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Cefalea BRUXISMO
ANNA ROCCO · MARTEDÌ 3 NOVEMBRE 2015 ·

La cefalea e l’emicrania sono sintomi ai quali, da sempre, è stata riconosciuta


un’evidente origine psicosomatica. La testa, a livello simbolico, rappresenta l’alto, al
contrario del corpo, che simboleggia il basso. In essa risiedono i pensieri, l’intelligenza e la
ragione ed è, quindi, l’immagine corporea della razionalità. L’interpretazione in chiave
psicosomatica dei sintomi diventa più chiara quando si analizza la personalità del soggetto
cefalgico, per il quale il mal di testa diventa una modalità per esprimere un disagio
profondo della psiche. Chi soffre di questo disturbo ha un approccio mentale e razionale e
il suo ritmo di vita è forzato e innaturale; ogni problema non viene elaborato emotivamente
ma risolto con l’ausilio della logica, che appare come l’unica strategia possibile. La rigidità, la
tensione e l’orgoglio elevato tipici di questi caratteri si riflettono sulla muscolatura del capo,
delle spalle, del collo e della colonna vertebrale. L’impresa più difficile è "mollare" il controllo
per dare spazio all’emotività, all’istintività, alla corporeità, alla sessualità. Il cefalgico è un
perfezionista che si pone continuamente obiettivi, spesso irraggiungibili; è un soggetto molto
vulnerabile al giudizio esterno, per questo l’immagine che rimanda deve sempre essere
impeccabile. La lotta continua tra razionalità ed emotività è la grande chiave di chi soffre di
cefalee. Ma, nonostante l’approccio estremamente mentale, il cefalgico ha dentro di sé una
fortissima carica emotiva e passionale e l’emergere del disturbo segnala ciò che è avvenuto
nell’adolescenza del soggetto e che ha generato il blocco: una correzione di percorso
inopportuna che lo ha portato a sviluppare lo strumento mentale come meccanismo di difesa
dalla sfera emotiva. Da questo punto di vista la cefalea e l’emicrania racchiudono un seme
evolutivo e una fondamentale possibilità di crescita.

Se l’inconscio non viene alla luce, un approccio esclusivamente mentale genera profonda
sofferenza che ha bisogno di emergere e di essere accolta; il sintomo, con la sua esplosione,
chiede alla psiche del soggetto di essere preso in considerazione per tradursi in un nuovo
modo di essere e di vivere l’emotività. Il meccanismo psicosomatico è nascosto nelle diverse
tipologie di sintomi: sentire la testa pesante indica un sovraccarico di pensieri e
preoccupazioni; il dolore pulsante rappresenta il contenuto inconscio che preme per uscire
perché non trova sufficiente spazio; le fitte sono la razionalità esagerata che sopprime e tiene
sotto controllo istinto e aggressività.

Altri sintomi associati al mal di testa sono la fotofobia, che si presenta in quei soggetti che
cercano di non vedere, di rimuovere le ragioni del conflitto; la lacrimazione, simbolo di un
pianto depressivo non sfogato e di un’affettività repressa che si trasformano in lutto e
malinconia; la nausea e il vomito sono la traduzione sintomatica di rifiuto e aggressività.
Quando c’è la tendenza a caricarsi di troppe responsabilità, il dolore si concentra nella zona
occipitale posteriore (la nuca), mentre se è prevalentemente frontale indica un eccessivo
utilizzo delle capacità mentali. La cefalea muscolo-tensiva è tipica dei soggetti che si fanno
carico di tutti i problemi, sono molto responsabili e considerati come punti di riferimento ai
quali si delegano le decisioni importanti. Il capo diventa un contenitore di troppi e gravosi
pensieri, che provocano la tensione dolorosa dei muscoli del collo costretto a reggere tutto il
sovraccarico. Nella cefalea a grappolo il dolore associato alla lacrimazione rappresenta
simbolicamente un pianto che il soggetto ha trattenuto e non espresso, oppure in certi casi,
indica una difficoltà a mettere in atto un cambiamento a causa di circostanze esterne o di
resistenze interiori.

Nell’emicrania l’aspetto psicosomatico si esprime in modo differente rispetto alle cefalee.


Questo disturbo è caratterizzato da due fasi sintomatiche: inizialmente si verifica una
vasocostrizione delle arterie che portano il sangue al cervello, meccanismo che rappresenta
simbolicamente l’emergere di un conflitto inconscio o di emozioni molto intense. Nella fase
successiva, quando esplode il dolore, avviene una dilatazione delle arterie: questo momento
simboleggia la resa, il tentativo di elaborazione dei contenuti interiori che prorompono verso
l’alto. L’emicrania, inoltre, esprime spesso una sessualità vissuta come conflittuale.

BRUXISMO Il bruxismo è un disturbo che consiste nella tendenza al digrignamento dei


denti, ovvero allo sfregamento involontario delle arcate superiori e inferiori durante il sonno.
Il sintomo si manifesta prevalentemente la notte, con episodi ripetuti e un’acutizzazione nella
fase del sonno REM, ma può verificarsi anche durante il giorno, in stato di veglia. Il bruxista
non si accorge di avere questo disturbo e solitamente ne viene a conoscenza quando si
presentano sintomi fastidiosi che, dopo accurata indagine clinica, il medico riconduce a
questa patologia. I disagi più evidenti si verificano a carico dei denti; usura e deterioramento
dell’arcata dentaria (in particolare di molari e premolari), infiammazioni gengivali, perdita di
otturazioni e capsule, sensibilità al caldo e al freddo, malocclusione della mascella, difficoltà
nello sbadigliare e nell’aprire al massimo la bocca, affaticamento della muscolatura
masticatoria. Si possono presentare anche altri sintomi che, pur sembrando diversi tra di
loro, convergono sullo stesso disturbo: sonno non ristoratore, dolori ai muscoli del collo,
delle spalle e della cervicale, mal di testa, vertigini, fitte alle tempie, tensione alla nuca,
alitosi, cattiva digestione. A livello organico sono state individuate delle cause che possono
scatenare il disturbo come cattiva occlusione dentale, malattie neurologiche, effetti secondari
di alcuni farmaci.

Tuttavia, come per le cefalee e le emicranie, è stata riconosciuta al bruxismo una chiara
origine psicosomatica legata alla correlazione tra tensione emotiva e digrignamento dei
denti. Il bruxismo svela il suo significato già nella manifestazione sintomatica; chi soffre di
questo disturbo “affronta la vita a denti stretti” perciò tenta di scaricare con il digrignamento
l’aggressività accumulata durante il giorno, che non trova spazio nella vita cosciente. Ciò che
colpisce è che il bruxista decide di scegliere il momento del sonno, ovvero una fase non
pericolosa, per esprimere rabbia e tensioni represse. Questo avviene perché durante il giorno
il soggetto ha paura di esprimersi e l’aggressività viene filtrata da meccanismi di difesa che
proteggono da timori e insicurezze. La rabbia che vorrebbe sfogare all’esterno viene rivolta
verso se stesso attraverso il sintomo.

Chi digrigna i denti la notte spesso cerca di elaborare eventi negativi vissuti oppure rimugina
continuamente. La rabbia viene repressa per il timore di esagerare o per forti sensi di colpa.
Nel bruxismo possono coesistere digrignamento e serramento delle mandibole oppure i due
sintomi possono presentarsi separatamente. Quando il soggetto serra la mandibola è spesso
soggetto a situazioni ansiogene o a “prove di forza” alle quali non può cedere. Ciò che il
bruxista teme di più è la condanna sociale alla quale andrebbe incontro se provasse ad
esprimere le contrarietà da tempo trattenute; oppure, in altri casi, il sintomo simboleggia
quelle situazioni nelle quali il soggetto vorrebbe reagire ma non può farlo, ad esempio in
ambito professionale. Solitamente chi soffre di bruxismo riesce a sfogarsi e ad esprimere la
rabbia con persone delle quali si fida e non teme il giudizio. A livello psichico, molti bruxisti
hanno una parziale e molto complessa dipendenza dalle figure genitoriali che tendono a
spostare su altri soggetti relazionali, ad esempio il partner. L’oralità tipica di questo disturbo
è legata al rapporto con i genitori dai quali il soggetto non si è mai sentito amato pienamente.
Da questa dinamica affettiva deriva anche la difficoltà ad esprimere e ad affermare se stessi.

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