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Lezione del 13/11/2019 – ora 8:30-10:30

Bonetta Manuel, matr. 313973 – Garzilli Luca, matr. 315091

INDICE della lezione del 13/11/2019


Fattore d’attrito……………………………………………………1
Problema termico…………………………………………………5
Temperatura di mescolanza…………………………………….7

FATTORE D’ATTRITO
Introduciamo il concetto di perdite di carico concentrate e distribuite. Il calcolo delle perdite
di carico è necessario per il dimensionamento dell’impianto.
Infatti decisa la velocità del fluido bisogna determinare quale pompa, per esempio,
bisognerà utilizzare affinché all’interno di un condotto (la cui geometria è decisa sulla base
di altre finalità, come il trasporto) si abbia la velocità di progetto.
Per effettuare questo calcolo è necessario introdurre il concetto di fattore d’attrito f (anche
λ).
Lo si rappresenta sull’abaco di Moody dove in scala bilogaritmica viene riportato
l’andamento di f e del numero di Reynolds Re:

Figura 1. Abaco di Moody

Come si può vedere dal grafico si ha una prima parte di tipo laminare, poi una zona di
transizione dove non si conosce l’esatto andamento, e quindi l’ultima parte riferita
all’andamento di tipo turbolento, con una famiglia di curve parametrizzate in funzione della
scabrezza relativa (è un parametro meccanico che descrive la rugosità superficiale media).

1
Per dare la definizione di f partiamo dall’equazione delle perdite distribuite R all’interno di
un condotto:
𝐿 𝑤2
𝑅= 𝑓 (1)
𝐷 2

dove L è la lunghezza del tubo, D il diametro, w la velocità media.


L’espressione di f si può dunque ricavare semplicemente andando ad esplicitare i termini:

𝑑𝑝
− 𝐷
𝑓 = 𝑑𝑥 2
w (2)
ρ 2

Questo deriva dall’equazione di conservazione dell’energia in forma meccanica per il moto


dei fluidi:

𝑝2 − 𝑝1 1 2
+ (𝑤2 − 𝑤12 ) + 𝑔(𝑧2 − 𝑧1 ) + 𝑅𝑐 + 𝑅𝐷 = −𝑙 (3)
𝜌 2

Il parametro f, fattore d’attrito, non va confuso con il coefficiente d’attrito Cf che ci dice
quanta potenza è necessaria fornire al motore per vincere l’attrito dell’aria:

𝜏𝑠
𝐶𝑓 =
1 (4)
𝜌 𝑢𝑚 2
2

dove τs rappresenta le tensioni dovute dalla viscosità del fluido che scorre dentro alla parete,
mentre a denominatore si ha l’energia cinetica media. Cf analizza così le forze di
trascinamento dovute alla viscosità, mentre f tiene conto delle perdite di carico; questi due
parametri rappresentano lo stesso fenomeno fisico, ma sono riferite a due situazioni diverse.

Vediamo nello specifico la relazione che esiste tra i due.


Prendiamo un tubo, e nello specifico una sua porzione dove andiamo a considerare una
sezione di fluido di lunghezza L, su cui agiscono le tensioni tangenziali dovute al contatto
con le pareti. Inoltre vi sarà la pressione, ortogonale alla parete del volume considerato.
Ipotizzando che il fluido si muova da sinistra verso destra, la pressione deve calare in

Figura 2

2
direzione del movimento, il quale altrimenti non avverrebbe: la forza di pressione di sinistra
deve essere maggiore di quella di destra.
Per il secondo principio della dinamica, la forza risultante sappiamo essere:

𝐹 = 𝑚𝑎 = 0 (5)

Poiché il fluido si muove in moto stazionario, ovvero la sua velocità è costante e quindi la
sua accelerazione nulla.
Scriviamo quindi il bilancio delle forze:

(𝑝 + 𝑑𝑝)𝜋𝐷2 𝑝𝜋𝐷2
𝜏𝑠 𝜋𝐷𝐿 = −
4 4

𝑑𝑝𝐷
𝜏𝑠 𝐿 =
4
𝑑𝑝 𝑑𝑝 𝜏𝑠 4
= =
𝐿 𝑑𝑥 𝐷

𝑑𝑝 𝐷
𝜏𝑠 = (6)
𝑑𝑥 4

Inseriamo quindi il valore di 𝝉𝒔 dell’equazione (6) in (4) trovando:

𝑑𝑝
𝐷 1
𝐶𝑓 = 𝑑𝑥
1 2 4
2 𝜌𝑢𝑚

Si trova quindi:
𝑓
𝐶𝑓 = (7)
4

Di fatto Cf e f sono lo stesso coefficiente, c’è solo un fattore 4 fra uno e l’altro che è dato
da motivi di tipo storico.
Si può dire che Cf ha un significato generale (può essere introdotto anche per il moto
esterno), diversamente il coefficiente f ha significato solo nella descrizione del moto interno
(poiché le perdite di carico si verificano dentro a tubi).
Questo rapporto sussiste sempre, sia che il rapporto sia di tipo laminare, sia che esso sia
di tipo turbolento: infatti nell’equilibrio delle forze non abbiamo fatto alcun riferimento al tipo
di moto.

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CORRELAZIONI

 REGIME LAMINARE:

Per il regime laminare la forma analitica di f è:

64
𝑓= (8)
𝑅𝑒𝐷

E quindi la forma analitica di Cf è:


16
𝐶𝑓 = (9)
𝑅𝑒𝐷

Scriviamo ReD per ricordare che è il numero di Reynolds riferito al diametro.

 REGIME TURBOLENTO:

Per il regime turbolento (Re> 4000) oltre all’abaco di Moody si posso utilizzare anche
delle formulazioni analitiche per legare f e ReD. In particolare, nel caso di tubi lisci
𝜀
(ovvero per scabrezza bassa o diametro molto grande: 𝜀 ∗ = 𝐷 ) si utilizza la
correlazione di Petukhov:

𝑓 = (0,79 ln 𝑅𝑒𝐷 − 1,64)−2 (10)

In generale invece, per tubi di qualsiasi scabrezza, può essere utilizzata la relazione
di Colebrook:
1 2,51 1 𝜀
= 2 log( + ) (11)
√𝑓 𝑅𝑒 √𝑓 3,71 𝐷

NOTA BENE:
In fase di progettazione si cerca sempre di evitare di ricadere nella zona di transizione, in
quanto essa è fortemente instabile. Infatti non si conosce in questa zona la relazione esatta
che lega f e ReD. Quindi, se fornissimo potenza alla pompa tale da vincere un fattore d’attrito
compresa fra flam e fturb potremmo incorrere in una sorta di “ciclo” da evitare per l’impianto:
se, infatti, il fattore f previsto è maggiore di quello effettivo, la pompa riesce a spingere il
fluido nel tubo con una velocità maggiore di quella prevista. Ma allora ReD aumenta, facendo
crescere improvvisamente, come si vede nell’abaco di Moody, anche il fattore d’attrito. In
questa situazione la pompa non riesce più a spingere nel tubo il fluido, la quale velocità
inizia a decrescere. Calando la velocità, diminuisce anche ReD, con la conseguente
diminuzione improvvisa del valore di f. Ma, in tale situazione, la pompa riesce a spingere il
fluido nel tubo con una velocità maggiore di quella prevista, ritornando allo scenario iniziale.
È chiaro che sia sempre da evitare la progettazione nella zona di transizione; per
completezza è bene far notare che qualora ciò fosse necessario, si valuta la potenza che
deve essere erogata dalla pompa con riferimento al fattore d’attrito massimo possibile.
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PROBLEMA TERMICO

Figura 3. Sviluppo dello strato limite termico in una condotta riscaldata

Consideriamo una condizione alla parete di temperatura imposta. Supponiamo per


comodità che TS > T∞ , quindi il fluido vicino alla parete tenderà a scaldarsi. Come si vede
dal grafico, all’ingresso il fluido è tutto a temperatura T∞, e via via che il fluido avanza
all’interno del condotto si scalda partendo chiaramente dagli strati di fluido più vicini alle
pareti di scambio termico. Il fluido nelle zone più interne del condotto è ancora a temperatura
T∞. Arrivato a una certa sezione, il fluido a contatto con la parete sarà a temperatura TS,
mentre quello al centro sarà a una temperatura maggiore di T∞, continuando man a mano a
scaldarsi. Si può dunque definire uno strato limite che evolverà fino a quando anche al
centro della sezione la temperatura si modificherà da T∞ a una T maggiore. Al contrario del
caso fluidodinamico, dove il profilo di velocità si mantiene costante nella regione di completo
sviluppo, nel problema termico il profilo di temperatura continua ad evolvere. In particolare,
se il tubo fosse sufficientemente lungo, il profilo di temperatura sarebbe tutto uguale alle
temperatura TS .
Definiamo dunque una regione di ingresso xfd,t , ovvero una regione dove si raggiunge il
completo sviluppo di tipo termico. A sinistra di xfd,t si ha l’ingresso, a destra il completo
sviluppo.

Ragioniamo ora sul completo sviluppo di tipo termico. Chiaramente esso avviene in parallelo
con lo sviluppo di tipo fluidodinamico, tuttavia le due grandezze non è detto che coincidano.
I problemi sono totalmente indipendenti, procedendo parallelamente.
Ricordiamo ora la definizione di numero di Prandt:

𝜈
Pr = (12)
𝛼2

Dove 𝝂 è viscosità cinematica (ovvero la diffusività della quantità di moto), 𝜶𝟐 la diffusività


termica (ovvero la diffusività di tipo termico).

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Possiamo quindi, sulla base del valore di Pr, distinguere differenti casi.
In particolare:

 Se Pr = 1 xfd,f = xfd,t
Ovvero lo strato limite fluidodinamico si sviluppa con la stessa velocità dello strato
limite di tipo termico.

 Se Pr > 1 xfd,f < xfd,t


Ovvero si diffonde di più la quantità di moto, e quindi lo strato limite di tipo
fluidodinamico si svilupperà più velocemente (e quindi la sua ascissa avrà un valore
minore)

 Se Pr < 1 xfd,f > xfd,t


Lo strato limite di tipo termico si svilupperà più velocemente (e quindi la sua ascissa
avrà un valore minore).

REGIME LAMINARE:
Dal punto di vista sperimentale si ha:
𝑥𝑓𝑑,𝑡
= 0,05 𝑅𝑒𝐷 𝑃𝑟 (13)
𝐷

I fluidi alimentari, che hanno quasi sempre moto laminare, hanno valori di Pr che possono
raggiungere valori di 100-200. Ciò significa che, ad esempio, per ReD= 1000 e D=1 m
l’ingresso termico è di circa 500-1000 m. Quindi, molto probabilmente, non si avrà mai un
completo sviluppo dello strato limite termico.

REGIME TURBOLENTO:
Si utilizza la formula:
𝑥𝑓𝑑,𝑡
≅ 10 (14)
𝐷

È indipendente dal numero di Pr, coincidente con lo sviluppo fluidodinamico. Non ha


dipendenza dal numero di Re.

NOTA BENE:
Per quanto riguarda il problema della diffusione della specie chimica il ragionamento è
identico.
Nel regime di tipo laminare basterà andare a sostituire a Pr il numero di Sc. Nel caso del
regime turbolento la formula sperimentale è la medesima.
Non è usuale studiare all’interno dei condotti la diffusione della specie chimica, essendo
esso un problema trascurabile. La parete è infatti solida e non permette una facile
migrazione di altre specie all’interno del fluido.

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TEMPERATURA DI MESCOLANZA
Se nel moto esterno la temperatura di riferimento era T ( temperatura del fluido
indisturbata ) nel moto interno riferirci a T , in tutte le sezioni, non ha molto senso: il fluido
man mano si riscalda e non c’è un T sufficientemente lontano di riferimento. Nella nostra
sezione avremmo così un fluido che man mano procede aumenta la sua temperatura.
Quindi fare riferimento sempre alla temperatura in ingresso non permetterebbe di
generalizzare i risultati nella maniera più semplice possibile.
A tal proposito viene, quindi, introdotto il concetto di temperatura media di un fluido in
una sezione o temperatura di mescolanza Tm, valore che varia punto per punto lungo
l’asse. Ogni sezione ha una temperatura media differente. La definizione dal punto di vista
fisico è estremamente semplice: se si sezionasse la condotta in un punto facendo uscire
tutto il liquido in modo che possa fluire in un serbatoio sufficientemente grande, e poi si
fermasse il tutto rimescolando in maniera adiabatica il liquido nel serbatoio la temperatura
a cui si porta il liquido è la temperatura di mescolanza, cioè si è “mescolato” tutto quello che
passa in una sezione. La temperatura di mescolanza non è la media delle temperature
perché in ogni sezione abbiamo sì delle temperature differenti, ma abbiamo anche delle
velocità differenti. Per chiarire tale concetto supponiamo di avere due tubi che confluiscono
in un unico tubo (tubo 1, tubo 2 ,tubo3) , come indicato in figura:

Figura 4.

Se nella sezione 1 abbiamo un fluido con una portata in massa Qm1 ad una temperatura T1,
e nella sezione 2 un fluido con una portata in massa Qm2 e una temperatura T2 in prima
approssimazione possiamo affermare che la T3 sarà intermedia alle precedenti: ad esempio
se abbiamo un fluido a 10°C e uno a 50°C, si avrà che 10°C<T 3<50°C. Il problema, dunque,
sorge se si vuole determinare a quale valore si avvicini di più T3 e ciò è risolvibile
considerando le portate in massa: se Qm1> Qm2 sarà chiaro che la T3 sarà, come valore,
più vicina a T1. Questo è il concetto della temperatura di mescolanza, si va a “mescolare” e
mescolando il concetto che passa è legato alla portata in massa. Quindi anche all’interno
della condotta, dove, ad esempio, per il regime laminare abbiamo una distribuzione di tipo
parabolica, è come se avessimo tanti tubicini ognuno con una velocità e una temperatura
specifica i quali confluiscono in un unico tubo.
Per definire la temperatura di mescolanza in una sezione dobbiamo anzitutto valutare
l’energia totale 𝑬 ̇ che fluisce all’interno di una determinata sezione 𝐴𝑐 ,quindi abbiamo che:

𝐸̇ = ∫ 𝜌 ∙ 𝑐𝑝 ∙ 𝑇 ∙ 𝑢 ∙ 𝑛̂ ∙ 𝑑𝐴 (15)
𝐴𝑐

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𝑘𝑔
̂ è il versore normale alla sezione considerata,  è la densità del fluido [ 3 ], cp il
Dove 𝒏 𝑚
𝑘𝐽 𝑚
calore specifico a pressione costante del fluido [𝑘𝑔 𝐾], 𝒖 la velocità del fluido [ 𝑠 ] e T la
temperatura a cui esso si trova.

L’energia specifica o entalpia specifica h è definita come

ℎ = 𝑈 + 𝑝𝑉 (16)

per un fluido incomprimibile, oppure anche:

ℎ = 𝑐𝑝𝑇 (17)

se però prendiamo come T di riferimento 0°C l’entalpia specifica può essere scritta come
h=cpT.
Per la definizione di temperatura di mescolanza 𝑬 ̇ deve essere uguale a 𝑸̇𝒎 (la portata in
massa moltiplicato per cp per Tm ,quindi andando a sostituire nella (15), abbiamo che:

𝑄̇𝑚 ∙ 𝑐𝑝 ∙ 𝑇𝑚 = ∫𝐴 𝜌 ∙ 𝑐𝑝 ∙ 𝑇 ∙ 𝑢 ∙ 𝑛̂ ∙ 𝑑𝐴 (18)
𝑐

Da cui segue che la temperatura di mescolanza è definita come:

∫𝐴 𝜌 ∙ 𝑐𝑝 ∙ 𝑇 ∙ 𝑢 ∙ 𝑛̂ ∙ 𝑑𝐴
𝑐
𝑇𝑚 = (19)
𝑄̇𝑚 ∙ 𝑐𝑝

Quindi dalla formulazione si evince che per calcolare la temperatura di mescolanza di una
sezione devo conoscere necessariamente sia l’andamento di velocità che l’andamento di
temperatura in tutta la sezione: conoscere il profilo di temperatura significa conoscere T1 e
T2, ma T3 dipende anche dalle portate in massa delle due sezioni.

La formulazione può essere semplificata considerando il fluido incomprimibile ( = costante)


e con proprietà costanti (cp = costante) se inoltre la velocità ha solo una componente lungo
l’asse x posso semplificare 𝒖 ∙ 𝒏
̂ e scrivere solo 𝒖.

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Esempio

Consideriamo una sezione circolare di una condotta:


dA=2rdr Dalla definizione di temperatura di mescolanza:
2 𝑅
o 𝑇𝑚 = 𝑢 ∫0 𝑇 ∙ 𝑢 ∙ 𝑟 ∙ 𝑑𝑟
𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎 ∙𝑅 2

E possiamo scrivere anche la portata in massa:


R
𝑄̇𝑚 = 𝑢𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎 ∙ 𝜌 ∙ 𝜋 ∙ 𝑅 2

In termini generici u(r,x) e T(r,x) sia la velocità che la temperatura dipendono dalla
coordinata assiale e radiale; nel completo sviluppo invece, dal punto di vista fluido dinamico,
abbiamo che:
𝜕𝑢
=0
𝜕𝑥

cioè non abbiamo variazioni assiali ma solo radiale, dunque 𝑢 = 𝑢(𝑟) .

Dal punto di vista termico, abbiamo che nella regione di completo sviluppo:

𝜕𝑇
0
𝜕𝑥

poiché anche quando i due strati limite si incontrano il riscaldamento procede nei punti
successivi, ciò comporta che lungo l’asse la temperatura è diversa da quella di ingresso T.
Quindi in teoria se procedessimo per una lunghezza infinita tutto il fluido si porterebbe alla
temperatura di parete Ts.
A tal proposito andiamo a definire la temperatura adimensionale:

𝑇𝑠 − 𝑇
𝜃∗ =
𝑇𝑠 − 𝑇𝑚

dove Tm è la temperatura di mescolanza.

Consideriamo la definizione del numero di Nusselt:

𝜕𝜃 ∗ ℎ∙𝐿
𝑁𝑢 = | =
𝜕𝑛̂ 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒 𝜆𝑓

Nel caso di una condotta cilindrica, il numero di Nusselt è definito come:

𝜕𝜃 ∗
𝑁𝑢 = |
𝜕𝑟 𝑟=𝑅

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che scritto in termini adimensionali diviene:

𝜕𝜃 ∗
𝑁𝑢 = |
𝜕𝑟 ∗ 𝑟 ∗=1

Ora valutiamo come varia il numero di Nusselt rispetto ad x:

𝜕𝑁𝑢 𝜕 𝜕𝜃 ∗
= ( | )
𝜕𝑥 𝜕𝑥 𝜕𝑟 ∗ 𝑟 ∗=1

Poiché r e x sono due coordinate indipendenti, la derivata rispetto a r e quella rispetto ad x


sono indipendenti e quindi possiamo scambiarle, dunque:

𝜕𝑁𝑢 𝜕 𝜕𝜃 ∗
= ∗ ( ∗| )
𝜕𝑥 𝜕𝑟 𝜕𝑥 𝑟 ∗=1

Se siamo in una regione di completo sviluppo la temperatura adimensionale rimane


costante, quindi:
𝜕𝜃 ∗
=0
𝜕𝑥 ∗
e ciò implica che:

𝜕𝑁𝑢
=0
𝜕𝑥

Quindi il profilo di temperatura adimensionale che non varia e dunque anche il numero di
Nusselt. Qualitativamente:

Nu

Xfd x

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