramentum corporis insieme con il
battesimo, anche se l’eucarestia resta sempre il sacramentum fundamentum come
richiamava lo stesso Ruperto di Deutz. Mentre il fatto di essere fundamentum de-
riva all’eucarestia dall’essere il Corpo e il Sangue di Cristo, il fatto di essere sacra-
mentum corporis deriva all’eucarestia anche dall’essere unita all’azione dello Spirito
nel battesimo. […] In questa visione tradizionale anche la nozione di sacramento
era letta a partire dall’eucarestia vista oltre che nel suo contenuto specifico di sacra-
mento del Corpo stesso di Cristo anche nel suo riferimento alla Chiesa, all’azione in
essa dello Spirito, al battesimo quindi”.
31
Cfr. Y. Congar, L’idea dei sacramenti maggiori o principali, in Concilium 1 (1968)
35-47.
32
Hugo de Sancto Victore, De Sacramentis christianae fidei, I, IX, in P.L. 176, 317-
318.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 333

tre descrivendo il sacramento del corpo e sangue di Cristo afferma


che esso è inter omnia singulare perché tutti i sacramenti attingono
da esso la sanctificatio.33 Lo stesso Tommaso segnala il battesimo e
l’eucarestia, in ragione della loro efficacia direttamente attinta dalla
croce e dalla passione di Cristo, come i sacramenti principali della
Chiesa.34 Pertanto, utilizzarli come campioni di ricerca è utile per
mostrare alcuni nessi tra la visione teologica sacramentale e la com-
prensione ecclesiologica implicita o esplicita. La nostra analisi non
verte sul tema della relazione tra i sacramenti, l’appartenenza alla
Chiesa e la salvezza,35 ci interessa piuttosto mostrare come la produ-
zione e recezione della teologia sacramentaria presente nel magiste-
ro, autorevolmente sancito e recepito, si intrecci con l’ecclesiologia
pratica e teorica del basso medioevo e della prima età moderna e ne
sveli virtualità, aspetti e problemi.

3. I sacramenti e la Chiesa nel magistero conciliare della Chiesa d’Oc-


cidente

La scelta limitativa di leggere per investigare il nostro tema solo


testi magisteriali – e solo alcuni tra essi – è ben consapevole della
portata teologica di almeno due questioni che vanno qui ricordate.
Da un lato esistono altre testimonianze e fonti sui sacramenti, de-
cisamente significative sia in senso storico sia teologico. Non si tratta
solo delle – fondamentali – opere teologiche scolastiche, ma dei com-
menti biblici o liturgici, delle composizioni della tradizione spiritua-
le, delle attestazioni della pietà – popolare e non –, delle mutazioni
nella rappresentazione iconica e artistica del mondo sacramentale,

33
Hugo de Sancto Victore, De Sacramentis christianae fidei, II, VIII, in P.L. 176,
461: “Sacramentum corporis et sanguinis Christi unum est ex his in quibus prin-
cipaliter salus constat, et inter omnia singulare; quia ex ipso omnis sanctificatio
est. Haec enim hostia semel pro mundi salute oblata, omnibus praecedentibus et
subsequentibus sacramentis virtutem dedit, ut ex illa sanctificarent per illam libe-
randos omnes”.
34
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, III, q. 62, a. 5: “Unde manifestum
est quod sacramenta Ecclesiae specialiter habent virtutem ex passione Christi, cuius
virtus quodammodo nobis copulatur per susceptionem sacramentorum. In cuius si-
gnum, de latere Christi pendentis in cruce fluxerunt aqua et sanguis, quorum unum
pertinet ad Baptismum, aliud ad Eucharistiam, quae sunt potissima sacramenta”.
35
Cfr. P. Sequeri, L’idea della fede. Trattato di teologia fondamentale, Milano 2002,
17-33.
334 F. Mandreoli

e, infine, delle testimonianze riguardanti le concrete mutazioni delle


modalità liturgiche e delle prassi celebrative.
Dall’altro lato bisogna tenere conto della complessità delle figure e
delle strutture di Chiesa, che nel periodo compreso dal XII al XVI seco-
lo si affermano, si scontrano, si fecondano a vicenda in Occidente.36
Complessità, la cui difficoltà di lettura sintetica è accresciuta da
due fattori. In primo luogo fino all’inizio del XIV secolo non si ha
una riflessione organica e formalizzata sulla Chiesa – una esplicita
investigatio de ecclesia,37 una Summa de ecclesia,38 o un Tractatus de
Ecclesia39 – che presenti organicamente una dottrina teologica e una
lettura complessiva della Chiesa. In secondo luogo tali trattati, quan-
do emergono, servono per tematizzare – nella trama estremamente
complessa del periodo da noi preso in esame – questioni urgenti di
carattere soprattutto istituzionale. Nella crisi costituzionale che at-
tanaglia la Chiesa di quel periodo bisogna trattare temi quali la ple-
nitudo potestatis papale, il rapporto tra il potere temporale e quello
spirituale, la relazione tra il concilio e il papato, l’assetto della Chiesa
in Occidente. Questo non significa ovviamente né che in precedenza
non vi fosse una domanda sulla Chiesa, sulla sua natura e le sue isti-
tuzioni né che in seguito siano scomparsi gli interrogativi inerenti la
sua dimensione misterica, la sua natura sacramentale e quella delle
sue istituzioni.40
In tale quadro ci concentriamo su alcune dichiarazioni maggiori
del magistero, nello specifico di alcuni concili generali della Chiesa
occidentale,41 per la loro intenzione e capacità non tanto di enunciare
una teoria sacramentale o ecclesiologica compiuta, quanto di rifor-
mare la Chiesa, di riformularne gli assetti e di plasmarne la vita anche
attraverso l’amministrazione dei sacramenti. Non si tratta quindi di
riproporre una sorta di Denzinger Theologie, ma dell’essere consa-
pevoli che le dichiarazioni magisteriali sono la cristallizzazione con
intenzione normativa di un pensiero receptus al quale la teologia e la

36
Cfr. G. Lafont, Storia teologica della Chiesa. Itinerario e formule della teologia,
Cinisello Balsamo 1997, 87-205.
37
Cfr. N. Cusanus, De Concordantia catholica, Lipsiae-Hamburgi 1964.
38
Cfr. Summa de Ecclesia D. Ioan De Turrecremata Tituli Sancti Sixti presbiteri Car-
dinalis, Venetiis 1561.
39
Cfr. I. Wyclif, Tractatus de Ecclesia, I. Loserth (ed.), London 1886.
40
Cfr. T. Dietrich, Die Theologie der Kirche bei Robert Bellarmin (1542-1621), Pader-
born 1999.
41
Cfr. N.P. Tanner, I concili della Chiesa, Milano 1999, 55-60.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 335

prassi successiva hanno continuato a riferirsi.42 La teologia dei sacra-


menti non è infatti pensata ed elaborata, per così dire, a freddo,43 ma
dentro un ampio contesto – ecclesiale, canonico, liturgico, pastorale
e sociale – di cui le dichiarazioni conciliari sono un utile, anche se
non esaustivo, riflesso.
All’interno di tale prospettiva si possono rinvenire tracciati signifi-
cativi sia teorici sia pratici della relazione tra teologia dei sacramenti,
idea di Chiesa e sua figura concreta, che devono essere considerati,
appunto, tracciati e non teorie organiche su di una vicenda teorica e
pratica che non è univoca e monocorde.
Come ultima notazione, ricordiamo come la storia della teologia
ha da tempo mostrato come sovente l’esercizio dell’istituzione conci-
liare sia contrassegnato da un elemento storico di opposizione e lotta.
La Chiesa attraverso il modo del concilio si oppone a qualcosa che
ritiene possa snaturarla e farle mancare la verità del proprio Signo-
re.44 Le riflessioni conciliari non avvengono di norma in contesti pa-
cifici, si tratta molto spesso di rispondere a problemi della teologia e
della vita della Chiesa. Per comprendere correttamente il senso degli
interventi magisteriali di un concilio, è necessario dunque conoscere
bene o quantomeno aver presente, per quanto questo sia possibile,
l’impianto teologico di ciò a cui un determinato concilio desidera
opporsi. Quindi nella riflessione e nell’analisi procediamo mostrando
come spesso il magistero sui sacramenti evidenzi e utilizzi, di volta in
volta, aspetti e categorie della teologia del tempo considerati neces-
sari per esprimere in modo retto la fede e la vita della Chiesa e, nello
stesso tempo, per mostrare gli errori teorici e pratici di coloro che
vennero considerati, a qualche livello, ‘altri’ e differenti rispetto al
corpo ecclesiale, alla sua ortodossia e, quindi, alla christianitas.

42
Cfr. G. Canobbio, Il destino dell’anima. Elementi per una teologia, Brescia 2009,
86.
43
Un significativo esempio di tale interazione tra il dato pastorale, la canonistica, la
teologia e le dichiarazioni conciliari in O. Capitani, Verso un diritto del quotidiano,
in Dalla penitenza all’ascolto delle confessioni: il ruolo dei frati mendicanti. (Atti del
XXIII convegno internazionale della Società internazionale di studi francescani),
Spoleto 1996, 18-21.
44
Cfr. G. Alberigo, Concilio, in G. Barbaglio, G. Bof, S. Dianich (a cura di), Teologia,
Cinisello Balsamo 2002, 276-292.
336 F. Mandreoli

4. Il Concilio Lateranense IV

Il punto di partenza della nostra analisi è il concilio Lateranense


IV. Tale concilio si presenta come un organico tentativo di riformare
la Chiesa al suo interno e di proseguire nella lotta contro ciò che viene
percepito come eretico sia fuori dei confini della cristianità, mediante
la crociata,45 sia dentro i confini delle terre tradizionalmente cristiane.46
Il concilio celebrato durante il papato di Innocenzo III viene preparato
con grande cura in vista di una profonda riforma ecclesiale e pastorale di
cui appronta, con precisione, lo strumentario canonico e legislativo.47
Le dichiarazioni di natura sacramentaria inerenti il battesimo,
l’eucarestia e la penitenza si trovano nella prima costituzione, che
è una professione di fede in chiave antiereticale e antialbigese, nella
ventesima costituzione sulla custodia dell’eucarestia e nel testo Om-
nis utriusque sulla confessione sacramentale obbligatoria al proprio
parroco territoriale. Questi testi presentano un insegnamento sui
sacramenti che risulta chiaramente frutto da un lato dell’ampia ri-
flessione sacramentaria della nascente teologia scolastica, dall’altro
delle urgenti questioni poste dalla critica teologica e dalla prassi dei
movimenti cosiddetti ereticali in relazione ai sacramenti48 – soprat-
tutto il battesimo, l’eucarestia, la penitenza49 e l’ordine50 – e quindi in
relazione alla vita della Chiesa.51
Partiamo dalla conclusione del testo della professione di fede anti-
ereticale dove prima di trattare dei sacramenti dell’eucarestia e del
battesimo si sottolinea l’unicità della Chiesa e la sua necessità per
la salvezza,; a tali tematiche si connette immediatamente la serie di
notazioni sui sacramenti:
Una vero est fidelium universalis ecclesia, extra quam nullus omnino
salvatur, in qua idem ipse sacerdos et sacrificium Iesus Christus, cuius
corpus et sanguis in sacramento altaris sub speciebus […].52

45
Cfr. G. Basetti-Sani, La Chiesa in crisi alla fine del sec. XII e inizio del sec. XIII, in
Concilium 7 (1968) 28-31.
46
Cfr. Conciliorum oecumenicorum decreta (d’ora in poi COD) 233-235.
47
Cfr. H. Bacht, Zur Ekklesiologie des Lateranum IV, in H. Wolter (Hrsg.), Testimo-
nium Veritati, Frankfurt am Main 1971, 102-103.
48
Cfr. H. Bacht, Zur Ekklesiologie des Lateranum IV…, 104-106.
49
Cfr. Alanus de Insulis, Contra haereticos libri quatuor, I, LI-LII, in P.L. 210, 356.
50
Alanus de Insulis, Contra haereticos libri quatuor…, 369: “Dicunt enim fidei catho-
licae inimici, ordinem ut diaconatum vel sacerdotium, non esse sacramentum”.
51
Cfr. Alanus de Insulis, Contra haereticos libri quatuor…, 377-400.
52
COD 230.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 337

Il testo riprende le idee contenute nella professione di fede pre-


scritta per i valdesi che venne composta nel 1208, in cui il discor-
so sull’unicità della Chiesa della salvezza è connesso direttamente a
quello sui sacramenti:
Corde credimus et ore confitemur unam Ecclesiam non haereticorum,
sed sanctam Romanam catholicam, apostolicam, extra quam neminem
salvari credimus. Sacramenta quoque, quae in ea celebrantur […] in
nullo reprobamus.

La presentazione dei sacramenti, in particolare sull’eucarestia, sul


battesimo, l’ordine sacro e la penitenza viene collocata, così, all’inter-
no di una sottolineatura della necessità della Chiesa per la salvezza
e della verità della Chiesa apostolica romana in contrasto con altre
possibilità di salvezza e di Chiesa.53 Dopo tale premessa la professione
di fede sviluppa una riflessione sull’eucarestia e il battesimo.

5. L’eucarestia

Nel Lateranense IV per descrivere il sacramento dell’eucarestia si


utilizza la teologia in cui si sottolineano l’attenzione alla presenza re-
ale somatica e il linguaggio della transustanziazione.54 Il vocabolario
utilizzato dal concilio deriva quindi dalla teologia maturata dopo il
lungo dibattere contro le posizioni – anti pascasiane – di Berenga-
rio.55 Tale linguaggio teologico già al Lateranense IV pare essere asso-
dato e diverrà progressivamente la riflessione ufficiale del magistero
proprio a partire dal suo uso nel concilio del 1215:56
[…] Iesus Christus, cuius corpus et sanguis in sacramento altaris sub
speciebus pani et vini veraciter continentur, transsubstantiatis pane in
corpus, et vino in sanguinem potestate divina: ut ad perficiendum my-
sterium unitatis accipiamus ipsi de suo, quod accepit ipse de nostro. Et

53
Cfr. Y. Congar, Romanité et catholicité, in Revue des sciences philosophiques et
théologiques 71 (1987) 166-168.
54
Cfr. H. Jorissen, Die Entfaltung der Transubstantiationslehre bis zum Beginn der
Hochscholastik, Münster 1965. Per la complessa ricostruzione delle origini di tale
linguaggio, cfr. J. Goering, The Invention of Transubstantiation, in Traditio 46
(1991) 147-170.
55
Cfr. G. Colombo, La transustanziazione, in Id., Teologia sacramentaria, Milano
1997, 177-178.
56
Cfr. F. Buzzi, Il Concilio di Trento (1545-1563), Milano 1995, 133.
338 F. Mandreoli

hoc utique sacramentum nemo potest conficere, nisi sacerdos, qui rite
fuerit ordinatus, secundum claves Ecclesiae, quas ipse concessit Apostolis
eorumque successoribus Iesus Christus.

Il testo utilizza il linguaggio delle species per designare l’elemento


figurativo e sensibile del sacramento, quello della contenenza, della
transustanziazione e del conficere per indicare la realtà della conver-
sione eucaristica e, quindi, della presenza del corpo e sangue di Cri-
sto. Tale linguaggio risulta particolarmente appropriato per contra-
stare le concezioni eretiche che da un lato sembravano sostenere che
l’ostia consacrata fosse semplicemente pane, non potendo in alcun
modo venire identificata con il corpo di Cristo,57 e dall’altro erano
caratterizzate da forti tendenze anti-istituzionali e antisacerdotali.
Per diversi autori tale sottolineatura sulla presenza reale somatica
rischia di lasciare in ombra altri aspetti dell’eucarestia, primo fra tut-
ti quello di un’adeguata comprensione del nesso della celebrazione
eucaristica con la Chiesa.58 Come è stato mostrato, si può asserire
con verosimiglianza che la teologia eucaristica maturata in reazione
alla riflessione a matrice berengariana ha allentato la relazione tra
l’eucarestia e la Chiesa,59 ma nel testo conciliare tale connessione tra
l’eucarestia e la Chiesa non pare essere del tutto assente. Si può infatti
ricordare in primo luogo la posizione nella professione di fede della
Chiesa e – attraverso una specificazione sulla presenza di Gesù Cri-
sto nella Chiesa come sacerdote e vittima – immediatamente prima
di quella sull’eucarestia.60 In secondo luogo si trova la notazione, a
sfondo cristologico, sull’eucarestia come mistero di unità: ut ad per-
ficiendum mysterium unitatis. In terzo luogo si trova l’affermazione

57
Alanus de Insulis, Contra haereticos libri quatuor, I, LVII, in P.L. 210, 359: “Dicunt
etiam praefati haeretici, panem non transsubstantiari in corpus Christi per sancta
verba quae a sacerdote dicuntur in missa” e I, LIX, in P.L. 210, 363: “Quaerunt
etiam haeretici utrum sit articulus fidei Christianae panem transsubstantiari in cor-
pus Christi, cum de hoc non fiat mentio in aliquo symbolo”.
58
Cfr. C. Scordato, Il Settenario sacramentale, Trapani 2007, 106.
59
Cfr. A. Caprioli, Alle origini della definizione di sacramento: da Berengario a Pietro
Lombardo, in La Scuola Cattolica 6 (1974) 742: “Dobbiamo richiamare il peso
esercitato dallo sviluppo della teologia eucaristica a partire dalla controversia con
Berengario con la tendenza a dogmatizzare l’aspetto cristologico della presenza
reale ed a lasciar cadere invece quello pneumatologico-ecclesiale. […] Avviene
come una separazione [in particolare si tratta della teologia di Pietro Lombardo]
tra l’eucarestia e la chiesa, almeno a livello di causalità che ormai la nozione di
sacramento comportava”.
60
Cfr. H. Bacht, Zur Ekklesiologie des Lateranum IV…, 108-109.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 339

dell’esclusività della possibilità di conficere l’eucarestia da parte dei


sacerdoti ordinati secundum claves Ecclesiae. Tale sottolineatura ra-
dica la celebrazione del sacramento nel ministro della Chiesa ordina-
to validamente. La connessione tra l’eucarestia e la Chiesa non viene
dunque esplicitata in termini chiari e formali, ma vi sono diversi ele-
menti che indicano una connessione teologica significativa.

6. Il battesimo

Di seguito il concilio presenta alcuni elementi di base della teo-


logia del battesimo quali l’invocazione sull’acqua del nome trinitario
di Dio, l’efficacia di salvezza – proficit ad salutem – sia per bambi-
ni che per adulti e l’importanza della forma ecclesiae. L’accenno al
battesimo degli adulti e dei bambini riprende la formulazione della
confessione di fede del 120861 con il medesimo intento di ribadire la
validità del sacramento e della sua efficacia salvifica. La normativa
conciliare vuole, in tal modo, contrastare diverse tendenze ereticali
che, contestando il battesimo dei bambini e l’efficacia sacramentale
del rito con acqua, sottolineavano che solo il battesimo consapevole
e nello spirito poteva risultare fruttuoso per la salvezza.62 Sul sacra-
mento del battesimo sono degne di nota due disposizioni disciplinari
che mostrano sullo sfondo alcuni elementi importanti della teologia
del battesimo del concilio.
In primo luogo si tratta della condanna che il concilio pronuncia
verso i casi di reiterazione del battesimo praticati dai greci nei con-
fronti dei cristiani latini, invitandoli, piuttosto, a ritornare all’obbe-

61
Cfr. H. Denzinger, F. Hünermann, Enchiridion symbolorum definitionum et decla-
rationum de rebus fidei et morum, (d’ora in poi DH) 794: “Approbamus ergo bap-
tismum infantium, qui si defuncti fuerint post baptismum, antequam peccata com-
mittant, fatemur eos salvari et credimus; et in baptismate omnia peccata, tam illud
originale peccatum contractum quam illa, quae volontarie commissa sunt, dimitti
credimus”.
62
Alanus de Insulis, Contra haereticos libri quatuor, I, XXXIX, in P.L. 210, 345: “Prae-
dicti haeretici sacramentis ecclesiasticis obviant: dicunt enim baptismum non valere
homini ante annos discretionis. Sed super hunc haereseos articulum, diversi hae-
reticorum diversa sentiunt. Dicunt enim quidam parvulos non habere peccatum, et
ideo parvulis baptismum non esse necessarium. Alii dicunt parvulos habere pecca-
tum, sed remissionem peccati, vel virtutem baptismi non habere locum sine fide” e
I, XLI, in P.L. 210, 346: “Alii haereticorum dicunt, quod parvuli peccatum habent,
sed eis non prodest baptismus ante discretionis annos, quia fidem non habent”.
340 F. Mandreoli

dienza alla sacrosanta Chiesa romana.63 In secondo luogo si tratta del-


la questione degli ebrei battezzati che dopo aver ricevuto il battesimo
non depongono completamente l’uomo vecchio – veterem hominem
omnino non exuunt64 –, ma conservano l’osservanza di qualche rito
giudaico – cum prioris ritus reliquias retinentes.65 In tal caso si stabi-
lisce che i superiori delle chiese impediscano in ogni modo agli ebrei
convertiti di osservare i vecchi riti, affinchè “l’obbligo di una salutare
coazione – salutiferae coactionis necessitas – conservi nell’osservanza
della religione cristiana quelli che l’hanno abbracciata per scelta del-
la loro libera volontà”.66
I testi conciliari mostrano due dimensioni importanti – che diven-
gono un elemento fondamentale e tradizionale67 – della teologia del
battesimo: da un lato il battesimo dei bambini che non hanno ancora
raggiunto l’età della discrezione viene difeso quale vera prassi efficace
di salvezza, dall’altro lato la convinzione che il battesimo degli adulti
può essere amministrato solo come frutto di una libera scelta.68 Ma
tali testi se letti in relazione ad esempio ai passaggi del concilio sullo
statuto sociale dei giudei mostrano un altro aspetto importante. Infatti
il concilio affronta tre dimensioni che mostrano, indirettamente, una
sorta di duplice effetto del battesimo. Si tratta dell’usura praticata
dai giudei che può tendere a esaurire le ricchezze dei cristiani, della
necessità che i giudei si distinguano nel vestito dai cristiani in modo
da evitare la possibilità di commistioni tra le due entità e infine del-
la assurdità che i giudei rivestano cariche pubbliche che potrebbero
portarli ad esercitare un potere sui cristiani.69 Le tre normative che
marcano una emergenza importante di un rapporto più difficile della
relazione tra il popolo ebraico e i cristiani in un assetto di cristianità70
mostrano che il passaggio al cristianesimo che avviene nel battesimo
è il passaggio non solo a un’altra economia salvifica, ma si configura,
detto in termini generali, come un cambiamento di status non solo

63
COD 236.
64
COD 267.
65
Ibidem.
66
Ibidem.
67
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 66-69.
68
Cfr. A. Landgraf, Die frühscholastische Definition der Taufe, in Gregorianum 27
(1946) 200-219; 353-383 e Id., Kindertaufe und Glaube in der Frühscholastik, in
Gregorianum 9 (1928) 337-372, 497-543.
69
Cfr. COD 265-266.
70
Cfr. K. Stow, Medieval Jews on Christianity, in Rivista di storia del Cristianesimo 4
(2007)/1, 73-99.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 341

religioso, ma anche umano71 e sociale.72 Non solo il battesimo crea la


persona nel seno della Chiesa73 e dà accesso alla salvezza cristiana,
ma esso dà accesso all’identità cristiana che è al contempo personale
e collettiva, religiosa, sociale e politica. Il battesimo può essere de-
scritto – all’interno di un processo che raggiungerà esiti molto ampi e
pervasivi nella prima età-moderna,74 nel tempo della confessionaliz-
zazione75 – come ingresso in due identità tra loro connesse e “accesso
ad una duplice cittadinanza quella del Regno dei cieli e quella della
comunità politica cristiana”.76 Dentro tale prospettiva è evidente che
il battesimo degli ebrei, considerati un’entità altra rispetto alla mag-
gioritaria e dominante comunità dei battezzati, è un esempio signifi-
cativo di una teologia del battesimo elaborata in relazione, certo, alla
tradizione teologica altomedievale e patristica,77 ma anche in relazio-
ne a un certo contesto sociale e all’interno di una determinata figu-
ra storica di Chiesa. In proposito può essere interessante accennare
come la scoperta di nuovi mondi – con le correlative nuove domande
antropologiche ed ecclesiologiche – porterà a una accresciuta e rino-
vata attenzione proprio alla teologia del battesimo.78

7. La penitenza

Rispetto al nostro intento di studio allarghiamo l’attenzione anche

71
Cfr. A. Prosperi, Dare l’anima, Torino 2005.
72
Cfr. P. Stefani, L’antigiudaismo. Storia di un’idea, Roma-Bari 2004, 132-162.
73
G. Le Bras, La personne dans le droit canonique classique de l’Église, in Problèmes
de la personne, Colloque du Centre de recherches de psychologie comparative, I.
Meyerson (éd.), Paris la Haye 1973, 189-201 in particolare: “Tout homme est con-
sidéré comme de même composition et comme soumis au même droit naturel et
au même droit politique. Mais par le baptême l’homme renait. Le bâpteme produit
une seconde naissance et le sujet devient à ce moment homo christianus, il devient
persona. […] Il est devenu chrétien, il est devenu une personne dans l’Église, avec
tous les droits”.
74
Cfr. E. Brambilla, Appartenenza di nascita e di fede. Battesimo e giuramenti di
cittadinanza confessionale, in P. Prodi (a cura di), La fiducia secondo i linguaggi del
potere, Bologna 2007, 179-199.
75
Cfr. E. Brambilla, La giustizia intollerante. Inquisizione e tribunali confessionali in
Europa (secoli IV-XVIII), Roma 2006, 11-14.
76
Cfr. A. Prosperi, Battesimo e identità cristiana nella prima età moderna, in Salvezza
delle anime, disciplina dei corpi. Un seminario sulla storia del battesimo, Pisa 2006,
15.
77
Cfr. B.D. Spinks, Early and Medieval Rituals and Theologies of Baptism, Yale
2006.
78
Cfr. A. Prosperi, Battesimo e identità cristiana nella prima età moderna…, 8-11.
342 F. Mandreoli

al sacramento della penitenza.79 Tale allargamento è dovuto a due


ragioni principali: in primo luogo nel decreto Omnis utriusque del
concilio il sacramento della penitenza viene collegato strettamente
all’eucarestia; in secondo luogo il decreto indica una configurazione
del tutto significativa del rapporto esistente tra teologia e prassi sacra-
mentale e figura concreta di Chiesa.80
Il concilio raggiunge, infatti, una determinazione unica nel voler
normare l’esistenza sacramentale dei battezzati con il decreto Omnis
utriusque. In questo decreto è contenuto l’obbligo di confessarsi al
proprio sacerdote territoriale e, almeno, di comunicarsi annualmente
a Pasqua:
Omnis utriusque sexus fidelis, postquam ad annos discretionis per-
venerit, omnia sua solus peccata confiteatur fideliter, saltem semel in
anno proprio sacerdoti, et iniunctam sibi poenitentiam studeat pro vi-
ribus adimplere, suscipiens reverenter ad minus in pascha eucharestiae
sacramentum, nisi forte de consilio proprii sacerdotis ob aliquam ratio-
nabilem causam ad tempus eius perceptione duxerit abstinendum; alio-
quin et vivens ab ingressu ecclesiae arceatur et moriens cristiana careat
sepultura.81

Il passaggio conciliare testimonia l’importanza che hanno assun-


to i sacramenti dell’eucarestia e della penitenza nel dare forma alla
vita cristiana e, di conseguenza, alla vita sociale in terre cristiane.82
Probabilmente in un tale assetto di cristianità in cui tutti sono stati
battezzati nella propria infanzia e in cui l’adesione alla fede cristiana
va da sé, la pratica della confessione frequente, il precetto di quella
obbligatoria annuale, insieme con il precetto della ricezione annuale
dell’eucarestia, cercano di tradurre nella vita del credente la dimen-

79
Per un’introduzione all’evoluzione teologica del sacramento della penitenza tra il
XII e il XIV secolo, cfr. G. Moioli, Il quarto sacramento, Milano 1996, 218-321.
80
O. Capitani, Verso un diritto del quotidiano, in Dalla penitenza all’ascolto delle con-
fessioni: il ruolo dei frati mendicanti. Atti del XXIII convegno internazionale della
Società internazionale di studi francescani, Spoleto 1996, 8-11, in particolare: “La
pastorale si inscrive sempre in una ecclesiologia, cioè in una teologia dell’ecclesia
[…] e questa stessa Constitutio si pone all’interno di una coerente consapevolezza
di richiamare e ridefinire l’ordine della Christianitas […] come istituzione identifi-
cata nella Chiesa”.
81
COD 245.
82
Cfr. E. Brambilla, The Definitions of Citizenship and the Sacramental System of the
Churches, in A. Cimdina (ed.), Religion and Political Change in Europe: Past and
Present, Pisa 2003, 75-86.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 343

sione di adesione personale e conversione propria del battesimo.83


Gli studi storici hanno mostrato come tale decreto modifica per il
tempo a venire il quadro dell’amministrazione del sacramento del-
la penitenza e, al di là dell’effettiva, completa attuazione o del suo
fallimento,84 comporta esiti teologici, disciplinari e istituzionali che si
intrecciano profondamente con le strutture della Chiesa, con il ruolo
dei chierici e, successivamente, degli ordini mendicanti, con la pietà
dei fedeli.85
Il testo del decreto testimonia il tentativo di unificare sacramen-
talmente il foro di Dio e il foro della Chiesa – il foro penitenziale e il
foro giudiziale ecclesiastico – con la correlativa creazione di
un sistema giurisdizionale con l’obbligo del fedele di fare la confessio-
ne annuale non in modo generico a un qualsiasi sacerdote ma al proprio
parroco, istituendo cioè un rapporto preciso di sottomissione giurisdi-
zionale del foro interiore, della coscienza di ogni cristiano, al proprio
superiore ecclesiastico in base all’appartenenza territoriale.86

Senza entrare direttamente nella teologia della penitenza utilizzata


dal decreto si può, però, sicuramente notare la crescita dell’influenza
della dimensione canonica,87 del bisogno di costruire regole di com-
portamento capaci di identificare la vita nella cristianità88 e, soprat-
tutto, va rilevata quella che sembra essere la vera novità del decreto
ossia il nesso che si instaura tra l’obbligatorietà della confessione-
comunione e l’appartenenza ecclesiale.89 Il decreto infatti minaccia
che chi si astenesse da tale pratica di confessione e partecipazione an-
nuale all’eucarestia sarebbe interdetto dall’entrare in Chiesa da vivo
e dall’essere sepolto cristianamente da morto. In particolare nel testo
del concilio la dimensione giuridica tipica di un capitolo della più

83
Cfr. P.-M. Gy, Évangélisation et sacrements au moyen age, in C. Kannengiesser, Y.
Marchasson, Humanisme et foi chrétienne, Paris 1976, 570.
84
Cfr. P. Prodi, Discorso conclusivo, in Dalla penitenza all’ascolto delle confessioni: il
ruolo dei frati mendicanti, Spoleto 1996, 294-295.
85
Cfr. R. Rusconi, L’ordine dei peccati. La confessione tra medioevo ed età moderna,
Bologna 2002, 21-22.
86
P. Prodi, Una storia della giustizia. Dal pluralismo dei fori al moderno dualismo tra
coscienza e diritto, Bologna 2000, 80.
87
Cfr. O. Capitani, Verso un diritto del quotidiano…, 3-30.
88
A. Melloni, Les sept conciles médiévaux Pontificaux, in G. Alberigo (éd.), Les con-
ciles œcuméniques, Paris 1994, 187.
89
Cfr. P.-M. Gy, Les définitions de la confession après le quatrième concile du Latran,
in L’aveu. Antiquité et Moyen-Âge. Actes de la table ronde de Rome, 28-30 mars
1984, Rome 1986, 287.
344 F. Mandreoli

ampia teologia della penitenza sembra assorbire e attrarre, almeno


in parte, anche il sacramento dell’eucarestia e la recezione della co-
munione da parte del fedele. In altri termini, anche la partecipazione
all’eucarestia viene letta come incorporazione alla Chiesa attraverso
categorie che tendono a scivolare dal piano sacramentale a quello
giuridico. La sottrazione dal sistema sacramentale predisposto dalla
Chiesa per l’esistenza quotidiana dei fedeli sembra, infatti, coincidere
con la sottrazione dall’appartenenza ecclesiale e con il venir meno
dei segni dell’appartenenza alla comunità della salvezza. Il mancare
da parte del fedele alla normativa inerente la penitenza e l’eucarestia
sembra cambiare lo statuto concreto del battezzato o quanto meno
provoca una sorta di abrasione degli elementi di base legati tradizio-
nalmente alla ricezione del battesimo e alla vita cristiana: alioquin
et vivens ab ingressu ecclesiae arceatur et moriens cristiana careat
sepultura.90

8. La teologia coeva e il Lateranense IV

La posizione del Lateranense IV mostra un lato significativo della


teologia del magistero. Esso pare concentrato, per motivi di contin-
genza storica e urgenza ecclesiologica, sul tema della vera Chiesa e
dei suoi sacramenti in ordine alla salvezza. L’elaborazione teologi-
ca prima e dopo il concilio mostra, come è naturale, altri lati della
teologia dei sacramenti che però non possono trovare spazio nelle
dichiarazioni magisteriali ufficiali. Tra il XII e il XIII secolo è, in-
fatti, molto frequente trovare abbinata alla trattazione sulla grazia e
l’effetto di salvezza prodotto dalla ricezione dei sacramenti la possi-
bilità divina di agire anche al di fuori della grazia sacramentalmente
conferita. Tali testi presenti nella produzione teologica hanno come
orizzonte primario la salvaguardia della trascendenza di Dio rispetto
ai sacramenti e la fondamentale distinzione tra Dio e i mezzi ordinari
da lui stabiliti per la salvezza.91 Nondimeno risulta utile accennare a
qualche esempio dell’uso di tale concettualizzazione – che diviene un
classico – nella teologia del tempo. In Ugo di San Vittore la preoccu-

90
COD 245.
91
Cfr. G. Canobbio, Fede per il battesimo, fede dal battesimo, in G. Canobbio, F. Dalla
Vecchia, R. Tononi, Quaderni Teologici del Seminario di Brescia. Iniziazione cristia-
na, Brescia 2002, 53-54; cfr. anche in generale P. Caspani, Battesimo e professione
di fede, in Rassegna di Teologia 50 (2009) 455-486.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 345

pazione di affermare la necessità dei sacramenti per l’uomo credente


si accompagna sempre con la loro relativizzazione rispetto alla pos-
sibilità di Dio di elargire la grazia altrimenti.92 Per il credente l’ade-
sione di fede implica in modo intrinseco l’adesione e il non disprezzo
dei sacramenti della grazia predisposti da Dio per la sua salvezza,
d’altronde la dispensazione della grazia di Dio non si identifica con la
sola via sacramentale.93
Pietro Lombardo usa uno schema simile a quello del Vittorino,
utilizzando la concettualità della res et sacramentum, nella loro cor-
relazione e distinzione.94 Il Lombardo sottolinea, ad esempio, come il
sacramento del battesimo sia necessario e da non disprezzarsi e in re-
lazione alla sua teologia del battesimo legge anche il tipo di necessità
propria della ricezione dell’eucarestia come incorporazione a Cristo
e segno di incorporazione alla Chiesa.95 Il battesimo è sì necessario,
ma non in maniera assoluta, in quanto Dio – in condizioni determi-
nate – può donare i doni propri del battesimo: il ladrone che muore
accanto al Signore secondo il Vangelo di Luca si mostra in tal senso
paradigmatico.96

92
Hugo de Sancto Victore, De Sacramentis christianae fidei, I, IX, V, in P.L. 176, 323:
“Institutio sacramentorum quantum ad Deum autorem dispensationis est, quantum
vero ad hominem oboedientem necessitatis. Quoniam in potestate Dei est praeter
ista hominem salvare, sed in potestate hominis non est sine istis ad salutem per-
venire. Potuit enim Deus hominem salvare etiam si ista non istituisset, sed homo
nullatenus salvari posset si ista contemneret […]. Deus autem sine his hominem
salvare potest, qui virtutem suam et sanctificationem et salutem quocunque ipse
voluerit modo homini largiri potest. Illo namque spiritu quo docet hominem sine
verbo, justificare etiam valet si voluerit sine sacramento; quia virtus Dei ex neces-
sitate elementis non subditur, etiam si gratia Dei ex dispensatione per sacramenta
donetur”.
93
Cfr. Hugo de Sancto Victore, De Sacramentis christianae fidei, I, IX, V, in P.L. 176,
324-326.
94
Petrus Lombardus, In Libros Sententiarum, IV, dist. IV, 1, in P.L. 192, 846: “Hic
dicendum est aliquos suscipere sacramentum et rem sacramenti, aliquos sacramen-
tum et non rem, aliquos rem et non sacramentum”.
95
Cfr. Petrus Lombardus, In Libros Sententiarum, IV, dist. VII, 4, in P.L. 192, 857-
858.
96
Petrus Lombardus, In Libros Sententiarum, IV, dist. V, 5, in P.L. 192, 847-848:
“Sunt et alii, ut supra posuimus qui suscipiunt rem et non sacramentum. Qui enim
effundunt sanguinem pro nomine Jesu, etsi non sacramentum, rem tamen acci-
piunt. […] Quantum ergo fides valeat, etiam sine visibilis Baptismi sacramento;
quod Apostolus ait, Rom 10: Corde creditur ad justitiam, ore autem confessio fit
ad salutem; in illo latrone declaratum est; sed tunc impletur invisibiliter, cum mys-
terium Baptismi non contemptus religionis, sed articulus necessitatis excludit. Et
Baptismus quidem potest esse ubi conversio cordis defuerit; conversio autem cordis
346 F. Mandreoli

Tommaso riprende e rielabora le argomentazioni classiche sul


battesimo97 e sull’eucarestia.98 Egli formula anche una breve ma si-
gnificativa enunciazione della teoria del rapporto tra la grazia e i
sacramenti in un contesto teologico particolare:

potest quidem inesse non percepto Baptismo; sed contempto Baptismo non potest,
nec ullo modo dicenda est conversio cordis ad Deum, cum Dei sacramentum con-
temnitur. Ecce hic habes non solum passionem, sed etiam fidem et contritionem
conferre remissionem, ubi non contemnitur sacramentum, ut in latrone illo osten-
ditur, qui non per passionem, sed per fidem salvatus est sine baptismo”.
97
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 68, art. 2: “Respondeo
dicendum quod sacramentum Baptismi dupliciter potest alicui deesse. Uno modo,
et re et voto, quod contingit in illis qui nec baptizantur nec baptizari volunt. Quod
manifeste ad contemptum sacramenti pertinet, quantum ad illos qui habent usum
liberi arbitrii. Et ideo hi quibus hoc modo deest Baptismus, salutem consequi non
possunt, quia nec sacramentaliter nec mentaliter Christo incorporantur, per quem
solum est salus. Alio modo potest sacramentum Baptismi alicui deesse re, sed non
voto, sicut cum aliquis baptizari desiderat, sed aliquo casu praevenitur morte ante-
quam Baptismum suscipiat. Talis autem sine Baptismo actuali salutem consequi po-
test, propter desiderium Baptismi, quod procedit ex fide per dilectionem operante,
per quam Deus interius hominem sanctificat, cuius potentia sacramentis visibilibus
non alligatur. Unde Ambrosius dicit de Valentiniano, qui catechumenus mortuus
fuit, quem regeneraturus eram, amisi, veruntamen ille gratiam quam poposcit, non
amisit”.
98
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 73, art. 3: “Respondeo di-
cendum quod in hoc sacramento duo est considerare, scilicet ipsum sacramentum,
et rem sacramenti. Dictum est autem quod res sacramenti est unitas corporis my-
stici, sine qua non potest esse salus, nulli enim patet aditus salutis extra Ecclesiam,
sicut nec in diluvio absque arca Noe, quae significat Ecclesiam, ut habetur I Petr.
III. Dictum est autem supra quod res alicuius sacramenti haberi potest ante percep-
tionem sacramenti, ex ipso voto sacramenti percipiendi. Unde ante perceptionem
huius sacramenti, potest homo habere salutem ex voto percipiendi hoc sacramen-
tum, sicut et ante Baptismum ex voto Baptismi, ut supra dictum est. Tamen est dif-
ferentia quantum ad duo. Primo quidem, quia Baptismus est principium spiritualis
vitae, et ianua sacramentorum. Eucharistia vero est quasi consummatio spiritualis
vitae, et omnium sacramentorum finis, ut supra dictum est, per sanctificationes
enim omnium sacramentorum fit praeparatio ad suscipiendam vel consecrandam
Eucharistiam. Et ideo perceptio Baptismi est necessaria ad inchoandam spiritualem
vitam, perceptio autem Eucharistiae est necessaria ad consummandam ipsam, non
ad hoc quod simpliciter habeatur, sed sufficit eam habere in voto, sicut et finis ha-
betur in desiderio et intentione. Alia differentia est, quia per Baptismum ordinatur
homo ad Eucharistiam. Et ideo ex hoc ipso quod pueri baptizantur, ordinantur per
Ecclesiam ad Eucharistiam. Et sic, sicut ex fide Ecclesiae credunt, sic ex intentione
Ecclesiae desiderant Eucharistiam, et per consequens recipiunt rem ipsius. Sed
ad Baptismum non ordinantur per aliud praecedens sacramentum. Et ideo, ante
susceptionem Baptismi, non habent pueri aliquo modo Baptismum in voto, sed soli
adulti. Unde rem sacramenti percipere non possunt sine perceptione sacramenti. Et
ideo hoc sacramentum non hoc modo est de necessitate salutis sicut Baptismus”.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 347

Deus virtutem suam non alligavit sacramentis, quin possit sine sacra-
mentis effectum sacramentorum conferre.99

Tale riflessione ha diversi sviluppi nel pensiero di Tommaso e apre


interessanti prospettive rispetto ai sacramenti, alla loro res e al loro
effetto per le forme umane e religiose di alterità;100 qui è sufficiente
mostrare come la distinzione tra i sacramenti della Chiesa – comun-
que ritenuti necessari per la ricezione della salvezza e l’incorpora-
zione a Cristo e alla Chiesa – e la possibilità che la grazia raggiunga
l’uomo in situazione – non colpevole – di lontananza dai sacramenti è
un dato acquisito e condiviso nella riflessione del XII e XIII secolo.
Dopo questa – troppo breve – notazione è utile tornare al testo
del Lateranense IV per mostrare due elementi che emergono dal tipo
di connessione tra i sacramenti e la Chiesa. Il concilio, proponendo
una legislazione e un modello pastorale per plasmare una determi-
nata figura di Chiesa, propone anche una dottrina sacramentaria.101 I
testi conciliari, pur non scendendo specificamente nei dibatti aperti
nelle scuole teologiche, mostrano come la teologia dei sacramenti,
soprattutto quella del battesimo, dell’eucarestia e della penitenza,
siano connesse a una più ampia riflessione sulla Chiesa e sulla sua
necessità per la salvezza. In termini elementari si potrebbe dire che
per il concilio i veri sacramenti nella loro forma corretta sono am-
ministrati e ricevuti nella vera Chiesa.102 L’insegnamento conciliare
assume dunque la teologia precedente e coeva, ma è guidato soprat-
tutto dall’intenzione di difendere quella che è stata descritta come
la “Chiesa sacramentale”.103 Questa riflessione che lega insieme la
tematica sacramentale a quella ecclesiologica risultava infatti parti-
colarmente emergente in un momento in cui – dopo la rivoluzione
papale dell’inizio millennio per la libertas ecclesiae nei confronti del
potere temporale – la Chiesa di Roma si concentra sul proprio ruolo
e sulla propria ortodossia per mostrarsi quale vera istituzione media-
trice di salvezza.104

99
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 64, art. 7.
100
Cfr. J.P. Torrell, Saint Thomas et les non-chrétiennes, in Revue Thomiste, 106 (2006)
17-49.
101
A. Melloni, Les sept conciles médiévaux Pontificaux…, 186-189.
102
In proposito i commentatori hanno mostrato come il concilio Lateranense IV pare
riecheggiare, per tenore complessivo, il testo di una professione di fede di Leone IX
del 1053. Cfr. DH 684: “Credo sanctam, catholicam et apostolicam, unam esse veram
Ecclesiam, in qua unus datur baptismus et vera omnium remissio peccatorum”.
103
Cfr. H. Bacht, Zur Ekklesiologie des Lateranum IV…, 109.
104
Cfr. G. Canobbio, Chiesa perché, Cinisello Balsamo 1994, 94-100.
348 F. Mandreoli

In tale quadro, che ha tratti sistemici,105 si comprende bene l’at-


tenzione del concilio per le linee di delimitazione della Chiesa e della
cristianità:106 nel momento stesso in cui le crociate mostrano all’ester-
no il dinamismo espansionista della cristianità, si apre all’interno il
fronte nuovo della riconquista ad una pratica religiosa conforme alle
esigenze della Chiesa di ampie zone cadute sotto l’influsso del ca-
tarismo e di altri movimenti giudicati eterodossi.107 Movimenti che,
con accentuazioni diverse, rifiutavano le strutture di potere, i com-
promessi con il possesso dei beni e giungevano spesso a mettere in
discussione la mediazione del clero e l’efficacia sacramentale.108
Per la Chiesa del Lateranense IV si tratta, così, di fare attenzione
ai propri confini: i confini esterni da conquistare tramite la crociata109
e quelli interni in cui, da un lato, si cerca di riguadagnare terreno
rispetto ai movimenti ereticali e, dall’altro lato, di rinforzarsi rispetto
a corpi, in qualche modo, estranei quali gli ebrei.110 In tale quadro
si colloca anche l’attenzione all’unità nel rapporto tra Chiesa latina e
Chiesa greca, dove però tale ricerca di unità viene declinata in modo
piuttosto aggressivo, così come lascia intendere il testo del canone
nono sull’unico vescovo per città.111 Tale attenzione sistemica ai con-
fini dello spazio ecclesiale e, quindi, dell’ortodossia112 non contrad-
dice certo le teorizzazioni teologiche coeve sul tipo di rapporto tra
la grazia e i sacramenti, ma determina, per così dire, una sensibilità
teologica e una prospettiva visuale. La rappresentazione della cristia-
nità non sembra, cioè, aver potuto lasciare, per logica interna, molto

105
G.G. Merlo, Inquisitori e Inquisizione del Medioevo, Bologna 2008, 22: “La difesa
dell’ortodossia coincide con la difesa dell’istituzione ecclesiastica […]. La difesa del
‘sistema dell’ortodossia’ è il fine, per il quale ogni mezzo si giustifica: non per una
sorta di cinismo pragmatico, bensì nella piena consapevolezza dell’ineludibile com-
pito di dover difendere un bene assoluto, di mantenere incorrotto, vivo e operante
un contesto sociopolitico che si vuole prima di tutto come contesto soteriologico”.
106
Cfr. A. Vauchez, Der Kampf gegen Häresie und Abweichungen von der Norm im
Westen, in Die Geschichte des Christentums, 2: Machtfülle des Papsttums (1054-
1274), Freiburg-Basel-Wien 2007, 886-911.
107
Cfr. A. Vauchez, Présentation, in Faire croire, Modalités de la diffusion et de la ré-
ception des messages religieux du XIIe au XVe siècle, Rome 1981, 7-16.
108
Y. Congar, «Ecclesia Romana», in Cristianesimo nella Storia 5 (1984) 233.
109
Cfr. COD 267-270.
110
Cfr. COD 265-267.
111
Cfr. COD 239.
112
H. Bacht, Zur Ekklesiologie des Lateranum IV…, 104: “Zum ersten Male seit der
Trennung zwischen Griechen und Lateinern, aber in den Illusion der wiederge-
wonnenen Einheit, definierten die Konsilsväter den Glauben wie einst im Himblick
auf die Häresie”.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 349

dello spazio del Lateranense IV per le riflessioni teologiche sulla gra-


zia di Dio che può agire al di fuori dei sacramenti e della mediazione
visibile della Chiesa.

9. La bolla Unam Sanctam

La medesima sottolineatura si ripresenta, dopo il Lateranense IV,


in modo differenziato in vari documenti del magistero inerenti i sa-
cramenti, la Chiesa e l’appartenenza a essa. Possiamo ricordare, come
esempio, un testo di notevole portata come la bolla Unam Sanctam di
papa Bonifacio VIII. Il dettato della bolla è noto e si concentra sulla
unicità della Chiesa e del suo capo visibile, il papa:
Unam sanctam Ecclesiam catholicam et ipsam apostolicam urgente fide
credere cogimur et tenere, nosque hanc firmiter credimus et simpliciter
confitemur, extra quam nec salus est nec remissio peccatorum.113

Rimarcare tale unità – articolata intorno all’unità della fede, dei


sacramenti e della carità114 – è necessario per le finalità politico-isti-
tuzionali della bolla, ma ha significative conseguenze ecclesiologiche
e soteriologiche.115 In tal senso va ricordato che la bolla è il primo
documento papale in cui ricorre l’espressione corpo mistico di Cri-
sto applicata alla Chiesa. Il testo papale recepisce uno spostamen-
to semantico che Henri de Lubac116 ha studiato approfonditamente,
ossia il significativo passaggio dell’applicazione del sintagma “corpo
mistico” dall’eucarestia alla Chiesa.117 Esso, come è noto, può essere

113
DH 870.
114
DH 871: “Hanc autem veneramur et unicam, dicente Domino in Propheta: Erue
a framea, animam meam, et de manu canis unicam meam. Pro anima enim, id est
pro se ipso, capite simul oravit et corpore, quod corpus unicam scilicet Ecclesiam
nominavit, propter sponsi, fidei, sacramentorum et caritatis Ecclesiae unitatem”.
115
Cfr. S. Xeres, La Chiesa corpo inquieto, Milano 2003, 99-102.
116
Cfr. H. de Lubac, Corpus Mysticum. L’Eucarestia e la Chiesa nel Medioevo, Milano
1996.
117
J. Stern, Henri de Lubac et le Mystère de l’église, in Gregorianum 78 (1997)/4,
652: “Le mystère de l’église disparaissait ainsi des horizons de la pensée. Le Pére
de Lubac voit une signe de cette disparition dans l’évolution […] du sens donné à
l’expression corps mystique. à l’origine, elle désigne l’Eucharistie. Puis elle désigne
l’église en lien avec l’Eucharistie, et enfin l’église, indépendamment de ce lien,
oublié pur ainsi dire”. Una valutazione diversa si ha in G. Macy, The theologies of
the Eucharist in the Early Scholastic Period. A Study of the salvific function of the
Sacrament according to the Theologians c. 1080-1220, Oxford 1984.
350 F. Mandreoli

interpretato come il segnale di un complesso movimento. Da un lato


si tratta della progressiva pressione teologica sul tema della conver-
sione eucaristica e della presenza reale. Da un altro lato si verifica
uno sganciamento dal contesto sacramentale eucaristico che la defi-
nizione di corpo mistico subisce in favore di una determinazione più
giuridica e corporativa esterna.118
Nelle intenzioni della bolla si tratta, infatti, di affermare che non
solo l’imperatore deve sottomettersi al papa, ma che per ogni uomo
che cerca la salvezza è necessario essere nella Chiesa e sottomettersi
al suo capo visibile. Si può sostenere – in modo analogo alla dinamica
rilevata nel concilio Lateranense IV – che è “l’intento pratico della
bolla che porta a restringere la visione elaborata dai teologi scolastici.
Questa includeva il tema della possibilità che Dio, il quale non lega
la sua potenza ai sacramenti, raggiungesse tutti gli uomini per vie a
lui solo note. In un contesto di confronto polemico introdurre una
tale possibilità avrebbe significato indebolire il principio dell’autorità
suprema del papa su ogni creatura”.119

10. Il Lionese II

Un secondo passaggio della produzione magisteriale del XIII seco-


lo, utile per rinvenire alcune linee di teologia dei sacramenti e del suo
nesso con l’ecclesiologia, si trova nel corpo di documenti del Lionese
II. Si tratta del testo contenuto nella confessione di Michele Paleologo
letta dal papa durante la quarta sessione del II concilio generale di
Lione del 1274. Lettera che fu scritta per invitare il Paleologo – impe-
ratore bizantino – al futuro concilio. Assemblea in cui il tema dell’as-
setto della cristianità, della sua relazione con il mondo orientale e,
soprattutto, della questione della Terra Santa con annessa l’indizione
di una nuova crociata120 risulta del tutto centrale.121 La teologia della
lettera e della professio fidei, che l’imperatore, il patriarca e i vescovi
avrebbero dovuto sottoscrivere, è quella della reductio Graecorum,
del ritorno all’obbedienza della sede apostolica e del loro redire ad

118
Cfr. S. Pié-Ninot, Ecclesiologia. La sacramentalità della comunità cristiana, Brescia
2008, 164-165.
119
G. Canobbio, Nessuna salvezza fuori della Chiesa? Storia e senso di un controverso
principio teologico, Brescia 2009, 219.
120
Cfr. COD 309.
121
Cfr. A. Melloni, Les sept conciles médiévaux Pontificaux…, 192-195.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 351

nostram unitatem, laddove però l’unità di cui si tratta è l’unità della


Christianitas latina e occidentale.122
Il testo della confessione di fede contiene comunque alcune ac-
quisizioni teologiche e mostra attenzione alle problematiche sacra-
mentali implicate nella relazione con l’oriente.
Per quanto riguarda le acquisizioni teologiche si ha dapprima la
connessione diretta, in chiave antiereticale, tra il tema dell’unità e ve-
rità della Chiesa con l’amministrazione dell’unico battesimo e, quin-
di, della vera, ossia efficace e autentica, remissione dei peccati:
Credimus sanctam catholicam et apostolicam unam esse veram Ec-
clesiam, in qua unum datur sanctum baptisma et vera omnium remissio
peccatorum.123

Il testo della professione di fede contiene inoltre l’enunciazione


solenne della dottrina del settenario ricalcando di fatto la proposta
teologica di Pietro Lombardo:
Tenet etiam et docet eadem sancta Romana Ecclesia, septem esse ec-
clesiastica sacramenta, unum scilicet baptisma […]; aliud est sacramen-
tum confirmationis, quod per manuum impositionem episcopi conferunt,
chrismando renatos; aliud est paenitentia, aliud Eucharestia, aliud sa-
cramentum ordinis, aliud est matrimonium, aliud extrema unctio, quae
secundum doctrinam beati Iacobi infirmantibus adhibetur.124

Il testo riporta, però, la sequenza dei sacramenti in modo in parte


differente rispetto allo stesso Lombardo in relazione alla posizione
del sacramento della extrema unctio.125 Tale recezione del numero
settenario nella dottrina ufficiale è comunque significativa perché
segnala in modo chiaro un cambiamento che la riflessione teologica
a matrice scolastica apporta in una considerazione più analitica dei
sacramenti rispetto alle proposte teologiche precedenti che, come si
è osservato, mantenevano aperta una attribuzione sacramentale più
ampia e differenziata.

122
Cfr. G. Alberigo, Ecumenismo cristiano nel XIII secolo?, in Id., Nostalgie di unità.
Saggi di storia dell’ecumenismo, Genova 1989, 72-92.
123
DH 854.
124
DH 860.
125
Petrus Lombardus, In Libros Sententiarum, IV, dist. II, 1, in P.L. 192, 841: “Jam
ad sacramenta novae legis accedamus; quae sunt Baptismus, Confirmatio, panis
benedictio, id est, Eucharistia, Poenitentia, Unctio extrema, Ordo, Conjugium”.
352 F. Mandreoli

Il magistero assume come propria quella sensibilità teologica


che ha cercato dapprima di distinguere tra i molteplici sacramenti
e poi, in maniera progressiva, ha selezionato – in ragione della qua-
lità dell’effetto salvifico, della struttura rituale e dell’attinenza alla
vita ordinaria del fedele126 – i sette sacramenti della Chiesa “in senso
stretto”. L’ingresso del linguaggio e della teologia del settenario mo-
stra come il magistero acquisisce – e seleziona – progressivamente le
categorie comuni della riflessione scolastica. Tale acquisizione di lin-
guaggio e teologia risulta anche da un terzo elemento teologicamente
qualificante presente nella professio fidei:
in ipso sacramento panis vere transsubstantiatur in corpus et vinum in
sanguinem Domini nostri Iesu Christi.127

Con tale modo di esprimersi il concilio integra e fa propria non


solo la teologia della conversione della sostanza del pane e del vino,
ma anche la dottrina della transustanziazione elaborata dalla rifles-
sione dei teologi scolastici,128 in particolare da parte di Tommaso.129
Nella nostra riflessione è importante sottolineare una dinamica
già rilevata, ossia la differenza di sottolineatura che si intravede tra
la teologia e le affermazioni che il magistero contiene. Nel testo del
Lionese II uno dei problemi principali è la descrizione dei sacramenti
ecclesiastici della Chiesa romana in rapporto ai greci e la riafferma-
zione di alcune verità considerate ormai patrimonio acquisito nella
comprensione teologica della Chiesa d’Occidente.130 In particolare ri-
sulta importante rimarcare dell’eucarestia la dottrina della transsub-
stantiatio e in relazione a essa la concezione di una presenza reale.
Si può rilevare un segnale analogo di spostamento di accento nella
sensibilità teologica – di maggiore attenzione, cioè, alla dimensione
sacramentale e alle modalità della presenza del Cristo nell’eucarestia
– nell’istituzione, con la bolla Transiturus,131 della festa e celebrazione

126
Cfr. P. de Clerck, La dimensione sacramentale e i sette sacramenti, in Id., Liturgia
viva, Magnano 2008, 5-22.
127
DH 860.
128
Cfr. B. Neunheuser, L’Eucharistie, II: Au Moyen Age et à l’Époque moderne, Paris
1966, 91.
129
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 75-77.
130
Cfr. G. Colombo, La transustanziazione, in Id., Teologia sacramentaria, Milano
1997, 178.
131
Cfr. E. Franceschini, Origini e stile della bolla Transiturus, in Studi eucaristici, To-
rino 1966, 285-317.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 353

del Corpus Domini nell’agosto del 1264. Tale festa viene percepita dai
contemporanei come una vera novità132 e ciò può segnalare una sen-
sibilità teologica e spirituale differente – appunto: nuova – rispetto
alla tradizione.
Per quanto attiene alla comprensione del testo conciliare non si
può certo argomentare e silentio, quindi dall’assenza di notazioni non
possiamo affermare che nella teologia del concilio la relazione di
identità del sacramentum corporis con il Cristo totale, capo e corpo,
si attenui né tantomeno che scompaia,133 ma è innegabile che nella
lettura del testo l’attenzione è condotta a sottolineare l’identità tra il
Cristo glorioso e il Cristo presente realmente negli elementi transu-
stanziati.
In Tommaso, che negli anni precedenti propone con attenzione
una riflessione sull’eucarestia, la dottrina della transustanziazione è
attentamente elaborata e continuamente riprecisata:134 lo stesso uf-
ficio della festa del Corpus Domini risulta essere opera sua.135 A ben
vedere essa risulta inserita in un quadro molto ampio in cui si va-
lorizza la connessione intima esistente tra l’eucarestia e l’unità del
corpo mistico di Cristo, la Chiesa. Nella sua dottrina res et sacramen-
tum dell’eucarestia è il corpo vero di Cristo, mentre la res sacramenti
dell’eucarestia è propriamente l’unità della Chiesa e l’unità dei fedeli
con Cristo:136
Duplex autem est res huius sacramenti, sicut supra dictum est, una
quidem quae est significata et contenta, scilicet ipse Christus; alia autem
est significata et non contenta, scilicet corpus Christi mysticum, quod est
societas sanctorum.137

Probabilmente il genere letterario e le finalità della professione di


fede portano a parlare dell’eucarestia nei termini della teologia della
transustanziazione di Tommaso, ma compiendo una cernita all’inter-
no dell’impianto globale della sua teologia e in generale della teologia
disponibile all’epoca. Cernita che sul piano teologico – sacramentario

132
Cfr. P.-M. Gy, L’Office du Corpus Christi, oeuvre de S. Thomas d’Aquin, in Id., La
liturgie dans l’histoire, Paris 1990, 236.
133
Cfr. C. Scordato, Il settenario sacramentale, 1/II, Trapani 2007, 115.
134
Cfr. P.-M. Gy, Avancées du Traité de l’eucharistie de S. Thomas, in Revue de sciences
philosophiques et theologiques 77 (1993), 222-223.
135
Cfr. P.-M. Gy, L’Office du Corpus Christi…, 223-245.
136
Cfr. I. Biffi, L’eucarestia. Comunione della Chiesa alla Passione del Signore, Milano
2004, 44-51.
137
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 80, a. 4.
354 F. Mandreoli

ed ecclesiologico – testimonia una sensibilità particolare che, leggen-


do lo sviluppo successivo della teologia eucaristica, non pare priva di
conseguenze a lungo termine.138
Per quanto riguarda, invece, le notazioni disciplinari inerenti la
sacramentaria possiamo rinvenirne almeno tre, una sul matrimonio
e due riguardanti prassi battesimali o eucaristiche legate al confronto
del mondo latino con il mondo orientale; confronto che, come sap-
piamo, è tra gli elementi portanti del concilio. Si tratta della tenden-
za, già denunciata al Lateranense IV, a reiterare il sacramento del
battesimo e la sottolineatura della liceità dell’utilizzo del pane azzi-
mo per la celebrazione eucaristica da parte dei latini. Tali notazioni
mostrano l’importanza che possiede nell’elaborazione della teologia
della prassi sacramentale la questione del confronto con le alterità
liturgiche ed ecclesiali.

11. Il concilio di Vienne

Avec le XIVe siècle nous entrons dans un autre temps de critique


théologique et ecclésiologique.139 Nella riflessione sacramentaria è
opinione vulgata che le dichiarazioni magisteriali di questo periodo,
a differenza della riflessione teologica, non siano particolarmente in-
novative, in quanto sembra che il fuoco dell’attenzione magisteriale
lentamente si sposti su altre tematiche. Risulta comunque interessante
rilevare alcuni degli elementi più significativi dell’evolversi del nesso,
esplicito o implicito, tra l’amministrazione dei sacramenti e la concre-
ta figura di Chiesa che hanno caratterizzato – secondo l’espressione
citata di Congar – questo periodo rispetto a quelli precedenti.140
Una serie di elementi interessanti possono essere rinvenuti da
una lettura attenta del concilio di Vienne, celebrato negli anni 1311-
1312.141 Il concilio che si colloca all’inizio della permanenza del papa
ad Avignone in Francia si mostra interessato a due problemi principa-
li: da un lato, i Templari e la Terra Santa, dall’altro, alcune questioni

138
Cfr. P. De Clerck, Liturgia viva, Magnano 2008, 37-40.
139
Y. Congar, «Ecclesia Romana», in Cristianesimo nella storia 5 (1984) 233.
140
Cfr. A. Vauchez, Der Kirchenbegriff im lateinischen Abendland, in Die Geschichte
des Christentums, 3: Die Zeit der Zerreissproben (1274-1449), Freiburg-Basel-Wien
2007, 264-294.
141
Cfr. J. Lecler, Vienne, in G. Dumeige (éd.), Historie des Conciles Oecuménique, VIII,
Paris 1964.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 355

di riforma della Chiesa tra le quali emergono le tensioni interne ai


seguaci di Francesco d’Assisi in particolare in merito al controverso
tema della povertà francescana.142 Analizziamo, dunque, le afferma-
zioni del concilio inerenti il battesimo e l’eucarestia.

12. Il battesimo

Il sacramento del battesimo viene trattato dal concilio nella bolla


Fidei catholicae143 di seguito al problema del tipo di relazione tra
l’anima umana e il corpo posto dalla teoria del francescano Pietro
Giovanni Olivi – morto alcuni anni prima, ma molto vivo nella vene-
razione del beghinismo provenzale144 – sull’anima razionale che non
sembrava venire intesa come forma del corpo:145
Ad hoc baptisma unicum baptizatos omnes in Christo regenerans est,
sicut unus Deus ac fides unica, ab omnibus fideliter confitendum, quod
celebratum in aqua in nomine Patri et Filii et Spiritus sancti, credimus
esse tam adultis quam parvulis communiter perfectum remedium ad sa-
lutem.146

Le due problematiche, tra loro apparentemente giustapposte, sono


invece connesse in quanto fanno parte di un dossier di proposizioni
attribuite all’Olivi da parte dell’ordine francescano e successivamente
condannate dal Concilio. Il problema del contesto in cui avviene tale
parziale condanna di alcune supposte affermazioni dell’Olivi è deci-
samente complesso, risulta però importante ricordare come la que-
stione di fondo che porta a queste prese di posizione sia quella della
riforma della Chiesa e della vita cristiana147 e, in tale quadro, della

142
Cfr. D. Burr, Olivi e la povertà francescana, Milano 1992.
143
COD 360-361.
144
Cfr. R. Manselli, Pietro di Giovanni Olivi spirituale, in Chi erano gli spirituali. Atti
del III convegno internazionale di Studi Francescani, Assisi, 16-18 Ottobre 1975,
Assisi 1976, 181-204 e Id., Spirituali e beghini in Provenza, Roma 1959.
145
Cfr. T. Schneider, Die Einheit des Menschen. Die anthropologische Formel “anima
forma coporis” im sogenannten Korrectorienstreit und bei Petrus Johannis Olivi. Ein
Beitrag zur Vorgeschichte des Konzils von Vienne, Münster 1988.
146
COD 361.
147
Cfr. Y. Congar, Les positions ecclésiologiques de Pierre Jean-Olivi, in Franciscains
d’Oc. Les Spirituels ca 1280-1324, Toulouse 1975, 155-165, in particolare: “Le cen-
tre d’intéret d’Olivi n’est pas l’Église, mais la forme évangélique de vie, caractérisée
par la pauvreté, dont la verité a été révélée à François, vécue per lui, transmise par
356 F. Mandreoli

riforma del mondo francescano nel senso di una maggiore povertà e


indipendenza dal temporale.148 Questione che porterà in modo signi-
ficativo alla condanna, nel 1323, come eretica e aliena alla fede della
Chiesa, l’affermazione che Cristo e gli apostoli non possedettero nulla
né come singoli né come comunità.
Il problema specifico attribuito alla dottrina del battesimo verte
sull’accusa che secondo tale dottrina il sacramento non attribuisce ai
bambini, come invece fa con gli adulti, grazia e virtù e che quindi nei
confronti dei bambini non sarebbe un remedium perfetto per la sal-
vezza. Il Concilio risolve la supposta questione ricordando in sintesi
le prospettive dell’insegnamento di Tommaso sugli effetti in generale
del battesimo,149 sugli effetti sui bambini150 e sul suo essere un rimedio
atto a far partecipare alla comunione con Cristo e con il suo corpo.151
Il battesimo può essere così descritto come “un perfetto e comune
mezzo di salvezza tanto per gli adulti quanto per i bambini”.

13. L’eucarestia

Un secondo passaggio concernente al tema sacramentale è, si-


gnificativamente, il testo della Ad nostrum qui che condanna alcuni
aspetti del movimento dei begardi e delle beghine, che, come si è
detto, nutriva una forte venerazione per la figura e l’opera dell’Oli-
vi. Il movimento risulta accusato per alcune tendenze “spirituali”.
In relazione a ciò lo si accusa d’indipendenza dall’autorità umana,
della convinzione della non necessità per i perfetti dei precetti della
Chiesa e della possibilità di ottenere già durante l’esistenza terrena
la visione beatifica. In questo quadro si colloca, come ottava proble-
matica, la prassi da parte dei perfetti, appartenenti al movimento, di
non mostrare alcuna riverenza al momento dell’elevazione dell’ostia
consacrata:

lui aux Frères Mineurs. Mais ni François ni son Ordre ne sont concevables sans
l’Église, et dehors d’une unité de forme institutionelle dont, de par la volonté du
Christ, le Siège romain occupe le sommet”.
148
Cfr. P. Vian, Introduzione, in Pietro di Giovanni Olivi, Scritti scelti, Roma 1989,
26-30.
149
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologia, IIIª, q. 69.
150
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 69, a. 6.
151
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 69, a. 4: “Ad hoc bap-
tismus valet, ut baptizati Christo incorporentur ut membra eius. A capite autem
Christo in omnia membra eius gratiae et virtutis plenitudo derivatur”.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 357

Octavo, quod in elevatione corporis Iesu Christi non debent assurge-


re nec eidem reverentiam exhibere, asserens quod esset imperfectionis
eisdem, si a puritate et altitudine suae contemplationis tantum descen-
derent, quod circa ministerium seu sacramentum eucharistiae aut circa
passionem humanitatis Christi aliqua cogitarent.152

Il testo è significativo perché mostra, in maniera indiretta, che il


rito dell’elevazione, risalente al XII secolo,153 ha assunto progressiva-
mente importanza. Il dettato conciliare mostra che l’atteggiamento
del credente di fronte a esso qualifica il tipo di fede nell’eucarestia e
la sua corrispondenza – o meno – alla fede della Chiesa. La significa-
tività dell’elevazione va posta in relazione a due elementi. In primo
luogo si ha l’elemento dogmatico della presenza reale e della dottrina
correlata della transustanziazione, che però non sono ripresi dal con-
cilio e, per così dire, fungono da presupposto naturale della sua teolo-
gia eucaristica. In secondo luogo si ha l’importante elemento liturgico
e devozionale dell’elevazione che conduce all’ingresso della prassi del
“vedere l’ostia”. Tale prassi si colloca all’interno di un crescente spo-
stamento di attenzione per la dimensione presenziale dell’eucarestia
e di una particolare dimensione della spiritualità e dell’antropologia
medievale.154 Il testo conciliare lascia intravvedere come la riverenza
al momento della consacrazione, ossia della transustanziazione e del-
la realizzazione della presenza di Cristo, viene intesa come elemento
decisivo, al contempo, di fede ortodossa e devozione.
Per quanto attiene l’elemento teologico che traspare dal testo con-
ciliare, possiamo rilevare come la consacrazione sempre più si rivesta
d’importanza all’interno dell’economia celebrativa e teologica della
messa. La celebrazione ha nelle parole della transustanziazione “un
nuovo punto che ne costituisce il centro”155 sancito dall’elevazione
dell’ostia dopo le parole consacratorie. Tale prassi ha un suo forte
sviluppo fino, ad esempio, a rendere possibile la celebrazione della
messa con il santissimo sacramento esposto per l’adorazione, pratica
che testimonia – in modo analogo all’ampio fiorire, dal XII seco-

152
COD 384.
153
Cfr. M. Sensi, Le forme dell’adorazione e della pietà eucaristica, in Lateranum 32
(2008)/2, 283-287, in particolare: “L’elevazione, che attirava le folle, non solo di-
venne un rito essenziale che ricevette l’approvazione dei papi, ma costituì anche
una delle devozioni più caratteristiche dei secoli XIII-XIV, favorita da numerosi
miracoli”.
154
Cfr. V. Mauro, Vedere l’ostia, in Vivens Homo 18 (2007) 38-48.
155
J.A. Jungmann, Missarum sollemnia, Casale Monferrato 1963, 103.
358 F. Mandreoli

lo in avanti, della celebrazione della messa privata156 – una sorta di


progressiva scorporazione tra gli elementi dell’eucarestia per cui la
celebrazione del sacrificio, la verità della presenza reale e la finalizza-
zione dell’eucarestia al nutrimento dei fedeli nella comunione sono,
anche visivamente, giustapposti.157 Tale prassi e teologia eucaristica
tendono, così, a frazionare la celebrazione dell’eucarestia e ad allen-
tare il legame tra l’eucarestia e la dimensione ecclesiale.158
In secondo luogo il testo del concilio mostra come la tendenza at-
tribuita agli spirituali a trascendere la mediazione ecclesiale ha come
punto qualificante il tipo di atteggiamento davanti all’eucarestia e da-
vanti alla passione del Signore. La posizione rispetto alla mediazione
della Chiesa ha una corrispondenza e una omogeneità con la posi-
zione rispetto alla funzione e sacramentalità – ministerium seu sacra-
mentum eucharestiae – dell’eucarestia.159 Per quanto attiene invece
la citazione della passione – circa passionem humanitatis Christi – il
testo sembra fare riferimento non solo al nesso teologico ampiamente
riconosciuto tra l’eucarestia e la passione del Signore, ma al collega-
mento allegorico tra l’elevazione dell’ostia e l’elevazione di Gesù sulla
croce che, a sua volta, si radica in una comprensione dell’eucarestia
come rappresentazione della passione.160

14. Il concilio di Costanza

Il testo e il contesto del concilio sono noti quantomeno per il qua-


dro di crisi epocale dentro cui si trovano. Il concilio di Costanza,
celebrato tra il 1414 e il 1418, si pone nella fase conclusiva del gran-
de scisma d’occidente che, iniziato con la fine della permanenza del
papa ad Avignone nel 1376 e aggravato dalla situazione successiva al

156
Cfr. C. Vogel, Une mutation cultuelle inexpliquée: le passage de l’eucharestie com-
munautaire à la messe privée, in Revue des Sciences Religieuses 54 (1980) 231-
250.
157
Cfr. J.A. Jungmann, Missarum sollemnia…, 105.
158
Interessanti osservazioni sul tipo di legame che si instaura tra l’eucarestia contem-
plata e la dimensione comunitaria ed ecclesiale della vita cristiana in A. Vauchez,
Le vie della salvezza nella chiesa latina, in M. Mollat, A. Vauchez (a cura di), Storia
del cristianesimo. Un tempo di prove (1274-1449), Roma 1998, 400-420.
159
Non a caso nel prosieguo del decreto tra i tre elementi qualificanti per valutare l’or-
todossia delle beghine e dei begardi vi è la valutazione del loro modo di intendere
i sacramenti della Chiesa, cfr. COD 384.
160
Cfr. J.A. Jungmann, Missarum sollemnia…, 100-101.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 359

concilio di Pisa del 1409 con l’elezione di un terzo pontefice, ha visto


il papato e la Chiesa d’Occidente cadere in una delle sue crisi isti-
tuzionali più profonde. Lo scisma si conclude, dopo grandi tensioni
interne allo stesso concilio, nel 1417 con l’elezione a papa di Martino
V. L’assemblea di Costanza nel contesto della crisi epocale del papato
e in generale del corpo ecclesiale161 si viene così a configurare come
il luogo principale di elaborazione di un’ecclesiologia conciliare.162
Nella travagliata e fondamentale bolla Haec sancta synodus Costan-
tiensis del 1415 si enunciano sia lo statuto teologico ed ecclesiologico
del concilio sia gli obiettivi che vengono individuati nella estirpazio-
ne dello scisma, nella riunificazione della Chiesa, nella sua riforma
nel capo e nelle membra.163

15. La condanna di Wycliff e di Hus

Tra questi obiettivi, che il concilio si propose, si trovano anche le


risposte ad alcune posizioni giudicate eretiche tra le quali si segna-
lano quelle del teologo di Oxford John Wycliff164 e del riformatore
di Praga Jan Hus, figure che il concilio abbina strettamente165 come
si può vedere anche dalla bolla Inter cunctas del 1418, emanata nei
giorni conclusivi dello stesso concilio. Bolla in cui sono formulate
domande di verifica da porsi indistintamente ai discepoli di Wycliff
e Hus.166
Entrambi gli autori sono noti per aver cercato di dare, attraverso
un ricorso più ampio alla dottrina della Scrittura, una risposta alle
istanze di riforma spirituale nate dalla profonda crisi di identità della

161
Cfr. S. Xeres, La Chiesa, Corpo inquieto, Milano 2003, 112-125.
162
Cfr. G. Ruggieri, I sinodi tra storia e teologia, in Associazione Teologica Italiana (a
cura di), Chiesa e Sinodalità, Milano 2007, 144-145 e G. Alberigo, Chiesa concilia-
re. Identità e significato del conciliarismo, Brescia 1981.
163
COD 409: “Haec sancta synodus Costantiensis generale concilium faciens, pro ex-
stirpatione praesentis schismatis, et unione ac reformatione ecclesiae Dei in capite
et in membris fienda […], ad consequendum facilius, securius, uberius et liberius
unionem ac reformationem ecclesiae Dei ordinat, diffidit, statuit, decernit, et decla-
rat, ut sequitur. Et primo declarat, quod ipsa in Spiritu sancto legitime congregata,
generale concilium faciens, et ecclesiam catholicam militantem repraesentans, po-
testatem a Christo immediate habet, cui quilibet cuiuscumque status vel dignitatis,
etiam si papalis exsistat, obedire tenetur”.
164
Cfr. U. Köpf, Wycliff, in LThK, 10, Freiburg-Basel-Rom-Wien 2001, 1337-1340.
165
Cfr. COD 433-434.
166
DH 1247-1279.
360 F. Mandreoli

Chiesa nel suo capo e nelle sue membra.167 Possiamo ricordare, come
esempio che aiuta a contestualizzare le posizioni di impronta spiri-
tualista e radicale di Wycliff e di Hus,168 l’affermazione di un Bartolo-
meo di Lucca che già all’inizio del XIV secolo arriva a sostenere nel
suo De regimine principum:
cum enim summus pontifex sit caput in corpore mystico omnium fi-
delium.169

Affermazione per la quale il papa sembra aver preso semplicemen-


te il posto di Cristo capo nella compaginazione del corpo ecclesiale.
Con le parole di Hubert Jedin si può esprimere in sintesi l’anima del
pensiero di Hus e del suo “maestro” Wycliff: “Come l’inglese Giovanni
Wycliff da lui preso a modello, Hus si era sottratto alla purtroppo tanto
imperfetta Chiesa del presente rifugiandosi nella Chiesa spirituale dei
predestinati da Dio, in cui non il sacerdozio gerarchico e l’oggettiva
celebrazione dei sacramenti garantiscono la redenzione, ma solamen-
te il possesso del Pneuma”.170 Non è quindi per caso che i due autori
reagiscano e che le loro proposizioni esplicitamente condannate dal
concilio ineriscano soprattutto la dipendenza della Chiesa da Cristo, la
qualità dell’autorità ecclesiale e delle sue strutture sacramentali.
Tra le proposizioni, tratte dalle opere dei due teologi condannati,
è significativo che – soprattutto per quanto concerne il caso di Wycliff
– vi siano numerose asserzioni di natura sacramentale, che quindi
hanno tra le loro istanze matrici questioni, teoriche e pratiche, di na-
tura ecclesiologica. In particolare sia Wycliff che Hus desideravano ri-
aprire il dibattito sul principio che la dignità o indegnità del ministro

167
Cfr. Magistri Johannis Hus, Tractatus de Ecclesia, S.H. Thomson (ed.), Cambridge
1956.
168
Magistri Johannis Hus, Tractatus de Ecclesia…, 7: “Sancta universalis ecclesia est
numerus omnium predestinatorum et corpus Christi misticum, cuius ipse est caput,
et sponsa Christi, quam ex dileccione maxima redemit suo sangwine, ut possideret
eam gloriosam finaliter, non habentem rugam peccati mortalis aut maculam pec-
cati venialis aut aliquid aliud ipsam vilificans, sed ut sit sancta et inmaculata per-
petue amplexans Christum sponsum” e 51-52: “Nec papa est caput nec cardinales
corpus totum sancte universalis ecclesie katholice, nam solus Christus est caput
illius ecclesie et singuli predestinati simul corpus et quilibet membrum, quia una
est persona cum Christo Ihesu ipsa sponsa”.
169
L. Benito (ed.), Regimiento de principes de Santo Tomàs de Aquino, Valencia 1931,
citato in S. Pié-Ninot, Ecclesiologia. La sacramentalità della comunità cristiana,
Brescia 2008, 163.
170
H. Jedin, Breve Storia dei Concili, Roma 1960, 110.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 361

non ha effetti sul sacramento da essi conferito; ricordiamo una pro-


posizione del primo così come viene riportata dal testo conciliare:
Si episcopus vel sacerdos est in peccato mortali, non ordinat, non con-
ficit, non consecrat, nec baptizat.171

Tale dibattito sul tipo di efficacia sacramentale del ministro con


maggiore o minore dignità si collega evidentemente alla più ampia
questione ecclesiologica del governo e dell’autorità nella Chiesa:
Christus sine talibus monstruosis capitibus, per suos veraces discipulos,
sparsos per orbem terrarum, melius suam ecclesiam regularet.172

Cristo governerebbe meglio la sua Chiesa mediante i suoi veri


discepoli sparsi sulla terra e senza questi capi mostruosi. Il dato sacra-
mentale in questo caso rimanda a un problema di vita ecclesiale più
ampia: la corruzione del clero e dei ministri della Chiesa permette di
mettere in dubbio la struttura sacramentale della vita della Chiesa,
l’autorità della Chiesa sui sacramenti e in ultima analisi l’autorità del
papa173 e dei prelati.174 Ricordiamo solo un’affermazione inerente il
papa e una inerente la possibilità dei fedeli di essere slegati dall’auto-
rità sacramentale dei ministri:
Post Urbanum VI non est aliquis recipiendus in papam, sed vivendum
est more Graecorum sub legibus propriis.175
Conversatio mala praelati subtrahit acceptationem ordinum et aliorum
sacramentorum a subditis.176

Il concilio reagisce condannando affermazioni del genere, volen-


do piuttosto salvaguardare la dottrina dell’efficacia dei sacramenti.

171
COD 411. Per l’omologo errore di Hus, cfr. COD, 429: “Sacerdotes quomodolibet
criminose viventes, sacerdotii polluunt potestatem et sicut filii infideles sentiunt
infideliter de septem sacramentis ecclesiae”.
172
COD 431.
173
Magistri Johannis Hus, Tractatus de Ecclesia, S.H. Thomson (ed.), Cambridge 1956,
47: “Certum est quod papa errare potest”; 97: “Subesse romano pontifici omni
humane creature est de necessitate salutis [cfr. Unam Sanctam]. Sed non est alius
talis pontifex, nisi ipse dominus Ihesus Christus, pontifex noster”.
174
COD 412: “Licet alicui diacono vel presbytero predicare verbum Dei, absque auc-
toritate sedis apostolicae vel episcopi catholici”. Per affermazioni simili attribuite a
Hus, cfr. COD 430: “Oboedientia ecclesiastica est oboedientia secundum adinven-
tionem sacerdotum ecclesiae, praeter expressam auctoritatem scripturae”.
175
COD 412.
176
COD 423.
362 F. Mandreoli

Infatti una volta che siano poste la materia, la forma e l’intenzione


ecclesiale i sacramenti sono veri sacramenti di grazia a prescindere
dalla dignità di vita del ministro.177

16. La dottrina eucaristica di Wycliff e la sua condanna

Una dinamica simile – di messa in dubbio della struttura sacra-


mentale della Chiesa – può essere rinvenuta nella questione sollevata
dalle tesi dello stesso Wycliff a riguardo della dottrina eucaristica,
sentiero specifico sul quale Hus non lo seguirà.178
La dottrina eucaristica attribuita a Wycliff nell’ottava sessione del
concilio nega la dottrina della completa mutazione della sostanza del
pane e del vino179 in virtù dell’impossibilità che rimangano gli ac-
cidenti del pane e del vino senza la correlativa sostanza e senza il
correlativo soggetto.180 Si tratta di una messa in discussione tecnica
della dottrina della transustanziazione e quindi della presenza reale
del Cristo nel sacramento.181 Nella seconda serie di sentenze condan-
nate nella quindicesima sessione del concilio182 si attribuisce a Wycliff
una dottrina della presenza del corpo di Cristo in figura nell’ostia
consacrata.183
La dottrina eucaristica elaborata da Wycliff si articola in diversi
periodi – almeno due, di cui il primo più tradizionale e il secondo
più innovativo e problematico184 – e si colloca in modo complessivo
all’interno delle sue istanze riformatici della prassi e della dottrina
della Chiesa, mentre nello specifico può essere collocata in un quadro

177
Cfr. Inter cunctas, DH 1262: “Item, utrum credat, quod malus sacerdos cum debita
materia et forma et cum intentione faciendi, quod facit Ecclesia, vere conficiat, vere
absolvat, vere baptizet, vere conferat alia sacramenta”.
178
Cfr. S. Sousedìk, Hus et la doctrine eucharistique ‘remanentiste’, in Divinitas 21
(1977) 383-407 e G. Leff, Wycliff and Hus: a doctrinal comparaison, in A. Kenny
(ed.), Wycliffe in his Times, Oxford 1986, 119-120.
179
COD 411: “Substantia panis materialis, et similiter substantia vini materialis, ma-
nent in sacramento altaris”.
180
COD 411: “Accidentia panis non manent sine subiecto in eodem sacramento”.
181
COD 411: “Christus non est in eodem sacramento identice et realiter in propria
persona corporali”.
182
COD 422-423.
183
COD 422.
184
Cfr. P.J.J.M. Baker, La doctrine eucharistique de Jean Wyclif, in M. Fumagalli Beo-
nio Brocchieri, S. Simonetta (a cura di), John Wyclif. Logica, Politica, Teologia,
Firenze 2003, 91-95.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 363

teorico legato da un lato a un desiderio di maggiore fedeltà al dato


e alla verità della Scrittura185 e dall’altro ad una visione metafisica
estremamente realista.186 Il rifiuto di Wycliff è pertanto duplice: fi-
losofico e teologico-ecclesiologico. Per quanto riguarda quest’ultimo
aspetto si può rilevare come egli rifiuti la dottrina della transustan-
ziazione perché la ritiene una dottrina nuova della Chiesa prodotta
dai doctores novelli187 della scolastica e fatta propria dal concilio La-
teranense IV:
Sed tercio principaliter replicatur per hoc quod novella ecclesia ponit
transsubstanciacionem panis et vini in corpus Christi et sanguinem. Hoc
autem non posuit ecclesia primitiva.188

Tale dottrina è del tutto assente nella Chiesa primitiva e nella


Chiesa del primo millennio, segnala lo scatenarsi dell’idolatria nella
Chiesa, la quale mostra così di allontanarsi dalla Scrittura e dalla sua
verità.189 Con tale impostazione Wycliff mette in dubbio la teologia
della conversione eucaristica nella versione della transustanziazione,
nella versione dell’impanazione e in quella della identificazione.
Egli cerca una dottrina eucaristica che non contraddica i dati della
Scrittura, elaborando una teologia della consustanziazione – solo in
parte simile a quella più “moderata” elaborata da Enrico di Gand190
– che già prima del Concilio di Costanza provocò dispute anche in ra-
gione del seguito che le sue dottrine sacramentali ed ecclesiologiche
ebbero dopo la sua morte.191

185
Cfr. I. Wycliff, De Eucharistia Tractatus maior, J. Loserth (ed.), Frankfurt am Main
1966, 61: “Nemo debet credere eciam pape in materia fidei nisi de quanto se
fundaverit in Scriptura” e I.C. Levy, Christus qui mentiri non potest: John Wyclif’s
Rejection of Transubstantiation, in Recherches de Théologie et Philosophie médiéva-
le 66 (1999) 316-334.
186
Cfr. P.J.J.M. Baker, La doctrine eucharistique de Jean Wyclif…, 111-112.
187
Cfr. I. Wycliff, De Eucharistia Tractatus maior…, 48.
188
Ibid. …, 47.
189
I. Wycliff, De apostasia, 3, 46-47: “Quia error de eukaristia et error apostasie ut
plurimum se sequuntur, ideo pro maiori declaracione utriusque materie oportet
parumper mixtim procedere. Mendacium enim fictum a cultoribus signorum tam
proprietarie quam exproprietarie viventibus et specialiter in ista materia de euka-
restia modo perturbat ecclesiam. Ideo ulterius notandum quod in secundo millen-
nario matris nostre (sc Ecclesie), quo solutus est sathanas […]. Medium autem quo
dyabolus illudit ecclesie est irreligiositatis in signis, et specialiter sacramentis, ut
patet de sacramento eukaristie et penitencie”.
190
P.J.J.M. Baker, La doctrine eucharistique de Jean Wyclif…, 103, nota 43.
191
Cfr. U. Köpf, Wyclifismus, in LThK 10, Freiburg-Basel-Rom-Wien 2001, 1340-
1341.
364 F. Mandreoli

In sintesi, secondo la dottrina elaborata da Wycliff, la trasforma-


zione eucaristica non distrugge la sostanza del pane e del vino in
quanto non è possibile che permangano gli accidenti senza un sog-
getto sostanziale correlativo.192 La presenza del Cristo nell’eucarestia
non può essere descritta nella teologia di Wycliff come una presenza
reale o presenza di identità relata alla dottrina della transustanziazio-
ne, ma piuttosto come sacramentale193 o simbolica.194 Tale posizione
del riformatore inglese non può, però, essere interpretata come una
negazione del fatto che l’ostia consacrata sia comunque il vero corpo
del Signore: la permanenza del pane non impedisce ma al contrario
rende possibile la presenza eucaristica.195
La condanna di Wycliff operata dal concilio è, dal punto di vista
ermeneutico, di difficile valutazione in quanto sono condannati er-
rori di grado diverso tra loro e tra questi errori si trova la negazio-
ne della dottrina della transustanziazione, che, però, il concilio non
formula poi in modo positivo.196 Malgrado la difficoltà ermeneutica
nella valutazione degli errori di Wyclif risulta, comunque, evidente la
correlazione esistente tra la dottrina sacramentale, l’idea di tradizione
– in particolar modo nei suoi aspetti canonici, magisteriali e teologici
– e la specifica comprensione della Chiesa.

17. La condanna di Hus e del movimento hussita

La riflessione – e la correlativa condanna – di Hus si collocano


sulla scia dell’insegnamento di Wycliff anche se sono contrassegnate
da una più decisa concentrazione su temi ecclesiologici di riforma

192
Cfr. I. Wycliff, De Eucharistia Tractatus maior…, 228: “Si vero tam materia quam
forma panis et vini remanet, videtur quod integre suppositum panis et vini remanet;
et cum neutra illarum fit natura corporis et sanguinis, videtur quod remanent cor-
pora omnino distincta ut in principio, preter hoc quod per consecracionem habent
habitudinem ut signum et significatum, sicut dicit antiqua sanctorum sentencia”.
193
Cfr. U. Köpf, Wycliff…, 1339.
194
P.J.J.M. Baker, La doctrine eucharistique de Jean Wyclif…, 103: “Wyclif déclare que
la substance du pain […], elle demeure après la consécration. Plus précisément, la
matière et la forme substantielle du pain demeurent. Le pain et le corps de Christ
restent deux corps entièrement distincts l’un de l’autre excepté que, en vertu de la
consécration, le pain devient un signe (signum) du corps de Christ”.
195
Cfr. G. Colombo, La transustanziazione, in Id., Teologia sacramentaria, Milano
1997, 178.
196
Cfr. G. Colombo, La transustanziazione…, 182
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 365

spirituale.197 Per quanto riguarda i temi sacramentali operiamo solo


alcune osservazioni: è simile la critica a ogni automatismo riguardan-
te l’ordine sacro e l’efficacia dei sacramenti; vengono rafforzate le
critiche, basate sulla Scrittura e il Vangelo, alla prassi sacramentale e
disciplinare della Chiesa; infine pur non mostrando di condividere le
posizioni di Wycliff sull’eucarestia, sulla sua teologia della “rimanen-
za” della sostanza del pane e del vino,198 Hus difende comunque la
libertà e lo spazio di discussione teologica. Alle tematiche sacramen-
tali va aggiunta la nota questione del calice dei laici che, entrando nei
Quattro articoli di Praga,199 diviene una sorta di istanza programmati-
ca del movimento hussita a tal punto che venne chiamato movimento
degli utraquisti.200 Il calice dato ai laici venne inteso non tanto come
risposta a questioni dogmatiche specifiche riguardanti l’eucarestia,
ma come chiave simbolica per rendere viva una figura di Chiesa in
cui fosse più evidente l’obbedienza di tutti al Vangelo e una sostan-
ziale uguaglianza tra i battezzati.201
Dopo la condanna di Wycliff nell’ottava sessione e prima della
condanna di Hus nella quindicesima sessione, il concilio condanna
nella tredicesima sessione proprio la pratica della comunione utra-
que panis et vini specie.202 Nel decreto di condanna si evidenziano
tre problemi in cui chiaramente le questioni teologiche sacramentali
si intrecciano con quelle più direttamente ecclesiali: si tratta delle
origini, dei laici e della teologia eucaristica.
In primo luogo si opera un discernimento sulle origini. Per inciso
si può rilevare in merito a questo tema – come in modo analogo si
può fare in merito alla diatriba sulla transustanziazione in Wycliff
– come in esso si ripresenti la questione del senso della tradizione
ecclesiastica e teologica in relazione alle origini cristiane e alla loro
attestazione nella Scrittura. Il concilio ammette senza problemi che

197
D. Di Domizio, Jan Hus’s De Ecclesia, in Theological Studies 60 (1999) 256-257:
“Hus seems to have accepted all of sacraments of the Church. […] He insisted
that Christ is present and active both in the sacramental life and in the governing
structures of the Church. He costantly warned against the danger of civil or canon
law usurping the spiritual activity and tutelage of Christ. Without a spiritual bond
with Christ realized by a faithful living out of the gospel, no one – not even the
pope – can claim authority in the Church”.
198
Cfr. W. Eberhard, Hus, in LThK 5, Freiburg-Basel-Rom-Wien 1996, 340.
199
Cfr. J. Otter, The First Unified Church in the Heart of Europe: The Evangelical
Church of Czech Brethren, Prague 1992, 11-15.
200
Cfr. W. Eberhard, Hus…, 342.
201
Cfr. Y. Congar, «Ecclesia Romana», in Cristianesimo nella Storia 5 (1984) 235.
202
COD 418.
366 F. Mandreoli

nel periodo delle origini cristiane l’eucarestia è stata istituita secondo


le due specie da Gesù Cristo e la stessa Chiesa primitiva ha celebrato
a lungo secondo questa modalità. Nonostante ciò – tamen hoc non
obstante203 – la tradizione e l’autorità della Chiesa ha stabilito diver-
samente, ossia ha stabilito che solo i celebranti appartenenti al clero
potessero comunicarsi al pane e al calice, mentre per i laici è suffi-
ciente la comunione sotto la specie del pane. Tale prassi è corroborata
e sostenuta dalla teologia classica:
cum fermissime credendum sit, et nullatenus dubitandum, integrum
Christi corpus et sanguinem tam sub specie panis, quam sub specie vini
veraciter contineri.204

Il principio teologico della integrità del corpo di Cristo in entram-


be le specie è così fatto proprio e utilizzato dal concilio e dalle bolle
disciplinari successive.205 Esso serve per sostenere la prassi della co-
munione sotto una specie sola ai laici e attraverso la difesa di questa
prassi si corrobora sia l’autorevolezza della tradizione ecclesiale ri-
spetto anche alle origini sia l’autorità della Chiesa in campo sacra-
mentale.206 In tale quadro – che sarà ribadito al concilio di Trento207
– la condanna per eresia di chi sostenesse o praticasse208 il contrario
non pare una condanna soprattutto di natura teologico – sacramen-
taria, ma di natura disciplinare ed ecclesiologica.209 Da sempre nella
tradizione cristiana l’eucarestia si presta a divenire luogo di simbolo-
gie o allegorie con significati ecclesiali.210 Nel caso del calice ai laici

203
COD 419.
204
Ibidem.
205
Cfr. Inter cunctas, DH 1257: “Item, utrum credat et asserat, quod facta consecratio-
ne per sacerdotem, sub sola specie panis tantum, et praeter speciem vini, sit vera
caro Christi et sanguis et anima et deitas et totus Christus, ac idem corpus absolute
et sub unaqualibet illarum specie rum singulariter”.
206
Cfr. Inter cunctas, DH 1258: “Item, utrum credat, quod consuetudo comunicandi
personas laicales sub specie panis tantum, ab Ecclesia universali observata, et per
sacrum Concilium Constantiae approbata, sit servanda sic, quod non liceat eam
reprobare aut sine Ecclesiae auctoritate pro libito immutare. Et quod dicentes per-
tinaciter oppositum praemissorum, tamquam haeretici vel sapientes haeresi, sint
arcendi et puniendi”.
207
Cfr. F. Buzzi, Il Concilio di Trento (1545-1563), Milano 1995, 129-131.
208
COD 419.
209
Cfr. J. Wohlmuth, Le concile de Constance et le concile de Bâle, in Les Conciles
Oecuméniques, Paris 1994, 214.
210
Cfr. Magistri Johannis Hus, Tractatus de Ecclesia, S.H. Thomson (ed.), Cambridge
1956, 8-9.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 367

si tratta di una simbolica connessa alla questione dell’autorità della


gerarchia, della sua competenza sacramentale e della posizione dei
laici nella Chiesa. La riconferma di una dottrina e prassi eucaristica è
volta soprattutto a contrastare tendenze contestative dell’autorità cle-
ricale. Per il concilio di Costanza si tratta, al di là degli abusi del cle-
ro, di difendere il senso autentico della gerarchia e di opporsi a una
figura di Chiesa – di uguali, santa e libera dal potere dei prìncipi – in
qualche modo percepita come alternativa rispetto a quella giudicata
ortodossa.211 Il concilio di Basilea cercherà in seguito di attenuare la
condanna della prassi della comunione al calice per i laici conceden-
do cautamente il permesso a tal prassi, per recuperare alla pace le
zone della Boemia212 insorte dopo la morte di Hus.213

18. Le sessioni fiorentine del concilio di Basilea-Ferrara-Firenze-Roma

Il concilio di Basilea-Ferrara-Firenze-Roma è un luogo di con-


fluenza ed elaborazione di molte delle questioni – e tensioni – eccle-
siologiche maturate nei secoli precedenti214 e, come è evidente, venne
celebrato in quattro sedi differenti. Esso si caratterizza per l’atten-
zione all’Oriente e per le differenti formule d’unione,215 frutto di un
complesso tentativo di riunificazione della Chiesa d’Occidente con le
Chiese orientali.216
Per quanto attiene il nostro tema le sessioni più rilevanti han-
no avuto luogo a Firenze e si trovano nel cosiddetto decreto per gli
armeni. Il decreto tratta diverse tematiche tra le quali ha un ampio
spazio quella sacramentale. L’attenzione all’elemento sacramentale
non risulta del tutto nuova in quanto già in due testi del secolo pre-
cedente si segnalava un’attenzione critica verso il mondo armeno, la
sua prassi e la sua teologia.

211
Cfr. G. Canobbio, Laici o cristiani?, Brescia 1997, 127-129.
212
COD 460-461 e 478.
213
Cfr. P. de Vooght, La confrontation des thèses hussites et romanines au concile de
Bâle, in Recherches de Théologie ancienne et médiévale 37 (1970) 97-137, 254-
291.
214
Cfr. A. Melloni, L’istituzione e la cristianità. Aspetti dell’ecclesiologia latina nel re-
troterra delle discussioni del concilio di Ferrara-Firenze, in G. Alberigo (ed.), Chri-
stian Unity, Leuven 1991, 471-489.
215
COD 478-482 e 506-513.
216
Cfr. G. Alberigo, The Unity of Christians, in Id. (ed.), Christian Unity, Leuven 1991,
1-19.
368 F. Mandreoli

Nella lettera Cum dudum dell’agosto del 1341 ci si era concen-


trati sui problemi della teologia e della prassi sacramentale orientale
armena che sembrava mettere in discussione, tra altre cose, la teolo-
gia del battesimo,217 la teologia della preghiera eucaristica soprattutto
nel racconto consacratorio dell’istituzione e nella efficacia salvifica
della stessa eucarestia.218 Quest’ultima questione mostra l’emersione
di un tema – sul quale torneremo – che animò il dibattito tra la teo-
logia sacramentaria orientale e occidentale sul valore dell’epiclesi e
sul valore dell’anamnesi e che, a ben vedere, risulta essere il riflesso
di una progressiva diversificazione di prospettive soteriologiche ed
ecclesiologiche.219
Nella lettera Super quibusdam del settembre 1351 Clemente
VI vuole verificare alcune convinzioni degli armeni inerenti prima
di tutto il primato della sede romana,220 la sua unicità e centralità
soteriologica,221 il potere sull’amministrazione dei sacramenti e sui

217
DH 1016: “Item quod Armeni dicunt et tenent, quod ad hoc, quod si baptismus
verus, ista requiruntur, scilicet aqua, chrisma… et Eucharistia; ita quod, si aliquis
baptizaret in aqua aliquem dicendo: Ego te baptizo in nomine Patris et Filii et
Spiritus Sancti. Amen, et postea non inungeretur dicto chrismate, non esset bapti-
smus. Si etiam non daretur ei Eucharestiae sacramentum, baptizatus non esset”.
218
DH 1017: “Item omnes Armeni communiter dicunt et tenent, quod per verba po-
sita in eorum canone Missae, quando dicitur per sacerdotem «Accepit panem et
gratias agens fregit et dedit suis sanctis electis et recumbentibus discipulis dicens:
Accipite et manducate ex hoc omnes, hoc est Corpus meum…; similiter et cali-
cem accipiens… dicens: Accipite et bibite ex hoc omnes, hic est Sanguis meus…
in remissionem peccatorum» non conficitur nec ipsi conficere intendunt Corpus et
Sanguinem Christi, sed solum dicunt verba recitative, recitando scilicet quod Do-
minus fecit, quando sacramento instituit. Et post dicta verba dicit sacerdos multas
orationes positas in eorum canone, et post dictas orationes venit ad locum, ubi sic
in eorum canone dicitur: Adoramus, supplicamus et petimus a te, benigne Deus,
mitte in nobis et in hoc propositum donum coessentialem tibi Spiritum Sanctum
per quem pane benedictum Corpus veraciter efficies Domini nostri et Salvatoris
Iesu Christi – et dicta verba dicit sacerdos ter, deinde dicit sacerdos super calicem
et vinum benedictum: Sanguinem veraciter efficies Domini Nostri Salvatoris Iesu
Christi, et per haec verba credunt, quod conficiantur Corpus Christi et Sanguis”.
219
Cfr. J. Meyendorff, Note sull’interpretazione ortodossa dell’eucarestia, in Concilium
4 (1967) 66-74, in particolare: “La presenza quindi della epiclesi nel canone eu-
caristico è più che un semplice dettaglio liturgico. Nelle polemiche antilatine […]
l’epiclesi esclude l’idea essenziale che i sacramenti sono compiuti solo quando la
formula è pronunciata con retta intenzione dal ministro adatto. L’invocare lo Spi-
rito santo nell’eucarestia non è semplicemente un’altra formula sacramentale: ciò
implica una dottrina della salvezza ed una ecclesiologia”.
220
Cfr. DH 1052.
221
DH 1050: “Si creditis tu et ecclesia Armenorum, quae tibi obedit, omnes illos, qui
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 369

riti del pontefice romano,222 la teologia della confermazione,223 del


battesimo,224 dell’eucarestia,225 dell’ordine226 e della penitenza.227
Le due lettere, al di là del grado effettivo di autorevolezza, sono
significative perché mostrano, secondo dinamiche già evidenziate, da
un lato la questione, divenuta discriminante anche sul piano sote-
riologico, della obbedienza – e non più solo della comunione228 – al
papa e alla Chiesa romana e da un altro lato come le uniche categorie
teologiche del magistero siano, ormai, quelle della koiné scolastica,
che assolutizzate rischiano di non permettere un’intelligenza adegua-
ta della verità di altre tradizioni teologiche, liturgiche e spirituali.
La bolla di unione degli armeni è della ottava sessione fiorentina
nel novembre 1439 e viene promulgata dopo la definizione Laeten-
tur Caeli della sesta sessione del luglio 1439 e prima della bolla di
unione dei copti Cantate Domino del febbraio 1442. Nella definizio-
ne si annuncia la caduta del muro che divideva le Chiese e, quindi,
la riconciliazione tra la Chiesa d’Occidente e l’insieme delle Chiese
d’Oriente, greci bizantini, armeni, copti giacobiti. Malgrado, come si
sa, il mondo orientale non abbia ratificato di fatto questa unione che
sarebbe rimasta senza futuro. Per quanto riguarda il nostro tema nel-
la Laetentur Caeli si trova, tra le questioni di dottrina trinitaria e di

in baptismo eandem fidem catholicam receperunt, et postmodum a comunione


fidei eiusdem Ecclesiae Romanae, quae una sola catholica est, recesserunt vel re-
cedent in futurum, esse schismaticos et haereticos, si pertinaciter divisi a fide ipsius
Romanae Ecclesiae perseverent” e DH 1051: “Petimus, si creditis tu et Armeni tibi
obedientes, quod nullus homo viatorum extra fidem ipsius Ecclesiae et obedien-
tiam Pontificium Romanorum poterit finaliter salvus esse”.
222
DH 1061: “Si credidisti et adhuc credis, Romanum Pontificem circa administratio-
nem sacramentorum Ecclesiae, salvis semper illis, quae sunt de integritate et ne-
cessitate sacramentorum, posse diversos ritus ecclesiarum Christi tolerare, et eiam
concedere, ut serventur” e DH 1062: “si credidisti et credis, Armenos, qui Romano
Pontifici in diversis partibus orbis obediunt et formas et ritus Romanae Ecclesiae in
administratione sacramentorum et in ecclesiasticis officis, ieiuniis et aliis caerimo-
niis studiose et cum devotione observant, bene agere et illa agendo vitam aeternam
mereri”.
223
Cfr. DH 1068-1071.
224
Cfr. DH 1081-1082.
225
DH 1083: “Quod corpus Christi post verba consecrationis sit idem numero quod
corpus natum de Virgine et immulatum in cruce”.
226
Cfr. DH 1084.
227
DH 1085: “Quod est de necessitate salutis, confiteri proprio sacerdoti vel de licen-
tia eius, omnia peccata mortalia perfecte et distincte”.
228
Cfr. B. Sesboüé, “Fuori dalla Chiesa nessuna salvezza”. Storia di una formula e
problemi di interpretazione, Cinisello Balsamo 2009, 72-73.
370 F. Mandreoli

escatologia, l’affermazione – che rimanda a una tensione già presente


dall’XI secolo – inerente la legittimità di utilizzare per la consacrazione
dell’eucarestia il pane azzimo o fermentato a seconda della tradizione
liturgica di appartenenza.229 Accordo che, come è stato segnalato, da
un lato mostra indirettamente l’importanza che ha il modo concreto
della celebrazione eucaristica per il riconoscimento ecclesiologico e
della propria tradizione di Chiesa, dall’altro lato mostra un esempio
significativo di lettura al plurale e integrata delle due tradizioni, che,
invece, per gli altri temi trattati sono spesso solo giustapposte.230
Nella Cantate Domino si trova, oltre a questioni sul battesimo e
sull’eucarestia sulle quali torneremo, la molto nota affermazione sul
fatto che nessuno di quelli che sono fuori della Chiesa cattolica potrà
raggiungere la vita eterna se prima della morte non sarà stata a essa
riunita.231 In tale quadro si afferma:
tantumque valere ecclesiastici corporis unitatem, ut solis in ea manen-
tibus ad salutem ecclesiastica sacramenta proficiant […] neminemque
quantascumque elemosinas fecerit, et si pro Christi nomine sanguinem
effuderit, posse salvari, nisi in catholice ecclesie gremio et unitate per-
manserit.232

Il testo in maniera solenne sottolinea l’esclusione dalla salvezza di


coloro che non sono nella Chiesa cattolica, in particolare si ricordano
i pagani ossia i musulmani e gli ebrei,233 la cui situazione è quella di

229
COD 527: “Item, in azimo sive fermentato pane triticeo, corpus Christi veraciter con-
fici, sacerdotesque in altero ipsum Domini corpus conficere debere, unumquemque
scilicet iuxta sue ecclesie sive occidentalis sive orientalis consuetudinem”.
230
Cfr. G. Alberigo, The Unity of Christians, in Id. (ed.), Christian Unity, Leuven 1991,
8-9.
231
COD 578: “Firmiter credit, profitetur et predicat nullos extra ecclesiam catholi-
cam existentes, non solum paganos, sed nec Iudeos aut hereticos atque scismaticos
eterne vite fieri posse participes, sed in ignem eternum ituros, qui paratus est dy-
abolo et angeli suis, nisi ante finem vite eidem fuerint aggregati”.
232
COD 578.
233
G. Canobbio, Nessuna salvezza fuori della Chiesa? Storia e senso di un contro-
verso principio teologico, Brescia 2009, 220-221: “Ci si può domandare anzitutto
perché in una confessione di fede che intende ristabilire l’unità con cristiani che
condividono per molti aspetti la medesima fede cristiana, pur apparendo scisma-
tici, si introduca un riferimento anche ai pagani e ai giudei. Va ricordato che nel
linguaggio cristiano medievale pagani tendeva a corrispondere ai musulmani. Si
tratta perciò delle due categorie religiose con le quali la chiesa si confrontava. La
ragione dell’inserzione sta nel convincimento che costoro rappresentano quanti
avendo avuto notitia del vangelo lo avevano rifiutato. Accanto a questi si pongono
gli eretici e gli scismatici, altri gruppi che hanno rifiutato la vera fede o si sono
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 371

non oggettiva appartenenza visibile. Il testo è nello stesso tempo molto


duro anche verso i non cattolici – tra i quali i copti giacobiti a cui
il testo è destinato – in quanto si sostiene che sia i sacramenti della
Chiesa sia l’effusione del sangue per Cristo – insieme alle opere buone
della vita cristiana – non hanno alcuna validità soteriologica. Lo si è
visto in altri casi: il magistero fa alcune scelte tra le possibilità teologi-
che disponibili e sceglie in funzione della sua priorità, che, in questo
caso, è quella di salvaguardare il principio della salvezza acquisibile
solo dentro l’appartenenza alla Chiesa cattolica e, pertanto, accelera-
re il processo di riunificazione a essa. Senza entrare nelle complesse
questioni sul grado di impegno dogmatico e di autorità del concilio
di Firenze,234 qui basta sottolineare come la teologia dei sacramenti
e della loro efficacia viene semplificata e, a ben vedere, destinata al
raggiungimento del fine ecclesiologico perseguito: i sacramenti – e
anche la res sacramenti che nella tradizione teologica consta nella fede
e nella carità – fuori dai confini della Chiesa cattolica sono soteriolo-
gicamente inefficaci in quanto la “vera fede si trova solo nella Chiesa
cattolica romana”235 a cui con urgenza è bene riunirsi.236
La bolla di unione degli armeni viene promulgata il 22 novem-
bre 1439 e contiene una parte cospicua dedicata ai “sette sacramenti
della Chiesa”237 che insieme ai riti e a tematiche dogmatiche sono tra
gli elementi trattati dalla bolla.238 La parte sacramentaria riproduce
in buona parte il testo De articulis fidei et ecclesiae sacramentis di
Tommaso che a sua volta è una sorta di compendio della riflessione
dell’Aquinate sui sacramenti.

19. I sacramenti della Chiesa

Il testo si presenta, dunque, come una brevissima formula della


dottrina sui sacramenti che sono presentati nel loro ordine dentro il
settenario e nella loro qualità di sacramenti della nuova legge, decisa-

separati dal corpo della chiesa. L’equiparazione dei diversi gruppi in relazione alla
salvezza vuole rimarcare che da essa si è esclusi per una scelta”.
234
Cfr. B. Sesboüé, “Fuori dalla Chiesa nessuna salvezza…, 75-88.
235
Cfr. G. Canobbio, Nessuna salvezza fuori della Chiesa…, 222.
236
Cfr. COD 535-536: “Orantes et obsecrantes, ut quemadmodum ipsi Greci atque Ar-
meni unum cum ecclesia Romana effecti sunt, ita fiant et cetere nationes, presertim
Christi caractere insignite”.
237
COD 537.
238
Ibidem.
372 F. Mandreoli

mente differenti da quelli dell’antica legge.239 Tale distinzione tra i sa-


cramenti della nuova alleanza e quelli dell’antica fa parte della koiné
teologica, ma pare essere la prima volta che compare in un testo del
magistero. Essa si basa sul tipo di rapporto che i sacramenti stabili-
scono con la grazia: i sacramenti dell’antica legge non causavano la
grazia – non causabant gratiam –, ma la prefiguravano soltanto – so-
lum prefigurabant – in quanto la grazia sarebbe stata concessa per la
passione di Cristo – per passionem Christi dandam. I sacramenti della
nuova legge contengono, quindi, la grazia scaturita dalla passione e
la comunicano a chi li riceve degnamente.240
Il linguaggio del testo è significativo in quanto, oltre all’ormai tra-
dizionale terminologia del continere e del conferre, assume indiret-
tamente la prospettiva della causalità sacramentale introdotta nella
riflessione teologica da Pietro Lombardo241 e fatta propria dalla teo-
logia scolastica.242 Il testo usa dunque tale linguaggio della causalità
senza, però, entrare nell’ampio e complesso dibattito sulla qualità di
questa causalità: strumentale, occasionale o dispositiva. Per la bolla,
infatti, la differenza maggiore esistente tra i sacramenti delle due al-
leanze si trova nella causalità rispetto alla grazia.
Un ulteriore elemento utile dell’introduzione alla trattazione dei
sacramenti si trova nella descrizione dei sette sacramenti in base a
due categorie:
Horum quinque prima ad spiritualem uniuscuiusque hominis in se
ipso perfectionem, duo ultima [ordo et matrimonium] ad totius ecclesie
regimen multiplicationemque ordinata sunt.243

La suddivisione è significativa perché – riprendendo la riflessione


classica di Tommaso, che ponendo un’analogia tra la vita dello spi-
rito e la vita del corpo distingue tra una perfezione personale e una

239
COD 541: “Nove legis septem sunt sacramenta, vide licet baptismus, confirmatio,
eucarestia, penitentia, extrema unctio, ordo et matrimonium, que multum a sacra-
mentis differunt antique legis”.
240
COD 541: “Hec vero nostra et continent gratiam et ipsam digne suscipientibus
conferunt”.
241
Petrus Lombardus, In Libros Sententiarum IV, dist. IV, 2, in P.L. 192, 839.
242
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, De articulis fidei et ecclesiae sacramentis, Opuscula
teologica, Taurini 1954: “Fuerunt autem in veteri lege quaedam sacramenta, idest
sacrae rei signa, sicut agnus paschalis, et alia sacramenta legalia, quae quidem so-
lum significabant Christi gratiam, non tamen eam causabant”.
243
COD 541.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 373

sociale244 – differenzia i sacramenti in due categorie: i sacramenti a


destinazione sociale/ecclesiale e i sacramenti il cui orizzonte è la per-
fezione spirituale della persona. Il testo dà per presupposto che i sette
sacramenti in quanto sacramenta ecclesie245 hanno una dimensione
ecclesiale, ma traspare una prospettiva individuale che si trova nel
testo di Tommaso e che viene ulteriormente sottolineata dalla suc-
cessiva descrizione organica dell’effetto dei sacramenti. Descrizione
che mostra la connessione dei primi cinque sacramenti in rapporto
all’esistenza spirituale del credente nelle sue varie fasi246 e mostra la
rilevanza del sacramento dell’ordine e del matrimonio rispetto alla
crescita e al governo della Chiesa.247 I primi sacramenti sono letti in
chiave prevalentemente individuale anche se pare evidente che sia
assodato che la vita cristiana – e quindi sacramentale – del credente
si svolga nella Chiesa.
Il testo dopo tale proposta di descrizione organica dei sette sacra-
menti presenta alcune osservazioni sintetiche sulla teologia del sa-
cramento in genere e sulla questione del carattere sacramentale. Per
quanto attiene al sacramento in genere la bolla afferma che essi sono
compiuti se vi sono tre elementi:
Hec omnia sacramenta tribus perficiuntur, videlicet rebus tanquam
materia, verbis tanquam forma, et persona ministri conferentis sacra-
mentum cum intentione faciendi quod facit ecclesia. Quorum si aliquod
desit, non perficitur sacramentum.

Il testo per descrivere i sacramenti in generale sceglie dunque


lo schema ternario che si articola in elemento, parole sacramentali
e ministro dotato di corretta intenzione. Si tratta di una vera e pro-
pria scelta tra altri schemi ternari articolati in elemento sensibile,
parole e grazia donata dal sacramento oppure in elemento sensibi-
le, grazia donata ed elemento intermedio – sacramentum et res.248
La scelta operata nel testo mostra il desiderio di rinvenire criteri

244
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 65, a. 1.
245
COD 537.
246
COD 541: “Per baptismum enim spiritualiter renascimur; per confirmationem auge-
mur in gratia et roboramur in fide. Renati autem et roborati nutrimur divine eucari-
stie alimonia. Quod si per peccatum egritudinem incurrimus anime, per penitentium
spiritualiter sanamur. Spiritualiter etiam et corporaliter, prout anime expedit, per
estrema unctionem”.
247
COD 541: “Per ordinem vero ecclesia gubernatur et multiplicatur spiritualiter, per
matrimonium corporaliter augetur”.
248
H. Bourgeois, La costituzione della sacramentaria…, 109.
374 F. Mandreoli

oggettivi e chiari in relazione soprattutto alla valida celebrazione


dei sacramenti. In tale direzione si può osservare che scompare nel
testo della bolla la riflessione di Tommaso sull’effetto di grazia del
sacramento in relazione al suscipiente dove egli descrive il duplice
caso del rapporto tra grazia e accoglienza del sacramento. Da un lato
si ha il suscipiente colpevole o falso che pur accedendendo al sacra-
mento potrebbe non accedere alla grazia del sacramento, dall’altro
lato si ha un fedele che, pur non potendo accedere al sacramento,
potrebbe lo stesso ricevere l’effetto di grazia del sacramento in voto
sive desiderio.249
Il linguaggio della materia e della forma è quello classico della
riflessione scolastica e si trova già nella Summa Sententiarum del XII
secolo e in Pietro Lombardo. Tali termini non sembrano però usati
nel senso tecnico – ilemorfico – della teologia di Tommaso,250 ma solo
nel loro senso immediato e più comune “per designare, nei loro rap-
porti, l’elemento sensibile e le parole del sacramento”.251 Il linguaggio
riguardante il ministro celebrante e la sua intenzione, che deve essere
in relazione all’intenzione credente della Chiesa, è anch’esso parte
integrante252 del linguaggio teologico del tempo e nel magistero lo si
rileva già presente nella confessione di fede per i valdesi nel 1208253
e in un testo già ricordato appartenente alla bolla Inter Cunctas del
1418.254 La qualità e il senso esatto di cosa si intenda per intenzio-
ne – intentio – del ministro sono anch’essi oggetto della riflessione

249
Sanctus Thomas de Aquino, De articulis fidei et ecclesiae sacramentis, Opuscula teo-
logica, Taurini 1954: “Impeditur etiam effectus sacramenti per culpam recipientis,
puta, si fictus accedat, et non corde parato ad suscipiendum sacramentum. Talis
enim licet sacramentum suscipiat, effectum tamen sacramenti, idest gratiam spiri-
tus sancti, non recipit, ut dicitur Sap 1, 5: spiritus sanctus disciplinae effugiet fic-
tum. E contrario autem sunt alii qui nunquam recipiunt sacramentum, qui tamen
effectum sacramenti suscipiunt propter devotionem quam habent ad sacramentum,
quod habent in voto, sive desiderio”.
250
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª q. 60, a. 6 ad 2: “Ad secun-
dum dicendum quod, quamvis verba et aliae res sensibiles sint in diverso genere
quantum pertinet ad naturam rei, conveniunt tamen ratione significandi. Quae per-
fectius est in verbis quam in aliis rebus. Et ideo ex verbis et rebus fit quodammodo
unum in sacramentis sicut ex forma et materia, inquantum scilicet per verba per-
ficitur significatio rerum, ut dictum est. Sub rebus autem comprehenduntur etiam
ipsi actus sensibiles, puta ablutio et unctio et alia huiusmodi, quia in his est eadem
ratio significandi et in rebus”.
251
H. Bourgeois, La costituzione della sacramentaria…, 111.
252
Cfr. I. Rosier-Catach, La parole efficace. Signe, rituel, sacré, Paris 2004, 263-295.
253
DH 794: “Et fidelis intentio proferentis”.
254
Cfr. DH 1262.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 375

magisteriale precedente come appare, ad esempio, dai commenti di


Innocenzo IV al terzo libro delle Decretali.
Risulta importante ricordare come dietro la questione dell’inten-
zione del ministro e della custodia della forma ecclesiale del sacra-
mento vi sia la comprensione del carattere strumentale della mini-
sterialità del ministro e della Chiesa.255 Nella teologia di Tommaso,
che sottende a queste affermazioni fatte proprie dalla tradizione ma-
gisteriale, il ministro agisce in persona totius Ecclesiae.256 La prassi
sacramentale agita dal ministro, che opera con intenzione conforme
all’intenzione della Chiesa, si relaziona in modo essenziale alla fede
della Chiesa.257
La riflessione della bolla sui sacramenti in generale si conclude –
seguendo l’ordine dell’opuscolo di Tommaso – con la loro distinzione
in base alla capacità di conferire il carattere sacramentale o meno e
quindi sulla loro possibile reiterabilità; con tale questione del caratte-
re si riprende una riflessione presente sia nel magistero precedente258
sia nella riflessione teologica già dal XIII secolo259 e si conclude la
descrizione degli elementi comuni dei sacramenti.
Il testo della bolla – e di Tommaso260 – passa di seguito alla descri-
zione teologica dei singoli sacramenti in base alla griglia teorica tri-
partita di materia, forma e ministro. Nell’analisi ci soffermiamo sulla
descrizione del battesimo e dell’eucarestia.

20. Il battesimo

Il primo di tutti i sacramenti è infatti il battesimo in quanto è la


porta della vita spirituale – vite spiritualis ianua est – per mezzo del
quale si diventa membra di Cristo e del corpo della Chiesa: per ipsum
membra Christi ac de corpore efficimur ecclesie.261 Dopo aver descritto

255
Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 64, art. 1: “Nam eadem ra-
tio est ministri et instrumenti: utriusque enim actio exterius adhibetur, sed sortitur
effectum interiorem ex virtute principalis agentis, quod est Deus”.
256
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 64, art. 2.
257
Cfr. I. Biffi, I sacramenti, Milano 2007, 55-69.
258
Cfr. Innocentius III, Maiores Ecclesiae causas, DH 781.
259
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 63, art. 1-6.
260
Sanctus Thomas de Aquino, De articulis fidei et ecclesiae sacramentis, Opuscula
teologica, Textum Taurini 1954: “His visis in communi circa Ecclesiae sacramenta,
oportet quaedam in speciali de singulis dicere”.
261
COD 542.
376 F. Mandreoli

la materia e la forma del battesimo, il testo entra nella questione delle


cause sacramentali di cui la principale è la Trinità da cui il battesimo
trae la sua efficacia, mentre la causa strumentale è il ministro che
esteriormente conferisce il sacramento.262 Nel descrivere le caratte-
ristiche del ministro, il testo della bolla sottolinea come il ministro
ordinario del battesimo sia il sacerdote, ma che in situazioni straordi-
narie ministro del battesimo può essere anche un laico, una donna e
persino – immo – un pagano o un eretico. L’unica condizione è che il
ministro straordinario del battesimo usi la forma della Chiesa e inten-
da fare ciò che fa la Chiesa: dummodo formam servet ecclesie et facere
intendat, quod facit ecclesia.263 Il testo finisce con il ricordare l’effetto
del battesimo che rimuove ogni colpa originale e attuale e nel caso di
morte, se non è stato commesso peccato, apre le porte del regno264 e,
quindi, permette di essere ammessi immediatamente – statim – nel
regno dei cieli e alla visione di Dio. Tale prospettiva legata soprattutto
alla salvezza personale e alla dimensione escatologica del battesimo
è quella che tradizionalmente giustifica la necessità del battesimo265
e quindi la possibilità che il ministro del battesimo sia in articulo ne-
cessitatis un pagano o un eretico. Il secondo sacramento trattato nella
bolla è, seguendo l’ordine dell’opuscolo e dell’impostazione teologica
di Tommaso,266 la confermazione,267 mentre l’eucarestia è il terzo sa-
cramento studiato: tertium est eucaristie sacramentum.268

21. L’eucarestia

La trattazione del sacramento dell’eucarestia procede secondo lo


schema adottato di materia, forma, ministro. Per quanto riguarda la
materia oltre alle considerazioni specifiche sul pane e sul vino risulta
interessante la spiegazione della simbologia dell’acqua che, rispetto al
testo matrice di Tommaso, viene inserita appositamente dal testo della
bolla. In tale spiegazione si tratta della simbologia delle gocce d’acqua

262
COD 542-543: “Quoniam cum principalis causa, ex qua baptisma virtutem habet,
sic sancta Trinitas, instrumentalis autem sit minister, qui tradit exterius sacramen-
tum”.
263
COD 543.
264
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 69, art. 7.
265
Cfr. ibid., q. 66-69.
266
Cfr. ibid., q. 65, art. 2.
267
Cfr. COD 544.
268
COD 545.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 377

da aggiungere al vino prima della preghiera consacratoria. Uso che


viene richiesto anche agli armeni269 e che da un lato ricorda lo sgorga-
re del sangue e dell’acqua dal costato di Cristo crocifisso270 e dall’altro
significa direttamente l’unione del popolo cristiano al Cristo:
ergo cum in calice vinum et aqua miscetur, Christo populus adunatur,
et fidelium plebs, in quem credit, copulatur et iungitur.271

Rispetto al testo di Tommaso vi è nella bolla un maggiore svi-


luppo delle riflessioni legate alla materia che per il loro contenuto
ecclesiologico sostituiscono – in una sorta di scambio – il minore
sviluppo della trattazione della forma nella bolla rispetto a Tommaso.
Due brevi osservazioni possono essere avanzate rispetto alla bolla: da
un alto vi è uno sviluppo del legame tra l’eucarestia e il suo effetto di
grazia per la Chiesa che viene rinvenuto a livello simbolico già negli
elementi della celebrazione, in secondo luogo l’effetto dell’eucarestia
come unione dei fedeli al Cristo viene descritta tramite il sintagma
popolo cristiano. Espressione che, secondo diversi autori,272 traduce
una comprensione della Chiesa in termini non solo di comunità cre-
dente o di communio sanctorum, ma anche di cristianità dove cioè il
popolo nella sua identità propria e nella sua configurazione sia socia-
le che culturale è pensato come un’unità cristiana.273
La trattazione della forma è invece estremamente sintetica; essa,
rimandando alle parole pronunciate nella “prima” consacrazione
compiuta dal Cristo, suppone la teologia divenuta classica del confi-
cere l’eucarestia e, quindi, sottolinea l’importanza delle parole consa-

269
COD 546: “Cum ergo tam sancta Romana ecclesia a beatissimis apostolis Petro et
Paulo edocta quam relique omnes Latinorum Grecorumque ecclesie, in quibus
omnis sanctitatis et doctrine lumina claruerunt, ab initio nascentis ecclesie sic ser-
vaverint et modo servent, inconveniens admodum videtur, ut alia quevis regio ab
hac universali et rationabili discrepet observantia. Decernimus igitur, ut etiam ipsi
Armeni se cum universo orbe cristiano conforment eorumque sacerdotes in calicis
oblatione paululum aque, prout dictum est, vino admisceant”.
270
COD 546: “Non enim debet in calice Domini aut vinum solum aut aqua sola offerri,
sed utrunque permixtum, quia utrunque, id est sanguis et aqua ex latere Christi
profluxisse legitur, tum etiam quod convenit ad significandum huius sacramenti
effectum, qui est unio populi cristiani ad Christum”.
271
COD 546.
272
Cfr. G.D. Cova, Israele, Chiesa, Umma. Contributo per un dibattito, in Rivista di
Teologia dell’Evangelizzazione 20 (2006) 359-371.
273
Cfr. W. Kölmel, Chiesa, cristianità, genere umano: riflessioni sull’autocomprensione
della società medievale, in Cristianesimo nella storia 5 (1984) 507-522.
378 F. Mandreoli

cratorie; teologia e formulazione linguistica che viene ripresa e preci-


sata nella successiva bolla per i copti.274 In relazione a questa teologia
della consacrazione si trova nella bolla per gli armeni una notazio-
ne terminologica significativa che deriva direttamente dall’opuscolo
dell’Aquinate:275
Forma huius sacramenti sunt verba Salvatoris, quibus hoc confecit sa-
cramentum. Sacerdos enim in persona Christi loquens hoc conficit sa-
cramentum.276

Tale specificazione, pur essendo di origine patristica, viene svi-


luppata teologicamente nel XII e nel XIII secolo e si trova qui per la
prima volta nei testi magisteriali.277 Essa indica, soprattutto nel caso
particolare dell’eucarestia, lo stretto rapporto tra il Cristo e il ministro
celebrante,278 aprendo così sia a un’interpretazione fortemente cristo-
logica del ministero sacerdotale sia a una sua prevalente destinazione
sacramentale, in particolare eucaristica, tendenza che traspare anche
dal testo della bolla inerente l’ordine sacro.279
La bolla tratta del risultato della consacrazione senza utilizzare il
termine transustanziazione – che viene usato nel successivo decreto
dei copti280 – e sottolineando tre aspetti: il cambiamento reale degli
elementi visibili, la trasformazione della sostanza del pane e del vino

274
COD 581: “Verum quia in superscripto decreto Armenorum non est explicata for-
ma verborum, quibus in consecratione corporis et sanguinis Domini sacrosanta
Romana ecclesia, apostolorum Petri et Pauli doctrina et auctoritate firmata semper
uti consuevit, illam presentibus duximus inserendam. In consecratione corporis
Domini hac utitur forma verborum: Hoc est enim corpus meum. Sanguinis vero:
Hic est enim calix sanguinis mei, novi et eterni testamenti, misterium fidei, qui pro
vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum”.
275
Sanctus Thomas de Aquino, De articulis fidei et ecclesiae sacramentis, Opuscula
teologica, Taurini 1954: “Forma autem huius sacramenti sunt ipsa verba Christi
dicentis: hoc est corpus meum; et hic est calis sanguinis mei, novi et aeterni te-
stamenti, mysterium fidei, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem
peccatorum: quia sacerdos in persona Christi loquens”.
276
COD 546.
277
Cfr. E. Castellucci, Il ministero ordinato, Brescia 2002, 161-166.
278
Cfr. I. Biffi, I Sacramenti, Milano 2007, 60-61.
279
COD 549.
280
COD 581: “Panis vero triticeus, in quo sacramentum conficitur, an eo die an
antea decoctus sit, nichil omnino refert; dummodo enim panis substantia maneat,
nullatenus dubitandum est, quin post predicta verba consecrationis corporis a
sacerdote cum intentione conficiendi prolata, mox in verum Christi corpus tran-
substantietur”.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 379

nel corpo e nel sangue di Cristo e l’ubiquità ossia la presenza di tutto


Cristo – totus Christus – in ogni singola porzione di materia consa-
crata. L’effetto dell’eucarestia per l’uomo che la riceve degnamente
viene così descritto:
Huius sacramenti effectus, quem in anima operatur digne sumentis,
est adunatio hominis ad Christum. Et quia per gratiam homo Christo
incorporatur et membris eius unitur […].281

Si tratta della comunione con Cristo del credente che assume l’eu-
carestia. Comunione che, oltre a una dimensione di alimento della
vita spirituale del credente, ha una dimensione ecclesiale segnalata
dall’espressione adunatio hominis e dal riferimento all’incorporazio-
ne a Cristo e alle sue membra.282 Va però riconosciuto che rispetto al
testo di Tommaso la dimensione ecclesiale del sacramento dell’euca-
restia presente in questa parte della bolla perde, forse, in forza teo-
logica in quanto la scelta della bolla sembra quella di sviluppare, in
senso più individuale, la – sempre di origine tommasiana – analogia
tra la vita dell’anima e la vita corporale dell’uomo.283
Un’ultima osservazione sull’eucarestia può essere svolta a partire
dalla breve trattazione dell’ordine sacro. È evidente la difficoltà di
fare rientrare tale sacramento dentro lo schema di materia e forma.
In particolare per la nostra analisi è utile mostrare come nelle parole
della forma si asserisca la destinazione del ministero sacerdotale:
Forma sacerdotii est talis: Accipe potestatem offerendi sacrificium in
ecclesia pro vivis et mortuis, in nomine Patris et Filii et Spiritus san-
cti.284

281
COD 547.
282
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, De articulis fidei et ecclesiae sacramentis, Opuscula
teologica, Textum Taurini 1954: “Et quia per gratiam homo Christo incorporatur et
membris eius unitur, dignum est quod hoc sacramentum sumentibus digne gratia
augeatur. Sic igitur in hoc sacramento est aliquid quod est sacramentum tantum,
scilicet ipsa species panis et vini, et aliquid quod est res et sacramentum, scilicet
corpus Christi verum; et aliquid quod est res tantum, scilicet unitas corporis mysti-
ci, idest Ecclesiae, quam hoc sacramentum et significate causat”.
283
COD 547: “Huius sacramenti effectus, quem in anima operatur digne sumentis, est
adunatio hominis ad Christum. Et quia per gratiam homo Christo incorporatur et
membris eius unitur, consequens est, quod per hoc sacramentum in sumentibus
digne gratia augeatur, omnemque effectum, quem materialis cibus et potus quoad
vitam agunt corporalem, sustentando, augendo, reparando et delectando, sacra-
mentum hoc quoad vitam operatur spiritualem […]”.
284
COD 549.
380 F. Mandreoli

Tale destinazione è per l’offerta del sacrificio nella Chiesa per i


vivi e i morti. Dal concilio Lateranense IV in avanti non pare che nei
testi conciliari vi sia la descrizione dell’eucarestia come un sacrifi-
cio, né, quantomeno, che sia un elemento particolarmente insistito
a livello magisteriale. Questo non significa certo che non ve ne fos-
se una teologia elaborata – ricordiamo ad esempio quella elaborata
da Tommaso285 –, anche se sappiamo che l’espressione sacrificium
missae entra massicciamente nel dibattito teologico a partire dalla
contestazione di Lutero,286 dalla correlativa precisazione di Trento287
fino agli infiniti sviluppi giunti alle soglie dei nostri giorni.288 Il tema
della messa come sacrificio è decisamente vasto e per certi versi de-
terminante per comprendere elementi della teologia e soprattutto
della devozione eucaristica medievale e primo-moderna. Per quanto
riguarda la nostra ricerca è utile rilevare almeno un dato di fondo
che emerge dalla presentazione del tema “sganciato” dalla trattazio-
ne sulla presenza di Cristo nelle specie consacrate, trattazione che,
come si è constatato, tende ad assorbire molte attenzioni magisteriali
e teologiche. Anche per la teologia eucaristica valgono le formulazio-
ni di una valida corrente della storiografia contemporanea che vede
il periodo delle riforme incominciare, nelle sue istanze e nei processi
di maturazione, almeno un centinaio di anni prima dello scontro tra
Roma e il mondo luterano.289 La teologia della riforma290 e anche la
teologia che sarà rielaborata a Trento e a cui si è spesso imputato di
frantumare l’unità del mistero eucaristico – separando il rendimento
di grazie, la presenza, il sacrificio e la comunione291 – sono, per così
dire, eredi di una teologia e di una elaborazione magisteriale che
tendono a mettere in primo piano alcune dimensioni e ad affida-
re – all’interno di un processo di autonomizzazione – altre, come il

285
Cfr. Sanctus Thomas de Aquino, Summa Theologiae, IIIª, q. 83 e I. Biffi, L’Eucare-
stia in San Tommaso, Siena 2005, 9-17.
286
Cfr. B. Lohse, Luthers Theologie, Göttingen 1995, 324-333.
287
Cfr. COD 732-753.
288
Cfr. J. Ratzinger, L’eucarestia è un sacrificio?, in Concilium 4 (1967) 83-96 e J.M.
Tillard, Vocabulaire sacrificiel et eucharistie, in Irénikon 2 (1980) 145-174.
289
Cfr. H.G. Koenigsberger, The unity of the Church and the Reformation, in Id., Politi-
cians and Virtuosi. Essays in Early Modern History, London 1986, 169-178.
290
Cfr. B. Lohse, Luthers Theologie, Göttingen 1995, 143-154.
291
W. Kasper, Sacramento dell’unità, Brescia 2004, 104: “Tale unità del tutto andò
perduta nel corso del medioevo. Nella misura in cui l’offerta dei doni accompagna-
ta dal rendimento di grazie non fu più vista come la veste sacramentale, sotto cui
l’unico sacrificio di Gesù Cristo è anamnesticamente presente, si correva il pericolo
di autonomizzare il sacrificio della messa”.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 381

valore sacrificale della messa, più alla devozione e alla predicazione


popolare.292

22. Elementi sintetici

Lo studio delle trattazioni dei testi conciliari ci ha permesso di evi-


denziare alcuni elementi all’interno del pressoché sterminato campo
della teologia sacramentaria medievale, dal Lateranense IV fino alle
soglie della modernità. Ricordiamo ora in maniera sintetica alcune
questioni sia strutturali sia contenutistiche di tale teologia partendo
da un giudizio d’insieme sulle dichiarazioni magisteriali dell’epoca da
noi considerata, giudizio che ci permette un inquadramento sintetico
abbastanza condivisibile:
A loro credito sono sicuramente da mettere un senso dell’insieme, una
vigilanza sulle difficoltà del tempo, uno sforzo di far avanzare la dottrina
senza assoggettarsi all’una o all’altra teologia di scuola [anche se pare
innegabile una certa propensione verso il tomismo, n.d.r.]. A loro passivo,
si può ascrivere una certa carenza di riferimento alla Scrittura, la poca
attenzione fatta alla liturgia, una propensione a riferire i sacramenti a
Dio e al Cristo senza ricondurli anche allo Spirito Santo, un modo di con-
siderare le eresie latine senza comprenderle dall’interno, un modo glo-
bale di nominare le Chiese non latine senza percepire la loro esperienza.
In più, l’aspetto ecclesiale dei sacramenti è poco marcato: la formula del
decreto degli Armeni ‘fare ciò che fa la Chiesa’ è suggestiva, ma lontana
dal dispiegare tutta l’ecclesiologia che la realtà sacramentale implica.293

a) In tale contesto, dalla nostra analisi è risultato evidente come


la teologia sacramentaria si sviluppa soprattutto attraverso le catego-
rie della teologia scolastica. Come sappiamo, tale approccio teologico
non è solo occidentale, ma sarà fatto proprio, almeno in parte, in un
processo di assimilazione mimetica anche da correnti della teologia
orientale. Si può, però, affermare che sicuramente nasce e prospera
nel contesto di una determinata forma culturale della teologia dell’Oc-
cidente medievale.294 In proposito si è visto che non solo la riflessione
sui sacramenti usa in modo, per così dire, funzionale le categorie della
scolastica, ma che questa stessa riflessione nasce in relazione a tali

Cfr. F. Buzzi, Il Concilio di Trento (1545-1563), Milano 1995, 130.


292

H. Bourgeois, La costituzione della sacramentaria…, 114.


293

Cfr. E. Mazza, Due concezioni dell’eucarestia: il Medioevo e l’epoca patristica, in La


294

rivista del Clero Italiano 11 (2006) 771-784.


382 F. Mandreoli

categorie e nell’alveo delle domande scolastiche.295 Ad esempio, le ric-


chissime – e tuttora attuali296 – questioni sul sacramento come segno
e come causa, sull’articolata relazione tra il rito e la sua efficacia, sulle
condizioni di efficacia e validità dell’amministrazione dei sacramenti
nascono essenzialmente come rielaborazioni scolastiche delle antiche
questioni dei padri. Da un lato questo ha portato a un approfondi-
mento inedito e fecondo di molte questioni sacramentali, dall’altro ha
portato, in taluni passaggi, a non potere più comprendere altre forme
teologiche non occidentali e non scolastiche e nel caso estremo delle
riforme di matrice luterana a un rifiuto della strettezza della teologica
scolastica sacramentaria accusata di lontananza dal dato biblico.297
b) Un secondo elemento riguarda la relazione tra i sacramenti e la
Chiesa, in particolare il battesimo e l’eucarestia nella loro dimensione
ecclesiale. Si possono qui fare solo alcune osservazioni del tutto gene-
rali. Si è rilevato come l’attenzione ad alcune questioni specifiche –
legata anche all’utilizzo della teologia scolastica e delle sue domande
proprie – sembra avere messo in minor rilievo la relazione suddetta.
Pensiamo al caso molto noto della concentrazione sugli aspetti pre-
senziali dell’eucarestia a scapito dell’unità della teologia eucaristica
e, quindi, della relazione tra l’eucarestia e la Chiesa. Al contempo
bisogna ricordare che tale tendenza non risulta né univoca, né priva
di tensioni e bilanciamenti interiori. Alcuni passaggi hanno mostrato
come tale relazione sia recuperata in altri ambiti o sia data, in un con-
testo di cristianità, per scontata e presupposta. Ci sono, certo, segnali
che indicano uno sviluppo nel senso di una scomposizione di tale
relazione – sacramenti-Chiesa – che prepara ad alcuni processi di
individualizzazione della teologia e della prassi sacramentale,298 ma
essa non può essere descritta come teologicamente o liturgicamente,
irrilevante.299 Il rischio degli interpreti è quello di sovrapporre valuta-

295
G. Colombo, Eucarestia e Chiesa nella riflessione sistematica, in Id., Teologia sacra-
mentaria, Milano 1997, 205-209, in particolare: “Nella comprensione scolastica e
quindi tridentina […] la considerazione del sacramento tende ad essere puntuale,
risponde all’esigenza teorica e pratica della scolastica”.
296
Cfr. E. Mazza, Elementi agostiniani necessari per la concezione sacramentale della
liturgia, in E. Carr (a cura di), Per ritus et preces. Sacramentalità della liturgia,
Roma 2009.
297
O.H. Pesch, Martin Lutero. Introduzione storica e teologica, Brescia 2007, 161-172.
298
Cfr. J. Bossy, Dalla comunità all’individuo. Per una storia sociale dei sacramenti
nell’Europa moderna, Torino 1998.
299
Cfr. C. Scordato, Rapporto tra liturgia e teologia: il modello della scolastica, in
Rivista Liturgica 94 (2007)/3, 376-392.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 383

zioni di esiti di processi successivi a testi, contesti e prospettive prece-


denti, di per sé, non ancora pregiudicate in un senso determinato.
c) Un terzo elemento – ormai ovvio – è rilevare che per compren-
dere le questioni sollevate sul nostro tema nei secoli XII-XV non ci si
dovrebbe concentrare solamente sui temi specifici della teologia dei
sacramenti. Nell’analisi si è intravisto che tale teologia dei sacramenti
prodotta dalla riflessione dei maestri della scolastica viene utilizza-
ta – e selezionata – dal magistero in relazione, certo, ai problemi di
natura teologica, liturgica, canonica, pastorale inerenti i sacramenti,
ma anche in relazione ad una determinata visione di Chiesa. Visione
a sua volta connessa con una determinata comprensione del tipo di
riforma necessaria e della qualità del rapporto con la tradizione e del
tipo di effettiva normatività della Bibbia.300
Questi ultimi punti, man mano che i secoli, procedono sembrano
crescere d’importanza. Si è osservato abbastanza bene come nel qua-
dro del magistero conciliare – pensato generalmente come una via
per la riforma della Chiesa301 – sui temi sacramentali incide molto
proprio il tema della tradizione e della sua funzionalità alla riforma
della Chiesa. Le accuse più marcate, ad esempio, contro il tema della
transustanziazione partono spesso da una certa concezione della tra-
dizione all’interno della vita della Chiesa, da un certo modo di inten-
dere il primato della scrittura in relazione alla teologia, al magistero,
al ruolo del papato. Le riforme protestanti alla cui soglia si è arrestata
la nostra analisi potrebbero essere prese a verifica dell’importanza
del plesso esistente tra i tre elementi della lettura teologica e pratica
dei sacramenti, della configurazione della Chiesa e delle modalità di
appropriazione della tradizione.302
Per quanto riguarda invece la relazione tra la teologia dei sacra-
menti e il volto storico della Chiesa, si può affermare che la teologia
sacramentaria medievale e primo-moderna non può essere adeguata-
mente compresa senza una sua collocazione nel proprio humus vitale.
Si tratta, in termini generali, della situazione di cristianità che si è
andata a realizzare nell’occidente medievale, ossia di quella visione
– ed esperienza – sistemica del rapporto tra Chiesa e società, tra fede

300
Cfr. I.C. Levy, Christus qui mentiri non potest: John Wyclif’s rejection of transubstan-
tiation, in Recherches de Théologie ancienne et médiévale 66 (1999)/2, 316-334.
301
Cfr. H.J. Sieben, Die Via Concilii zur Wiedervereinigung der Kirche. Stellungnah-
men, Hindernisse, Konkrete Projekte. Ein historischer Exkurs (13.-17. Jhd.), in G.
Alberigo (ed.), Christian Unity, Leuven 1991, 23-56.
302
Cfr. S. Xeres, Ecclesia semper reformanda. Un itinerario storico, in Teologia 29
(2004)/2, 152-179.
384 F. Mandreoli

e statuto umano e civile.303 Tale rapporto può essere descritto bene e


in modo esemplificativo dal sintagma ‘popolo cristiano’ utilizzato dal
concilio di Firenze: i sacramenti non sono solo la porta della Chie-
sa e l’accesso alla salvezza cristiana, ma – come ha mostrato bene
la storia sociale dei sacramenti – anche l’entrata e la possibilità di
permanenza nel “popolo cristiano”, nella respublica fidelium.304 In
questo senso – lo ripetiamo – la teologia e la prassi sacramentale
vanno analizzate non solo in relazione allo sviluppo delle ricche trat-
tazioni scolastiche sacramentarie o alla comprensione ecclesiologica,
più o meno formalizzata, ma anche in relazione alla concreta figura
di Chiesa e al tipo di relazione che essa vive con gli uomini, le culture,
il loro immaginario simbolico e le forme istituzionali. Anche per la
relazione tra i sacramenti e la Chiesa bisogna ricordarsi che la Chiesa
è storicamente collocata e deriva dalla situazione storica una serie di
fattori che con-determinano la sua figura e il suo agire. Essa è model-
lata dalle congiunture culturali, e i sacramenti come doni di Dio alla
sua Chiesa – come gesti mirabili del crocifisso risorto – si collocano
all’interno di tali congiunture. Probabilmente la stessa osservazione,
posta all’inizio di queste note conclusive, sulla teologia sacramentaria
medievale che tende progressivamente a perdere la connessione tra
la Chiesa e i sacramenti, tra questi ultimi e l’azione dello Spirito, e a
presentare, talora, una concezione sacramentale parcellizzata e cosi-
ficata305 potrebbe essere meglio illuminata e dimensionata proprio da
una considerazione attenta dell’immaginario e della visione comples-
siva propria della cristianità, dove la riflessione scolastica si muove su
presupposti ovvi e pacificamente assodati quali, ad esempio, l’esisten-
za dei sacramenti nella e per la Chiesa o la pervasività della Chiesa e
della fede cristiana nella vita di ogni uomo.306
d) L’importanza del contesto ecclesiale e sociale dentro al quale
viene elaborata la teologia dei sacramenti porta ad analizzare un’al-
tra dimensione significativa di tale teologia. Si tratta della questione
dell’alterità.307 La sacramentaria nelle dichiarazioni conciliari ana-
lizzate è spesso espressa “in funzione di altri, diversi dai cristiani
praticanti delle parrocchie latine e sono sia polemici contro i val-

303
Cfr. W. Kölmel, Regimen christianum. Weg und Ergebnisse des Gewaltenverhält-
nisses und das Gewaltenverständnis (8. bis 14. Jhd.), Berlin 1970, 580-584.
304
Cfr. G. Ruggieri, Cristianesimo, in Id., Cristianesimo, Chiese, Vangelo, Bologna
2002, 46.
305
Cfr. H. Vorgrimler, Teologia dei sacramenti, Brescia 1992, 72-87.
306
Cfr. G. Colombo, Eucarestia e Chiesa nella riflessione sistematica…, 207.
307
Cfr. J. Werbick, Grundfragen der Ekklesiologie, Freiburg im Breisgau 2009.
Note sulla teologia sacramentaria tra il XII e il XV secolo 385

desi e gli albigesi o i discepoli di Wycliff e di Hus, sia preoccupati


di indirizzare un insegnamento a quei cristiani lontani che sono gli
Armeni o i Bizantini ortodossi. Nei due casi dunque, il magistero lati-
no reagisce in rapporto a una alterità”.308 Tale affermazione descrive
correttamente il contesto dentro al quale è collocata la maggior parte
delle affermazioni magisteriali sui sacramenti, mostrando bene come
la teologia dei sacramenti sia da considerarsi in solido con una pras-
si ecclesiale che, a sua volta, traduce una rappresentazione unitaria,
compatta e sistemica della vita della Chiesa e della società cristiana,
dove risulta importante definire i confini e le forme di alterità.309 Si
ha una conferma e un’ulteriore esemplificazione di tale prospettiva
osservando lo sviluppo della teologia e in particolare della teologia
sacramentaria nel passaggio della fine del Quattrocento.310 Lungo
questo crinale storico che conduce verso la modernità si aprono una
serie di questioni che renderanno ulteriormente complesso il quadro
ereditato dal medioevo e, di fatto, cambieranno in tempi lunghi sia la
prassi sacramentale sia il quadro ecclesiologico. Possiamo ricordare
alcuni di questi fattori: la scoperta di mondi nuovi – a occidente311
e a oriente312 – e quindi di forme di vita umana differenti,313 non
più in qualche maniera riconducibili al cristianesimo come i saraceni
e gli ebrei; tali “scoperte” comportano poi una correlativa capacità
o incapacità di rileggere, ad esempio, le categorie missionarie314 ed
ecclesiologiche tradizionali;315 la nascita – nei suoi prodromi – delle
Chiese riformate con i processi di riforma e di disciplinamento sociale

308
H. Bourgeois, La costituzione della sacramentaria…, 122.
309
Cfr. J. Guiral-Hadziiossif, F. Rapp, Christen und Nichtchristen im Schoss der rö-
mischen Christenheit: Araber und Juden e J. Richard, Die römische Kirche und die
Nichtchristen ausserhalb der Christenheit: Kreuzzüge und Missionierung, in Die Ge-
schichte des Christentums, 3: Die Zeit der Zerreissproben (1274-1449), Freiburg-
Basel-Wien 2007, 840-887.
310
Cfr. G. Lafont, Promenade en Théologie, Paris 2003, 91-103.
311
Cfr. A. Prosperi, America e Apocalisse. Note sulla conquista spirituale del Nuovo
Mondo, in Id., America e Apocalisse e altri saggi, Roma 1999, 15-63.
312
Cfr. A. Prosperi, Come fanciulli: problemi di comunicazione nelle missioni del Cin-
quecento, in A. Prosperi, P. Schiera, G. Zarri, Chiesa cattolica e mondo moderno,
Bologna 2007, 85-106.
313
Cfr. T. Todorov, La conquista dell’America. Il problema dell’«altro», Torino 1984.
314
Cfr. S. Xeres, Chiaro di Luna. Tempi e fasi della missione nella storia della Chiesa,
Milano 2008, 167-193.
315
L. Rota, Tramonto della Christianitas ed affermazione dell’Humanitas. La scoperta
dell’America e la ‘crisi’ della coscienza europea, in G. Canobbio, F. dalla Vecchia, G.
Montini (a cura di), Cristianesimo e religioni in dialogo, Brescia 1994, 21-44.
386 F. Mandreoli

che specularmente si producono in ambito cattolico e riformato, che


conducono ad una ricomprensione della categoria dell’eretico. Alcu-
ne delle svolte della prima età moderna, appena ricordate, mostrano
indirettamente che se i sacramenti sono amministrati nella Chiesa e
per la Chiesa dentro una sua figura storica concreta, è chiaro che,
quando cambiano, si riconfigurano316 e si rinnovano le dimensio-
ni della Chiesa,317 con una conseguente crisi di crescita – che può
tramutarsi in irrigidimento o in sviluppo – anche della riflessione
e della pratica dei sacramenti, che spesso sono chiamate a confron-
tarsi concretamente e direttamente con le forme dell’alterità via via
incontrate.

Fabrizio Mandreoli
Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna
Riassunto: Il contributo si concentra sulla storia della teologia sacramentaria, che
ha conosciuto nel periodo dal XII al XV secolo uno sviluppo singolare e sistematico.
Si scelgono come fonte primaria della riflessione le attestazioni della teologia dei sa-
cramenti, in particolare del battesimo e dell'eucarestia, presenti nelle deliberazioni
conciliari del periodo. In tale indagine emerge sia lo sviluppo proprio della riflessione
teologica sia i fattori sociali, antropologici e istituzionali che sempre interagiscono con
la riflessione della Chiesa. Tra questi si segnala l'importanza, per la comprensione dei
sacramenti fondamentali della vita della Chiesa, del tipo di lettura data nei confronti
delle varie figure di differenza e alterità di cui i Concili si trovano a trattare.

316
Cfr. G. Alberigo, I. Rogger, Il Concilio di Trento nella prospettiva del terzo millennio,
Brescia 1997.
317
Cfr. P. Prodi, Nuove dimensioni della Chiesa: il problema delle missioni e la ‘con-
quista spirituale’ dell’America, in Problemi di storia della Chiesa, Napoli 1979, 267-
293.

S-ar putea să vă placă și