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RSEview

RIFLESSIONI SULL’ENERGIA

Resilienza del
sistema
elettrico

editrice alkes
RSEview
RIFLESSIONI SULL’ENERGIA

Resilienza del
sistema
elettrico

editrice alkes
2017 Editrice Alkes

Autore: Ricerca sul Sistema Energetico – RSE SpA


Editing e impaginazione: Editrice Alkes
Copertina: Fabio Lancini

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere
riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo,
se non nei termini previsti dalla legge che tutela i diritti d’autore.
L’autorizzazione alla riproduzione dovrà essere richiesta a RSE
Via Rubattino 54 – 20134 Milano – Italia

Finito di stampare nel mese di Novembre 2017 presso


AGF Arti Grafiche Fiorin Spa
Via del Tecchione 36 - 20098 Sesto Ulteriano, San Giuliano Milanese (MI)
Prima edizione

ISBN 978-88-943145-0-2
Premessa

Questa monografia, ormai la nona della collana RSEview, tratta di


un argomento inusuale nel nome e forse ignoto ai più, ma che più di
altri si impone e si imporrà all’attenzione di chi di energia si occupa.
Resilienza. Un nome che dalla scienza dei materiali si è via via
esteso ad altri campi ad indicare quella capacità di un sistema di ga-
rantire una funzionalità in condizioni lontane dalla normalità. È un
concetto affascinante perché è un po’ fuzzy. In qualche modo inter-
medio tra la ingegneristica certezza della resistenza e la adattabilità
della elasticità, la resilienza contiene in sé l’idea stessa di emergenza.
La resilienza entra in campo quando le condizioni operati-
ve del sistema sono lontane dalla ordinarietà e chiama a rac-
colta tutte le risorse possibili cui il sistema può attingere per
garantire l’adempimento delle proprie funzioni. E allora, il
concetto di resilienza si allarga a servizi e funzionalità che pos-
sono integrare gli aspetti di progettazione propri del sistema.
Un ulteriore fascino legato al tema della resilienza è che offre una
terza via alla semplicistica visione che per rendere un sistema più
sicuro sia necessario farlo più robusto e più ridondante. La resilienza
porta con sé anche un concetto di efficienza e di uso consapevole
delle risorse che si hanno a disposizione. Uso consapevole nel senso
di un utilizzo che si poggia su una profonda conoscenza dei sistemi,
sulla disponibilità di misure in grado di descrivere con precisione il
sistema stesso e la sua evoluzione in ogni momento.
Garantire la resilienza di un sistema vuol dire anche saperlo ge-
stire nella sua evoluzione in maniera dinamica ponendo in essere
quelle azioni correttive minime in grado di ripristinarne la funzio-
nalità, intervenendo quindi anche sulla natura e quantità dei costi
connessi resi anch’essi proporzionali alla intensità del danno.
Le infrastrutture critiche su cui il nostro sistema di vita si poggia in
maniera sempre più inconsapevole stanno conoscendo crescenti “attac-
chi” derivanti da mutate condizioni ambientali e climatiche, da rischi
antropici legati a tensioni geopolitiche, dalla inclusione nel perimetro
del sistema dell’utente finale in un quadro di profonda trasformazione
guidato da due parole chiave: decarbonizzazione e digitalizzazione.
Le stesse parole chiave hanno investito ormai da tempo il settore
energetico, e quello elettrico in particolare che di molti altri sistemi
rappresenta la principale tecnologia abilitante.
Il lavoro che presentiamo in questa monografia ha un duplice va-
lore. Da una parte propone una visione completa ancorché di taglio
divulgativo di cosa si debba intendere per resilienza del sistema elet-
trico. Uno sforzo che meritava di essere svolto stante la mancanza di
un testo completo ed accessibile sull’argomento.
Premessa

Dall’altra parte presenta alcuni strumenti specifici che RSE ha


sviluppato a supporto della resilienza del sistema elettrico italiano e
che già oggi rappresentano un risultato dello sforzo di ricerca profuso
in tempi non sospetti.
Sbaglierebbe chi ritenesse che il tema della resilienza è unica-
mente legato alle sollecitazioni ambientali. La progressiva digitaliz-
zazione di ogni aspetto della nostra società non può lasciare immune
il sistema elettrico e per questa via sta guadagnando crescente atten-
zione una ulteriore minaccia: il cyber crime.
Si tratta certamente di un caso particolare di “causa esogena di ori-
gine antropica” ma, se particolarmente pericoloso per la sua capacità
di minare la sicurezza del sistema in maniera molto imprevedibile
e con il potenziale di infliggere danni in maniera simultanea su più
fronti, è forse lo scenario peggiore anche per un sistema resiliente.
Ecco perché, nel consegnare alle stampe questo volume, forte è
il convincimento che la Ricerca di Sistema del settore elettrico dovrà
impegnare molti dei suoi sforzi a venire nel campo della resilienza
promuovendo sempre di più quel dialogo tra operatori che è il neces-
sario “legante” tra le diverse iniziative che si possono intraprendere
sui diversi fronti.

Stefano Besseghini
Presidente e Amministratore Delegato RSE
Credits

COORDINATORE DELLA MONOGRAFIA


Emanuele Ciapessoni. Laureato in Fisica, inizia la sua attività in CISE, dove ha partecipato
a progetti sull’automazione della rete elettrica in collaborazione con il Centro di Ricerca
in automatica dell’ENEL, continuandola poi in ENEL, CESI e RSE. È stato coordinatore
di numerosi progetti nazionali e Europei, tra cui AFTER, sulla resilienza del sistema elettrico
e dei sistemi di protezione controllo e automazione. Attualmente è Leading Scientist
del Dipartimento Sviluppo dei Sistemi Energetici di RSE. È presidente del CT 65 e del SC65A
del CEI. Le sue attività di ricerca riguardano la sicurezza, l’analisi del rischio e la resilienza
del sistema elettrico.

CONTRIBUTI DI:
Alessandra Balzarini. Laureata in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio,
ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Ambientali. Dal 2009 lavora in RSE,
dove ha svolto ricerche nel campo della modellistica meteorologica e di qualità dell’aria.
La sua attività si è indirizzata in particolare sull’analisi degli effetti del settore elettrico
ed energetico sulle concentrazioni di inquinanti in atmosfera.
Claudio Carlini. Laureato in Ingegneria Elettrica, lavora nel Gruppo di Ricerca Reti attive: gestione
della distribuzione e della domanda del Dipartimento Sviluppo dei Sistemi Energetici, dove
si occupa dello sviluppo e della validazione in campo di algoritmi avanzati per la simulazione
e la gestione ottima di reti attive di distribuzione. Partecipa inoltre a progetti EU
nell’area dell’integrazione delle fonti rinnovabili, dello sviluppo della mobilità elettrica
e dell’Energy Storage. Membro del CIRED WG “Resilience of Distribution Grids”.
Diego Cirio. Conseguito il Dottorato di Ricerca in Ingegneria Elettrica si è occupato, in CESI e RSE,
di progetti di ricerca italiani ed europei e iniziative della International Energy Agency (IEA)
sulla sicurezza e il rischio di esercizio delle reti di trasmissione. Attualmente è responsabile
del Gruppo di Ricerca Sviluppo e Sicurezza delle Reti del Dipartimento Sviluppo dei Sistemi
Energetici di RSE.
Michele de Nigris. Laureato in Ingegneria Elettrotecnica, ha sviluppato la propria carriera tecnica
sul ciclo di vita dei componenti elettrici di trasmissione e distribuzione, coordinando
fino al 2005 la Business Unit Prove e Componenti di CESI e successivamente
il Dipartimento Tecnologie per la Trasmissione e Distribuzione di RSE. È attualmente
il Direttore del Dipartimento Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE.
Paola Faggian. Laureata in Fisica, svolge da oltre dieci anni presso il Dipartimento Sviluppo
Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE un’attività di ricerca per la valutazione
degli impatti dei cambiamenti climatici sul sistema energetico nazionale, attraverso l’analisi
di data-base, di simulazioni modellistiche nonché di dati osservati, di riferimento
per la comunità scientifica internazionale.
Maria Elena Gobbi. Laureata in Ingegneria Civile Strutturale ha lavorato nel settore
della progettazione di strutture metalliche e in cemento armato e, successivamente, in quello
della ricerca presso ENEL e RSE relativamente a studi sperimentali sul comportamento
tenso-deformativo del calcestruzzo soggetto a carichi ciclici e impulsivi, alla verifica della
sicurezza di strutture del settore elettrico (dighe, torri di raffreddamento, condotte su frane)
e quindi alla valutazione della vulnerabilità sismica della rete elettrica italiana.
Attualmente in RSE, nel Dipartimento Sviluppo dei Sistemi Energetici, lavora nel campo
dell’efficienza energetica a supporto delle politiche energetiche.
Credits

Angelo L’Abbate. Laurato in Ingegneria Elettrica, ha conseguito il Dottorato di Ricerca


in Ingegneria Elettrotecnica. Dopo essere stato con MARS a Benevento, con l’Università
di Lubiana, Slovenia, e con il JRC - Commissione Europea a Petten, Paesi Bassi, dal 2009
lavora con RSE. I suoi temi di interesse includono la modellizzazione e la pianificazione
delle reti T&D, tecnologie di rete (quali FACTS, HVDC,...), analisi tecno-economiche.
Matteo Lacavalla. Laureato in Scienze Ambientali, si è occupato di meteorologia, sia come
previsioni che come studi di impatto sul sistema energetico. Attualmente, nel Gruppo
di Ricerca Clima e Meteorologia del Dipartimento Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche,
coordina la realizzazione di una banca dati di rianalisi meteorologica sull’Italia per lo studio
di eventi meteorologici rilevanti per il sistema elettrico.
Stefano Maran. Laureato in Fisica, ha seguito lo sviluppo di strumenti di supporto alle decisioni
e sistemi informativi territoriali per la gestione integrata delle risorse naturali
e la valutazione degli effetti dei cambiamenti climatici attesi sul sistema elettro-energetico.
Attualmente ricopre il ruolo di Leading Scientist nel Dipartimento Sviluppo Sostenibile
e Fonti Energetiche di RSE.
Pietro Marcacci. Diplomato in Elettronica Industriale, svolge all’interno del Dipartimento
Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE un’attività di ricerca sull’interazione
tra eventi meteorologici e sistema elettrico, finalizzata alla realizzazione di sistemi
di nowcasting e allertamento meteorologico, nonché al monitoraggio dei fenomeni
atmosferici e alla mitigazione dei loro effetti sulla rete elettrica.
Diana Moneta. Laureata in Ingegneria Elettronica, è attualmente responsabile del Gruppo
di Ricerca Reti attive: gestione della distribuzione e della domanda del Dipartimento Sviluppo
dei Sistemi Energetici. Svolge studi e ricerche sulla gestione della domanda e della
generazione diffusa connesse alla rete di media e bassa tensione nell’ambito di progetti
nazionali ed europei e a supporto alle istituzioni. Segretario della Associazione Energia
Elettrica (society di AEIT), membro di gruppi di lavoro CIGRE e dei CT 205 e 316 del CEI.
Giovanni Pirovano. Laureato in Ingegneria Elettrica, lavora in RSE nel Dipartimento Tecnologie
di Trasmissione e Distribuzione e ha 30 anni di esperienza in attività di ricerca, testing,
consulenza e standardizzazione su linee aeree e relativi componenti. È attualmente Chair
IEC dei Technical Commitees 11 (Overhead Lines) e 7 (Overhead electrical conductors).
È membro italiano dello Study Committee B2 (Overhead Lines) CIGRE ed è autore
di numerosi articoli pubblicati a livello nazionale e internazionale.
Andrea Pitto. Ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrica e dal 2011 lavora in RSE.
È membro di gruppi di lavoro IEEE sulle metodologie di analisi degli scatti in cascata
nelle reti e sui guasti di modo comune e dipendenti. È anche membro del CIGRE
ed ha contribuito al Working Group CIGRE C4.601 sulla valutazione della sicurezza di rete.
Le sue aree di interesse includono gli approcci probabilistici basati sul rischio
per la valutazione della sicurezza di rete.
Giuseppe Maurizio Riva. Laureato in Fisica, si è occupato di studi sull’inquinamento atmosferico
(meteorologia, inventari emissioni e modellistica) sia nel campo della ricerca sia in studi
di impatto ambientale. Attualmente è il responsabile del Gruppo di Ricerca Meteorologia,
clima e atmosfera del Dipartimento Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE.
Indice
Sommario11
Summary12

Capitolo 1 Introduzione13

Capitolo 2 Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché17


2.1 Sistema elettrico 17
2.2 Prestazioni del sistema18
2.3 I blackout21
2.3.1 Qualche caso significativo 23
2.3.2 Quali sono le cause dei blackout? 30
2.3.3 Come si sviluppa un blackout? 32
2.3.4 Come si misura l’impatto di un blackout? 34
2.4 La resilienza – Un’evoluzione necessaria36

Capitolo 3 Criticità del sistema elettrico – Il cosa43


3.1 Fattori naturali esogeni43
3.1.1 Temporali e trombe d’aria 46
3.1.2 Neve e ghiaccio  51
3.1.3 Inquinamento salino  53
3.1.4 Ondate di calore e siccità 55
3.1.5 Terremoti 55
3.1.6 Incendi boschivi 58
3.1.7 Minacce di origine animale 58
3.1.8 I cambiamenti climatici 58
3.2 Fattori endogeni61
3.3 Fattori di origine antropica61
3.3.1 Atti non intenzionali 61
3.3.2 Atti intenzionali 62
3.4 Fattori di sistema62
3.5 Criticità dei sistemi ICT di controllo, protezione e difesa68
3.5.1 Fattori non intenzionali 68
3.5.2 Fattori intenzionali 68

Capitolo 4 Valutare la resilienza – Il quanto71


4.1 Indicatori di impatto nella prospettiva dell’utente71
4.1.1 Indicatori relativi a singoli disservizi 73
4.1.2 Indicatori relativi alle prestazioni su intervalli di tempo 75
4.2 Indicatori di impatto nella prospettiva della rete80
4.3 Valutazioni ex-ante della resilienza80
4.4 Dalla sicurezza al rischio84
4.5 Una metodologia per la valutazione ex-ante della resilienza86
4.5.1 Minacce, vulnerabilità e guasti 87
4.5.2 Contingenze critiche e loro selezione 89
4.5.3 Indicatori di impatto 90
4.5.4 Indicatori di rischio 91
Indice

4.5.5 Indicatori di ripristino  92


4.6 Indicatori di resilienza94
4.6.1 Indicatori di resilienza riferiti al servizio 94
4.6.2 Indicatori di resilienza riferiti alla rete 96

Capitolo 5 Garantire la resilienza – Il come97


5.1 Meglio prevenire? Progettazione e pianificazione
della rete T&D100
5.1.1 Pianificazione smart delle reti di trasmissione
Il quadro europeo 100
5.1.2 Pianificazione smart delle reti di distribuzione 104
5.1.3 Progettazione di linee con incrementata robustezza 107
5.1.4 Metodi passivi per la mitigazione dei carichi da neve e ghiaccio 109
5.2 Meglio curare? Esercizio smart del sistema nei nuovi scenari112
5.2.1 Anticipare e osservare per conoscere – Previsione e monitoraggio 114
5.2.2 Controllare per aumentare la resilienza – Il controllo preventivo
e correttivo 118
5.2.3 Proteggere i componenti dai guasti – Salvaguardare l’infrastruttura 122
5.2.4 Difendere il sistema – Salvaguardare il servizio in emergenza 123
5.2.5 Riprendere il servizio – Recuperare dalle emergenze 126
5.2.6 Un sistema di supporto per la resilienza  127
5.3 In conclusione: meglio curare e prevenire!128

Capitolo 6 Il contributo di RSE: studi e strumenti131


6.1 Valutazione dei rischi di eventi e fenomeni naturali131
6.1.1 Forti nevicate con formazione di manicotti 131
6.1.2 Forti temporali e trombe d’aria 138
6.1.3 Inquinamento salino 141
6.1.4 Terremoti e danni sismici 143
6.2 Analisi degli impatti dei cambiamenti climatici145
6.2.1 I modelli climatici 146
6.2.2 L’analisi climatica 147
6.3 Uno strumento per valutare e gestire la resilienza del sistema155
6.3.1 Architettura dello strumento 155
6.3.2 Modelli e dati 156
6.3.3 Valutazione della resilienza – Esempi applicativi 158

Capitolo 7 Esigenze per il futuro e barriere165

Capitolo 8 In conclusione167

Bibliografia e acronimi169
Sommario

I disservizi del sistema elettrico, che si sono verificati negli ultimi


anni soprattutto a causa di fenomeni meteo intensi riconducibili ai
cambiamenti climatici, sollecitano una profonda riflessione sui cri-
teri di progettazione e manutenzione dei componenti, di pianifica-
zione ed esercizio della rete, e nell’organizzazione del ripristino in
seguito a disservizi.
La monografia sviluppa il tema della resilienza nel contesto del
sistema elettrico, indicandola come concetto chiave per un effettivo
miglioramento del servizio. La resilienza infatti riassume e supera
i tradizionali criteri per la valutazione delle prestazioni del servizio
elettrico: è la cifra che dovrà caratterizzare l’evoluzione futura del
sistema.
Parlare di resilienza significa anzitutto analizzare in dettaglio le
criticità del sistema elettrico, ossia le cause e le circostanze che con-
ducono ai disservizi: fattori meteorologici e altri fattori, di origine
naturale o umana, possono minacciare il sistema elettrico per la pre-
senza di vulnerabilità nei componenti o nella situazione operativa
del sistema stesso. Sono quindi descritte le principali minacce, con
particolare approfondimento rispetto a quelle meteorologiche e ai
loro effetti.
La resilienza si deve “misurare”: occorre infatti basarsi su criteri
quantitativi per il monitoraggio dei livelli di resilienza e come stru-
mento di supporto alle decisioni, per selezionare gli interventi più
opportuni per il suo incremento.
La monografia, dunque, propone alcuni indicatori che caratteriz-
zano i diversi aspetti della resilienza, sia di tipo ex-post, ossia a con-
suntivo dell’esercizio del sistema, sia ex-ante, ossia basati su modelli.
In particolare, è proposta una metodologia probabilistica di rischio
che combina i modelli delle minacce, delle vulnerabilità e della ri-
sposta del sistema elettrico.
La resilienza si incrementa attraverso varie tipologie di interven-
ti, per lo più di progettazione e adeguamento dei componenti di rete,
per irrobustirli rispetto alle minacce; l’introduzione di ridondanze
a livello di pianificazione è un altro criterio tipico. Oltre a queste si
possono identificare soluzioni di esercizio del sistema, da mettere in
atto al presentarsi della minaccia. Queste soluzioni possono richie-
dere l’installazione di sistemi di controllo dedicati.
Sono molte le attività di RSE nel contesto della resilienza: stu-
di, metodologie, strumenti. La monografia ne dà qualche esempio,
focalizzati in particolare sugli aspetti climatici e ambientali, e sulle
valutazioni globali di resilienza della rete elettrica.

Resilienza del sistema elettrico 11


Summary

Several outages of the power system have occurred in recent


years, especially due to severe weather phenomena related to cli-
mate change. These events require a deep reflection on the criteria
adopted in the design and maintenance of power system compo-
nents, in system planning and operation, and in the organisation of
the recovery after the disruption.
This monograph develops the topic of resilience in the context
of the power system. Resilience is indicated as a key concept for an
actual improvement of the electric supply service, as it synthesises
and overcomes the traditional criteria to evaluate the performances
of the quality of supply: indeed, it shall characterise the future evo-
lution of the system.
Speaking of resilience means first to analyse in detail the critical-
ities of the system, namely the causes and circumstances that lead
to power outages: meteorological factors and other factors, of natural
or human origin, can threaten the system through the presence of
vulnerabilities in the individual components or in the operating condi-
tion of the system. The major threats are described, with special focus
on the weather conditions and their effect on system components.
Resilience must be measured: in fact, it is necessary to rely on
quantitative criteria for the monitoring of resilience levels and as a
decision support tool to select the most appropriate interventions
for its improvement. The monograph proposes some indicators that
characterize the different aspects of resilience, both ex-post (i.e. used
to characterise past operation) and ex-ante (i.e. model-based for pos-
sible prediction of future performances). In particular, a probabilistic
risk method is proposed, that combines models of threats, vulnera-
bilities, and power system response.
Resilience is increased through various types of intervention,
mostly based on special design and adaptation of network compo-
nents, aimed to enhance them with respect to threats; the introduc-
tion of redundancy at planning level is another typical criterion. In
addition to this, it is possible to identify system operating solutions
to be activated when the threat occurs. These solutions may require
to install dedicated control systems.
There are many activities carried out by RSE in the context of re-
silience: studies, methodologies, tools. The monograph gives some ex-
amples, focusing in particular on the climatic and environmental as-
pects, and on global assessment of the resilience of the power system.

12
1 Introduzione

Gli indirizzi di politica energetica nazionale sono pienamente alline-


ati con le priorità europee che raccomandano la riduzione delle emis-
sioni di gas serra, la sicurezza degli approvvigionamenti e la liberaliz-
zazione dei mercati in un’ottica di promozione della concorrenza. In
risposta a queste priorità anche il sistema elettrico sta evolvendo nelle
proprie strutture di generazione, trasmissione, distribuzione, interfac-
ciamento con l’utilizzatore e telecomunicazione.
Il sistema energetico deve affrontare criticità crescenti legate a di-
verse concause:

■■ l’incertezza sugli scenari futuri di generazione e carico (volatilità


dei prezzi dei combustibili, instabilità geopolitiche, conseguenze
e prospettive della crisi finanziaria), che influenza l’entità e la
tipologia degli investimenti;
■■ i cambiamenti climatici, che rendono più probabili eventi mete-
orologici eccezionali quali nevicate intense, trombe d’aria e pre-
cipitazioni, che possono avere effetti devastanti anche per l’infra-
struttura elettrica;
■■ l’invecchiamento degli impianti, che rende l’infrastruttura elet-
trica ancora più sensibile ai fenomeni ambientali estremi, au-
mentando le probabilità di guasto;
■■ la diffusione di impianti di generazione da fonti rinnovabili non
programmabili (in particolare la generazione eolica e fotovoltai-
ca) talora localizzati lontano dai centri di consumo e in aree re-
mote del sistema elettrico, che pone problemi di regolazione e
stabilità del sistema stesso;
■■ l’utilizzo delle interconnessioni elettriche fra le reti nazionali in
un’ottica commerciale, che fa aumentare il rischio di propaga-
zione su vasta scala di eventuali perturbazioni di rete. Uno o più
guasti iniziali possono propagarsi e innescare fenomeni di per-
dita in cascata di collegamenti e impianti di generazione, fino al
blackout.

Come conseguenza può risultare compromessa la qualità e conti-


nuità della fornitura di energia elettrica, un servizio vitale per la no-
stra società. Servono dunque nuovi approcci per garantire livelli di
affidabilità del sistema elettrico adeguati e al passo con i tempi.
La posta in gioco è importante: per il nostro Paese si stima che i soli
costi legati ai disservizi per cause meteorologiche siano dell’ordine di
300 milioni di euro annui. Questa cifra comprende sia i costi di ripri-
stino delle infrastrutture sia i rimborsi automatici per gli utenti, che
“scattano” quando i disservizi si prolungano oltre i tempi limite previsti

Resilienza del sistema elettrico 13


1

dai contratti di fornitura dell’energia. Senza contare i disagi e i danni per


le persone, non sempre quantificabili in termini economici.
Alcuni problemi sono venuti alla ribalta in occasione di eventi ecla-
tanti, come il blackout di Cortina d’Ampezzo del 24-26 dicembre 2013
che ha colpito circa 60 mila utenze, dislocate principalmente nell’Alto
Bellunese, a causa di un’eccezionale ondata di maltempo; o come quel-
lo del gennaio 2017 in Abruzzo, che ha interessato 200 mila utenze [1].
Questi eventi, per quanto gravi, possono essere considerati circo-
scritti. Ma il rischio di blackout di vaste proporzioni, come quello italia-
no del 2003, è sempre in agguato per l’effetto di guasti multipli, compor-
tamenti imprevisti della rete, criticità nella gestione in tempo reale del
sistema in condizioni di emergenza.
Occorre valutare i rischi connessi all’insorgenza di situazioni di
emergenza, quindi progettare strategie di riduzione del rischio e gestio-
ne degli scenari di emergenza. Questi obiettivi si perseguono combi-
nando tra loro diversi approcci:

■■ aumento della robustezza della rete, attraverso la pianificazione


di rete con adeguate ridondanze, la selezione e la progettazione
di componenti in grado di sopportare sollecitazioni meccaniche,
elettriche ed ambientali più intense;
■■ azioni di prevenzione, che comprendono schermature, protezioni,
interventi ottimizzati di manutenzione dei componenti e soluzioni
innovative di esercizio, che consentano di mantenere le prestazio-
ni del sistema al più elevato livello anche in condizioni di stress;
■■ azioni di ripristino efficienti per riprendere rapidamente il ser-
vizio nel caso in cui si siano verificate disalimentazioni, coinvol-
gendo adeguate strutture organizzative, procedure, risorse uma-
ne e tecniche.

Tutto questo è riassunto in una parola: resilienza.


Migliorare la resilienza dipende in primis dall’uomo, per quanto at-
tiene sia alle soluzioni tecniche sia agli aspetti organizzativi; e non si
può dimenticare che questi aspetti sono condizionati dalle scelte strate-
giche, i driver di politica energetica, economica e ambientale, il quadro
regolatorio e le strutture di mercato.
Questa monografia della collana RSEview, basata sulle ricerche di
RSE nell’ambito della Ricerca di Sistema (RdS) e di numerosi progetti
europei, è incentrata sulla resilienza del sistema elettrico.
Dal momento che il termine è utilizzato con varie accezioni, occorre
individuare una definizione di resilienza; a tal fine si deve riflettere sul
valore aggiunto di questo concetto rispetto ad altri, come l’affidabilità, il

14
Introduzione

cui uso è da tempo consolidato nel settore elettrico. Queste considera-


zioni sono sviluppate nel Capitolo 2.
Non si può parlare di resilienza senza conoscere i fattori che minac-
ciano l’integrità, sia infrastrutturale sia funzionale, del sistema elettrico.
Questi fattori aumentano il rischio dei disservizi, quando “incontrano”
un sistema vulnerabile. Se ne parla nel Capitolo 3.
La valutazione della resilienza richiede metodi e strumenti più sofi-
sticati, e informazioni più dettagliate rispetto alle convenzionali valuta-
zioni di affidabilità del sistema elettrico: le basi di un nuovo approccio
sono esaminate nel Capitolo 4.
La comprensione dei fenomeni e dei fattori influenti è alla base delle
considerazioni su come incrementare la resilienza, svolte nel Capitolo 5.
Il contributo di RSE alle problematiche della resilienza si esplica at-
traverso metodi, strumenti e studi come quelli presentati nel Capitolo 6.
Le principali esigenze per il futuro e le barriere che ostacolano la
realizzazione di sistemi resilienti sono riassunte nel Capitolo 7, a cui
seguono le considerazioni conclusive.

Resilienza del sistema elettrico 15


2 Dall’affidabilità
alla resilienza – Il perché

Il sistema elettrico è sempre stato progettato e gestito secondo criteri


che hanno permesso di garantire un servizio che nel lungo periodo pre-
senta poche interruzioni. In questo modo si è sviluppata una delle infra-
strutture più affidabili e complesse esistenti. Ciò nonostante, per garan-
tire livelli di prestazione del servizio adeguati alle esigenze della nostra
società, i criteri tradizionali non sono più sufficienti: il sistema elettrico
dovrebbe tollerare non solo gli eventi comuni, ma anche quelli più intensi,
meno frequenti ma in grado di condurre a blackout di lunga durata.
Nel seguito si richiamano i requisiti prestazionali del sistema elet-
trico alla luce degli attuali fattori evolutivi, fornendo le motivazioni di
base per l’introduzione del concetto di resilienza del sistema elettrico.

2.1 SISTEMA ELETTRICO

Le reti elettriche sono le macchine più grandi mai realizzate.


In Europa, la più grande area interconnessa si estende dal Porto-
gallo alla Grecia1, dalla Danimarca all’Italia e a Malta: un insieme di
reti connesse tra loro in un’unica grande rete che consente il trasferi-
mento di energia e il soccorso in caso di necessità; d’altra parte, tutto
ciò che accade in una delle reti interconnesse si può ripercuotere sulle
altre. Sono presenti inoltre numerosi collegamenti asincroni (in grado
di bloccare i disturbi) fra l’Europa continentale, i Paesi scandinavi e il
Regno Unito.
Il trasferimento di grandi quantità di energia su lunghe distanze è re-
alizzato dalle reti di trasmissione, caratterizzate dalle tensioni più eleva-
te (alta tensione, AT, da 30 kV a 150 kV; altissima tensione, AAT, superio-
re a 150 kV: in Europa occidentale sono presenti i livelli di tensione 220
kV e 400 kV) per minimizzare le perdite, e da una struttura magliata,
ossia costituita da un reticolo in cui la potenza ha più percorsi a dispo-
sizione fra un nodo e un altro, per garantire la continuità del servizio.
La maggior parte degli utenti è collegata alle reti di distribuzione, in
media e bassa tensione. Normalmente le reti di distribuzione sono gesti-
te secondo una struttura radiale con rami che alimentano gli utenti; per
fronteggiare le disalimentazioni in caso di guasto, la rete di distribuzio-
ne prevede la possibilità della contro-alimentazione, ossia di collegare il
carico ad un tratto di linea contiguo modificando la topologia della rete.

1 Dal 2015, nell’interconnessione europea è stata stabilmente integrata


la Turchia.

Resilienza del sistema elettrico 17


2

FIGURA 2.1 Il sistema elettrico.


L’esercizio in tempo reale del sistema è svolto dagli operatori dei
centri di controllo, che supervisionano il sistema e decidono le azioni
necessarie per mantenere o recuperare adeguati livelli di sicurezza.

RETE DI TRASMISSIONE
INTERCONNESSA Carico
«concentrato»
Grandi impianti Centro di controllo
di generazione reti di distribuzione
Dati
DMS

Centro di controllo
Dati reti di subtrasmissione

Generazione
RETI DI DISTRIBUZIONE distribuita

Dati

Centro di controllo
reti di distribuzione
DMS
Utenti finali Utenti finali «Prosumers»

2.2 PRESTAZIONI DEL SISTEMA

Il sistema elettrico ha come finalità primaria il soddisfacimento del-


la domanda istante per istante. Per quantificare le prestazioni di conti-
nuità della fornitura del sistema elettrico è stato introdotto il concetto
di affidabilità [2].

L’affidabilità è la capacità di un sistema elettrico di fornire con continuità


la potenza agli utenti finali entro definiti standard di funzionamento e nella
quantità desiderata.

L’affidabilità esprime la probabilità di esercizio soddisfacente del


sistema nel lungo termine. Il grado di affidabilità si può misurare at-
traverso la frequenza, durata e intensità delle situazioni di degrado del
servizio agli utenti.
L’affidabilità dipende in primis dall’adeguatezza e dalla sicurezza del
sistema.
L’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI)

18
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

La gestione del sistema: un problema con molti vincoli…

Il sistema elettrico è gestito in accordo a criteri di efficienza, perseguiti


attraverso regole di mercato definite a livello nazionale ed europeo, tenendo
conto contemporaneamente dei vincoli tecnici e degli aspetti economici;
inoltre l’esercizio del sistema elettrico è programmato su più fasi temporali in
anticipo, che trovano riscontro anche nella struttura dei mercati elettrici.
La significativa penetrazione di impianti da fonti rinnovabili non
programmabili, che hanno priorità di dispacciamento, ha condotto a un radicale
cambio di paradigma. Oggi, gli impianti di generazione convenzionali devono
inseguire il carico residuo, ossia la quota di carico (al netto di un eventuale carico
modulabile) che gli impianti non programmabili non riescono ad alimentare.
Tuttavia, gli impianti convenzionali presentano vincoli sui tempi di accensione e
spegnimento, sulla velocità di variazione di potenza, sul minimo carico tecnico,
eccetera. Questi vincoli sono tenuti in conto nella fase di programmazione per
predisporre i servizi di rete necessari per garantire la sicurezza.
I vincoli di rete condizionano la possibilità di trasferire potenza e quindi
non permettono il pieno sfruttamento delle risorse di generazione più
economiche che, in generale, possono essere localizzate lontano dal carico.
La violazione dei limiti di corrente di un componente (in particolare
delle linee) può comportare il distacco del componente sovraccarico, con
conseguente riversamento della potenza su altri collegamenti vicini; questi
a loro volta si possono sovraccaricare, innescando un processo in cascata
che può culminare nel blackout. La tensione deve essere mantenuta entro
intervalli prossimi ai valori nominali, sia per esigenze di qualità del servizio,
sia per il corretto funzionamento dei componenti di rete.

nel documento di consultazione [3] del 18 marzo 2005 precisa che: “ade-
guatezza e sicurezza sono concetti distinti pur essendo entrambi ricon-
ducibili alla più generale nozione di affidabilità del sistema elettrico”.
L’adeguatezza di un sistema elettrico può essere definita come la ca-
pacità strutturale del sistema di soddisfare il fabbisogno di energia elet-
trica nel rispetto di prefissati livelli di sicurezza e di qualità.
Affinché un sistema elettrico sia giudicato adeguato è necessario che
sia dotato di risorse di produzione, accumulo, controllo della domanda e
di capacità di trasporto sufficienti a soddisfare la domanda attesa più un
prefissato margine di riserva di potenza. Ciò implica la pianificazione
degli investimenti in capacità di produzione e/o di trasmissione in fun-
zione delle previsioni di crescita della domanda, della sua ripartizione
fra le zone di rete e delle risorse di flessibilità disponibili.

Resilienza del sistema elettrico 19


2

Il concetto di adeguatezza di una rete è legato alla capacità dei suoi


componenti di soddisfare la domanda di carico senza violazione dei li-
miti operativi. La sicurezza a fronte di contingenze2 garantisce l’assenza
di violazioni operative e la continuità dell’alimentazione degli utenti.
La sicurezza è la capacità del sistema elettrico di fronteggiare mu-
tamenti dello stato di funzionamento del sistema3 senza che si verifi-
chino violazioni dei limiti di operatività del sistema stesso (limite di
stabilità dinamica, limiti di esercizio degli impianti di produzione e
limiti di transito sulle linee).
La sicurezza è sempre relativa a un insieme di contingenze specifi-
cato. Ciò richiede, tra l’altro:

■■ la programmazione dell’esercizio del sistema mediante la predi-


sposizione di opportuni margini di regolazione di frequenza/po-
tenza e di tensione che tengano conto delle incertezze insite nel
funzionamento del sistema stesso;
■■ per la rete di trasmissione, il rispetto di standard internazionali
relativi al controllo del sistema elettrico in una rete europea in-
terconnessa e il relativo coordinamento fra i rispettivi gestori di
reti di trasmissione.

Le valutazioni di sicurezza sono fondamentali nella programmazio-


ne e nell’esercizio del sistema elettrico, da qualche giorno a qualche ora
prima dell’esercizio reale del sistema, e nell’ambiente di controllo in
linea. Entrambi gli aspetti dell’affidabilità del sistema elettrico incorpo-
rano elementi di pianificazione e di gestione. Nondimeno, l’adeguatezza
verte essenzialmente sulla pianificazione del sistema in un orizzonte di
medio/lungo termine, mentre la sicurezza fa perno prettamente sulla
gestione del sistema nel breve termine. Questi due aspetti dell’affidabi-
lità sono comunque interdipendenti.
Attualmente i gestori del sistema per garantire la sicurezza utilizzano
il Criterio N-1, in base al quale il sistema è giudicato sicuro, se i più impor-
tanti parametri della rete (flussi di potenza, valori di tensione e corrente)
si mantengono nei rispettivi limiti operativi rispetto all’insieme di con-
tingenze credibili di tipo N-1. Queste sono le contingenze che consisto-

2 Il termine contingenza si riferisce a eventi di cortocircuito e alla perdita


improvvisa di componenti, che causano perturbazioni del sistema elettrico.
3 Per esempio perturbazioni come guasti o cortocircuiti.
4 In qualche caso, il criterio di sicurezza prevede anche alcune contingenze N-2
particolarmente probabili, come la perdita di due linee elettriche poste sulla
stessa palificazione (“doppia terna”).

20
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

no nella perdita di un singolo componente di rete (linea, trasformatore,


generatore) e rappresentano la tipologia di contingenze più frequenti4.
È utile introdurre anche un altro concetto connesso alla sicurezza: la
robustezza del sistema, intesa come la capacità del sistema elettrico di
permanere in uno stato normale di funzionamento a fronte di disturbi.
Con la definizione data sopra, la robustezza indica una proprietà
più forte della sicurezza: mentre un sistema sicuro a seguito di una
contingenza singola (credibile) passa in uno stato di allerta, un siste-
ma robusto permane in uno stato normale a seguito di un disturbo
di qualunque entità.
Il termine robustezza è applicato anche ai componenti. La robustez-
za di un componente è la sua capacità di non subire guasti a fronte di
disturbi. Questa proprietà è il frutto di una progettazione che prevede
margini cautelativi.
Tuttavia il blackout è sempre in agguato.

2.3 I BLACKOUT

Un blackout richiama sempre l’attenzione del pubblico, anche se le


dimensioni dei disservizi possono variare molto, a seconda dei livelli di
tensione coinvolti.
I guasti sulle reti di distribuzione in media e in bassa tensione pos-
sono causare disalimentazioni a carattere locale: ad esempio, un quar-
tiere cittadino o un piccolo centro in area rurale o una zona più ampia
interessata da un evento meteo estremo. Il ripristino avviene riparando
i componenti danneggiati o, se possibile, isolando il tratto guasto e ali-
mentando il carico interessato dal disservizio attraverso un percorso di
rete alternativo.
Di portata ben più grave sono i disservizi che interessano la rete di
trasmissione, in cui un disturbo iniziale si può propagare con effetti a
cascata. In questo caso possono essere disalimentate intere regioni o
nazioni, fino alla scala continentale.
Un blackout può richiedere molte ore per essere completamente
risolto. Per ripristinare un’infrastruttura danneggiata possono occorrere
diversi giorni.
Compilare una casistica dei blackout è essenziale per comprender-
ne le cause e valutare i possibili interventi in vista di un miglioramento
della resilienza. Di seguito sono illustrati alcuni esempi storici.

Resilienza del sistema elettrico 21


2

Criteri di sicurezza e stati di esercizio

Per analizzare e trattare i problemi che hanno impatto sulla sicurezza del
sistema elettrico ci si avvale del diagramma degli stati di esercizio (Figura 2.2), in
base al quale si distinguono le diverse situazioni in cui si può trovare il sistema.
Stato normale. Situazione in cui la richiesta complessiva di carico è
soddisfatta, non sussistono violazioni a regime stazionario dei limiti
di funzionamento dei componenti costituenti il sistema stesso e sono
soddisfatti i criteri di sicurezza previsti (Criterio N-1). Il sistema può
sopportare le contingenze plausibili e i margini di riserva sono sufficienti
per evitare problemi di stabilità.
Stato di allerta. Situazione in cui la richiesta complessiva di carico è
soddisfatta, non sussistono violazioni a regime stazionario dei limiti di
funzionamento dei componenti costituenti il sistema stesso, ma non sono
soddisfatti i criteri di sicurezza previsti (solitamente a causa di precedenti
fuori servizio). Nello stato di allerta i margini di sicurezza non sono
sufficienti per garantire il soddisfacimento dei vincoli a fronte di un’altra
contingenza e un ulteriore disturbo può provocare violazioni dei limiti
operativi dei componenti.
Stato di emergenza. Situazione in cui la richiesta di carico è soddisfatta ma,
a regime stazionario, si verificano violazioni dei limiti di funzionamento
su almeno un elemento di rete (ad esempio: sovraccarichi delle linee). Il
sistema può passare allo stato di emergenza a seguito di una contingenza
nello stato di allerta o in seguito a una contingenza non prevista dai criteri
di sicurezza predefiniti. Dallo stato di emergenza è possibile tornare allo
stato normale tramite azioni correttive.
Stato di emergenza estrema. Situazione caratterizzata da violazioni dei
vincoli, sbilancio fra generazione e carico, intervento di protezioni,
separazione di rete, disalimentazione parziale o totale del carico

..
2 3 1 Qualche caso significativo

Blackout di Cortina del Natale 2013


Circa 60.000 utenze sono state disalimentate nell’area di Cortina
d’Ampezzo tra il 24 e il 26 dicembre 2013 (Figura 2.3). L’evento è stato
determinato dalla fatale concomitanza di neve bagnata e pesante,
che ha provocato la formazione di manicotti sui conduttori di linea e
la caduta di numerosi alberi sulle linee di alta e media tensione. Gli
alberi, in particolare, sono caduti per il peso della neve e per il fatto
che il suolo non era ancora pienamente ghiacciato (al contrario, un

22
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

(blackout), sistema non pienamente controllabile, instabilità.


Stato di ripristino. Situazione in cui, una volta verificata la disalimentazione
totale o parziale dei carichi, vengono eseguite le azioni necessarie
per riportare il sistema in condizione normale: rialimentazione/
riaccensione dei generatori, riconnessione dei generatori e dei carichi,
risincronizzazione fra aree. A seconda delle condizioni il sistema può
tornare allo stato normale o a quello di allerta.

FIGURA 2.2 Diagramma degli stati del sistema elettrico.

NORMALE
Richieste di energia soddisfatte
Tensioni e frequenze entro valori ammissibili SICURO
Assenza di sovraccarichi
Criteri di sicurezza soddisfatti (N-1)

Controlli preventivi

RIPRISTINO ALLARME
Richieste non soddisfatte Richieste soddisfatte NON SICURO
Grandezze nei valori ammissibili Grandezze nei valori ammissibili
Risincronizzazione di rete Criteri di sicurezza non soddisfatti:
Ripresa del carico sistema vulnerabile

Contingenza N-k Controlli correttivi


(in emergenza)

IN EXTREMIS EMERGENZA
Controlli
Richieste non soddisfatte Richieste soddisfatte
e/o protezioni
Grandezze fuori dai valori Grandezze fuori dai valori
ammissibili ammissibili
Linee aperte Stato non sostenibile nel tempo

SISTEMA NON INTEGRO SISTEMA INTEGRO Disturbi

suolo ghiacciato avrebbe trattenuto le radici più saldamente).


Il problema è stato anche esaminato dal Senato, nell’interrogazione
a nome Bellot e altri “Sul black-out verificatosi nell’area del bellunese a
causa delle forti nevicate e sul sistema elettrico del Nordest” [4], di cui
si riporta uno stralcio.

Premesso che:
■■ tra il 24 ed il 26 dicembre 2013 una forte nevicata ha interessato tutte
le Prealpi venete, ed in particolare l’area del bellunese compresa tra
Cortina e l’Agordino;

Resilienza del sistema elettrico 23


2

FIGURA 2.3 Manicotti di ghiaccio sui conduttori. Blackout di Cortina (2013).

■■ il Cadore ed il Comelico, in particolar modo, note destinazioni di villeg-


giatura in questo periodo visitate da molti turisti, sono rimaste per oltre
un giorno senza luce, con alcune zone della conca ampezzana illuminate
solo nella tarda serata del 26 dicembre e grazie a gruppi elettrogeni;
nella serata di Santo Stefano sono state rialimentate, infatti, solo gra-
zie mediante l’utilizzo di gruppi elettrogeni per una potenza comples-
siva di 3.000 kW, le aree di Riva, Manaigo, Albergo Zuel, Zuel di
sopra, Zuel di sotto, Pian da Lago, il municipio di Cortina, il comando
dei Vigili del fuoco e dei carabinieri, mentre nell’Agordino sono stati
rialimentati il comune di Rocca Pietore, le località Sottoguda, Col di
Rocca e Soraru, il comune di Cencenighe, il comune di Alleghe;
■■ ciò nonostante, ancora a 48 ore di distanza dalla forte nevicata, per-
sistevano disagi e molte zone erano ancora al buio, con oltre 55.000
utenze del bellunese prive di corrente, soprattutto nel Cadore e nel
Comelico;
■■ i sopralluoghi dei Vigili del fuoco, della Protezione civile e dei tecnici
di Enel e Terna per verificare i danni sulle linee elettriche hanno evi-
denziato i guasti causati dal maltempo e come questi riguardino sia la
linea ad alta che quella a media tensione, cosicché risulta impossibile
al momento stimare quando la situazione tornerà alla normalità;
■■ nel frattempo le squadre dei Vigili del fuoco e della Protezione civile
di Belluno hanno compiuto decine di interventi nella notte per rimuo-
vere alberi che ostruivano le sedi stradali e portare gruppi elettrogeni
in stalle o case vacanze con disabili mentre a Cortina solo nella mat-
tinata del 27 dicembre è stato riattivato il secondo gruppo elettrogeno
fisso ed è stata predisposta l’installazione di gruppi elettrogeni mobili
per alimentare le frazioni e i paesi limitrofi; (…)

24
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

FIGURA 2.4 Formazione di manicotti su conduttori di alta tensione e danni


alle strutture. Manicotti su linea AT nelle Dolomiti bellunesi,
nevicata del 25-26 dicembre 2013 (a) e traliccio collassato in Valtorta (BG),
nevicata del 6 febbraio 2015 (b).

a b

■■ i disagi arrecati dalla calamità hanno provocato anche gravi e pesan-


ti danni al settore del turismo, una delle principali attività economi-
che dell’area bellunese, soprattutto nei mesi invernali, tanto che anche
per gli operatori del turismo è già iniziato il conteggio dei mancati
introiti derivanti dal maltempo.

Emilia Romagna e Lombardia (2015)


Un esempio di nevicata di particolare intensità ed estensione è
quella del 6 febbraio 2015, che ha causato significativi disservizi elet-
trici in vaste aree dell’Emilia Romagna e della Lombardia. La forma-
zione di manicotti di neve sulle linee ha interessato numerose linee
elettriche, procurando la rottura di conduttori e danni strutturali ai
sostegni.
In seguito a questo evento l’AEEGSI ha svolto un’indagine cono-
scitiva per analizzare nei dettagli le cause dei disservizi, i cui risultati
sono stati resi noti nella delibera dell’AEEGSI [5]. A causa di queste
interruzioni, l’energia non fornita agli utenti è stata stimata in quasi
990 MWh. Questo singolo evento è stato responsabile del 20 per cen-
to dell’energia non servita nel 2015. I rimborsi automatici a carico del
sistema, riconosciuti agli utenti per il protrarsi del disservizio oltre le
8 ore, hanno riguardato circa 100.000 utenti in Lombardia e 250.000
in Emilia Romagna e sono stati quantificati nell’ordine di 33 milioni
di euro, escludendo i danni strutturali alla rete e i costi di ripristino.
Successivamente, la stessa AEEGSI ha istituito il tavolo di lavoro
per il miglioramento della resilienza del sistema elettrico [6].

Resilienza del sistema elettrico 25


2

Blackout in Sardegna del 2001


Il 21 e 22 settembre del 2001 è avvenuto in Sardegna un blackout
causato da inquinamento salino sugli isolatori, che ha portato al fuori
servizio di numerose linee di trasmissione. Il caso è stato oggetto di
discussione alla Camera [7]. Di seguito, pubblichiamo uno stralcio
del resoconto stenografico dell’Assemblea della Camera dei Deputa-
ti, seduta n. 49 del 19 ottobre 2001.
Il blackout avvenuto in Sardegna nella notte tra il 21 e il 22 settembre scorsi
ha interessato l’area sud dell’isola e, in particolare, la provincia di Cagliari. Il
disservizio, preceduto da ripetuti scatti di alcune linee sulla rete ad alta tensio-
ne a partire dalle ore 22 circa del 21 settembre, ha avuto inizio alle ore 1 circa
e si è concluso con la rialimentazione della maggior parte delle utenze alle ore
8,50. Il servizio è stato interamente ripristinato alle ore 10 circa.
Le cause tecniche originarie del disservizio sono da addebitare ad
eventi atmosferici negativi eccezionali, sia per la vastità dell’area interes-
sata sia per la concomitanza di una serie di fattori avversi particolarmen-
te acuti, anche se tipici dell’isola, ossia l’inquinamento salino, l’umidità e
la forte ventosità. Già da alcuni giorni, dopo circa due settimane di mae-
strale, nelle ore notturne, in assenza di vento, si è riscontrato un elevato
tasso di umidità che provocava frequenti scatti alle linee ad alta tensione
per scariche superficiali sugli isolatori.
In seguito a disservizi verificatisi nei giorni precedenti, sono stati
eseguiti interventi straordinari da parte delle società del gruppo ENEL,
proprietarie delle reti di distribuzione e di trasmissione. Prima dell’evento
iniziale del disservizio in oggetto era, comunque, presente lo stato di fuori
servizio di alcuni elementi di rete nella zona meridionale dell’isola.
Il fenomeno della salinità è tipico dell’isola e, per questo, prevedibile; pro-
prio per far fronte ai danni dovuti all’eccessiva salinità, l’ENEL ha adottato
misure particolari, sia nella costruzione sia nella manutenzione degli impianti,
quali l’utilizzo di sistemi di isolamento e il ricorso a periodiche siliconature.
Naturalmente, l’avvenuto blackout rende necessario adottare misure
ancora più efficaci per evitare il ripetersi di eventi simili e, al riguardo,
la società TERNA, responsabile dell’esercizio e della manutenzione della
rete di alta tensione, ha assicurato che estenderà l’uso delle suddette tec-
niche a tutta la rete di trasmissione dell’isola.
Al di là delle cause originarie, l’ampiezza del blackout è dovuta ad una
sequenza negativa di eventi che ha interessato, a catena, le linee di tra-
smissione e di distribuzione regionali, il collegamento SACOI utilizzato in
importazione, alcuni impianti di produzione posti a nord e a sud dell’isola.
In particolare, lo scatto del gruppo 3 Fiume Santo in concomitanza a scatti
di elementi di rete, oltre ad essere anomalo, ha determinato da un lato di-
salimentazione di utenza, dall’altro l’impossibilità di controllare le tensioni

26
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

sulla rete a 380 kV nord-Sardegna e, conseguentemente, l’impossibilità di


utilizzare la linea Fiume Santo-Selargius per rialimentare l’area di Cagliari.
Il blocco contemporaneo dei tre gruppi della centrale Sarlux, conse-
guente ai disservizi di rete, oltre che determinare lo spegnimento di tutte
le utenze civili ed industriali dell’area di Cagliari, ha privato la rete, in un
unico evento, di una produzione di oltre 550 megawatt.

Blackout italiano del settembre 2003


Il 28 settembre 2003 l’Italia restò al buio per un blackout totale
della rete nazionale. Di seguito si riporta una sintesi dell’analisi degli
eventi [8] svolta dall’UCTE (Union for the Co-ordination of Transmission
of Electricity)5.

Nelle prime ore del 28 settembre 2003 il sistema elettrico italiano sta im-
portando circa 6.900 MW dai paesi confinanti alla frontiera settentrionale6,
a fronte di un carico di 27.000 MW, principalmente attraverso le interconnes-
sioni con la Svizzera e la Francia.
Alle ore 3.01 una linea a 380 kV della rete svizzera, la Mettlen-Lavorgo, a
nord del Lago Maggiore, si apre per una scarica elettrica della linea attraver-
so un albero: come conseguenza, i flussi di potenza si ridistribuiscono sugli
altri collegamenti. L’operatore svizzero tenta la manovra di richiusura della
linea, ma senza successo a causa dell’elevato sfasamento tra le tensioni agli
estremi del collegamento scattato (le protezioni impediscono la manovra).
Alle 3.10 gli operatori della rete svizzera chiamano gli operatori del centro
nazionale di controllo del GRTN (ora Terna) a Roma, chiedendo di ridurre
di 300 MW il transito verso l’Italia, in modo da rientrare al valore program-
mato di importazione ed alleggerire l’impegno delle restanti linee svizzere.
L’azione di controllo richiesta è attuata entro 10 minuti. Questo intervento,
insieme con alcuni aggiustamenti effettuati nella rete svizzera, si rivela però
insufficiente per eliminare la situazione di criticità: alle 3.25 la linea a 380 kV
Sils-Soazza nel cantone dei Grigioni, a nord della Valtellina, scatta per una
scarica attraverso un albero, presumibilmente per l’eccessivo allungamento
dei conduttori dovuto al riscaldamento degli stessi. A causa degli elevati so-

5 UCTE era la denominazione dell’associazione dei gestori di rete europei


dell’area continentale, ora confluita in ENTSO-E.
6 La capacità massima di trasporto sull’interconnessione, preventivamente
calcolata a 5.400 MW per il periodo da maggio a settembre 2003, era stata
aumentata a 6.300 MW per l’ultima settimana di settembre. La ulteriore
importazione rientra nelle normali fluttuazioni delle grandezze del sistema
elettrico, che sono considerate nell’ambito della valutazione della capacità di
trasporto mediante l’apposito valore TRM (Transmission Reliability Margin).

Resilienza del sistema elettrico 27


2

vraccarichi, si innesca un processo di scatto in cascata delle interconnessioni


che conduce, in circa 12 secondi dallo scatto della Sils-Soazza, alla separazio-
ne del sistema italiano dal resto del sistema UCTE.
Tale intervallo è caratterizzato da fenomeni transitori che comportano
valori molto bassi di tensione e lo scatto di alcuni gruppi di generazione. Do-
po la separazione, il sistema italiano raggiunge un punto di equilibrio, grazie
all’intervento dei sistemi di difesa (che staccano 3.200 MW di pompaggi e
7.700 MW di carico) e della regolazione primaria dei generatori. Purtroppo,
però, di lì a poco diversi gruppi di generazione cominciano a scollegarsi per
diverse ragioni, sia elettriche (limite di sotto-eccitazione, minima frequenza:
in questo caso, spesso con scatto intempestivo rispetto ai valori imposti dal
Gestore della rete), sia termodinamiche (minima pressione in caldaia di im-
pianti a vapore, massima temperatura fumi di gruppi turbogas).
La perdita di generazione comporta una sollecitazione maggiore per i
gruppi rimasti in servizio: si innesca così un processo di scatto in cascata dei
generatori che conduce rapidamente al collasso di frequenza e al blackout
generalizzato, non appena la frequenza raggiunge la soglia minima di 47,5
Hz. Il funzionamento “in isola” dopo la separazione dalla rete UCTE è durato
solo 2 minuti e mezzo. L’energia non fornita a seguito del blackout è stata
stimata intorno a 180.000 MWh.

I problemi che hanno portato al blackout, e le difficoltà riscontra-


te nel ripristino, sono stati sistematicamente affrontati da TERNA che
negli anni successivi ha migliorato le procedure per la prevenzione e
gestione dei blackout.

Blackout europeo del novembre 2006


I disturbi nei sistemi elettrici interconnessi si possono propagare
da una zona all’altra della rete di trasmissione: il rischio di un blackout
esteso a gran parte dell’Europa è remoto, ma reale. Il disservizio del 4
novembre 2006 portò a un passo dal blackout totale della rete europea
continentale e interessò anche utenti del territorio italiano. L’analisi
dell’UCTE [9] è sintetizzata di seguito.

La sera del 4 novembre 2006, una manovra eseguita da un operatore di


sala controllo della Eon Netz, il TSO della Germania settentrionale, causò

7 La Sicilia si scollegò per il tempestivo intervento di un dispositivo del


piano di difesa, installato in seguito al blackout del 2003; la Sardegna non
subì ripercussioni, perché è connessa al sistema continentale in modo
asincrono attraverso un collegamento in corrente continua, per cui risulta
disaccoppiata rispetto ai disturbi.

28
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

FIGURA 2.5 Separazione del sistema UCTE in tre sottosistemi (4 novembre 2006).

NORD-EST

OVEST

SUD-EST

Area 1 under-frequency
Area 2 over-frequency
Area 3 under-frequency

un processo incontrollato di scatti in cascata di collegamenti, fino alla sepa-


razione della rete UCTE in tre isole elettriche. Poiché l’Italia continentale si
trovava in un’area in deficit di potenza7, si registrò anche nel nostro Paese
l’intervento degli alleggeritori automatici di carico. Il disservizio nacque in un
contesto di lacune informative fra TSO e inadeguatezza degli strumenti di
analisi della sicurezza.
La successiva riconnessione fra le aree fu resa difficoltosa dalla presenza
di ingente generazione eolica nell’area in sovrafrequenza. Questa fu la prima
occasione in cui vennero alla ribalta i problemi di gestione del sistema elettri-
co, causati dalla generazione rinnovabile.

Andris Piebalgs, ex commissario europeo responsabile per l’ener-


gia (2004-2009), a seguito dell’evento ha dichiarato8: “L’Europa dovrebbe
trarre degli insegnamenti da questo episodio che ha lasciato milioni di
cittadini europei in vari Stati membri senza elettricità ed elaborare nor-
me di sicurezza più rigorose per le reti”.

8 IP/07/110 - Bruxelles, 30 gennaio 2007 “I principali insegnamenti da trarre


dal blackout di novembre 2006”.

Resilienza del sistema elettrico 29


2

Blackout a seguito della tempesta Klaus tra Francia e Spagna


(24 gennaio 2009)
Gli eventi citati non sono certo isolati: negli ultimi venti anni si sono
verificati diversi blackout importanti in varie parti del mondo. Di segui-
to si riporta, a titolo di esempio, un caso caratterizzato da danneggia-
menti all’infrastruttura fisica (Francia-Spagna 2009 [10][1]).

Con una velocità del vento rilevata fino a 183 km/h, la tempesta Klaus
ha colpito una vasta area sul confine tra Francia e Spagna il 24 gennaio
2009. Le conseguenze sulla rete di trasmissione sono state ingenti: 69 linee
colpite per un totale di 176 danneggiamenti, con 35 supporti abbattuti (20
pali di cemento e 15 tralicci, di cui 30 collassati per caduta di alberi) e 141
supporti compromessi (119 pali di cemento, 22 torri a traliccio, dei quali
134 danneggiati da caduta di alberi). Il 99 per cento dei danni ha riguar-
dato la rete di alta tensione. L’88 per cento dei danni ha riguardato le linee
su pali di cemento su aree con velocità del vento superiori a 140 km/h.
L’impatto sul sistema di trasmissione francese è consistito:

■■ in un indebolimento della zona sud-ovest. In particolare nella zona di


Tolosa diverse linee a 400 kV sono scattate tra le ore 12 e le 14 e l’ope-
ratore della rete di trasmissione ha limitato la potenza della centrale
nucleare di Golfech per evitare problemi di stabilità. Circa 300 MW di
carico sono stati staccati nella zona di Perpignan per 7 ore e il carico
è stato ripristinato utilizzando l’interconnessione con la Spagna attra-
verso la linea Baixas-Figueres;
■■ nello spegnimento di 115 sottostazioni (di cui una a 400 kV e due a
225 kV) e di 116 linee aeree (di cui 6 a 400 kV e 10 a 225 kV). Le inter-
ruzioni hanno causato una perdita totale di carico pari a 800 MW, la
perdita di 100 MW di generazione in reti di distribuzione, e un’energia
non fornita totale di 10,1 GWh.

Sul sistema di trasmissione spagnolo la tempesta ha provocato il crollo


di 25 tralicci, di cui 17 appartenenti alla rete a 400 kV e 8 alla rete a 220 kV.
Il processo di ripristino, suddiviso in tre fasi (ri-energizzazione e recupero
della connessione di tutte le sottostazioni, ripristino della sicurezza delle linee
aeree, riparazioni finali) è durato circa tre mesi.

9 North American Electric Reliability Corporation, l’ente regolatore


nordamericano.

30
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

FIGURA 2.6 Percentuali delle principali cause associate ai disturbi sulla rete di
trasmissione nel sistema elettrico UCTE (Europa continentale) per il 2008.

12%
Sovraccarico
Scatto inatteso 20%
Guasto in dispositivo
di protezione 9%
o altro elemento
Eventi esterni
(animali, alberi,
incendi, valanghe) 10%
Condizioni eccezionali
(meteo, disastro 16%
naturale)
Altre ragioni
10%
Ragioni sconosciute

23%

..
2 3 2 Quali sono le cause dei blackout?
Caratterizzare i blackout in termini di tipologie di cause, frequen-
za, energia non fornita e tempo di ripristino, è molto interessante per
orientare gli interventi migliorativi sul sistema. Nell’ambito del progetto
europeo di ricerca AFTER – A Framework for electrical power sysTems
vulnerability identification, dEfense and Restoration (2011-2014) coordinato
da RSE [12] è stata condotta un’analisi dei dati disponibili relativi ai dis-
servizi nei Paesi dell’UE dal gennaio 2002 a giugno 2011, e dei dati del
NERC9 nel periodo 2001-2009. È emerso che:

1. le condizioni meteorologiche avverse (come tempeste, uragani) e


agenti esterni (come incendi, caduta di alberi e animali) rappre-
sentano le cause più importanti di interruzioni negli Stati Uniti
(con percentuali intorno al 50-60 per cento). In Europa la situa-
zione è diversa: i guasti delle apparecchiature sono importanti
quanto (o anche più importanti) degli eventi naturali;
2. in Europa più del 10 per cento delle cause sono sconosciute,
mentre negli Stati Uniti l’identificazione delle cause dei disturbi
è molto più precisa e dettagliata;
3. già nel 2001 il NERC ha evidenziato che il 6 per cento di distur-
bi era stato causato da attacchi fisici umani, tra i quali l’attacco
dell’11 settembre 2001.

Resilienza del sistema elettrico 31


2

A titolo esemplificativo, la Figura 2.6 mostra l’effetto delle principali


minacce, come percentuale del numero totale di eventi, sui disturbi del-
la rete UCTE (ora ENTSO-E Europa continentale – CE) nel 2008.

Elaborazione RSE su dati ENTSO-E


In questi ultimi anni, con l’installazione di impianti di generazione
da fonti rinnovabili (in particolare i fotovoltaici) di grande capacità (de-
cine di GW nominali), si sono presentate nuove situazioni di vulnerabi-
lità del sistema elettrico. Infatti, i sistemi di interfacciamento di questi
impianti verso la rete elettrica non erano stati progettati tenendo in con-
to l’elevatissimo livello di penetrazione che questi avrebbero avuto nel
tempo, e si sono presto rivelati inadeguati per garantire la salvaguardia
del sistema elettrico in caso di disturbi [13].
Queste criticità, che avrebbero potuto portare a blackout estesi in ca-
so di eventi rari ma realistici, sono state, almeno in parte, risolte grazie
a interventi massicci di adeguamento (retrofitting) degli impianti fotovol-
taici in Italia e in Germania.

..
2 3 3 Come si sviluppa un blackout?
Per rispondere a questa domanda occorre chiamare in causa com-
plessi fattori ambientali, tecnici, tecnologici e umani. Seppure, sotto certi
aspetti, ogni disservizio faccia storia a sé, in molti casi esistono dei denomi-
natori comuni sulle cause e le modalità dei blackout. Essi sono conseguen-
za del distacco dalla rete elettrica di componenti essenziali, dovuta a gua-
sti o ad altri fenomeni che comportano la violazione dei limiti di sistema.
Possiamo sintetizzare e generalizzare le cause e l’evoluzione dei
blackout richiamando i seguenti fatti (schematizzati anche nella Figura 2.7).
Generalmente, in presenza di un sistema elettrico molto sollecitato
(carico elevato, cospicui transiti di potenza fra diverse aree della rete) e
con scarsi margini di sicurezza (tipicamente alla presenza di componenti
fuori servizio, di generazione al limite della propria capacità o di quella
della rete a cui è collegata), uno o più guasti inattesi causano una situazio-
ne di violazione (ad esempio: il superamento della massima capacità di
trasporto di una linea) che porta il sistema in una situazione di degrado.
Molte volte, almeno inizialmente, il processo verso il blackout è len-
to: per esempio, lo scatto di un collegamento sovraccarico può avvenire
dopo decine di minuti dal manifestarsi di un sovraccarico persistente.
In tali situazioni sarebbe possibile adottare contromisure adeguate.
Questo però non sempre accade. Per esempio, se la gravità della
situazione non viene percepita dall’operatore oppure se le misure cor-

32
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

FIGURA 2.7 Schema generale che mostra i meccanismi di scatti in cascata


che portano al blackout. Adattato da [14]

SISTEMA ELETTRICO OPERANTE


ENTRO I PARAMETRI DI PROGETTO

Evento iniziatore: Riadeguamento del sistema


– dispositivo che guasta con azioni da parte degli
– linea scatta per malfunzionamento del relé operatori (intervallo temporale:
– linea scatta per sovraccarico/contatto decine di minuti fino a ore)
di albero/guasto

Azione di controllo adeguata Sistema stabile


automatica/manuale (intervallo
SI ma in stato di emergenza
temporale: secondi fino a minuti)
Controlli automatici
adeguati
(distacco carico NO
per sottofrequenza
e/o sottotensione,
controlli coordinati
Stadi finali del collasso:
dello smorzamento)
– separazione del sistema Eventi secondari mutuamente
in isole incontrollate esclusi (a bassa probabilità)
– collasso di frequenza per elevato
sbilancio carico/generazione Prima del riadeguamento
nelle isole del sistema, accade
– collasso di tensione un secondo evento rilevante
per mancanza di potenza reattiva

PUNTO DI NON RITORNO

Scatti in cascata:
– guasto addizionale ai dispositivi
o malfunzionamento
– scatti in cascata di linee
sovraccariche
– separazione del sistema
per problemi di stabilità

Blackout

rettive intraprese non sono adeguate. Ciò può essere dovuto a problemi
nelle dotazioni di supporto all’operatore (lacune o guasti nei sistemi di
monitoraggio e negli strumenti di analisi e valutazione degli interventi
correttivi), scarso coordinamento fra operatori, vincoli giurisdizionali,
insufficiente addestramento.
Il sopraggiungere di un secondo guasto, mentre il sistema è ancora
in uno stato critico, fa degenerare la situazione. Subentrano allora ele-
vati sovraccarichi sulle linee, fenomeni di instabilità di tensione, scatti
in cascata di collegamenti e impianti di generazione. La situazione può

Resilienza del sistema elettrico 33


2

essere aggravata da guasti latenti, ossia interventi intempestivi o man-


cati interventi dei sistemi automatici di protezione, causati da malfun-
zionamenti delle apparecchiature o da impostazioni non corrette delle
logiche di controllo.
In seguito alle aperture incontrollate dei collegamenti, la rete si
separa in isole elettriche, ciascuna caratterizzata da squilibri fra ge-
nerazione e carico, con il conseguente intervento dei relè di alleg-
gerimento di carico nelle aree in deficit di potenza. Gli impianti di
generazione possono a loro volta scollegarsi dalla rete intempestiva-
mente, per problematiche sia elettriche sia di processo, aggravando
ulteriormente la situazione.
La crescente penetrazione della generazione distribuita e della ge-
nerazione da fonte rinnovabile non programmabile è a sua volta pos-
sibile causa di criticità: se non adeguatamente interfacciati alla rete,
questi generatori si staccano dalla rete all’insorgenza delle perturba-
zioni, facendo così mancare il loro supporto; oppure, laddove restino
connessi, contribuiscono solo parzialmente alla regolazione10.
La progressiva perdita di generazione innesca un fenomeno di di-
sconnessione a cascata dei generatori, che conduce al collasso com-
pleto del sistema.

..
2 3 4 Come si misura l’impatto di un blackout?
Certamente l’interruzione dell’erogazione di energia elettrica può
avere pesanti ricadute:

■■ le ricadute immediate dipendono molto dalle dimensioni e dalla


durata del blackout. La durata dipende dalla capacità di pianifica-
zione e gestione delle operazioni di ripristino da parte dei gestori
di rete coinvolti. L’accessibilità del territorio ed altre considera-
zioni geografiche possono influire sulla durata degli interventi di
rimessa in servizio dell’infrastruttura;
■■ gli effetti a lungo termine dipendono dall’organizzazione sociale
colpita e cioè dal suo grado di sviluppo (consumi), dalla vocazione
produttiva del territorio, dal livello culturale, che spesso influisce
sulle stesse capacità di gestione dell’emergenza. Tutto ciò rende

10 Come ricordato in precedenza, nel sistema elettrico italiano e in altri sistemi


elettrici è richiesto il contributo di regolazione per sovrafrequenze severe
(superiori a 50.3 Hz), mentre la regolazione per sottofrequenza non è prevista
in quanto comporterebbe una perdita di energia primaria.

34
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

Energia non fornita

L’Energia non fornita (Energy Not Served - ENS) netta può essere valutata confrontando il diagramma
previsionale di carico, preparato per la giornata, con l’andamento effettivo della potenza fornita. Con
riferimento alla Figura 2.8, l’energia non fornita è rappresentata dall’area tratteggiata, compresa fra la curva
previsionale e quella realmente registrata.
La quantificazione economica dell’impatto può essere ottenuta moltiplicando la quantità di energia non
fornita a seguito di uno specifico evento di disservizio, per il suo costo unitario. Sebbene il costo dell’energia
elettrica non fornita vari sensibilmente a seconda del suo uso, una stima del suo valore medio è stata
indicata da AEEGSI in 3.000 euro/MWh (Deliberazione 28 maggio 2008 -ARG/elt 68/08).
Il valore del VENF è stato modificato dall’Autorità [15] nell’ambito della recente regolazione sulla
continuità del servizio di trasmissione elettrica. Nel caso della rete di trasmissione, la nuova regolazione
prevede rimborsi di 2.500 euro/MWh a seguito di interruzioni prolungate di utenti AAT e AT, e penalità/
incentivazioni di 15.000 euro/MWh relativamente al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento. Nel caso
invece della distribuzione, la valorizzazione dipende dal grado di concentrazione degli utenti e dalle fasce di
durata dell’interruzione, con valori da 4 centesimi di euro/minuto/kW fino a 48 centesimi di euro/minuto/kW.

FIGURA 2.8 Diagramma di carico e valutazione dell’energia non fornita.

Diagramma previsionale del carico


POTENZA

ENERGIA NON FORNITA

Termine
del processo
di ripristino

Fase di sviluppo
del blackout Processo di ripristino

TEMPO

complesso quantificare l’impatto di un blackout: se si può indicati-


vamente stimare il danno economico – ad esempio per la mancata
produzione industriale – altre conseguenze non si possono valuta-
re o semplicemente non hanno prezzo, come i disagi alla colletti-
vità o, soprattutto, i rischi per la vita delle persone.

Resilienza del sistema elettrico 35


2

FIGURA 2.9 Energia non fornita per disalimentazioni degli utenti


dal 2010 al 2014. [16]

4.500

4.000

3.500

3.000
MWh

2.500

2.000
ENS per altre cause,
MWh 1.500
ENS per incidenti
1.000
rilevanti, MWh
0
2010 2011 2012 2013 2014
Anno

Semplificando al massimo, possiamo dire:

■■ l’impatto sociale dei blackout si può esprimere indicando l’area


del disservizio, il numero di persone coinvolte e la durata del
disservizio;
■■ l’impatto economico si può valutare attraverso un indice tecnico,
l’energia non fornita (ENS – Energy Not Served) e con valorizza-
zioni convenzionali basate sul Valore dell’Energia Non Fornita
(VENF) secondo regole fissate da AEEGSI.

A titolo esemplificativo, la Figura 2.9 riporta i valori di energia


non fornita (ENS) annuale (in MWh/anno) per il periodo 2010-2014.
La figura mette in evidenza la ENS in occasione di eventi rilevanti
(cioè, interruzioni con ENS superiore a 250 MWh, considerando gli
effetti dei servizi di mitigazione prestati dalle imprese distributri-

11 Le vulnerabilità rappresentano quindi le “lacune” di robustezza di componenti


e sistemi, che, in presenza di minacce, possono comportare guasti o
malfunzionamenti.

36
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

FIGURA 2.10 Schema di interazione fra le minacce e il sistema elettrico.

CAUSE CONSEGUENZE
Barriere

Modesta
Naturali Moderata
p Interne
p Esterne

Antropiche CONTINGENZA Blackout


p Interne
p Esterne
p Non intenzionali
p Intenzionali Protezione Significativa
Critica
Prevenzione Correzione
Barrere fisiche Difesa Difesa
Catastrofica
Robustezza
dei componenti Ripristino
Ripristino
Impatto, anche scatti
Anche multiple, Conseguenze
Minacce Vulnerabilità in cascata
Impatto, anche scatti
Power/ICT
Contingenza singola Conseguenze
finali
Minacce Vulnerabilità in cascata
Ulteriori vulnerabilità
o multipla finali
Ulteriori vulnerabilità

ci). Il drastico abbassamento di ENS nel 2014 è dovuto all’assenza di


eventi rilevanti, mentre il maggior contributo da incidenti rilevanti
si riferisce all’anno 2012, anno in cui se ne sono verificati tre.

2.4 LA RESILIENZA – UN’EVOLUZIONE NECESSARIA

Come mostrato dagli esempi sopra riportati, disservizi più o meno


estesi possono accadere anche quando sia garantita l’affidabilità del si-
stema secondo i criteri consueti.
Molti fattori possono compromettere l’integrità e la funzionalità dei
componenti del sistema elettrico, sia quelli di potenza sia di quelli di In-
formation and Communication Technologies (ICT) usati nel controllo del
sistema stesso: nel linguaggio tecnico sono detti minacce. Per analizzare
il processo che conduce dalle minacce ai disservizi si può adottare lo
schema concettuale di Figura 2.10.
In accordo a questo modello, le minacce possono portare a una con-
tingenza (anche multipla) in ragione della vulnerabilità dei componen-
ti11, mentre una contingenza può produrre impatti più o meno severi
sull’infrastruttura o sul servizio.
L’impatto iniziale di una contingenza può infatti sollecitare ulteriori

Resilienza del sistema elettrico 37


2

Approfondimento regolatorio

La resilienza sta assumendo un peso significativo anche nel contesto


regolatorio. L’AEEGSI, nel documento per la consultazione 645/2017/R/EEL
“Incremento della resilienza delle reti di trasmissione e distribuzione dell’energia
elettrica - attività svolte e ulteriori orientamenti”, nell’ambito del procedimento
avviato con deliberazione 483/2014/R/eel e tenendo conto delle attività svolte
nell’ambito del “Tavolo Resilienza”, istituito con la determina 6/2016 [19], e che è
sfociato nelle Linee guida [20], ha illustrato gli orientamenti in materia di resilienza
delle reti di trasmissione e distribuzione, in un contesto di eventi meteorologici
frequenti, intensi e vasti, proponendo diverse ipotesi di regolazione.
In particolare il documento di consultazione pone l’accento sulla tenuta
alle sollecitazioni e sul ripristino:

“L’incremento della resilienza di un sistema deve essere investigato


su due versanti: 1) da una parte è possibile aumentare la tenuta alle
sollecitazioni elevando i limiti di progetto che individuano la capacità
infrastrutturale di resistere a sollecitazioni estreme, e 2) dall’altra si può
intervenire sulla efficacia e tempestività di ripristino, ovvero sulla capacità
gestionale del sistema di riportarsi in uno stato di funzionamento accettabile,
anche con interventi provvisori”.

Precisando che:

“La tenuta alle sollecitazioni e la capacità di ripristino di una rete


elettrica possono essere incrementate anche con iniziative di prevenzione e
mitigazione delle possibili conseguenze di fenomeni atmosferici severi. La
prevenzione comprende l’adozione di azioni di esercizio rete […] o di azioni
gestionali finalizzate al ripristino della fornitura […]. Anche la mitigazione
comprende l’adozione di azioni di esercizio rete […] o di azioni gestionali

vulnerabilità associate ad un funzionamento degradato del sistema, con


l’effetto di causare la perdita di ulteriori componenti (linee, gruppi di
generazione) e innescando un processo a cascata che può avere come
conseguenza finale il blackout.
I fenomeni meteo estremi rientrano fra le minacce che possono dar
luogo a contingenze multiple (N-k):

■■ quando più componenti vanno fuori servizio contemporanea-


mente per effetto della stessa minaccia. Per esempio, un allaga-

38
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

finalizzate al ripristino della fornitura”.

E sottolineando che:

“L’incremento della resilienza non può esaurirsi nelle sole azioni di


incremento della tenuta alle sollecitazioni, dal momento che un sistema
a elevata tenuta comporta maggiori costi (crescenti in modo più che
proporzionale rispetto agli incrementi attesi di tenuta alle sollecitazioni)
che potrebbero non essere giustificati in relazione ai benefici ottenibili,
ammesso che sia possibile stimare i benefici con un adeguato livello di
confidenza. È dunque solo attraverso un adeguato bilanciamento delle azioni
mirate all’incremento della tenuta alle sollecitazioni con le azioni mirate
al miglioramento del ripristino che sarà possibile migliorare le prestazioni
complessive di resilienza del sistema”.

Peraltro l’appendice A al documento per la consultazione 542/2017/R/eel,


che sintetizza il contenuto del piano di lavoro per l’incremento della resilienza
del 31 marzo 2017 trasmesso da Terna, prevede anche l’adozione di interventi
di prevenzione e mitigazione:
(i) installazione di dispositivi antitorsionali;
(ii) installazione di stabilizzatori di fase;
(iii) installazione di gruppi anti-icing e de-icing;
(iiii) modifiche preventive di assetto tramite riconfigurazioni, eccetera.

Pertanto, anche se in una fase iniziale l’Autorità è orientata all’incremento


della robustezza dell’infrastruttura e sulla tempestività del ripristino, non
esclude l’utilizzo di soluzioni di esercizio capaci di mitigare gli effetti delle
sollecitazioni e migliorare la capacità di ripristino.

mento può causare la perdita di un’intera cabina; due linee aeree


che corrono su una stessa palificazione (doppia terna) possono
essere perse entrambe, per il collasso dei tralicci causato da neve
o vento, oppure per il cortocircuito causato da un fulmine
■■ quando il guasto di un componente causa il fuori servizio di al-
tri componenti (dipendenza funzionale). Per esempio, un corto-
circuito di sbarra, causato da un fulmine, provoca l’apertura dei
componenti ad essa collegati (linee, trasformatori);
■■ quando più componenti, dislocati su un’area più o meno estesa,

Resilienza del sistema elettrico 39


2

Classificazione delle minacce

Le minacce che interessano il sistema elettrico possono riguardare:


■■ l’infrastruttura di potenza (linee aeree o in cavo, trasformatori, interruttori, trasformatori di misura,
sistemi di sbarre…);
■■ i sistemi ICT per il monitoraggio, controllo, protezione e difesa del sistema elettrico (apparati per
l’automazione e il controllo delle stazioni elettriche; sistemi di comunicazione basati su collegamenti
elettrici, in fibra ottica e radio per la trasmissione di segnali con altre stazioni o con i centri di controllo)
e possono essere classificate secondo diverse dimensioni (vedi Tabella 2.1):
■■ naturale o antropica (associata all’intervento dell’uomo). Le minacce antropiche possono ulteriormente
caratterizzarsi in minacce intenzionali o accidentali;
■■ esogena, dipendente da tutto ciò che è esterno al sistema elettrico, definito nel seguito come ambiente;
endogena, con origine all’interno del sistema elettrico stesso;
■■ fisica o funzionale12. La prima riguarda l’infrastruttura; la seconda le riduzioni o perdite di funzionalità,
che possono manifestarsi anche a infrastruttura integra.

TABELLA 2.1 Classificazione delle minacce

Minacce
all’infrastruttura Esterne (esogene) Interne (endogene)
di potenza
Naturali Fisiche: Neve, Ghiaccio, Fisiche: Invecchiamento
Fulmini, Inondazioni, Incendi, Funzionali: Insufficienti margini di stabilità
Alte temperature, Terremoti,
Animali…
Antropiche Non intenzionali fisiche: Non intenzionali fisiche: Errori di installazione,
Azioni di macchine operatrici, incidenti in occasione di lavori su impianti; Difetti
sistemi di irrigazione; di progettazione o realizzazione dei componenti
Collisioni con veicoli/aerei… Intenzionali fisiche: Azioni malevole degli operatori
Intenzionali fisiche: Furti, Non intenzionali funzionali: Errori di conduzione
Sabotaggi… del sistema da parte degli operatori

Minacce
Esterne (esogene) Interne (endogene)
ai sistemi ICT
Naturali Fisiche: Inondazioni, Fulmini, Fisiche: Guasti interni di sistemi ICT
Incendi, Alte temperature, Funzionali: Operazioni fuori range,
Terremoti, Animali… Obsolescenza dei sistemi

Antropiche Non intenzionali fisiche: Scavi, Non intenzionali funzionali: Errori di progetto
Collisioni con veicoli/aerei… delle funzionalità ICT (protezione, controllo…),
Intenzionali fisiche: Sabotaggi… Errori SW
Non intenzionali funzionali: Intenzionali funzionali: Azioni malevole
Problemi a sistemi ICT di terzi di operatori
Intenzionali funzionali: Attacchi
informatici

40
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

vanno fuori servizio in un intervallo ravvicinato di tempo a causa


di una minaccia estesa geograficamente. È il caso, per esempio, dei
cortocircuiti di linee per inquinamento salino o per fulminazione,
oppure dei danni all’infrastruttura causati da neve o vento forte.

Il panorama delle minacce, tuttavia, è molto più ampio: il box di


approfondimento ne propone una classificazione.
Il criterio di sicurezza N-1 (cfr. paragrafo 2.2) non garantisce il cor-
retto funzionamento del sistema a fronte di contingenze multiple che,
quindi, possono causare pesanti disservizi. Sfortunatamente, superare
il criterio N-1 per passare alla sicurezza N-k non è praticabile a causa
dei costi inammissibili richiesti per rendere il sistema sicuro rispetto
ad un ventaglio di contingenze decisamente più ampio e severo.
Per quanto detto sopra, è auspicabile che l’impatto delle minacce,
cioè il disservizio13, sia nullo o, per lo meno, sia proporzionato alla seve-
rità delle minacce stesse.
Per fare un passo avanti sostanziale in questa direzione, occorre
anzitutto definire in modo più completo i concetti relativi alla genesi
e all’evoluzione dei disservizi, per potere quindi intervenire sia sulla
capacità della rete di minimizzare l’effetto dei disturbi, sia sull’effica-
cia delle misure di ripristino una volta accaduti i disservizi.

Per questo si introduce il concetto di resilienza.

A livello internazionale non si è ancora arrivati a una definizione


pienamente condivisa di resilienza e di una modalità ed indicatore di mi-
sura. Le diverse proposte14, tuttavia, presentano elementi comuni che
permettono di formulare la seguente definizione operativa, che adatta
al sistema elettrico quella data in [17].

12 Le minacce funzionali non sono meno importanti di quelle fisiche. Ad esempio,


la perdita di stabilità del sistema elettrico può condurre a disservizi; gli attacchi
cyber da parte di hacker ai sistemi di comunicazione e elaborazione
delle informazioni comportano malfunzionamenti dei sistemi di automazione
o la perdita di osservabilità e controllabilità del sistema elettrico.
13 La quantificazione dei disservizi sarà ulteriormente approfondita
nel Capitolo 4.
14 Il Documento di consultazione della Strategia Energetica Nazionale 2017 [18]
definisce la resilienza come “(…) la capacità di un sistema non solo
di resistere a sollecitazioni che hanno superato i limiti di tenuta del sistema
stesso, ma anche la capacità di riportarsi velocemente nello stato
di funzionamento normale. L’efficacia di un sistema resiliente dipende
dalla sua capacità di anticipare, assorbire, adattarsi e/o rapidamente
recuperare da un evento estremo”.

Resilienza del sistema elettrico 41


2
Dall’affidabilità alla resilienza – Il perché

La resilienza è la capacità del sistema di reagire agli eventi pertur-


batori secondo due aspetti distinti, l’assorbimento dei disturbi, con un
potenziale di assorbimento che permette al sistema di adattarsi, mani-
festando una degradazione funzionale graduale al crescere della severità
degli eventi; il recupero rapido dai disturbi, con un potenziale di recupero
che permette di limitare il disservizio all’utenza.

In altri termini, un sistema resiliente è in grado di gestire gli eventi


che ne compromettono il funzionamento e che non sono compresi nei
criteri di sicurezza consueti, permettendo di minimizzare i disservizi
e la loro durata attraverso le capacità di assorbimento, adattamento e
recupero. In questo modo è possibile adottare requisiti di prestazione
ragionevoli anche a fronte di eventi estremi rispetto ai quali, come det-
to, non si può garantire la sicurezza.
Migliorare la resilienza del sistema elettrico richiede di rielaborare
in modo unitario e più approfondito i criteri di pianificazione e gestione
del sistema elettrico, migliorando la robustezza dell’infrastruttura e ren-
dendolo più sicuro, più flessibile e più adattativo.
Con riferimento al diagramma degli stati di esercizio riportato in
Figura 2.2, la resilienza si esplicita nel comportamento del sistema nei
suoi diversi stati. Un sistema è resiliente quando:

1. i componenti non si guastano: sono stati progettati in modo ro-


busto rispetto alle minacce e hanno subito una manutenzione
adeguata, che ne mantiene inalterate nel tempo le prestazioni
operative;
2. anche se alcuni componenti si guastano, il sistema nel suo com-
plesso continua a funzionare correttamente restando in uno stato
normale o di allerta: in questa situazione, il sistema presenta suf-
ficienti ridondanze e margini di sicurezza;
3. se si guastano molti componenti, il servizio degrada progressiva-
mente in modo controllato e adattativo grazie ai sistemi di difesa;
4. in caso di guasti estesi di rete e/o disalimentazione di carico, il
ripristino del servizio è effettuato rapidamente.

Ad esempio, per far fronte ad un evento severo limitando la pro-


pagazione dei disturbi e garantire il servizio nelle aree non colpite dal
disturbo, un sistema resiliente potrebbe separarsi in sotto-reti tramite
sistemi automatici di andata in isola controllata (controlled islanding).
Questi aspetti verranno esaminati nel Capitolo 5.

42
3 Criticità del sistema
elettrico – Il cosa

Abbiamo visto che la resilienza estende il concetto di affidabilità,


allargando il campo di osservazione alle cause profonde che provocano i
disservizi con l’obiettivo di offrire un approccio più completo al miglio-
ramento della continuità del servizio.
Di seguito si approfondiscono i fattori (cioè le minacce e le vulnera-
bilità) all’origine delle situazioni di degrado del sistema elettrico.

3.1 FATTORI NATURALI ESOGENI

In tutte le aree climatiche della Terra i fenomeni naturali estremi


provocano severe e lunghe perturbazioni al sistema elettrico e genera-
no gravi disservizi. Tali eventi si ripercuotono non solo sugli operatori
del settore (in termini di danni economici), ma su tutta la società. Al-
luvioni, tempeste di neve, fulmini, uragani, terremoti, mettono in crisi
le reti elettriche proprio nel momento in cui l’erogazione dell’energia
diventa fondamentale per il funzionamento di soccorsi, telecomunica-
zioni, ospedali e di tutto quanto serve a limitare i danni.
Le minacce ambientali rendono piuttosto probabile l’accadimento di
contingenze multiple ravvicinate nel tempo, tali da creare stati di funzio-

FIGURA 3.1 Statistiche su minacce meteo: contributi percentuali delle diverse cause
alle perturbazioni elettriche di origine meteo per le linee a 380 kV.

100

90

80

Vento 70
Vento salino 60
Neve e ghiaccio
50
%

Sovratensione
atmosferica 40
Inquinamento
30
Umidità
Nebbia 20
Incrostazioni saline
10
Alluvioni
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Mesi

Resilienza del sistema elettrico 43


3

TABELLA 3.1 Guasti e malfunzionamenti di origine naturale esogena.

Fattori ambientali Effetti Guasti-Disservizi

Temporali (precipitazioni, fulmini, Fulminazioni di linee/stazioni


vento forte) e trombe d’aria Rottura conduttori
Cortocircuiti tra fasi e verso terra Transitori e permanenti
Abbattimento sostegni
Perdita di impianti eolici
Scarsa piovosità Essiccamento del suolo Transitori
Contingenze multiple
Neve/ghiaccio Cedimento dell’isolamento
Rottura conduttori Transitori e permanenti
Abbattimento dei sostegni
Nebbia/vento salino/inquinamento Cedimento dell’isolamento Transitori e permanenti
atmosferico
Territorio (frane, smottamenti, Danni all’infrastruttura di rete Permanenti
terremoti)
Incendi boschivi Danni all’infrastruttura di rete
Apertura collegamenti Permanenti e transitori
per operazioni spegnimento
Animali Cortocircuiti Permanenti
Interruzione comunicazioni

namento di tipo N-k altrimenti statisticamente irrilevanti (Tabella 3.1).


Una vasta casistica mostra come il sistema elettrico italiano sia vul-
nerabile rispetto ad eventi naturali anche meno estesi e potenti di un
uragano caraibico o una tempesta di ghiaccio canadese. Possono ba-
stare una nevicata con caratteristiche termiche particolari, un intenso
temporale, una situazione di forte vento o una scarsa piovosità in una
regione per causare disservizi significativi, specialmente in regioni alta-
mente antropizzate.
Gli eventi naturali intensi non sempre sono classificati come cala-
mità naturali dall’Autorità Pubblica, che è maggiormente sensibile al
danno diretto ed esteso sulla popolazione più che al danno indotto dalla
sola interruzione elettrica.
Un’analisi statistica dei guasti di rete è stata sviluppata nell’ambito
della RdS [21], per correlare le condizioni meteo con i diversi tipi di gua-
sto nelle reti a 380 kV e 230 kV. La Figura 3.1 riporta un esempio relativo
all’area nord ovest per i tassi di guasto totali (permanenti e transitori).
In generale si può dire che oltre ai fulmini, sono le formazioni di

44
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

Previsione dei temporali

Attraverso le previsioni a breve termine (nowcasting) è possibile


prevedere l’evoluzione di un temporale, dal momento in cui l’evento
diventa osservabile mediante strumenti di telerilevamento come il radar
meteorologico e il satellite geostazionario MSG. Non è possibile fare una
previsione con largo anticipo dell’esatta localizzazione di simili fenomeni,
ma solo delle aree in cui è maggiore la probabilità di formazione di celle
temporalesche (Capitolo 6).

FIGURA 3.2 Statistiche delle fulminazioni in Italia (per anno e per km2)
in accordo con la Norma CEI 81-3.

4 f/ykm2
2.5 f/ykm2
1.5 f/ykm2

Resilienza del sistema elettrico 45


3

manicotti di neve e ghiaccio, i forti temporali e le trombe d’aria ad


avere un impatto rilevante sull’esercizio delle reti e sulla fornitura
di energia elettrica.

..
3 1 1 Temporali e trombe d’aria
Temporali e trombe d’aria interessano largamente il territorio na-
zionale. In particolare le zone caratterizzate da elevati contrasti termi-
ci, come le pianure del nord e le coste sono soggette alla formazione di
temporali estremamente localizzati e fenomeni di tipo vorticoso come
le trombe d’aria.
In presenza di un forte temporale si verificano alcuni fenomeni di
particolare intensità che mettono in seria difficoltà la resistenza di og-
getti al suolo, come tetti di case, linee elettriche, alberi e colture; le
precipitazioni intense di pioggia o grandine; il fulmine, dovuto all’elet-
trificazione della nube; il vento forte, provocato da repentini squilibri
dell’energia potenziale del sistema.
L’evoluzione di una cella temporalesca avviene tipicamente in qual-
che ora, e il suo raggio d’azione può estendersi da qualche chilometro
fino ad alcune decine di chilometri.

Precipitazioni
Le precipitazioni intense possono mettere a repentaglio il funziona-
mento di cabine elettriche a causa di allagamenti e infiltrazioni. Laddo-
ve i territori presentano situazioni di dissesto idrogeologico, le precipita-
zioni possono causare frane che coinvolgono le linee elettriche.

Fulmini
Durante un temporale particolarmente intenso possono cadere fino
a 30 fulmini/km2, valore molto più alto di quelli medi annuali riportati
nelle linee guida CEI 81-31 (Figura 3.2).
Le linee aeree e le stazioni all’aperto risultano soggette a fulmina-

1 In questa monografia si fa riferimento alla vecchia norma solo per dare una
indicazione di massima al lettore. Nel febbraio 2013 infatti è stata pubblicata
la nuova serie di Norme CEI EN 62305-1/4 (classificazione CEI 81-10/1-4)
relativa alla protezione delle strutture contro i fulmini. La serie si compone
di quattro Parti aventi ciascuna uno specifico campo di applicazione.
Contestualmente le linee guida CEI 81-3 sono state abrogate. La nuova
norma fa riferimento ai dati sulle fulminazioni derivate dal sistema SIRF del
CESI (http://www.fulmini.it/).

46
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

FIGURA 3.3 Distruzione di un auto-trasformatore, 400/150 kV da 250 MVA


e delle apparecchiature limitrofe, a causa del cedimento dell’isolamento
interno e del conseguente incendio dell’olio isolante, causati
da una fulminazione atmosferica. [22]

zioni, con conseguenti sovratensioni dirette ed indotte che possono


danneggiare i componenti e far scattare le protezioni: il tasso di guasto
chilometrico delle linee aeree aumenta di circa due ordini di grandezza
passando da condizioni di tempo favorevole a quelle di tempo avverso.
Per evitare danneggiamenti degli isolamenti dovuti alle sovraten-
sioni atmosferiche sono utilizzati opportuni sistemi di protezione.
Tuttavia, può accadere che in certi componenti, ad esempio trasfor-
matori, con qualche anno di funzionamento oppure con difetti laten-
ti, il dielettrico non sopporti la sollecitazione (Figura 3.3). La con-
seguenza può essere catastrofica, soprattutto per la stazione che la
ospitava, in quanto la bonifica del sito e, successivamente, la sostitu-
zione dei componenti richiedono molte settimane, con fuori servizio
prolungati che possono causare criticità di esercizio.

Vento forte
Seppur di breve durata e ridotta estensione, i temporali possono
raggiungere intensità tali da causare forti colpi di vento che agiscono

Resilienza del sistema elettrico 47


3

TABELLA 3.2 Classificazione delle trombe d’aria in base alla scala Fujita.

Grado Classificazione Velocità del vento Tipologia di danni associata


F0 Debole 105–137 km/h Danni ai camini, rami degli alberi spezzati, alberi abbattuti,
danni ai cartelloni e ai segnali stradali
F1 Moderato 138–178 km/h Danni ai tetti, macchine spostate, automobili in movimento
che sbandano e finiscono fuori strada
F2 Significativo 179–218 km/h Alberi sradicati, oggetti scagliati lontano a forte velocità,
tetti sollevati, capannoni scoperchiati, fabbricati senza
fondamenta devastati
F3 Forte 219–266 km/h Boschi rasi al suolo, auto trascinate o sollevate da terra,
possibilità di crollo di pareti di case
F4 Devastante 267–322 km/h Oggetti scagliati a notevole distanza, automobili sollevate
da terra e spostate per decine di metri, gravi danni alle case
con deboli fondamenta
F5 Catastrofico >322 km/h Auto spostate anche di centinaia di metri, sollevamento
automezzi pesanti, case distrutte, alberi distrutti e scortecciati,
danni importanti ad edifici in cemento armato.

direttamente sulle linee provocando il corto circuito se i conduttori


si toccano fra di loro o toccano masse a terra, spesso alberi; è anche
possibile l’accavallamento dei conduttori. I venti forti possono sol-
levare e scaraventare rami, cartelloni, tetti in lamiera sulle linee e
provocare la rottura di tralicci e conduttori.
Le sollecitazioni meccaniche causate dal vento sono inoltre causa
di fatica, che predispone i conduttori alla rottura. In alcuni casi, il
vento può arrivare ad abbattere i tralicci.
La variazione di velocità del vento può essere anche causa di mo-
difiche dei programmi di produzione della fonte eolica. Infatti, se il
vento supera la velocità massima ammissibile (velocità di cut-off, in
genere 25 m/s) si ha la fermata e la messa in sicurezza degli aeroge-
neratori. Esiste quindi un problema di bilanciamento tra produzioni
e carico dovuto alla non programmabilità delle fonti rinnovabili in
condizioni di tempo avverso.

Trombe d’aria
Le trombe d’aria si sviluppano generalmente all’interno di celle
temporalesche molto intense denominate supercelle. Sebbene inte-
ressino aree di dimensioni limitate, sono in grado di provocare danni

48
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

La tromba d’aria di Trezzo d’Adda

La tromba d’aria di Trezzo d’Adda del 29/07/2013 è stata un evento di intensità F2, con tetti e capannoni
scoperchiati, alcuni feriti, e danni stimati attorno ai 15 milioni di euro.
L’evento ha danneggiato una linea a 380 kV, a causa della collisione con lamiere di copertura dei
tetti dei capannoni della zona industriale, che sono stati scoperchiati (Figura 3.4). La Figura 3.5 mostra
un’osservazione radar dell’evento e mette in evidenza la struttura ad uncino che tipicamente accompagna le
celle temporalesche con associate trombe d’aria.

FIGURA 3.4 FIGURA 3.5

Tromba d’aria a Grezzago Tromba d’aria di Trezzo d’Adda


(Trezzo D’Adda) del 29/07/2013. osservata dal radar meteorologico
Fonte: merateonline del Bric della Croce (TO) di Arpa Piemonte.

importanti a causa dell’intensità distruttiva dei forti venti ad esse


associati. Per classificare le trombe d’aria si ricorre ad una scala di
intensità, detta scala Fujita, legata alla tipologia di danni prodotti al
suolo e mostrata in tabella.

Resilienza del sistema elettrico 49


3

Nevicate umide e formazione di manicotti di neve

Studi condotti da RSE direttamente [23] e in collaborazione [24] confermano che in Italia i fenomeni di wet
snow sono generalmente in aumento (vedi Figura 3.6). A fronte di una diminuzione delle nevicate totali (linea blu),
si registra un aumento delle nevicate umide (linea arancione). Questa tendenza è evidente a partire dalla metà
degli Anni ’80 e si riscontra sia in pianura sia in montagna, segno di un fenomeno esteso a tutto il territorio.

FIGURA 3.6 Numero di eventi di nevicata umida a Bologna


nel periodo 1951-2005.

BOLOGNA
25

20

15
N. eventi

10
Tutti gli eventi nevosi
Solo gli eventi 5
di wet snow
0
1955 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005
1951 1956 1961 1966 1971 1976 1981 1986 1991 1996 2001
Anno

FIGURA 3.7 Meccanismo di formazione progressiva di un manicotto


di neve su un conduttore. [25]

WIND

Durante gli eventi di nevicata umida, il flusso di precipitazione nevosa, per azione del vento, si deposita
sulla superficie laterale dei conduttori, prevalentemente in prossimità delle cavità tra i trefoli. Come
descritto in Figura 3.7, il baricentro risultante si sposta sul lato in cui la neve si è depositata allontanandosi
dal baricentro geometrico del solo conduttore, il quale ruota e favorisce progressiva deposizione della
neve. In questo modo il conduttore subisce una lenta rotazione e sulla sua superficie si forma via via un
manicotto. La limitata rigidezza torsionale dei conduttori è pertanto il principale meccanismo che conduce
alla formazione di un manicotto cilindrico di neve.

50
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

..
3 1 2 Neve e ghiaccio
Le formazioni di manicotti di neve o ghiaccio sui conduttori delle
linee elettriche sono il risultato dell’interazione fra vari fenomeni
meteorologici quali le nevicate umide, le nubi basse trasportate dal
vento e la pioggia sopraffusa sui conduttori.
FIGURA 3.8 Le nevicate non sono tutte uguali, e non tutti
Guasto permanente di una linea i tipi di neve danno luogo a manicotti: a seconda
a 400 kV in cui un sub-conduttore delle caratteristiche dei fiocchi, si può distingue-
del fascio trinato di una fase ha ceduto re fra neve asciutta e umida (dry snow e wet snow
meccanicamente a causa dal peso del rispettivamente). La loro pericolosità per le reti di
manicotto di ghiaccio e del forte vento. trasmissione e distribuzione è molto diversa:
Le dry snow avvengono con temperature infe-
riori a 0 °C e con fiocchi di neve con basso conte-
nuto di acqua liquida (Liquid Water Content, LWC).
In queste condizioni le formazioni di manicotti di
neve sui conduttori, caratterizzate da una densità
molto bassa (attorno ai 100 kg/m3), sono piuttosto
esigue e facilmente si ha il distacco della neve dal
conduttore (shedding).
Al contrario, le wet snow hanno luogo con una
temperatura dell’aria compresa tra 0 °C e +2 °C e
hanno una densità che può arrivare a 500 kg/m3. I
fiocchi sono caratterizzati da elevato LWC (tipica-
mente, valori di LWC circa 40 per cento rispetto alla
massa totale determinano la massima capacità di
crescita del manicotto), aderiscono facilmente tra
loro (coesione) e alla superficie esterna dei condut-
tori delle linee elettriche aeree (adesione).
L’accumulo di wet snow può condurre alla forma-

FIGURA 3.9

Conseguenze
di un sovraccarico
di neve su una linea
di media tensione.
Fonte: RETE8
Abruzzo, Linea MT,
evento del 17/01/2017

Resilienza del sistema elettrico 51


3

zione di pesanti manicotti sui conduttori, con sovraccarichi anche supe-


riori ai 20 kg/m. Questi carichi meccanici possono condurre al collasso
dei conduttori o delle funi di guardia, ma spesso anche degli stessi tralicci
o degli isolatori (Figura 3.8, Figura 3.9). Il peso del ghiaccio può anche
provocare la riduzione dei franchi tra i conduttori.
Un altro aspetto critico della formazione di manicotti è legato al mo-
mento del loro distacco dal conduttore: se questo avviene in maniera
massiva e rapida è possibile che il conduttore subisca una spinta verso
l’alto, con possibile contatto tra le fasi e conseguente innesco di un corto
circuito temporaneo o, nella peggiore delle ipotesi, di un guasto perma-
nente per accavallamento dei conduttori.
In Italia è preponderante il fenomeno dei manicotti dovuti a nevica-
te umide, mentre il ghiacciamento dovuto a nubi basse (in-cloud icing)
rappresenta un vero problema in Paesi come la Norvegia e il Canada2.
I blackout dovuti a wet snow possono durare da pochi istanti fino a
giorni interi, nel caso in cui occorra ripristinare infrastrutture danneg-
giate in zone impervie o difficilmente raggiungibili a causa della viabi-
lità compromessa. La neve può provocare anche altri effetti sul sistema
elettrico. È capitato che tormente di neve, composte da fiocchi molto
piccoli e freddi, abbiano causato interruzioni elettriche entrando nelle
feritoie delle cabine secondarie. L’interazione indiretta è invece causata
dalle piante che sovraccariche di neve si abbattono sui conduttori all’in-
terno delle fasce di rispetto.
Sempre nell’ambito delle condizioni meteorologiche avverse, le pre-
cipitazioni nevose possono provocare cortocircuiti a causa dell’accumulo
di neve sugli isolatori.

Previsione delle nevicate


Le nevicate sono prevedibili con buona attendibilità con qualche gior-
no di anticipo. I sistemi di previsione ed allerta meteo possono aiutare i
Gestori a valutare in anticipo un potenziale rischio di esercizio per la rete
elettrica, al fine di predisporre misure di emergenza qualora si preveda
l’eventualità di disservizi. Tuttavia, per qualificare e quantificare il rischio
meteorologico a cui è soggetta la rete occorrono informazioni meteorolo-
giche specifiche sulla tipologia di fenomeno: una previsione meteorologi-
ca tradizionale non è sufficiente a evidenziare il rischio di formazione dei
manicotti di neve sui conduttori, perché non identifica il tipo di nevicata.

2 Un’ampia rassegna sul fenomeno atmosferico dell’icing su strutture e,


in particolare, sui conduttori di linee elettriche aeree overhead lines
è riportata nelle TB 438 e TB 631 dello Study Committee B2 del CIGRE.

52
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

Azione combinata tra vento e manicotti di neve e ghiaccio

In presenza di vento, le formazioni di ghiaccio esercitano sulla linea


FIGURA 3.10 un’ulteriore forza dovuta all’incremento della sezione trasversale
Accavallamento del conduttore esposta al vento. Oltre a questa azione, che contribuisce
(galloping) alle sollecitazioni di tipo statico, ve n’è un’altra, di tipo dinamico,
tra due fasi che porta a formare manicotti fortemente asimmetrici. Questi conferiscono
di una linea al conduttore un profilo alare che dà origine ad una forza portante (come
di alta tensione. nel caso dell’ala di un aereo), che può provocare
grosse oscillazioni in direzione (prevalentemente)
verticale. Questo fenomeno può perdurare per ore
(anche giorni) provocando interruzioni di energia
per contatti tra le fasi delle linea e, nei casi
di maggiore durata, fenomeni di rottura (per fatica)
su conduttori, morsetteria, isolatori e sostegni.
In Italia questi fenomeni, che non assumono
i caratteri estremi tali da portare alla distruzione
della linea, si sono manifestati in zone ben definite
e hanno portato anche all’accavallamento tra le fasi
di una linea, con conseguente fuori servizio
della stessa (Figura 3.10).

Questa informazione, invece, è essenziale poiché, come si è visto, non


tutte le nevicate producono danni alla rete elettrica.
In generale, per far fronte alle sollecitazioni derivanti da ghiaccio
e vento si ricorre alla progettazione delle linee in grado di resistere ai
valori tipici di sovraccarico massimo. In alcuni Paesi, frequentemen-
te soggetti ad elevatissimi sovraccarichi da neve e ghiaccio, si ricorre
anche a soluzioni in grado di contenere l’accrescimento dei manicotti
(vedi Capitolo 5).

..
3 1 3 Inquinamento salino
La formazione di scariche elettriche sugli isolatori è fra i fenomeni
più temuti per le linee aeree di trasmissione situate in specifiche aree
[26][27][28]. Il cedimento dell’isolamento può essere causato dalla com-
binazioni di umidità (nebbia, pioviggine, neve o rugiada), inquinamento
atmosferico, vento salino. I depositi di salsedine sugli isolatori si veri-

Resilienza del sistema elettrico 53


3

FIGURA 3.11 FIGURA 3.12

Erosione del fusto di un isolatore Ossidazione di terminazioni metalliche


composito per effetto delle correnti per effetto delle correnti superficiali
superficiali dovute a inquinamento. dovute a inquinamento.

ficano in prossimità della costa durante periodi di burrasca e siccità, la


successiva umidificazione di tali depositi porta alla scarica elettrica con
conseguente interruzione della fornitura.
La tenuta dielettrica di un isolatore diminuisce in presenza di agenti
contaminanti conduttivi che, accumulandosi sulla sua superficie, portano
alla formazione di uno strato superficiale composto da sostanze solubili
(solfati, nitrati, cloruri) frammiste a sostanze non solubili (sabbia, argilla,
sostanze oleose). Finché lo strato si mantiene asciutto non si rilevano so-
stanziali alterazioni nelle prestazioni delle superfici isolanti contaminate.
È possibile però che le superfici si inumidiscano. Allora le sostanze solu-
bili presenti sullo strato superficiale si dissociano in ioni: lo strato assume
caratteristiche conduttive che dipendono dalla quantità e dalla tipologia
delle sostanze che compongono lo strato stesso3. In alcuni punti si cre-
ano delle differenze di potenziale sufficienti a innescare archi elettrici

3 La presenza di sostanze inerti, non solubili, può aggravare ulteriormente


il processo. Da un lato, infatti, tali sostanze favoriscono l’adesione dello
sporco sulla superficie; dall’altro, i composti inerti possono assorbire vapore
acqueo direttamente dall’aria, aumentando il rischio che i sali igroscopici
adesi allo strato, come cloruri e solfati, possano umidificarsi formando
una superficie conduttiva anche in assenza di pioggia o nebbia.
4 Queste scariche sono dovute ad una alterazione della distribuzione
della tensione lungo la superficie isolante, a sua volta causata
dalla disomogeneità dello strato superficiale e dall’azione di essiccamento
localizzato dovuto alle correnti superficiali.

54
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

parziali; questi possono evolvere fino alla scarica totale4 con conseguente
disconnessione della linea dalla rete (Figura 3.11 e Figura 3.12).
Le piogge abbondanti ripuliscono il deposito sull’isolatore. In assen-
za di precipitazione, uno dei rimedi generalmente adottati è la pulizia
degli isolatori contaminati. Questo intervento può essere effettuato solo
quando la linea è scollegata dalla rete. L’apertura di collegamenti rende
la rete più vulnerabile e può condurre a disservizi per gli utenti. Ciò
vale nel caso di interventi di manutenzione, ma soprattutto nel caso
di fuori servizio improvvisi causati dalla scarica degli isolatori. Quando
il fenomeno di contaminazione ha una copertura spaziale elevata e si
protrae nel tempo, i collegamenti soggetti a fuori servizio possono es-
sere numerosi e provocare disservizi significativi (vedi paragrafo 2.3.1).
I contaminanti coinvolti nel processo descritto possono essere natu-
rali o di origine antropica: i primi sono dovuti principalmente a parti-
celle di sale marino (NaCl), i secondi sono generati dalle attività umane
(attività agricole e industriali, trasporto su strada, eccetera). L’inquina-
mento di tipo marino è predominante in Italia, mentre quello indu-
striale è frazionato in aree di estensione relativamente modeste. Inoltre
le particelle di NaCl hanno un’elevata igroscopicità, rendendo questo
composto particolarmente attivo anche a bassi livelli di umidità.
È chiaro, quindi, che l’ambiente in cui l’isolante deve operare, in-
sieme alle caratteristiche dell’isolatore stesso, determinerà la severità
dell’inquinamento sulla superficie e la probabilità che si verifichi una
scarica [29]. La possibilità di conoscere le aree territoriali a maggior ri-
schio d’inquinamento è fondamentale per un’efficace pianificazione di
azioni volte a incrementare la resilienza del sistema.

..
3 1 4 Ondate di calore e siccità
Le linee di distribuzione possono risentire di periodi prolungati
di alte temperature e mancanza di precipitazioni, che provocano un
surriscaldamento e inaridimento del suolo, particolarmente danno-
so non solo per le linee interrate, ma anche perché aumentano la
possibilità di corti a terra per le linee aeree.

..
3 1 5 Terremoti
La rete nazionale è esposta al rischio di interruzioni di servizio ge-
nerate da eventi sismici. Questi infatti scuotono i componenti, in parti-
colare nelle stazioni elettriche, con conseguenze che vanno dallo scatto

Resilienza del sistema elettrico 55


3

Come valutare il rischio sismico della rete nazionale


FIGURA 3.13

Mappa sismica. La Carta di pericolosità sismica dell’Italia,


elaborata nel 2004 sulla base degli eventi riportati
nel Catalogo dei terremoti CPT104, mostra come
il rischio sismico interessi una grande estensione
del territorio nazionale e quindi, potenzialmente,
una larga porzione della rete elettrica nazionale.
La sismicità è particolarmente intensa lungo
la dorsale appenninica del Centro-Sud e nelle aree
pedemontane del Friuli, dove si sono storicamente
verificati i più recenti e intensi fenomeni tellurici.
La zonazione sismogenetica ZS9 elaborata
dall’INGV, fornisce i presupposti geo-strutturali
per la quantificazione, in termini probabilistici,
dell’intensità sismica in un determinato luogo,
informazione essenziale per lo studio della
vulnerabilità dei componenti elettrici (si veda
paragrafo 3.2.1).

delle protezioni dei trasformatori fino alla rottura dei colonnini isolanti
delle apparecchiature.
I rilievi effettuati immediatamente dopo le manifestazioni sismiche
di Friuli 1976, Irpinia 1980, Marche e Umbria 1998 e Basilicata 2000
hanno chiaramente mostrato come gli impianti AT e AAT abbiano su-
bito danni direttamente correlabili all’azione sismica, che hanno provo-
cato interruzioni del servizio. A questi danni si dovrebbero aggiungere
quelli, indiretti, generati da smottamenti innescati dal terremoto. Certa-
mente in questi casi l’intervento immediato delle squadre di manuten-
zione, come è avvenuto nel caso del terremoto di fine 2016 in Abruzzo,
può ridurre alcuni degli effetti più dannosi dei sismi.
Il danno diretto del terremoto è rappresentato dalla perdita dei com-
ponenti di rete; il danno indiretto riguarda l’interruzione del servizio, che
si verifica per l’impatto sulla rete dei guasti dovuti all’evento sismico.
Per prevenire i danni al sistema elettrico causati da eventi sismi-

56
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

La vulnerabilità sismica delle apparecchiature di rete

La vulnerabilità sismica delle apparecchiature [31] è la suscettibilità dei suoi singoli elementi a venire
danneggiati da un terremoto caratterizzato da un definito spettro di eccitazione.
La vulnerabilità dipende pertanto dalle caratteristiche strutturali (vincoli, materiali e geometria)
dell’elemento, che ne determinano la risposta dinamica e la resistenza, oltre che, naturalmente,
dall’intensità del sisma, espressa in termini di accelerazione al terreno e dal suo contenuto spettrale
(ampiezza delle componenti dell’eccitazione alle varie frequenze).
Nella valutazione della vulnerabilità non si può prescindere da considerazioni probabilistiche associate
alla risposta strutturale degli elementi.
Ogni apparecchiatura, quindi, risponde a proprio modo ad uno stesso pericolo sismico. Tuttavia, sotto
certe condizioni, è possibile raggruppare le apparecchiature per tipologia e definire un comportamento
sismico medio di quest’ultima attraverso la determinazione della rispettiva curva di fragilità (Figura 3.14).
Questa rappresenta la probabilità che un’apparecchiatura appartenente a una determinata tipologia
sopravviva ad un’eccitazione sismica di definita accelerazione. È chiaro che la vulnerabilità sismica della rete è
funzione di quella delle apparecchiature concentrate nei suoi nodi, rappresentati in genere dalle sottostazioni.

FIGURA 3.14 Curve di fragilità.


1

0,9

0,8

0,7
Probabilità di collasso

Ceramica I 0,6
Tirafondi 0,5
Ceramica III - sez.
0,4
sup
Sostegno acciaio 0,3
pf_elast 0,2
Sostegno acciaio
0,1
elasto_pl
0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
ASP (I) [g]

ci è possibile adottare accorgimenti che riducono la vulnerabilità di


singole apparecchiature o insiemi di queste, traslando le curve di
fragilità (vedi i box di approfondimento) verso valori più elevati di
accelerazione. Tecniche come l’isolamento sismico, la cui efficacia è
ampiamente dimostrata, sono ormai consolidate.

Resilienza del sistema elettrico 57


3

I rischi dell’esposizione del territorio italiano ai terremoti e la


preoccupazione per la vulnerabilità delle opere strutturali, incluse
le infrastrutture di servizio, sono stati ribaditi in occasione dell’emis-
sione delle disposizioni legislative relative all’applicazione dell’ordi-
nanza del Presidente del Consiglio dei ministri 20 marzo 2003, che
recepisce i criteri di progettazione anti-sismica adottati in Europa
con l’Eurocodice 8 [30].

..
3 1 6 Incendi boschivi
Anche gli incendi boschivi possono provocare disservizi accidentali
o messe fuori servizio di porzioni di rete a scopo preventivo per con-
sentire le operazioni di spegnimento. Ciò può provocare il sovraccarico
di altri collegamenti specialmente in condizioni di elevato fabbisogno
come nei periodi estivi in cui gli incendi sono frequenti e la portata
delle linee è ridotta per l’elevata temperatura atmosferica. Gli incendi
boschivi possono rientrare nei fenomeni naturali, quando le particolari
condizioni climatiche influenzano la loro estensione e durata.

..
3 1 7 Minacce di origine animale
Gli animali possono provocare cortocircuiti all’interno di stazioni o
lungo il percorso di linee elettriche, e interrompere le linee di comuni-
cazione per il controllo del sistema elettrico.
In particolare, l’azione di roditori può danneggiare sia la circui-
teria dei sistemi di protezione, provocando interventi intempestivi,
sia i fasci di fibre ottiche in cui circolano i segnali per il controllo,
impedendo permanentemente comunicazioni e manovre (Figura
3.15). I volatili possono causare cortocircuiti di linee aeree, a causa
del guano che inquina gli isolatori o, nel caso di aperture alari molto
grandi, a causa di contatti con i conduttori.

..
3 1 8 I cambiamenti climatici
L’intensità e la frequenza di eventi meteo estremi, come le nevi-
cate umide, le trombe d’aria, i temporali e le ondate di calore dipen-
dono da diverse variabili meteorologiche (quali temperatura, vento
e precipitazione) che in queste ultime decadi stanno cambiando in
modo significativo.

58
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

FIGURA 3.15 Fascio di fibre ottiche danneggiate da roditori all’interno


di un armadio di comunicazione di una stazione elettrica. [22]

Più in generale, fenomeni atmosferici quali l’innalzamento ter-


mico, la variazione del regime pluviometrico, la riduzione dei ghiac-
ciai, l’intensificazione degli eventi meteorologici estremi stanno pro-
vocando gravi danni all’ambiente e alla società, oltre che al sistema
elettrico. L’evidenza di significativi cambiamenti climatici in atto
trova fondamento in molte analisi scientifiche indipendenti, dedotte
da osservazioni del sistema climatico, da archivi paleo-climatici, da
studi teorici relativi ai processi meteorologici, nonché da simulazio-
ni modellistiche.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) afferma in
[32] che il riscaldamento del Pianeta è inequivocabile e che, dal 1950,
molte delle variazioni osservate risultano senza precedenti rispetto a
quanto successo nei secoli passati. Inoltre, non solo si stanno verifi-
cando variazioni climatiche non trascurabili ma altre, di entità anche
maggiore, potranno accadere nel medio termine.
L’allarme viene dato anche dall’European Environment Agency
(EEA) [33] che documenta variazioni da record osservate proprio ne-
gli ultimi anni a scala globale, con un aumento della temperatura
globale di 0,8 °C rispetto ai valori dell’era preindustriale e, in modo
ancora più accentuato a scala europea, rispetto alla quale l’innalza-

Resilienza del sistema elettrico 59


3

mento termico registrato nell’ultima decade risulta di ben 1,3 °C.


L’Europa e, in particolare, il bacino del Mediterraneo dovranno far
fronte nei prossimi decenni, per effetto dei cambiamenti climatici,
ad impatti particolarmente negativi. La combinazione di questi cam-
biamenti con le pressioni antropiche sulle risorse naturali, rendono il
Mediterraneo una delle regioni più vulnerabili d’Europa.
Per contenere i danni previsti, a livello internazionale, si stanno
intraprendendo azioni di mitigazione volte a eliminare o, almeno, a
ridurre l’emissione dei gas-serra responsabili dei cambiamenti cli-
matici, in un programma a lungo termine di sviluppo sostenibile
che, dopo la COP215, prospetta una sostanziale transizione verso
un’economia verde con l’obiettivo di contenere il riscaldamento glo-
bale entro 1,5 °C.
I danni e i costi legati agli eventi estremi rendono necessario
intervenire al più presto con azioni di adattamento. Se le strategie di
mitigazione sono per loro natura globali, le strategie di adattamen-
to devono necessariamente compiersi a livello locale e regionale. È
stato stimato che in Europa il danno derivante da mancate azioni di
adattamento potrebbe raggiungere i 100 miliardi di euro nel 2020 e
i 250 miliardi di euro nel 2050 [34][35] con costi economici e sociali
particolarmente significativi laddove gli eventi meteorologici estre-
mi diventeranno più intensi e/o più frequenti.
Tramite la Piattaforma Climate-Adapt6 disponibile dal 2011, si può
accedere ad informazioni tecnico-scientifiche in merito a impatti e
vulnerabilità per effetto dei cambiamenti climatici, nonché a strate-
gie e piani attuati in città, regioni e Paesi europei per l’adattamento
al clima che cambia. Nel 2014 l’EEA ha fornito un’ampia raccolta
d’informazioni su strategie e azioni messe in campo a livello na-
zionale per prevenire i rischi derivanti dalle variazioni climatiche
[36]. Nella Strategia Nazionale di Adattamento, redatta dal Ministe-
ro dell’Ambiente nel 2014 [37], tra le diverse aree d’azione il settore
energetico ha grande rilevanza. Informazioni di tipo meteorologico
e climatologico sono essenziali per una gestione e pianificazione ot-
timale del sistema energetico nazionale, soprattutto in questo mo-
mento in cui il settore energetico deve compiere scelte strategiche
di decarbonizzazione.

5 La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi


a Parigi nel 2015, nella quale è stato siglato un accordo sulle emissioni
di gas serra a partire dal 2020.
6 http://climate-adapt.eea.europa.eu/.

60
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

TABELLA 3.3 Fattori di vulnerabilità endogena e loro effetti.

Fattore endogeno Effetti diretti Effetti indiretti/derivati/conseguenti


Invecchiamento/difetti Cedimento dell’isolamento, Esplosione, incendio
del macchinario di stazione cortocircuito
Violazione di corrente Danneggiamento dei conduttori Riduzione di vita
(sovracorrente) Riduzione del franco da terra Flashover per insufficiente franco
Tensione elevata Danneggiamento dell’isolamento Riduzione di vita
Sovra- e sotto-frequenza Danneggiamento delle turbine Riduzione di vita
degli impianti di generazione
Problemi agli impianti Guasti/malfunzionamenti Blocco di gruppo di produzione
di generazione (sistemi ausiliari) del processo

3.2 FATTORI ENDOGENI

I guasti e i malfunzionamenti dei componenti sono principalmen-


te dovuti al cedimento dell’isolamento oppure al cedimento meccani-
co per invecchiamento, fatica o difetti. Si deve notare che la storia dei
componenti incide sul loro invecchiamento: in particolare, condizioni
prolungate di funzionamento fuori dai limiti operativi normali possono
accelerare questo processo. La Tabella 3.3 schematizza i principali fatto-
ri di vulnerabilità endogena e i loro effetti sui componenti.

3.3 FATTORI DI ORIGINE ANTROPICA

..
3 3 1 Atti non intenzionali
I fattori antropici sono spesso causa di guasti accidentali, per lo più
cortocircuiti (Tabella 3.4). Tali eventi possono essere causati dalla presen-
za di tecnici in stazione (contatti accidentali, manovre errate), dall’azione
di macchine operatrici (rottura di cavi interrati, contatto con le linee ae-
ree), dall’impatto con veicoli (danni ai sostegni), dall’impatto con velivoli
e oggetti portati dal vento (cortocircuiti, rottura dei conduttori e danni ai
sostegni), dai sistemi per l’irrigazione e concimazione a getto (ripetuti
cortocircuiti transitori).
Interventi scorretti dei tecnici negli impianti, come errati cablaggi e

Resilienza del sistema elettrico 61


3

FIGURA 3.16 impostazioni software, possono causare


Dettaglio del danneggiamento malfunzionamenti di tipo latente, cioè
di una apparecchiatura di stazione dovuta che hanno effetto e quindi possono es-
ad atto vandalico. [22] sere rilevate solo in condizioni critiche,
al momento in cui è richiesta una certa
funzionalità. È questo il caso della taratu-
ra delle protezioni di macchine elettriche
effettuata dal costruttore nelle installa-
zioni chiavi in mano.
Oltre a errori di cablaggio dei segna-
li, si possono avere errori nei circuiti di
alimentazione come, per esempio, quel-
la di apparati e sistemi destinati alla pro-
tezione e sicurezza erroneamente non
connessi ai sistemi di continuità. Errori
di questo tipo possono rimanere nasco-
sti per anni e manifestarsi negli stati di
funzionamento in emergenza del siste-
ma elettrico, aggravando la criticità di
esercizio, essendo eventi indipendenti
la cui motivazione non è neanche ipo-
tizzabile dagli operatori delle sale con-
trollo del sistema elettrico.

..
3 3 2 Atti intenzionali
Sono sempre possibili atti intenzionali rivolti al sabotaggio dell’in-
frastruttura fisica della rete elettrica che, finora, si sono manifestati
con rari danneggiamenti di tralicci. Al contrario, sono frequenti i
furti di rame, alluminio e apparati che possono essere causa di dis-
servizi direttamente, durante l’azione dolosa, oppure indirettamente
per la manomissione dei componenti (Figura 3.16).

3.4 FATTORI DI SISTEMA

La situazione iniziale del sistema elettrico in uno scenario di dis-


servizio può presentare delle debolezze che lo rendono più vulnerabile
alle minacce (Tabella 3.5) anche a causa delle condizioni ambientali e
di esercizio.

62
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

TABELLA 3.4 Guasti e malfunzionamenti di origine antropica.

Fattore antropico Effetti Guasti e disservizi


Personale in stazione elettrica: Cortocircuiti Semipermanenti/permanenti
manovre errate Malfunzionamenti Di tipo occulto
lavori difettosi/errati
Operatore di centrale elettrica: Blocco dei gruppi di generazione Permanenti (da 30’ ad alcune ore)
test agli impianti
azioni errate
Collisioni con macchinari, Danni all’infrastruttura Permanenti
mezzi di trasporto, eccetera
Atti dolosi e vandalici Danni all’infrastruttura Permanenti

Configurazione e punto di lavoro


Un fattore di indebolimento è insito nella configurazione del siste-
ma, ossia l’insieme dei componenti collegati alla rete in un certo istante
(generatori, linee, trasformatori, carichi) e il loro assetto di connessione.
Per esempio:

■■ l’indisponibilità di collegamenti e componenti di supporto alla


tensione può limitare la capacità di trasporto della rete;
■■ l’esercizio di rete in configurazioni radiali, anziché magliate, per
ottenere una certa ripartizione dei flussi di potenza attiva o reat-
tiva, incrementa la probabilità di disservizi;
■■ la scarsità di unità di produzione in un’area, per motivi di opportu-
nità economica, può condurre a ripercussioni negative sulla distri-
buzione dei flussi di potenza, sulla capacità di regolazione, sul sup-
porto alla tensione e, in generale, sulla stabilità di funzionamento.

La vulnerabilità del sistema elettrico dipende, oltre che dalle caratte-


ristiche intrinseche dei componenti e dalla configurazione, anche dalle
condizioni operative, ossia dal punto di lavoro del sistema prima della
perturbazione.
Il punto di lavoro in un certo istante è individuato univocamente
dalle grandezze di esercizio (flussi di potenza, tensioni) e ad esso cor-
rispondono determinati margini di sicurezza. Così uno stesso guasto,
non pericoloso in una situazione di rete poco sollecitata, può condurre
a instabilità o violazioni delle grandezze operative in una condizione
iniziale di flussi di potenza elevati.

Resilienza del sistema elettrico 63


3

TABELLA 3.5 Fattori di indebolimento del sistema elettrico.

Tipologia Fattore Cause Conseguenze


Configurazione Indisponibilità di componenti Manutenzione Margini di stabilità
di rete, inclusi nodi elettrici Guasti precedenti ridotti, minore
e generatori Programmazione delle produzioni capacità di trasmissione
(unit commitment) non sufficientemente
orientata alla sicurezza
Punto di lavoro Situazione di flussi elevati Eccessiva richiesta di carico Margini di stabilità ridotti
rispetto alla capacità Dispacciamento poco
del sistema di generazione orientato alla sicurezza
e trasmissione
Caratteristiche Prestazioni degradate Derive dovute al tempo Margini di stabilità ridotti
e stato dei dei sistemi di regolazione Scarsa manutenzione Mancati interventi
componenti Malfunzionamenti Difetti o errori Interventi intempestivi
e dei sistemi dei sistemi di protezione in fase di specifica, progetto, costruzione,
installazione, manutenzione
Tarature errate o non più adeguate
Guasti ai sistemi di regolazione
e protezione

Analogamente, è possibile che il sistema non risponda correttamente


alle perturbazioni a causa di componenti con prestazioni non adeguate
o malfunzionamenti, in particolare nei sistemi di controllo e protezione.

Condizioni ambientali ed esercizio


Le condizioni ambientali possono contribuire in vari modi a indebo-
lire il sistema elettrico, per l’impatto considerevole che hanno sul punto
di lavoro e sulla stessa configurazione del sistema elettrico (Tabella 3.6).
Un aumento delle precipitazioni intense può portare all’aumento di
disservizi e delle interruzioni elettriche per i danni alle infrastrutture;
ma può comportare anche una diminuzione della produzione di ener-
gia idroelettrica: ad esempio, inondazioni ed alluvioni possono causare
seri problemi nella gestione delle centrali idroelettriche.
Negli anni di siccità, agli impianti idroelettrici a invaso si applica
una politica di modulazione dell’energia prodotta, al fine di salva-
guardare le riserve presenti nell’invaso; inoltre i gruppi ad acqua
fluente producono minore energia. Le unità termoelettriche raffred-
date ad acqua fluviale devono limitare la produzione o essere spente,
per vincoli ambientali sulla temperatura dell’acqua di scarico o per
vincoli tecnici sulla portata della stessa.

64
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

FIGURA 3.17 Effetti di una siccità prolungata su una centrale termoelettrica


(estate del 2003).

La Figura 3.17 mostra come una siccità prolungata può impedire


l’aspirazione dell’acqua di condensazione delle centrali termoelettri-
che la cui opera di presa non raggiunge il minimo livello dell’acqua.
Valori elevati di temperatura comportano vari effetti negativi per il
sistema. Si riduce la potenza erogabile dalle unità turbogas e, conse-
guentemente, dalle sezioni di produzione delle centrali a ciclo com-
binato, per motivi intrinseci al ciclo termodinamico. Si riduce anche
la disponibilità idroelettrica a causa dell’anticipo dello scioglimento
degli snow pack. Gli impianti termici convenzionali devono limitare
la produzione per i vincoli sulla temperatura dell’acqua di raffredda-
mento (anche nel caso di acqua marina).
Dal punto di vista energetico, l’aumento della temperatura media
indurrà, da un lato, una riduzione dei consumi per il riscaldamento de-
gli ambienti e, dall’altro, un aumento rilevante dei consumi per il raf-
frescamento. L’effetto complessivo sulla domanda di energia dipenderà
dall’evoluzione dei parametri meteorologici a livello locale e stagionale,
come anche dalla struttura dell’approvvigionamento energetico.
Oltre all’aumento della domanda elettrica per il raffrescamento,
la temperatura elevata comporta una perdita di capacità di traspor-
to di rete. Una corrente transitante eccessiva è una possibile causa

Resilienza del sistema elettrico 65


3

TABELLA 3.6 Fattori di indebolimento del sistema elettrico di origine ambientale.

Fattore ambientale Effetti diretti Effetti indiretti


Temperatura bassa Aumento della probabilità di blocco degli interruttori Mancato intervento interruttori
Aumento del carico (punto di lavoro) Margini di stabilità ridotti
Temperatura elevata Diminuzione del rendimento e della potenza Minore riserva di potenza
delle unità turbogas (punto di lavoro) Margini di stabilità ridotti
Regime ridotto per i gruppi termici raffreddati ad acqua Maggiore fabbisogno
Aumento del carico (punto di lavoro) Minore capacità di trasporto
Diminuzione della portata dei conduttori delle linee
Siccità Esclusione dall’esercizio o basso regime di: Minore riserva di potenza
– gruppi idroelettrici a bacino Minori margini di sicurezza
– gruppi termici raffreddati ad acqua Minore potenza di corto circuito
(configurazione e punto di lavoro) e capacità di regolazione
di tensione

endogena della dilatazione termica dei conduttori e quindi della ri-


duzione della distanza (franco) da terra che, oltre un certo limite,
comporta una scarica (flashover). Tuttavia, il guasto si verifica in con-
comitanza con altri fattori esogeni, come la presenza di condizioni
sfavorevoli al raffreddamento dei conduttori (assenza di vento, eleva-
to irraggiamento solare e temperatura esterna elevata) e, soprattutto,
la vicinanza di alberi all’interno della fascia di rispetto delle linee
aeree che non hanno ricevuto la necessaria potatura periodica7.
In casi estremi le temperature elevate dei conduttori di linea,
prodotte da elevate correnti e condizioni esterne sfavorevoli allo
smaltimento termico, possono causare il fenomeno della ricottura,
che li espone a rottura.
Anche se il tema sarà approfondito in seguito (Capitolo 5), è
opportuno anticipare qui una modalità di interazione fra sistema e
ambiente opposta a quella sopra descritta, ossia tale che un maggio-
re carico di linea può mitigare le minacce o ridurre la vulnerabilità
di un componente: stiamo parlando del fenomeno dei manicotti di
ghiaccio sui conduttori di fase delle linee, che può essere prevenuto
o mitigato grazie ad un adeguato valore di corrente circolante nei
conduttori (correnti di anti-icing).

7 Per prevenire tali situazioni, a livello legislativo, l’Art. 85 della Gazzetta


Ufficiale 24-05-2003 indica i limiti di rispetto dalle linee ad alta tensione.

66
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

Il punto di lavoro, in combinazione con le condizioni ambientali,


incide direttamente sull’invecchiamento dei componenti: sollecita-
zioni temporanee oltre i vincoli operativi causano, infatti, una ridu-
zione di vita e possono provocare guasti.
Il tema dell’impatto dei cambiamenti climatici sarà approfondito
nel paragrafo 6.2.

Origine dei malfunzionamenti dei sistemi di controllo,


protezione e difesa

I malfunzionamenti possono nascere in diverse fasi della storia dei


componenti.
Specificazione. Le funzionalità specificate non sono adeguate in tutte le
condizioni di funzionamento, pertanto non garantiscono una risposta ottimale
in ogni condizione.
Progettazione. La soluzione tecnologica o algoritmica adottata non
implementa esattamente la specificazione. Per esempio, è abbastanza
frequente che le prime versioni di ogni nuovo apparato di protezione digitale
siano affette da malfunzionamenti se chiamate ad operare al limite delle loro
prestazioni. Si tratta di bachi del software che sono corretti dai costruttori via
via che si evidenziano.
Produzione. La costruzione fisica del prodotto presenta difetti, quindi
non assolve (pienamente) alle funzioni di progetto. I difetti di produzione
sono generalmente identificati in fabbrica e i pezzi fallati non dovrebbero
raggiungere le fasi successive.
Installazione e manutenzione. Durante la messa in opera il componente
subisce danni, è montato male, i cablaggi sono errati, o riceve impostazioni
non corrette di taratura.
Esercizio. Durante il funzionamento il componente smette di svolgere la
propria funzione attesa, a causa di guasti o perché le tarature non sono più
adeguate alle mutate condizioni di rete, oppure a causa di derive nei sistemi
di misura.

È da notare che i comportamenti indesiderati causati da difetti di


specificazione possono essere identificati mediante simulazione, grazie a
modelli dettagliati e sfruttando la conoscenza che deriva dagli eventi reali.
Non sono invece riconoscibili a priori i difetti nelle altre fasi, che tuttavia
possono essere ridotti diffondendo la metodologia dei Sistemi di Qualità e
incrementando le competenze degli addetti.

Resilienza del sistema elettrico 67


3

3.5 CRITICITÀ DEI SISTEMI ICT DI CONTROLLO ,


PROTEZIONE E DIFESA

..
3 5 1 Fattori non intenzionali
I guasti e malfunzionamenti dei sistemi di controllo e protezione
possono essere occulti, ossia rilevabili solo in condizioni particolari nel-
le quali la loro risposta è diversa da quella prevista. Questi fenomeni
sono particolarmente insidiosi e possono giocare un ruolo rilevante nei
processi di cascading che conducono a disservizi.
I malfunzionamenti occulti riguardano in primo luogo i sistemi di
protezione: l’espressione hidden failure (malfunzionamenti latenti) indi-
ca soprattutto gli scatti intempestivi causati, più che da tarature errate,
da comportamenti indesiderati che si riscontrano in condizioni di eser-
cizio particolari (paragrafo 5.2.3). Infatti, le tarature generalmente non
sono adattative e sono frutto di un compromesso fra esigenze contrap-
poste: da una parte garantire l’intervento nelle situazioni in cui questo
è necessario, dall’altra evitare interventi intempestivi; questi requisiti
devono essere verificati su una grande varietà di condizioni operative.
Tuttavia è assai pericoloso anche il mancato intervento dei si-
stemi di protezione, riconducibile a varie cause tra cui il malfunzio-
namento degli interruttori, che impedisce la rimozione tempestiva
e selettiva del guasto. Questo è comunque rimosso, ma solo dopo
l’intervento delle protezioni di back-up che comportano l’apertura di
un maggior numero di elementi di rete e in tempi maggiori di quelli
richiesti dall’intervento corretto.
Tale situazione può innescare fenomeni di instabilità e ulteriori
scatti in cascata. È questo uno dei casi di contingenze N-k dipen-
denti, già citate fra i fattori di rischio più temuti per l’esercizio del
sistema elettrico.
Considerazioni simili circa i guasti occulti si possono applicare ad
altri sistemi e dispositivi: ad esempio, ai sistemi di ripartenza autonoma
(black start) per la riaccensione del sistema elettrico, ai sistemi di conti-
nuità (UPS) di stazione e così via.

..
3 5 2 Fattori intenzionali
Gli attacchi informatici, oggetto della cyber security, possono
mirare a bloccare l’operatività dei sistemi di supervisione del sistema

68
Criticità del sistema elettrico – Il cosa

elettrico (creando situazioni incontrollate con possibili disservizi) e


comandare direttamente manovre sul sistema elettrico, finalizzate a
causare danni e disservizi.
I sistemi di sicurezza delle reti informatiche, in uso per il sistema
elettrico, sono tali per cui le situazioni del primo tipo, come il blocco
del sistema SCADA/EMS8, sono improbabili, sia perché sono utilizzate
delle reti dedicate, sia perché i protocolli di comunicazione non sono di
dominio pubblico.
Per gli scenari del secondo tipo, si deve considerare che effettuare
manovre di cambiamento di stato degli interruttori e riconfigurazioni di
stazione, con l’obiettivo di creare un disservizio, richiede una conoscen-
za molto approfondita di come funzionano i sistemi di controllo, ma
anche di come sono rappresentati in modo informatico i componenti
del sistema elettrico. Si tratta quindi di un tipo di attacco informatico
poco probabile, ma non impossibile: sarebbe infatti necessario penetra-
re nella rete informatica aziendale e da qui arrivare alla rete di comuni-
cazione utilizzata per il telecontrollo, per attivare comandi remoti come
se questi provenissero dalla sala controllo. Paradossalmente, questo tipo
di attacco può essere facilitato dall’adozione di protocolli standard che,
essendo pubblici, facilitano la penetrazione nei sistemi e l’invio di co-
mandi. La tendenza alla standardizzazione e la maggiore diffusione dei
prodotti di mercato devono pertanto essere accompagnati da una accre-
sciuta attenzione alla sicurezza dei sistemi elettrici.
D’altro canto, i sistemi di automazione di stazione sono progettati
per impedire manovre che possono creare danni fisici ai componenti,
inoltre non tutte le manovre sono possibili da remoto. Ad esempio, non
sono possibili comandi che provocano il cortocircuito a terra di elemen-
ti in tensione.
A causa della gravità di queste minacce cyber molte organizzazioni
mirano a definire un framework complessivo di riferimento per la ge-
stione della sicurezza dei sistemi ICT nel settore elettrico. Il National In-
stitute of Standards and Technology (NIST), una sezione del dipartimento
statunitense del commercio, ha emesso delle linee guida per la prote-
zione di sistemi SCADA [38] e per la sicurezza della rete di comunica-
zione. La European Union Agency for Network and Information Security
(ENISA) ha inoltre emanato delle raccomandazioni per l’Europa e gli
Stati membri in materia di sicurezza delle smart grid [39].

8 SCADA: Supervisory Control And Data Acquisition; EMS: Energy


Management System.

Resilienza del sistema elettrico 69


4 Valutare la resilienza
– Il quanto

Nei capitoli precedenti, la resilienza del sistema elettrico è stata de-


finita in modo qualitativo e ne sono state evidenziate le componenti e i
fattori rilevanti. In questo capitolo cercheremo di darne definizioni quan-
titative, attraverso la formulazione di indici di resilienza. In particolare,
classificheremo e discuteremo gli indicatori, distinguendo quelli riferiti:

■■ alla qualità del servizio (prospettiva dell’utente), relativi a disser-


vizi specifici o alle prestazioni su intervalli di tempo;
■■ alla rete (prospettiva di sistema), secondo le due dimensioni fon-
damentali della resilienza (assorbimento dei disturbi, recupero
del servizio).

Per dare la possibilità di calcolare indici di resilienza utili nelle fasi di


progettazione dei componenti e di pianificazione e gestione della rete,
sarà proposta una metodologia innovativa per la valutazione ex-ante del-
la resilienza.

4.1 INDICATORI DI IMPATTO


NELLA PROSPETTIVA DELL’UTENTE

Gli indicatori di resilienza proposti in questa sezione sono indicatori


di impatto. Questi indicatori si applicano principalmente alle analisi ex-
post, ossia su disservizi già avvenuti e consentono di caratterizzarli nella
prospettiva dell’utente.

FIGURA 4.1 Rappresentazione dell’andamento temporale del carico disalimentato.

Carico perso massimo


CARICO
PERSO
Energia non fornita

Inizio fase di ripristino Ripristino

Resilienza del sistema elettrico 71


4

TABELLA 4.1 Prospetto degli indicatori di impatto rispetto alle dimensioni


fondamentali della resilienza nella prospettiva dell’utente.
(*) L’espressione “Valori statistici” indica proprietà come media, varianza,
massimo, delle grandezze riportate nella colonna precedente.

Indicatori per disservizio singolo Indicatori su periodi (per esempio: un anno) (*)
Indicatori relativi – Numero di disservizi
all’assorbimento P persa (MW) Valori statistici
dei disturbi Numero di cabine primarie Valori statistici;
(o secondarie) disalimentate numero di disalimentazioni per ogni cabina
Numero di utenti coinvolti Valori statistici; tipicamente, numero medio
di interruzioni per ogni utente (SAIFI)
Indicatori relativi Tempo necessario a rialimentare Valori statistici
al recupero una data percentuale del carico perso
Tempo necessario a rialimentare Valori statistici
l’ultima utenza
Durata media dell’interruzione Valori statistici
per un dato percentile
di utenti rialimentati
Recupero del carico disalimentato –
– Durata media delle interruzioni per ogni utente (SAIDI)
Indicatori combinati Energia non fornita Valori statistici; in particolare valore cumulato
Valorizzazione economica Valori statistici; in particolare valore cumulato
dell’energia non fornita (in euro)
– Durata media di una disalimentazione (CAIDI)

La Figura 4.1 rappresenta qualitativamente l’andamento di un dis-


servizio in termini di evoluzione temporale del carico disalimentato.
A partire dalla situazione iniziale di domanda interamente soddi-
sfatta, una sequenza di eventi (vedi paragrafo 2.3.3) conduce ad una
progressiva perdita di carichi, fino a raggiungere una situazione di mas-
simo carico disalimentato. Con il ripristino i nodi di carico sono gradual-
mente rialimentati, fino al recupero totale di tutti i carichi. L’area sottesa
dalla curva rappresenta l’energia non fornita.
La Tabella 4.1 riporta una sintesi dei possibili indicatori di impatto
per la valutazione della resilienza. I più importanti sono esaminati in
dettaglio nel seguito.

72
Valutare la resilienza – Il quanto

..
4 1 2 Indicatori relativi a singoli disservizi
Distinguiamo gli indicatori in accordo con le due dimensioni della re-
silienza, ossia la capacità di assorbire i disturbi, in particolare gli eventi
eccezionali, e la rapidità di recupero dai disturbi.

Indicatori relativi all’assorbimento dei disturbi


Un disservizio è conseguenza di una “carenza” di resilienza. Quindi
gli indicatori che quantificano l’entità di un disservizio possono essere
considerati come indicatori di resilienza. I più tipici sono:

■■ la “potenza di carico persa” in MW (Loss of Load–LoL), pari al


picco della curva di carico disalimentato;
■■ il “numero di cabine primarie1 (o secondarie2) disalimentate”;
■■ il “numero di utenti” coinvolti dal disservizio.

Indicatori relativi al recupero dai disturbi


Avvenuto il blackout si dà avvio al ripristino del servizio e, eventual-
mente, dell’infrastruttura danneggiata. Nella prospettiva dell’utenza, gli
indicatori di resilienza relativi al recupero dai disturbi sono funzione
del tempo di ripresa della fornitura. Possiamo quindi assumere come
significativi per la resilienza gli indicatori tipici di ripristino:

■■ il tempo necessario a rialimentare una data percentuale del carico


perso (in termini di potenza o di numero di cabine da rialimentare);
■■ come caso particolare del precedente, il tempo necessario a riali-
mentare l’ultima utenza rimasta scollegata;
■■ la durata media di interruzione per gli utenti coinvolti nel disser-
vizio, valutata per un dato percentile di utenti ricollegati3.

Per valutare l’andamento nel tempo del processo di ripristino si può


anche introdurre l’indice di “recupero del carico disalimentato”. Questo è
definito come:
ΔCarico rialimentato(t)
R(t)=
Carico perso massimo
dove ΔCarico rialimentato(t) rappresenta la quantità di carico già

1 Stazioni elettriche in cui si effettua la conversione da altissima (o alta)


a media tensione. Rappresentano il punto di collegamento fra trasmissione
e distribuzione.
2 Installazioni in cui si effettua la conversione da media a bassa tensione.
Fanno parte della distribuzione.
3 Ossia, per esempio, quando è stato riconnesso il 90 per cento degli utenti.

Resilienza del sistema elettrico 73


4

rialimentata nel processo di ripristino, funzione del tempo. Carico


perso massimo è il valore di carico da rialimentare all’inizio del pro-
cesso di ripristino. L’indice è quindi normalizzato: vale zero all’inizio
del disturbo e uno al termine del ripristino. I primi due indici ripor-
tati sopra si possono ottenere da questa funzione, trovando il valore
di t che corrisponde rispettivamente alla percentuale desiderata di
carico o alla totalità del carico (R=1).

Indicatori sintetici delle proprietà di assorbimento e recupero


Si possono ascrivere fra gli indici di resilienza alcuni indici molto
usati per descrivere l’impatto di un blackout:

■■ l’energia non fornita (Energy Not Served–ENS, misurata in MWh),


pari all’area sottesa dalla curva del carico disalimentato durante
la fase di sviluppo della contingenza e la successiva fase di ripri-
stino dell’alimentazione;
■■ il valore dell’energia non fornita durante il disservizio (euro).

Poiché dipendono sia dalla potenza disalimentata, sia dal tempo di


disalimentazione degli utenti, questi indici riflettono entrambe le di-
mensioni della resilienza.

Indicatori per cause


Per caratterizzare compiutamente la resilienza del sistema oc-
corre che gli impatti dei disservizi siano messi in relazione con la
natura e l’intensità delle cause: un evento particolarmente severo
potrà avere un impatto elevato, e viceversa. Occorre evitare, anzitut-
to, che eventi di intensità modesta abbiano impatti elevati; dall’altra,
se un’area è notoriamente soggetta a eventi severi, occorre predi-
sporre misure adatte, così che gli indicatori di impatto sopra descritti
assumano valori accettabilmente piccoli. Questo significa rendere il
sistema resiliente a fronte delle relative minacce.
Un modo semplice per esprimere la severità della perturbazione
è l’ordine della contingenza iniziatrice, ossia il numero di componen-
ti persi nell’evento o negli eventi di guasto (ravvicinati nel tempo)
che hanno dato il via al disservizio. Tuttavia, a parità di ordine della
contingenza, l’impatto dipende grandemente dalla localizzazione dei
componenti persi, dalla modalità di guasto, dalla situazione iniziale
del sistema; pertanto questo approccio, da solo, non è adeguato. Inol-
tre, la contingenza di rete è l’esito dell’azione di minacce a monte,
come i fenomeni meteo e ambientali.
Gli operatori di reti classificano e registrano le cause dei disser-

74
Valutare la resilienza – Il quanto

Classificazione delle interruzioni per le reti di distribuzione

Per quanto riguarda la rete di distribuzione, le interruzioni sono classificate sulla base dei criteri
specificati al punto 7.1 del allegato A della delibera [40], che prevede che l’impresa distributrice registri
la causa di ogni interruzione, escluse le interruzioni con origine “sistema elettrico”, secondo la seguente
articolazione di primo livello.

Rete di distribuzione Classificazioni delle interruzioni


Cause di forza maggiore Eccezionali, dovute a: eventi eccezionali; furti; atti di autorità pubblica quali
ad esempio ordini di apertura delle linee per spegnimento di incendi
o per motivi di sicurezza impartiti da TERNA o da altri esercenti interconnessi
Interruzioni dovute a disalimentazioni programmate comunicate da TERNA
Per azioni funzionali a garantire la sicurezza del sistema elettrico
e comunicate da TERNA con preavviso di almeno 3 giorni lavorativi
Scioperi indetti senza il preavviso previsto dalla legge
Interruzioni dovute ad attacchi intenzionali e sabotaggi
Sono inoltre attribuite a cause di forza maggiore le quote di durata
di interruzione dovute a casi di sospensione o posticipazione delle operazioni
di ripristino per motivi di sicurezza
Cause esterne Guasti provocati da utenti
Contatti fortuiti o danneggiamenti di conduttori provocati da terzi
Guasti provocati su impianti di produzione
Lavori o manutenzioni richiesti da terzi o da utenti
Altre cause Tutte le cause non indicate sopra, comprese quelle non accertate,
anche con riferimento alle interruzioni non localizzate

vizi, tuttavia generalmente non considerano tutti gli aspetti di detta-


glio. È opportuno invece mettere in relazione quantitativa le minac-
ce esogene con gli impatti. In particolare, conviene valutare aspetti
intermedi come la relazione fra le minacce e i guasti, o quella fra i
guasti iniziali e la loro propagazione. Queste analisi saranno consi-
derate nella metodologia di valutazione descritta nella sezione 4.5.

..
4 1 3 Indicatori relativi alle prestazioni su intervalli di tempo
Gli indicatori sopra definiti sono applicabili a disservizi singoli.
Elaborando i valori relativi a una serie di disservizi, riscontrati in
un certo intervallo di tempo (per esempio, un anno), si possono otte-
nere statistiche (numerosità, valori medi, massimi, cumulati, varian-

Resilienza del sistema elettrico 75


4

APPROFONDIMENTO REGOLATORIO

Energia non fornita della rete di trasmissione

Relativamente alla rete di trasmissione, l’Allegato A alla delibera [41] definisce:


ENS netta. Energia non fornita per le disalimentazioni, definita nell’Allegato A.54 al Codice di rete (articolo
1.3 del documento AEEGSI):
ENS lorda. Energia non fornita a seguito di una disalimentazione, calcolata senza tenere conto di eventuali
controalimentazioni dalle reti di distribuzione (articolo 1.3);
ENS di riferimento (ENSR): pari all’ammontare annuo di energia non fornita, per tutti gli eventi che abbiano
interessato, anche parzialmente, la rete rilevante, con le esclusioni e limitazioni (stabilite nell’Articolo
3.6) nella tabella seguente.

L’indicatore ENSR include (articoli 3.7 e 3.8):

■■ le disalimentazioni causate da interventi degli equilibratori automatici di carico non dovute a


perturbazioni di frequenza con origine sulla rete interconnessa europea o di teledistacchi o di altri
sistemi di difesa le cui specifiche siano definite da TERNA, anche se installati sul lato MT di impianti di
trasformazione AAT/MT o AT/MT sia direttamente connessi che indirettamente connessi alla RTN;

■■ le disalimentazioni causate da interventi manuali di distacco di carico di utenti sia direttamente connessi
che indirettamente connessi alla RTN, anche se attuati tramite organi di manovra sul lato AT o nelle
reti MT dell’utente AT coinvolto, per condizioni di funzionamento di emergenza del sistema elettrico,
quali quelli: (a) in applicazione di Banco Manovra Emergenza; (b) in applicazione di PESSE (Piano di
Emergenza per la Sicurezza del Sistema Elettrico) o senza il preavviso di cui alla lettera b) del comma
3.6; (c) in condizioni di asimmetria di tensione conseguente alla perdita di una fase sulla RTN.

ze, eccetera) su cui si basano gli indicatori integrali. Questi permet-


tono di effettuare valutazioni di trend evolutivi su lunghi intervalli;
permettono inoltre di verificare l’adeguatezza del servizio fornito
rispetto ad obiettivi prefissati, espressi proprio in termini integrali.
Gli indici integrali più noti sono, oltre all’Energia non fornita
(ENS), il System Average Interruption Frequency Index (SAIFI) e il Sy-
stem Average Interruption Duration Index (SAIDI). La terza colonna
della Tabella 4.1 ne riporta un elenco.

Energia non fornita


L’Energia Non Fornita è tipicamente utilizzata dagli operatori e dal-
l’AEEGSI per valutare la qualità del servizio su base annua (MWh/anno).

76
Valutare la resilienza – Il quanto

ENS di riferimento (ENSR) - esclusioni e limitazioni


Disalimentazioni dovute all’intervento di sistemi di difesa a fronte di perturbazioni di frequenza con origine
sulla rete interconnessa europea, nel caso in cui l’intervento di tali sistemi di difesa abbia interessato
prioritariamente le risorse interrompibili istantaneamente e le risorse di emergenza.
Disalimentazioni per applicazione del piano di emergenza PESSE o del piano RIGEDI (Riduzione Generazione
Distribuita), a fronte di condizioni di inadeguatezza del parco di generazione o a fronte della riduzione
della generazione distribuita connessa alle reti elettriche in media tensione, solo se è stato fornito preavviso
di allerta all’utenza con le tempistiche previste dall’Allegato A20 e dall’Allegato A72 al Codice di rete.
Disalimentazioni gestite in applicazione intenzionale, anche con dispositivi automatici, del servizio di interrompibilità
o del servizio di riduzione dei prelievi per la sicurezza, per la sola quota parte di energia corrispondente alla potenza
resa disponibile dagli utenti per tali servizi.
Quota parte di energia non fornita di riferimento relativa a disalimentazioni il cui ripristino sia stato sospeso
o posticipato per motivi di sicurezza per il solo tempo di sospensione o posticipazione.
Disalimentazioni dovute a catastrofi naturali di ingenti proporzioni (ad esempio, terremoti o alluvioni).
Disalimentazioni dovute a ordini impartiti da autorità pubbliche per ragioni di emergenza (ad esempio, apertura
di linee per permettere operazioni di spegnimento di incendi).
Disalimentazioni per attentati terroristici, attacchi intenzionali, sabotaggi e furti.
Disalimentazioni di un sito utente AT con origine nel medesimo sito utente AT e disalimentazioni di un sito utente AT
che sia topologicamente connesso in antenna ad altro sito utente AT origine della disalimentazione.
Disalimentazioni programmate nell’ambito e nei tempi previsti dal paragrafo 3.7 del Codice di rete in materia
di programmazione delle indisponibilità e comunicate agli utenti AT interessati nelle medesime tempistiche
Disalimentazioni programmate per azioni funzionali a garantire la sicurezza del sistema elettrico e comunicate
agli utenti AT interessati con preavviso di almeno tre giorni lavorativi.
Disalimentazioni di clienti finali AAT o AT.

Da un punto di vista tecnico è possibile valutare sia l’ENS totale,


sia quella a fronte di specifiche cause (come risorse insufficienti, for-
za maggiore, esterne, e altre). L’indicatore integrale ENS, suddiviso
per cause, può fornire una valutazione globale della resilienza del
sistema a fronte degli eventi accaduti in un dato periodo.
Dal punto di vista regolatorio, i criteri attualmente utilizzati per
la quantificazione dell’ENS e per la sua suddivisione per cause sono
specificati nei documenti dell’Autorità. In particolare si può fare ri-
ferimento alle delibere [40][41] e all’allegata relazione tecnica (“Testo
integrato della regolazione output-based dei servizi di trasmissione,
distribuzione e misura dell’energia elettrica”). Nei box di approfondi-
mento vengono presentate alcune informazioni, tratte dai documen-

Resilienza del sistema elettrico 77


4

APPROFONDIMENTO REGOLATORIO

Classificazione delle interruzioni

Allo scopo di qualificare e migliorare la qualità del servizio, a partire dal 2002 l’AEEGSI quantifica
le interruzioni subite dagli utenti, distinguendo tra interruzioni lunghe (con durata superiore ai 3 minuti)
e interruzioni brevi (con durata compresa tra un secondo e 3 minuti), ma escludendo gli incidenti rilevanti
e gli interventi del sistema di difesa (distacchi programmati e blackout). La figura seguente presenta
l’evoluzione di questi indicatori al 2002 al 2015.

FIGURA 4.2 Numero medio annuale di interruzioni senza preavviso lunghe


o brevi per cliente in bassa tensione negli anni 2002-2015.
Fonte: Elaborazione AEEGSI su dichiarazioni degli operatori

10
9,49 9,25
9
8,23 8,31
8
7,06
7 6,73 6,88
6,48
6 5,89 5,98 5,89

5 5,82 5,05
4,64
4,38 4,41
4 4,77 4,73 4,66
4,11
Lunghe 3 2,76 2,77 3,61 3,54 2,79
2,48 2,42 2,37 2,34 2,33 2,24 2,43
2,29 2,16 2,11
Brevi 2 2,35 2,31
2,26 2,04 2,18 2,23
2,00
Totale 1
0
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Analogamente vengono valutate le interruzioni sulla rete di trasmissione, per le quali l’AEEGSI
stabilisce dei meccanismi di esclusione nell’articolo 4 della Delibera n. 341/07: “l’indicatore Numero
di disalimentazioni per utente RTN è pari al numero medio di disalimentazioni, lunghe o brevi, subito
dagli utenti direttamente connessi alla RTN (...) con l’esclusione delle disalimentazioni di cui
al box precedente (comma 3.4) e di quelle con origine su impianti degli utenti della RTN”.
Si stabilisce anche che l’indicatore, per ogni singola AOT (Area Operativa di Trasmissione),
è ottenuto come media ponderata biennale, utilizzando come criterio di ponderazione il numero
di utenti al 31 dicembre di ogni anno che risultavano direttamente connessi alla RTN 2008
con arrotondamento alla terza cifra decimale.

78
Valutare la resilienza – Il quanto

ti dell’Autorità, relative alla classificazione delle cause delle interru-


zioni sulle reti di distribuzione e di trasmissione.

SAIFI
Il System Average Interruption Frequency Index (SAIFI) è il numero
medio di interruzioni che un utente può subire, calcolato come:

SAIFI=
∑λNi i i
NT

in cui λi è la frequenza di disalimentazione nell’area i, Ni è il numero


di utenti nell’area e NT è il numero totale di utenti serviti.

Il SAIFI è usualmente misurato su base annua. Può essere visto


come un indice integrale di resilienza relativo alla proprietà di assorbi-
mento dei disturbi.

SAIDI
Il System Average Interruption Duration Index (SAIDI) è la durata me-
dia delle interruzioni per utente, calcolato come:

SAIDI=
∑UNi i i
NT

in cui Ui è la durata dei disservizi nell’area i, Ni è il numero di utenti


nell’area e NT è il numero totale di utenti serviti.

Il SAIDI è comunemente misurato in unità di tempo, minuti o ore


su base annua. Può essere considerato come un indice di resilienza re-
lativo all’unione delle proprietà di assorbimento dei disturbi e recupero
dagli stessi.

CAIDI
Il Customer Average Interruption Duration Index (CAIDI) indica la du-
rata media di una disalimentazione, ed è definito come:

SAIDI
CAIDI=
SAIFI
L’indice CAIDI può essere anche considerato come un tempo medio
di ripristino del servizio. È misurato in unità di tempo su orizzonti tem-
porali tipicamente di un anno.

Resilienza del sistema elettrico 79


4

TABELLA 4.2 Prospetto degli indicatori di impatto rispetto alle dimensioni


fondamentali della resilienza nella prospettiva della rete.

Indicatori tecnici
Indicatori relativi Numero di linee e altri componenti fuori servizio per l’evento iniziale
all’assorbimento dei disturbi Tipologia e numero di componenti di stazione danneggiati
Numero di stazioni danneggiate
Numero di stazioni di cui si è perso il monitoraggio e il controllo remoto
Indicatori relativi al recupero Tempo di riparazione di ogni linea danneggiata
Tempo totale di riparazione dei componenti danneggiati
Tempo di allestimento di soluzioni provvisorie di emergenza
(linee, generatori di emergenza, eccetera)
Tempo di ripristino del monitoraggio e controllo remoto

4.2 INDICATORI DI IMPATTO


NELLA PROSPETTIVA DELLA RETE

Gli indicatori sopra definiti riflettono le prestazioni del sistema ri-


spetto all’obiettivo fondamentale della continuità della fornitura e sono
utili per il monitoraggio globale del livello di resilienza.
D’altra parte, per individuare gli interventi a supporto della resi-
lienza è importante utilizzare indicatori specifici per l’infrastruttura. La
Tabella 4.2 riporta alcuni indicatori che possono essere utilizzati allo
scopo, riferiti a singoli disservizi di rete; indicatori su periodi di osserva-
zione si ottengono da elaborazioni statistiche dei primi.

4.3 VALUTAZIONI EX-ANTE DELLA RESILIENZA

Gli indicatori finora presentati sono adatti a valutazioni ex-post, ossia


a consuntivo, dei disservizi.
In queste valutazioni le stime di grandezze come il carico perso e
l’energia non fornita sono piuttosto attendibili: esse si ottengono dalle
ricostruzioni del disservizio e del successivo ripristino, che a loro volta
si basano su dati misurati o stimati dell’esercizio.
Ci si può chiedere dunque: con le analisi ex-post è possibile identifi-
care, nei vari aspetti che concorrono alla resilienza, corrispondenti alle
diverse fasi di funzionamento del sistema elettrico (dalla contingenza
iniziale fino al ripristino), i punti deboli su cui agire per incrementarla?

80
Valutare la resilienza – Il quanto

E, è possibile quantificare l’incremento di resilienza, dovuto a uno spe-


cifico intervento o a un insieme di interventi?
In effetti, le analisi ex-post possono consentire di caratterizzare singoli
disservizi o le prestazioni di resilienza del sistema su periodi rilevanti di
esercizio; possono inoltre contribuire a individuare qualitativamente gli
ambiti (progettazione dei componenti, pianificazione ed esercizio di rete,
misure per il ripristino) su cui intervenire, per incrementare la resilienza.
D’altra parte, per svolgere valutazioni quantitative finalizzate al controllo
della resilienza occorre disporre di metodi ex-ante (Tabella 4.3).
Si vedrà nel seguito come, adottando approcci innovativi, che estendono
i metodi di simulazione comunemente utilizzati dagli operatori, sia possibile
stimare la resilienza ex-ante. Per stimare ex-ante gli indicatori di resilienza so-
pra definiti occorrono modelli e strumenti in grado di svolgere simulazioni
approfondite a partire dagli eventi iniziatori fino al blackout e al ripristino.
Come si è visto nei capitoli precedenti, i disservizi sono il risultato di se-
quenze molto complesse di cause ed effetti, che coinvolgono fattori am-
bientali, tecnici e umani: se le valutazioni ex-post hanno per oggetto dis-
servizi già avvenuti secondo una storia ben precisa, le valutazioni ex-an-
te devono tenere conto di una pluralità di possibili eventi e conseguenze
(Tabella 4.4).

TABELLA 4.3 Esemplificazione degli obiettivi delle analisi di resilienza, in funzione


della tipologia di analisi.

Tipologia di
analisi Ex-post Ex-ante
Obiettivi
Valutazione Caratterizzare specifici disservizi accaduti Valutare la resilienza di scenari previsionali
(definite le minacce, la rete)
Caratterizzare le prestazioni aggregate Valutare la sensibilità della resilienza rispetto
su periodi rilevanti (un anno) a variazioni dei parametri, sul lungo periodo
Individuare i trend degli indici aggregati (più anni) (esempio, tempi di ritorno degli eventi estremi)
Controllo Evidenziare requisiti di incremento
di qualche aspetto particolare della resilienza
(robustezza, ridondanza)
Evidenziare gli aspetti complessivamente Quantificare il miglioramento di resilienza dovuto
più rilevanti da migliorare per incrementare a specifici interventi (robustezza, ridondanza)
la resilienza rispetto a specifici scenari di minacce ed esercizio
Quantificare il miglioramento di resilienza dovuto
a specifici interventi (robustezza, ridondanza)
sul lungo periodo

Resilienza del sistema elettrico 81


4

TABELLA 4.4 Aspetti da considerare per gli indicatori ex-ante.

Fasi Aspetti da simulare


Gli eventi iniziatori I guasti dei componenti soggetti alle minacce
La risposta immediata del sistema alle contingenze
Il comportamento Il processo di cascading innescato dalle contingenze, l’intervento dei piani
del sistema fino di difesa automatici ed eventualmente degli operatori
al blackout L’esito finale del disturbo (estensione e intensità dei disservizi)
La successiva Il ripristino del servizio: l’implementazione delle strategie di ripristino da parte
fase di ripristino dell’operatore, considerando le infrastrutture e le risorse disponibili, il comportamento
del sistema in fase di ripristino e le incertezze sulla risposta dei componenti coinvolti
Il ripristino dell’infrastruttura danneggiata

Eventi iniziatori
Se si eccettua il caso banale delle contingenze singole N-1 e di po-
che contingenze multiple note per essere assai probabili (linee in dop-
pia terna ossia due linee sulla stessa palificazione), le possibili contin-
genze iniziatrici multiple, come esito delle minacce sui componenti di
rete, non sono normalmente analizzate. Si perde in tal modo il legame
fra le minacce e i guasti, e con esso la possibilità di individuare guasti
multipli dipendenti [42] e valutarne la probabilità, variabile nello spa-
zio e nel tempo a causa della variabilità delle minacce.

Comportamento del sistema fino al blackout


Una volta definite le contingenze da analizzare, se ne valuta l’effetto
tramite appropriati indicatori di sicurezza e simulatori statici o dinamici.
I simulatori statici permettono di evidenziare le violazioni di ten-
sioni e correnti subito dopo la contingenza, nonché alcuni fenomeni
di instabilità di breve termine, ma altri fenomeni di instabilità e l’in-
tervento di protezioni non sono rappresentati. I simulatori dinamici
permettono di verificare approfonditamente la stabilità; tuttavia è
difficile predire l’evoluzione di uno scenario di blackout, special-
mente nelle fasi di degrado estremo del sistema, a causa delle incer-
tezze sui modelli di rete in condizioni molto perturbate e, ancor più,
sul comportamento dell’operatore di sala controllo che può interve-
nire con manovre di emergenza.
La valutazione della resilienza a fronte di eventi estremi richiede
la disponibilità di strumenti atti a simulare le possibili sequenze di
scatti garantendo un buon compromesso tra velocità e accuratezza
dei risultati. Ridurre la complessità dell’analisi richiede inoltre di
utilizzare metodi semplificati per analizzare in forma probabilistica

82
Valutare la resilienza – Il quanto

Indicatori di sicurezza

Gli indici di sicurezza convenzionali rappresentano un fondamentale supporto per garantire il


soddisfacimento dei criteri convenzionali di sicurezza, in particolare il criterio N-1. Essi sono calcolati per
ciascuna contingenza, applicata a una data situazione di funzionamento del sistema elettrico. È possibile
inoltre presentare risultati aggregati per una lista di contingenze.
Non sono altrettanto efficaci per fornire soluzioni rispetto a eventi eccezionali. Come già ricordato,
infatti, difficilmente la rete potrà essere resa sicura rispetto alla perdita simultanea, o in un breve intervallo
di tempo, di più componenti elettricamente vicini. Di seguito alcuni esempi.

Tipologia degli
Componente/sistema Indicatore
indicatori di sicurezza
Statici Componenti longitudinali Entità del superamento del valore limite di corrente
(linee, trasformatori)
Nodi Entità del superamento del valore limite
(massimo o minimo) di tensione
Generatori Entità di violazione dei limiti di capability
Stabilità Margini di caricabilità rispetto
alla stabilità di tensione
Sfasamento fra le tensioni agli estremi
di un collegamento, dopo la sua apertura
(in vista della richiusura)
Dinamici Stabilità transitoria Critical Clearing Time (tempo limite di rimozione
del guasto per garantire la stabilità)
Stabilità alle piccole oscillazioni Smorzamento dei modi oscillatori
Stabilità di frequenza Escursione massima di frequenza in transitorio
e a regime
Stabilità di tensione Margini di caricabilità rispetto alla stabilità
di tensione (effetto delle dinamica dei trasformatori
variatori sotto carico e dei carichi termostatici)

i possibili processi a cascata innescati da contingenze [43]. Il tema è


oggetto di gruppi di lavoro internazionali a cui partecipa RSE [42][44].
Gli strumenti che li implementano sono utilizzati per valutazioni a
supporto della programmazione dell’esercizio o della pianificazione
di rete. Tuttavia questi strumenti sono ancora assai poco diffusi, sia
per le limitazioni modellistiche sia per la quantità di dati che occorre
fornire e per la complessità di funzionamento.

Resilienza del sistema elettrico 83


4

Fase di ripristino
Anche il ripristino è difficile da modellizzare e simulare ex-ante.
Per quantificare i tempi di ripristino del servizio sono disponibili
alcuni modelli molto semplificati, spesso derivati da correlazioni sta-
tistiche e quindi a valenza del tutto orientativa.
In varie iniziative internazionali sono stati sviluppati strumenti
molto sofisticati di supporto alla gestione del ripristino del sistema
elettrico. Utilizzando questi strumenti si potrebbero ricavare stime
più accurate, relative agli scenari di disservizio considerati. Questi
strumenti, tuttavia, sono assai poco diffusi e spesso sono disponibi-
li solo a livello prototipale. L’EPRI (Electric Power Research Institute)
ha sviluppato uno strumento a supporto del ripristino [45][46], i cui
concetti fondamentali sono stati ulteriormente estesi nel progetto
AFTER [12][47].
Per quanto riguarda il ripristino dell’infrastruttura, sono disponi-
bili modelli concettuali qualitativi che comunque possono dare qual-
che indicazione utile.

4.4 DALLA SICUREZZA AL RISCHIO

Il criterio di sicurezza N-1, essendo deterministico, è semplice da


esprimere e relativamente facile da valutare, ma presenta dei limiti:
rispettare il criterio N-1 può richiedere azioni di controllo non indi-
spensabili, quando i rischi di disalimentazione sono bassi; mentre
possono presentarsi situazioni con rischio non trascurabile, associate
a contingenze N-k non considerate dal precedente criterio.
Invece i metodi probabilistici possono tenere conto di varie incer-
tezze dovute alle contingenze, alle previsioni dello stato operativo,
a comportamenti imprevisti e malfunzionamenti nella risposta del
sistema. Tramite il concetto di rischio si pesa la probabilità di acca-
dimento e la severità delle contingenze. Gli approcci basati sul con-
cetto di rischio sono sicuramente i più adeguati per trattare eventi
rari ad alto impatto (High Impact Low Probability Events–HILP). La
severità può essere espressa in funzione degli indici di sicurezza so-
pra elencati, calcolati negli istanti di risposta iniziale alla contingen-
za; oppure in termini di grandezze che quantificano il disservizio al
termine del processo di degrado innescato dalla contingenza (come
il carico perso). Diversi metodi probabilistici sono stati proposti negli
ultimi anni nel contesto della pianificazione e dell’esercizio dei siste-
mi elettrici [44][48][49][50][51][52].

84
Valutare la resilienza – Il quanto

La valutazione del rischio secondo i gestori di rete europei

Il concetto di rischio è stato introdotto solo di recente in alcuni standard operativi per trattare gli eventi
estremi (NERC Std. TPL-001-4 [53]). In Europa, l’ENTSO-E [54] pur confermando la necessità di soddisfare il
criterio N-1, suggerisce un approccio basato sul rischio per quantificare l’opportunità di rendere il sistema
sicuro contro specifici disturbi N-k, con k>1. Le valutazioni di sicurezza basate sul rischio consentono di
costruire curve iso-rischio nello spazio dei parametri di funzionamento del sistema elettrico, distinguendo
tra zone ad alto rischio e a basso rischio indipendentemente dalle valutazioni degli approcci deterministici
(Figura 4.3).

FIGURA 4.3 Diagramma di rischio definito dai gestori di rete europei (ENTSO-E).

Zone 1
Zone of out-of-norm events
Expected loss: Zone 2
€, MW, MWh Unacceptable CONSEQUENCES zone (e.g. cascading effects on neighbouring countries)

Zone 3
Unacceptable RISKS zone (e.g. domestic propagation)
Unacceptable
consequences
limit

Isorisk curve
(corresponding to the maximum accepted risk)

Zone 4
Acceptable risks zone

Probability
EHV busbar / N-2 outage Auto-trasformer outage Line outage Generation set
outage
Low probability
Dimensioning events
Non-dimensioning events (outage of a nuclear site or of a 400 kV substation)

Per considerare gli aspetti di resilienza è quindi importante valu-


tare i rischi con metodi probabilistici. Naturalmente, per valutare le
probabilità degli eventi occorre allargare il campo di investigazione
rispetto alle analisi convenzionali di sicurezza, includendo come si
è visto nel capitolo precedente i modelli delle minacce e i model-
li delle vulnerabilità del componenti e del sistema elettrico. Questi
elementi sono essenziali in un framework per la quantificazione e il
miglioramento della resilienza.

Resilienza del sistema elettrico 85


4

4.5 UNA METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE


EX-ANTE DELLA RESILIENZA

Per quanto finora evidenziato, condizioni necessarie per la valuta-


zione della resilienza sono:

■■ un allargamento dei confini del sistema studiato fino ad include-


re – oltre al sistema elettrico di potenza – anche l’infrastruttura
ICT e l’ambiente (umano e naturale in generale) che interagisce
con il sistema di potenza e con i sistemi ICT;
■■ una modellazione delle diverse minacce e del modo in cui queste
sfruttano le vulnerabilità del sistema;
■■ l’introduzione di approcci probabilistici di rischio per identificare i fe-
nomeni e gli eventi più rilevanti ai fini della continuità del servizio;
■■ la definizione di metodi di riferimento per la valutazione dei pro-
cessi di ripristino.

Tutte queste esigenze sono state recepite in un metodo innovativo


per la valutazione del rischio e della resilienza, sviluppato nell’ambito del
progetto europeo AFTER4 (A Framework for electrical power sysTems vul-
nerability identification, dEfense and Restoration) [12] coordinato da RSE.
L’approccio di AFTER è focalizzato sulle valutazioni di resilienza a
livello di esercizio, cioè sulle singole situazioni operative, e su come
incrementare la resilienza del sistema.
Il caposaldo dell’approccio AFTER è la modellazione del legame
quantitativo tra le cause dei disturbi (le minacce), le contingenze e gli
impatti risultanti sul sistema elettrico, attraverso un’estensione della
classica definizione di rischio. L’approccio risultante è del tutto generale
ed applicabile sia alle reti di trasmissione sia a quelle di distribuzione.
A partire da questi elementi di base, la metodologia consente di
valutare diversi indicatori: la probabilità dei guasti e delle contingenze
(singole o multiple), gli impatti sul sistema, il rischio di perdita di carico,
i tempi di ripristino. Questi elementi possono essere combinati in vario
modo per valutare indicatori di resilienza riferiti al servizio e alla rete
(vedi le sezioni precedenti) e ulteriori indici, associati alle diverse fasi in
cui un disturbo si manifesta ed evolve in un disservizio.

4 Al progetto AFTER hanno contribuito diversi partner specialisti nei vari


settori [ENEA (IT), SINTEF (NO), UNIGE (IT), University College of Dublin–
UCD (IRL), City University of London (UK), ALSTOM Grid (FR), SIEMENS
(DK), JRC (BE)] oltre ad alcuni TSO [ELIA (BE), TERNA (IT), CEPS (CZ)]
che hanno indicato esigenze e priorità. www.after-project.eu

86
Valutare la resilienza – Il quanto

Le incertezze nelle valutazioni di resilienza

Considerare gli eventi estremi e il loro effetto sul sistema elettrico, per identificare i criteri e le modalità
più opportune per gestirli non può prescindere da una loro quantificazione probabilistica. Le incertezze
devono essere considerate in vari momenti:

■■ nella valutazione dello stato iniziale di rete (in contesti di programmazione dell’esercizio, a causa degli
errori previsionali sui carichi e sulla produzione da fonti non programmabili);
■■ nella identificazione e valutazione delle minacce;
■■ nel legame fra le minacce e la vulnerabilità dei componenti che causa i guasti e i disservizi (failure);
■■ nella identificazione delle contingenze più probabili;
■■ nella risposta iniziale del sistema a seguito delle contingenze (per possibili malfunzionamenti dei
sistemi di protezione);
■■ nel comportamento delle protezioni durante il cascading;
■■ nelle azioni di controllo da parte degli operatori (influenzate da impredicibilità, specialmente sotto
condizioni stressate, e/o da fattori tecnici).

Inoltre è possibile considerare le variazioni di grandezze nella fine-


stra temporale in cui si sviluppa la risposta del sistema al disturbo (ad
esempio, rampe di carico e/o generazione, il cambiamento delle condi-
zioni meteorologiche).
Nel seguito sono presentati alcuni approfondimenti sulla metodolo-
gia probabilistica per la valutazione della resilienza. Il livello della trat-
tazione di questa sezione è un po’ più complesso e formale rispetto al
resto della monografia. Si è comunque voluto inserire questi dettagli sia
per completezza, sia per dare al lettore una visione più approfondita
sulle basi modellistiche del metodo.

..
4 5 1 Minacce, vulnerabilità e guasti
La metodologia di valutazione del rischio e della resilienza di AFTER
si basa sul modello concettuale bow-tie, già presentato nel Capitolo 2 (Fi-
gura 2.2), che descrive le relazioni tra cause e le conseguenze di eventi
indesiderati. In aggiunta alla situazione (stato) iniziale del sistema elet-
trico (che riguarda: la configurazione – elementi in servizio e topologia
della rete – e il punto di lavoro elettrico, le incertezze previsionali delle
rinnovabili e del carico da cui dipenderà la severità dell’evento; lo stato
fisico di componenti ed apparati, da cui dipende la capacità di superare
l’evento senza guastarsi) il metodo considera otto elementi.

Resilienza del sistema elettrico 87


4

Minacce che disturbano il sistema e rappresentano le cause profon-


de e primarie dei disservizi.
Vulnerabilità dei componenti rispetto alle minacce che ne com-
promettono la robustezza (ne rappresentano cioè le debolezze) a fronte
delle minacce e che sono causa dei guasti o dei malfunzionamenti.
Eventi iniziatori (ad esempio, i cortocircuiti di linea) derivanti
dall’azione delle minacce sui componenti.
Risposta iniziale del sistema all’evento iniziatore che comprende
la sequenza di eventi immediati (intervento delle protezioni primarie
e/o di backup) fino alla rimozione del guasto.
Le eventuali contingenze (multiple) che innescano transitori po-
tenzialmente instabili.
Il conseguente processo di degrado, il cui esito dipende dalle rispo-
ste dei sistemi di protezione, difesa, controllo, regolazione, dallo stato di
funzionamento (normale/malfunzionamento/guasto) dei componenti,
nonché dagli interventi degli operatori, che modificano le condizioni al
contorno durante l’evoluzione del transitorio5.
Gli impatti del processo di degrado fino all’esito finale, che con-
siste negli eventuali scatti successivi, operati per intervento dei si-
stemi di protezione e difesa, fino alla perdita di carico e all’eventuale
blackout avvenuto.
Il processo di ripristino del servizio e, se necessario, dell’in-
frastruttura.
Si osservi che una stessa minaccia può stimolare più di una vulnera-
bilità in un dispositivo: per esempio, il ghiaccio da un lato riduce la resi-
stenza superficiale degli isolatori di linea, dall’altro grava sul conduttore
della linea aumentando la sollecitazione meccanica sulla sezione del con-
duttore. Inoltre, la metodologia AFTER considera anche il caso generale
di componenti sottoposti a minacce multiple, considerando le possibili
dipendenze tra minacce nella valutazione delle probabilità di guasto.
Esempi rilevanti di minacce e relative variabili di stress – sia natura-
li sia antropiche – sono riportati nella Tabella 4.5.
Si ricorda che le minacce agiscono sia sul sistema elettrico di poten-

5 Un altro fattore che influisce sull’evoluzione di un disservizio è il grado


di osservabilità e di consapevolezza da parte degli operatori
della sala controllo dello stato effettivo del sistema elettrico, che è funzione
dell’adeguatezza e affidabilità dei sistemi di supervisione, soprattutto
durante condizioni di emergenza. La risposta del sistema è soggetta
ad incertezze legate alla taratura delle soglie delle protezioni e a possibili
malfunzionamenti dei sistemi ICT di protezione e difesa ed è anche funzione
dei fattori influenti esterni e dei ritardi degli operatori.

88
Valutare la resilienza – Il quanto

TABELLA 4.5 Minacce e relative variabili di stress.

Minaccia Variabile di stress Unità di misura


Tempeste di ghiaccio e neve Carico su conduttore N/mm2
Conduttività sugli isolatori µS/cm2
Inquinamento Concentrazione inquinanti su isolatori mg/cm2
Fulmini Densità dei fulmini a terra # fulmini/(km2*h)
Terremoti Accelerazione di picco al suolo m/s2
Frane Dislocazione di Newmark m
Alluvioni Livello dell’acqua m
Incendi Temperatura dell’isolamento °C
Contatto con alberi Altezza dell’albero m
Invecchiamento termico Temperatura dell’aria °C
Attacchi fisici intenzionali Probabilità dello scenario di attacco # attacchi/settimana

za sia sui sistemi ICT di monitoraggio, controllo, protezione e difesa del


sistema elettrico. Infatti i guasti o malfunzionamenti ICT (ad esempio
malfunzionamenti latenti delle protezioni, perdita delle comunicazioni
e quindi della funzionalità di supervisione operatore) possono influen-
zare la risposta del sistema in presenza di un guasto al sistema di poten-
za, rendendone più severe le conseguenze.
La combinazione della distribuzione di probabilità delle variabili di
stress con le curve di vulnerabilità dei componenti (caratterizzabili con
il grado di dettaglio desiderato)6 permette di calcolare le probabilità di
guasto dei singoli componenti e, quindi, la probabilità di occorrenza di
contingenze di rete (anche multiple dipendenti e di modo comune).

..
4 5 2 Contingenze critiche e loro selezione
Un aspetto cruciale in una metodologia per la valutazione della re-
silienza consiste nell’identificare le contingenze a cui è associato un ri-
schio più elevato. Conoscere le contingenze più critiche è infatti essen-
ziale per valutare e migliorare la resilienza del sistema.
C’è però un problema, la cosiddetta esplosione combinatoria. Le con-
tingenze N-1 sono tante quanti sono i componenti del sistema: per quanto
numerose (per un sistema di trasmissione come quello italiano, nell’ordi-

6 In questo contesto, la vulnerabilità di un componente si può definire


in termini probabilistici come la probabilità condizionata che si guasti,
dato il verificarsi di una specifica minaccia.

Resilienza del sistema elettrico 89


4

ne delle migliaia), sono trattabili dagli strumenti convenzionali di analisi


e normalmente già considerate nelle normali analisi di sicurezza.
Il problema sorge quando si affrontano le contingenze multiple
N-k: il numero di possibili combinazioni di guasti simultanei di k
componenti è enorme (e pari alle combinazioni di N oggetti presi k
alla volta) e non è possibile considerarle tutte. Per superare questo
problema, occorre sviluppare metodi approssimati per individuare
le contingenze potenzialmente rischiose prima ancora di effettuare
l’analisi di rischio dettagliata, basandosi su stime ex-ante. In questo
modo diventa possibile identificare il sottoinsieme di contingenze
multiple a cui applicare un’analisi accurata del rischio.
Nell’approccio AFTER, la selezione delle contingenze più rischiose
(in particolare quelle multiple sia dipendenti di modo comune7 sia
dovute a una minaccia estesa geograficamente) si articola in due fasi:

1) la selezione dei componenti critici, sulla base delle minacce e


della loro vulnerabilità che consentono di stimare la probabilità
di guasto dei componenti e di selezionare quelli più critici tenen-
do conto della frazione della probabilità di guasto totale spiegata;
2) l’identificazione delle contingenze rischiose, selezionate valutan-
do – in modo approssimato ma veloce – la riduzione della robu-
stezza del sistema a seguito delle contingenze.
In questo modo è possibile tenere sotto controllo l’esplosione
combinatoria anche nell’ambito dell’esercizio o della programmazio-
ne dell’esercizio.

..
4 5 3 Indicatori di impatto
Una volta selezionate le contingenze da analizzare in dettaglio, se ne
deve valutare l’impatto. L’approccio AFTER consente di stimare la per-

7 Una definizione precisa di contingenze di modo comune è data nella norma


IEC 61508-4–Functional safety of electrical/electronic/programmable
electronic safety-related systems – Part 4: Definitions and abbreviations:
“Common Cause Failure – failure, that is the result of one or more events,
causing coincident failures of two or more separate channels in a multiple
channel system, leading to system failure”. Nel caso del sistema elettrico:
“Una contingenza multipla di modo comune è il risultato di un evento
che, a causa di dipendenze di varia natura, provoca più contingenze
contemporanee”.

90
Valutare la resilienza – Il quanto

dita di carico tramite un simulatore quasi-statico che valuta – almeno


nelle sue prime fasi – anche i processi di scatto in cascata che possono
essere originati da contingenze singole e multiple applicate al sistema.
Come già ricordato, le incertezze associate alla simulazione del
cascading sono elevate; tuttavia l’approccio adottato, di tipo probabi-
listico, ha il vantaggio di includere le incertezze dei parametri, che
non si “vedrebbero” con una simulazione deterministica del casca-
ding. Con questo metodo è inoltre possibile effettuare valutazioni di
sensitività rispetto ai parametri rilevanti.
Il valore di carico perso (Loss of Load–LoL) è ottenuto combinan-
do i valori di carico perso al termine di ciascun percorso, pesati con
la probabilità dei diversi percorsi. Nei percorsi sono stimati anche la
risposta dei piani di difesa automatici e le azioni dell’operatore.
Il metodo adottato per la valutazione del cascading è stato con-
frontato con altri simili, proposti nella letteratura internazionale, e
rispetto alla simulazione dinamica [43].
Altri indicatori di impatto, come gli indici di sicurezza nella si-
tuazione iniziale post-contingenza, possono essere calcolati in modo
deterministico per una contingenza data (vedi paragrafo 4.3).

..
4 5 4 Indicatori di rischio
Come discusso in precedenza (vedi paragrafi 4.4 e 4.5) per valutare
la resilienza si deve estendere il concetto di rischio per considerare le
minacce, le vulnerabilità, le contingenze e gli impatti. In questo modo
si approfondiscono le analisi di sicurezza (Security Assessment–SA), spo-
stando l’attenzione sulle cause all’origine dei disservizi8.
Per una contingenza, gli indicatori di rischio sono definiti come i
valori attesi dell’impatto della contingenza stessa, in termini di carico
perso al termine dell’eventuale processo di cascading e di indici di si-
curezza tecnica nella situazione immediatamente successiva all’accadi-
mento della contingenza. In formule, l’indice di rischio Rctg associato a
una contingenza ctg è calcolato come:

Rctg= prob(ctg)ximp(ctg)

8 Si tratta di un passo in avanti rispetto alle tecniche classiche di PRA


(Probabilistic Risk Assessment) in cui la probabilità della contingenza
è di solito derivata da analisi statistiche di dati storici e non corrisponde
alle condizioni ambientali attuali dove opera il sistema elettrico.

Resilienza del sistema elettrico 91


4

e l’indice di rischio complessivo per il sistema è dato dalla somma


degli indici relativi alle contingenze selezionate:

Rtot= ∑R cgt
cgt

Il rischio associato a una contingenza varia nel tempo, a causa della


variabilità di entrambe le sue componenti: la probabilità dipende dalle
minacce in atto e in particolare dalle condizioni ambientali; l’impatto
dipende dallo stato iniziale del sistema elettrico.
Questi indici di rischio possono contribuire a identificare gli inter-
venti sui componenti e le scelte di pianificazione ed esercizio della rete
per aumentare la resilienza del sistema (vedi Tabella 4.6).

..
4 5 6 Indicatori di ripristino
La valutazione di indicatori di ripristino è molto complessa: occorre
tenere conto sia della rialimentazione delle utenze, che può avvenire
in condizioni di parziale indisponibilità dell’infrastrutture di rete (ripar-
tenza), sia della riparazione delle infrastrutture collassate (recupero).
I tempi di ripristino sono influenzati da svariati fattori, tra cui il tipo
di generazione disponibile, la disponibilità di interconnessioni per la
riaccensione, il livello di automazione della rete, la preparazione del
personale, eccetera.
Una stima dei tempi di riparazione delle infrastrutture collassate è
proposto in [55]. In questo lavoro, il tempo per il recupero delle infra-

TABELLA 4.6 Analisi di rischio.

Tipo di analisi Scopo dell’analisi


Analisi di una specifica situazione Valutare le contingenze cui è associato il rischio più elevato
di funzionamento del sistema Valutare il rischio complessivo, associato all’insieme di contingenze rilevanti
Valutare i componenti che più frequentemente sono interessati
da violazione dei limiti operativi
Effettuare analisi di sensibilità del rischio rispetto a variazioni del punto
di funzionamento o di altri parametri (per esempio ambientali)
Analisi su un insieme di situazioni Osservare come varia nel tempo il rischio del sistema sotto minacce
rappresentative dell’esercizio del sistema e stato del sistema in continua evoluzione
e delle condizioni esterne Svolgere analisi statistiche sui risultati delle valutazioni
sulle situazioni specifiche

92
Valutare la resilienza – Il quanto

FIGURA 4.4 Schema delle componenti del tempo di riparazione di una linea
collassata.

Localizzazione del guasto


t1

Identificazione del tipo di guasto


t2

Localizzazione e trasporto Chiamata e trasporto


delle parti di ricambio della squadra
t3 t4

Riparazione del tratto di linea


t5

strutture danneggiate può essere decisamente superiore al tempo ne-


cessario a rialimentare la percentuale di riferimento (ad esempio, 95
per cento) delle utenze staccate. Quindi la stima del tempo necessario
per ripristinare l’infrastruttura fisica fornisce una stima conservativa
del tempo di rialimentazione.
Il seguente modello di ripristino dell’infrastruttura fisica si applica
alle linee di trasmissione; con opportuni adattamenti può estendersi ad
altri componenti localizzati nelle sottostazioni.
Ad ogni segmento di linea si associano cinque intervalli di tempo,
come nella Figura 4.4.
Il tempo totale di ripristino di un dato segmento è dato da: Tres = t1+
t2+ max(t3, t4) + t5. Ad ogni tempo si associa una distribuzione di proba-
bilità di tipo Weibull (tipica per i tempi di riparazione dei componenti).
Se Tres(i) è il tempo di ripristino di ciascuna infrastruttura collassata
i, il tempo totale di ripristino delle infrastrutture fisiche TRES è limitato
da due valori:

Valore minimo  TRES, MIN=max(Tres(i))


i

Valore massimo  TRES, MAX=∑(Tres(i))
i

Il valore minimo assume che le riparazioni partano contempora-
neamente (piena disponibilità di squadre di manutenzione e di vie di
comunicazione). Il valore massimo assume invece che le riparazioni
siano svolte sequenzialmente (un’unica squadra disponibile).
Un valore ragionevole per TRES si può ottenere interpolando linear-
mente i due valori estremi in base al numero Nlinee di linee collassate e
al numero Nsq di squadre di manutenzione impiegate.

Resilienza del sistema elettrico 93


4

TRES,MIN–TRES,MAX
TRES=TRES,MAX+ x(Nsq–1)
Nlinee–1
Per quanto riguarda il ripristino del servizio, come è stato detto è
difficile valutarne i tempi. Una stima approssimata può essere ottenuta
tramite analisi basate su correlazioni statistiche.

4.6 INDICATORI DI RESILIENZA

La Tabella 4.7 riporta gli indicatori utili sia per la valutazione sia
per il controllo della resilienza, che si possono calcolare applicando la
metodologia proposta.

..
4 6 1 Indicatori di resilienza riferiti al servizio
Si possono considerare come indici di resilienza, relativamente alla
proprietà di assorbimento dei disturbi, gli indici di rischio sopra definiti, in
particolare il valore atteso del carico perso (Loss of Load–LoL). Con questa
definizione, ad una resilienza infinita corrisponde un valore nullo dell’in-
dice. Per avere un indice crescente con la resilienza, si può introdurre un
nuovo indice, Resilience Level (RSL), definito come l’inverso del rischio:

RSL=1 (probctg xLoL)

Poiché i valori di RSL possono differire grandemente, può essere


conveniente esprimerli in decibel (dB) in modo da renderne più agevo-
le il confronto:

RSL=10xlog10 (1 (prob ctg


)
xLoL) =–10xlog10 (probctg xLoL)

Per quanto riguarda la stima dell’energia non fornita, si può ap-


plicare un metodo convenzionale supponendo un tasso di rialimen-
tazione costante del carico. In particolare, data una percentuale p (ad
esempio, 5 per cento) di carico ancora non alimentato dopo il tempo
massimo di ripristino TRESTORE, la curva di decrescita della potenza
disalimentata è pari a:

1n p
P(t)=LoL xe-r·t  dove  r=–
TRESTORE

94
Valutare la resilienza – Il quanto

Di conseguenza l’energia non fornita durante il processo di riali-


mentazione è stimata tramite l’espressione:

p–1
ENS= x TRESTORE x LoL
1n p
Il costo atteso si può stimare dall’energia non fornita, secondo quan-
to specificato nel paragrafo 2.3.4. Si possono infine adottare indici di
resilienza che mettono in diretta relazione le minacce con l’esito finale
del disturbo, come suggerito sopra (paragrafo 4.5.4). Indicatori del tipo:

R_pu_LOL = Valore atteso della potenza di carico disalimentata /


Valore atteso della minaccia

oppure

R_pu_ENS = Valore atteso dell’energia non fornita /


Valore atteso della minaccia

TABELLA 4.7 Indicatori di resilienza calcolabili con la metodologia ex-ante.

Classe dell’indicatore Sottoclasse Indicatore


Indicatori riferiti Indici relativi alla proprietà Valore atteso della potenza di carico disalimentata
al servizio di assorbimento dei disturbi Inverso del valore atteso della potenza
di carico disalimentata
Indici relativi alla proprietà Tempo necessario a rialimentare una data percentuale
di recupero dai disturbi del carico perso
Indici sintetici delle proprietà Energia non fornita attesa (MWh)
di assorbimento e recupero Valore atteso dell’energia non fornita (euro)
Indicatori riferiti Indici relativi alla proprietà Valore di intensità della minaccia, tale che la probabilità
alla rete di assorbimento dei disturbi di guasto del componente sia pari ad un valore dato
Probabilità di guasto del componente, soggetto
ad un valore di riferimento di intensità della minaccia
Probabilità di una data contingenza multipla
Numero atteso di linee fuori servizio al termine
dei processi di cascading
Numero atteso di stazioni coinvolte dal blackout
Indici di rischio di corrente e tensione
Indici relativi alla proprietà Tempo atteso di riparazione delle linee danneggiate
di recupero dai disturbi Tempo atteso per rialimentare una percentuale fissata
del carico perso

Resilienza del sistema elettrico 95


4
Valutare la resilienza – Il quanto

validi nel caso in cui le contingenze siano causate da una sin-


gola minaccia, rappresentano indicatori di resilienza normalizzati
rispetto all’entità della minaccia. Valutare la loro evoluzione al va-
riare dell’intensità della minaccia equivale a verificare quanto sia
rispettata quella proprietà dei sistemi resilienti, per la quale l’impat-
to dovrebbe crescere proporzionalmente ai disturbi. Il valore di in-
tensità della minaccia, in corrispondenza del quale un indicatore “si
impenna”, è quello critico: se tale valore è ritenuto poco plausibile,
il sistema è sufficientemente resiliente; altrimenti occorre definire
misure – a livello di progettazione dei componenti, pianificazione ed
esercizio di rete – tali da aumentare la resilienza.
Gli indicatori permetteranno inoltre, attraverso analisi di sensibilità
rispetto ai parametri rilevanti, di valutare quali misure sono più efficaci
e qual è l’entità degli interventi da realizzare. Le valutazioni di sensibili-
tà rispetto ai parametri sono molto importanti, considerate le incertezze
associate alle analisi di resilienza.

..
4 6 2 Indicatori di resilienza riferiti alla rete
La vulnerabilità di un componente rispetto alle minacce è un indica-
tore di resilienza strutturale del componente. In particolare, si possono
definire come indici di resilienza:

■■ il livello di intensità della minaccia, tale che la probabilità di


guasto del componente sia pari ad un valore dato: questo appare
come un “buon” indice, crescente al crescere della resilienza, mi-
surato con la stessa unità di misura della minaccia;
■■ la probabilità di guasto del componente, soggetto ad un valore di
riferimento di intensità della minaccia: questo indice va da zero
a uno e decresce al crescere della resilienza. Il valore di riferi-
mento può essere quello previsto o quello attuale, o derivato da
analisi di serie storiche: per esempio, il valor medio, massimo o
di un definito percentile.

Collegata ai precedenti, possiamo inserire fra gli indici di resilienza


anche la probabilità di una contingenza multipla: la metodologia sopra
descritta, infatti, permette di tenere conto di guasti di modo comune e
indotti da minacce geograficamente distribuite.
Gli altri indicatori sono l’evoluzione probabilistica degli indicatori
deterministici già introdotti.

96
5 Garantire la resilienza
– Il come

Tutti concordano sull’importanza di ridurre i rischi e mitigare gli


effetti più devastanti di un’interruzione del servizio. Ma come fare?
Il concetto di resilienza può contribuire all’evoluzione in tal senso
delle procedure e dei criteri adottati nella progettazione e nella ma-
nutenzione dei componenti; nella pianificazione della rete; nella
programmazione dell’esercizio; nell’esercizio in condizioni normali
e di emergenza; nel ripristino del sistema elettrico.
In questo capitolo si traccia un quadro dei possibili approcci per
incrementare la resilienza dell’infrastruttura a fronte di eventi estre-
mi che comportano guasti multipli e che richiedono la riparazione
o la sostituzione di componenti; oppure la resilienza dell’esercizio,
che riguarda la gestione dei disservizi, cioè delle disalimentazioni
fino al blackout.
Corrispondentemente si possono introdurre approcci passivi e ap-
procci attivi.
Approcci passivi. Sono volti a migliorare la capacità dell’infrastrut-
tura di non subire guasti a fronte delle minacce, prevenendo e minimiz-
zando l’impatto di queste attraverso:

■■ l’introduzione di ridondanze;
■■ l’irrobustimento dei componenti;
■■ l’utilizzo di barriere di protezione.

La prima soluzione riduce la vulnerabilità dell’infrastruttura di


rete, introducendo delle ridondanze, ad esempio incrementando il
numero di collegamenti al fine di rafforzare la magliatura della rete1.
Le altre due soluzioni riducono la vulnerabilità dei componenti, im-
pedendo alle minacce di danneggiare l’infrastruttura di rete: alcuni
esempi sono l’irrobustimento delle linee, l’introduzione di dispositivi
anti-rotazionali per impedire la formazione di manicotti di ghiaccio
sulle linee aeree, la trasformazione delle linee di distribuzione aeree
in linee in cavo o l’allargamento e la manutenzione delle zone di
rispetto delle linee.
Approcci attivi. Sono volti a minimizzare i disservizi, migliorando
la capacità di assorbimento del sistema, e la rapidità di recupero. Negli
approcci attivi giocano un ruolo importante le soluzioni smart per:

1 L’aumento della magliatura delle reti consente di disporre di vie di flusso


alternative per la potenza elettrica, aumentando la capacità di trasporto
della rete ed estendendo la controalimentabilità sullo stesso livello di tensione
o tra livelli di tensione diversi.

Resilienza del sistema elettrico 97


5

FIGURA 5.1 Evoluzione di un evento estremo in un sistema resiliente


(in ascissa il tempo, in ordinata il livello di servizio).
Fonte: ripreso con adattamenti da [56]

R
Resilienza
Resilienza esercizio
infrastruttura

Robustezza Disponibilità di risorse/ridondanza Risposta Robustezza


Infrastruttura

RO
Stato
resiliente
Rpr
Stato
post-ripristino
degrado ripristino

Rpe
Stato degrado post-ripristino

to te tpe tr tpr tir tpir

■■ la valutazione, la previsione e la mitigazione delle minacce;


■■ la programmazione di azioni di controllo che riducono la vulne-
rabilità dei componenti e del sistema;
■■ la difesa, finalizzata a contenere il processo di degrado (e quindi
i disservizi)2;
■■ il ripristino, che deve essere adattato alla situazione specifica di
disservizio e del successivo processo di ripresa3.

Si può sintetizzare, affermando che gli approcci passivi corrispon-


dono a interventi di progettazione e pianificazione dei componenti e
della rete; quelli attivi alla progettazione di sistemi di protezione e dife-
sa smart e alle azioni prese in fase di programmazione dell’esercizio ed
esercizio in tempo reale, il più possibile “calibrate” sulla effettiva situa-
zione in termini di minacce e condizione del sistema.
In questo contesto assumono un ruolo fondamentale i metodi de-
scritti in precedenza, basati sul concetto di rischio: questi consentono

2 Ad esempio, per far fronte a un evento severo in rete un sistema resiliente


può separarsi in sotto-reti, al fine di evitare l’estensione del disservizio
alle aree non colpite dall’evento.
3 Un ripristino smart contempla anche la possibilità di riattivare
reti di distribuzione, basandosi su risorse locali di riaccensione,
basate su generazione distribuita.

98
Garantire la resilienza – Il come

Eventi naturali, danni e gestione delle emergenze

Non è raro che le controversie tra cittadini e utility, dovute a danni per
interruzioni elettriche, si focalizzino sulla prova dell’eccezionalità dell’evento,
che, in questo caso, farebbe cadere qualsiasi responsabilità di parte. Oltre
alla vaghezza del termine “evento eccezionale”, difficilmente traducibile in
definizioni precise per tutti gli eventi citati sopra, troppo spesso fenomeni
che appartengono alla normale meteorologia del nostro Paese vengono
erroneamente giudicati in questo modo. Il modo più proattivo da parte delle
utility assieme ai servizi pubblici competenti per migliorare la difesa dagli
eventi naturali si può esplicare con due tipologie di intervento:

■■ la progettazione e costruzione di linee elettriche che resistano il più


possibile alle forze naturali;
■■ la gestione ottimale dell’emergenza prima, durante e dopo l’evento.

Una gestione ottimale delle reti di trasmissione e distribuzione, in caso


di emergenza meteorologica, può essere fatta tenendo in allerta squadre
per il ripristino veloce delle linee interrotte e predisponendo, ove possibile,
ridondanze nei collegamenti. A tal fine sarebbe opportuno che gli operatori
a livello locale e nazionale fossero costantemente aggiornati sugli eventi
rischiosi previsti e in corso. Questo accade ad esempio nel Centro Nazionale
di Controllo di TERNA, che è costantemente collegato a sistemi per il
monitoraggio e la previsione meteorologica, permettendo al personale in
turno di essere avvisato dell’approssimarsi di particolari condizioni meteo
avverse. Non tutte le utility però godono di queste possibilità.
Una complicazione sorge dal fatto che la rilevazione e l’elaborazione dei
dati sugli eventi naturali, disastrosi o no, è distribuita tra enti pubblici diversi
che in Italia operano con molteplici finalità. Ad esempio, di meteorologia e
clima si occupano l’Aeronautica Militare, le Agenzie Regionali per l’Ambiente
e la Protezione Civile; per gli incendi boschivi ci sono il Corpo Forestale e le
Regioni, per i terremoti l’Istituto Nazionale di Geofisica.
La disseminazione delle competenze tra enti centrali e territoriali porta
spesso a problemi di reperimento e omogeneizzazione dei dati, perciò chi
opera nel sistema elettrico deve necessariamente dipendere da un preventivo
lavoro di raccolta ed interpretazione dei dati fatto da persone con competenze
specifiche, grazie al quale le informazioni possano essere fruite mediante
strumenti di facile consultazione.

Resilienza del sistema elettrico 99


5

di quantificare l’occorrenza di eventi estremi ed il loro impatto sul siste-


ma, e permettono di identificare soluzioni di pianificazione ed esercizio
efficaci anche a fronte di minacce importanti.
Si deve notare che in molti casi l’adozione di approcci passivi, come
la messa in campo di nuove linee elettriche, può subire notevoli ritar-
di dovuti ai tempi dei processi autorizzativi. Da questo punto di vista,
quando possibile, può risultare preferibile l’adozione di approcci attivi
oppure di soluzioni basate sull’irrobustimento delle infrastrutture o de-
gli impianti già esistenti, ad esempio tramite la progettazione e messa
in esercizio di linee con incrementata robustezza.

5.1 MEGLIO PREVENIRE? PROGETTAZIONE


E PIANIFICAZIONE DELLA RETE T&D

La pianificazione dello sviluppo delle reti di trasmissione e distri-


buzione è finalizzata al raggiungimento di specifici obiettivi di affidabi-
lità; nondimeno, al fine di contribuire al miglioramento della resilien-
za, la pianificazione deve tener conto, oltre a tutti i fattori già discussi
(come l’incertezza della generazione da fonti rinnovabili e la sempre
maggior frequenza degli eventi estremi), della disponibilità di nuove
tecnologie che forniscono ulteriori gradi di libertà ai pianificatori: ad
esempio, per ripotenziare una linea di trasmissione esistente, senza
occupare più terreno, possono essere utilizzati conduttori ad alta tem-
peratura e bassa freccia; in altri casi si può considerare di trasformare
un collegamento in corrente alternata in uno in corrente continua
(HVDC); i sistemi di accumulo elettrochimico possono trovare appli-
cazioni prevalentemente sulle reti di distribuzione.
Sempre più essenziale è anche considerare l’interdipendenza tra i li-
velli di tensione al fine di consentire l’adozione di soluzioni smart, come
le contro-alimentazioni tra livelli di tensione diversi, per la gestione de-
gli eventi critici; in prospettiva, la pianificazione dell’espansione di rete
dovrebbe considerare in modo maggiormente integrato queste esigenze.

..
5 1 1 Pianificazione smart delle reti di trasmissione
Il quadro europeo
Considerando il ruolo cruciale della trasmissione per il raggiun-
gimento degli obiettivi comunitari per il 2020, 2030 e oltre (2050) – e
tenendo conto delle esigenze derivanti dalla necessità di migliorare

100
Garantire la resilienza – Il come

la resilienza – è di fondamentale importanza ripensare oggi la piani-


ficazione delle nuove infrastrutture della rete europea, che saranno
in gran parte ancora in esercizio nel 2050.
Sinora i TSO europei hanno sostanzialmente mantenuto un pun-
to di vista nazionale circa lo sviluppo della trasmissione. Tuttavia, a
livello complessivo questo approccio è sempre più insufficiente a
sostenere le esigenze di scambio transfrontaliere legate alla presenza
di fonti di generazione complementari in diversi Paesi europei. Per
questo motivo, è sempre più necessaria una nuova politica UE sulle
infrastrutture elettriche, basata su un’ottica pan-europea.
Con questo scopo, la Commissione Europea, mediante il cosiddetto
Energy Infrastructure Package4 e la nuova regolamentazione TEN-E5
(entrata in vigore nel 2013), ritiene necessarie le seguenti fasi:

■■ individuazione delle infrastrutture energetiche per una rete


pan-europea smart;
■■ adozione di strategia mirata a promuovere un ristretto numero di
corridoi prioritari al 2020, su cui l’azione dell’UE può impattare in
modo significativo per il raggiungimento degli obiettivi di lungo
termine;
■■ selezione dei progetti specifici necessari per realizzare i corridoi
prioritari con un approccio flessibile tale da poter gestire situa-
zioni in costante evoluzione quali quelle del mercato e dello svi-
luppo tecnologico;
■■ supporto alla realizzazione dei progetti prioritari europei median-
te nuovi metodi e strumenti, volti a promuovere la cooperazione
regionale, a razionalizzare le procedure autorizzative di nuove in-
frastrutture, a migliorare la comunicazione verso i decisori e i cit-
tadini così come ad attuare opzioni alternative di finanziamento.

In quest’ottica, verso la realizzazione strategica dell’Unione Energeti-


ca Europea (European Energy Union)6, si sono introdotti criteri per de-

4 Commissione Europea, Energy infrastructure priorities for 2020 and beyond


– A Blueprint for an integrated European energy network, COM(2010) 677
final, novembre 2010.
5 Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea Regulation (EU) No.
347/2013 of the European Parliament and of the Council of 17 April 2013 on
guidelines for trans-European energy infrastructure and repealing Decision
No. 1364/2006/EC and amending Regulations (EC) No. 713/2009, (EC) No.
714/2009 and (EC) No. 715/2009, Official Journal of the European Union
No. L 115, 25.04.2013 P. 0039-0075.
6 http://ec.europa.eu/priorities/energy-union/index_en.htm

Resilienza del sistema elettrico 101


5

finire i progetti europei da includere nella lista dei Projects of Common


Interest7 (PCI), parte di corridoi prioritari, che sono soggetti a valutazione
tecnico-economica (Cost-Benefit Analysis – CBA) secondo la metodologia
sviluppata e in corso di miglioramento da parte di ENTSO-E8 e che, per la
loro importanza strategica, godono di un percorso autorizzativo facilitato
e di un supporto finanziario di 5,35 milioni di euro da parte della commis-
sione EU nell’ambito della Connecting Europe Facility.

Classi di benefici considerati da ENTSO-E


nelle analisi costi-benefici
La Figura 5.2 mostra in sintesi le differenti classi di benefici e i prin-
cipali elementi e indicatori inclusi a livello quantitativo e a livello qua-
litativo nella metodologia CBA attualmente in applicazione da parte di
ENTSO-E (la cosiddetta CBA 1.0 [57]). In quest’ambito, gli aspetti relativi a
flessibilità e resilienza sono stati finora tenuti in conto a livello qualitativo,
basandosi sull’esperienza specifica dei TSO. La valutazione più puntuale
di questi aspetti è attualmente in corso di analisi a livello ENTSO-E, in vi-
sta dell’aggiornamento della metodologia di CBA (la cosiddetta CBA 2.0).

Processo di pianificazione
Come sottolineato, il processo di pianificazione dell’espansione del-
la rete di trasmissione è articolato e complesso. Esso parte dall’analisi
degli scenari per descrivere le possibili/probabili evoluzioni del sistema
elettrico nel quadro temporale considerato. Questi scenari si basano su
diverse proiezioni degli andamenti nel tempo di carico, generazione,
importazioni ed esportazioni, oltre che di vari altri elementi esogeni
rilevanti; lo scopo di questa analisi è valutare l’impatto della combina-
zione di questi diversi fattori sul comportamento del sistema nel corso
degli anni. Questi fattori a loro volta dipendono da driver economici, di
mercato e regolatori (ad esempio gli obiettivi UE per 2020 e 2030).
I pianificatori hanno il compito di stabilire se, nello scenario analiz-
zato di evoluzione del sistema elettrico ed in assenza di sviluppo della
rete, il sistema elettrico sia ancora affidabile, ossia sicuro e adeguato.
L’analisi è condotta applicando metodi di simulazione statica e dinami-
ca, includendo normalmente almeno la verifica del rispetto del criterio
di sicurezza N-1 (vedi Capitolo 2).

7 https://ec.europa.eu/energy/en/topics/infrastructure/projects-common-
interest
8 ENTSO-E Guideline for Cost Benefit Analysis of Grid Development Projects,
versione finale approvata dalla Commissione Europea, febbraio 2015 (www.
entsoe.eu).

102
Garantire la resilienza – Il come

FIGURA 5.2 Benefici e indicatori per la metodologia CBA 1.0 di ENTSO-E9 (CEF).

PROJECT ASSESSMENT

Environmental Socio-economic
Technical Security
Costs and social welfare/market Sustainability
aspects of supply
impact integration

Technical Losses CO2 RES


Flexibility
resilience variation variation integration

In mancanza dei minimi requisiti di affidabilità del sistema è ne-


cessario rinforzare la rete, considerando diverse opzioni alternati-
ve di intervento (“candidati”), che possono prevedere l’estensione
di collegamenti già esistenti, ad esempio per incrementarne la ten-
sione e/o la capacità di trasporto, oppure la costruzione di nuove
infrastrutture. Tra queste alternative, oltre alla costruzione di nuove
linee, rientra l’adozione di tecnologie innovative, che possono favo-
rire l’integrazione in rete di generazione rinnovabile su larga scala.
Dopo aver identificato un gruppo di possibili rinforzi alternativi
per ogni singola criticità riscontrata è necessario svolgere un’anali-
si tecnico-economica delle possibili soluzioni, per valutare le varie
opzioni e creare un ordine di merito che evidenzi la soluzione più
opportuna. Le opzioni devono poi essere confrontate tramite un’ana-
lisi costi-benefici.
Queste analisi richiedono di includere anche aspetti ambientali e
sociali, fattori che giocano un ruolo sempre più importante nel proces-
so di pianificazione. In generale, in uno schema decisionale moderno
risulta particolarmente importante quantificare correttamente i vari
aspetti da inserire in una analisi costi-benefici sistematica. I metodi di
valutazione tecnico-economica a supporto della pianificazione dello
sviluppo di rete possono essere sia deterministici, sia probabilistici. I
secondi sono indicati per tenere conto in modo più completo e pesato

9 https://ec.europa.eu/inea/en/connecting-europe-facility

Resilienza del sistema elettrico 103


5

in termini di frequenze di accadimento, di aspetti come la variabilità


delle condizioni operative e la diversa disponibilità di componenti di
rete. In questo senso, gli strumenti probabilistici per la pianificazione
recepiscono in parte le esigenze della resilienza: le situazioni analizza-
te, infatti possono includere casi di indisponibilità contemporanea di
più componenti. Questi strumenti forniscono così una quantificazio-
ne tecnico-economica dell’effetto di ridondanze nel sistema.
Gli strumenti per la selezione degli sviluppi di rete tramite valuta-
zioni costi-benefici, tuttavia, generalmente si basano su analisi di rete
semplificate. In particolare, non sono modellizzate le cause di guasto di
modo comune: si trascura così il maggior peso probabilistico dei guasti
multipli indotti da una stessa minaccia o di modo comune, importante
per valutare gli effetti di fenomeni meteo estremi.
Considerando le problematiche presentate e discusse nelle sezioni
precedenti, risulta di fondamentale importanza sviluppare e adottare
strumenti più sofisticati di pianificazione della rete, in grado di conside-
rare la probabilità delle minacce e delle vulnerabilità e i loro effetti sulla
disponibilità dei componenti, o alternativamente i tempi di ritorno di
contingenze multiple.

..
5 1 2 Pianificazione smart delle reti di distribuzione
La pianificazione delle reti di distribuzione si rivela tuttora essere
un aspetto sfidante. Ciò è dovuto, tra l’altro, alla sempre crescente pene-
trazione della generazione distribuita (GD), spesso da fonti rinnovabili,
che comporta notevoli complessità sia a livello della pianificazione sia
a livello dell’esercizio.
Come nel caso della rete di trasmissione, oltre alle soluzioni tradi-
zionali, basate esclusivamente sui rinforzi di rete, si devono considerare
anche soluzioni tecnologiche innovative come i dispositivi di accumulo
elettrico e il loro utilizzo in situazioni di emergenza.
La ricerca della soluzione ottimale è soggetta a vincoli tecnici re-
lativi ai profili di tensione, alla portata dei conduttori e ad eventuali
interventi di gestione attiva (riconfigurazione della rete e in particolare
contro-alimentazioni, controllo della generazione e del carico, dispac-
ciamento di potenza attiva e reattiva della generazione), al fine di tenta-
re di risolvere le criticità mediante azioni mirate.
Oltre agli aspetti tecnici (portate delle linee, tensioni ai nodi, corren-
ti di corto circuito e continuità del servizio), nelle analisi costi-benefici
si devono considerare:

104
Garantire la resilienza – Il come

Pianificazione probabilistica delle reti di distribuzione


per la resilienza

Nell’approccio di tipo probabilistico, per ogni soluzione di pianificazione


ipotizzata è valutato il rischio di superare i limiti operativi prefissati (massima
e minima tensione ai nodi, massima corrente ai rami), considerando la
probabilità di occorrenza di un evento critico (nel caso del sistema elettrico,
il numero di volte in cui una determinata configurazione di rete si presenta
durante l’anno), la vulnerabilità della rete (cioè la probabilità che all’evento
segua il danno) e l’entità del danno stesso; nello specifico la violazione dei
limiti operativi o la perdita di carico.
La vulnerabilità dipende dalla particolare configurazione di rete e dalle
specifiche condizioni di carico e generazione (quindi dall’ora del giorno in cui
si manifesta la configurazione di rete), che portano ad avere una distribuzione
di probabilità differente per la tensione al nodo o la corrente al ramo.

■■ i costi di investimento per la rete, per valutare la necessità di


adeguamento della rete di distribuzione in seguito alla crescita
del carico elettrico e/o la presenza di GD;
■■ le perdite tecniche di rete, al fine di valutare l’efficienza energe-
tica del sistema;
■■ i livelli di continuità del servizio. Per valutarli si possono consi-
derare, in maniera alternativa, il Valore dell’Energia Non Fornita
(VENF10) ai clienti oppure i premi e le penali previsti da AEEGSI
nel TIQE11;
■■ gli oneri di connessione, valutati secondo diverse modalità di cal-
colo, al fine di stabilire, insieme agli altri fattori di costo, la fatti-
bilità economica relativa alla connessione di GD in rete;
■■ il costo di installazione, gestione e manutenzione delle unità GD.
Il termine indicato è relativo all’installazione di unità GD ed alla
relativa produzione di energia elettrica, tenendo conto della fon-
te primaria di produzione;
■■ i costi dei servizi ancillari e di gestione attiva della rete di distri-
buzione che possono essere forniti dai proprietari di unità GD.

Tutti questi interventi comportano specifici costi di investimento

10 AEEGSI Delibera 28 maggio 2008 -ARG/elt 68/08.


11 “Testo integrato della regolazione output-based dei servizi di distribuzione
e misura dell’energia elettrica, per il periodo di regolazione 2016-2023”,
AEEGSI Delibera 22 dicembre 2015 646/2015/R/eel.

Resilienza del sistema elettrico 105


5

(infrastrutture di automazione, comunicazione e controllo) e di eser-


cizio (remunerazioni contrattuali per i soggetti coinvolti).
Anche nel caso della pianificazione smart delle reti di distribu-
zione si possono adottare approcci deterministici o, in alternativa,
approcci probabilistici:

■■ la pianificazione deterministica (di tipo Fit&Forget) restituisce


spesso risultati che comportano elevati costi d’investimento, do-
vuti alla necessità di assicurare il corretto esercizio anche nella
condizione operativa estrema, di massima generazione e minimo
carico (realizzazione di linee dedicate per ogni GD), particolar-
mente gravosa per le reti (eccessive sovratensioni);
■■ la pianificazione probabilistica, che considera accettabile una da-
ta soglia di rischio (pari ad esempio al 3 per cento di superamento
dei limiti tecnici operativi o di perdita di carico o di energia non
fornita), rispetto al caso Fit&Forget è in grado di ottenere una
configurazione meno onerosa in termini d’investimenti con una
probabilità praticamente nulla di violazione dei limiti operativi
senza pregiudicare significativamente le prestazioni del sistema.
La pianificazione probabilistica delle rete di distribuzione con-
sente di risparmiare sugli investimenti di rete pur presentando
minori rischi e incognite legati all’uso di nuove tecnologie.

La resilienza nel progetto GRID4EU

Il progetto europeo GRID4EU (2011-2016) ha visto la collaborazione di


6 distributori, costruttori elettromeccanici e organizzazioni di ricerca, tra
le quali RSE. Il progetto, tramite dimostratori su larga scala, ha validato
nuove soluzioni e tecnologie che possono rimuovere alcuni degli ostacoli alla
diffusione della generazione distribuita.
Nel dimostratore italiano coordinato da Enel Distribuzione, il sistema
di accumulo elettrochimico da 1 MW/1 MWh è stato utilizzato non solo in
fase di esercizio, come risorsa di regolazione a disposizione del controllore
centralizzato di tensione/corrente, ma – grazie a un’accurata pianificazione
– anche in fase di programmazione dell’esercizio, andando a individuare
quale, tra cinque linee MT alle quali era possibile connetterlo, ne beneficiasse
maggiormente in termini di riduzione delle perdite.
L’accumulo è stato usato anche per verificare in campo la ripartenza
(black start) della rete MT e l’esercizio in isola, dimostrandone le potenzialità
ai fini della resilienza del sistema elettrico.

106
Garantire la resilienza – Il come

In ogni caso, la costruzione di linee elettriche può essere soggetta


a ritardi dovuti a eventuali espropri di terreni e ottenimento di auto-
rizzazioni amministrative.
Si deve anche notare che l’introduzione di sistemi di automazio-
ne evoluti che consentono di sfruttare le contro-alimentazioni sullo
stesso livello di tensione o su livelli diversi, con la possibilità di gesti-
re in maniera centralizzata la potenza della generazione distribuita,
può consentire una forte riduzione degli investimenti di rete rispetto
alla pianificazione tradizionale con gestione passiva anche se con-
dotta con l’approccio probabilistico. Infine l’eventuale presenza di
dispositivi di accumulo, dedicati alla compensazione dell’energia im-
messa in rete dai generatori distribuiti, può consentire di ridurre gli
investimenti sulla rete.

..
5 1 3 Progettazione di linee con incrementata robustezza
Per resistere agli effetti dei carichi meccanici, statici e dinamici, in-
dotti da ghiaccio e vento sulle linee è in primis necessario incrementare
la tenuta meccanica/strutturale della linea e dei suoi componenti.
I valori di riferimento dei carichi a cui le strutture devono resistere
devono essere valutati sulla base delle registrazioni storiche e dell’espe-
rienza acquisita nella gestione delle linee. A questo riguardo va messa
in evidenza la generale difficoltà di reperire misurazioni storiche di ca-
richi da ghiaccio.
In Italia le scelte progettuali hanno determinato una tipologia base
di sostegni e di conduttori con il relativo tiro. Questa condizione è man-
tenuta valida per la generalità dei casi salvo casi speciali, quali le zone
liguri-emiliane dell’Appennino e particolari ambienti quali le montagne
con quote superiori a 1.200-1.500 metri sul livello del mare o zone par-
ticolarmente ventose.
La scelta delle zone speciali è una delle variabili progettuali di re-
sponsabilità del progettista.
Per quanto riguarda le misure per contrastare l’insorgere del fe-
nomeno del galoppo sulle linee (accavallamento dei conduttori), vari
studi e sperimentazioni (con campagne di misure in galleria del ven-
to) hanno permesso di analizzare a fondo il fenomeno. In particola-
re, dispositivi anti-galoppo (in grado di disaccoppiare le frequenze
torsionali da quelle verticali, all’origine di questi fenomeni nel caso
di linee con fasci di conduttori) sono stati progettati ed installati su
quelle linee che erano soggette al fenomeno, con il risultato della
scomparsa del problema [60][61].

Resilienza del sistema elettrico 107


5

Aspetti normativi di progettazione delle linee

Le normative nazionali ed internazionali prevedono criteri di


progettazione delle linee in grado di consentire a queste di resistere alle
condizioni avverse prevedibili per l’area in questione.
I criteri di progettazione possono essere di tipo deterministico o
probabilistico. Nel primo caso le azioni esterne, dovute per esempio ai carichi
da vento o da ghiaccio, sono tradotte in carichi di lavoro cui vengono associati
fattori di sicurezza per i vari componenti della linea (fondazioni, sostegni,
conduttori, …) per tenere conto degli elementi di incertezza presenti sia nella
determinazione dei carichi che nella resistenza dei componenti.
Negli Anni ’80 sono state introdotte le prime normative basate su
approcci probabilistici. Il documento di riferimento a questo riguardo è
la IEC 826 (del 1987), che nel 2003 è stata recepita a livello di norma (IEC
60826:2003). I relativi concetti sono stati recepiti e perfezionati nella nuova
norma europea sulla progettazione delle linee (EN 50341-1:2001).
Nella progettazione probabilistica vengono introdotti i concetti di
affidabilità della linea, intesa come la capacità di questa di resistere agli
eventi climatici (vento, ghiaccio, vento più ghiaccio) con periodi di ritorno
compresi nell’arco della vita di progetto della linea stessa12. Nello sviluppo
della nuova normativa sulle linee, in ambito CEI, per i carichi di neve o
ghiaccio e delle loro azioni combinate con quelle dovuti al vento ci si è basati
su uno studio approfondito, appositamente condotto da RSE nell’ambito di
un’attività di RdS [58][59].
Lo studio, svolto in accordo con la nuova norma CEI EN 50341, ha
permesso di realizzare una mappa dell’Italia per i carichi da neve e ghiaccio
a partire da analisi statistiche di dati sperimentali di carico sulle linee, di dati
meteorologici e da analisi del comportamento delle linee a fronte di eventi
meteorologici avversi. Ne è risultata una nuova suddivisione territoriale
dell’Italia rispetto ai carichi da neve e ghiaccio.

12 Per periodo di ritorno (T) di un evento climatico si intende il valore medio


dell’arco di tempo che intercorre tra due eventi climatici di entità maggiore
di un valore minimo definito. L’inverso del periodo di ritorno (1/T)
rappresenta la probabilità annuale di un evento con intensità maggiore
di quella di riferimento.

108
Garantire la resilienza – Il come

FIGURA 5.3 Vista dei dispositivi antirotazionali installati


sulla linea Demonte–S. Rocco.

..
5 1 4 Metodi passivi per la mitigazione
dei carichi da neve e ghiaccio
Nel caso di linee situate in zone soggette a forti sovraccarichi di
neve possono essere adottate altre misure di mitigazione per limitare
l’entità del sovraccarico stesso. Di seguito si presentano le misure di
tipo passivo applicabili a linee di trasmissione [62][63][4].
I dispositivi antirotazionali aumentano notevolmente la rigidezza
torsionale del conduttore su cui sono installati, ostacolando il mec-
canismo di continua rotazione sotto carichi eccentrici che è, come
visto, alla base della formazione e del consolidamento del manicotto.
Al fine di limitare l’entità di queste formazioni, in via sperimentale,
nel corso del 2009 TERNA ha provveduto all’installazione, su alcune
campate della linea in questione, di dispositivi antirotazionali, volti
a incrementare la rigidezza torsionale dei conduttori. La sperimen-
tazione, effettuata a valle di prove e studi condotti nell’ambito della
RdS [62] ha previsto la realizzazione e messa in opera di speciali
pendoli, costituiti da una massa sferica e da un braccio metallico, in
grado di produrre una coppia meccanica.
In Figura 5.3 è riportata una foto scattata nel febbraio 2010 dopo un
evento di formazione di manicotti di neve sulla linea: come si può notare,

Resilienza del sistema elettrico 109


5

FIGUARE 5.4 Vista di dispositivi (anelli plastici) per la mitigazione dei carichi
da neve bagnata su conduttori con fili elementari cilindrici.

SNOW RING
Wet Snow Snow Ring

Wet Snow is Dropped

per quanto si sia trattato di un evento di modesta entità, la terna equi-


paggiata con i dispositivi antirotazionali non presenta alcun accumulo di
neve sui conduttori. La sperimentazione ha dimostrato che i dispositi-
vi antirotazionali risultano particolarmente efficaci in concomitanza ad
eventi di precipitazione tipo wet-snow evitando la formazione dei mani-
cotti sui conduttori. Questo risultato ha indotto TERNA nel 2012 a speci-
ficare un dispositivo antirotazionale unificato, che è ora disponibile per
l’installazione su conduttori con diametri da 10,5 a 31,5 mm.
In aggiunta a questi dispositivi esistono altre soluzioni costituite ad
esempio da anelli plastici (Figura 5.4) da applicare a distanze regolari
sul conduttori a fili elementari circolari in modo da favorire il distacco di
accumuli di neve. Gli anelli possono essere applicati in esercizio (snow
ring) oppure direttamente in fabbrica (Built-in type). Questi dispositi-
vi possono essere abbinati ai dispositivi anti-torsionali per aumentarne
l’efficacia.
Vernici attive e dispositivi ferromagnetici applicati ai conduttori si
basano sul principio di mantenere la temperatura superficiale del con-
duttore al di sopra di un certo valore attraverso fenomeni di isteresi e
correnti parassite generate dal campo magnetico del conduttore stesso.
I rivestimenti devono essere applicati in fabbrica e alcuni recenti studi
hanno dimostrato un decadimento rapido della loro efficienza.
I dispositivi a barrette preformate avvolte a spirale sul conduttore
(Figura 5.6) hanno invece mostrato un’efficacia soddisfacente e sono
impiegati in diversi Paesi (Giappone, Canada, Scozia) nel caso di mani-
cotti sia di neve sia di ghiaccio. L’aspetto negativo è che questi dispositivi
producono riscaldamenti con continuità e sono quindi consigliabili per
località dove questi fenomeni avvengono di sovente nell’arco dell’anno.
Rivestimenti (coating) idrofobici e ghiacciofobici attuano la ridu-
zione del grado di adesione di acqua e ghiaccio ai conduttori. Sono so-
luzioni promettenti, ma ancora in fase di studio e non pronte per un

110
Garantire la resilienza – Il come

FIGURA 5.5 Cavo aereo MT (a) e conduttori ricoperti (b).

a b

uso industriale [65]; al momento sono utilizzate per lo più nell’ambito


dell’industria aeronautica.
Nell’ambito della RdS è in corso un’attività indirizzata all’individua-
zione di rivestimenti/trattamenti superficiali di conduttori e isolatori,
con un duplice scopo: conferire a questi componenti proprietà ghiac-
ciofobiche e migliorare la tenuta dielettrica degli isolatori in condizioni
di elevato inquinamento ambientale [66]. Sperimentazioni sull’efficacia
dei rivestimenti ghiacciofobici sono anche in corso presso la stazione
WILD di Vinadio (vedi paragrafo 6.1.1, Sistemi di monitoraggio della
formazione di manicotti).
Nel caso di linee di distribuzione l’aumento della resilienza del siste-
ma può essere conseguito, tra le altre soluzioni, con l’adozione di cavi
aerei (Figura 5.5a) e conduttori ricoperti (Figura 5.5b), con tensioni fino
a 36 kV, pur esistendo linee nel nord Europa con conduttori ricoperti
fino a 110 kV. Entrambe le soluzioni sono con-
FIGURA 5.6 template nella nuova norma europea CEI EN
Comportamento anti-icing delle barrette 50341-1 (2013) [67].
a spirale preformate. I cavi aerei (Figura 5.7a) costituiscono la
soluzione più adeguata per garantire la conti-
nuità del servizio anche in presenza di carichi
da neve eccezionali o di caduta di alberi sulla li-
nea: anche nel caso di cedimento dei sostegni o
della morsetteria della linea il servizio non vie-
ne interrotto e può permanere per un tempo
indefinito grazie alla presenza dello schermo
metallico. Questa soluzione consente inoltre di
azzerare il campo elettrico (grazie allo schermo
metallico a terra) e minimizzare il campo ma-
gnetico (grazie alla vicinanza delle fasi, avvolte
tra loro) in prossimità delle linea stessa.

Resilienza del sistema elettrico 111


5

FIGURA 5.7 Vista di sostegni in sospensione con cavo aereo (a)


e conduttore ricoperto (b).

a b

Il conduttore ricoperto (Figura 5.7b) presenta invece un isola-


mento ridotto (adatto a garantire da contatti accidentali verso terra o
verso gli altri conduttori di fase). Va rilevato, infatti, che questi con-
duttori non posseggono schermo di terra. Si tratta di una soluzione
particolarmente diffusa in alcuni Paesi del nord (Finlandia in parti-
colare) in quanto consente distanze interfasiche ridotte rispetto ai
conduttori nudi tradizionali (in media la distanza interfasica è pari a
1/3 rispetto a quella richiesta per i conduttori nudi) e permettono la
continuità del servizio in caso di caduta di alberi (per neve ad esem-
pio), ma questa volta per un tempo limitato (alcuni giorni).

5.2 MEGLIO CURARE? ESERCIZIO SMART


DEL SISTEMA NEI NUOVI SCENARI

Come accennato nelle sezioni precedenti, un esercizio smart che


si avvale di sistemi di automazione e controllo avanzati può aumen-
tare la resilienza minimizzando la vulnerabilità dell’infrastruttura, il
degrado del sistema e i tempi di ripristino (approccio attivo).
Considerando ancora una volta i fattori che possono compromet-
tere la robustezza e la sicurezza del sistema elettrico, illustrati nello
schema concettuale del bow-tie e analizzati in dettaglio nel Capitolo
3, l’esercizio smart del sistema richiede di migliorare:

■■ la prevedibilità e l’osservabilità del sistema, per anticipare, osser-


vare e valutare le situazioni critiche;

112
Garantire la resilienza – Il come

TABELLA 5.1 Esempi di esercizio smart del sistema elettrico.

Esercizio smart Minacce Vulnerabilità Contingenze Impatti

Previsione Sistemi DLR – Dynamic Line Rating 14


Contingenze multiple Rischio tecnico
di previsione previsionale e loro probabilità (overcurrent,
dei fenomeni undervoltage, …)
meteorologici, Rischio di perdita di
ambientali13 carico

Monitoraggio Sistemi di DLR in tempo reale Sistemi di supervisione WAMS (per maggiore
monitoraggio Monitoraggio temperatura di (SCADA) con funzioni situational awareness)
dei fenomeni componenti (trasformatori) evolute di monitoraggio
meteo, ambientali Monitoraggio di correnti di wide area (WAMS)
dispersione
Controllo Dispacciamento Controllo del franco da terra Cambio degli assetti Cambiamento di assetti
di potenza attiva tramite riduzione della corrente di stazione sulla base di rete post-contingenza
e reattiva sulle linee, per evitare flashover delle previsioni per per ridurre i rischi per il
per anti-icing Aumento della freccia delle ridurre la probabilità di sistema
Dispacciamento linee per aumentare il carico di contingenze multiple di Controllo coordinato di
di potenza attiva manicotto sopportabile stazione più rischiose tensione e frequenza
e reattiva Esercizio a tensione inferiore (ad Controalimentazione
per de-icing15 esempio, per HVDC) per evitare anche tra livelli di
scariche sugli isolatori tensione diversi
Riduzione degli sbilanciamenti Ridispacciamento
delle aree per ridurre le
vulnerabilità delle sezioni

Protezione - - Richiusure rapide SPS–Special Protection


Richiusure lente Systems adattativi
Protezioni adattative per Controlled islanding
contingenze multiple con adattativo (basato
cambiamenti rapidi degli sulle previsioni e sul
assetti ridispacciamento
preventivo)
Difesa - - - Piani di difesa integrati
su evento e fenomeno

13 Include perturbazioni meteo (temporali con fulmini, vento, allagamenti,


neve), aspetti ambientali (inquinamento salino e atmosferico), altri fenomeni
rilevanti (ad esempio, presenza di volatili).
14 Per DLR si intende la valutazione della portata di una linea, effettuata
tenendo conto delle effettive condizioni ambientali, attuali o previste.
15 In questa Tabella sono riportate solo le soluzioni di esercizio del sistema
elettrico; non compaiono pertanto altre soluzioni come, nel caso dei manicotti
di ghiaccio, i dispositivi antirotazionali.

Resilienza del sistema elettrico 113


5

■■ la controllabilità delle situazioni critiche, per evitare o minimiz-


zare gli impatti sul sistema;
■■ la protezione dei componenti dai guasti, per salvaguardare l’in-
frastruttura;
■■ la difesa del servizio, per salvare il salvabile minimizzando i dis-
servizi.

La Tabella 5.1 sintetizza alcuni esempi di funzioni smart per il


miglioramento della capacità di assorbimento del sistema, che pos-
sono essere utili nella gestione delle criticità. È necessario inoltre
migliorare le procedure per la ripresa del servizio, al fine di ridurre
i tempi dei disservizi, e quelle per il ripristino dai guasti, al fine di
recuperare la robustezza dell’infrastruttura.
Nel seguito saranno illustrati alcuni di questi approcci.

..
5 2 1 Anticipare e osservare per conoscere
Previsione e monitoraggio

Anticipare le situazioni critiche


Per migliorare la resilienza del sistema è necessario acquisire
e utilizzare le previsioni di tutti quei fattori che possono impattare
sulla robustezza, sicurezza e resilienza del sistema elettrico, fattori
che sono stati ampiamente descritti nel Capitolo 3. Di particolare
importanza sono le previsioni dei fenomeni meteo, che hanno un
impatto molto significativo sulla probabilità delle contingenze sin-
gole e multiple.
Per valutare i rischi e programmare le azioni necessarie risulta utile
la metodologia descritta nel Capitolo 4, che può essere applicata in mo-
dalità ex-ante anche alle previsioni. In questo contesto si possono inoltre
richiamare le tecniche di DLR a livello preventivo, che permettono di
stimare, anche in termini probabilistici, la capacità effettiva delle linee
su un orizzonte previsionale di programmazione (per esempio, il giorno
prima) tenendo conto delle condizioni ambientali attese.

Osservare il sistema
Per poter controllare il sistema elettrico è necessario misurarne le
principali grandezze elettriche: presso le stazioni della rete di trasmis-
sione e distribuzione e in corrispondenza dei generatori sono installati
apparati (Remote Terminal Unit, RTU) che trasmettono le informazioni
dal campo agli elaboratori centrali attraverso sistemi di telecomunica-

114
Garantire la resilienza – Il come

zione dedicati: l’insieme di questi dispositivi costituisce lo SCADA (Su-


pervisory Control and Data Acquisition), che è il sistema su cui si fonda
l’attività di monitoraggio16. Un efficace sistema di monitoraggio è infatti
indispensabile al fine di migliorare la consapevolezza della situazione
(Situational Awareness) da parte degli operatori e predisporre oppor-
tune azioni di controllo, anche in vista di migliorare la resilienza del
sistema ai disturbi.
Negli ultimi anni, la disponibilità commerciale di apparati di misu-
ra fasoriali (PMU, Phasor Measurement Unit) basati su un riferimento
temporale assoluto17 ha consentito di ottenere misure fasoriali sincro-
nizzate con grande accuratezza. Gli apparati PMU, inizialmente svilup-
pati per la rete di trasmissione, stanno oggi entrando anche nelle reti
di distribuzione per le quali le misurazioni fasoriali sono più difficili, a
causa dei ridotti sfasamenti e della maggiore rumorosità dei segnali. Le
applicazioni di PMU, anche in tempo reale grazie ai sistemi ICT per la
trasmissione rapida di grandi quantità di dati (WAMS, Wide Area Mea-
surement System) contribuiscono al mantenimento della sicurezza di
esercizio e quindi della resilienza del sistema (Tabella 5.2).
In prospettiva un ulteriore, importante contributo dei sincrofasori alla
resilienza è atteso nei sistemi di protezione e controllo (WAMPC, Wide
Area Monitoring, Protection and Control)18, specialmente per applicazio-
ni di difesa Wide Area dei grandi sistemi interconnessi: il controllo di
interazioni fra aree remote (oscillazioni elettromeccaniche inter-area), le
protezioni adattative, i piani di difesa (separazioni controllate).
Se i WAMS sono già piuttosto diffusi presso i TSO, altre tecniche
di monitoraggio, pure molto utili, sono ancora poco sfruttate, anche
a causa delle tecnologie ancora in evoluzione. È il caso del Dynamic
Line Rating (DLR) in tempo reale, ossia di tecnologie che permettono
di rilevare la capacità effettiva di una linea considerando le condizioni
ambientali attuali. I valori di capacità delle linee sono generalmente più
elevati di quelli convenzionali, valutati in modo conservativo su para-
metri ambientali sfavorevoli. In questo modo aumenta la flessibilità di
esercizio senza compromettere la sicurezza.

16 Nei primi Anni 2000 c’è stato un forte sviluppo di strumenti per la
valutazione della sicurezza statica e dinamica della sicurezza di esercizio
del sistema elettrico (vedi Capitolo 2), che presso alcuni TSO (tra cui
TERNA), sono stati integrati nei sistemi di gestione dell’energia (Energy
Management System-EMS) dei centri di controllo. Il progresso nelle tecnologie
ICT ha inoltre permesso di ridurre i tempi necessari per le analisi di
sicurezza rendendoli compatibili con l’esercizio in-linea (ciclo di 5-15 minuti).
17 Dato da sistemi satellitari. La misura dei sincrofasori è normata dallo
standard IEEE C37.118.

Resilienza del sistema elettrico 115


5

TABELLA 5.2 Applicazioni dei sistemi Wide Area nei sistemi elettrici.

Acquisizione dati in linea Visualizzazione dei flussi di potenza attiva e reattiva e degli angoli di fase
Visualizzazione delle oscillazioni interarea
Ausilio in fase di ripristino, in particolare per l’effettuazione di manovre
Supervisione e input di sistemi di controllo e protezione: per esempio,
segnali per armare e attivare sistemi di protezione di sistema
Monitoraggio Stima dello stato
Determinazione in tempo reale delle capacità di trasporto dei corridoi
Monitoraggio della stabilità di tensione
Monitoraggio dei corridoi
Monitoraggio delle oscillazioni interarea
Monitoraggio termico delle linee
Monitoraggio della stabilità di frequenza
Identificazione dell’andata in isola
Monitoraggio della stabilità transitoria
Supporto alla risoluzione di congestioni
Analisi di transitori Valutazione delle prestazioni dei componenti, in particolare dei generatori
(per esempio, della risposta transitoria e a regime a variazioni di frequenza)
Validazione dei modelli Individuazione di malfunzionamenti dei componenti
Programmazione Raccolta dati per la descrizione o la validazione dei modelli di generatori e carico
degli interventi migliorativi Analisi e correzione delle impostazioni dei sistemi di protezione
Individuazione delle cause di oscillazioni
Analisi post-evento: identificazione della natura e delle cause dei disservizi
Controllo Funzioni avanzate di controllo, come lo smorzamento delle oscillazioni interarea tramite
segnali Wide Area
Funzioni avanzate Input agli schemi di protezione di sistema
di protezione del servizio Meccanismi di load shedding con coordinamento Wide Area
e difesa Separazione (andata in isola) controllata evitando le instabilità e il collasso della tensione

Migliorare la resilienza impone inoltre che sia presa in considerazio-


ne l’evoluzione spazio-temporale delle minacce. Questa variabilità met-
te in discussione l’utilità degli approcci basati su sottoinsiemi “fissi” di
contingenze credibili, come gli approcci N-1 o N-k. Infatti, questi approc-
ci non possono mantenere costante il livello di sicurezza del sistema né
ottimizzare l’impatto socio-economico sugli utenti finali. Pertanto, un
aspetto essenziale per la gestione attiva della resilienza dovrebbe consi-
stere nell’adozione di tecniche di selezione dinamica delle contingenze
critiche (N-k) più rischiose (confronta paragrafo 4.5.2).
Un’altra misura che può contribuire al miglioramento della resilien-

116
Garantire la resilienza – Il come

FIGURA 5.8 Evoluzione degli strumenti di analisi in linea, dalla sicurezza


alla resilienza. Fonte: Adattato dal progetto AFTER

SISTEMA DI ALLERTA
E SUPPORTO OPERATORE
Valutazione
Valutazione Valutazione
convenzionale
sicurezza/resilienza dei rischi
della sicurezza

N-1 N-1
Selezione Allarmi e Supporto
contingenze critiche Alcune N-2 N-2 decisione azione

«Rischio» N-k EMS


Requisiti
di sicurezza
e resilienza
SCADA

RTU, PMU

Azioni di controllo
Sistema Elettrico e difesa OPERATORE

za è il monitoraggio dei trasformatori, utile sia nell’esercizio in tempo


reale sia per la programmazione della manutenzione. Il monitoraggio
delle correnti di dispersione sugli isolatori delle linee aeree in zone par-
ticolarmente soggette a inquinamento, infine, può permettere di evi-
denziare situazioni a rischio di guasto.

Il ruolo degli operatori


Interventi più o meno tempestivi, corretti e adeguati degli operato-
ri possono stabilizzare o peggiorare una situazione che naturalmente
evolverebbe verso il collasso. Normalmente, gli operatori hanno l’e-
sperienza, la capacità e gli strumenti per agire correttamente e tempe-
stivamente. Tuttavia, per affrontare efficacemente scenari complessi
e rari, le conoscenze e l’esperienza possono non bastare. Dal punto di

18 CIGRE/WAMS WG C4.601, Wide area monitoring and control for


transmission capability enhancement, Technical Brochure, January 2007

Resilienza del sistema elettrico 117


5

vista tecnico, un comportamento anomalo può essere causato dalla


scarsa consapevolezza della situazione in atto, dovuta a limiti intrin-
seci, malfunzionamenti o sottoutilizzo dei sistemi di supervisione e
analisi di rete. A ciò si può aggiungere la carenza di conoscenza di pa-
rametri importanti, come le tarature reali dei sistemi di protezione. In-
fatti le caratteristiche attuali degli impianti, degli apparati e dei relativi
sistemi di controllo, protezione e difesa possono essere differenti da
quelle di progetto o, comunque, da quelle note all’operatore. Le cause
possono essere sia tecniche (derive temporali, malfunzionamenti) sia
organizzative (variazioni apportate deliberatamente ma non comuni-
cate tempestivamente alle funzioni di supervisione e controllo).

Architettura di un sistema di supporto all’operatore


per incrementare la resilienza
L’architettura di supervisione e controllo tradizionale può essere
integrata con strumenti per la valutazione del rischio e della resilien-
za come descritto nel Capitolo 4, in modo da supportare l’operatore
nell’identificazione e previsione dei rischi e nella difesa del sistema
nel caso di eventi critici.
L’architettura di principio di un sistema integrato di allerta e suppor-
to operatore per la supervisione del sistema ai fini della resilienza è illu-
strata nella Figura 5.8. Nel riquadro a sinistra si nota come gli strumenti
per la valutazione del rischio siano posti in aggiunta agli strumenti di
valutazione convenzionale della sicurezza, in quanto richiedono una
lunga sperimentazione, come tipico del mondo delle utility.

..
5 2 2 Controllare per aumentare la resilienza
Il controllo preventivo e correttivo
Nel Capitolo 2 si è parlato di controllo preventivo e correttivo per
garantire o recuperare i margini di sicurezza del sistema elettrico, nel
contesto dell’esercizio guidato dal classico criterio di sicurezza N-1.
In questo senso, con riferimento alla Tabella 5.1, il controllo è inteso
come azione volta a prevenire, eliminare o limitare un impatto, data
una contingenza. In un contesto di esercizio resiliente, alla sicurezza
deve subentrare il rischio e gli strumenti per il controllo della sicurezza
devono evolvere in strumenti per il controllo del rischio, tenendo conto
sia della probabilità delle contingenze sia degli impatti. Oltre a ciò, è
possibile sfruttare soluzioni di esercizio smart per altri obiettivi.
Interventi a livello di esercizio possono essere efficaci per controlla-
re e quindi ridurre le minacce:

118
Garantire la resilienza – Il come

Controllo preventivo e correttivo degli impatti

L’impatto sul sistema delle contingenze può essere ridotto tramite azioni
di controllo in due modi.
Nel caso del controllo preventivo degli impatti, il sistema elettrico è reso
sicuro rispetto alle contingenze: l’accadimento delle contingenze considerate
non comporterà alcuna violazione dei limiti operativi.
Nel caso delle azioni correttive si attende che la contingenza accada,
ammettendo che comporti violazioni le quali, però, sono tollerabili per il tempo
necessario a eliminarle, attraverso l’implementazione delle azioni di controllo.
Si deve notare che le azioni (preventive o correttive) a costo nullo (come la
riconfigurazione della topologia di rete e l’aggiustamento delle impostazioni di
componenti come i trasformatori variatori di fase per il controllo dei transiti di
potenza attiva) sono preferibili, laddove possibili, rispetto ad azioni onerose.
Comunque, anche nel caso in cui le azioni correttive siano onerose
(ad esempio, nel caso del ridispacciamento dei generatori), esse risultano
generalmente più convenienti delle preventive per il fatto che la loro attivazione
avviene solo al verificarsi dell’evento, contrariamente a quelle preventive.

■■ le correnti di anti-icing possono essere utilizzare per evitare la


formazione di manicotti di ghiaccio. A tal fine possono essere
definiti meccanismi di controllo preventivo, basati sul ridispac-
ciamento della generazione, per aumentare la potenza attiva o
reattiva delle linee interessate dalla minaccia;
■■ le correnti di de-icing possono ridurre il carico di manicotti già
formati o ridurne l’accrescimento. A tal fine è necessario attuare
azioni di controllo correttivo per modificare i transiti nelle linee
sulle quali è in corso la formazione di manicotti di ghiaccio.

Specifiche azioni di controllo permettono di contenere le vulnerabi-


lità dei componenti:

■■ la riduzione del transito di potenza su una linea ne aumenta i


margini di sicurezza rispetto al fenomeno di flashover con masse
a terra circostanti (tipicamente gli alberi);
■■ la riduzione della tensione di esercizio, laddove possibile (per
esempio in collegamenti HVDC), riduce la probabilità di cortocir-
cuito per il cedimento dell’isolamento di linee aeree in condizio-
ni ambientali sfavorevoli.

Resilienza del sistema elettrico 119


5

Interventi sulla configurazione di stazione (ad esempio, esercizio in


doppia sbarra o sbarra singola) possono rendere meno severe le contin-
genze per il sistema, in caso di guasto di qualche componente. Le stesse
logiche di richiusura delle protezioni sono finalizzate a limitare l’entità
(numero di componenti persi) e la durata della contingenza.
I cambiamenti di assetto di stazione possono essere adottati in certi
casi anche come misure di controllo correttivo, per ridispacciare i flussi
di potenza sulla rete in modo da non avere violazioni delle grandezze
operative e ridurre la probabilità di effetti a cascata [68]. In tal modo si
controllano gli impatti delle contingenze (si veda il box “Controllo pre-
ventivo e correttivo degli impatti”).

Controllo delle minacce per proteggere i componenti:


anti-icing e de-icing
Metodi termici. Il riscaldamento dei conduttori di linea per ef-
fetto Joule è uno dei possibili metodi per prevenire la formazione
di manicotti di neve e ghiaccio (anti-icing) o per permettere il loro
scioglimento ex-post (de-icing); tale metodo è riconosciuto come l’ap-
proccio più efficiente (ove si abbia flessibilità di dispacciamento).
L’impiego a scopo preventivo (ex-ante) di correnti di anti-icing, trami-
te opportuni controlli preventivi (cambi di assetto di rete o ridispac-
ciamento) o altri meccanismi (ad esempio, l’inserimento di carichi
ad hoc) è vantaggioso poiché viene utilizzato solo il 20-30 per cento
dell’energia richiesta rispetto ad interventi a posteriori (ex-post), detti
di de-icing, quando il manicotto è già formato.
Per fare un esempio, nel caso di nevicata umida, per evitare la
formazione di manicotti su un conduttore da ø31,5 mm occorre ave-
re una dissipazione di circa 8-10 kW/km, che equivalgono ad una
corrente di circa 400 A; nel caso del de-icing, per lo scioglimento del
ghiaccio deve essere iniettata una corrente (circa 3 A/mm²) molto
maggiore di quella nominale della linea (circa 1-1.5 A/mm²).
I metodi esposti danno origine a due strategie di impiego.
La prima può essere utilizzata operativamente con lo scopo di far
circolare nei conduttori una corrente in grado di produrre un effetto
Joule sufficiente a mantenere la temperatura superficiale del con-
duttore attorno a 1-2 °C con qualsiasi flusso di nevicata, di velocità
del vento e di temperatura dell’aria. A questo scopo risultano molto
utili sistemi di previsione in grado di indicare queste correnti in fun-
zione della situazione meteorologica prevista nelle ore successive.
Gli operatori hanno in questo modo la possibilità di valutare il debito
energetico della linea per far fronte alla formazione dei manicotti e
di prendere delle decisioni preventive.

120
Garantire la resilienza – Il come

De-icing

Tecniche di scioglimento del ghiaccio con linea in servizio o fuori servizio


sono applicate in alcune regioni di Stati Uniti, Canada e Russia, dove si
verificano ricorrenti fenomeni di tempeste di neve o di galoppo dei conduttori.
Queste tecniche sono però particolarmente complesse e per essere
attuate richiedono la realizzazione di cortocircuiti ad hoc, lo scambio delle
fasi a una estremità della linea o l’iniezione di correnti (alternate o continue)
con l’installazione di appositi impianti. I costi di questi impianti e le difficoltà di
impiego delle tecniche in esame limitano la possibilità di applicazione di questi
metodi. Tra le problematiche va messa in evidenza la possibilità di provocare
grossi surriscaldamenti (con danneggiamenti permanenti) su sezioni di linea dove
non siano presenti formazioni di ghiaccio al momento delle iniezioni di corrente.

La seconda prevede l’impego di correnti elevate, allo scopo di


far raggiungere al conduttore temperature vicine ai limiti di utilizzo
operativo per ridurre i tempi di distacco dei manicotti, ma si tratta di
un metodo di difficile applicazione pratica.
Una strategia di mitigazione attiva basata sulle correnti di anti-i-
cing è applicabile principalmente alla rete di alta tensione poiché
solo su di essa è possibile un instradamento dei flussi di energia a se-
guito di protocolli e piani di dispacciamento ben definiti. Ma non tut-
te le tratte sono in grado di supportare un instradamento dell’ener-
gia. Le cosiddette linee in antenna ad esempio, ovvero linee di alta
tensione non contro-alimentate, rappresentano per questa tipologia
di fenomeni meteorologici un anello debole, in quanto la corrente
che fluisce sui conduttori è determinata dal solo consumo dell’uten-
za sottesa o dalla produzione dell’impianto di generazione allacciato.
Per incrementare la resilienza del sistema nelle situazioni di im-
pianti di produzione sottesi ad una linea in antenna occorrerebbe
prevedere un picco di produzione in concomitanza degli eventi più
intensi.
Non potendo utilizzare le correnti di anti-icing per le funi di guar-
dia19, e in molte situazioni anche per i conduttori, nella RdS si stan-
no studiando soluzioni di mitigazione passiva basate su rivestimenti

19 Sono stati effettuati esperimenti metodi anti-icing basati sulla circolazione


di corrente continua nelle funi di guardia in Russia e Canada, tuttavia i costi
di questa soluzione si presentano molto elevati.

Resilienza del sistema elettrico 121


5

FIGURA 5.9 Vista di dispositivi per la frantumanzione di manicotti di ghiaccio (a)


e per la generazione di onde d’urto rispettivamente con cariche
esplosive (b) e con sistemi pneumatici (c).

a b c

con materiali ghiacciofobici, come peraltro anche auspicato dai ge-


stori di rete.
Metodi meccanici. I metodi meccanici si basano su due possibili
strategie: la prima consiste nel rompere meccanicamente il sovracca-
rico di ghiaccio determinando la successiva caduta del materiale cri-
stallizzato (Figura 5.9a); la seconda nel liberare energia di onde d’urto
(colpo di frusta, Figura 5.9b) o vibrazioni provocate sul conduttore (Fi-
gura 5.9c), rompendo così la formazione di ghiaccio. Uno dei vantaggi
principali dei metodi meccanici è la loro relativa facilità di applicazio-
ne rispetto ai metodi termici, ma richiedono apparati pre-installati sui
conduttori oppure interventi con la linea fuori servizio.

..
5 2 3 Proteggere i componenti dai guasti
Salvaguardare l’infrastruttura
Come noto, i sistemi di protezione dei componenti sono progettati
per salvaguardarne l’integrità anche a costo della sicurezza di sistema,
cosa che può portare alla propagazione di disturbi (scatti in cascata di
componenti, con estensione dell’area colpita dalla perturbazione e della
gravità del disservizio).
Può capitare che guasti o difetti riguardino gli stessi sistemi di pro-
tezione e difesa del sistema elettrico: il mancato intervento di una pro-

122
Garantire la resilienza – Il come

tezione (per esempio, per un guasto dell’interruttore) comporta una


perturbazione più severa, che dura di più (con potenziale impatto sulla
stabilità) e/o che si traduce nella perdita di un maggior numero di com-
ponenti rispetto al previsto (intervento delle protezioni di backup). D’al-
tra parte può anche manifestarsi il problema opposto: i guasti latenti o
hidden failures (HF) dovuti a impostazioni scorrette delle logiche o dei
parametri di intervento sono difetti permanenti che comportano [70]:

l’intervento intempestivo di una protezione […] per rimuovere erro-


neamente e impropriamente un elemento di circuito come diretta conse-
guenza di un altro evento.

I guasti latenti rimangono nascosti durante la condizione di funzio-


namento normale del sistema, ma, quando si verificano perturbazioni,
causano aperture non necessarie. I guasti latenti riducono l’affidabilità
del sistema e quindi la resilienza.
Questi fenomeni hanno giocato un ruolo significativo nella nasci-
ta e nella propagazione dei blackout; l’evoluzione tecnologica, tuttavia,
ha ridotto l’incidenza di questi problemi. In particolare, l’avvento delle
protezioni digitali ha offerto nuove dimensioni alla fidatezza dei sistemi
di protezione tramite l’auto-diagnostica e la possibilità di implementare
logiche di protezioni sofisticate e adattative. In ogni caso non si possono
escludere difetti, come bachi nel software o impostazioni errate, che
possono causare comportamenti indesiderati dei sistemi di protezione.

..
5 2 4 Difendere il sistema
Salvaguardare il servizio in emergenza
Il verificarsi di contingenze multiple può portare a condizioni di
emergenza caratterizzate da violazioni delle grandezze operative e im-
minente instabilità, che non sono sostenibili a lungo e che devono esse-
re mitigate attraverso l’intervento dei piani di difesa o tramite le cosid-
dette azioni eroiche dell’operatore, come il distacco di carico civile, per
evitare il degrado incontrollato del sistema. I piani di difesa sono definiti
dal CIGRE come [71]:

Insiemi di misure di controllo automatiche e coordinate, finalizzate


a proteggere il sistema rispetto a grandi perturbazioni che comportano
eventi multipli, generalmente non causati da calamità naturali. I piani
di difesa sono adottati per minimizzare e ridurre la severità e le conse-
guenze di eventi imprevisti a bassa probabilità e per prevenire il collasso

Resilienza del sistema elettrico 123


5

del sistema. I piani di difesa sono considerabili come livelli aggiuntivi di


protezione, progettati per attivare azioni di ultima istanza per stabilizzare
il sistema elettrico quando è imminente un disservizio generalizzato.

Nella definizione sopra si evidenzia che i piani di difesa non sono


espressamente progettati per far fronte a eventi di origine ambientale.
Tuttavia, eventi ambientali severi possono essere all’origine di blackout
significativi: una perturbazione spazialmente estesa può danneggiare
più linee di una sezione critica di rete, con rischio di scatto in cascata
della sezione e instabilità di sistema. I piani di difesa sono finalizzati a
gestire situazioni come questa, con visione di sistema. Sono pertanto
un elemento importante per migliorare la capacità di assorbimento dei
disturbi e migliorare la resilienza del sistema.
Per gestire in modo efficace le situazioni più critiche occorre intro-
durre piani di difesa sempre più intelligenti, che possano controllare la
risposta del sistema complessivo anche in caso di perturbazioni impre-
viste e tenendo conto della complessità del sistema elettrico.
Un piano di difesa può includere diversi sistemi basati su Schemi di
Protezione Speciale (SPS) in cui le azioni sono attivate su evento (per
esempio, l’apertura di un interruttore) o su fenomeno (una certa evo-
luzione di grandezze del sistema come il superamento di soglie di fre-
quenza, sfasamenti fra tensioni).

Requisiti per un piano di difesa integrato


per migliorare la resilienza
Migliorare la resilienza del sistema richiede di adottare un approccio
innovativo per la definizione di piani di difesa integrati del sistema elettri-
co, che cerchi di superare i limiti degli schemi attuali puntando sull’inte-
grazione di più tecniche di controllo (basate su evento e su fenomeno) e
di diversi sistemi di automazione (SCADA, WAMS, EMS, telecontrollo, …).
In molti casi l’obiettivo strategico degli attuali sistemi di difesa basati
su evento, e cioè il mantenimento della connessione della rete, non
sembra essere una soluzione valida soprattutto quando si verifica:

■■ il collasso di tensione in aree di rete fortemente deficitarie di


potenza;
■■ l’impossibilità di preservare le sezioni di transito in condizioni di
transiti troppo elevati (perdite di passo tra aree di rete, possibili
interventi non prevedibili di protezioni).

In questi casi è fondamentale effettuare una diagnosi che sia la più


accurata e la più rapida possibile del disturbo in fieri, così da prevede-

124
Garantire la resilienza – Il come

Funzioni in un piano di difesa integrato

■■ Acquisizione dati e identificazione dei problemi, guidata da logiche più elaborate di quelle basate su
evento, mediante il ricorso a strumentazioni più evolute quali i PMU in fase di misura, sistemi rapidi di
elaborazione locale o centrale e sistemi di comunicazione ad elevata velocità.
■■ Valutazione degli interventi correttivi, tenendo conto dei tempi disponibili e dei tempi necessari per
l’esecuzione del ciclo di controllo, avendo a disposizione diverse funzioni e risorse di controllo per
diversi fenomeni critici:
◗ controllo dei sovraccarichi, mediante riconfigurazione di rete o distacchi di carico e/o generazione;
◗ controllo del fenomeno di scatto di linee in cascata (perdita di sezioni di rete), con azioni di islanding
controllato e riequilibrio carico-generazione (anticipando lo scatto incontrollato dei collegamenti, che
può portare ad instabilità);
◗ controllo dell’instabilità d’angolo mediante attivazione di islanding controllato per sezionare le aree
tendenzialmente asincrone nel modo più conveniente;
◗ controllo del fenomeno di collasso di tensione, mediante misure correttive per il recupero della
stabilità e di adeguati livelli di tensione (blocco dei trasformatori a rapporto variabile, stacco di
carico);
◗ controllo dell’instabilità di frequenza, mediante azioni di distacco di generazione e carico anticipate
rispetto allo schema di alleggerimento automatico, con l’obiettivo di ridurre lo sbilancio generazione/
carico nelle aree separate.
■■ Attivazione delle azioni calcolate, mediante sistemi di comunicazione veloci.
■■ Valutazione continua, in tempo reale, dell’efficacia dell’intervento e valutazione di eventuali azioni
ulteriori.

re in tempo reale la più plausibile traiettoria del sistema e controllarla


mediante opportuni interventi. In realtà, come sopra richiamato, azioni
come l’alleggerimento di carico non sono sempre sufficienti a controlla-
re la traiettoria del sistema.
Una volta stabilito che l’evoluzione del sistema sarà con buona pro-
babilità verso sistemi separati, conviene attuare un insieme di sepa-
razioni opportunamente selezionate (islanding controllato) intorno ad
aree di generazione, cercando di garantire il più possibile un equilibrio
carico/generazione in ciascuna di esse, per:

■■ diminuire la probabilità di perdere generazione per effetto dei


transitori di rete;
■■ preservare quanto più carico possibile, rispetto al distacco messo
in atto dagli alleggeritori automatici di carico installati localmen-
te nelle cabine primarie;
■■ predisporre il sistema ad una rapida ed efficiente ripresa del servizio.

Resilienza del sistema elettrico 125


5

Nell’ottica di una integrazione più spinta tra funzioni, azioni di


controllo, sistemi di rilevamento, sistemi di comunicazione, eccete-
ra, nel progetto di un Piano di Difesa Integrato si dovrebbero com-
prendere le funzioni di acquisizione, di valutazione, attivazione a cui
possono seguire verifiche di successo.
I vincoli temporali per realizzare l’intero ciclo di acquisizione
e monitoraggio-valutazione-attivazione-attuazione sono dipendenti
dall’evoluzione del fenomeno, ma in generale possono essere molto
stringenti (inferiori al secondo, per i fenomeni più veloci).

..
5 2 5 Riprendere il servizio – Recuperare dalle emergenze
Il recupero dai disturbi consta di due aspetti che, almeno in certe
situazioni, possono procedere in parallelo: la riparazione dell’infrastrut-
tura di rete danneggiata e la riaccensione della rete e il ripristino del
servizio all’utenza.
Agevolare il recupero significa migliorare la resilienza del siste-
ma. Diversi fattori, a livello di risorse organizzative, materiali e di
personale, favoriscono la velocizzazione di entrambi gli aspetti.

Recupero dell’infrastruttura
La riparazione o sostituzione di componenti o apparecchiature si
basa in primo luogo sulla disponibilità di risorse umane: numerosità
e distribuzione sul territorio, organizzazione, preparazione e compe-
tenza. In secondo luogo, occorre mettere gli operatori in condizione
di poter effettuare il lavoro, attraverso risorse materiali di vario tipo:
mezzi adatti a raggiungere rapidamente i siti, strumenti opportuni,
disponibilità di parti o componenti da sostituire. Le linee elettriche
possono correre in zone impervie e raggiungere il guasto può rappre-
sentare una criticità, soprattutto in seguito a eventi meteo severi. Per
quanto attiene ai componenti di stazione, la criticità maggiore può
essere la disponibilità di apparati da sostituire a quelli danneggiati,
specialmente per quelli più pregiati e grandi come i trasformatori.
Una soluzione interessante in caso di danneggiamento di tratti di
linea aerea è rappresentato dall’allestimento di collegamenti provvi-
sori, rapidamente installabili.

Ripresa del servizio


Anche per quanto attiene alla ripresa del servizio sono numerose le
direzioni su cui si può agire per incrementarne l’efficienza.
Nell’ambito del già citato progetto AFTER [12] sono stati sviluppati

126
Garantire la resilienza – Il come

due filoni di attività a supporto delle fasi di ripristino in un’ottica di mi-


glioramento della resilienza:

■■ la pianificazione ed esecuzione di prove di addestramento di squa-


dre di emergenza per la costruzione di tralicci temporanei di emer-
genza a seguito di eventi estremi, specialmente di natura antropica
come i sabotaggi (azione di ripristino dell’infrastruttura fisica);
■■ lo sviluppo di uno strumento di supporto alle decisioni per gli opera-
tori nella fase di riaccensione di rete (azione di ripristino del servizio).

Lo strumento di supporto consente di costruire in modo adattati-


vo le strategie di ripristino in base alla condizione attuale, alle risorse
e ai vincoli del sistema, al fine di eseguire un ripristino veloce ed
efficace. Lo strumento è pensato per la rete interconnessa europea;
individua la sequenza di start-up dei generatori, le direttrici di riac-
censione, le linee di interconnessione con l’estero da utilizzare, il
numero e la localizzazione delle isole, i punti di sincronizzazione.
In particolare, permette di valutare la combinazione ottima fra fonti
esterne di ripristino (linee di interconnessione collegate a sistemi
rimasti attivi) e fonti con capacità di black start.

..
5 2 6 Un sistema di supporto per la resilienza
Come si è visto, un sistema di supporto all’operatore per la resilienza
deve comprendere diversi sottosistemi distribuiti e coordinati:

■■ un sotto-sistema di previsione, osservazione e valutazione della


sicurezza/rischio/resilienza che, utilizzando diversi indicatori,
consenta di migliorare la consapevolezza degli operatori sulle po-
tenziali criticità al fine di identificare gli interventi più opportu-
ni, in fase sia di programmazione dell’esercizio sia di esercizio in
linea. Le caratteristiche di questo sottosistema sono state descrit-
te in dettaglio nel Capitolo 4 e in questo capitolo;
■■ un sotto-sistema di protezione distribuita dell’infrastruttura elet-
trica con caratteristiche di real time stringenti. Questo sottosiste-
ma integra il sistema di protezione esistente, che agisce su scala
locale e in modo autonomo. Se necessario, le protezioni possono
essere coordinate tra loro a livello small area (teleprotezioni) o
wide area (tramite informazioni remote) in modo da renderle
adattative alle situazioni e alle minacce;
■■ un sotto-sistema di controllo preventivo, che possa minimizzare

Resilienza del sistema elettrico 127


5

i rischi potenziali per l’infrastruttura e per il servizio, derivanti


dalle minacce: tecniche di controllo, come le correnti di anti-i-
cing, possono contribuire a proteggere l’infrastruttura;
■■ un sotto-sistema di difesa integrato del servizio basato su schemi
di controllo correttivo, distribuito a vari livelli che, a partire dall’i-
dentificazione di eventi e fenomeni, possa mettere in atto azioni
di controllo utili a evitare il processo di cascading. Tra le azioni di
controllo in emergenza si può considerare anche l’andata in isola
controllata (controlled islanding).

Un sistema con queste caratteristiche può dare un effettivo suppor-


to all’operatore per ridurre i rischi e gli impatti degli eventi critici e
quindi per migliorare la resilienza.

5.3 IN CONCLUSIONE: MEGLIO CURARE E PREVENIRE!

Questo capitolo ha illustrato due diversi approcci che possono con-


tribuire a migliorare la resilienza, basati rispettivamente sulla preven-
zione e sulla cura, e nello specifico ha descritto i miglioramenti che
possono essere ottenuti irrobustendo l’infrastruttura oppure con un
esercizio smart.
La soluzione ottimale passa per una combinazione opportuna di en-
trambi gli approcci, per ragioni sia tecniche sia economiche. Si deve
infatti tener conto che:

■■ rafforzare la rete può essere molto costoso e può richiedere lun-


ghi processi autorizzativi. Questa osservazione suggerisce di mi-
gliorare la robustezza dell’infrastruttura solo nelle zone partico-
larmente critiche, rispetto alle minacce più probabili. Identificare
i tempi di ritorno delle situazioni di estrema criticità è essenziale
per identificare la priorità degli interventi;
■■ per ridurre la probabilità di disservizi, oltre a irrobustire linee
specifiche, si possono anche considerare interventi volti ad au-
mentare la ridondanza della rete. Gli interventi di sviluppo do-
vrebbero essere valutati mediante analisi costi-benefici basati su
approcci probabilistici, che tengano conto della frequenza degli
eventi e del loro impatto (includendo i costi di disalimentazione
e quelli di ripristino dell’infrastruttura);
■■ per ottenere quel degrado limitato di servizio, che è l’obiettivo
desiderato in caso di eventi N-k, è importante il ruolo degli ap-

128
Garantire la resilienza – Il come

TABELLA 5.3 Miglioramento della resilienza: aspetti di ripresa del servizio.

Tipologia di intervento Descrizione


Predisporre più risorse di ripristino Gruppi di generazione con funzionalità di black start
Centrali termiche che effettuino il rifiuto di carico (load rejection)
Prestazioni elevate di rampa per le centrali partecipanti al ripristino
Apparati che consentano di rendere più numerose e più affidabili le direttrici
di ripristino (per esempio, dispositivi di compensazione della potenza
reattiva come i reattori induttivi, i compensatori sincroni, eccetera)
Convertitori di collegamenti ad alta tensione in corrente continua (HVDC)
abilitati alla funzionalità di black start (convertitori di tipo Voltage Source
Converter-VSC, oppure convertitori Line-Commutated Converter-LCC
accoppiati con compensatori sincroni e risorse per avviare questi
in black start)
Predisposizione di soluzioni locali, come la formazione di isole di carico
sulla distribuzione (microreti)
Organizzare il processo Definizione di più strategie di ripristino, basate sia su gruppi di black start,
sia sulla rialimentazione da reti rimaste attive (per l’Italia è significativo
il caso di rialimentazione da reti estere)
Definizione dell’organizzazione per il ripristino, con un coordinamento
efficiente fra le diverse funzioni coinvolte e procedure operative semplici,
chiare e applicabili anche in caso di situazioni estreme
(per esempio, assenza di comunicazioni e di controllo remoti)
Rendere affidabili i sistemi e le procedure Verifiche periodiche dei componenti e sistemi coinvolti
Manutenzione (batterie degli apparati di controllo remoto)
Effettuare prove e addestramento Addestramento del personale, tramite esercitazioni in campo
e/o training su simulatori del ripristino
Verifica sul campo di direttrici complete, che comprendano l’attivazione
degli apparati e funzioni di controllo atti al ripristino (black start,
regolazione di frequenza e tensione in isola, lancio tensione, rampa
e attacchi di carico)
Adottare strumenti avanzati Ausilio degli operatori nelle fasi di ripresa del servizio. Alcuni strumenti
di supporto alle decisioni si basano su sistemi esperti che codificano le pratiche degli operatori [72],
altri sull’utilizzo di tecniche avanzate di AI (Artificial Intelligence).

procci attivi e in particolare dei piani di difesa, finalizzati a sal-


vaguardare il sistema. I piani di difesa devono essere progettati
per ridurre il servizio in modo parziale e controllato, per evitare
disservizi più gravi e facilitare la ripresa del servizio agli utenti di-

Resilienza del sistema elettrico 129


5
Garantire la resilienza – Il come

FIGURA 5.10 L’integrazione dello strumento di supporto alle decisioni di ripristino


del sistema elettrico: le frecce rosse indicano flussi informativi
dello strumento, quelle blu informazioni dal campo, quelle nere
comandi operativi. [47]

System Operator

UCD testbed
EMS/SCADA
System
OPC Protocol
UCD testbed
Decision Support System Power System
for Grid Restoration DIgSILENT Power Factory
Matlab
Basic Structure of the Electric System Subtransmission
Customer
Transmission Lines 26 kV and 60 kW
500, 345, 230 and 138 kV
Primary
Color key:
Customer
Transmission
13 kV and 4 kW
Distribution
Generation Secondary
Customer
Generating Generation Step Transmission Customer 120 V and 240 V
Station Up Trasformer 138 kV or 230 kV

sconnessi. Occorre inoltre considerare, specialmente per le aree


a rischio di prolungato isolamento dalla rete rilevante, soluzioni
di gestione in isola della rete locale di distribuzione, basate sulle
tecnologie smart grid e di generazione distribuita;
■■ occorre infine dare la debita importanza alle misure di ripristino,
che contemplano due aspetti: il ripristino dell’infrastruttura, in-
teso come la riparazione della stessa in seguito ai danni subiti; e
il ripristino del servizio all’utenza, che si basa sulle infrastrutture
che sono rimaste o via via tornano disponibili.

130
6 Il contributo di RSE:
studi e strumenti

RSE ha sviluppato diversi strumenti volti a quantificare e, se pos-


sibile, a ridurre: la probabilità di occorrenza e l’entità di eventi meteo
estremi nel medio-lungo termine; la vulnerabilità dei componenti di
rete; la resilienza e il rischio di esercizio del sistema a fronte di diverse
minacce (meteo ed antropiche).
In questo capitolo viene presentata una panoramica di alcuni degli
studi e strumenti sviluppati.

6.1 VALUTAZIONE DEI RISCHI DI EVENTI


E FENOMENI NATURALI

Questa sezione è dedicata agli strumenti di previsione, monitorag-


gio e analisi delle minacce naturali: si inizia con i fenomeni di nevi-
cata e dei conseguenti manicotti di ghiaccio che possono abbattere i
conduttori delle linee aeree; si continua con i temporali e le trombe
d’aria, rilevanti rispettivamente per le fulminazioni e le sollecitazioni
meccaniche; si esamina quindi il fenomeno dell’inquinamento salino,
che riduce la tenuta degli isolatori. Si conclude con i terremoti rilevanti
in particolare per il loro impatto sui componenti di stazione.

..
6 1 1 Forti nevicate con formazione di manicotti

Sistemi di allerta per formazione di manicotti


Le condizioni atmosferiche che caratterizzano il fenomeno della
neve umida sono note, per cui è possibile effettuare una previsione me-
teorologica specializzata. Questo tipo di previsione si ottiene partendo
da modelli numerici di previsione meteorologica globale, denominati
NWP (Numerical Weather Prediction), elaborati da alcuni centri di mete-
orologia internazionale1, combinati con modelli con elevate risoluzioni
spaziali, validi su un’area limitata (Figura 6.1).
In RSE vengono utilizzati i modelli ad area limitata Regional Atmosphe-
ric Mesoscale Model System (RAMS) e Weather Research and Forecasting Mo-
del (WRF), con cui si eseguono operativamente previsioni meteorologi-
che sul territorio italiano con una risoluzione spaziale orizzontale di circa
5 km. Il passaggio da modello globale (con risoluzioni spaziali tra i 15 e i

1 Modello IFS del ECMWF/UK, modello GFS del NCAR/USA.

Resilienza del sistema elettrico 131


6

FIGURA 6.1 Aree geografiche sottese alle diverse scale di previsione meteorologica.

50 km e temporali tra 3 e 6 ore) a modello ad area limitata (dati orari con


risoluzione spaziale di 5 km) permette di usare parametrizzazioni fisiche
differenti, descrizioni orografiche più accurate, schemi numerici per la
descrizione di fenomeni fisici anche differenti da quelli considerati nei
modelli globali, e soprattutto una frequenza temporale delle uscite più
elevata, tipicamente dell’ora ed eventualmente anche fino ai 10 minuti.
Per prevedere le condizioni metereologiche di wet snow, critiche
per il sovraccarico di neve sui conduttori della rete elettrica, è stato
sviluppato in RSE il sistema di allerta WOLF (Wet-snow Overload aLert
and Forecasting) [73], con risoluzione spaziale di circa 5 km e cadenza di
aggiornamento giornaliera, unico nel suo genere in Europa.
Le previsioni meteorologiche ad alta risoluzione sono usate per ali-
mentare il cosiddetto modello di Makkonen [74]. Questo, riconosciuto a
livello internazionale come modello di riferimento per nevicate umide,
ipotizza una crescita cilindrica e conservativa del manicotto senza fe-
nomeni di distacco (shedding). L’applicazione iterativa del modello di
Makkonen alle uscite orarie del modello di previsione meteorologica
consente di ottenere previsioni orarie di sovraccarico, per metro lineare
di conduttore fino a +72 ore dalla data di emissione, calcolate conside-
rando anche la spinta dinamica del vento previsto.
Per supportare gli operatori nell’adozione di strategie di mitigazione
attiva, WOLF fornisce anche la stima della corrente minima necessaria
a mantenere una linea elettrica libera da formazioni di manicotto, nota
come corrente di anti-icing (confronta paragrafo 5.2.2). Le correnti di
anti-icing sono determinate mediante i modelli termici definiti da Shu-

132
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.2 Schema a blocchi del sistema di previsione WOLF.

GM – ECMWF/GFS Carichi
di ghiacccio > soglia
LAM – RAMS/WRF
RUN
12UTC Variabili WOLF Spessore
forecast WOLF meteo manicotto
+72h
Risoluzione Modello Modello corrente
Risoluzione di crescita Corrente AI
0.125° 0.05° Anti-Icing (AI)

FIGURA 6.3 Applicazione WebGIS per WOLF con la previsione di sovraccarico


da manicotto effettuata per il 25 novembre 2016.

rig-Frick [75] e nell’ambito del CIGRE [76], considerando anche la di-


pendenza dal flusso di precipitazione nevosa. Uno schema della catena
operativa di WOLF è mostrato in Figura 6.2.
Le previsioni del sistema WOLF sono presentate in un’applicazione
WebGIS dedicata, che mostra le aree in cui è prevista la formazione di
manicotti di neve. L’interattività dell’applicazione permette di estrarre
in forma grafica informazioni relative ai fenomeni nevosi, ai sovracca-
richi di manicotto e alle correnti di anti-icing previste sui punti griglia
del modello (Figura 6.3). Le informazioni sono relative alla tipologie di
conduttori più diffusi, ovvero ø31.5 mm per l’alta tensione e il ø4.6 mm
per la media tensione.

Resilienza del sistema elettrico 133


6

Verifica dei modelli di accrescimento di manicotto

Alcune verifiche relative ai modelli di accrescimento di manicotto e di anti-icing relative alla stazione
WILD sono mostrate nelle figure seguenti per eventi di nevicata umida occorsi nel febbraio 2015. I valori di
accrescimento, precipitazione cumulata equivalente e corrente di anti-icing previsti su Vinadio sono stati
messi a confronto con i valori rilevati dalla stazione WILD, mostrando un buon accordo.

FIGURA 6.4 FIGURA 6.5

Verifica delle previsioni di manicotto Verifica delle previsioni di corrente


e precipitazione cumulata presso WILD. di anti-icing su conduttore di 31,5 mm
presso WILD.

WILD: sleeve accretion obseved and predicted WILD: sleeve accretion obseved and predicted
wet-snow event 4-5 februaty 2015 wet-snow event 5-7 februaty 2015
3 25 700 10
load obs [kg/m] Al obs [A] rain-obs
9
load fore [kg/m] 600 Al fore [A] Al-fore
2.5
rain obs [mm] 20 Al-obs 8

precipitatio equivalent [mm/h]


rain fore [mm]
500 7
2
15 6
rain cum[mm]

Al current [A]

400
load[kg/m]

1.5 5
300
10 4
1
200 3
5 Prec [mm/h] 2
0.5 100
1
0 0 0
15:00 16.00 17.00 18.00 19.00 20.00 21.00 22:00 23:00 00:00 01:00 02:00 03:00 04:00 05:00 06:00 00:00 02:00 04:00 06:00 08:00 10:00 12:00 14:00 16:00 18:00 20:00 22:00 00:00 02:00 04:00 06:00 08:00 10:00 12:00 14:00 16:00 18:00 20:00 22:00 00:00 02:00 04:00 06:00 08:00 10:00 12:00 14:00 16:00 18:00 20:00 22:00 00:00

04/02/2015 05/02/2015 05/02/2015 06/02/2015 07/02/2015

WILD: sleeve accretion obseved and predicted WILD: sleeve accretion obseved and predicted
wet-snow event 4-5 februaty 2015 wet-snow event 5-7 februaty 2015
6 35 600 10
load obs [kg/m] Al obs [A] rain-obs
9
5 load fore [kg/m] 30 Al fore [A] Al-fore
500
rain obs [mm] Al-obs 8
rain fore [mm] 25 7
4 400
6
rain cum[mm]

rain cum[mm]
Al current [A]

20
load[kg/m]

1.3 300 5
15
4
2 200
10 3
Prec [mm/h]
1 2
5 100
1
0 0 0 0
15:00 16.00 17.00 18.00 19.00 20.00 21.00 22:00 23:00 00:00 01:00 02:00 03:00 04:00 05:00 06:00 00:00 02:00 04:00 06:00 08:00 10:00 12:00 14:00 16:00 18:00 20:00 22:00 00:00 02:00 04:00 06:00 08:00 10:00 12:00 14:00 16:00 18:00 20:00 22:00 00:00 02:00 04:00 06:00 08:00 10:00 12:00 14:00 16:00 18:00 20:00 22:00 00:00

15/02/2015 16/02/2015 05/02/2015 06/02/2015 07/02/2015

Stazione pilota per lo studio dei manicotti


Allo scopo di studiare gli effetti delle nevicate umide sui conduttori
delle linee elettriche, RSE ha installato presso il comune di Vinadio (CN)
alla quota di 950 m s.l.m. una stazione di monitoraggio denominata WILD
(Wet snow Ice Laboratory Detection). La stazione opera in sinergia col siste-
ma WOLF dalla fine del 2013 ed è l’unica in Italia interamente dedicata
allo studio della wet-snow. È dedicata alla verifica e alla taratura dei model-

134
Il contributo di RSE: studi e strumenti

Sperimentazioni nella stazione WILD

Presso la stazione WILD sono in corso quattro sperimentazioni.


1) Raccolta di dati meteorologici mediante strumentazione del tipo extreme weather per garantire la
continuità delle misure durante gli eventi intensi di nevicata, che sono i più importanti.
2) Raccolta di dati di accrescimento su conduttore standard ACSR 31.5 mm con lunghezza di 3 metri in
lenta rotazione, mediante celle di carico, sensori di spessore ad ultrasuoni e immagini, allo scopo di
documentare in modo completo la formazione di manicotti. Questa sperimentazione garantisce una
crescita di manicotto di tipo conservativo e cilindrico in accordo con il modello Makkonen di riferimento,
e in accordo con quanto suggerito dalla normativa ISO 12494:2001 [74].
3) Studio di soluzioni attive di mitigazione basate su metodi termici. Mediante l’effetto Joule indotto da
correnti di anti-icing, modulate in bassa tensione sui conduttori campione, è possibile mantenere
la temperatura superficiale a temperature comprese tra 1 °C e 2 °C. È possibile quindi valutare il
bilancio ottimale delle correnti di anti-icing per prevenire il fenomeno della formazione di manicotto in
qualunque condizione di nevicata.
4) Studio di soluzioni passive di mitigazione. Sono in fase di test nuove tipologie di conduttori con
rivestimenti di tipo idrofobico e ghiacciofobico (icephobic), in affiancamento a quelli tradizionali. Il
confronto, anche qualitativo, di materiali di tipo diverso nelle medesime condizioni ambientali costituisce
un banco di prova importante per una selezione di materiali da impiegare nelle aree maggiormente a
rischio.

FIGURA 6.6 Stazione WILD: alcune sperimentazioni.

Resilienza del sistema elettrico 135


6

li di accrescimento e allo studio di soluzioni di mitigazione attiva e passiva


in un ambiente di prova reale. Le misure acquisite da WILD alimentano
ogni ora un database di osservazioni che permette il confronto immediato
tra la previsione di WOLF e la situazione meteorologica nel sito.
WILD va a colmare in buona parte la carenza di apparati di misu-
ra specifici sulla rete nazionale, e nasce da una somma di esperienze
acquisite attraverso campagne di misura dedicate allo studio della wet-
snow e dei suoi effetti sulla rete elettrica. La strumentazione impiegata
è di tipo ice-free e una serie di accorgimenti tecnici garantisce la conti-
nuità delle misure in qualsiasi condizione ambientale, specie durante le
nevicate più intense [77].

Sistemi di monitoraggio della formazione di manicotti


Per approfondire le condizioni e le modalità di innesco dei manicotti
e avviare un’attività di monitoraggio real time sulle linee in esercizio,
RSE – in collaborazione con TERNA – sta proseguendo l’installazione
di una serie di stazioni di monitoraggio meteorologico e telecamere su
tralicci o in prossimità di essi, in località soggette a condizioni meteoro-
logiche difficili.
La Figura 6.7 mostra un’immagine ripresa dalla telecamera instal-
lata sul primo traliccio di una linea di Alta Tensione che collega Malga

FIGURA 6.7 Formazione di manicotti su una linea di Alta Tensione a Malga Ciapela
(Belluno).

136
Il contributo di RSE: studi e strumenti

Ciapela (BL) al fondovalle. Si nota la presenza di manicotti di neve sui


conduttori e sulle due funi di guardia della linea. La telecamera trasmet-
te immagini della situazione in atto ogni 15 minuti. Attraverso queste
immagini, TERNA e RSE possono studiare il comportamento dei con-
duttori nelle fasi di maggior sovraccarico meccanico della linea.

Mappatura dei carichi giornalieri di manicotto


Oltre alla previsione dei sovraccarichi di manicotto di neve è impor-
tante conoscere le aree del territorio più vulnerabili a questi fenomeni.
La conoscenza delle zone in cui le infrastrutture di trasporto e distri-
buzione sono messe a dura prova dalla frequenza e dall’intensità degli
eventi risulta per i TSO e i DSO uno strumento di supporto indispensa-
bile alla pianificazione degli interventi per incrementare la resilienza.
RSE ha recentemente realizzato una mappatura nazionale dei cari-
chi di manicotto.
Lo strumento messo a punto permette di selezionare gli eventi di
wet snow in base ai valori di temperatura e quota altimetrica. È possibile
inoltre valutare i carichi massimi di manicotto attesi in funzione del
tempo di ritorno e del conduttore impiegato. Ad esempio, la Figura 6.9
mostra il carico meccanico massimo atteso, con tempo di ritorno di 50
anni, su un conduttore da 31,5 mm di diametro, dovuto alla presenza di

FIGURA 6.8 Criteri per la selezione delle condizioni di nevicata umida.

SELEZIONE DELLE CONDIZIONI DI WET-SNOW

Identificazione delle soglie sulla base di uno studio RSE di tutti gli eventi neve dal 1951

Nord
Tmin≥-2 °C & Tmax≤+2 °C
Centro Sud
Quota≥500 m
Tmin≥-2 °C & Tmax≤+2 °C
Centro Sud
Quota<500 m
–2 °C< Tmin<+2 °C
OR
Tmax≤+3 °C

Resilienza del sistema elettrico 137


6

FIGURA 6.9 Carico massimo combinato atteso su conduttore da 31,5 mm con tempo
di ritorno (TR) pari a 50 anni.

60
Carichi max risultanti Ev. (Kg/m) – MESAN – TR = 50 – Cond. aa585 d=31.5 mm
40
20
42
15
10
9
44
8
7
42 6
5
4
40
3
2
1
38
0.5
0.2
0
6 8 10 12 14 16 10

manicotto combinata con l’azione del vento. Questi dati, in accordo con
la normativa, possono essere utilizzati come riferimento per la proget-
tazione delle linee di alta tensione.

..
6 1 2 Forti temporali e trombe d’aria
Come già ricordato (paragrafo 3.1.2) le previsioni meteorologiche
tradizionali non possono prevedere in modo puntuale, con anticipo su-
periore a qualche ora, dove e quando si manifesteranno fenomeni tem-
poraleschi intensi. Possono stabilire soltanto se ci saranno le condizioni
generali, su scala regionale o sub-regionale, favorevoli al loro sviluppo. I
temporali possono invece essere osservati, anche quando sono in via di
formazione, mediante strumenti di monitoraggio con grandi potenziali-
tà di copertura e precisione.
Gli strumenti utilizzati in RSE sono il radar meteorologico e il satellite
geostazionario. Il primo (Figura 6.10) emette impulsi di microonde ed
analizza la parte di queste riflessa dalle gocce d’acqua presenti nella nube.

138
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.10 I sistemi radar meteorologici. Radar meteorologico di METEO-SWISS


sul monte Lema (a). Questo radar copre tutta la Lombardia.
Foto: Meteo-Swiss

a b
Immagine radar del monte Lema (b). Il colore indica l’intensità della
precipitazione in atto su Piemonte e Lombardia.
Fonte: elaborazione RSE

Il secondo, come il Meteosat di seconda generazione MSG, analizza la ra-


diazione visibile e infrarossa emessa verso l’alto dalla nube (Figura 6.11).
Questi due strumenti hanno raggiunto ormai precisioni di un chi-
lometro o meno per i radar e di qualche chilometro per il satellite. La
periodicità con cui tali strumenti possono ripetere le osservazioni è ti-
picamente di 5 minuti per i radar e di 15 per il satellite. A questi stru-
menti si aggiungono le reti per il rilevamento dei fulmini, come quella
del CESI-SIRF2, che copre tutta l’Italia e le zone di confine. Queste reti
permettono il rilevamento in tempo reale di ogni fulmine nube-suolo
con una precisione media sul punto di impatto di +/-500 m, ossia un
valore molto accurato.
Oltre all’acquisizione dei dati è importante la loro elaborazione, con
l’obiettivo di stabilire: quanto un temporale è pericoloso per i suoi effetti
al suolo; come si sta spostando e dove arriverà nel brevissimo termine
(30-60 minuti, il cosiddetto nowcasting).
Queste informazioni sono alla base di qualsiasi sistema di allar-

2 http://www.fulmini.it/public/product/attestati.asp

Resilienza del sistema elettrico 139


6

FIGURA 6.11 Esempio di immagine trispettrale del satellite europeo Meteosat 9,


che evidenzia – mediante la combinazione di vari canali – le nubi
temporalesche che insistono su Piemonte e Lombardia.
Fonte: elaborazione RSE

Sistemi di allerta e nowcasting per forti temporali

Per effettuare il monitoraggio dei forti temporali e delle trombe d’aria


RSE, in collaborazione con la Protezione Civile della Regione Lombardia, ha
messo a punto un sistema denominato Storm Tracking Alert and Forecast
(STAF) che, integrando gli strumenti sopra citati, a partire dal 2008 elabora
ogni 5 minuti i dati volumetrici di riflettività del radar svizzero di Monte Lema
e i dati del satellite Meteosat 9.
Il sistema permette di individuare le celle temporalesche più intense,
prevederne lo spostamento, emettere allarmi quando una cella temporalesca
intensa viene prevista a meno di 10 km da un’area target. In particolare,
STAF fornisce informazioni su localizzazione, intensità e probabilità di
manifestazioni distruttive collegate al temporale [78][79].

140
Il contributo di RSE: studi e strumenti

me tempestivo ed efficace dedicato alla prevenzione di danni a cose


e persone.

..
6 1 3 Inquinamento salino
Negli Anni ’90 è stata realizzata da ENEL Ricerca, in collaborazione
con CESI, una mappatura nazionale dei livelli di contaminazione a cui
sono esposti degli isolatori in aria sulla base di misure sperimentali (Figu-
ra 6.12a) [80]. Tuttavia, i rilievi effettuati nel corso degli ultimi anni hanno
mostrato discrepanze, in alcune parti del territorio, rispetto a misure spe-
cifiche (tramite le centraline AMICO3) e alle analisi dei tassi di guasto per
cedimento dell’isolamento in aria di linee e stazioni [82][83].
Tali discrepanze hanno evidenziato la necessità di un approfondito
aggiornamento dei livelli di severità. Pertanto, in RSE è stato avviato
un progetto per la realizzazione di una nuova mappa dei livelli di con-
taminazione degli isolatori sul territorio nazionale, nell’ambito di un
accordo di collaborazione RSE-TERNA. Il progetto prevede l’adozione
di una nuova metodologia multidisciplinare per l’individuazione dei
livelli di contaminazione.
La metodologia è stata applicata sull’intero territorio nazionale e
ha permesso di realizzare simulazioni ad elevata risoluzione spaziale
dei campi tridimensionali delle principali variabili che determinano
il deposito di inquinati sugli isolatori elettrici. I risultati tengono con-
to di tutti i processi emissivi, sia di origine antropica (urbani e indu-
striali) sia di origine naturale (biogenici e marini), dell’orografia, del-
la tipologia di suolo e delle condizioni meteorologiche del territorio
in esame. Risultano così disponibili tutte le informazioni necessarie
alla definizione delle aree di severità dell’inquinamento a cui sono
esposti gli isolatori elettrici, con il vantaggio di poter fruire di risul-
tati oggettivi, con elevata copertura spaziale, livelli di attendibilità
soddisfacenti e in tempi contenuti.
Le simulazioni hanno permesso di ricavare una nuova mappa preli-

3 AMICO (Artificially Moistened Insulator for Cleaning Organization) [81]


è un dispositivo in grado di caratterizzare e monitorare la severità del
livello di contaminazione degli isolamenti in aria. Il primo prototipo fu
sperimentato, nell’ambito della Ricerca di Sistema, tra il 2000 e il 2002 in
Sardegna. In seguito (2005) sono stati prodotti ed installati (in stazioni AT)
altri sei prototipi di seconda generazione. Nel 2016 è stato installato un nuovo
prototipo (con significativi miglioramenti rispetto ai precedenti) presso la
stazione di Terna di Portoscuso.

Resilienza del sistema elettrico 141


6

FIGURA 6.12 Inquinamento salino: confronto tra la vecchia mappatura (sinistra)


e la nuova mappatura realizzata da RSE (destra).

Inquinamento Salino Inquinamento Salino WGS84

Molto leggero
Leggero
Medio
Pesante
Molto pesante
Eccezzionale

minare che esprime la severità media della contaminazione ambientale


cui è soggetta la linea (Figura 6.12). Dall’analisi spaziale della mappa
si evince un aumento del livello di inquinamento spostandosi da Nord
a Sud e dall’entroterra verso la costa. Le aree più problematiche sono
localizzate nelle due isole maggiori, dove il grado di severità dell’inqui-
namento raggiunge le classi più alte, nell’estremità meridionale della
Puglia e lungo le coste laziali, campane e calabre.
Anche nell’entroterra casertano si osserva un livello di inquinamen-
to pesante dovuto alla sovrapposizione di inquinanti urbani e di origine
marina. In Pianura Padana i livelli di inquinamento raggiungono un
grado di severità medio, generato dall’elevata presenza di sorgenti an-
tropiche, mentre la severità della contaminazione è nulla o comunque
molto bassa nelle aree alpine e appenniniche. Si osservano dei punti di
inquinamento pesante localizzati in corrispondenza delle aree portuali
di Genova e Venezia, dove all’inquinamento antropico si aggiungono le
emissioni di inquinanti marini.
Rispetto alla mappa precedente, nella nuova elaborazione scompare
la classe di inquinamento eccezionale, che si osservava in presenza dei
singoli e più importanti impianti emissivi, mentre è stata introdotta la
classe molto leggero per indicare le aree alpine, in cui il rischio di disser-
vizi dovuti all’inquinamento può ritenersi molto basso. Inoltre, nella

142
Il contributo di RSE: studi e strumenti

nuova mappa si osserva una riduzione del livello di contaminazione at-


torno all’area urbana di Milano. Questa zona, infatti, seppur fortemente
inquinata da sorgenti antropiche, non risente in maniera rilevante di
fenomeni di inquinamento salino.
La nuova mappa mostra anche una riduzione delle classi di severità
lungo la costa adriatica, nell’area Sud orientale della Puglia e nella pianura
fiorentina. Al contrario, la severità dell’inquinamento a cui sono esposte
le linee elettriche aumenta nell’entroterra sardo e siciliano, passando da
un livello leggero a medio. In queste due regioni aumenta anche l’esten-
sione delle zone ad inquinamento pesante, soprattutto in corrispondenza
delle coste occidentali. In Sicilia si osserva inoltre un incremento della
classe di severità lungo il litorale trapanese, frequentemente investito dai
venti di maestrale che trasportano particelle di sale marino.
La nuova mappa è in fase di validazione attraverso il confronto con
le misure raccolte da RSE/TERNA nel corso di una campagna di misura
che si concluderà nel 2018 in oltre duecento siti di campionamento,
posizionati in corrispondenza dei sostegni delle linee aeree di alta ten-
sione della rete elettrica nazionale.

..
6 1 4 Terremoti e danni sismici
Nel contesto delle attività realizzate da RSE per la valutazione della
resilienza del sistema elettrico si deve ricordare lo strumento di analisi
del rischio sismico ASK4ELP [84] per le infrastrutture di rete, messo a
punto da RSE in ambito RdS.
Lo strumento ASK4ELP, sviluppato da RSE, esegue simulazioni
con tecnica Monte Carlo di eventi sismici generati in un prefissato epi-
centro o originatisi da una o più aree sismogenetiche. Il programma
richiede in ingresso la configurazione della rete elettrica definita da tut-
ti i suoi componenti (ubicazione, tipologia, caratteristiche elettriche) e
dalle loro interconnessioni fisiche e logiche. Inoltre devono essere pre-
ventivamente calcolate le curve di fragilità di tutti gli elementi. Il codice
ASK4ELP, per ogni terremoto simulato:

■■ valuta la vulnerabilità sismica della rete, localizzando le sotto-


stazioni fuori servizio e determinando il numero delle apparec-
chiature danneggiate per ogni tipologia;
■■ valuta con un’analisi di load-flow le ripercussioni elettriche del
danno, fornendo, per ogni nodo, i livelli di tensione e potenza
disponibili, nel rispetto delle caratteristiche dei singoli elementi
della rete e delle logiche di intervento delle protezioni;

Resilienza del sistema elettrico 143


6

Riproduzione del terremoto dell’Irpinia (novembre 1980)

Tra le applicazioni del codice ASK4ELP è di particolare rilievo la


riproduzione del terremoto occorso in Irpinia nel novembre 1980, con
epicentro in Conza di Campania e magnitudo 7.
La Figura 6.13 riporta le probabilità di blackout ai nodi cioè la probabilità
che ha ciascun nodo di restare isolato dalla rete. Si noti che tale probabilità
non supera il 63 per cento nemmeno nell’area epicentrale. Le stazioni per le
quali la probabilità di blackout è superiore al 50 per cento sono quelle prossime
ai comuni di Sant’Angelo dei Lombardi, Calitri, Calabritto e Lacedonia, cioè
località tra quelle effettivamente più danneggiate dal terremoto.
Complessivamente i risultati delle simulazioni effettuate evidenziano una
buona robustezza intrinseca della rete. Ciò è in sostanziale accordo con le
caratteristiche strutturali delle apparecchiature elettromeccaniche impiegate
e con le caratteristiche geometriche e di distribuzione spaziale della rete.
In particolare gli elementi di maggiore fragilità che più contribuiscono
alla vulnerabilità complessiva delle stazioni si possono individuare in non
più di un paio di differenti tipologie, rendendo così relativamente poco
gravoso un eventuale upgrading della rete, anche in considerazione del
numero relativamente contenuto di elementi esposti ad un livello di rischio
realmente significativo. Anche gli indici di ricaduta socio-economica ottenuti
sono ragionevoli, per quanto l’assenza di informazioni specifiche rendano
difficoltoso il confronto con il dato reale.

FIGURA 6.13

Simulazione degli effetti del sisma in Irpinia sui componenti


del sistema elettrico: probabilità di blackout ai nodi.

conv tutti
46 68 79

45
58 60
44
43 47 50

42
LATITUDE

37 40
41
40 26 30

39
16 20
39
38 5 10
0
37 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 0
LONGITUDE

144
Il contributo di RSE: studi e strumenti

■■ valuta i rischi complessivi per la rete;


■■ calcola l’indice di ricaduta sociale delle interruzioni di servizio,
stimando per ogni nodo e per ogni municipalità colpita il numero
dei feriti non assistiti dal servizio elettrico.

6.2 ANALISI DEGLI IMPATTI


DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Per fornire strumenti utili a migliorare la resilienza nei decenni a


venire, da dieci anni in RSE si conducono studi sugli impatti dei cam-
biamenti climatici sul territorio nazionale.
Sono esaminate in particolare le aree in cui gli aspetti climatici sono
più rilevanti per il sistema elettrico: le aree della regione alpina, fonda-
mentale per la risorsa idrica; le sotto-aree attraversate dagli elettrodotti
(Figura 6.14a) che costituiscono le sezioni critiche della rete di trasmis-
sione (tali sezioni rappresentano anche i confini tra le attuali zone del
mercato elettrico); l’area degli Appennini Liguri, attraversata dalla linea
a 400 kV Vignole Borbera-La Spezia, influente per i transiti di potenza
Nord–Centro Nord e soggetta a condizioni atmosferiche molto avverse
con ghiaccio, vento e depositi salini.

FIGURA 6.14 Sezioni critiche della Rete di Trasmissione (a) e orografia della Penisola
italiana considerata dai Modelli Ensembles con risoluzione 25 km (b).

2
6
3
6
6

a b

Resilienza del sistema elettrico 145


6

..
6 2 1 I modelli climatici
Il clima è determinato dal complesso degli eventi meteorologici
che hanno una certa intensità e frequenza nella regione d’interesse
per un periodo sufficientemente lungo (tipicamente un trentennio).
Per la sua caratterizzazione è dunque necessario considerare i valori
giornalieri di diverse variabili meteorologiche, in particolare: la tem-
peratura superficiale dell’aria media (tas), minima (tmin) e massima
(tmax), la precipitazione totale (pr) e l’intensità del vento (wind).
Per lo studio del clima si ricorre sostanzialmente a due tipi di
strumenti: le serie storiche di misure e i modelli climatici. I primi
costituiscono il miglior riferimento di ciò che è realmente accaduto
nel passato, ma hanno evidentemente una rappresentatività spazia-
le limitata e una capacità previsionale ancor più ridotta; i secondi,
invece, possono dare una descrizione verosimile delle interazioni tra
le variabili meteo-climatiche nello spazio e nel tempo con cui fornire
proiezioni future a medio-lungo termine. Tali ricostruzioni numeri-
che presentano, tuttavia, alcune limitazioni intrinseche, legate alla
risoluzione spazio-temporale finita delle equazioni fluidodinamiche,
che descrivono i processi atmosferici, e alle approssimazioni degli
algoritmi che descrivono le interazioni atmosfera-oceano-terra-bio-
sfera, trattandosi di meccanismi assolutamente complessi e inter-
connessi con scale spazio-temporali molto diverse e ancora non com-
pletamente compresi.
Poiché non esiste un modello ottimale, in grado di descrivere
meglio di ogni altro tutte le diverse condizioni atmosferiche, si ela-
borano gli scenari climatici applicando tecniche di ensemble means,
secondo le raccomandazioni della comunità scientifica internazio-
nale [85]. In pratica, si utilizzano i risultati di più simulazioni per
elaborare proiezioni future in termini probabilistici, ottenendo così
un errore di previsione ridotto, grazie al contributo di più simulazio-
ni modellistiche, e una stima dell’incertezza della proiezione futura,
data dallo spread dei modelli considerati nel processo di media.
Per difendersi dalle situazioni critiche, non basta però utilizzare
più modelli. I potenziali impatti dei cambiamenti climatici devono
essere considerati sotto diverse ipotesi di sviluppo. Infatti, i processi
atmosferici dipendono dalle forzanti radiative che, nei prossimi de-
cenni, potranno cambiare in modo significativo essenzialmente per
un diverso uso dei combustibili fossili (da cui dipenderanno diverse
concentrazioni in aria dei gas serra), a sua volta legato alle diverse evo-
luzioni demografiche, socio-politiche, economiche e tecnologiche4.
Sulla base degli scenari emissivi dello Special Report on Emissions
Scenarios (SRES A2, A1B, B1), indicati dall’Intergovernmental Panel on

146
Il contributo di RSE: studi e strumenti

Climate Change (IPCC), tutti plausibili secondo diverse modalità di svi-


luppo su scala regionale e globale [86], sono state fatte numerose simu-
lazioni climatologiche da parte di diversi istituti di ricerca a livello inter-
nazionale. I risultati di tali simulazioni sono stati archiviati nel data-set
CMIP3, nell’ambito del Climate Model Intercomparison Project (CMIP),
e presentati nella pubblicazione IPCC-AR4 [87]. Recentemente l’IPCC
ha definito quattro nuovi scenari, detti Representative Concentration Pa-
thway (RCP)5, con i quali sono state realizzate nuove simulazioni ed
elaborati i corrispondenti scenari presentati in IPCC-AR5 [32].

..
6 2 2 L’analisi climatica
Gli studi condotti in RSE si basano sull’analisi dei risultati di simu-
lazioni climatiche realizzate nell’ambito di progetti internazionali e resi
disponibili all’intera comunità scientifica con archivi appositamente co-
stituiti per la loro diffusione.
Nel metodo di analisi adottato si privilegia l’analisi a scala stagionale
rispetto a quella mensile o annuale, perché risulta la più significativa,
data la marcata variabilità intra-annuale del Mediterraneo.
Dapprima si verifica la rappresentatività modellistica del clima at-
tuale, utilizzando come metrica soprattutto l’indice BIAS e il suo valore
percentuale BIASp (quest’ultimo per la valutazione oggettiva delle perfor-
mance nella ricostruzione delle precipitazioni), secondo la definizione:

BIAS = Vmod – Vobs   BIAS = (Vmod – Vobs ) Vobs ·100%

dove Vmod e Vobs sono rispettivamente i valori medi simulati e osser-


vati su scala annuale e stagionale.
Successivamente si deducono gli scenari futuri esprimendoli in ter-
mini di anomalie, ovvero differenze tra i valori medi previsti su un certo
periodo (per esempio, per il trentennio 2021-2050) e i valori di riferi-
mento (per esempio, quelli degli anni 1961-1990).
Si è visto come le vulnerabilità delle infrastrutture elettriche ai cam-

4 Gli attuali 400 ppm di gas serra sono indicati come responsabili
del riscaldamento del pianeta.
5 Rinviando alla documentazione specifica per i dettagli [88], qui si ricorda
che gli scenari RCPs sono descritti in termini di forzanti radiative ed
includono: uno scenario con azioni di mitigazione che implicano forzanti
radiative molto basse (RCP2.6), due scenari di stabilizzazione (RCP4.5
e RCP6) e uno scenario con elevate emissioni di gas serra (RCP8.5).

Resilienza del sistema elettrico 147


6

biamenti climatici sono principalmente legate all’influenza delle varia-


zioni degli eventi estremi, più che per effetto dei cambiamenti climatici
graduali, come per esempio l’innalzamento della temperatura media.
Tuttavia, anche le variazioni graduali possono avere delle soglie oltre
le quali gli impatti non vanno trascurati per la sicurezza del sistema.
Pertanto, gli scenari climatici sono descritti in termini di: variazioni cli-
matiche medie e variazioni degli eventi estremi.
Dall’analisi dei modelli di circolazione globale del CMIP3 si ricava
un quadro che prevede un riscaldamento nel nostro Paese che a fine
secolo potrà variare da 2 a 5° C a seconda dello scenario emissivo con-
siderato [89].
Più dettagliate sono le analisi fatte a partire dalle simulazioni realiz-
zate nell’ambito del progetto europeo ENSEMBLE6 con modelli climati-
ci regionali, con risoluzione spaziale più spinta e quindi più adeguata a
descrivere i processi fisici tra suolo e atmosfera.
Utilizzando i dati giornalieri di dieci simulazioni di ENSEMBLES alla
risoluzione di 25 km (Figura 6.15) nello scenario emissivo SRES A1B,
sono stati elaborati alcuni scenari futuri per l’Italia al 2050 [90].
Le performance modellistiche sono state valutate usando come dati
di riferimento quelli dedotti da due data-set internazionali, che fornisco-
no su griglie regolari i valori interpolati di serie storiche di dati osserva-
ti: da E-OBS7 sono stati estratti i dati giornalieri di temperatura media,
minima, massima e precipitazione su una griglia regolare di 0,25 gradi
di latitudine per 0,25 gradi di longitudine; da ERA-Interim8 sono stati
estratti i campi di vento con risoluzione spaziale di 1,5 x 1,5 gradi.
Utilizzando solo i modelli con buone performance nelle ricostruzio-
ni della climatologia sull’Italia (ne sono stati selezionati 7), sono state
calcolate delle ensemble means i cui risultati hanno permesso di ripro-
durre in modo soddisfacente il ciclo stagionale. Infatti, l’ensemble means
stima valori termici tipicamente elevati in estate e bassi in inverno, in
funzione della quota orografica (Figura 6.15a), descrive inverni umidi
ed estati secche (Figura 6.15b), riproduce venti tesi sulle regioni penin-
sulari soprattutto nei mesi invernali; caratterizza inoltre la Val Padana,
riparata da rilievi alpini e appenninici, come regione interessata da ven-
ti deboli o calma di vento (Figura 6.15c).
L’analisi degli scenari futuri per il trentennio 2021-2050, rispetto al
periodo di riferimento 1961-1990, conduce ai risultati discussi di seguito.

6 http://www.ensembles-eu.org
7 http://eca.knmi.nl/dailydata
8 http://data-portal.ecmwf.int/data

148
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.15 Valori stagionali ricostruiti da ensemble means per (a) temperatura
media superficiale dell’aria [°C], per (b) la precipitazione totale [mm/
giorno], per (c) l’intensità del vento [m/s] nello scenario di riferimento
1961-1990 nell’ordine, da sinistra a destra, inverno (DJF), primavera
(MAM), estate (JJA) e autunno (SON).

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO


ENS 1961_1990 DJF ENS 1961_1990 MAM ENS 1961_1990 JJA ENS 1961_1990 SON

ENS 1961_1990 DJF ENS 1961_1990 MAM ENS 1961_1990 JJA ENS 1961_1990 SON

ENS 1961_1990 DJF ENS 1961_1990 MAM ENS 1961_1990 JJA ENS 1961_1990 SON

Variazioni climatiche medie


Un riscaldamento su tutta la Penisola di circa 1,0-1,5 °C in tutte le
stagioni, particolarmente elevato in estate con rialzi di 2,0-2,5 °C9. Da
non trascurare è l’innalzamento termico di circa 1,5 °C previsto in in-
verno nella regione alpina.

Resilienza del sistema elettrico 149


6

Una riduzione delle precipitazioni nella stagione estiva, con valori di


circa il 20 per cento sull’Italia centrale e maggiori del 20 per cento sulle
regioni meridionali; un loro aumento nella stagione invernale relativa-
mente all’Italia settentrionale, da intendersi più come piogge che neve,
in quanto associate a rialzi termici.10
Una debole riduzione dell’intensità del vento, coerente con un rin-
forzo della circolazione anticiclonica [90][91], ma la grande variabilità tra
i modelli non permette di individuare un segnale chiaro sulla variazio-
ne media del vento nelle prossime decadi.
È utile notare che la concomitanza di innalzamento termico e ridu-
zione delle precipitazioni nella stagione estiva, dedotta da tali scenari,
rende la stagione estiva particolarmente critica. Inoltre, il riscaldamen-
to invernale potrebbe compromettere la conservazione dei ghiacciai (da
cui dipende la disponibilità della risorsa idrica), nonché la consistenza
del permafrost (il cui degrado comporta rischi di dissesto del terreno).

Variazioni degli eventi estremi


Per studiare l’evoluzione della resilienza nei decenni è utile soffer-
marci soprattutto sull’effetto dei cambiamenti climatici sulla frequenza
e l’intensità degli eventi estremi. Un modo per caratterizzare le proba-
bilità di occorrenza degli eventi estremi è analizzare la densità di pro-
babilità (Probability Density Function–PDF), in particolare la coda della
PDF che identifica proprio tali fenomeni estremi. Come descritto dalla
Figura 6.16, se nel tempo la distribuzione “si sposta”, gli eventi che in
precedenza erano casi isolati diventano più frequenti, segno di una so-
stanziale modifica del clima.
Un modo per caratterizzare le variazioni termiche estreme è ana-
lizzare come varia il 10° percentile della temperatura minima e il 90°
percentile della temperature massima, nello scenario futuro rispetto a
quello di riferimento.
L’analisi del 10° percentile delle tmin presenta un rialzo di 1,5-2 °C
sulle regioni alpine, ed evidenzia i seri rischi per la conservazione dei

9 La soglia di 2,0 °C è stata indicata dagli studiosi nella Conferenza


di Copenaghen del 2009 e confermata a Durban nel 2011, come limite
massimo da non superare per evitare catastrofi ambientali.
10 Ad integrazione di questi risultati validi per l’Italia si segnala che i modelli
indicano in aumento le precipitazioni a nord delle Alpi, con rischi di piogge
molto intense e conseguenti disastri ambientali. Nevicate abbondanti,
superiori alla media, sono previste per il versante alpino settentrionale.
Questa informazione è di interesse per l’eventuale valutazione dell’influenza
delle condizioni meteorologiche estreme sull’interconnessione elettrica
internazionale.

150
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.16 Gli eventi estremi diventano più comuni. [92]

“Normal” weather Distribution range shifted


distribution over time by climate change
Frequency of occurence

Extreme events Likely events Extreme events The new normal

Human society is structured around “normal” weather, with some days hotter than average and some colder. At the distant
“tails” are extreme events such as catastrophic weather. Climate changes shifts the entire distribution curve to the right. Old
extremes become the new normal, ner extremes emerge, and the process continues until we take action.
ghiacciai e la solidità del permafrost a causa del riscaldamento inver-
nale sulle Alpi; invece, l’analisi del 90° percentile di tmax indica un
aumento di oltre 2 °C sull’intera Penisola in estate, il che accentua il
problema del riscaldamento nella stagione estiva.
Come già ricordato, soprattutto gli eventi meteorologici estremi
(come forti temporali o raffiche di vento) rappresentano i maggiori fat-
tori di rischio per la sicurezza del sistema elettrico. Caratterizzati da
un’elevata variabilità spazio-temporale, spesso tali fenomeni non sono
propriamente descritti dai modelli regionali, di risoluzione troppo la-
sca per le scale fenomenologiche in gioco. Tuttavia, mediante essi, è
possibile identificare le aree caratterizzate da un’occorrenza elevata di
eventi meteorologici significativi. Secondo un approccio probabilistico
[90], attraverso valori soglia, inferiori a quelli tipici per classificare gli
eventi estremi ma sufficientemente elevati per identificare eventi me-
teo significativi, si selezionano alcuni eventi di interesse. Quindi, sulla
base della risposta dedotta dalla maggioranza dei modelli, si caratteriz-
zano le aree più esposte, con una confidenza media e alta a seconda
che l’accordo tra i modelli nel segno del cambiamento sia almeno al 50
per cento e al 90 per cento rispettivamente, secondo la terminologia
indicata dall’IPCC [93].
In particolare le variazioni (in percentuale) dei giorni torridi sono
state analizzate considerando le giornate estive caratterizzate da
tmax>30 °C (hot days) e tmin>15 °C (tropical night). Le condizioni di
scioglimento (frost days) sono state identificate selezionando i giorni dei
mesi invernali in cui tmin>0 °C (Figura 6.17).
Con queste assunzioni è stata analizzata l’evoluzione di alcuni tipi
di eventi estremi.

Resilienza del sistema elettrico 151


6

FIGURA 6.17 Variazione percentuale degli eventi nello scenario 2012-2050 rispetto
al periodo di riferimento 1961-1990 dedotto da 7 modelli Ensembles
per: hot days (sinistra) e tropical nights (centro) in estate, frost days
(destra) in inverno. Le aree in grigio indicano che zone in cui non c’è
accordo tra i modelli nella direzione del cambiamento, con i puntini
neri si evidenziano i punti griglia per i quali la variazione è molto
probabile (con un accordo di almeno 6 su 7 modelli).

Hot days in JJA Tropical nights in JJA Frost days in DJA

Tutti i modelli concordano nell’indicare un’occorrenza di tempera-


ture estreme in estate in preoccupante crescita (oltre il 20 per cento) sia
per quanto riguarda le notti tropicali, sia per gli hot days soprattutto in
Val Padana e sulle regioni meridionali. Queste condizioni genereranno
maggiori disagi per la popolazione, con associati picchi di richiesta ener-
getica per la climatizzazione.
A causa del generale riscaldamento della Penisola, ci sarà una drasti-
ca riduzione dei frost days (circa 10 per cento) sui i rilievi alpini. Oltre ad
un’accelerazione dell’arretramento dei ghiacciai, questo favorirà l’occor-
renza di eventi di wet-snow, identificati come giornate in cui si verifica-
no valori di pr>10 mm/giorno e 0 °C<tmax<1,5 °C11. Tali eventi sono
previsti in crescita di oltre il 30 per cento sull’arco alpino in inverno
(Figura 6.18).
Nonostante siano previste in diminuzione le precipitazioni medie
sul Mediterraneo (in generale del 5-10 per cento), risulta in aumento il
rischio di piogge intense, per episodi selezionati con pr>20 mm/gior-
no, su alcune aree nazionali (Figura 6.19): in inverno soprattutto sulle
coste toscane e l’alto Adriatico, in primavera sull’Italia peninsulare, in

11 Per le definizioni di pr ecc., si veda § 6.2.1.

152
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.18 Variazione percentuale degli eventi di wet-snow nello scenario


2012-2050 rispetto al periodo di riferimento 1961-1990
dedotto da 7 modelli Ensembles nelle quattro stagioni.

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO

FIGURA 6.19 Variazione percentuale degli eventi con precipitazioni intense,


selezionati con pr>20 mm/d, nello scenario 2012-2050 rispetto
al periodo di riferimento 1961-1990 dedotto da 7 modelli Ensembles
nelle quattro stagioni.

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO

particolare sui litorali del basso Adriatico e del Mar Jonio, in autunno
ancora sulla costa adriatica.
Identificati gli eventi temporaleschi tramite le soglie pr>10 mm/gior-
no e wind>5 m/s, tali fenomeni risultano in aumento tra il 10 e il 20 per
cento sull’Italia centrale, prevalentemente sul versante tirrenico (Figura
6.20).
Le giornate ventose, selezionate con wind>5 m/s calano ovunque,
soprattutto in estate in cui è prevista una diminuzione del 10-20 per
cento dei casi, con qualche eccezione sull’Appennino e in Puglia nella
stagione invernale (Figura 6.21).

Resilienza del sistema elettrico 153


6

FIGURA 6.20 Variazione percentuale degli eventi temporaleschi, selezionati


con pr>10 mm e wind>5 m/s, nello scenario 2012-2050 rispetto
al periodo di riferimento 1961-1990 dedotto da 7 modelli Ensembles
nelle quattro stagioni.

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO

FIGURA 6.21 Variazione percentuale delle giornate con vento forte, selezionate con
wind>5 m/s, nello scenario 2012-2050 rispetto al periodo di riferimento
1961-1990 dedotto da 7 modelli Ensembles nelle quattro stagioni.

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO

È attualmente in corso il progetto CORDEX12 grazie al quale sono


ora disponibili i risultati di simulazioni dei più recenti modelli regio-
nali a risoluzione di 50 km (Med-CORDEX) e 12 km (Euro-CORDEX).
Sulla base di 5 simulazioni Med-CORDEX, negli scenari emissivi
RCP 4.5 e RCP 8.5, è stata approfondita l’analisi del regime pluviome-
trico sul nostro Paese nelle prossime decadi, utilizzando alcuni indici
definiti dal World Meteorological Organization Expert Team on Climate
Change Detection and Indices (ETCCDI): i risultati ottenuti conferma-

12 www.cordex.org

154
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.22 Mappa della variazione percentuale dell’indice R99PTOT nello scenario
RCP 8.5 rispetto al periodo storico di riferimento 1971-2000.

no un’intensificazione degli eventi intensi su alcune aree del nostro


Paese soprattutto sotto l’ipotesi di uno scenario emissivo elevato.
Considerando in particolare l’indice R99PTOT, che è una misura del-
la frequenza e dell’intensità degli eventi di precipitazioni estreme, si
trova un aumento a fine secolo del 70-100 per cento in alcune regioni
del nord-est e dell’Italia centro-meridionale (Figura 6.22).

6.3 UNO STRUMENTO PER VALUTARE E GESTIRE


LA RESILIENZA DEL SISTEMA

Come descritto nel Capitolo 4, RSE ha sviluppato la metodologia in-


novativa e uno strumento di valutazione della resilienza nell’ambito del
progetto europeo di ricerca AFTER [12].

..
6 3 1 Architettura dello strumento
La Figura 6.23 illustra l’architettura dello strumento sviluppato per
la valutazione di indici di rischio e resilienza del sistema elettrico, le cui
funzionalità sono state descritte nel Capitolo 4.
La probabilità di guasto dei componenti è ottenuta a partire dai mo-
delli probabilistici delle minacce e delle vulnerabilità dei componenti.
Sono considerati sia i componenti di potenza (linee, trasformatori, siste-
mi di sbarre che costituiscono i nodi della rete, generatori), sia i sistemi
ICT rilevanti per il controllo e la protezione del sistema elettrico.

Resilienza del sistema elettrico 155


6

FIGURA 6.23 Lo strumento di valutazione dei rischi.

Una volta selezionati i componenti a maggiore probabilità di guasto,


si genera un elenco di contingenze di sistema: ogni contingenza è ca-
ratterizzata dai componenti che vanno fuori servizio a causa del guasto
iniziale. Se la contingenza consiste nella perdita di un solo componente
(per esempio, una linea o un trasformatore) si parla di contingenza sin-
gola, altrimenti (come nel caso di guasto di sbarra, guasto di due linee
poste sulla stessa palificazione, o in caso di malfunzionamento delle
protezioni) si dice che la contingenza è multipla. La risposta del sistema
alle contingenze è analizzata con un simulatore nel dominio del tempo
e con un simulatore probabilistico quasi-statico di fenomeni in cascata.
Si calcolano quindi l’impatto e gli indicatori di rischio, da cui si ottengo-
no gli indici di resilienza.

..
6 3 2 Modelli e dati
Un aspetto cruciale negli strumenti di valutazione di rischio e resilien-
za è quello dei modelli delle minacce e vulnerabilità. Modelli estrema-
mente dettagliati richiedono dati difficilmente ottenibili, mentre modelli
iper-semplificati renderebbero inattendibile la stima della probabilità di
guasto, vanificando lo scopo dello studio. Per questo, lo strumento im-

156
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.24 Architettura dello strumento di valutazione del rischio


e della resilienza del sistema di potenza e ICT.

Generatore
di contingenza Modelli delle minacce (T)

Dati minacce
e vulnerabilità Modelli di vulnerabilità
Criteri dei componenti (V)
di selezione
Modelli probabilistici di guasto
dei dispositivi/sistemi di potenza ed ICT (F)

Modelli probabilistici delle contingenze


power/ICT (C)

Risposta post-guasto
e probabilità (R) Modelli delle azioni
Incertezze automatiche/manuali
delle iniezioni (SPS, Operator…)
Altri fattori eventualmente affetti
influenti Indici di impatto (I) da gusti ICT

Indici di rischio (RI)

plementa modelli che rappresentano un buon trade-off tra accuratezza e


complessità, richiedendo per lo più dati disponibili da sistemi previsiona-
li, di monitoraggio o basati sull’esperienza di esercizio del gestore.
Nello strumento, i modelli delle minacce possono essere tarati a par-
tire dalle previsioni delle grandezze influenti (modelli meteorologici) o
dai sistemi di monitoraggio in linea a disposizione dei gestori di rete. A
causa della loro frequenza molto bassa, le minacce di natura antropica
possono essere caratterizzate solo tramite informazioni qualitative da
parte di esperti. Analogamente, i modelli di vulnerabilità possono esse-
re calibrati sulla base di prove di laboratorio e dati storici.
Nella definizione di modelli e parametri sono stati esaminati an-
nuari statistici [94], dati di letteratura [95] e rapporti di blackout, con lo
scopo di individuare le principali cause di interruzione del servizio e
le infrastrutture da modellizzare. I risultati dei modelli relativi alle ful-
minazioni, ai manicotti di ghiaccio e al vento salino si sono dimostrati
coerenti con dati reali di incidenti in presenza di minacce [51].
Prima di poter essere integrato nelle procedure di programmazione
dell’esercizio o nelle valutazioni quasi in linea di sicurezza, un approc-
cio come quello descritto deve essere lungamente e approfonditamente
sperimentato. Il criterio previsto attualmente nei codici di rete per ga-
rantire la sicurezza è infatti ancora quello deterministico N-1; tuttavia

Resilienza del sistema elettrico 157


6

è in corso una trasformazione culturale da parte degli operatori verso


l’utilizzo di approcci probabilistici, che può facilitare la comprensione e
l’applicazione di questo prodotto di ricerca.

..
6 3 3 Valutazione della resilienza – Esempi applicativi
Di seguito sono presentati alcuni risultati dello strumento prototipa-
le per la valutazione del rischio e della resilienza su porzioni della rete
italiana. Per inquadrare i risultati occorre tenere presente che:

■■ il modello elettrico considera la sola rete di trasmissione a


220/400 kV: la rete di subtrasmissione e quelle di distribuzione
non sono rappresentate (gli scambi di potenza tra subtrasmissio-
ne e trasmissione sono modellati come carichi equivalenti);
■■ per le minacce sono stati adottati modelli che consentono di valu-
tare la probabilità di guasto dei componenti su un orizzonte di 10
minuti, interessante per l’esercizio del sistema elettrico, tenendo
conto dell’evoluzione della minaccia laddove rilevante. Nel caso
dei manicotti di ghiaccio si considera che questi abbiano subito

FIGURA 6.25 Risultati ottenuti con lo strumento di valutazione del rischio


del sistema elettrico.

Visualizzazione delle contingenze


nelle dimensioni probabilità impatto

Classificazione delle contingenze

Individuazione rapida delle contingenze


più pericolose

Valutazione del margine dai limiti operativi del sistema, anche in


presenza di incertezze previsionali legate alle rinnovabili e al carico

158
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.26 Scenario di tempesta di neve nell’area fra Trento e Bolzano.

Glorenza Naturno
Lasa
Castelbello Lana

5
S. Antonio

21
PremadioRobbia
Pracomune

OV2
All Premadio
Bolzano
Robbia 2
0
MV22
S. Fiorano
Polpet Soverzene
Edolo
Edolo CE2 8
Lavis 21

W2265
Cedegolo 2241 W2 Moline W2
W 290

S
S. Fiorano Fadalto

W2217
Trento Suf Vellai
Arco Cordignano
Cavilla
Cimego Conegliano
61
22

Piancamuno Oderzo
MW

W2
285
MM1380

Salgareda
Treviso Sud

65
Sandrigo
6

13
Scoré
W221

Nave Vicenza MV

W
Acc Valbruna VI Villabona
Riva Acciaio 26
Flero W2228 W22 6 Porto Marghera CE5
34 W1 399
W 1 Fusina CE
MM Mincio
135 Dugale Camin Dolo
5
Cremona Nogarole Rocca
Marcaria Mantova
FV
22
19

Mantova CE Adria Sud

un accrescimento nell’intervallo precedente a quello di analisi (1


o 2 giorni prima);
■■ il modello di accrescimento dei manicotti è semplificato rispetto
a quello proposto per neve umida (Makkonen), senza perdita di
generalità rispetto all’adozione di modelli più specifici.

La Figura 6.25 mostra una schermata con vari risultati dello stru-
mento e diverse modalità di rappresentazione.

Tempesta di neve
La minaccia qui considerata consiste in una tempesta di neve con
velocità di picco fino a 35 m/s e precipitazioni moderate applicata in un’a-
rea di rete a 220 kV compresa tra le città di Trento e Bolzano (Figura 6.26).
I componenti critici consistono in alcune linee a 220 kV che trasferi-
scono la potenza prodotta da alcune centrali idroelettriche alpine (Santa

Resilienza del sistema elettrico 159


6

Massenza, Ala) verso le zone di carico limitrofe (centri di carico come


Verona) (Tabella 6.1). Si osserva che la probabilità di guasto, valutata su
un intervallo di 10 minuti, assume lo stesso ordine di grandezza per tutti
i collegamenti.
Secondo la procedura illustrata nel Capitolo 4 si individuano 23 con-
tingenze rischiose da analizzare in dettaglio. Le contingenze N-1 risul-
tano caratterizzate dalla probabilità di accadimento maggiore; tuttavia
si osservano anche contingenze di semisbarra con probabilità di occor-
renza non trascurabile (SSB1_ABAV211 e SSB2_ABAV211 nella stazione
di carico a 220 kV presso Bolzano), confrontata con quella delle altre
contingenze N-k (Figura 6.27).
Dall’analisi di dettaglio si ricava che il valore più basso dell’indice di
resilienza è associato a una contingenza di semisbarra che ha probabi-
lità piuttosto bassa, ma impatto significativo (Figura 6.28). Il sistema è
invece pienamente resiliente alle contingenze N-1, rispetto alle quali il
rischio di disalimentazione è zero.

Monitoraggio del rischio globale di sistema


Il prototipo di valutazione della resilienza è stato sperimentato su un
modello realistico della rete AAT italiana a 220/400 kV in condizioni di
basso ed alto carico. La simulazione è stata svolta su diversi scenari di
minaccia, che includono minacce sia naturali sia antropiche con diversi
valori di intensità delle minacce e/o diverse vulnerabilità dei compo-
nenti. Le minacce non sono tutte pertinenti all’area di rete considerata
(la rete AAT della Sicilia), ma sono applicate a scopo esplicativo per
permettere di effettuare confronti. Una lista degli scenari di minaccia
analizzati è riportata nella Tabella 6.2.

TABELLA 6.1 Probabilià di guasto dei componenti critici – Scenario “tempesta di neve
1” tra Trento e Bolzano.

Linea Probabilità di guasto sui 10 minuti


Lana – S. Antonio (codice: LANV211 – SATV211) 6,96*10-4
Maso Pill. – Rattisio (codice: MPIV221 – RATV211) 4,46*10-4
Castelbello – Maso Pill. (codice: CBEV211 – MPIV211) 3,10*10-4
Bolzano – S. Floriano (codice: ABAV211 – SFLV211) 2,97*10-4
Ala – Maso Pill. (codice: ALAV211 – MPIV221) 2,88*10-4
Ala – Maso Pill. (codice: ALAV211 – MPIV211) 2,86*10-4
Cardano – S. Massenza (codice: CARV211 – SMSV211) 2,78*10-4

160
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.27 Probabilità di occorrenza delle contingenze rischiose nello scenario


di minaccia “tempesta di neve” nell’area del Trentino.

1
0,1
0,01
0,001
Probabilità

0,0001
0,00001
0,000001
0,0000001
1E-08
1E-09

‘SSB2_CARV211_PP’
‘N-1_CARV211_SMSV211’

‘SSB1_SMSV211_PP’
‘SSB2_SMSV211_PP’

‘SSB2_CBEV211_PP’
‘SSB1_LANV211_PP’
‘N-1_ABAV211_SFLV211’
‘N-1_ALAV211_MPIV211’
‘N-1_ALAV211_MPIV221’

‘N-1_CBEV211_MPIV211’
‘N-1_LANV211_SATV211’
‘N-1_MPIV221_RATV211’
‘SSB1_ABAV211’
‘SSB2_ABAV211’
‘SB_ABAV211’
‘SB_MPIV211’
‘SB_MPIV221’
‘SB_RATV211’
‘SSB1_ALAV211_PP’
‘SSB2_ALAV211_PP’

‘SSB1_SATV211_PP’
‘SSB2_SATV211_PP’

‘SB_SFLV211_PP’
ID contingenza

“N-1_ …” = Guasto su linea con apertura della stessa


“SB_ …” = Guasto su sistema di sbarre con perdita completa della stazione
“SSB1(2)_ …” = Guasto di semisbarra 1(2) con apertura degli elementi
della semisbarra guasta

FIGURA 6.28 Istogramma dei valori dell’indice di resilienza per le contingenze


che manifestano un rischio non nullo di disalimentazione.

SB_ABAV211

SSB2_SMSV211_PP

SSB2_CARV211_PP

SSB2_SATV211_PP

SSB2_ABAV211

SSB1_ABAV211

SSB2_ALAV211_PP
0 10 20 30 40 50 60 70
System resilience to ctgs (dt = 10 minute)
dB (Level Resilience = 1)

ALAV211 = Sottostazione a 220 kV di Ala


CARV211 = Sottostazione a 220 kV di Cardano
ABAV211 = Allacciamento a 220 kV presso Bolzano
SMSV211 = Sottostazione a 220 kV di S. Massenza
SATV211 = Sottostazione a 220 kV di S. Antonio

Resilienza del sistema elettrico 161


6

È possibile effettuare confronti dei livelli di rischio e resilienza al


variare:

■■ delle tipologie di minaccia;


■■ dell’intensità delle minacce;
■■ dell’estensione geografica delle minacce;
■■ della vulnerabilità dei componenti;
■■ dello stato iniziale del sistema elettrico.

La Figura 6.29 mostra gli indicatori di rischio LOL globali (espressi in


dB, sulla base 10-15, a causa della grande escursione fra valori massimi e

TABELLA 6.2 Caratteristiche degli scenari di minaccia.

Nome Scenario Descrizione


Tempesta di neve 1 Tempesta di neve moderata con vento fino a 35 m/s e precipitazioni moderate
Tempesta di neve 2 Tempesta di neve intensa con vento fino a 35 m/s e precipitazioni intense
Tempesta di vento 1 Tempesta di vento moderata con venti fino a 35 m/s
Tempesta di vento 2 Tempesta di vento intensa con venti fino a 45 m/s
Ghiacciamento 1 Ghiacciamento moderato
Ghiacciamento 2 Ghiacciamento intenso
Inquinamento 1 Inquinamento modesto
Inquinamento 2 Inquinamento moderato
Inquinamento 3 Inquinamento intenso
Fulmini Tempesta di fulmini intensa
Terremoto 1 Terremoto intenso
Terremoto 2 Terremoto catastrofico
Frane 1 Frane dovute a terremoto intenso
Frane 2 Frane dovute a terremoto catastrofico
Sabotaggio 1 Attivisti contro obiettivi multipli + standard protezioni fisiche
Sabotaggio 2 Professionisti contro obiettivi multipli + standard protezioni fisiche
Sabotaggio 3 Attivisti contro obiettivi multipli + protezioni fisiche rinforzate per linee aeree
Sabotaggio 4 Attivisti contro obiettivi multipli + protezioni fisiche ridotte per sottostazioni
Alluvione 1 Alluvioni catastrofiche (max 5 m). Apparecchiature della sottostazione rialzate
Alluvione 2 Alluvioni intense (max 4 m). Apparecchiature della sottostazione rialzate
Contatto alberi 1 Manutenzione moderata del taglio alberi + altezza attesa dell’albero = 24 m
Contatto alberi 2 Manutenzione accurata del taglio alberi + altezza attesa dell’albero = 24 m
Contatto alberi 3 Manutenzione accurata del taglio alberi + altezza attesa dell’albero = 26 m
Incendio Max temp. 500 °C nella sottostazione
Invecchiamento 1 100 000 ore di funzionamento
Invecchiamento 2 200 000 ore di funzionamento

162
Il contributo di RSE: studi e strumenti

minimi) per gli scenari considerati. I risultati mostrano un’elevata sensi-


bilità degli indici di rischio all’intensità delle minacce e al livello di carico.
In generale, il rischio dipende in modo complesso dai suoi fattori
influenti e solo un approccio quantitativo come quello presentato può
mettere in evidenza queste dipendenze. Le minacce hanno diverse mo-
dalità di interazione:

■■ alcune minacce sono localizzate, quindi colpiscono relativamen-


te pochi componenti;
■■ altre minacce sono più estese, quindi è probabile che coinvolga-

no più componenti (linee, trasformatori, sbarre).


Lo stato iniziale del sistema elettrico è rilevante sia per la configu-
razione (componenti in servizio, topologia di rete), sia per il punto di
lavoro (in particolare, i valori dei flussi di potenza):

■■ il livello di magliatura della rete incide sull’impatto delle contin-


genze: una rete poco magliata favorisce il verificarsi di scatti in
cascata;
■■ un punto di lavoro con ampi margini di sicurezza è meno sog-
getto a instabilità e cascading: la perdita di un collegamento poco
carico comporterà una variazione dei flussi relativamente poco
severa;
■■ il punto di lavoro, inoltre, può avere impatto sulla stessa vulnera-
bilità dei componenti: per evitare il ghiacciamento è positivo che
la corrente sia elevata, rispetto al flashover con alberi è preferibile
una corrente bassa13.

Occorre peraltro ricordare che, per esigenze di esercizio, in condi-


zioni di basso carico è generalmente adottata una configurazione meno
magliata di rete rispetto alle condizioni di carico elevato14, per cui un
aspetto positivo per la sicurezza (il basso carico) è compensato da uno
negativo (la minore magliatura), e viceversa. Per questo, il rischio glo-
bale presenta valori elevati per alcune minacce in condizioni di carico
elevato, e di basso carico per altre minacce.
I risultati delle simulazioni mostrano l’importanza di analizzare le
minacce che colpiscono lo stato corrente del sistema. Il notevole con-
tributo al rischio di sistema delle contingenze multiple dipendenti per

13 Lo stato operativo ha anche un impatto di lungo termine sull’invecchiamento


dei componenti.
14 Pratica abituale presso i gestori di rete di trasmissione, per evitare
innalzamenti eccessivi della tensione.

Resilienza del sistema elettrico 163


6
Il contributo di RSE: studi e strumenti

FIGURA 6.29 Rischio globale di perdita di carico (LOL) espressa in dB per condizioni
di esercizio ad alto e basso carico e per i 26 scenari di minaccia
considerati.

Tempesta di neve 1
Tempesta di neve 2
Tempesta di vento 1
Tempesta di vento 2
Ghiacciamento 1
Ghiacciamento 2
Inquinamento 1
Inquinamento 2
Inquinamento 3
Fulmini
Terremoto 1
Terremoto 2
Frane 1
Frane 2
Sabotaggio 1
Sabotaggio 2
Sabotaggio 3
Sabotaggio 4
Alluvione 1
Alluvione 2
Contatto alberi 1
Contatto alberi 2
Contatto alberi 3
Incendio
Invecchiamento 1
Invecchiamento 2

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180


dB (base = 10-15)
Alto carico
Basso carico

alcune minacce (ad esempio, “Tempesta di vento 1” per alto carico di


rete) dimostra che il criterio di sicurezza convenzionale N-1 sottovaluta
il livello effettivo di rischio.
Si vede quindi come la valutazione degli indicatori globali di rischio
LOL permette di quantificare i benefici di diversi tipi di contromisure
adottate dai TSO: gli scenari “Contatto alberi 1” e “Contatto alberi 2” con-
frontano due procedure di manutenzione boschiva del tracciato delle
linee aeree AAT.

164
7 Esigenze per il futuro
e barriere

La resilienza dei sistemi è una proprietà relativamente nuova nel


panorama scientifico e applicativo nazionale e internazionale. Anche
se una definizione condivisa di resilienza è ancora lontana, gli elementi
principali che la caratterizzano sono già ben inquadrati e diverse meto-
dologie sono in corso di sviluppo per la loro quantificazione, con l’obiet-
tivo di migliorare la resilienza del sistema elettrico.
Tuttavia, la strada per una piena integrazione del concetto di resi-
lienza nella pianificazione e nell’esercizio della rete è appena iniziata e
molte barriere devono ancora essere superate.
Le incertezze previsionali richiedono metodologie di analisi che
presentano significativi oneri computazionali. Inoltre, nell’analisi della
resilienza occorre considerare la dinamica del sistema (tramite simu-
lazioni nel dominio del tempo): la complessità della risposta del siste-
ma ai disturbi (anche per la presenza di nuove tecnologie quali FACTS,
convertitori HVDC e generatori connessi via convertitori elettronici) e i
ridotti margini di sicurezza di esercizio richiedono il superamento delle
analisi puramente statiche anche in ambiente in linea.
Le perturbazioni più gravi nascono da cause molto eterogenee co-
stituite da eventi multipli poco frequenti, cioè con bassa probabilità di
accadimento. Occorre sviluppare e tenere aggiornati, anche in linea e
almeno per le minacce di origine meteo, dei modelli probabilistici dei
guasti esogeni ed endogeni. Parallelamente è necessario disporre di un
database degli eventi, verosimili e inverosimili, accaduti o possibili, con
la loro probabilità di accadimento reale e stimata.
Il criterio di sicurezza N-1, comunemente adottato dagli operatori di
rete, può non risultare sufficiente nei casi di esercizio in cui il sistema è
vicino alle sue capacità prestazionali per qualche componente. È neces-
sario simulare degli scenari di guasti N-k, cioè con k componenti guasti,
rimanendo nelle ipotesi di eventi verosimili sia pur con bassa probabili-
tà, calcolando per ogni scenario la probabilità totale di accadimento ed
associando le conseguenze alla fine della fase transitoria simulata dina-
micamente. La complessità delle combinazioni di eventi è difficile da
modellizzare e, a causa dell’esplosione combinatoria, richiede tecniche
evolute di selezione (filtering) per ridurre l’ampiezza dell’analisi.
A causa dell’alto numero di contingenze multiple (N-k) e dell’elevata
severità di alcune di esse, non è economicamente conveniente, o persi-
no tecnicamente fattibile, rendere il sistema elettrico robusto rispetto a
tutte le possibili contingenze e, quindi, l’approccio deterministico non
può essere applicato sistematicamente per migliorare le performan-
ce del sistema. Già oggi gli operatori, in caso di informazioni che non
permettono una valutazione deterministica, agiscono sulla base della
propria esperienza e percezione dello stato del sistema elettrico, in fun-

Resilienza del sistema elettrico 165


7
Esigenze per il futuro e barriere

zione del filtro sulle informazioni effettuato dal sistema di controllo,


della loro valutazione sulla verosimiglianza degli eventi e del rischio
associato alla situazione, dove il rischio è inteso come la combinazione
fra la probabilità di eventi sfavorevoli, e la severità delle conseguenze.
La prospettiva è quella di adottare metodi di tipo probabilistico,
basati sul rischio, in grado di combinare gli aspetti di probabilità e
severità e pertanto adatti per trattare contingenze estreme. Analoga-
mente, anche un processo più strutturato per la valutazione della si-
curezza si può basare su valutazioni quantitative, o anche qualitative,
ma non soggettive, degli indici di rischio di esercizio, per il quale uno
stato di funzionamento è accettabile se i suoi indici di rischio sono
inferiori a opportune soglie.
Il dettaglio modellistico richiesto per le analisi deve essere sufficien-
temente approfondito, il che contrasta con la difficoltà di reperimento
delle informazioni sullo stato di funzionamento, i modelli dei compo-
nenti e dei sistemi e i dettagli di configurazione. In questo caso, lo sforzo
deve essere soprattutto nella identificazione dello stato di funzionamen-
to del sistema elettrico, che ha maggiore influenza sulla corrispondenza
con la realtà dei risultati delle simulazioni.
Ai fini dell’esercizio in sala controllo, queste informazioni dovreb-
bero essere raccolte in un sistema centralizzato per essere direttamente
monitorate dall’operatore e per alimentare le funzioni di valutazione
avanzata della sicurezza e della resilienza: per formare una visione più
completa del sistema nel suo ambiente e per individuare più precisa-
mente le situazioni a rischio di eventi multipli indipendenti ed eventi
dipendenti con causa comune.

166
8 In conclusione

La maggiore frequenza degli eventi meteo estremi e le crescenti in-


certezze di previsione (a causa della forte penetrazione delle fonti rin-
novabili non programmabili) sono driver fondamentali per migliorare
i criteri finora adottati per la gestione del sistema e per una estensiva
applicazione del concetto di resilienza, ma nel contempo costituiscono
anche le principali barriere all’applicazione di metodologie avanzate.
Per far fronte, infatti, alle accresciute esigenze di continuità del ser-
vizio elettrico nell’attuale contesto di utilizzo della rete occorre intro-
durre nuovi approcci per la gestione del sistema. È necessario anzitutto
focalizzare l’attenzione sulle contingenze multiple e sulle relative cause,
sviluppando un’adeguata modellistica e strumenti di supporto all’opera-
tore per segnalare tempestivamente le situazioni di accresciuta probabi-
lità di disservizi generalizzati.
Questa monografia ha inteso illustrare lo stato dell’arte sulla resi-
lienza del sistema elettrico. È stata proposta una definizione di resilien-
za, analizzate le molteplicità di cause di degrado del sistema, proponen-
done una classificazione e un’analisi, e sono stati presentati i principi di
un approccio basato sul concetto di rischio per la sua valutazione e per il
suo miglioramento. Per la maggior parte i risultati presentati sono frutto
delle ricerche svolte da RSE nell’ambito della RdS, e di diversi progetti
UE in cui RSE ha avuto ruoli significativi.
L’applicazione di questi concetti, metodi, strumenti ai contesti ope-
rativi del controllo in tempo reale è certamente significativa ma non
può che essere graduale. Oltre ad affinare le tecniche, serve modifica-
re i criteri di pianificazione ed esercizio finora adottati includendo la
rilevazione di uno stato completo del sistema elettrico considerando
previsioni e dati storici sulle minacce, l’individuazione dei parametri
dei modelli con il grado di dettaglio richiesto, la definizione di criteri di
controllo, preventivo e correttivo, e di nuovi piani di difesa.
Si deve prevedere la realizzazione di un sistema centralizzato di ge-
stione delle informazioni e lo sviluppo di modelli probabilistici accu-
rati delle cause di guasto, da alimentare con informazioni aggiornate
in tempo reale incominciando da quelle meteorologiche. Agli scenari
di contingenza deve essere associata una probabilità di accadimento e
valutata la possibile risposta del sistema elettrico.
L’elaborazione degli andamenti degli indici di rischio può contribui-
re a individuare e giustificare le scelte strategiche per lo sviluppo della
rete e per le risorse da destinare all’ingegneria degli impianti e alla loro
manutenzione.
Tutto ciò fa capire quanto sia ancora lunga la strada per una comple-
ta assimilazione del concetto di resilienza nei contesti di pianificazione
e di esercizio della rete. L’obiettivo finale è di poter identificare le tipolo-

Resilienza del sistema elettrico 167


8
In conclusione

gie più adeguate di interventi (robustezza dei componenti, ridondanze


nella rete, schemi di difesa, capacità di ripristino), in accordo a valuta-
zioni costi-benefici, per migliorare i livelli di servizio.

168
Bibliografia e acronimi

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Resilienza del sistema elettrico 169


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Nakicenovic, S. J. Smith, S. K. Rose, The representative concentration pathways:
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Bibliografia e acronimi

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Report on Consistent Treatment of Uncertainties, Accessed 7 ottobre 2013, http://
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Yearbook 2008, disponibile su www.entsoe.eu
[95] R. Barben, Vulnerability Assessment of Electric Power Supply under Extreme
Weather Conditions, Tesi, EPFL, Losanna, 2010

Lista degli acronimi

Acronimo Significato
AAT Altissima Tensione (>150 kV)
AEEGSI Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico
AT Alta Tensione (superiore a 30 kV e fino a 150 kV)
CBA Cost-Benefit Analysis
CEI Comitato Elettrotecnico Italiano
CENELEC Comité Européen de Normalisation Électrotechnique
CIGRE Conseil International des Grands Réseaux Électriques
DMS Distribution Management System
DSO Distribution System Operator
EMS Energy Management System
EN European Norm
ENS Energy Not Served
ENSR ENS di riferimento
ENTSO-E European Network of Transmission System Operators for Electricity
GD Generazione Distribuita
HVDC High Voltage Direct Current (corrente continua in alta tensione)
ICT Information and Communication Technologies
IEC International Electrotechnical Commission
INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
LoL Loss of Load
MT Media Tensione (superiore a 1 kV e fino a 30 kV)
PESSE Piano di Emergenza per la Sicurezza del Sistema Elettrico
RdS Ricerca di Sistema elettrico
SCADA Supervisory Control And Data Acquisition
RTN Rete di Trasmissione Nazionale
SPS Special Protection System
TSO Transmission System Operator
VENF Valore dell’Energia Non Fornita

Resilienza del sistema elettrico 175


RSEview
RIFLESSIONI SULL’ENERGIA
“Questa monografia, ormai la nona della collana RSEview,
tratta di un argomento inusuale nel nome e forse ignoto ai più,
ma che più di altri si impone e si imporrà all’attenzione
di chi di energia si occupa. Resilienza.
La resilienza entra in campo quando le condizioni operative
del sistema sono lontane dalla ordinarietà e chiama a raccolta
tutte le risorse possibili cui il sistema può attingere per garantire
l’adempimento delle proprie funzioni.
E allora, il concetto di resilienza si allarga a servizi
e funzionalità che possono integrare gli aspetti di progettazione
propri del sistema.
Un ulteriore fascino legato al tema della resilienza è che offre
una terza via alla semplicistica visione che per rendere un sistema
più sicuro sia necessario farlo più robusto e più ridondante”.

dalla premessa di Stefano Besseghini,


Presidente e Amministratore Delegato RSE
RSE SpA - Ricerca sul Sistema Energetico - sviluppa attività di ricerca nel
settore elettro-energetico, con particolare riferimento ai progetti strategici
nazionali, di interesse pubblico generale, finanziati con il Fondo per la
Ricerca di Sistema. Fa parte del Gruppo GSE SpA, interamente a capitale
pubblico.

RSE implementa attività congiunte con il sistema della pubblica amministrazione


centrale e locale, con il sistema produttivo, nella sua più ampia articolazione,
con le associazioni e i raggruppamenti delle piccole e medie imprese
e le associazioni dei consumatori.

RSE promuove e favorisce lo sviluppo delle professionalità di domani


promuovendo tutte le occasioni di supporto allo svolgimento di attività
di formazione e divulgazione legate ai temi di ricerca svolti. L’attività
di ricerca e sviluppo è realizzata per l´intera filiera elettro-energetica
in un´ottica essenzialmente applicativa e sperimentale, assicurando
la prosecuzione coerente delle attività di ricerca in corso e lo sviluppo di
nuove iniziative, sia per linee interne sia in risposta a sollecitazioni esterne.

RSE dispone di un capitale umano che rappresenta un patrimonio unico


di competenze ed esperienze, la cui difesa e sostegno rappresenta
una condizione necessaria per consentire lo sviluppo di politiche
di innovazione in un settore di enorme rilevanza per il Sistema Paese
come quello energetico.

ISBN 978-88-943145-0-2

9 788894 314502

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