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17.10.

05 Storia delle Relazioni Internazionali


1870: creazione in Europa di un nuovo equilibrio: comparsa del Secondo Reicht (II). Fino
alle prima guerra mondiale:
potere continentale della Germania e modalità con cui le altre potenze vi si
confrontano. La Germania e il suo ruolo saranno centrali

Complessità delle logiche perseguite da Bismarck (diverse da quelle che porteranno alle
due guerre).

L’Italia esce dal percorso risorgimentale e (quasi) concluso il processo di unificazione si


trova a doversi interrogare sulla natura della propria politica estera.

Anche la Germania Bismarkiana esce dalla frammentazione.

1866: guerra contro l’Austria. Sadowa in cui l’Austria viene sconfitta dalla Prussia.
L’Austria perde il Lombardo-Veneto

1867: Ausgleich (compromesso): la monarchia diventa duplice (Austria-Ungheria).


L’imperatore d’Austria diventa anche Re d’Ungheria. (L’Ungheria stessa diviene poco
rispettosa delle istanze nazionalistiche al suo interno).
un evento di politica interna che spiega alcune scelte di politica estera: la politica
austroungarica deve tener conto delle diverse istanze interne (evitare un ulteriore
processo di frammentazione: timore che potesse essere concessa l’autonomia anche alla,
più numerosa, componente slava)

INORIENTAMENTO

Si accetta l’unificazione tedesca sotto l’egida Prussiana e la perdita di possedimenti


italiani (Trieste e Trentino non sono considerati italiani)
-> Inorientamento: l’attenzione si sposta naturalmente verso i Balcani -> via verso
Salonicco (attirato dai commerci verso il mare)
+ Attenzione ai Balcani anche per politica interna. I Balcani e le popolazione slave che li
abitano continuano ad essere tenuti sotto il giogo dell’impero Ottomano (ogni 3 anni circa
una rivolta, prevalentemente a sfondo religioso, contro l’Impero Ottomano)
BALCANI

via possibile verso il mare (interessante per l’Austria ma anche per la Russia, madre del
panslavismo: unità culturale di tutti i popoli slavi)

1856: fine della guerra di Crimea, sconfitta russa, la flotta russa è costretta nel Mar Nero.
Per uscire ha bisogno dei Dardanelli, e dunque di Costantinopoli. Guardando l’impero
Ottomano al tramonto, la Russia vede un’occasione di “rimettere la croce su Santa Sofia”.

L’Inghilterra è la vera padrona del Mediterraneo e può decidere di disporre la propria flotta
sugli stretti e costringere la Russia nel Mar Nero.

-> possibile contrasto anglo-russo qui e anche sul campo del “grande gioco”: Persia,
con possibilità che i russi possano un giorno arrivare in India. Andirivieni di esploratori
russi e inglesi che mappano le alture dell’Afghanistan per preparare un eventuale scontro.
I Russi puntano all’India sia di per se (ricchezza) e sia per distrarre eventualmente gli
inglesi dagli stretti.

La Russia dunque cerca di animare le rivolte all’interno dell’Impero Ottomano (per poi
poterle, formalmente o meno, appoggiare).
LIBRO: IL PONTE SULLA LINDA

Gli inglesi sono convinti invece che il “grande malato” ottomano debba stare in piedi
(debole e condizionabile): continuare a esercitare quel controllo sugli stretti. (Politica dello
splendido isolamento: mantenere un forte controllo sul Mediterraneo senza nessun
alleanza, e dunque, vincolo continentale).

L’Austria-Ungheria deve evitare che nei Balcani affiori una sorta di “Piemonte”, cioè
qualcuno che per, appoggiato dalla Russia, si faccia portavoce delle istanze
indipendentiste slave -> la Serbia può cominciare a diventare un problema.

Protettorato: rapporto non-paritario in cui lo Stato protettore controlla completamente le


relazioni esterne (comprese quelle commerciali) dello Stato protetto -> controllo totale
della politica estera.

L’Austria-Ungheria è comunque interessata al Mediterraneo Orientale (costa istro-


dalmata, e relative isole, sono importantissime per l’Austria-Ungheria). Si preoccupa di chi
è che controlla la regione antistante alla costa istro-dalmata:
Bosnia, realtà complessa socialmente: la classe dominante è di popolazione slava, ma
musulmana. La classe più povera è cristiana.
Qualora per la Bosnia si arrivi ad avere più autonomia dall’Impero Ottomano, essa
diventerebbe interessante non solo per la Russia, ma anche per la Serbia (anche secondo
l’ideale irredentista)

Quando una casa regnante è debole, deve necessariamente fare riferimento a qualcuno di
esterno: Austria-Ungheria che fa delle Serbia un proprio “protettorato”.

La Germania, dopo Sedowa e dopo Sedan, esce come “un paese totalmente soddisfatto
(Bismarck)”: senza alcuna mira egemonica o territoriale.
- Dopo aver sconfitto l'Austria (nemico di Sedowa) la Prussia non cerca espansioni
territoriali, ma una solida alleanza che durerà fino alla prima guerra. No-revancismo
Le logiche di Bismarck sono tutte volte a preservare la pace:
- Germania sarebbe certamente coinvolta
- Accerchiamento: Francia insoddisfatta da ovest / Russia da est
Quando Bismarck riesce a trovare una chiave di possibile mantenimento della pace, si
appella a un’alleanza conservatrice tra i 3 grandi imperatori (Kaiser tedesco, Imperatore
austriaco, Zar russo) scottati peraltro dalla rivoluzione francese e dai moti del ’48 quando
nei Balcani si profilano nuovi disordini.

La Francia, dopo la sconfitta di Sedan e la fine dei gloriosi giorni di Parigi, ha invece visto
sottrarsi l’Alsazia-Lorenza -> revancismo
La Francia si sente anche isolata, avendola l’Italia abbandonata dopo la causa
irredentista.
Cerca la possibilità di rivincita contro la Germania
Ha come orientamento la possibilità di rimettere piede in Alsazia Lorenza.

L’Italia cerca la propria identità quanto a politica estera dopo l’unificazione.


Isolamento: appello del Vaticano che cerca l’appoggio dei grandi poteri cristiani (Russia e
Austria) dopo la grande offesa della presa di Roma (fine del potere temporale del papa).
Non ha più possibilità di alleanza con la Francia, ma può cercarla ora con l’Austria-
Ungheria (che prima era il grande nemico).
Non può cercare l’espansione verso il mare perché è necessario l’appoggio del Regno
Unito.
L’Isolamento può essere positivo, ma solamente se è scelto: l’isolamento italiano rende
incerta la politica estera del paese.

1873:
rivolta nei Balcani di Serbia e Montenegro e poi Bosnia-Erzegovina contro il potere
centrale ottomano (non più disposto a concedere ulteriori autonomie).
Bismarck deve garantirsi che vi sia costante dialogo tra Russia e Austria-Ungheria
(accordo preventivo) e si nomina ad “arbitro”.
Bismarck vuole mantenere un saldo legame anche con la Russia per evitare che questa
possa allearsi con la Francia permettendole di effettuare i propri disegni di revance
(l’accordo con la Gran Bretagna è impossibile perché quest’ultima non cerca alleanze
continentali, e perché comincia a profilarsi la competizione coloniale vd. Fascioda).
-> Primo sistema bismarckiano: congresso di Berlino per risolvere la questione balcanica
con una risposta negoziata.
1876 i Russi sono intervenuti contro l’Impero Ottomano a difesa della Serbia (dopo
essersi accordati con l’Austria-Ungheria -> nell’accordo di Reichstadt: interessati tra
l’altro alla Bosnia, entroterra della Dalmazia).

Nell’accordo di Reichstadt (prima che la Russia intervenga contro l’impero ottomano)


qualora la Serbia perda, si manterrà lo status quo
17.10.06 Storia delle Relazioni Internazionali

Rivolte contagiose nei Balcani a partire dal 1873

Volontà di Bismarck: Austria-Ungheria e Russia devono decidere con un accordo


preventivo cosa sarà della regione in caso di cambiamento dello status quo (se la Serbia
sconfitta dall’impero Ottomano -> mantenimento dello status quo. In caso di vittoria, la
Bosnia deve diventare una “co-amministrazione” russo-austriaca, mentre la Serbia
immaginava una sua annessione.

La Russia, con la modifica dello status quo, vorrebbe riacquistare i territori persi con la
Pace di Parigi del 1856 e una modifica dei trattati relativi agli stretti (che costringono la
flotta russa al Mar Nero -> accordo del 1871: il sultano può decidere di far aprire o
chiudere gli stretti vd. Accordi di Londra sugli stretti): fondamentale aumentare la propria
influenza nell’area.
La Russia deve confrontarsi con problemi di stabilità interna, a cui cerca di rispondere
con l’impegno esterno (in realtà, essendo un costo sulle casse dello Stato, diviene un
ulteriore elemento di instabilità).

I Serbi sono in difficoltà contro gli ottomani. La Russia prendere in considerazione la


possibilità di intervenire direttamente contro gli Ottomani (nella cui caduta vedevano la
possibilità di poter perseguire le proprie mire) -> necessarie però concessioni preventive
con l'Austria per evitare alleanze Austria-Inghilterrra
I russi vincono con difficoltà la guerra Russo-Ottomana (seconda metà degli anni ’70).
I russi dettano una pace con accordi imprevisti:

1876 - PACE DI SANTO STEFANO

Formazione di una Grande Bulgaria (sarebbe un vassallo degli interessi russi sui Balcani)
concepita dai russi in chiave di espansione: i confini dal Danubio all’Egeo consentirebbero
alla Russia un’apertura verso l’Egeo e il Mediterraneo.
Bosnia ed Erzegovina ottengono l’autonomia (Austria estromessa dai Balcani) ->
contrarietà Austriaca
troppo potere ai Russi, alterati gli equilibri continentali -> contrarietà britannica

Bismarck vede nella Pace di Santo Stefano la possibilità di rottura dell’accordo stipulato
con la Lega dei 3 imperatori (Austria =/= Russia): con il Congresso di Berlino si vuole
ridimensionare le acquisizioni russe e riformulare gli accordi precedenti.

Molteplici pressioni delle grandi potenze per arrivare a un tavolo delle trattative:

1878 - CONGRESSO DI BERLINO

La sconfitta dell’Impero Ottomano fa comodo a tutti: indebolito ma non sparito (solo


militarmente, la disfatta totale potrà essere fatta solamente per mano di una decisione
politica congiunta delle grandi potenze, come succederà dopo la guerra mondiale).
Gli inglesi, che non avevano partecipato alla guerra Russo-Ottomana, riesco ad attenere il
ridimensionamento della Bulgaria.
Francia (il cui isolamento è dovuto alla Germania) e Italia sono potenze minori.
La Germania comincia a considerare possibili accordi con Francia e Italia (conflittualità
dovuta al tradimento del 1870 dell’Italia).

Compensi:
territori periferici ottomani da spartitre pur mantenendo in piedi l’impero.
Tunisia (territorio ottomano). Primo flusso migratorio di Italiani verso la Tunisia (colonia di
fatto).
Dopo il Congresso di Berlino si riaccende la conflittualità Francia-Italia (i francesi si erano
sentiti traditi dal 1870 sulla questione papale): a Berlino gli italiani arrivano con il delegato
Corti che attua la politica delle “mani nette” (timore di fare il passo più lungo della gamba,
nel momento in cui l’Italia si sta affacciando alla politica internazionale) riguardo la
possibilità di prendere la Tunisia (già popolata da coloni italiani). La Tunisia è interessante
anche per la Francia che cerca un’espansione Nord-occidentale dell'Africa.
Politica prudente (non accetta la Tunisia) influenzata in realtà dal sogno irredentista: si
pensa che dopo aver mandato via l’Austria nel ’66, e con l'inorientamento austriaco (con il
Congresso di Berlino, l’Austria acquisisce diritti di occupazione e amministrazione di
Bosnia Erzegovina) si sarebbe potuti arrivare alla liberazione delle terre irredente (Trento e
Trieste).

Incomprensione tra Vienna e Roma:


Austria -> con il congresso ottiene la Bosnia Erzegovina (diritto di occupare e
amministrare la Bosnia-Erzegovina, che pure rimane ufficialmente ottomana)
Italia -> (più che avventurarsi a Tunisi) crede che il Trentino possa essere ceduto all’Italia a
causa dell’inorientamento dell’Austria.
Vienna pensa che con il lombardo-veneto la concessioni all’Italia siano terminate.

- Austria e Inghilterra non vogliono la Grande Bulgaria, quindi viene divisa: Rumeria +
Bulgaria (settentrionale)
- Indipendenza per la Serbia e il Montenegro e la Romania
- Romania cede la Bessarabia alla Russia (che la Russia aveva perso con la guerra di
Crimea), si prende la Dobrugia
- Austria-Ungheria ottiene l’amministrazione sulla Bosnia-Erzegovina
- L’Austria mantiene il controllo miliare, cioè può mantenere delle truppe
nel Sangiaccato* (Stato cuscinetto che divide la Serbia dal Montenegro; sovranità
Ottomana, controllo austriaco) per meglio controllare la Bosnia e impedendo alla Serbia di
unirsi al Montenegro e dunque lo sbocco sul mare.

*Interesse strategico: possibilità di controllare le reti di trasporto per difendere i territori;


unico territorio di passaggio.

-> L’Austria-Ungheria porta a casa più della Russia


Bismarck si ritiene onesto mediatore perché ha appianato il contrasto tra gli interessi
Russi e quelli Austro-ungarici
La Germania ha l’interesse che i Balcani rimangano pacifici non per interesse proprio ma
per preservare la pace tra le grandi potenze interessate.
(UK: ridimensionate le pretese russe + Cipro -> controllo mediterraneo e ingresso nel Mar
Nero)

ISOLAMENTO ITALIANO

Politica prudente dell’Italia (“delle mani nette”)


consapevolezza di essere ancora debole e isolata
Non prende Tunisi per non indispettire ulteriormente la Francia (sempre più protesa verso
le possibilità offerte dall’espansione coloniale).

1881 Trattato del Bardo


La Francia ottiene il protettorato tunisino: fait accompli
Bismarck è favorevole: la Francia sarà occupata dall’espansione coloniale e l’attenzione
verrà distolta dall’Alsazia-Lorena
Scontento della classe dirigente italiana.
Riflessione sullo status (chi giudica?) dei cittadini italiani insediatisi in precedenza in
Tunisia.

Bismarck non vuole l’alleanza con l’Italia se non a condizione che essa cessi le proprie
mire irredentiste (l’alleanza passa per Vienna).

L’isolamento italiano 1880-1881 porta l’Italia a rimanere a mani vuote e senza alleati.
-> politica estera italiana dovrà tenere conto di queste istanze (compresa quella coloniale)
cercando di uscire dall’isolamento.

Il contrasto con la Francia non è più mosso solamente dal tradimento del 1870, ma anche
dal conflitto nella corsa coloniale -> cercare alleanza con Germania (che spegne però le
speranze irredentiste legate al Trentino).

Bismarck è pronto a raccogliere le istanze italiane (Italia accolta insieme agli imperi
centrali):
- l’Austria non teme attacchi sul fronte meridionale
- mantenimento dell’isolamento francese

Importante anche mantenere l’alleanza russa (il vero pericolo per la Germania)

PRIMA STIPULA DELLA TRIPLICE ALLEANZA (1882)


(rinnovo: seconda stipula della Triplice, 5 anni più tardi)

Durata 5 anni, ha carattere squisitamente difensivo e segreto:


L’Italia ottiene la fine di un pericoloso isolamento: Austria e Germania si impegnano a
difendere l’Italia qualora venga attaccata dalla Francia (Casus foederis).
Legame Austria-Ungheria e Germania nell'eventualità che l’una o l’altra vengano
attaccate da una qualsivoglia potenza terza: se l’Austria-Ungheria è attaccata dalla
Russia, la Germania deve difenderla. Se la Germania sarà attaccata dalla Francia,
l’Austria-Ungheria e l'Italia devono entrare in guerra in difesa della Germania.
-> L’Italia si vincola verso la Germania, ma non verso l’Austria (se questa fosse attaccata
dalla Russia, è prevista una benevola neutralità).

La prima stipula della Triplice Alleanza ha la cosiddetta Clausola Mancini: ministro degli
Esteri italiano. L’Italia chiede che nell’accordo non possa essere considerata contro la
Gran Bretagna, consapevole di non poter sfidare il monopolio navale inglese nel
Mediterraneo.
Bismarck e Vienna non ha ragioni di conflittualità con Londra: interesse comune nel
mantenimento dell’impero Ottomano

Accordo difensivo
Uscita Italia dall’isolamento
Isola maggiormente la Francia
Fine dell’opzione irredentismo
Clausola mancini
17.10.08 Storia delle Relazioni Internazionali
Primo sistema bismarckiano: equilibrio che si forma in Europa dopo il Congresso di
Berlino e dopo il primo blocco di alleanza (Triplice Alleanza).
Princìpio: l’equilibrio deve tenere tranquilli i fronti che preoccupano Bismarck e la pace in
Europa.
Il Reich è potenza soddisfatta e non in espansione.
Per mantenere l’equilibrio nei Balcani, è necessario accordare Austria e Russia (accordo
con Austria e Italia: antifrancese. Accordo a due con Austria: difesa in caso di attacco
della Russia).
La Lega dei Tre Imperatori: Bismarck cerca di tenere vivo l’approccio dinastico di
Germania, Austria e Russia

Serbia + Bosnia Erzegovina: area di influenza austriaca


Bulgaria, Romania: area di influenza russa

Trattato con i principe Milan Obrenovic 1881: la Serbia diviene un protettorato austriaco
(non trattati commerciali con altri paesi senza l’accordo con l’Austria) dopo la delusione
della guerra Balcanica.
L’appoggio dell’Austria-Ungheria permette di validare l’istituzione della monarchia. Gli
austriaci garantiscono anche un futuro sviluppo in caso di eventuale modifica dello status
quo.

I Russi si sentono svantaggiati rispetto all’Austria-Ungheria.


La Bulgaria rappresenta un “satellite” russo.
Alessandro di Battenberg (in tutti i Paesi si cercavano delle monarchie che garantissero
l’area d’influenza coerente alle grandi potenze): sollecita le spinte unificatrici bulgare.

GUERRA SERBIA-BULGARIA

Competizione Austria - Russia ma anche competizioni territoriali legate alle questioni


nazionalistiche:
1885 Guerra tra Bulgaria e Serbia (che non vede con favore l’ipotesi di una grande
Bulgaria).
I Serbi sono conventi dell’appoggio austriaco.
I Bulgari mettono in difficoltà i Serbi: gli austriaci temono una penetrazione bulgara in
Serbia ma l’eventuale presenza militare austriaca in Serbia andrebbe contro l’accordo dei
tre imperatori (la lega dei tre imperatori si regge sul tacito accordo che le modifiche dello
status quo avvengano solo previa consultazione.
-> timore della Germania: si rifiuta di appoggiare la dichiarazione austriaca di entrare in
Serbia, poiché i russi ancora non sono entrati in Bulgaria.

FRANCIA

Problema francese:
dopo il periodo di crisi costante, con l’ascesa del colonialismo francese (ruolo di primo
piano) Bismarck vede la capacità di distrarre altrove il fermento francese.
Idea di Bismarck: distrarre la Francia e isolarla: impossibile alleanza con l’Inghilterra
(conflitto coloniale), con l’Italia (dal 1882 con gli Imperi Centrali) e con la Russia
(avvicinata da Bismarck).
Generale boulanger: riprendono posizione i revanscisti (Boulangismo), fonte di grande
preoccupazione per il sistema Bismarckiano -> traballa sia a Est che a Ovest.

ITALIA

-> l’Italia può trarre vantaggio dalla situazione. Fino ad ora per l’Italia aveva ottenuto dalla
Triplice Alleanza solamente l’uscita dall’isolamento e una garanzia difensiva.
Sempre più voci interne credono che l’Italia debba darsi un ruolo (no alla prudenza):
guardando verso i Balcani e vero il Mediterraneo:
Interesse verso l’Albania (chi la controlla, controlla l’accesso all’Adriatico tramite il canale
di Otranto).
Vorrebbe che l’interesse Balcanico venisse riconosciuto (non era successo nella prima
stesura della Triplice).
L’Austria vuole un fronte meridionale tranquillo per non doversi preoccupare
dell’eventuale problema di lottare su due fronti.

Vocazione mediterranea smentita nell’81 dal trattato del Bardo (perde l’Albania).

Africa Orientale:
l’interesse italiano si sposta, con il consenso inglese e in contrasto con la Francia
(sospetto rispetto al Mediterraneo e verso l’avvicinamento agli imperi centrali), verso il
Mar Rosso
Porto di Massaua: controllo italiano senza controllare l'entroterra

1887 - SECONDA STIPULA (PRIMO RINNOVO) DELLA TRIPLICE ALLEANZA

prima stesura 1882 (durata 5 anni poi può essere rinegoziata) -> l’Italia sa di essere
partner più necessario:
- istanza balcanica
- istanza mediterranea
L’Austria-Ungheria deve accettare (sollecitata da Bismarck) di riconoscere il principio dei
compensi (in caso di modifica dello status quo). No al Trentino, Bosnia e Sangiaccato.
L’Austria tuttavia continua a non considerare l’Italia un partner con pari diritti nella contesa
balcanica.

Primo rinnovo della Triplice Alleanza in 3 parti:


- acquisizione del primo trattato
- accordo tra Italia e Austria-Ungheria fondato sul principio dei compensi (qualora venisse
alterato lo status quo - (A) l’Italia deve esserne preventivamente informata - (B) qualora
questo provocasse acquisizioni territoriali austriache, l’Italia deve goderne).
- accordo tra Italia e Germania: l’Italia trova corrisposte da Berlino le proprie ambizioni sul
Mediterraneo. L’Italia si aspetta una minaccia francese rispetto alla questione
nordafricana (Italia vuole evitare di essere messa di fronte al fatto compiuto come
successo nel 1881 per la Tunisia)

La Germania garantisce il proprio sostegno in caso di attacco italiano alla Francia: qualora
l’Italia ritenesse di dover affrontare la Francia nel Mediterraneo o in territorio continentale
perché la Francia avesse dimostrato di voler modificato lo status quo in Marocco o in
Tripolitania o Cirenaica.
-> rinnovo più aggressivo rispetto alla Francia.
L’Italia sarebbe intervenuta al fianco della Germania qualora la Francia avesse attaccato la
Germania non provocata (prima stesura)
C’è anche una convenzione militare con degli effetti indiretti: pur tenuti al segreto,
l’accordo ha una funzione deterrente nei confronti della Francia.
Tra Francia e Italia:
- è in corso anche una guerra commerciale basata sui dazi (a scapito maggiore dell’Italia,
più debole economicamente)
- timore di un riproporsi della questione papale
- sfida nel Mediterraneo (volontà di vedersi riconosciute le ambizioni in Tripolitania e
Cirenaica)

-> avvicinamento alla guerra di Libia

Non c’è bisogno di rinnovare la Clausola Mancini perché Roma, Germania e Vienna non
hanno ragioni di contrasto contro Londra: Italia per le ambizioni coloniali, Germania e
Austria per tenere a bada la Russia.
-> Agreement con l’Inghilterra: accordo tra Italia e Inghilterra (Accordi Mediterranei: l’Italia
mette un altro tassello verso l’avanzata in Tripolitana-Cirenaica). Consultazioni qualora vi
fossero state modifiche dello status quo in Egitto, Tripolitania, Cirenaica o Marocco.

Finché perdurano i contrasti coloniali Francia-Inghilterra Bismarck può essere sicuro di


non avere alleanze Franco-inglesi.

Benché per Bismarck fosse la soluzione ideale, perdura lo “splendido isolamento”


inglese: ciò che spingerà l’Inghilterra ad uscire dall’isolamento sarà solamente il
cambiamento della politica tedesca (dimissioni di Bismarck).

TRATTATO DI CONTROASSICURAZIONE 1887 E DIMISSIONI DI BISMARCK

Bismarck (sollecitato anche dall’imperatore Guglielmo) chiarisce ai Russi la benevola


neutralità, e che non c’è nessuna intenzione aggressiva.
-> garantisce l’equilibrio ma rinvia solamente il vero problema: in caso di guerra tra
Austria e Russia, la Germania dovrà decidere da che parte stare.

Nel 1890 Bismarck è costretto alle dimissioni dal successore dal nuovo imperatore
Kaiser Guglielmo II: avalla una politica presente a Berlino secondo cui la Germania non si
sarebbe dovuta fermare a un ruolo di arbitro. Consideravano troppo prudente la politica
estera tedesca.

Mancato rinnovo: mentre Bismarck vuole un rinnovo del Trattato di controassicurazione,


Guglielmo lo considera non fondamentale.
La Russia immagina che la politica tedesca sia tutta rivolta verso l’Austria.
La Francia immagina che nella Triplice ci siano degli accordi contro di se, con delle
probabili convenzioni militari.
-> Accordo tra la Francia e la Russia (convenzione politica) portata a termine nel 1894 a
seguito discussioni su accordi militari a partire dal 1892.
17.10.12 Storia delle Relazioni Internazionali
FINE DEL SISTEMA BISMARCKIANO

Sistema Bismarckiano:
Triplice (Austria, Italia)
Duplice con Austria
Trattato di controassicurazione con la Russia

-> deterrenza verso le intenzioni aggressive sia della Russia che dell’Austria.

1890: dimissioni di Bismarck dopo una breve convivenza con il nuovo Kaiser Guglielmo
1888 (poco propenso a convincere la politica dell’equilibrio di Bismarck).

Quando il Kaiser (1890) si oppone al rinnovo del Trattato di controassicurazione, questo


sistema viene meno -> la Russia potrebbe sentirsi più minacciata: non più rassicurata
rispetto alle intenzioni della Germania, e nessun altro alleato, anzi rischio di avere forti
nemici (Inghilterra).

La politica tedesca diventa più sicura di se, forte anche dell’acquisito primato industriale
sul continente europeo.

Amm. Von Tirpitz, basandosi anche sulle tesi di Mann (teorico della strategia): il primato di
una potenza si valuta sul valore della propria flotta -> sviluppo della flotta, in opposizione
futura con l'Inghilterra

ITALIA

-> L’Italia è molto in difficoltà quando la Triplice trova un orientamento non più
filobritannico
L’Italia, Crispi in primis, aveva sacrificato le sue istanze irredentiste in favore di una
politica coloniale mediterranea, che però richiedeva necessariamente l’appoggio inglese.

Se Algeria e Tunisia sono sotto il controllo francese, Tripolitania, Cirenaica e Marocco


erano ancora possedimenti ottomani e l’eventuale intervento francese in Marocco
sarebbe stato casus foederis per l’intervento italiano in Tripolitania e Cirenaica.
La questione tunisina rimane ufficialmente aperta fino al 1935

La triplice era legata maggiormente agli equilibri continentali, mentre per gli interventi
coloniali dovevano essere considerate anche altre potenze.

Roudini (primi anni ’90) cerca un accordo con la Francia, ma la Francia chiede di vedere il
contenuto segreto della Triplice Alleanza. Pur francofilo, Ruolini riconoscere l'obbligo di
rimanere nella Triplice per non cadere in un pericoloso isolamento.
La Francia fa leva sulla questione dello status degli italiani in Tunisia, sanzioni commerciali
e le questioni coloniali per fare pressione sull’Italia in modo da farla trovare tra l’incudine e
il martello.

Secondo rinnovo della Triplice


Quando si arriva al secondo rinnovo, a differenza del primo (principio dei compensi,
interessi balcanici italiani, interessi coloniali italiani), ci saranno pochi cambiamenti. La
differenza maggiore è formale: non più 3 accordi divisi, ma solo uno unico.
Gli interessi italiani sui Balcani confluiscono nell’Articolo 7: qualora ci sia modifica dello
status quo nei Balcani l’Italia deve essere preventivamente consultata e qualora ci siano
acquisizioni territoriali, l’Italia avrebbe diritto ad analoghi compensi (Trentino escluso).
-> L’Italia, pur non più isolata, ha perso i suoi margini negoziali. La Germania è forte e si
va pericolosamente distanziando dalla Gran Bretagna L’ostilità francese non permette
altre scelte se non quella di rimanere nella Triplice.

MAR ROSSO

Gli Italiani si insediano in una zona dell’Africa orientale che non tocca gli interessi delle
altre potenze, ma qualora si fosse espansa verso l’intero avrebbe incrociato la reazione
degli inglese e dei francesi.
Gli inglesi si dimostrano in realtà molto aperti verso l’ingresso italiano in Africa, addirittura
gli italiani erano stati rimproverati di non aver partecipato alla campagna britannica in
Egitto (difficoltosa in particolare a partire dalla rivolta mahdista che minacciava l’Egitto).
Dal 1875 gli inglesi avevano acquisito la maggioranza delle azioni del canale di Suez,
fondamentale per loro per raggiungere le colonie in Asia. L’Egitto, oltre a Suez,
rappresenta una fonte di enorme interesse lungo il Nilo (linea verticale dal Cairo al Capo)
=/= contrapposizione con l’espansione francese ovest-est
-> Controllo delle vie d'acqua (Fiume Nilo, Lago Tana) fondamentale per il controllo di
un’area, per la sopravvivenza di una colonia e per comprendere dunque le dinamiche
coloniali.

L'Italia ha una duplice strategia coloniale (appoggiata da Crispi, convinto che il destino
italiano sia sul mediterraneo):
- Strategia di lungo periodo tesa a preparare il terreno per la successiva spedizione in
Cirenaica e Tripolitania (1911)
- Strategia di allargamento nell’Africa Orientale*

*Gli italiani cominciano ad avere a che fare con le popolazioni locali e provano a stipulare
una serie di accordi per creare un protettorato di fatto:
Trattato di Uccialli (1889): consente agli italiani di porre le basi per un protettorato di fatto
abissino, benché il trattato stesso venga disconosciuto più tardi dallo stesso firmatario
Menelik.

La vera difficoltà è scendere verso l’Etiopia: scontri con le popolazioni locali, appoggiate
dai francesi in aperta ostilità e contrari alla presenza italiana nella regione (in opposizione
con la loro direttrice espansiva).
La vera tragedia è rappresentata dalla Sconfitta di Adua (1896): totale ridimensionamento
militare e politico, nelle ambizioni italiane nella regione (ogni sconfitta subita da una
potenza occidentale da parte degli indigeni è considerata drammatica) -> caduta di Crispi
(politica di deciso espansionismo in Africa).
-> ridimensionare la propria politica

Assedio di Khartum: altra sconfitta importante per delle truppe bianche armate fino ai
denti: tentativo britannico di gestire la rivolta del Mahdi.
Costerà la vita anche al gen. Gordon: fautore del pieno controllo del Sudan Mahdista (per
garantire consecutivamente la stabilità del controllo in Egitto, alterando tutto il disegno
inglese).
-> necessità di riconquistare il Sudan, proprio com’era nelle intenzioni di Gordon (=/=
volontà politica di Gladston) per limitare il potere del Mahdi e necessità altresì di
riconquistare l’immagine.

AVVICINAMENTO FRANCIA-RUSSIA E POLARIZZAZIONE DELLE ALLEANZE

Conseguenza più diretta della caduta di Bismarck: avvicinamento Russia-Francia


(accordo fino ad allora malvisto dallo Zar), quasi immediatamente nella forma di una
convenzione militare.
La Russia percepisce il proprio isolamento:
- Conflitto con la Gran Bretagna
- Non c’è più il trattato di controassicurazione
- Austriaci con interessi divergenti nei Balcani

-> francesi abili a riconoscere il bisogno russo: la Russia ha finanze in difficoltà -> ingente
prestito dalla Francia (che dispone di grandi finanze)
Inizialmente un blando accordo politico
Prima manifestazione pubblica: flotta russa a Tolone (indignazione cancellerie europee)

Inizialmente accordo di massima in cui i due paesi si schierano con obbligo di reciproche
consultazioni in caso di attacchi. Quindi:
Convenzione militare 1894: ratificata tra Francia e Russia in due punti fondamentali:
- Francia obbligata ad intervenire in difesa della Russia se questa fosse attaccata
dall’Austria con appoggio della Germania; Russia obbligata ad intervenire qualora la
Francia fosse attaccata dalla Germania.
- mobilitazione (es. spostamento degli eserciti verso la frontiera, chiamate alla leva) come
chiaro segnale di guerra, in particolare in un momento in cui gli spostamenti sono molto
lenti.
-> convenzione militare molto più dettagliata della Triplice:
Lo Zar vorrebbe mantenere l’accordo segreto (come la triplice) e che riguardasse i soli
vertiti, ma in Francia (repubblica) un accordo di alleanza doveva essere necessariamente
discusso anche in sede parlamentare.
La convenzione militare invece può accontentare la volontà di segretezza dello Zar.
La mobilitazione russa converge direttamente verso la frontiera (confinante con Austria-
Ungheria e Germania)

-> Polarizzazione (delle alleanze): primo esito della fine della politica bismarckiana
destinata a diventare definitiva quando verranno meno le ragioni del disaccordo perdurato
fino ad allora tra Francia e Gran Bretagna, ovvero le ragioni coloniali.
Gli inglesi sono per ora in realtà molto più vicini alla Triplice Alleanza di quanto non siano
all’accordo franco-russo: le divergenze di intenti con i francesi si sono palesate già una
volta nell’estremo oriente (Siam) dove i francesi stanno portando avanti una politica di
espansione a cui cederanno alla fine gli inglesi, a differenza di quanto non faranno nel
1898 con la crisi di Fascioda.
Le divergenze sono tali da poter considerare come potenziale il conflitto anglo-francese.

-> la Germania si sente più sicura ed è convinta ancora di essere l’ago della bilancia, pur
essendo in pessimi rapporti con la Gran Bretagna.
La politica tedesca pensa che gli inglesi saranno portati a chiedere un’alleanza in funzione
anti-russa e anti-francese.
La politica inglese invece è tramite singoli accordi con singoli paesi, al bisogno, che cerca
di affermare le proprie alleanze. Vuole evitare a monte tutte le divergenze e i
fraintendimenti che invece cominciano a deteriorare sempre più un accordo come quello
della Triplice:

L’Italia per esempio vede nella Triplice sempre meno riconosciuti i propri interessi
(coloniali), ma l’Italia non ha alternativa essendo troppo debole.
Sempre più la weltpolictik* (politica mondiale) tedesca porterà l’Italia ad essere divisa tra
l’Inghilterra e la Triplice.

*La Germania improvvisamente vuole avere voce in capitolo nelle questioni estere (es.
Transvaal).
Convinzioni derivate dalla percezione di se che la Germania aveva, sfruttata per
aumentare l’ostilità nei confronti (A) dell’Inghilterra (lo splendido isolamento inglese non è
più percepito come tale) che invece si aspettava di trovare un possibile avvicinamento e
(B) della Francia.

ACCORDO FRANCIA-INGHILTERRA E AVVICINAMENTO FRANCESE ALL'ITALIA

La Francia non è nelle condizioni di poter affrontare uno scontro militare nei territori
coloniali, anche perché sconvolta internamente dall’Affaire Dreyfus (J’accuse di Emil Zola)
e perché i Russi non sono tenuti a intervenire non essendo coinvolta la Germania.
-> 1898: la Francia rinuncia e cerca un accordo inglese basato anzitutto sulla vertenza
coloniale. Diverso approccio della Francia anche nei confronti dell’Italia (non più
atteggiamento di forza per spingere l’Italia ad uscire dalla Triplice + tavoli negoziali per
risolvere la questione coloniale)
-> comincia quella fase della politica italiana in cui la Triplice si svuota del proprio
contenuto (accordo diretto con la Francia in tema coloniale)
Per l’Italia è sempre più difficile restare coerente alla propria politica. Considerazione da
parte della Germania che rispetto all’Italia permanga un accordo nonostante
l’avvicinamento italiano alla Francia.
Per la Germania e per l’Austria l’accordo con l’Italia è comunque accettato perché nel
frattempo garantisce stabilità ai confini meridionali.
17.10.13 Storia delle Relazioni Internazionali
ESTREMO ORIENTE E CONFLITTO INGHILTERRA - RUSSIA

Anni ‘90
Politica tedesca: sempre più tesa alla weltpolitik (politica mondiale) -> relazioni Germania-
Gran Bretagna sempre più difficili
La Gran Bretagna è spinta sempre più a trovare degli accordi, addirittura con la Germania,
a causa delle tensioni con Francia (Fascioda) e Russia (Costantinopoli ed estremo
oriente):

Le grandi potenze occidentali vorrebbero spartirsi la Cina e mettono in atto concessioni di


sfruttamento economiche a loro favorevoli.
Russia: interessata alla Manciuria
Giappone: in pochi decenni ha fatto propri i progressi tecnologici necessari ad acquisire
influenza. Il Giappone, isolato e povero di risorse, cerca una naturale linea di espansione
in Cina, scontrandosi con quella della Russia.
Il Giappone non viene considerato alla pari dalle grandi potenze quanto al suo diritto di
partecipare alla politica internazionale nonostante le acquisizioni territoriali (sconfigge la
Cina dimostrando la propria potenza, ma alla fine sarà la Russia a garantirsi la presenza in
Cina, mentre il Giappone ripiega sulla Corea, istituendo un protettorato che durerà fino
alla Seconda Guerra Mondiale)

La presenza russa in Manciuria determina il terzo fronte di disturbo per i britannici


(credevano che nessuno dovesse esercitare in Cina un’influenza prevalente, anche
considerando l’imponenza del mercato, mentre i russi vedevano una possibilità di
espansione tradizionale)
-> Fronte estremo oriente, fronte asiatico (pressione russa sull’India), fronte balcanico:
situazione non facile, né militarmente né economicamente.

La Gran Bretagna cerca i tedeschi per un accordo anti-russo. La Germania si sente così
forte che spinge sulla politica di forza (se la Gran Bretagna si avvicina cercando
un’alleanza, ne si dimostra la debolezza)
-> La Gran Bretagna si convince ancor di più che sia necessario valutare le singole
situazioni e alleanza caso per caso (es. accordo con i francesi sulla questione coloniale
risoltasi a favore degli inglesi).

POLITICA DEI GIRI DI VALZER, AVVICINAMENTO FRANCIA-ITALIA

La weltpolitik tedesca mette in difficoltà l’Italia e lo svuotarsi di significato della Triplice


obbliga l’Italia a cercare garanzie altrove per le proprie finalità mediterranee (politica dei
giri di valzer, cit. cancelliere Bülow: sicuro che l’Italia tornerà sempre sotto la Triplice)
1901 Accordo Barrère*-Visconti Venosta -> avvicinamento, superate le tensioni, tra
Francia e Italia: una sorta di scambio in cui entrambe dichiarano il proprio interesse, l’una
in Marocco, l’altra in Tripolitania-Cirenaica (riconoscimento di reciproche aree di interesse)
-> l’Italia ha il diritto, se i francesi (per primi) instaurano un protettorato in Marocco, l’Italia
avrebbe il diritto di fare altrettanto in Libia.

*Insieme a Decastel è una delle figure che crede nell’apertura della Francia all’Italia: fine
della guerra doganale e riconoscimento degli interessi mediterranei dell’Italia.
-> per la Germania (Bülow) comincia la considerazioni di “giro di waltzer”: sa di poterlo
fare perché nel paese ci sono triplicisti e francofili (appoggiati dal Papa che cerca il favore
sulla questione romana). Trame nere: possibilità di disgregazione sulla questione romana.

L’Italia guarda all’articolo 7 della Triplice: situazione di comprovata instabilità sui Balcani in
cui l’Italia cerca di consolidare la propria posizione (in particolare in Albania*), quindi cerca
il favore dell’Austria. L’Italia vuole evitare la presa russa di Costantinopoli per non avere
un’altra potenza nel Mediterraneo.

*importante non per le risorse, ma perché garantisce l’accesso all’Adriatico. L’Austria sta
già cercando di affermare la propria influenza.

SERBIA

Serbia: dal 1895 non ha più rinnovato il proprio accordo (di protettorato) con l’Austria,
affrancandosi poco a poco dal controllo austriaco in una situazione di grande instabilità
(duopolio, il principe Milan Obrenovic allontana addirittura il padre).
Mano nera: organizzazione segreta che sfrutterà tutti i classici elementi che porteranno
poi a un colpo di stato -> 1903 uccisi il re e la moglie*
cambio di dinastia Obrenovic > Karadordevic: si crede possa dare autonomia al paese e
gettare le basi per maggiore stabilità con un tentativo di monarchia costituzionale
*L’Inghilterra rompe le relazioni diplomatiche, mentre l’Austria-Ungheria vede con favore
questo nuovo regno (meglio un sovrano panslavista

AUSTRIA-UNGHERIA

La politica balcanica dell’Austria-Ungheria è influenzata dalla propria situazione interna


(impero multinazionale): vuole continuare a esercitare la propria influenza sui Balcani, ma
non può portare avanti una politica espansiva tradizionale basata sulle annessioni:
- Sangiaccato: impedisce la naturale unificazione di Serbia e Montenegro
- Bosnia: entroterra della Dalmazia e potenziale fucina reattiva sul fronte interno
- Il resto deve essere lasciato il più possibile stabile (i ministri degli esteri, per buona parte
ungheresi, non vogliono l’ingresso di nuovi slavi nella duplice monarchia, poiché rischia di
alterare gli equilibri)

-> dando una struttura federale all’impero, la componente slava avrebbe trovato una
collocazione analoga a quella magiara: gli ungheresi (magiari) si oppongono al
riconoscimento di diritti analoghi ai propri (dopo le lotte per il proprio riconoscimento nel
’48 e il successivo Ausgleich, divisione dell’impero). Braccio di ferro tra la componente
austriaca (rappresentata anche dall’imperatore Francesco Giuseppe) e quella ungherese.

L’Austria, essendo impossibile la risposta federale, deve governare l’instabilità balcanica


senza che la Russia acquisisca troppo potere (controllo della Bosnia senza esporsi troppo
in altre zone)

1897 Accordo con l’Italia per garantire autonomia all’Albania (senza che nessuna delle
due acquisisca un ruolo preponderante).
L’Italia vorrebbe trovare un accordo con l’Austria anche sul resto, ma l’Austria non trova
l’Italia sufficientemente rilevante da richiedere ulteriori accordi.

1897 Accordo con i russi (Russi vorrebbero trovare con qualcuno la garanzia di poter
mettere piede su Costantinopoli e gli stretti, nessuno accetta) intenzione reciproca di
mantenere lo status quo.

Con gli accordi bismarckiani sembrava essere sorta una situazione stabile, ora invece è
molto più fluida.

ITALIA

Dal 1900 l’Italia porta avanti una politica di avvicinamento alla Francia (è generale la
rincorsa agli alleati che possano fornire delle garanzie, mentre l’unica che, forte della
propria potenza, non cerca legami è la Germania). Germania accetta l’avvicinamento
italiano alla Francia, ma:
-> quando bisogna rinnovare a Triplice, la Germania non cede alle richieste di Prinetti
(modifica della Triplice in favore dell’Italia: cercava maggior esposizione tedesca rispetto
alla Tripolitania-Cirenaica e di chiarire la natura difensiva della Triplice, perché nel
frattempo si stava accordando con la Francia*).

*Prinetti cercava di creare un “sistema Prinetti” (1902): l’Italia avrebbe puntellato la propria
posizione con (A) il mantenimento della Triplice, (B) l’accordo con la Francia e (C)
l’accordo con l’Austria.
Volendosi avvicinare alla Francia, ha maldisposto la Germania rispetto a possibili
concessioni.

1902 Accordo Prinetti-Barrère*: avvicinamento alla Francia:


- rispetto agli accordi del 1901 l’Italia non è più vincolata all’azione in Tripolitana-Cirenaica
da un precedente intervento francese in Marocco (riconoscimento reciproco delle aree)
- neutralità con la Francia qualora la Francia venisse attaccata senza provocazione
*Barrère vorrebbe depotenziare la Triplice
-> contraddittorietà tra gli intenti della Triplice (posizioni quasi aggressive rispetto alla
Francia) e di Prinetti-Barrère

Il re Vittorio Emanuele III, francofilo, spinge per questa politica di avvicinamento:


Prinetti chiede di svincolarsi dalla convenzione militare del 1888 (in base alla quale si
sarebbero spostati 5 corpi d’armata italiana sul Reno nel caso in cui la Francia avesse
aggredito la Germania) perché ha giurato ai francesi che non c’era nessun intento ostile ai
francesi.
L’Italia si ritira dalla convenzione militare dell’88 perché Vittorio Emanuele III afferma che
l’esercito italiano non sia abbastanza forte da garantire 5 corpi d’armata sul Reno.
-> il re spinge per l’avvicinamento alla Francia anziché rimanere solo all’interno della
Triplice.
Nella Triplice le punte aggressive rispetto alla Francia da parte dell’Italia stavano stavano
si concentravano in realtà sulla possibilità di intervento francese in Marocco, chiarito con
gli accordi del 1902

-> La Triplice comincia a diventare un contenitore vuoto, utile solo a dare sicurezza
all’Italia che non vuole fare il passo successivo, ovvero avvicinarsi definitivamente alla
Francia, alleata alla Russia (Italia contraria alla presenza franco-russa nel mediterraneo,
eventualmente più potente di quella inglese, che ne avrebbe fatto saltare le ambizioni
mediterranee) ma rappresenta una delle cause di polarizzazione e per cui i britannici
cercano alleanze altrove.
ACCORDO INGHILTERRA-GIAPPONE

1902 accordo Inghilterra-Giappone


Il Giappone non è più isolato e viene per la prima volta riconosciuto da una potenza
occidentale.
Il primo vero accordo fatto dall’Inghilterra (uscita dal proprio isolamento), che si impegna
alla neutralità nel caso in cui il Giappone venga attaccato da una potenza, ma il casus
foederis che impegnerebbe la Gran Bretagna a intervenire a difesa del Giappone è
rappresentato dall’attacco di due potenze: Russia e Francia (legate ancora dalla
convenzione militare e da un accordo politico) che in realtà si rivelerà sempre più di rivolta
alle questioni europee (contro la Germania): i russi non intervengono nel 1898 a Fascioda,
i francesi non intervengono contro il Giappone nel 1904 nella guerra russo-giapponese.
-> la Germania è il nucleo centrale dell’intesa franco-russa, non le questioni extraeuropee.

RAFFREDDAMENTO DEI RAPPORTI INGHILTERA-GERMANIA

Impossibile un accordo Inghilterra-Germania in funzione antifrancese, perché la contesa


coloniale Francia-Inghilterra (vero motivo del conflitto tra i due paesi) nel 1904 si stabilizza
definendo le proprie zone d’interesse.

Le crescenti tensioni tra Inghilterra e Germana (weltpolitik) si rafforzano con la politica di


riarmo navale tedesco secondo la Gran Bretagna non doveva più dettar legge nel Mare
del Nord e con la morte della Regina Vittoria e l’ascesa di Edoardo VII (zio del Kaiser
Guglielmo) allontana ancor più le famiglie reali. Zar e Kaiser invece cercano di trovare una
relazione più stretta tra Russia e Germania.

ACCORDO AUSTRIA-RUSSIA ED ESCLUSIONE ITALIANA

Nell'ambizioso sistema Prinetti l’Italia deve giocare su più campi: Prinetti cerca un
accordo effettivo con l’Austria nei Balcani, ma l’Italia è legata veramente solo con il
Montenegro (Vittorio Emanuele III sposa la principessa montenegrina Elena) il vero
interlocutore dell’Austria nei Balcani sono i Russi:

1903 Accordo di Murzsteg: Francesco Giuseppe e lo Zar si accordano (senza informare


Roma) per risolvere il disordine balcanico causato stavolta dalle rivolte macedoni
fomentate dalla Bulgaria (nuova possibilità di intervento per Austria e Russia nei Balcani).
- Accordo preventivo in cui si prevede il mantenimento dello status quo e laddove ciò non
fosse possibile si proverà a guidare le rivolte verso un’autonomia garantita dall’intesa
austro-russa. Amministrazione congiunta austro-russa in tutta la zona coinvolta dai
disordini -> l’Italia nei Balcani non ha peso politico.
- Promessa di neutralità reciproca (anche l’Austria, che nella Triplice si difendeva proprio
dalla Russia, mette in dubbio la coerenza delle Triplice) -> si pensa a un possibile attacco
italiano contro il confine meridionale austriaco (spirito irredentista italiano)*, mentre i russi
guardano alla possibilità di un attacco inglese (Grande Gioco ed Estremo Oriente).
*Prinetti non solo non è riuscito a consolidare un vero accordo con l’Austria, ma Murzsteg
addirittura sente la necessità di proteggersi dall’Italia.
Ancora una volta l’Italia non viene percepita come presenza rilevante nei Balcani
(nonostante l’articolo 7).

-> la Triplice, per quanto formalmente permanga, si sta svuotando nella sostanza della
sua vera funzione:
- nessuna validità dell’articolo 7
- austriaci si accordano con i russi
- italiani si accordano con i francesi
- inglesi lontani lontani da qualunque collaborazione con la Triplice
- weltpolitik tedesca che rende complicato il rimanere tedesco nella Triplice

ACCORDO FRANCIA-GRAN BRETAGNA SULLE QUESTIONI COLONIALI

1904 Accordo Francia-Gran Bretagna: chiude le porte alla Germania e alla Triplice
regolando tutte le questioni coloniali pendenti: controllo britannico del Nilo e dell’Egitto e
viceversa riconoscimento delle ambizioni francesi in Marocco (ufficialmente i francesi
hanno la possibilità di mantenere l’ordine sul territorio marocchino, esercitando su di esso
di fatto l’esclusiva competenza, con la garanzia per gli inglesi che si rispettino le enclavi
spagnole e si avvisi preventivamente la Spagna in caso di destabilizzazione sul territorio).
-> grazie agli accordi con l’Italia e con l’Inghilterra, la Francia ha di fatto il pieno controllo
sul Marocco. Gli articoli segreti dell’Intesa danno mano libera ai francesi in territorio
marocchino (rispettando le convenzioni con Spagna e lasciando intatti gli interessi
commerciali inglesi nel territorio).

L’Intesa del 1904 non porta conseguentemente all’accordo con i russi, e verrà definita
come tale solo dal 1907 (una volta risolte le questioni pendenti).

-> Mentre la Triplice rimane sempre più formalmente un accordo di alleanze tra gli imperi
centrali e l’Italia, l’Intesa si forma senza definire impegni militari vincolanti e casus
foederis, e nasce solamente quando sono completamente regolati i conflitti coloniali,
dunque cessa di esistere l’impossibilità di un intervento inglese accanto alla Francia ->
definitiva polarizzazione delle alleanza (portata a compimento nel 1907 quando si
raggiunge un accordo anche con la Russia).
17.10.16 Storia delle Relazioni Internazionali
Austria e Russia sono consapevoli che uno screzio tra le due comprometterebbe la pace
europea -> mantenimento dello status quo o, qualora questo non fosse più possibile (a
causa delle rivolte indipendentiste), favorire un processo di autonomia senza che nessuna
delle due avesse significative acquisizioni territoriali che possano favorire una delle due.

1904-1905 Guerra russa in Giappone: la Russia distoglie l’attenzione dai Balcani e la


rivolge all’estremo oriente.

Trattato di Björkö (1905): incontro Kaiser Guglielmo - Zar Nicola (cugini) in cui Guglielmo
cerca un accordo con lo Zar (legati anche alla dinastia), che alla fine viene persuaso:
intervento in caso uno dei due venga attaccati. Lo Zar dovrà annullare l’accordo perché il
ministro degli esteri lo ritiene incongruente con l’accordo russo con la Francia.
-> si cerca in questo periodo di portare avanti alleanze incongruenti con i precedenti
accordi.

Polarizzazione tra Imperi Centrali e il gruppo della Francia-Russia in cui il comportamento


inglese rappresenta ancora un’incognita (benché dal 1904 le ragioni del contendere
coloniale siano risolte, non c’è ancora un casus foederis e non c’è nessun accordo russo-
inglese). L’Intesa avanza più lentamente ma con più sostanza.

SITUAZIONE NEI BALCANI

La Serbia, con l’uccisione nel 1903 di Alessandro Obrenovic e la presa di potere di Pietro
Karadordevic, è diventata per l’Austria Ungheria un competitore e non più stato vassallo:

1904 Guerra dei Porci: guerra doganale tra l’Austria-Ungheria e la Serbia perché la Serbia
non aveva firmato i precedenti accordi ineguali su cui si era fondato nel tempo il rapporto
tra le due: strumento economico teso a mettere all’angolo un paese che dipende
dall’Austria-Ungheria per le proprie esportazioni.
L’Austria-Ungheria deve rivedere le proprie posizioni sui Balcani.

La Russia, con l’impegno ad Oriente, sembra distogliere l’attenzione dai Balcani.

CRISI DI TANGERI (O PRIMA CRISI MAROCCHINA)

Nel 1905, grazie anche ai precedenti accordi sulle rispettive zone di influenza, Francia e
Italia sembrano poter intervenire a breve in Nord-Africa (la Francia può utilizzare il
mantenimento dell’ordine in territorio marocchino come pretesto per intervenire).
Tuttavia, la Conferenza di Madrid (1880) regolava la situazione del Marocco, prevedendo
una sorta di tutela collettiva sul territorio collettivo e ciò rendeva difficile per la Francia
portare avanti un intervento autonomo.

I tedeschi, consapevoli della propria posizione, non sono più disponibili ad accettare le
politiche del fatto compiuto. Quando i francesi intervengono in Marocco, è lo stesso
Kaiser Guglielmo a presentarsi a Tangeri quale tutore dell’indipendenza marocchina (i
rapporti tra il Kaiser e l’impero ottomano si faranno sempre più stretti: ferrovia Berlino-
Baghdad e successivamente intervento ottomano accanto agli imperi centrali).
-> ennesima crisi Francia-Germania: la Germania chiede che siano rispettate le clausole
della Conferenza di Madrid e che la questione marocchina sia discussa in una conferenza
delle massime potenze.
Precedentemente la Germania favoriva la politica coloniale francese (immaginando di
distoglierla dall’Europa).

Incoerenza tedesca:
Cerca l’accordo con la Russia, ma ormai i russi si sono legati alla Francia
Anche l’Inghilterra, dopo aver risolto le questioni coloniali francesi, non cerca l’alleanza
tedesca.
-> è la Germania in questo momento a trovarsi in posizione di isolamento, ad esclusione
della vicinanza con l’Austria-Ungheria (in cui però è la Germania a difendere gli interessi
austriaci).

CONFERENZA DI ALGECIRAS

Nella Conferenza di Algeciras (1906) si discute della situazione marocchina e la Germania


riuscirà a bloccare l’ambizione francese di protettorato marocchino. Tuttavia il successo
tedesco è relativo, perché si scoprono le carte:
- Inghilterra si dimostra vicina alla Francia (interessi e politiche convergenti).
- Italia è in una situazione difficile poiché formalmente legata alla Triplice Alleanza ma ha
anche intessuto con la Francia i propri accordi sulla questione coloniale (Visconti Venosta-
Barrère e poi Prinetti-Barrère). L’Italia deve cercare di non prendere posizione.

L’Italia aveva preventivamente cercato di essere presente sul territorio libico (aveva
favorito una presenza economica e finanziaria) e ora sta aspettando il momento giusto per
intervenire.

Insieme alla politica coloniale, tale contesto rappresenta sempre più un progressivo
sfaldamento dell’Impero Ottomano.

Con la conferenza di Algeciras non viene istituito un protettorato francese, ma solamente


un passo ulteriore verso il controllo del Marocco attraverso la presa in gestione dell’ordine
pubblico (la polizia marocchina passa sotto gestione francese).

-> i tedeschi hanno constatato la posizione contraddittoria dell’Italia e la posizione del


Kaiser comincia a farsi intransigente.
Anche alti settori della dirigenza austroungarica sono in conflitto con l’Italia: crisi
generalizzata interna dell’Impero Austroungarico e impossibilità di riformare il modello
amministrativo secondo un sistema federale: difficoltà nel gestire la multiculturalità
(anzitutto questioni linguistiche e di identità culturale). Es. richieste italiane: università in
lingua italiana a Trieste crea negli austriaci il timore di nuovi impulsi irredentisti, peraltro
puntualmente riportati dall’ambasciata a Vienna.
Ad alimentare il sentimento anti-italiano c’è Gen. Conrad: l’Austria deve agire
preventivamente nei confronti della Serbia a dell’Italia per evitare un attacco congiunto dal
confine meridionale e orientale.

Esiste nella politica estera austriaca una certa moderazione che trova conferma nella
azioni compiute, anche se apparentemente sembrano aggressive:

ANNESSIONE AUSTRIACA DELLA BOSNIA


1908 definitiva annessione della Bosnia: causata da un sommovimento nei Balcani: il
ministro degli esteri Aehrenthal decide di annettere definitivamente la Bosnia, fino ad
allora sovranità ottomana e amministrazione Austriaca, con la riserva di poterla annettere
definitivamente in qualunque momento.

Aehrenthal pensa sia giunto il momento di annettere la Bosnia perché egli stesso era un
triplista (estendere l’ordinamento magiaro e germanico alla componente slava, avversione
ungherese).
L’annessione è favorita anche dalla volontà di garantire quello che nei Balcani è
considerato un postulato vitale per la sicurezza della duplice monarchia:
- funzione di controllo del panslavismo
- protezione strategica della costa dalmata (Adriatico):

Questi due elementi sono importanti nel momento in cui c’è la possibilità che la Bosnia
fosse soggetta alle attività di propaganda delle associazioni irredentiste (in particolare in
Serbia) in funzione anti-austriaca e panslavista.
L’Austria guarda anche cosa sta succedendo all’interno dell’Impero Ottomano (Rivolta dei
Giovani Turchi): i giovani turchi avevano come proprio postulato un rafforzamento del
proprio controllo sui territori dell’Impero Ottomano, e ciò poteva mettere in discussione la
soluzione trovata per la Bosnia.
-> l’Austria annette la Bosnia perché temeva una minaccia per la sicurezza imperiale e
perché sembra che anche l’Inghilterra si stia poco a poco convincendo allo
smantellamento dell’Impero Ottomano (cambiando la propria posizione dopo i massacri
degli armeni e dopo gli accordi con i russi).

Gli austriaci, volendo dimostrare una politica moderata, sono disposti a rinunciare ai diritti
di guarnigione nel Sangiaccato (si rivelerà un’errore perché rappresenta un potenziamento
per la Serbia).

I russi, avvisati preventivamente delle intenzioni austriache, sono convinti che


l’annessione della Bosnia preveda una successiva annessione russa degli stretti. Quando
questo non si rivela, i russi percepiranno un tradimento dei trattati di Mürzsteg e
l’annessione della Bosnia andrà in realtà ad allontanarli definitivamente dalla Triplice.

Gli italiani si appellano all’Articolo 7, che prevede a seguito dell’acquisizione della Bosnia
compensi anche per l’Italia. L’Austria però continua a considerare l’Italia nei Balcani una
potenza trascurabile.

-> l'annessione della Bosnia (che gli austriaci considerano perfettamente in accordo con
la postilla di Berlino 1878) è fattore di destabilizzazione sullo scenario europeo.

ACCORDI ANGLO-RUSSI E COMPLETAMENTO DELL'INTESA

La Russia viene esasperata dall’annessione della Bosnia, peraltro dopo la sconfitta nella
guerra con il Giappone del 1905 (l’accordo franco-russo è incentrata sull’Europa e non ha
avuto luogo nella guerra con il Giappone, avrebbe anzi provocato l’intervento inglese
accanto al Giappone secondo l’accordo del 1902).

1907 Accordi anglo-russi: la Russia ha bisogno di stabilizzare le proprie posizioni e per


questa ragione la competizione anglo-russa in Asia (Big Game) conosce un momento
d’arresto:
Persia (Nord di competenza russa, sud inglese), Afghanistan (zona di competenza
britannica, che acquisisce finalmente lo stato cuscinetto per difendere l’india) e Tibet
(lasciato sotto sovranità cinese)
L’Inghilterra, con una visione a lungo termine, esce dal proprio isolamento appianando
uno ad uno i conflitti con Francia, Giappone e Russia.

-> L’Intesa raggiunge il suo completamento: non esiste un casus foederis (l’Inghilterra non
si è impegnata a intervenire in Europa) ma, ancor più importante, non esistono più
pendenze inglesi con Francia e Russia.

ISOLAMENTO TEDESCO

Ad essere isolata ora è la Germania: il frutto della weltpolitik tedesca è stato di aver fatto
allontanare l’Inghilterra (alleato sicuro per Bismarck).
La concezione di politica mondiale non aveva una visione chiara e non era nemmeno
preventivata una guerra.
Si sono realizzate due delle situazioni che Bismarck aveva fatto di tutto per evitare:
- Coinvolgimento nei Balcani per mezzo dell’assegno in bianco dato all’Austria-Ungheria;
- Continue provocazioni con l’Inghilterra. Bülow si dimette dopo l’ennesima gaffe del
Kaiser (dichiarazioni al Daily Telgraph in cui racconta della naturale avversione tedesca
verso gli inglesi).
Per le alte gerarchie tedesche, la guerra su due fronti comincia ad essere considerata
come una possibilità plausibile e favorevole alla Germania qualora fosse portata avanti nel
futuro prossimo (prima che Inghilterra e Russia si organizzino).

ACCORDO DI RACCONIGI

Dopo l’annessione della Bosnia, i russi cercano un accordo anche con l’Italia che invece
voleva concludere la propria rete diplomatica che l’avrebbe portata a poter intervenire in
Libia senza colpo ferire.

1909 Accordo di Racconigi: accordo Italia-Russia tra lo Zar e Vittorio Emanuele in cui lo
Zar: consultazioni preventive e status quo balcanico e riconoscimento russo delle istanze
italiane in Tripolitania e Cirenaica.
Per gli italiani, dopo la Francia e il primo rinnovo della Triplice con la Germania,
rappresenta il completamento che li porterà alla conquista della Cirenaica-Tripolitania
(l’importanza comunque è relativa perché dovrà essere con le potenze presenti in loco la
discussione).
Per i russi, non è così rilevante.

CRISI DI AGADIR

In questo quadro di destabilizzazione, i francesi colgono l’occasione per una nuova


mossa in Marocco

1911 Crisi di Agadir: nuova mossa francese dopo un’altra rivolta i francesi intervengono,
provacando la reazione tedesca (due incrociatori tedeschi davanti alle coste marocchine,
a dimostrazione della necessità di trattare con la Germania altrimenti si rischia l’intervento
militare).
-> la Germania vuole essere consultata e che vengano tenuti in considerazione i propri
interessi coloniali.
Nuova trattativa in cui la Francia deve fare delle concessioni coloniali alla Germania
(chiede insistentemente una parte del Congo Francese e il Togo) prima di poter
definitivamente stabilire la propria presenza in Marocco.
La Germania mantiene il Cameroon, salvo il “Becco d’Oca” concesso alla Francia.
Anche in questo caso, con una sua efficacia è in gioco la weltpolitik tedesca -> con i due
incrociatori la Germania vuole dimostrare la propria politica che non teme nemmeno un
eventuale scontro.

IMPRESA LIBICA

A questo punto l’Italia, durante il governo Giolitti e ministero degli esteri San Giuliano
(generalmente posizioni moderate e non coloniali), capisce di dover agire: dichiara guerra
all’Impero Ottomano (che formalmente controlla ancora, seppur con difficoltà, Tripolitania
e Cirenaica).

-> reazioni rispetto alla campagna libica:


- l’Italia occupa le isole del Dodeccaneso temporaneamente per evitare attacchi dalle
coste dell’Anatolia (reazioni contrarie anche da parte degli inglesi).
- Austria-Ungheria non gradisce l'impresa libica perché destabilizza l’Impero Ottomano
(plausibilmente con conseguente caos nei Balcani)
- anche la Francia tuttavia dimostra un sostegno più formale che sostanziale (addirittura
sequestro di due navi francesi con armi per supportare un’insorgenza libica) -> alleato
non affidabile che impedisce all’Italia di abbandonare definitivamente la Triplice a favore
della Francia

1912 rinnovo della Triplice: lascia impregiudicato ciò che era stipulato in precedenza
Conrad, in contrasto con Aehrenthal, viene costretto alle dimissioni ma, alla morte del
ministro degli esteri, due giorni dopo il rinnovo della Triplice, viene restituito a Conrad il
comando delle forze armate.
-> di nuovo l’Italia è nella Triplice, ma i conflitti interni con l’Austria-Ungheria sono palesi
(gen. Konrad sempre più convinto della necessità di un attacco preventivo all’Italia)
17.10.19 Storia delle Relazioni Internazionali
PREMESSE E GIUDIZI SULLA GUERRA IN LIBIA

1911 Guerra di Libia favorisce l’indebolimento dell’impero Ottomano e di conseguenza


l’instabilità balcanica.

La scelta di intervento italiano è favorita dalle circostanze europee più che da un’attenta
preparazione (periodo giolittiano, non fermo colonialista): L’ultima crisi marocchina (Crisi
di Hagadir, che si conclude con l’occupazione francese del Marocco) spinge l’Italia
(Giolitti e ministro degli esteri Sangiuliano) all’intervento, sulla spinta anche dell’opinione
pubblica e garantita dagli accordi con i francesi, dagli accordi con gli inglesi e dagli
accordi di Racconigi con la Russia.

-> l’intervento in Libia dovrebbe essere tranquilla ma in realtà sia a livello militare
(impreparazione, scarsità numerica e sottovalutazione dell’impegno) che diplomatico
presenterà dei problemi:
resistenza araba (argomento religioso viene utilizzato con successo dall’Impero
Ottomano) che trova nella lotta contro gli italiani un motivo di unione tra le varie tribù. Il
Sultano diventa un utile strumento religioso per i Giovani Turchi per incentivare la
resistenza araba.
Il conflitto, che ufficialmente è contro la Turchia, deve nascere da una presunta
provocazione: ingiunzione dell’Impero Ottomano rispetto a dei lavori che si sarebbero
dovuti compiere nel porto di Tripoli da aziende italiane.

Le dimensioni e la durata del conflitto incidono con i rapporti che l’Italia ha con i propri
alleati:
- Germania non apprezza perché sanno che il conflitto in Libia andrà a destabilizzare i
Balcani dopo lo scossone del 1908.
- Francia: dopo l’acquisizione del Marocco, a causa della presa di potere di Poincarré e il
conseguente nazionalismo crescente, si intiepidisce la politica diplomatica portata avanti
da Barrère.
- Austria: Aehrenthal vede con utilità l’impegno italiano perché distrae l’attenzione dalla
sfera adriatica e dalle istanze irredentiste lasciando all’Austria mano libera sui Balcani. I
compensi previsti dall’Articolo 7 della Triplice erano relativi ai possedimenti ottomani
anche ai territori dell’Egeo e dell'Adriatico -> quando l’Italia vorrebbe stanare la flotta
turca dal Mar Nero, con le incursioni sui Dardanelli e quando successivamente occupa le
isole del Dodecaneso (per ragioni strategiche, affacciandosi queste proprio sugli stretti
oltre i quali può proteggersi la flotta turca), l’Austria ora potrebbe intervenire su altri
territori dei Balcani (per la prima volta i compensi possono funzionare per l’Austria-
Ungheria).

CONFLITTO CONRAD-AEHRENTHAL

Il peso militare è influente per tutte le potenze e in particolare per Germania e Austria-
Ungheria:

Austria-Ungerhia: Generale di Stato Maggiore Conrad è convinto di dover dare una nuova
prospettiva alla politica austriaca.
All’invio dell’ultimatum che porterà allo scoppio della guerra, l’Austria non sembrerà avere
ragioni definite: non ha pretese territoriali, ma vuole piuttosto riportare sotto controllo una
situazione che sta sfuggendo di mano.

L’Austria è condizionata in politica estera da un fronte interno estremamente complesso in


cui differenti opzioni politiche per la sopravvivenza dell’Impero implicano differenti
politiche estere: la soluzione della tripartizione (Impero esteso agli slavi del Sud) avrebbe
come conseguenza una politica più forte rispetto alla Serbia, e potrebbe farlo solo
immaginando di conferire ai nuovi annessi lo stesso livello di diritti che avevano gli
ungheresi.
-> Una parte della politica austriaca (tra cui Francesco Ferdinando, erede al trono) vede in
questa soluzione triplice l’unica possibilità di esistenza dell’Austria-Ungheria. Altrettanto
chi, come Konrad, vorrebbe una soluzione drastica per la Serbia (che non è più sotto il
controllo dell’Austria, con una forte componente irredentista che potrebbe influenzare gli
slavi dell’impero, in particolare della Bosnia annessa nel 1908).

Conrad, Capo di Stato Maggiore, inoltre fa delle importanti pressioni all’Imperatore per
convincerlo a colpire l’Italia (considerato un alleato inaffidabile) nel momento in cui l’Italia
è impegnata sul fronte libico: soluzione dell'attacco preventivo.
Aehrenthal, Ministro degli Esteri e più moderato, invece si oppone alle ingerenze di un
militare come Conrad e mette l’imperatore di fronte alla scelta tra lui e Conrad.
-> Conrad sarà costretto alle dimissioni e Aehrenthal è convinto che, pur causando
l’intervento italiano una destabilizzazione nei Balcani, esso porterà un raffreddamento nei
rapporti con la Francia e l’Italia sarà poco a poco costretta ad abbandonare la politica dei
giri di valzer, volgendosi a un’alleanza sempre più stretta con gli Imperi Centrali (la Triplice
Alleanza riprende sostanza).

CONSEGUENZE DELLA GUERRA IN LIBIA E NUOVO RINNOVO DELLA TRIPLICE


ALLEANZA

Tuttavia Aehrenthal muore poco dopo e gli italiani (che andando contro le altre potenze, le
quali avevano proposto soluzioni intermedie come l’occupazione simbolica o la sola
amministrazione, vogliono un’annessione vera e propria della Libia spinti anche dalla
frustrazione che aveva caratterizzato l’esperienza coloniale fino ad allora) verranno
indeboliti dalla prova militare in Libia 1911-1912 e ciò si ripercuoterà anche sulle
condizione italiane all’ascesa in guerra nel 1915.

L’esito della guerra di Libia avrebbe potuto avvicinare l’Italia all’Intesa, ma con l’ascesa di
Poincaré l’Italia si rende conto di quanto la Francia stesse remando contro l’esperienza
coloniale italiana (navi francesi che rifornivano i rivoltosi passando dalla Tunisia) e quanto
rimanessero divergenti gli interessi reciproci: per la Francia l’obiettivo di fondo era quello
di allontanare l’Italia dalla Germania, per l’Italia l’intervento in Libia.
-> la Triplice rimane l’unica possibilità per l’Italia, ma pochi giorni dopo il rinnovo del ’12
muore Aehrenthal e Conrad (considerato “nemico dell’Italia” ma supportato anche da
Francesco Ferdinando e da molti altri, in quanto abile militare) viene nominato
nuovamente Capo di Stato Maggiore e si evidenzia nuovamente come il contrasto austro-
italiano si destinato a crescere.

Decreti Hohenlohe 1913: il governatore di Trieste (principale porto adriatico dell’Austria-


Ungheria) decide di escludere gli italiani non triestini, “regnicoli” dunque sudditi italiani,
che prestavano servizio all’interno della municipalità cittadina -> pur non servendo a nulla
politicamente, alimenta la propaganda irredentista.
CRESCENTE ISOLAMENTO DELLA GERMANIA E DEFINITIVA ADESIONE INGLESE
ALL'INTESA

La Germania è tra gli artefici dell’instabilità che porterà alla Prima Guerra Mondiale:
- la crisi di Hagadir ha dato alla Germania l’idea che la Weltpolitik porti i suoi frutti, ma in
realtà dal punto di vista politico non ha fatto altro che allontanare la Germania dalla
Francia.
- la politica navale tedesca invece allontana la Gran Bretagna: la Germania vara una serie
di leggi tese a favorire il riarmo navale tedesco per difendersi dall’Inghilterra sulla spinta
del gen. Von Tirpitz che, a differenza di Conrad in Austria, non trova ostacoli da parte del
ministro degli esteri o del Kaiser.

1912 Missione Haldane: il ministro della guerra inglese si reca nel 1912 in Germania per
trovare un possibile accordo ma si scontra con il totale rifiuto di rivedere la legge
riguardante il riarmo navale tedesco che Guglielmo ha già firmato.

-> definitiva collocazione della Gran Bretagna nell’Intesa (fino ad allora non aveva fatto
con Russia e Francia accordi che la allontanassero definitivamente dalla Germania).

ANNESSIONE TRIPOLITANIA E CIRENAICA

Nel 1912 con la Pace di Ouchy (Losanna) avviene la definitiva di Tripolitania e Cirenaica
da parte dell’Impero Ottomano e annessione all’Italia, anche a causa della difficile
situazione interna (gestione dei Giovani Turchi) che richiede la fine della contesa con
l’Italia.
Rimane impregiudicata la presenza seppur provvisoria sulle Isole del Dodecaneso.

RITORNO RUSSO NEI BALCANI E CREAZIONE DELLA LEGA BALCANICA


Nei Balcani può essere sfruttato un momento di estrema instabilità dell’Impero Ottomano
per cacciarlo definitivamente dall’Europa (dopo l’annessione da parte degli Austriaci della
Bosnia):

Nel 1908 la Bulgaria trova la definitiva autonomia (benché permanga lo scontento legato
alle questioni territoriali a seguito della Pace di Santo Stefano) e i russi (adirati dopo la
sconfitta giapponese e l’annessione della Bosnia) cercano di convogliare il malcontento
bulgaro e quello serbo (volontà di espandersi verso il Sangiaccato e verso il nord
dell’Albania*) in un’alleanza per dare una spallata definitiva all’Impero Ottomano, tramite la
creazione di una lega balcanica (a cui si sarebbero dovuti unire Montenegro e Grecia).

*In Albania c’è un gran fermento nonostante nel 1911-1912 sia ancora a tutti gli effetti
territorio ottomano. Riguardo l’Albania c’era stato l’accordo tra Italia e Austria per il
mantenimento dello status quo per evitare reciproche discordie.

I Russi fanno in modo che ogni decisione presa dalla Serbia o dalla Bulgaria debba
passare da un avvallo russo -> definitivo ritorno russo nei Balcani dopo lo smacco del
1908

AVVICINAMENTO RUSSIA-FRANCIA

La Russia è legata a degli accordi con la Francia dai quali l’un l’altra si sono sfilati
(francesi in estremo oriente e russi ad Agadir): nella convenzione militare (alla base
dell’accordo Russia-Francia) si può riconoscere un forte elemento di svantaggio per la
Francia, che la firma in un momento di isolamento in cui ha bisogno della Russia più di
quanto la Russia non ne abbia di lei.
Il fulcro degli accordi è la Germania (la convenzione nasce come risposta difensiva alla
Triplice Alleanza e al pericoloso isolamento in cui Russia e Francia si venivano a trovare ->
la cosa più probabile che può accadere è un’azione russa nei Balcani che provochi un
intervento austriaco e dunque, per l’articolo 2 della Duplice Alleanza austro-tedesca,
l’obbligo di intervento anche della Germania affianco dell’Austria con conseguente
intervento francese accanto ai russi.

Mentre i russi riprendendo in mano le vicende balcaniche (soffiando sul fuoco del
malanimo serbo contro l’Austria-Ungheria), si impegnano in una politica che non tiene
veramente in considerazione i francesi: comunicano tardivamente e in maniera incompleta
dell’accordo con Serbia e Bulgaria.
I francesi e lo stesso Poincaré si mostrano poco propensi a far chiaro alla Russia quanto
sia importante in quella fase cercare di non far scoppiare definitivamente la questione
balcanica: muovendo gli equilibri balcanici, non si tende solamente a una guerra con
l’Impero Ottomano, ma si rimettono in discussione dei confini complessi e oggetto di
disputa tra i vari stati balcanici.

PRIMA GUERRA BALCANICA

1912 Prima Guerra Balcanica: viene fortemente fomentata dai russi e la Lega Balcanica
ha come comune presupposto un’unica finalità politica (sconfitta dell’Impero Ottomano)
che verrà meno una volta raggiunto l’obiettivo:
Una volta sconfitto l’Impero Ottomano, gli accordi tra i paesi balcanici non facevano
riferimento alle successive spartizioni (es. entità della presenza serba e greca in Albania;
contrasto tra Grecia e Bulgaria sulla questione macedone).
I contrasti diventando inevitabili quando anche la Romania decide di intervenire sulla
questione della ripartizione dei territori che fino ad allora erano nominalmente e
fattivamente sotto sovranità ottomana.
L’Austria-Ungheria, capiti i rischi insiti nella situazione, cerca di calmare la situazione
indicendo la Conferenza di Londra in cui si dovrebbero sciogliere con attività negoziale tra
le grandi potenze alcune questioni: per esempio non è chiara la spartizione dell’Albania,
con i greci che si sono stanziati nel sud del paese e i serbi e montenegrini al nord.
17.10.20 Storia delle Relazioni Internazionali
Come risposta all’annessione della Bosnia del 1908, c’è un tentativo russo di riprendere il
controllo della penisola balcanica per mezzo della coalizzazzione Serbia-Bulgaria nella
Lega Balcanica.
La speranza di alcuni era di creare una zona di influenza austroungarica nei Balcani
occidentali, e un’altra di influenza russa nei Balcani orientali.

I rischi di una guerra sono palesi e dunque le potenze (Germania in particolare, a


differenza di quanto non farà nel 1914) si sforzano di cercare un assetto di comune
accordo.

-> l’assetto risultante dalla Prima Guerra Balcanica prevedere una ripartizione della
Macedonia ma lascia pregiudicate le frontiere com’erano previste prima che la Lega
muovesse i suoi passi contro l’Impero Ottomano: rivendicazioni che convergono sulla
Macedonia e sull’Albania (i Greci premono nella parte Sud e i Serbi nella parte Nord).
Italia e Austria-Ungheria sono le due potenze con i maggiori interesse sull’Albania, perciò
il loro sarà un ruolo più evidente alla Conferenza degli Ambasciatori:

CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI DI LONDRA: QUESTIONE ALBANESE E


AMBIZIONI BULGARE

1912 Conferenza di Londra degli ambasciatori: le grandi potenze (Austria-Ungheria,


Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Russia) sanciscono l'indipendenza albanese*, in
realtà aleatoria, perché manca in realtà una leadership interna unitaria e perché nel paese
persiste la presenza di forze di occupazione (Greci nel sud del paese, Serbi nel nord).
Crisi di Scutari: l’Austria preme perché la Serbia non alteri lo status quo in proprio favore
(vuole impedire che la Serbia abbia uno sbocco sul mare, ad esclusione di un solo porto
commerciale sull’Adriatico).

- Mancano chiari accordi sulle frontiere


- Unico elemento unificante: lotta contro l’Impero Ottomano
-> germi per la disfatta della Lega Balcanica.

I Serbi aiutano i Bulgari a raggiungere Adrianopoli (non succede viceversa).


L’atteggiamento della Serbia nei confronti della Bulgaria è abbastanza rigido.
La Bulgaria coltiva un’ambizione di tornare a un’estensione massima dei propri confini
(prendendo una fetta maggioritaria di Macedonia + estensione verso l’Egeo) andando a
comprimere le ambizioni della Grecia e della Serbia. Ha inoltre una questione aperta con
la Romania (riguardo la Dobrugia)
-> la Romania (segretamente alleata agli Imperi Centrali) può accampare i propri diritti nel
momento in cui si discutono i confini.

La Germania continua a tenersi fuori dalla questione balcanica cercando di gestire la


questione che si riapre tra Austria-Ungheria e Russia, e porta avanti la politica di riarmo
navale (che rappresenterà un ostacolo all’avvicinamento della Gran Bretagna agli Imperi
Centrali).

*Una volta “creato” un paese è necessario trovare chi lo governa: il Principe di Wied
(figura minore della grande nobiltà dinastica europea, nipote della moglie di Re Karol di
Romania) dovrebbe rappresentare l’unità albanese ma non sarà mai veramente in
controllo di un territorio che rimane diviso tra varie rivendicazioni e fazioni e non si
riconosce in un sovrano protestante e con pochi legami con il territorio -> un delle ultime
tragiche figure con cui le grandi potenze vorrebbero gestire almeno formalmente
l’indipendenza indotta in paesi che in realtà stentano a trovare un’unità politica.

-> Tra le due Guerre Balcaniche ci sono dei mesi di negoziato, in cui però la situazione è
in fibrillazione perché tutti gli schieramenti sono già attivi e presenti sul campo, avendo
già combattuto e occupato militarmente dei territori: non deve nemmeno passare il tempo
necessario alle mobilitazioni (gli unici ad aggiungersi sono i rumeni, già erano in
mobilitazione parziale da molto).

SECONDA GUERRA BALCANICA E SCONFITTA BULGARA


1913 Seconda guerra balcanica: il sovrano bulgaro attacca gli alleati (Grecia e Serbia) per
definire il proprio controllo in Macedonia, ma la Russia non interviene in suo aiuto.
Gguerra tra ex-alleati del 1912, ovvero Bulgaria VS Romania (vuole riprendersi la
Dobrugia), Grecia, Serbia, Montenegro -> sconfitta Bulgaria (e vengono rimesse in gioco
le decisioni delle potenze rispetto a questo territorio):
- Gli ottomani riprendono la zona di Adrianopoli (odierna Edirne) su cui i Bulgari avevano
messo piede dopo la Prima Guerra Balcanica
- La Grecia si estende enormemente verso la Macedonia
- Montenegrini e Serbi gravitano intorno all’Albania
- La Romania ha ripreso la Dobrugia
-> Bulgaria ridimensionata da una sconfitta ovvia (poiché circondata da turchi, rumeni,
serbi e greci).

SCREZIO AUSTRO-TEDESCO SULL’OPZIONE BULGARA

L’Austria-Ungheria propone alla Germania l’alleanza con la Bulgaria in un futuro, trovando


però il rifiuto del Kaiser Guglielmo (vuole rimanere fedele all’alleanza con la Romania).
-> questo screzio farà la differenza nelle opzioni che si profilano tra il ’14 e il ’15: da un
lato la Romania, all’interno della Triplice Alleanza (che tuttavia per l’Austria è un’altra Italia:
una fetta di popolazione rumena abita in maggioranza la Transilvania, sotto sovranità
ungherese. La popolazione rumena aveva come punto di riferimento il Regno di Romania,
quella italiana il Regno d’Italia e quella slava del sud avrebbe potuto avere quello di
Serbia) ma con un forte impulso dal basso a schierarsi affianco all’Intesa. Dall’altro la
Bulgaria avrebbe degli interessi più sostanziali a trovare un’alleanza con gli Imperi Centrali
ma questi sono ostacolati tra l’altro dalle rivendicazioni bulgare su Kavala (cittadina greca
che si vorrebbe dare come contentino alla Bulgaria per non squilibrare troppo l’assetto
balcanico*).

*Tutte le potenze sono interessate a questo assetto:


- un’espansione greca troppo vistosa come quella del 1913 potrebbe provocare una
reazione dei russi, preoccupati di poter essere allontanati da Costantinopoli;
- Guglielmo riceve pressioni dalla sorella, sposata con il Re di Grecia, il quale vorrebbe
Kavala alla Grecia

Guglielmo è critico nei confronti degli austriaci, accusati di voler far “scoppiare la
polveriera balcanica”.

Dopo il 1913 l’Austria non riesce a far passare nessuna delle sue rivendicazioni, a
ridimensionare la Serbia e ad avvicinare la Bulgaria contro la Serbia (essendo contrari i
tedeschi)
-> Austria e Germania si trovano in questo momento in disaccordo.

SITUAZIONE DELLE POTENZE

L’Inghilterra in questa fase si accontenta di avere un ruolo di mediazione (deciderà di


muoversi solamente dopo la violazione tedesca della neutralità del Belgio) e l’unico
motivo che continua a impedire un vero avvicinamento con la Germania è la questione del
riarmo navale.

La Francia si sente in grado di far fronte all’eventualità di un conflitto e dunque è meno


prudente.
Nel 1913 si pensa che un’ulteriore crisi balcanica possa essere risolta attraverso un
sistema negoziale già rodato.

-> Tutte le potenze comunque in questo momento si stanno ancora parlando e non
esistono blocchi rigidi.

POLITICA “BIPOLARE” AUSTRIACA

In Austria muore nel 1912 Aehrenthal (che aveva annesso la Bosnia e lasciato il
Sangiaccato) e gli succede Berchtold, considerato dai più come un Ministro degli Esteri
debole.
La politica austriaca si rivela spesso non decisa a sufficienza e incoerente, quasi
“bipolare” , come nel caso della gestione della Serbia, che si vuole contenere ma non si
arriva ad inglobare nell’Impero per volontà della componente magiara.
Succederà anche nel 1914 quando decide di intervenire contro la Serbia, ma senza avere
chiaro quale sarà il futuro della Serbia (nodo difficile da sciogliere a causa delle
implicazioni interne).

-> La gestione della crisi nei Balcani del 1913 non risolve il problema del sentimento di
minaccia che la Serbia (la cui presenza dopo le due guerre balcaniche si è fatta più
consistente) genera nell’Austria-Ungherese: ci sono voci all’interno della duplice
monarchia che pretendono la risoluzione.
Se nel 1909 sembrava che la Russia dovesse rispondere con la forza all’annessione della
Bosnia dell’anno precedente, la Germania aveva fatto recapitare un messaggio a San
Pietroburgo in cui dichiarava l’intenzione di difendere l’Austria, nel 1913 la Germania
sembra molto meno decisa affianco di un’azione dell’Austria-Ungheria contro la Serbia (si
illude che la situazione possa rimanere tale, mentre scoppierà l’anno successivo con
l’uccisione di Francesco Ferdinando).

UCCISIONE DELL’EREDE AL TRONO FRANCESCO FERDINANDO A SARAJEVO, 28


GIUGNO 1914

La coppia si reca a Sarajevo, in Bosnia, senza una scorta ingente nel giorno di
celebrazione per il nazionalismo Serbo e, nonostante un primo attentato fallito, l’arciduca
insiste per recarsi all’esterno percorrendo peraltro un percorso estremamente insicuro.

L’Austria poteva trovare nell’uccisione il casus foederis e contemporaneamente liberarsi


del poco amato Francesco Ferdinando che in politica estera aveva un rapporto
conflittuale con Francesco Giuseppe, sposava l’opzione trialista in contrasto con gli
ungheresi e aveva tiepida considerazione nei confronti dell’Italia sposando la posizione di
Conrad.
Francesco Ferdinando era propenso piuttosto a un rafforzamento del patto tra i tre
imperatori (riavvicinamento alla Russia e permanere di una stretta alleanza con la
Germania).
-> figura divisiva tra chi condivideva le sue idee e chi no.

L’Austria-Ungheria ha la percezione che la propria sopravvivenza sia messa in gioco e ciò


influenza i processi decisionali.

La mediazione tra le potenze non funziona nel ’14 come aveva funzionato nel ’13 e tra le
cause c’è l'“assegno in bianco” della Germania all’Austria-Ungheria: nel momento in cui
l’Austria-Ungheria sposa l’opzione dura nei confronti della Serbia, la Germania le
garantisce il proprio sostegno (e ciò fornisce sicurezza grazie alla preparazione militare
tedesca rispetto a quella austriaca)

Dopo l’attentato emerge subito che gli attentatori fanno parte di un un’organizzazione
segreta irredentista (Giovane Bosnia e Mano Nera) che ha moltissimi esponenti nella
dirigenza politica e militare Serba -> L’Austria-Ungheria attribuisce la responsabilità
dell’attentato alla Serbia (timori nei confronti dell’espansionismo serbo di per se e per la
possibilità di destabilizzazione interna all’Impero, fomentando l’irredentismo slavo
sopratutto nel territorio bosniaco). Viene inviato un emissario per tenere le fila del dialogo
tra Berlino e Vienna.
-> l'ultimatum a Belgrado fu costruito per non essere accettabile (i serbi avrebbero dovuto
rinunciare alla propria sovranità): ricerca dei responsabili politici fatta congiuntamente ad
agenti austriaci, forte limitazione delle libertà di pubblicazioni di materiale presunto
irredentista.
Viene fatto di tutto perché la Serbia non accetti l’ultimatum, così da poter dichiarare
guerra.

POSIZIONE TEDESCA

Il via libera tedesco all’ultimatum rappresenta un assegno in bianco, utilizzato anche


come deterrente nei confronti della Russia (che tuttavia non può sottrarsi all’intervento in
difesa della Serbia nel caso di attacco austro-ungherese).

I militari tedeschi sono estremamente influenti sul piano politico, perseguendo degli ideali
strategicamente corretti ma politicamente deleteri (a partire da Von Tirpitz con il riarmo
navale):
Piano Schlieffen: la Germania sta già strategicamente considerando l’eventualità di una
guerra su due fronti -> dovrà essere la Germania a sferrare il primo colpo, sul fronte
occidentale, rapido (blitzkrieg) contro la Francia per poi concentrarsi ad oriente.
- il piano prevede che la Germania debba passare in Belgio, violandone la neutralità, per
attaccare la Francia.
- i generali, consapevoli del riarmo russo, spingono per una guerra prima possibile.

In linea teorica il piano sembrava logico e conseguente, portando i generali a spingere per
l’intervento, ma la spallata a Ovest che doveva risolversi velocemente viene arginata sulla
Marna portando esattamente al contrario di ciò che ci si aspettava:
Von Moltke il vecchio, zio di Von Moltke il giovane che sarà Capo di Stato Maggiore nella
Prima Guerra Mondiale, aveva previsto che la guerra franco-prussiana del 1870 sarebbe
stata l’ultima con quelle caratteristiche (per il tipo di armamenti e i numeri degli eserciti):
rispetto alle precedenti guerre di movimento, la Prima Guerra Mondiale sarà una guerra di
posizione, dove per anni si sono fatte morire decine di migliaia di persone per
avanzamenti di pochi chilometri
LIBRI: NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE; LA GUERRA DEL '15
(STUPARICH)

Il condizionamento dei militari porta dunque a pensare che, inevitabile il conflitto, sia da
affrontare prima possibile.
Guglielmo, così come tutti i decisori, è comunque via via più preoccupato dalla situazione
(scrive addirittura nell’ultima fase al Re d’Inghilterra sperando di far valere il legame
dinastico).
-> si commette l’errore politico di fare l’assegno in bianco e dall’altra parte si spera che
ciò che sta per avvenire non avvenga.

DICHIARAZIONE DI GUERRA

La mobilitazione tedesca significa guerra pressoché immediata ed è la risposta a una


mobilitazione russa (che invece è molto più lunga).
-> scatta il casus foederis della convenzione militare tra la Russia e la Francia e
l’intervento francese.

A un mese dall’uccisione di Francesco Ferdinando, nonostante una risposta per molti


punti positivi della Serbia all’ultimatum c’è la dichiarazione di guerra dell’Austria-Ungheria
alla Serbia, la conseguente mobilitazione russa e dunque quella tedesca con
dichiarazione di guerra della Germania alla Russia, che automaticamente fa scattare
l'entrata in guerra la Francia.

-> Le speranze di localizzazione del conflitto dell’Austria sono messe in discussione dai
piani strategici della Germania: inizialmente gli Austriaci, anziché concentrare i propri
sforzi militari contro la Serbia, deve rivolgersi contro la Russia, nella Galizia Austriaca
perché la Germania è impegnata sul fronte occidentale (come previsto dal Piano
Schlieffen).

I tedeschi speravano che gli inglesi avrebbero accettato le modalità con cui i tedeschi
presentato l’ultimatum al Belgio (a cui la Germania chiedeva il permesso di passaggio
delle truppe e promettevano un eventuale risarcimento dei danni): l’ultimatum però
scatena la reazione britannica, assolutamente contraria alla prospettiva di un’egemonia
continentale tedesca (le logiche della weltpolitik avrebbe inevitabilmente posto la
Germania contro gli interessi imperiali britannici) -> entrata in guerra dell’Inghilterra (che
non avrebbe permesso una violazione della neutralità del Belgio).

-> Obiettivi politici e territoriali sono chiari per tutti e molto meno definiti per l’Austria che
non riesce più a localizzare la guerra contro la Serbia ed è intimidita dall’alleato tedesco
così forte, che tende a prevaricarla anche alla luce del fatto che solo questa alleanza
garantisce l’Austria.

NEUTRALITÀ ITALIANA

Ai primi di Agosto del 1914 il malfidato alleato italiano dichiara la propria neutralità: può
farlo legittimamente perché non c’è il casus foederis, poiché non si è realizzata
un’aggressione non provocata nei confronti dell’Austria. L’Italia è peraltro scottata dalla
gestione della questione balcanica (nuovamente escusa da Germania e Austria) ->
l’Austria a seguito della neutralità italiana decide di escluderla di fatto dalle discussioni
riservate con la Germania temendo che le informazioni potessero essere girate agli
avversari e continuando a ritenere che l’Italia sulla questione balcanica non abbia il peso
determinante che avrebbe voluto avere.
A seguito della neutralità, l’Italia valuta le opzioni in gioco:
Per l’Italia si presenta non solo l’occasione irredentista ma anche, come dice San Giuliano
(Ministro degli Esteri), la possibilità di divenire grande potenza (ci sono in gioco Balcani,
Mediterraneo Orientale e Adriatico), e ciò dipende assolutamente da chi ha più chances di
vittoria, garantendo all’Italia la realizzazione di questi obiettivi: l’Austria lo capisce e sa
che delle prime vittorie degli Imperi renderebbero più probabile un avvicinamento italiano.
Gli unici convinti triplicasti in questa fase sono gli ambasciatori a Vienna e Berlino.
Anche il Generale di Stato Maggiore italiano Pollio è un fervente triplicista ma muore
improvvisamente nel ’14. Il Re elegge il Generale Cadorna che sarà evasivo sulle richieste
di Conrad di sapere in che modo l’Italia avrebbe voluto preparare il suo intervento militare
accanto degli Imperi Centrali.
17.10.23 Storia delle Relazioni Internazionali

ITALIA

Allo scoppio della guerra l’Italia si sente messa da parte dalla sempre più vincolante
alleanza Austria-Germania (“assegno in bianco” della Germania che garantisce il proprio
appoggio all’Austria anche qualora quest’ultima avesse attaccato la Serbia).
L’Italia ribadisce che non vuole entrare nel conflitto poiché non vede il casus foederis (la
Triplice è difensiva) e si riserva di richiedere ampi compensi in caso di modifica dello
status quo.

Situazione interna:
Nel 1914 l’Italia arriva alla guerra in una situazione di crisi interna (scioperi, ecc…).
Terminata da poco l’era giolittiana.
Presidente del consiglio è Salandra, mentre Sonnino è il nuovo Ministro degli Esteri dopo
la morte di San Giuliano (che aveva cominciato i negoziati con l’ambasciatore tedesco
von Flotow e con quello austriaco fino a pochi giorni prima della morte, portando avanti
una politica in cui l’Italia può porre delle condizioni: l’ingresso dell’Italia da una parte o
dall’altra può fare la differenza (l’Austria potrebbe dover affrontare il nemico ad oriente e
contemporaneamente a sud).

La Germania è la sicurezza su cui fa affidamento l’Austria: l’Austria intervenne contro la


Serbia (dopo non aver mai dato adito a disegni di espansione territoriale per le possibili
ripercussioni interne) perché ritiene che ne vada della propria sopravvivenza -> qualunque
negoziato con l’Italia improntato alla cessione di territori dell’Impero (Trentino)
rappresenterebbe una contraddizione.
La Germania spinge affinché l’Austria sia più malleabile sulle possibili cessioni all’Italia per
mantenerla quantomeno neutrale, mentre l’Austria tende già a considerare l’Italia un
traditore.
Gli Imperi vorrebbero convincere gli italiani a rimanere dalla loro parte con delle importanti
vittorie iniziali.

Le ragioni per cui l’Italia comincia i propri dialoghi con l’Intesa (per prima con l’Inghilterra
nell’autunno 1914) non hanno a che fare con la sola politica irredentista (Trentino e
Venezia Giulia) ma piuttosto con l’occasione di attuare una politica di potenza con cui
poter ottenere acquisizioni territoriali: politica orientata verso il Mediterraneo Orientale.
Le trattative con l’Austria-Ungheria diventano un prender tempo per capire cosa
otterrebbe dall’appoggio all’Intesa, mentre i tedeschi credono di poter convincere l’Italia e
mandano in Italia Von Bülow (ex-cancelliere e ex-ambasciatore a Roma) che sopravvaluta
l’influenza (neutralista) di Giolitti sulla politica italiana.
-> l’idea di Giolitti comunque influenza l’Austria-Ungheria che si persuade, dietro
pressione tedesca, si convince a cedere il Trentino (attuale provincia di Trento) ma solo nel
momento in cui sarebbe finita la guerra

Quando muore San Giuliano e Sonnino (liberale conservatore) arriva al ministero degli
esteri, ottiene il massimo possibile continuando ad addurre la giustificazione di
un’opinione pubblica desiderosa di entrare in guerra da persuadere della scelta neutralista
per mezzo di concessioni.
Il Re, pur avendo tiepida considerazione della Triplice, non lascia trapelare apertamente la
propria posizione.
A supportare le posizioni interventiste ci sono anche il direttore del Corriere della Sera
Albertini, i gruppi nazionalistici per mezzo di manifestazioni a sfondo irredentista, la
corrente fuoriuscitista dall’Austria (Cesare Battisti) che vorrebbero convincere la
popolazione italiana di partecipare a una guerra, che però già si saprà non essere una
guerra breve come inizialmente previsto.

PATTI DI LONDRA (1915)

Aprile 1915
Richieste all’Intesa (mosse da una vera e propria politica di potenza, che vede l’intervento
italiano come ultima occasione per non restare a margine delle grandi potenze):
- Trentino con il confine al Brennero: il fine dell’acquisizione del Brennero è puramente
strategica (confine sicuro) e non irredentista (popolazioni tedesche e ladine)
- L’Adriatico è considerato “lago italiano”: si vorrebbe un controllo incondizionato
dell’Italia sul Mar Adriatico. Tutta l’Istria e tutta la costa dalmata fino a Capo Planka
(comprese le isole più esterne). Si raffigura un grande ridimensionamento delle posizioni
austroungariche sulla sponda orientale dell'Adriatico, senza considerare però un’entità
nazionale unica come sarà il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, si pensa piuttosto
a un Regno di Serbia con sbocco sul mare e una sovranità croata -> l’Italia vorrebbe
essere interlocutore forte tra interlocutori deboli e divisi.
- In merito all’Albania: lo stato per la cui indipendenza ci si era tanto spesi, verrebbe
ristretto a uno stato centrale, dando soddisfazione al Regno di Serbia verso Nord e
permettendo all’Italia di prendere possesso dell’Isola di Valona e Saseno (porte
dell’Adriatico).
- Venezia Giulia
- Trieste
- Contee di Gorizia e Gradisca
- Adalia in Anatolia*
- Si trascura di chiedere Fiume (odierna Rijeka), che aveva un’identità italiana e a guerra
finita si proclama italiana, pensando che possa essere tralasciata qualora l’Italia avesse
ottenuto Trieste.

I patti con l’Intesa erano portati avanti nella massima segretezza perché
contemporaneamente l’Italia continuava a trattare con l’Austria per evitare l’eventualità di
un attacco immediato quando vi fosse stata chiara consapevolezza da parte di austriaci e
tedeschi dell’ingresso in guerra dell'Italia.
Bollati (ambasciatore in Germania) e Avarra (ambasciatore a Vienna) erano gli unici
diplomatici contrari al cambio di alleanza -> le eventuali dimissioni dei due avrebbero
rappresentato il cambio di alleanza.

Mentre l’interlocutore inglese è disponibile alla politica estera italiana sui Balcani, la
Russia potrebbe essere l’unico ostacolo a tali richieste perché difende l’interesse slavo:
tali concessioni avrebbero potuto riaccendere l’irredentismo balcanico. Il Re inglese si
rivolge direttamente alla Russia perché giudicava l’entrata in guerra italiana essenziale alla
vittoria dell’Intesa.

*L’Italia deve prevedere anche l’eventualità di uno smembramento dell’Impero Ottomano:


nell'ottobre 1914 gli ottomani hanno deciso di entrare in guerra accanto agli Imperi
Centrali, dopo i legami finanziari e militari (esercito ottomano ristrutturato dai tedeschi)
con la Germania, c’era stato anche un avvicinamento della dirigenza dei Giovani Turchi
con il paese -> l’Impero ritiene che sia fondamentale per la propria sopravvivenza allearsi
con gli Imperi Centrali.
L’Italia considera un possibile intervento finanziario in Adalia, in Anatolia a cui si erano
interessati gli investitori italiani già nel 1908-1909 (essendo nel territorio turco dell’Impero
Ottomano, si prevede uno smembramento dell’Impero).
In relazione a questi nuovi possedimenti del Mediterraneo Orientale, l’Italia pensa anche
alle proprie colonie in Libia e alle eventuali nuove derivate dalle spartizioni di quelle
tedesche a guerra vinta.

In cambio delle concessioni, l’Italia promette di entrare in guerra entro 1 mese dopo la
firma del patto nell’Aprile 1915 (a cui segue il Maggio radioso) e di farlo in maniera
generalizzata contro tutto il blocco avversario (non solo l’Austria). In realtà l’Italia
aspetterà fino al 1916 per decidere di dichiarare guerra alla Germania, con cui l’Italia non
si scontrerà effettivamente fino al 1917 (Caporetto) quando sarà crollato il fronte russo, e
la gran parte della guerra italiana sarà una guerra di trincea sull’Isonzo contro l’Austria-
Ungheria.
-> sarà anche la mancata estensione delle operazioni italiane ad essere fatta valere in
sede negoziale dagli alleati per ridimensionare le richieste dell’Italia, oltre ad alcuni
imprevisti:
- formazione del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni
- ingresso in guerra degli Stati Uniti nel 1917
- il deleterio 1917, quando c’è lo sfondamento di Caporetto e il respingimento fino al
Piave (si teme per la tenuta interna italiana e si ventila la possibilità di perdere le pregresse
conquiste risorgimentali) da parte degli austriaci aiutati dai tedeschi, liberati sul fronte
russo.
PERFEZIONAMENTI DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DURANTE LA GUERRA

1916 Accordo Sykes-Picot: Francia e Gran Bretagna negoziano sui possedimenti


ottomani nella Mezzaluna Fertile (Mesopotamia), territori non turchi dell’Impero Ottomano
estremamente importanti per gli inglesi.
Nel caso delle problematiche politiche e militari, qualunque colpo efficace al nemico può
essere inflitto solamente con scelte strategiche e militari congiunte: con la Disfatta di
Gallipoli (sbarco respinto sul territorio ottomano) ci si rende conto che la definitiva spallata
all’Impero Ottomano è meno facile del previsto.

Jihad e questione araba

Nel 1914, a seguito dell’intervento dell’Impero Ottomano accanto agli Imperi Centrali, il
Sultano è stato persuaso dalla dirigenza turca a dichiarare la jihad (guerra santa) e dunque
i nemici diventano infedeli -> la Gran Bretagna è coinvolta poiché molti sudditi e
combattenti nell’esercito britannico sono di religione musulmana, e dunque saranno
influenzati sulle scelte da compiere sul Medio Oriente e sui territori della Mezzaluna
Fertile.

Gli inglesi hanno definitivamente spostato la propria posizione sposando la logica dello
smantellamento dell’Impero Ottomano: bisogna provvedere allo smantellamento e farlo in
maniera avveduta, con accordi che permettano di non entrare in disaccordo con l’alleato
francese.
Gli ottomani, che già avevano incentivato gli arabi a combattere contro gli italiani nel
1911, sperano di fare lo stesso mentre i tedeschi e gli inglesi stessi cercheranno di
diventare loro stessi promotori dell’indipendenza araba -> strumentalizzazione di un
ipotetico nascente nazionalismo arabo contro il nemico.
Gli inglesi si trovano costretti a fare un gioco doppio, trattando con gli arabi e con i
francesi: l’Alto Commissario in Egitto MacMahon intrattiene una corrispondenza con il
capo delle tribù arabe Husayn e gli promette il ruolo califfale con dei territori, ma che
avrebbe avuto necessariamente bisogno di un sostegno esterno (britannico) per riportare
all’unità delle tribù che fino ad allora erano divise.
-> i britannici utilizzano queste logiche guardando a creare una serie di rapporti di
controllo diretto o influenza su territori che devono essere protetti per la loro funzione
generale (rapporti tra Gran Bretagna con i propri sudditi di fede islamica) e per un
principio di controllo territoriale (capisaldi delle logiche imperiali britanniche all’interno
delle quali si inserirà poi il petrolio).
-> i tedeschi, più che per la forza militare, si affidano all’alleato ottomano più sperando
che possano scardinare dall’interno la tenuta imperiale britannica.

Bisogna accordarsi con gli arabi laddove ci sono delle zone in cui il Regno Unito ha
necessità di puntellare le proprie posizioni (Iraq e Palestina, vicina al canale di Suez) e
lasciare una fascia di deserto al rinascente nazionalismo arabo.
Solo con un accordo militare con gli arabi contro gli ottomani, potranno avere un’azione
militarmente efficace.

Nel contempo è necessario accordarsi con i francesi che avanzano le proprie pretese in
termini coloniali sulla Siria, sul Libano, sulla Palestina
-> secondo gli accordi Sykes-Picot la Palestina viene internazionalizzata, Siria e Libia
vengono lasciati alla Francia, un’ampia zona dell’Iraq è lasciata alla Grand Bretagna,
l’area intorno a Mosul viene affidata ai francesi per farne una zona cuscinetto (pensando a
un eventuale ritorno russo).

Appena Sykes e Picot arrivano a un accordo, cercano l’approvazione russa sull’accordo


ma non quella italiana.
Dopo essere entrata in guerra, nel 1916 l’Italia ha l’impressione di non essere considerata
alla pari. L’Italia ha interessi sui territori dell’Anatolia e per vederseli riconosciuti in maniera
formale fa pressioni sulle altre potenze.

Nel 1917 i bolscevichi prendono il potere e rendono pubblici gli accordi (Londra, Sykes-
Picot).

1917 Accordi di San Giovanni di Moriana: gli italiani firmano degli accordi con Inghilterra e
Francia e riescono a ottenere un riconoscimento del proprio ruolo e dei propri compensi
in territorio anatolico:
- influenza economica e politica sulla zona Anatolica
- possesso di Smirne
la validità dipende dalla ratifica russa, che non arriverà mai poiché prima della firma crolla
l’Impero Russo e con la pace di Brest-Litovsk il destino della guerra non è ancora certo.

INGRESSO IN GUERRA DEGLI STATI UNITI

Nel 1917 entrano in guerra per diversi motivi, superando la precedente matrice
isolazionista:
- guerra sottomarina
- telegramma zimmerman
- motivi commerciali

L’affondamento del Lusitania nel 1915 è l’inizio di un processo che porta gli Stati Uniti a
prendere consapevolezza (nella persona di Wilson) della necessità di intervento in Europa.

A Washington vengono intercettati gli spacci tra l’ambasciata tedesca e il Messico:


rapporti tra Germania e Messico in cui viene promesso il Texas in caso di intervento
messicano accanto agli Imperi Centrali.

Elemento determinante sarà la guerra sottomarina a oltranza, in cui i tedeschi vedevano


l’unica possibilità per sconfiggere la Gran Bretagna (tagliandole i rifornimenti):
rappresenterà una sfida agli inglesi ma anche agli americani (con una sottovalutazione
dell’apporto che gli americani possono dare).
La politica estera statunitense ha sempre un approccio collegato agli affari: per gli Stati
Uniti è inaccettabile perché questo atteggiamento tedesco andrebbe a intaccare i propri
commerci (Lusitania come primo allarme).

L’elettorato americano è diviso, molti non erano WASP (origine anglosassone) ed erano
favorevoli alla neutralità fino a quando non si vede limitata la libertà di movimento a livello
commerciale.
A differenza della Seconda Guerra Mondiale, il coinvolgimento diretto politico non è così
forte e Wilson prima di entrare in guerra offre una mediazione: chide a entrambe le parti i
propri obiettivi bellici, e ciò risulterà inaccettabile soprattuto per i tedeschi.
-> il coinvolgimento americano è anzitutto economico: è una guerra che rappresenta per il
sistema economico e finanziario americano un potente incentivo.
Tra le due guerre c’è un ritorno americano all’isolazionismo, motivato anche dalla
commissione Nye che demolisce le istanze dell’idealismo wilsoniano attribuendo alle
grandi lobby industriali l’intervento americano: produzione, commesse e prestiti che
vincolano gli Stati Uniti ai paesi dell’Europa.

Oltre all’interesse, la scelta americana ha dei risvolti ideologici: idealismo wilsoniano


Premesse politiche con cui Wilson fa entrare gli Stati Uniti nella Prima Guerra
Mondiale: 14 punti in cui Wilson si propone di produrre un rinnovamento delle relazioni
internazionali che vorrebbe in futuro evitare nuovi conflitti generalizzati:
- fine della diplomazia segreta
- liberi commerci
- definizione di frontiere riconoscibili e conseguente affermazione dei principi nazionali ->
Getta le basi per un discorso sul principio di nazionalità e sui confini che è tuttavia difficile
tracciare poiché dopo la guerra si produrranno stati nazionali con al loro interno delle
minoranze spesso poco riconosciute e che costituiranno un ulteriore elemento di
instabilità.
- Istituisce la Società delle Nazioni, all’interno della quale risolvere le eventuali questioni,
che tuttavia ha già in seno i germi della propria sconfitta: gli Stati Uniti non partecipano e i
vinti vengono esclusi.
17.10.26 Storia delle Relazioni Internazionali

NASCITA DEL REGNO DEI SERBI, DEI CROATI E DEGLI UNGHERESI E ATTRITI CON
L'ITALIA

La composizione etnica e nazionale dell’Austria-Ungheria costituisce un problema


quando Wilson lancia le proprie istanze e promesse di autodeterminazione dei popoli: nel
caso del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni l’impulso alla creazione di un’entità
statale unitaria viene dato dalla Serbia.
-> l’unificazione di questo regno è una delle due incognite che coglieranno impreparati gli
italiani.

L’Italia, Sonnino in primis, era convinta di essere entrata in guerra a seguito di patti chiari
e poter dunque pretendere le proprie rivendicazioni territoriali, ma ciò sarà più difficile
quando ci si trova a dover fronteggiare un regno unitario.
Già nel 1917 si profila a Corfù una prospettiva di unificazione innanzi alla quale
inizialmente l’Italia (alla luce del proprio passato irredentista) non potrà negare le istanze
indipendentiste.
Nel 1918 però l’Italia non riconosce il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni perché in
contrasto con il Patto di Londra: le richieste del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni
coincidono in buona parte con le rivendicazioni italiane contenute nel Patto di Londra, che
però erano anzitutto strategiche (adriatico come “lago italiano”) e avrebbero inglobato un
gran numero di non italiani (in particolare opposizione dei Croati) =/= in contrasto con le
disposizioni di Wilson, che appoggia dunque le rivendicazioni del Regno dei Serbi, dei
Croati e degli Sloveni, anche alla luce della funzione di bilanciamento nei Balcani che
questo potrebbe avere rispetto all’assoluta preponderanza italiana.
-> l’interlocutore italiano non è l’Austria sconfitta, ma il nuovo Regno che può rivendicare
diritti di vincitore, con il pieno sostegno di Wilson.

Nel Patto di Londra non era stata rivendicata Fiume: nel 1918, non appena viene
proclamata la vittoria dell’Intesa, la municipalità fiumana chiede di essere ammessa
all’Italia: Fiume ha una componente cittadina linguisticamente ed etnicamente italiana che
potrebbe collocarsi tra le rivendicazioni irredentiste (non strategiche) e al contempo
Sonnino non vuole rinunciare alla collocazione sicura dell’Italia nell’Adriatico garantita dal
Patto di Londra (Coste Dalmate, rivendicate da Serbi-Croati-Sloveni).
Qualsiasi tipo di accordo a due tra il Regno dei Serbi-Croati-Sloveni e il l’Italia sarebbe
impossibile, perché entrambi hanno rivendicazioni massime (gli iugoslavi rivendicano
Trieste, Gorizia, la Venezia Giulia ma vorrebbero arrivare fino a Udine, su questo senza
l’appoggio di Wilson).

Wilson e il suo staff (consigliere "Colonnello House" e gruppo Inquiry) redigono delle
mappe a orientare in modo definito le proprie posizioni e vorrebbero un’Italia il più
possibile collocata entro una frontiera etnicamente sostenibile, che di tutte le
rivendicazioni del Patto di Londra porterebbe a casa la parte occidentale dell’Istria (la cui
composizione mista rappresenterà un problema).

Nella fase di disgregazione degli Imperi Centrali e dell’Impero Ottomano, le linee di


frontiera saranno difficili da tracciare perché le rivendicazioni territoriali sono portate
avanti da Stati con una struttura molto accentrata.
Gli italiani pensano non ufficialmente di poter lavorare sulle divisioni intere -> Protocollo
Badoglio: l’Italia avrebbe dovuto fomentare la rissosità interna al Regno appena formato
(sostenuto su basi estremamente fragili).

L’Albania secondo il Patto di Londra avrebbe dovuto avere un nucleo centrale


indipendente e un ruolo italiano molto rilevante, in realtà anche l’Albania costituirà un
punto di attrito tra l’Italia e il Regno dei Serbi-Croati-Sloveni, in particolare da parte della
componente serba: gli interessi nazionali all’interno della monarchia sono differenti,
poiché i croati guardano le rivendicazioni italiane in Dalmazia mentre i serbi guardano le
rivendicazioni a Est verso l’Albania, dove è accesa la questione del Kosovo (inglobato nel
Regno di Serbi-Croati-Sloveni pur comprendendo una parte di etnica albanese).
La parte nord dell’Albania costituisce un altro punto fermo nella visione della pax
americana: deve essere assegnata al Regno dei Serbi-Croati-Sloveni, mentre all’Italia
deve rimanere, sotto forma, di mandato il controllo su Valona.

ULTERIORI RIVENDICAZIONI ITALIANE E OPPOSIZIONE GRECA

Duplice valenza delle rivendicazioni italiane


Aspetto politico: l’Italia finalmente si stabilizza come grande potenza grazie a un controllo
solido ed effettivo sul Mediterraneo Orientale.
Aspetto pratico: finita una guerra i vincitori occupano in via transitoria dei territori e il
cosiddetto “piantare la bandiera” vuol dire mettere sotto controllo militare un determinato
territorio in modo da acquisire maggior forza negoziale quando si volesse rivendicare
qualche diritto su quel territorio.

L’Italia non è la sola a portare avanti questa politica a seguito della guerra: es. l'Impero
Britannico raggiunge la massima estensione dopo la guerra, nonostante fosse un Impero
in declino (a causa di problemi di ordine economico e finanziario, poiché la sterlina non
sarebbe più stata la valuta di riferimento).
Anche l’Italia cerca con le ultime forze disponibili uno sbarco, oltre a Trieste e Trento (che
passano automaticamente sotto la sovranità italiana), in Dalmazia, a Fiume, a Valona e in
Anatolia (Adalia)* -> trovare un riscontro agli accordi del 1917.

*Si arriva alla pace con l’idea che cesserà di esistere l’Austria-Ungheria ma anche
l’Impero Ottomano, anche nei suoi territori turchi -> smembramento dell’Anatolia che
convoglierà poi la resistenza kemalista (portando nel 1923 alla Guerra Greco-Turca).

-> L’Italia arriva a Parigi con rivendicazioni nemmeno troppo coerenti: Fiume (in virtù della
sua italianità) ma anche in Dalmazia, in Albania, in Anatolia e Smirne (queste ultime in
contrasto anche con la Grecia).
Pacta sunt servanda: gli italiani pensano che francesi e inglesi, quali firmatari del Patto di
Londra, dovrebbero garantire il rispetto dei patti (i russi invece si sono ritirati dai negoziati
dopo averli resi pubblici, e una parte delle truppe dell’Intesa stanno tuttora combattendo
per dare manforte ai bianchi).
Lloyd George però si schiera dalla parte della Grecia (per puntellare la posizione inglese
nel Mediterraneo) rispetto alle rivendicazioni che contrastano con quelle italiane: non solo
il Dodecaneso (vecchio possedimento ottomano ora rivendicato dai greci) ma anche la
città di Smirne (uno dei punti degli Accordi di San Giovanni di Moriana*), a componente
maggioritaria greca che per l’Italia avrebbe fatto parte del disegno di controllo del
Mediterraneo Orientale e degli snodi commerciali derivati dallo smembramento
dell’Impero Ottomano.
*gli inglesi dichiareranno non validi gli accordi, poiché non ratificati dai russi.

LIMITI DELL’IDEALE WILSIONIANO

Wilson è contrario a tutti i patti stipulati in precedenza senza gli Stati Uniti, che peraltro
vanno in contrasto con l'idea stessa di pax wilsoniana fondata sul concetto di missione
americana in cui tutte le sue posizioni vengono rese pubbliche con un forte impatto su
tutte le trattative (a cui egli partecipa pubblicamente, anche a scapito del fronte interno).
-> pensa di modificare secondo una visione più americana le vecchie visioni della politica
estera europee.

- la diplomazia segreta viene considerata tiepidamente


- le linee di confine secondo principi etnici non tengono in considerazione le numerose
minoranze all’interno delle nuove realtà, spesso ottuse nei confronti di queste minoranze
(es. minoranza di lingua tedesca in Alto Adige).
- l’istituzione della Società delle Nazione (14º punto e fiore all’occhiello ) viene
formalmente accettata da tutte le potenze vincitrici, ma anche secondo l’idea che
l’accettazione potesse rafforzare le posizioni negoziali dei paesi vincitori rispetto agli Stati
Uniti (do ut des) dando vita a uno scambio negoziale -> Francia, Inghilterra e Italia
continuano ad approcciarsi alla politica estera secondo una logica di duro realismo
imperialista, in cui ognuno rivendica interessi nazioni estremamente forti: es. ancora una
volta si profila la competizione francese con l’Italia* (in particolare la Francia non è
contenta di vedere un’Italia forte nell’area del Mediterraneo Orientale e nell’area
balcanica).
*Rimane molto velleitarismo nelle politiche estere europee e non si fanno i conti con
l’inizio della decadenza europea segnato dal primo conflitto.
Francia e Inghilterra non modificano a seguito della prima guerra i propri approcci nei
confronti dei propri domini coloniali, permangono piuttosto le logiche imperiali.
- si sta costruendo un diktat che i vincitori impongono ai vinti: la Germania (su questo
diktat si getteranno le basi del nazionalsocialismo tedesco), l’Ungheria (che perde 2/3 del
proprio territorio col Trattato del Trianon), la Bulgaria, l’Austria, l’Impero Ottomano (che
compattezza si schiera contro l’ipotesi dello smantellamento anche di territori
appartenenti alla sola componente turca).

Stati centralizzati:

La gran parte degli paesi sorti dopo la guerra nascono sotto una fortissima spinta
nazionalista e quindi ritengono necessario un controllo accentrato piuttosto che un
riconoscimento delle minoranze, la cui presenza è inevitabile nel momento in cui si
tracciano dei confini.
Non tutti i paesi che si vanno a formare dalla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico
hanno un’identità etnica:
- Regno dei Serbi-Croati-Sloveni: sono presenti tre componenti differenziate che si
uniscono, come nel caso dei croati, per difendersi dalla minaccia italiana.
- Polonia: riprende la sua esistenza come Stato inglobando al suo interno tedesco, cechi,
ecc…
Gli stessi popoli che erano stati minoranza all’interno dell’impero fino all’anno precedente,
diventano i primi grandi oppressori come avevano fatto gli ungheresi: gli stessi polacchi,
che prima erano una minoranza, diventeranno oppressori per le minoranze al proprio
interno; gli italiani fanno prevalere l’idea dell’italianizzazione della componente tedesca e
ladina in Alto Adige, secondo il pensiero di Ettore Tolomei.

-> la pax wilsoniana non riesce a risolvere questi problemi e lo stesso Wilson accetta delle
istanze portate avanti dai propri alleati che non hanno a che fare con i 14 punti.

La Francia, che ha pagato un prezzo altissimo con la guerra, vuole essere certa che la
Germania sia depotenziata:
- territorialmente (impero centrale in Europa)
- economicamente (forza esplosiva nella seconda metà dell’800)
- militarmente (mito militare tedesco che può minacciare la pace europea).
-> punire anche in maniera simbolica la Germania con l'attribuzione della responsabilità di
aver scatenato il conflitto

STATI SUCCESSORI DELL’AUSTRIA-UNGHERIA

Paesi allo stremo delle forze, con molti soldati che tornano a casa affamati trovando una
popolazione che è altrettanto affamata.

- Austria ridotta all’incirca all’Austria odierna. Da un impero multinazionale a uno stato con
una capitale enorme ma senza possibilità di sostentamento autonomo. Omogeneità nella
lingua e cultura tedesca (Austria Tedesca) -> a Parigi non è concesso agli austriaci di
unirsi a ciò che resta della Germania, come vorrebbero.
- Ungheria: perdere 2/3 del proprio territorio
- Cecosclovacchia
- Polonia
- Yugoslavia
- acquisizioni italiane (Trento, Trieste, Alto Adige, parte dell’Istria)
-> Cessa di esistere l’impero multinazionale e bisogna dare una nuova veste alle nuove
formazione statuali a cominciare dall’Austria che, caratterizzata da un’omogeneità
nazionale (in cui tutta la popolazione è di lingua e cultura tedesca) e allo stremo delle
forze, ha come naturale istinto quello di unificarsi alla Germania: idea dell’Anschluss che
Hitler riuscirà a concludere solo nel 1938 nasce vent’anni prima, quando gli austriaci
proclamano la cosiddetta “Austria Tedesca”, confrontandosi però con la dura opposizione
degli alleati (già in contrasto con il principio di autodeterminazione: gli austriaci non
possono scegliere autonomamente di farsi inglobare dalla Germania).

GERMANIA: RIPARAZIONI ECONOMICHE E TERRITORIALI

Si vuole mettere la Germania nella condizione di non poter nuocere nel futuro, togliendole
attraverso le durissime clausole del Trattato di Versailles i fondamenti di forza, ovvero il
territorio, l'esercito, e l’economia.
Versailles risente soprattutto delle rivendicazioni francesi che si manifestano nella politica
di sicurezza a oltranza e nel vedersi riaffacciare nuovamente un ruolo di predominanza
europea.

La Repubblica di Weimar nasce in primo luogo come imposizione esterna (in un paese
che si supponeva potesse ricadere sotto il rischio bolscevico, anche a seguito delle
pesantissime agitazioni sociali sul finire della guerra) e con l’ipoteca intera dei disordini ed
esterna del diktat (gli sconfitti vengono coinvolti solo per l’accettazione della pace, senza
la quale la guerra sarebbe ripresa).

La Germania deve essere punita anzitutto economicamente: il sistema militare e


industriale tedesco non è stato distrutto dalla guerra (erano semplicemente mancate le
risorse per continuare) e quindi c’è il rischio che possa riprendersi.
-> riparazioni (che già erano state utilizzate nei confronti della Francia dopo la sconfitta di
Sedan) sono questa volta calcolate in modo da costituire un aggravio formidabile sulle
capacità effettive della Germania. Il quantitativo delle riparazioni (nei confronti di tutti i
paesi vincitori) viene definito quando Wilson è già fuori gioco.

Oltre a pagare le riparazioni, la Germania si trova un territorio granente leso dalle decisioni
degli alleati:
- perde tutti i possedimenti coloniali
- l’Alsazia-Lorenza torna naturalmente alla Francia
- territori ad est: in particolare si crea il Corridoio di Danzica per garantire un porto alla
Polonia (che trova un sostegno francese alle proprie rivendicazioni) e staccando dunque
la Prussia Orientale. In termini territoriali saranno proprio le perdite ad est e
l’allontanamento della Prussia Orientale ad alimentare il revisionismo tedesco.
- perdite a nord in favore della Danimarca sullo Schleswig
- Eupen e Malmédy a favore del Belgio
- la Saar (territorio molto ricco) rimane temporaneamente sotto amministrazione francese
e con un progetto di futuro plebiscito per deciderne la definitiva attribuzione. La Germania
si trova anche sotto la minaccia che un territorio ricco e fondamentale per l’economia
tedesca come la Saar possa passare sotto sovranità francese.

Il fine è quello di rendere la Germania incapace di porsi nuovamente come grande


colosso economico all’interno dell’Europa (non solamente dare un giusto compenso a chi
ha patito a causa della guerra) e bisogna decidere entità e modalità delle riparazioni
-> imposizione che il nuovo governo tedesco deve accettare a scatola chiusa.

Nella costituzione dell’Austria e della Germania viene espresso il divieto di Anschluss


(violazione del principio wilsoniano di autodeterminazione).
Le attribuzioni territoriali vengono tutte fatte in scarsissima considerazione rispetto alle
reali condizioni e inglobando minoranze (es. i sudeti, con una forte componente tedesca,
vengono inglobati all’interno della Cecoslovacchia).
-> nascono degli stati dell’Europa Orientale che sono in realtà costante oggetto di
rivendicazione, perché nati sulle spoglie di Austria e Germania: componenti statuali
territorialmente molto forti ma politicamente e militarmente deboli.
POSIZIONE DEGLI ALLEATI NEI CONFRONTI DELLA GERMANIA

In un primo momento la Repubblica di Weimar (governo Scheidemann) si dichiara


incapace di pagare e si ipotizza un pagamento in materie prime e manufatti (che però
provocherebbe un indebolimento delle economie dei vari paesi creditori).
Mentre gli inglesi sono più elastici e in molti (Keynes) ritengono che la distruzione
economica della Germania la impossibiliterebbe a far fronte i pagamenti.
I francesi (soprattutto con Poincaré) sono più rigidi, in particolare nel momento in cui gli
Stati Uniti stessi si tireranno fuori dal progetto wilsoniano: non verrà firmata la
partecipazione americana alla Società delle Nazioni a causa di una crescente e
sottovalutata opposizione interna del Congresso (secondo cui tale impresa contraddiceva
in tutto e per tutto la politica estera tradizionale degli Stati Uniti, sempre svincolata da
obblighi esterni) che porterà tra l’altro alla necessità di una firma di pace separata con la
Germania e con i paesi scontri e al cadere degli accordi di garanzia che Wilson aveva
promesso alla Francia (a cui era promesso un futuro sostegno americano in caso di
ritorno aggressivo della Germania).
-> la Francia è spinta su posizioni ulteriormente rigide nei confronti della politica da
svolgere nei confronti della Germania.

I richiami razionali di Keynes e degli altri che scrivono degli errori economici e politici di
cui gli alleati si troveranno a pagare le conseguenze non trovano grandi uditorio in
Francia.
I francesi, di fronte ai costanti ritardi nei pagamenti da parte della Germania, istituiscono
la politica del pegno produttivo: occupazione dei territori tedeschi e prelievo diretto del
credito spettante.
-> Conflittualità franco-tedesca che sfocerà nella crisi della Ruhr (a fronte di una ritardata
consegna di una tranche di pagamenti i francesi decidono di occupare l’area carbo-
siderurgica, cuore della produttività tedesca).
17.10.27 Storia delle Relazioni Internazionali
CONDIZIONI IMPOSTE ALLA GERMANIA

La Germania perde:
- interamente le proprie colonie prebelliche
- 80% della propria flotta: rimane in possesso di una flotta navale militare che non è in
grado di nuocere.
- 48% della produzione di ferro e 16% della produzione di carbone
- 16% dei territori pre-1914 (in termini di quantità territoriale, la Germania perde meno
territori dell’Austria-Ungheria)
- 12% della popolazione tedesca rimane fuori dalla sovranità tedesca.

Trattato di pace imposto alla Germania:


- condizioni territoriali
- condizioni economiche
- condizioni militari

Condizioni economiche:
La Francia non vuole rinegoziare il debito perché ritiene che la non esecuzione del
pagamento non sia reale e che i tedeschi stiano cercando delle scappatoie, anche a
causa della difficilissima situazione interna, caratterizzata da agitazione sociale che
addirittura coinvolgono in più occasioni l’esercito.
Dopo una parentesi progressista in cui Briand cerca di rinegoziare, Poincarré (espressione
della politica francese più nazionalista) è intransigente ed esecuzonista per cui si
considera che i tedeschi non adempiono ai pagamenti perché non c’è possibilità di
obbligarli a farlo, perciò si sviluppa la politica del pegno produttivo (qualora il pagamento
non ci fosse o avvenisse con eccessivo ritardo, questo porterà a un’occupazione di un a
fetta di territorio) e proprio tramite questa si creerà nel 1920-1921 la crisi politica che
porta alla progressiva occupazione di alcune zone (Duisburg, Ruhr, Francoforte)
-> il governo tedesco sarà costretto a rispondere alle richieste internazionali: politica
dell’adempimento, che pure sarà portata avanti non senza difficoltà dal Cancelliere Wirth
mentre l’opinione pubblica vedeva in questa politica dell’adempimento una concessione e
una dichiarazione di debolezza rispetto alle istanze degli alleati.

Il timore dei francesi, che più di tutti gli altri alleati mantengono una politica rigida nei
confronti della Germania, è dovuto anche al ritiro dal teatro europeo degli americani: il
nuovo presidente Harding (R) viene meno il presupposto dell’internazionalismo wilsoniano
viene meno e c’è un ritorno isolazionista degli Stati Uniti. Vengono meno anche i 14 punti
e dunque il patto di garanzia che avrebbe dovuto legare gli Stati Uniti alle proprie alleate
(Inghilterra e Francia) e dare alla Francia maggior sicurezza rispetto all’eventualità di un
ritorno aggressivo della Germania.

La Francia crede, in maniera piuttosto ambiziosa di poter estendere il proprio controllo


economico e la propria sovranità sui territori più ricchi di tutta la Germania. La politica
sotterranea della Francia è tesa a portare un controllo sempre maggiore soprattutto della
finanza francese nei confronti degli industriali tedeschi (cessione volontaria di sovranità da
parte dei grandi industriali tedeschi, che si troverebbero portati a gravitare intorno alla
finanza francese a fronte della crisi della Germania).

Le risorse della Saar vengono distribuite da una commissione internazionale rientrando


nel pagamento delle riparazioni (che si compongono principalmente di materie prime e
manufatti).

Condizioni territoriali:
La Germania perde il 16% dei territori pre-1914 (in termini di quantità territoriale, la
Germania perde meno territori dell’Austria-Ungheria, in particolare dell’Ungheria).
La zona di Danzica, il corridoio polacco e la Prussia Orientale rimasta fuori dal territorio
tedesco rappresenteranno le cause di maggior risentimento per la Germania.
La Saar passa sotto il controllo della Società delle Nazioni con la previsione di un
plebiscito nel 1935 (previsto già ora e non successivamente da Hitler).

Clausole militari:
le clausole militari vanno a depotenziare la Germania colpendo il cuore del militarismo
prussiano. Lo fanno agendo nel modo più ovvio:
- la marina quasi sparisce
- viene eliminata la leva obbligatoria
- viene ridotto a quantità trascurabile lo Stato Maggiore
- viene ridotto a un numero esiguo l’esercito
- viene vietato lo sviluppo dell’aviazione
- viene smilitarizzata la Renania: una lunga fascia di confine tra Germania e Francia viene
completamente smilitarizzata nella parte tedesca e rimane indifesa. Dato strategico molto
rilevante per evitare un attacco tedesco alla Francia (violata successivamente da Hitler).

Secondo la retorica di Versailles il disarmo tedesco dovrebbe essere il presupposto di un


disarmo collettivo (la Germania disarma perché l’Art. 231 la definisce la responsabile del
conflitto ma dovrebbe essere seguito dal disarmo collettivo).
I tedeschi non immaginano per un solo momento di tener fede onestamente ai contenuti
dell’Accordo di Versailles per quanto riguardava le clausole militari: a partire dal 1919-
1920 ci sono dei primi contatti a livello militare con i russi.
-> accordo segreto che mette i russi in condizione di modernizzare le proprie forze armate
grazie alle alte tecnologie prussiane, e ai tedeschi di avere territori dove svolgere le
esercitazioni (proibite da Versailles nel territorio tedesco).

LA VITTORIA MUTILATA

È illusorio pensare che così facendo la Germania possa essere messa fuori gioco, perciò
si tende anche all’isolamento sul piano delle relazioni internazionali, per garantire la
sicurezza della Francia.
La Francia tuttavia, oltre a perseguire la politica di sicurezza, vuole trovare delle vie di
espansione che la contrappongono però alle rivendicazioni coloniali dell’Italia: la Francia
può mettere mano a parte dell’impero coloniale tedesco e in cambio dovrebbe dare (con
l’Inghilterra) alcune soddisfazioni all’Italia nelle zone che all’Italia maggiormente premono
(colonie sul Mar Rosso e Libia). Tuttavia questo non succede, la Francia rifiuta di dare
Gibuti all’Italia e la fascia territoriale che viene concessa al confine della Tunisia è ritenuta
insoddisfacente.
-> anzitutto dall'insoddisfazione italiana a partire dai compensi coloniali comincia a porre
le basi il mito della “vittoria mutilata”: tanto sul fronte coloniale (discorso che verrà ripreso
da Mussolini nella seconda metà degli anni ’30) quanto sul fronte balcanico (secondo le
richieste del Patto di Londra).

Il negoziato di pace a Parigi sarà per l’Italia molto difficile, per la presenza di un
interlocutore nuovo (Regno di Jugoslavia) e per l’opposizione di Wilson all’ottenimento da
parte dell’Italia di tutto ciò che era stato rivendicato nel Patto di Londra: l’Italia dovrebbe
ottenere solamente una parte dell’Istria (quella occidentale, maggiormente popolata da
italiani), alcune delle isole più esterne, la Venezia Giulia e il confine al Brennero, non la
Dalmazia e Fiume (contraddittorietà tra la volontà di rispetto dei patti di Londra e San
Giovanni di Moriana ma al contempo la pretesa di Fiume, precedentemente non richiesta)
-> spedizione a Fiume di D’Annunzio (che rischia di diventare una spedizione militare in
una zona ancora occupata dagli alleati) che rendere la trattativa per l’Italia ancora più
difficile (e in cui l’Italia troverà anche l’opposizione francese).

PICCOLA INTESA

La Francia coglie l’occasione che si presenta per giocare un ruolo importante in un’area
che si è liberata per il venir meno dell’Impero Austro-ungarico e di una presenza
importante a livello continentale qual era quella tedesca (è molto difficile che in questa
fase la Germania possa incidere tra i Balcani e l’area centro-danubiana dal punto di vista
economico).

Con il venir meno dell’Impero austro-ungarico è nata una costellazione di stati successori
che richiedono una protezione -> nasce la Piccola Intesa tra la Jugoslavia, la Romania e
la Cecoslovacchia: tre stati successori con posizioni anti-revisioniste. Gli stati della
Piccola Intesa si coalizzano sotto l’egida e la protezioni della Francia, che rappresenta più
di tutti le posizioni anti-revisioniste (dei trattati), per evitare nuovi ritorni monarchici (Carlo
d’Asburgo tenta per almeno due volte di rientrare e di ricostituire una forma monarchica
che vada a comprendere una sorta di federazione, a partire dall’Ungheria, dove però è
ostacolato dall’Ammiraglio Horty).
-> la Piccola Intesa, più che contro la possibilità di ritorno monarchico, deve coalizzarsi
contro tutti quei paesi che possono avere delle velleità revisioniste poiché l’assetto dei
nuovi stati non è qualcosa di assodato (esistono vertenze aperte anche tra loro).

- la Romania poteva temere il revisionismo dell’Ungheria.


- la Cecoslovacchia aveva una contesa territoriale aperta con la Polonia (motivo per cui la
Polonia non era all’interno della Piccola Intesa).
- la Jugoslavia si pone sotto la protezione della Francia per tutelarsi dal revisionismo
dell’Italia (nonostante la vertenza fosse sostanzialmente chiusa nel 1920 con l’Accordo di
Rapallo)

ACCORDO DI RAPALLO

Con l'Accordo di Rapallo si chiude ufficialmente la vertenza Italia-Jugoslavia (Regno dei


Serbi, Croati e Sloveni):
- Fiume diventa una città libera
- l’Italia non ottiene la costa dalmata come richiesto nel Patto di Londra, ma solo la città
di Zara, enclave italiana in una costa sotto sovranità della Jugoslava
- l’Italia non ottiene tutta l’Istria ma solamente la sua fascia occidentale (Linea Wilson) e le
isole di Lagosta e Pelagosa (più esterne verso Occidente) e le isole del Quarnaro di
Cherso e Lassino.

PRETESE ITALIANE SULL'ALBANIA

L’Italia controlla militarmente alcuni territori sia in Albania che in Anatolia salvo rendersi
conto di non essere in grado di continuare a mantenere l’occupazione (come succederà
anche a inglesi e francesi, che abbandonano rapidamente molte posizioni a causa del
costo eccessivo e della stanchezza dei soldati che vengono da 3/4 anni di guerra): le
forze in Albania diventano scarse e potenzialmente soggette agli attacchi di irregolari che
in questa fase stanno prendendo parte a una sorta di guerra civile albanese -> gli italiani
si ritirano da Valona (punto centrale dell’interesse italiano) e mantengono la posizione
strategica di Saseno, una sorta di sasso di fronte a Valona, dove non c’è né porto né
modo i mantenere stabilmente una guarnigione (gli italiani possono solamente fingere di
avere ancora un controllo strategico su quel punto dell’Albania, all’ingresso dell’Adriatico).
Già nel ’17 con il Proclama di Argirocastro, gli italiani avevano deciso che l’Albania
sarebbe dovuto essere uno stato indipendente e la sua indipendenza sarebbe dovuta
essere tutelata anche dalla stessa Italia.
-> l’Albania diverrà uno dei problemi fondamentali nelle relazioni tra Italia e Jugoslavia
perché è oggetto di contesa tra le due e soprattutto tra l’elemento serbo all’interno
dell’unione jugoslava (i croati guardavano verso i possedimenti dalmati, i serbi invece il
Kosovo e la parte nord dell’Albania).

Tensione Italia-Jugoslavia
L’Albania fatica a gestire la propria indipendenza (non c’è un leader che ottenga un
riconoscimento incondizionato all’interno del paese) ed è divisa dalle lotte tra varie
fazioni, i capi delle quali cercano una protezione straniera: Belgrado e Roma attraverso
queste protezioni cercano un pieno controllo politico indiretto dell’Albania (grande
tensione tra la Jugoslavia e l’Italia).

Mito della vittoria mutilata


L’Italia nei primi anni ’20 deve trovare un accordo con la Jugoslavia anche a costo di
rinunciare ai patti di Londra (costa dalmata, Albania, Anatolia):
- accordo di Rapallo (smentisce pienamente il Patto di Londra)
- fine dell’impresa di Fiume (Natale di Sangue del 1920)
-> ricostruzione dell’ordine e nascita del mito della vittoria mutilata

COLLASSO DELL'IMPERO OTTOMANO


Izmir (Smirne) presa nella guerra contro i Greci.
Konya e Adana vengono sbaraccate dall’occupazione alleata.
I territori quadrettati sono quelli mediorientali della Mezzaluna Fertile che vengono
assegnati alle potenze mandatarie.
Le promesse dei colloqui Hussein-MacMahon del 1915 riguardano l’Hedjaz (fascia di
deserto che verrà assegnata ad Hussein.
La parte in nero è la Turchia di Losanna (Turchia odierna).
Kemal intuisce che l’avanzata da Diyarbekir a Mosul molto probabilmente porterebbe
gli inglesi a portare direttamente in guerra con i Turchi (gli inglesi avevano puntato
molto su Mosul).
Capitolazioni
Il trattato di Pace di Sèvres (1920), comminato all’Impero ottomano, è un trattato di
pace ancora più duro di quello imposto alla Germania: non viene persa solo la
sovranità su tutti i territori non turchi del Medio Oriente (oggetto degli accordi Sayetz-
Picot nel 1916), ma anche su quelli turchi: sono imposte le capitolazioni (accordi
economici e giuridici assolutamente ineguali: uno stato più forte impone una serie di
privilegi a cui l’Impero ottomano viene costretto).

Resistenza kemalista
La sovranità ottomana è limitata: la resistenza kemalista si è armata grazie agli armamenti
non svuotati dagli alleati e si sono costituiti ad Ankara come forza alternativa rispetto alla
dirigenza ottomana.
La resistenza turca cerca di tener testa in particolare all’unico elemento che
effettivamente si oppone ai turchi, ovvero i greci, ai quali gli italiani avevano ceduto le
pretese su Smirne che ai greci costerà una continuazione di guerra con la Turchia, con
sostegno nominale di Francia e Gran Bretagna

La capitale Costantinopoli, gli stretti e parte dell’Anatolia sono sotto il controllo alleato ed
esiste un debito dell’Impero ottomano sotto il controllo di una commissione alleata:
territorio e finanze sono sotto controllo alleato.
-> il Trattato di Sèvres determinata un vero smantellamento dell’Impero.

Le presenze di Francia e Inghilterra, che dovrebbero semplicemente controllare i territori


finché questi non trovino un’assegnazione definitiva dei trattati di pace, si rivelano
particolarmente difficoltose a causa della resistenza del movimento di Kemal (ben armata
ed efficiente sul piano militare anche grazie alle abilità politiche e militari dello stesso
stratega Kemal) che dopo la firma del trattato di Sèvres nel 1920 prende piede in territorio
turco.

Gli stessi italiani si trovano a prendere atto di quanto i territori dell’Anatolia su cui avevano
pensato di poter esercitare un controllo economico in realtà costituiscano un problema
(secondo Kemal la Turchia apparteneva ai turchi -> uno stato nazionale accentrato con
una fortissima caratterizzazione nazionale, con pochissimo spazio per le minoranze).

Scontro greco-turco
La resistenza turca è estremamente efficace soprattutto nei confronti dei greci a cui
infliggono una serie di pesanti sconfitte militari (con più di 70.000 morti) e in particolare la
tragedia di Smirne, città di commercio e varietà religiosa (ortodossi, ebrei, mussulmani) e
nazionale che sparisce dopo essere stata presa e data alle fiamme dai turchi musulmani
che cacciano i cristiani (come i greci, cristiani, avevano fatto con i musulmani quando
avevano messo piede nel loro territorio).

Gli alleati non possono fare altro che raccogliere sulle proprie navi nel porto di Smirne la
popolazione in fuga -> Lloyd George vede venire meno il presupposto della propria
politica (sostegno totale dato dalla Gran Bretagna che voleva la Grecia stanziata in Tracia,
in parte dell’Anatolia e a Smirne).
-> Kemal riesce a ribaltare il trattato di Sèvres con un’azione militare che né Francia né
Inghilterra si sentono di affrontare militarmente (gli inglesi sarebbero entrati in guerra solo
a seguito di un tentativo turco di riprendersi Mosul, presidio strategico che gli inglesi non
intendevano abbandonare) e vengono meno le pretese sull’Anatolia e su tutti gli elementi
su cui avevano puntato Lloyd George e lo stesso Churchill, portando così a un
ribaltamento del Tratto di Sèvres e alla firma del nuovo trattato di Losanna.

1923 TRATTATO DI LOSANNA

Con il Trattato di Losanna del 1923 si fonda la Turchia di Kemal:


- la Turchia riprende il pieno controllo di tutti i territori turchi dell’Impero ottomano
- vengono cancellate le capitolazioni
- i turchi accettano di pagare le riparazioni ma in misura accettabile
- cessa il controllo economico sulla Turchia (che era stato uno dei fondamenti di Sèvres)
- gli stretti sono internazionalizzati ma con una sostanziale presenza turca (mentre negli
accordi di Sèvres i turchi non avevano voce in capitolo in merito all’apertura e chiusura
degli stretti)

L’Italia (così come i francesi e inglesi) è fuori anche dall’Anatolia.

-> la fase di passaggio tra l’Accordo di Sèvres e l’Accordo di Losanna comporta una
modifica sostanziale delle aspettative britanniche, francesi e italiane sui territori turchi e
sulla pace con la Turchia.

Avvicinamento Turchia-Unione Sovietica


La Turchia isolata riesce a ritrovare un accordo con un potenziale nemico come l’Unione
Sovietica, il cui governo bolscevico (che aveva un controllo ancora solo parziale sui propri
territori e che doveva ancora sedare le ultime rivolte bianche) trova utile nel 1921 arrivare
a un accordo con la Turchia kemalista: vengono lasciati ai turchi i distretti di Kars e
Ardahan e l’Armenia sotto controllo russo (nasceranno in questo periodo le repubbliche
socialiste).
-> Kemal sa che è necessario calmare almeno uno dei fronti possibili e per la Russia
l’esigenza è identica, poiché i russi hanno tanti elementi che rendono debole il loro
potenziale controllo e che suggeriscono di arrivare a un accordo politico con la Turchia di
Kemal (inizialmente elementi kemalisti e ex-giovani turchi partecipano ai vari congressi,
ipotizzando che Kemal possa sposare anche dal punto di vista ideale il comunismo, cosa
che poi non accadrà, decidendo Kemal di modernizzare la Turchia in chiave
occidentalizzante).

CONFERENZA DI GENOVA E RIAVVICINAMENTO RUSSO-TEDESCO

Nel 1922 gli alleati convocano dei periodici incontri a Genova con lo scopo di regolare il
problema dei rapporti con la Russia: i russi si rifiutavano di pagare i cospicui debiti
contratti durante la guerra dall’Impero zarista nei confronti della Francia e di altri alleati (a
loro volta indebitati con gli Stati Uniti) e si rifiutavano di riconoscere le proprietà straniere
in territorio russo.
-> non si conclude nulla tra i russi e gli alleati, ma si avvicinano i russi e i tedeschi che
escono così dalle rispettive situazioni di isolamento (a causa della loro politica, i sovietici
erano stati fino ad allora marginalizzati ed erano riusciti a trovare degli accordi solamente
con la Turchia nel ’21 e con l’Afghanistan).

Guerra russo-polacca
I polacchi, approfittando della situazione fluida e della debolezza della dirigenza russa,
cercano di spostare la loro frontiera verso est (comprendendo parte dell’Ucraina e della
Bielorussia).
Quando ci sono i primi contatti tra i vertici militari russi e tedeschi, questi si trovano subito
d’accodo sul fatto che la Polonia costituisca un grosso fastidio.

Il futuro scontro militare tra i russi e i polacchi nel 1921 vede l’armata rossa alle porte di
Varsavia e una controffensiva polacca che ripristina il confine, che diventerà uno degli
elementi determinanti per Stalin e nel corso della Seconda Guerra (è considerato un
confine vitale che mette in gioco la sicurezza sovietica, anche perché attorno a quel
confine gli alleati avrebbero voluto costruire un cordone di stati cuscinetti per isolare
l’Unione Sovietica).

TRATTATO DI RAPALLO (1922)

A Rapallo sovietici e tedeschi si accordano politicamente: danno una forma politica a


quello che era stato un accordo segreto per aggirare le clausole militari di Versailles (di cui
vengono a conoscenza i politici, in particolare il ministro delle finanze Rathenau, pur
mantenendone la segretezza).
L’accordo pubblico prevede invece la ripresa di un vecchio leitmotif della politica
bismarkiana, cioè l’idea che fosse fondamentale per la Germania un accordo con la
Russia: c’è un riconoscimento reciproco, vengono cancellati debiti e riparazioni e si
avviano una serie di rapporti amichevoli (senza casus foederis).
-> Francia e Inghilterra sono sorprese nel vedere che la neonata Repubblica di Weimar e
la Russia tornino ad autogestire la propria politica estera (fino a quel momento tutta la
politica estera tedesca era esclusivamente orientata a cercare di trattare con gli alleati per
il problema delle riparazioni).

CRISI DELLA RHUR E ASCESA DI STRESEMANN

Il problema delle riparazioni, non risolto nelle modalità con cui la Germania avrebbe voluto
pagare, porta al pettine i nodi precedentemente posti in rilievo da Keynes: indebolire la
Germania rende impossibile il pagamento delle riparazioni ed elimina un elemento vitale
dell’economia europea.
1923 Crisi della Ruhr
La politica del pegno produttivo viene portata all’estremo: dopo un ennesimo ritardo nei
pagamenti e consegne da parte dei tedeschi, i francesi decidono di occupare
militarmente la zona della Ruhr, il bacino carbosiderurgico e fulcro della ricchezza
industriale del paese (grazie all’industria dell’acciaio di sostentava una parte importante
dell’economia tedesca).
La reazione tedesca prevede la resistenza a oltranza: viene proclamato uno sciopero ad
oltranza dai lavoratori tedeschi e la Francia, insieme al Belgio, invia dei lavoratori
(partecipa anche l’Italia fascista, per avvicinarsi a Francia e Inghilterra).

Lo sciopero a oltranza dei lavoratori tedeschi può essere portato avanti solo grazie ai
sussidi dello stato centrale (che comporta una spesa ulteriore) e porterà a una
diminuzione nella produzione.
La Ruhr non riprenderà mai la piena efficienza produttiva che aveva prima
dell’occupazione -> la sostituzione avviene portando a un calo della metà della
produttività della Ruhr e le aspettative francesi sul frutto dell’occupazione vengono
deluse.

Lo scontro sulla Ruhr rappresenta una questione vitale per la Germania (non è pensabile
che la regione possa essere estromessa dalla sovranità tedesca) e la totale mancanza di
dialogo tra tedeschi e francesi pone la situazione politica in un vicolo cieco, per uscire dal
quale dovrà essere la Germania fare un primo passo.

Ascesa di Stresemann
Gustav Stresemann, cancelliere per 102 giorni e dunque nuovo ministro degli esteri della
Repubblica di Weimar, delineerà una nuova epoca in cui la pace tra le due guerre sembra
avere davvero qualche chances (grazie a una felice contingenza economica e perché
Stresemann è il vero statista prodotto della Repubblica di Weimar).
Stresemann decide con un atto politico molto coraggioso, in opposizione a una grossa
fetta dell’opinione pubblica e alle destre che non volevano un ulteriore passo indietro
rispetto alla Francia, di porre fine alla resistenza passiva a favore di un avvicinamento alla
Francia.
Pur essendo profondamente revisionista e pensando che la Germania dovesse riacquisire
la propria posizione di potenza in Europa (con la revisione delle clausole di Versailles),
ritiene necessario un dialogo e un negoziato con la Francia cogliendo l’ostacolo
fondamentale a questo dialogo: la mancanza di fiducia della Francia nei confronti della
Germania.
-> la Germania deve presentare al mondo un volto dialogante (Streseman, che immagina
semplicemente una Germania che si riappropri del proprio ruolo nel continente europeo,
vuole rivedere le clausole del Patto di Versailles con modalità opposte a quelle con cui le
rivedrà Hitler, che lo farà in chiave revisionista ma anche espansiva).
17.10.30 Storia delle Relazioni Internazionali
INGRESSO FRANCO-BELGA IN GERMANIA

Nel Gennaio 1923, nel momento di grande crisi tra Francia e Germania, le truppe franco-
belghe entrano nella Ruhr (apice della politica del pegno produttivo) con la finalità di
riscuotere i pagamenti (es. ritardo in una consegna di pali del telegrafo): i tedeschi
dovevano pagare la gran parte dei pagamenti in materie prime e prodotti finiti, e i francesi
aspettavano il pretesto per poter occupare la Ruhr, bacino produttivo carbosiderurgico in
cui aveva degli interessi economici (idea che si potesse costituire una sorta di cartello che
comprendesse i grandi produttori di acciaio in Germania avvantaggiando la produzione
francese).

Opposizione inglese e appoggio italiano


La politica francese del pegno produttivo genera un pesante disaccordo tra Francia e
Gran Bretagna: nel 1922 Francia e Gran Bretagna si trovavano in conflitto:
- Lloyd George non condivide la politica del pegno produttivo
- nel ’22, nel pieno della crisi della rivolta kemalista, i francesi ritirano la propria presenza
da Chanak (a presidio di Costantinopoli) e la Gran Bretagna si vede isolata nella difesa di
Costantinopoli all’arrivo dei kemalisti con conseguente sconfitta in uno dei settori su cui
Lloyd George aveva puntato molto.
Nel Gennaio 1923 Francia e Belgio (anche quest’ultimo risentiva della minaccia di una
rinascita tedesca) vengono appoggiati nella loro politica dal pieno consenso italiano: dal
1922 Mussolini è al potere ed è ritiene più conveniente schierarsi con la Francia.

Conseguenze in Germania
La Germania risponde con la resistenza passiva: il governo della Repubblica di Weimar
sostiene la resistenza per l’impatto sull’opinione pubblica (che credeva fosse necessario
opporsi a questo grave sopruso), ma in termini di realpolitik ciò vuol dire rinunciare alla
produzione della Ruhr e spendere ingenti somme per il mantenimento dei sussidi dei
lavoratori della Ruhr.
-> nel 1923 la politica tedesca porta in Germania una gravissima crisi inflativa con una
svalutazione del marco rapidissima: nei primi anni ’20 si comincia a sentire l’onda lunga
della Prima Guerra e l’Europa comincia a perdere la sua centralità).

Fine della resistenza passiva


La Crisi della Ruhr è grave economicamente e non sembra presentare vie di uscita
politicamente, e solamente differenti impostazioni politiche potranno trarre Francia e
Germania dalla situazione:
- la fine della politica di Poincaré (con l’ascesa di un governo di differenti visioni) e Aristide
Briand come Ministro degli Esteri
- l’ascesa prima come Cancelliere e poi come Ministro degli Esteri del centrista Gustav
Stresemann che decide la fine della resistenza passiva nella Ruhr

STRESEMANN

Stresemann, che orienta la Germania verso un periodo aureo di ripresa (cd. "era di
Locarno”), ha una visione chiara e non teme l’impatto politico di una scelta così difficile
sull’opinione pubblica, nonostante per la Germania fosse un momento di crisi sociale
molto acuto (il ministro delle finanze Rathenau viene ucciso) e di instabilità politica con
frequenti cambi di governo e un'incapacità di governare le ali estreme, con i movimenti di
estrema destra che prendono forza nei momenti di maggiore crisi economica.

Stresemann comunque rimane un revisionista: non trova accettabile il ruolo a cui è stata
relegata la Germania e non è d’accordo con l’idea della responsabilità tedesca nello
scoppio della guerra. Tuttavia è anche un moderato ed è convinto di poter modificare la
situazione per mezzo di un tavolo negoziale in cui rivedere il ruolo della Germania in
Europa rimettendo mano sul diktat Versailles:
- riparazioni: necessario rivederle perché la politica del pegno produttivo (di cui i francesi
non erano particolarmente soddisfatti e che aveva causato anche il loro allontanamento
dalla Gran Bretagna, alleato fondamentale per garantirne la sicurezza) aveva anche ridotto
la produttività della Germania.
- frontiere: anche nella sua fase democratica la Germania ha sempre perseguito un
revisionismo teso a ridiventare grande potenza e per Stresemann è ineludibile un
riconoscimento della potenza continentale del Reich (con un ruolo però più bismarkiano,
equilibratore al centro dell’Europa, che non hitleriana). In particolare si vogliono rivedere le
frontiere orientali (Prussia Orientale separata dal resto del paese dal Corridoio di Danzica).
Con la fine dell’Impero austro-ungarico ci sono in Europa Orientale svariati gruppi di
lingua e cultura tedesca (es. sudeti) e Stresemann vuole richiamare sotto la sovranità del
Reich i territori popolati da popolazioni di lingua e cultura tedesca, ma con un realistico
ordine di priorità (es. Anschluss)

Anschluss
Torna l’idea della riunificazione tra Austria e Germania (vietato esplicitamente dall’Art. 88
del Trattato di Saint Germain e ribadito con il Protocollo di Ginevra del 1922), che fino ad
ora stava più a cuore all’Austria, entrata in una fase di grande difficoltà finanziaria ed
economica a causa del nuovo assetto di stato semi-agricolo (con difficoltà a rinsaldare i
rapporti con gli altri paesi dell’Europa Centro-danubiana, che avevano una funzionalità
economica) -> l’Austria cerca di riunirsi alla Germania, vedendo nell’Anschluss un
elemento salvifico per la propria sopravvivenza, coerente anche con l’omogeneità della
lingua e della cultura dell’Austria (il nucleo rimasto dell’Austria è interamente di lingua e
cultura tedesca).

L’Italia è estremamente contraria all’Anschluss perché una piccola Austria potrebbe


addirittura rientrare nella sfera di influenza italiana (l’Italia pensa di potersi ritagliare uno
spazio di rapporti preferenziali nel bacino danubiano) e perché l’idea del grande stato di
lingua e cultura tedesca potrebbe estendersi anche alle popolazioni di lingua tedesca
dell’Alto Adige che da poco (1919) vivono in Italia con estrema difficoltà ad integrarsi (in
particolare quando la politica fascista porta avanti la politica di cancellazione culturale
delle minoranze).

Garanzie di Stresemann
Stresemann, con grande realismo, non nega la questione dell’Austria ma la rinvia: (come
scritto in una lettera al Kronprinz) è convinto che l’Anschluss si verificherà nel futuro, ma
non è una priorità nel negoziato aperto con i vincitori, in particolare con la Francia, alla
quale è necessario anzitutto dare fiducia (garanzia contro il ritorno aggressivo della
Germania) -> la Germania deve fare un passo ulteriore oltre alle richieste di revisione di
Versailles, garantendo alcune cose:
1) fine alla resistenza passiva nella Ruhr -> porta alla ripresa del dialogo con la Francia:
accolta dai nuovi politici francesi come la possibilità di iniziare un dialogo; la Germania
viene invitata a partecipare alla Società delle Nazioni (entra nel 1926) come stato
effettivamente dialogante con i vincitori.
2) garanzia tedesca delle frontiere occidentali con la Francia e con il Belgio (alla base della
Conferenza di Locarno nell’Ottobre 1925), non rivendicando i territori passati con
Versailles dalla Germania alla Francia o al Belgio (Alsazia-Lorena, Eupen e Malmedy).
3) accordi di arbitrato: (arbitrato: accordo in base al quale due potenze decidono che
qualsiasi vertenza debba sorgere tra loro verrà risolta da un giudice terzo preventivamente
scelto da entrambe) la garanzia della Germania alle frontiere occidentali è sotto l’egida
della Gran Bretagna e l’Italia.

TRATTATO DI LOCARNO (1925)

Per un lungo periodo la politica estera italiana, nonostante l’ascesa al potere di Mussolini
(e la sua presupposta politica aggressiva basata sulla retorica della vittoria mutilata, del
posto al sole e dell’internazionalismo), non cambia nella sostanza.
Mussolini, che pure nel suo primo governo ha nominalmente il dicastero degli esteri, non
modifica in principio i pesi della diplomazia e la politica che aveva preso corpo nei
decenni, e la fascistizzazione e l'ideologizzazione della diplomazia avverrà solo più tardi.

Frontiere Occidentali
Nel trattato di Locarno la Germania garantisce le frontiere occidentali (Francia e Belgio) e
si accorda aggiungendo un accordo di arbitrato nel caso dovessero sorgere vertenze ti
tipo territoriale con Francia e Belgio, sotto l’egida di Gran Bretagna e Italia.
-> momento di grande speranza sul fatto che questa ripresa del dialogo possa
riequilibrare le relazioni in Europa.

Frontire Orientali
Le frontiere orientali rappresentano l’elemento di instabilità e il vulnus percepito dalla
Germania, e nel Trattato di Locarno appare il fatto che esistono alcune frontiere che
dovranno essere riviste prima o poi. L’unico elemento che lega Germania, Polonia e
Cecoslovacchia sono i trattati di arbitrato, senza alcuna garanzia a differenza di quanto
non fosse accaduto per le frontiere occidentali.
La Francia, per tranquillizzare i polacchi e i cecoslovacchi, si rende disponibile a garantire
queste frontiere (stringere degli accordi di garanzia con Cecoslovacchia e Polonia qualora
questi paesi avessero subito attacchi da parte della Germania).

-> la Francia ha negoziato con i tedeschi un accordo che è a vantaggio della sicurezza
francese ma non della sicurezza delle frontiere orientali (la Germania dava a Polonia e
Cecoslovacchia soltanto degli accordi di arbitrato), perciò stipula accordi di garanzia con
Polonia e Cecoslovacchia per garantirla da un attacco tedesco.

Da un lato è fondamentale che Francia e Germania riprendano il dialogo, ma d’altro canto


è evidente che il prezzo della politica di Stresemann è che presto o tardi si arriverà a una
revisione delle frontiere (nessuno è convinto che le cose ad Est possano rimanere come
sono).

Ruolo dell’Italia nel Trattato di Locarno


L’Italia trova un ruolo di prestigio a livello internazionale come garante (insieme alla Gran
Bretagna) del Trattato di Locarno, ma sperava inizialmente di poter ottenere anche una
garanzia supplementare da parte della Germania in chiave anti-Anschluss (benché fosse
già garantito dall’Art. 88 di Saint-Germain e da una promessa fatta dall’Austria con il
protocollo di Ginevra). Stresemann chiarisce che non intende percorrere al momento
questa strada e l’argomento viene momentaneamente archiviato.
-> l’Italia si accontenta al Trattato di Locarno di un ruolo formale ma importante anche alla
luce del riconoscimento che deriva dall’essere affiancata dalla Gran Bretagna.

TRATTATO DI BERLINO (1926)

La Germania sa di avere ancora una serie di gravami che in questa fase le impediscono di
essere una potenza uguale alle altre: le riparazioni che verranno ridiscusse in questa fase,
l’occupazione di alcune zone (occupazione francese a Colonia e in Renania, e nella Saar,
dove era previsto un plebiscito, ma dove la politica francese cercava di creare un partito
all’interno dei grandi industriali favorevole a gravitare intorno alla Francia) e tutte le norme
riguardanti il disarmo (ancora in vigore in Germania con il Trattato di Locarno, ma
parzialmente aggirate grazie agli accordi segreti con l’Unione Sovietica).

L’Unione Sovietica a questo punto può temere di trovarsi di nuovo in una situazione di
isolamento a causa dei pessimi rapporti con le altre potenze e per la possibile perdita di
interesse della Germania nei confronti dell’Unione Sovietica.
-> Stresemann nel 1926 fa un accordo ulteriore e politicamente più corposo con l’Unione
Sovietica: c’è un accordo di non entrare in coalizioni avverse (passo ulteriore rispetto al
Trattato di Rapallo del 1922).

L’accordo segreto di sostanza sulla Reichswehr (esercito tedesco) rimane in piedi, ma il


corollario politico con il Tratto di Berlino funge da accordo di controassicurazione:
Stresemann si guarda bene dall’abbandonare questo filone di dialogo e amicizia con
l’Unione Sovietica, nonostante l’abisso ideologico che separa la Repubblica di Weimar dal
bolscevismo -> concezione realistica della politica estera.

Situazione economica
Con il Trattato di Berlino del 1926 (trattato di controassicurazione) si completa
parzialmente il quadro politico di Stresemann, ma questa situazione aveva come antefatto
anche una revisione delle riparazioni.
La crisi che aveva portato a Locarno era partita anzitutto da una questione economico-
finanziaria (prima che territoriale): ci si rende conto, non solo che con la politica adoperata
si era dimezzata la produzione della Ruhr, ma anche che si rischia che la crisi economica
tedesca abbia esiti negativi sul resto dell'economia europea (viene a mancare un fulcro di
scambi, commerci e produttività che è centrale in Europa e a cui la Francia non è in grado
di sostituirsi efficacemente) -> intervento americano nel continente.

INTERVENTO AMERICANO
In che misura gli Stati Uniti sono realmente isolazionisti?

Logiche politiche e logiche economiche


Anche se la nuova amministrazione repubblicana non si era inizialmente dichiarata
esplicitamente isolazionista, la sconfitta dei democratici e del punto centrale della politica
wilsoniana, ovvero l’ingresso degli Stati Uniti nella Società delle Nazioni, porta gli Stati
Uniti a rientrare in una fase politicamente isolazionista: nessun vincolo politico con il
continente europeo.

In realtà le logiche politiche non sono le uniche forze che muovono la politica estera di un
paese e le logiche economiche sono una forza estremamente importante -> la questione
economica e finanziaria tiene legato l’interesse americano all’andamento del continente
europeo.

Nel corso della Prima Guerra Mondiale la vera incisività della politica di Wilson è prima
economica che politica (era valso di più l’aiuto dato in termini finanziari con rifornimenti e
materie prima dell’intervento effettivo nel 1917) e tutti gli aiuti erano dati a titolo di
prestito, senza la pretesa che gli stati europei riuscissero a pagare nell’immediato.
-> il già avviato miracolo industriale americano conosce una fase di grande accelerazione
perché è chiamato a iper-produrre durante la Prima Guerra senza che il territorio
americano sia intaccato dal conflitto.

Il debito interalleato e il legame americano con l'Europa


Alla fine della guerra i vincitori sono indebitati fino al collo con Washington e l’opinione
pubblica americana è coesa nel ritenere inaccettabile cancellare l’indebitamento: si
richiamano gli alleati ai propri doveri.
Il debito interalleato lega inevitabilmente gli Stati Uniti all’Europa (che allora era per i
mercati americani l’unico vero interlocutore e consumatore di materie prime, manufatti e
prodotti industriali) e questo non può lasciarli indifferenti rispetto alla situazione politica ed
economica-finanziaria dell’Europa -> i grandi banchieri americani sono i primi a rendersi
conto che la politica disastrosa del pegno produttivo e delle riparazioni nei confronti della
Germania causerebbe un danno anche a Washington.
In una fase in cui la politica estera deve sottostare alle condizioni isolazioniste, la politica
estera pare decisa maggiormente dalla Federal Reserve che non dal Dipartimento di Stato
e quando si arriva a riconsiderare la questione delle riparazioni, ad avere maggior voce in
capitolo sono proprio i grandi banchieri americani.

Riconsiderare la questione delle riparazioni della Germania significa anzitutto rifarsi a ciò
che aveva fatto osservare Keynes: se la Germania viene messa in condizione di non
produrre ed è paralizzata dalla crisi inflativa, non potrà far fronte ai propri debiti e verrà
meno anche uno dei pilastri dell’economia europea.
-> il mancato funzionamento dell’economia tedesca significa un mancato funzionamento
globale dell’economia europea ed è necessario anzitutto risanare l’economia tedesca.

Il Piano Dawes
Il nuovo presupposto del banchiere americano Dawes prevede di risanare finanza ed
economia tedesca: viene per esempio ricostituita la ricostituzione della Reichsbank
(Hjalmar Schacht, futuro banchiere di Hitler, diventa banchiera sotto l’egida del Piano
Dawes) e sopratutto un grande prestito che possa rimettere in funzione la produzione
industriale tedesca -> risanare la Germania finanziaria, rimettere in moto l’industria
tedesca e così poter garantire un pagamento delle riparazioni commisurato alla capacità
di pagamento (con il piano Dawes si vuole rimettere la Germania in condizione di produrre
perché solo così potrà pagare le riparazioni).

Difficoltà finanziarie della Gran Bretagna


La Federal Reserve procede insieme alla Bank of England, ma in questa fase è evidente
come la Prima Guerra abbia leso il potenziale britannico: la Gran Bretagna è sempre più
gravata dal suo impero, che raggiunge in questo momento la massima estensione, ma
con scarsa capacità effettiva di controllo (il sistema dei mandati in Medio Oriente, per
esempio in Palestina, dovrebbe essere un vantaggio ma diventerà anche un impegno
gravoso in termini umani e finanziari per mantenere un controllo difficile sul territorio) ->
nella sua massima espansione, la Gran Bretagna vede i primi scricchiolii nella propria
costituzione imperiale e nella possibilità di mantenerla.

La sterlina si è dovuta svincolare dal sistema aureo (il cambio oro-sterlina non è più fisso)
mentre il dollaro è uscito rafforzato dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e potrebbe
sostituire la sterlina negli scambi a livello internazionale.

Azione finanziaria e postulato isolazionista


Grazie all’intervento americano sulla Germania e al grande prestito elargito si evidenzia
quanto gli Stati Uniti siano politicamente e formalmente isolazionisti ma economicamente
totalmente in gioco in Europa: dal momento che girano dei soldi, Washington ha interesse
che la situazione in Germania si stabilizzi, anche se a determinare la politica americana è
più la Federal Reserve con la sua azione finanziaria piuttosto che il Dipartimento di Stato
che si tira indietro alla luce del postulato isolazionista.
-> con il Piano Dawes si vuole che la Germania paghi secondo le sue capacità e che sia
messa in condizione di pagare (ci sarà un ulteriore commissario per le riparazioni che avrà
la possibilità di ricalibrare le varie rate e la Germania potrà permettersi delle moratorie nei
pagamenti, come nel caso della crisi del ’29).

ERA DI LOCARNO, O PERIODO AUREO DELL’EUROPA

Le questioni principali che potrebbero determinare uno squilibrio in Europa sono


rinegoziate:
- riparazioni
- ripresa del dialogo Francia-Germania
- assicurazioni alla Cecoslovacchia e alla Polonia

Era di Locarno
Tra le due guerre c’è una percezione che il contesto europeo possa trovare un suo
equilibrio e che il lascito di incertezza della guerra e dei trattati di pace possa essere
risolto.

GIAPPONE E ACCORDO NAVALE DELLE 5 POTENZE

Il Giappone, entrato in guerra nel 1914 a fianco della Gran Bretagna sua alleata, ha
acquisito ulteriori diritti e ulteriore legittimazione tra le grandi potenze.

Conferenza sul disarmo navale


Si sente l’impulso a rimettere mano al problema del riarmo navale e gli Stati Uniti saranno
anche in questo caso politicamente operativi (nonostante il dichiarato isolazionismo).
Tra il ’21 e il ’22 c’è la prima grande conferenza sul disarmo navale: il postulato sul
disarmo tedesco doveva essere l'avamposto a un disarmo generalizzato -> si rimette
mano al problema del disarmo anche perché c’è l’esigenza di capire quali siano gli
equilibri tra le varie flotte (la flotta giapponese si era dimostrata estremamente efficiente e
rilevante nel settore del pacifico).

Obiettivi americani
Gli americani cominciano a sentire la presenza giapponese come qualcosa con cui dover
fare i conti e nel 1921 gli interessi degli Stati Uniti alla conferenza sono duplici:
- vogliono garantire la politica della porta aperta per la Cina: evitare in Cina (paese
debolmente governato e sottoposto a una serie di vincoli ineguali con i paesi occidentali
per mezzo di concessioni) un ruolo preponderante di qualunque potenza e in particolare
del Giappone, la cui espansione diretta è necessariamente verso la Cina (nel 1915 il
Giappone aveva imposto alla Cina il Trattato delle Ventun domande: emergeva quanto
l’influenza giapponese in Cina fosse dilagante).
- sono interessati a eliminare l’Accordo del 1902 che legava Giappone e Gran Bretagna
(che per il Giappone era stato un elemento di forza) e che sarebbe decaduto se non fosse
stato rinnovato -> gli americani fanno pressione nei confronti degli inglesi per non
rinnovare, ma dicendo anche che la vertenza si poteva risolvere attraverso una serie di
accordi, il primo dei quali era l’Accordo Navale.

Proporzioni dell’Accordo Navale delle 5 Potenze del ’21-‘22


L’Accordo Navale esplicita chiaramente quale sia il rapporto di forza tra le varie flotte e,
benché usualmente il tonnellaggio della marina britannica dovessero essere pari alla
somma del tonnellaggio delle due flotte più forti dopo quella britannica (la Gran Bretagna
era un impero e doveva gestire degli impegni sui mari pari a nessun altro), in questo
momento la Gran Bretagna riconosce tuttavia la parità navale con gli Stati Uniti:
- parità navale Usa-Gran Bretagna: 5
- Giappone: 3
- Italia e Francia: 1,75

Conseguenze per Italia e Francia


Nel passaggio dall’Italia democratica a quella fascista si arriva al riconoscimento francese
della parità navale e a questo accordo ci si appellerà per far valere questa parità più tardi,
quando crescerà la competizione tra i due paesi.

Conseguenze per il Giappone


Il Giappone vede venir meno l’accordo con l’Inghilterra e si raggiunge un accordo in cui si
decide il mantenimento dello status quo nel Pacifico -> il Giappone accetta il ruolo di
secondo e di non fare ulteriori investimenti sulla propria flotta (il tonnellaggio riguarda solo
certi tipi di naviglio).
Il riconoscimento dello status quo prevede anche il divieto di nuove fortificazioni (gli
americani non fortificano Guam e i loro possedimenti nelle Filippine).

-> anche attraverso la politica del disarmo, la politica estera degli Stati Uniti non è
dormiente e cerca di controllare l’espansione evidente del Giappone in un’area di primario
interesse come il Pacifico.
17.11.06 Storia delle Relazioni Internazionali
PRESA DI POTERE FASCISTA E CONTINUITÀ DELLA POLITICA ESTERA ITALIANA

Dopo Locarno cambiano rotta i rapporti Francia-Germania e sembra potersi riaprire il


dialogo dopo il periodo di attrito seguito ai Trattati di Versailles.

Dall’Ottobre 1922, con la Marcia su Roma, Benito Mussolini è diventato Presidente del
Consiglio e con il delitto Matteotti (1924) il controllo del Partito Fascista è completo.
Il Partito Fascista sale al potere nutrendosi del mito della vittoria mutilata (funzione politica
dei reduci che tornano dalla Prima Guerra in una situazione instabile politicamente ed
economicamente), ma non avviene in realtà una cesura netta rispetto alla direzione
collaborativa all’interno della Società delle Nazioni (ribadita dagli Accordi di Rapallo del
1920, in cui si trova un modus vivendi con il regno di Jugoslavia verso cui puntano molte
delle rivendicazioni italiane).

La cesura non avviene perché, nonostante Mussolini avochi a se il ruolo di ministro degli
esteri, Salvatore Contarini (Segretario Generale agli Esteri) riesce a garantire una
continuità della politica estera italiana -> dal ’22 in poi di una politica estera non si
trasforma e non si fa più aggressiva (una parte degli obiettivi sono revisionisti, ma questi
continuano ad essere perseguiti con gli strumenti usuali) e il corpo diplomatico rimane
pressoché inalterato.

TRATTATI DI ROMA (1924)

Nel 1924 Mussolini raccoglie i frutti di un lavorio politico precedente: un ulteriore accordo
tra l’Italia e il Regno di Jugoslavia (tecnicamente Regno dei Serbi, dei Croati e degli
Sloveni fino alla presa di potere di Re Alessandro nel 1929) in cui si trova un’intesa che
sembra poter essere definitiva:
- ritorno all’Italia di Fiume (non avendo funzionato la gestione internazionale e
l’indipendentismo fiumano)
- mantenimento dello status quo in Albania, rilevante sia per la politica estera Italiana sia
per quella jugoslava.

Importanza dell'Albania
L’Albania ha un valore nell’ambito della politica più ampia sul Adriatico e sul Mediterraneo
e in quella dell'espansione balcanica, che Italia e Jugoslavia stanno cercando di
perseguire a partire dallo scenario che si è aperto con la caduta dell’Impero austro-
ungarico (non è velleitaria l’ambizione italiana di diventare potenza egemone nei Balcani,
non tanto in termini territoriali, ma con un’egemonia economica e un ruolo politico in
grado di condizionare politicamente quest’area).

La capacità dell’Italia deve misurarsi con la forza politica e con la rete di alleanze
conseguite dal Regno di Jugoslavia: con il prevalere delle logiche serbe all’interno del
Regno di Jugoslavia, si convoglia l’interesse della politica estera del Regno intero sulla
necessità di un accordo riguardante l’Albania (mentre la parte parte croata guardava
maggiormente all’area adriatica, la parte serba guardava necessariamente verso il nord
dell'Albania e l’Egeo).

Mantenimento dello status quo


La possibilità di un accordo tra il Regno di Jugoslavia e l’Italia si fonda su questo:
superato il problema di Fiume e rimessa la gestione delle singole minoranze (slovena e
croata in Italia e italiana in Jugoslavia) a delle convenzioni interne ai Trattati di Roma, le
Convenzioni di Nettuno, rimane l’accordo che si fonda sul mantenimento dello status quo
albanese -> né l’Italia né la Jugoslavia avrebbero cercato un ruolo di predominanza nel
territorio albanese (la realtà albanese si prestava a una massiccia ingerenza politica a
causa della costante instabilità politica derivante dalle lotte tra differenti fazioni che
cercavano un appoggio esterno).

Continuità e spinte aggressive


Nel 1924 c’è un’affermazione del regime (Mussolini non cade dopo il delitto Matteotti) ma
non è ancora il momento di un cambiamento radicale della politica estera (nonostante
alcune voci oltranziste vorrebbero una politica estera più aggressiva nei confronti della
Jugoslavia, riprendendo la linea del Protocollo Badoglio: vorrebbero sfruttare le spinte
dell’irredentismo croato e macedone all’interno della Jugoslavia per favorire la
disgregazione).

SITUAZIONE ITALIANA NEL ’24 RELAZIONI CON LE POTENZE

Rispetto alla Germania l’Italia ha un atteggiamento anti-revisionista, rispetto alla Francia


invece ci sono alcune rivendicazioni:

Compensi coloniali
L’Italia, con la firma dei Trattati di Roma del ’24, ambisce a trovare un assetto di equilibrio
nell’area balcanica e al contempo cerca un accordo con la Francia che possa consentirle
di recuperare il posto al sole che lasciavano presupporre gli accordi di pace: i compensi
coloniali che sarebbero spettati alle potenze vincitrici a scapito delle perdite coloniali
tedesche erano stati suddivisi tra la Franca e la Gran Bretagna, mentre l’Italia chiedeva
dei compensi territoriali nelle aree limitrofe alle proprie colonie (sia quelle dell’Africa
Orientale affacciate sul Mar Rosso, sia la colonia libica).
-> altro elemento di latente insoddisfazione della politica italiana (elementi di revisionismo
che facevano pendere l’Italia verso l’idea che i Trattati di Versailles dovessero essere
rivisti).

Anti-revisionismo relativo all'Anschluss


L’Italia era invece estremamente rigida e contraria al revisionismo in merito in merito alla
Germania e in particolare all’Anschluss:
- l’Austria così costituita era inevitabilmente soggetta all’influenza italiana
- l’unificazione tra l’Austria e la Germania avrebbe costituto un elemento pericoloso per la
politica interna italiana per la questione dell’Alto Adige

Contrasto Italia-Francia e Francia come garante dell’anti-revisionismo


La politica di pacificazione con il regno di Jugoslavia finirà due anni più tardi con la firma
degli Accordi di Tirana con l’Albania (1926).
La politica italiana cambia direzione anche in conseguenza della percepita minaccia
dell'imminente accordo tra la Francia e il Regno di Jugoslavia.

-> questi anni sono caratterizzati in particolare da una crescente competizione tra Italia e
Francia: la competizione tra Italia e Jugoslavia rimane impari finché la Jugoslavia è
isolata, e diventa una competizione vera quando il protettore della Jugoslavia diventa la
Francia -> chi contende all’Italia il ruolo di potenza dominante e di influenza nell’area
centro-danubiana è la Francia, paese per definizione contrario a ogni revisionismo e
garante per i paesi che vedono la propria sopravvivenza solo nell’anti-revisionismo (i paesi
successori dell’Austria-Ungheria, a partire dalla stessa Jugoslavia).

La distinzione tra le garanzie sui confini occidentali e orientali della Germania viene
chiaramente percepita dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia e dagli altri paesi che potevano
temere una possibile istanza revisionista tedesca (che avrebbe per prima cosa rimesso in
discussione le frontiere di questi paesi) -> da Locarno questi paesi escono con più
insicurezza e la Francia, paladina degli Accordi di Versailles, è chiamata a rispondere
(giovatasi della garanzia tedesca, aveva dovuto a sua volta garantire Polonia e
Cecoslovacchia).

Mentre la Francia considera il mantenimento di un assetto stabile dell’Europa centro-


danubiana e dell’area balcanica come una maggior sicurezza per se stessa (necessità di
sicurezza che cresce con la percezione del proprio isolamento nel momento del ritiro degli
Stati Uniti e quando la Francia dovrà gestire autonomamente l’equilibrio sul continente), la
Gran Bretagna invece è più realista e percepisce che presto o tardi bisognerà rimettere
mano alle frontiere.

ACCORDI DI TIRANA (1926)

L’Italia ha un atteggiamento critico nei confronti degli accordi di pace perché ritiene di
essere stata penalizzata (non erano state rispettate tutte le promesse fatte all’Italia) e la
sua politica vive fasi alterne: nel ’24 sembra trovare la strada di un accordo anti-
revisionista dai quali si allontana con gli Accordi di Tirana firmati quando la componente
serba del Regno di Jugoslavia, avendo letto gli Accordi di Roma come una sorta di
accordo di desistenza (désistement) da parte dell’Italia nell’area balcanica, vorrebbe
riprendere l’espansionismo verso il nord dell’Albania.

La Jugoslavia comincia a sostenere la fazione che ritiene possa prendere il controllo


dell’Albania (Zogu viene sostenuto prima dagli jugoslavi e poi dagli italiani).
-> nel giro di un anno e mezzo viene meno il presupposto del Patto di Roma: Italia e
Jugoslavia cominciano a ingerirsi nella politica interna albanese.

Avvicinamento Francia-Jugoslavia
La Jugoslavia si avvicina sempre più alla Francia, garante dell’anti-revisionismo e tutore
della Piccola Intesa (paesi anti-revisionisti di cui fa parte la Jugoslavia e che costituisce la
longa manus della Francia nell’area): la Francia svolge un ruolo di potenza determinante in
un settore in cui il controllo economico e delle risorse è rilevante.

Ripresa dei finanziamenti italiani agli indipendentisti in Jugoslavia


Mussolini si orienta sempre più verso l’opzione maggiormente revisionista nei confronti
della Jugoslavia e, riprendendo la vecchia politica di Badoglio, ricominciano i
finanziamenti italiani ai movimenti indipendentisti jugoslavi (es. ai croati dell'Ustaše di
Ante Pavelić, che pure erano minoritari rispetto agli autonomisti del Grande Partito
Contadino di Radić) per indebolire la Jugoslavia dal punto di vista interno.

Accordo di Tirana (1926) e dimissioni di Contarini


Nel Novembre ’26, con l’Accordo di Tirana (accordo a due con l’Albania), l’Italia
garantisce l’integrità albanese e la sua stabilità politica: appoggio pieno a Zogu-> l’Italia
inizia a ingerirsi nelle vicende albanesi, facendo cadere con gli accordi del ’26 il
presupposto politico che aveva portato agli accordi del ’24.
Proprio in questa fase di dimette Contarini, Segretario al Ministero degli Esteri, che fino a
quel momento era stato l’indicatore della continuità della politica estera italiana.

ELEMENTI DI CONTRASTO ITALIA-FRANCIA

Elementi di competizione con la Francia


A) problema del ruolo nell’Europa balcanica e centro-danubiana
B) problema coloniale
C) questione politica dei fuoriusciti
D) competizione naturale che riguardava la Prima Conferenza sul disarmo navale

A) (vd. sopra) Con la piena intesa e l’accordo tra la Francia e la Jugoslavia nel 1928, il
baricentro dei contrasti italiani si sposta di nuovo verso la Francia, interessata come
l’Italia al varco aperto in quest’area.

B) È inoltre aperta con la Francia la vertenza territoriale sulle colonie: verso la Francia (che
non vuole accettare le pretese italiane formulate prima della guerra) si concentra il mito
della vittoria mutilata e del mancato posto al sole.

C) Sul piano della politica interna poi, esiste il problema del fuoriuscitismo italiano:
elementi di dissidenza politica anti-fascista che trovavano asilo in Francia (es. fratelli
Rosselli).
Tuttavia non c’è ancora una considerazione del regime fascista quale elemento illegale,
anti-democratico e di rottura degli equilibri europei, la figura di Mussolini ha una certa
autorevolezza sul piano internazionale e il regime è accettato: non c’è ancora un netto
contrasto tra i regimi totalitario e i sistemi democratici, e il contrasto diventerà più netto
solo con la polarizzazione di Italia e Germania nel Tripartito, nel Patto d’Acciaio e poi con
la guerra.

D) Con la Conferenza sul disarmo navale a Washington 1922 Francia e Italia avevano
trovato un accordo per una parità navale, ma quando gli Stati Uniti si adoperano per
convocare nel 1927 una successiva conferenza sul disarmo navale a Londra sia la Francia
che l’Italia si rifiutano di partecipare (né l’una né l’altra sono disposte a riaprire il discorso
del riarmo navale e a ritrovare lo stesso accordo trovato nel 1922 a Washington).

SECONDA CONFERENZA SUL DISARMO NAVALE (1927)

A caratterizzare la conferenza del 1927 di Londra (e il suo sostanziale fallimento) sarà


l’acceso contrasto tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che avevano interessi
completamenti diversi in materia di riarmo navale:
- la Gran Bretagna, essendo un impero con molte basi, ha bisogno di un naviglio leggero
e numeroso.
- gli Stati Uniti hanno bisogno di meno appoggi e battono invece sul piano del
tonnellaggio, andando dunque a toccare il naviglio leggero, lasciando intatto il naviglio
pesante sui cui si fonda la tutela dei loro commerci e la loro difesa militare
-> l’interesse strategico a livello navale tra le due potenze è assolutamente divergente e
determina l'impossibilità totale di trovare un accordo.

Il contrasto tra Stati Uniti e Inghilterra, più che un fulcro di crisi, può essere considerato
come un elemento che riporta allo scenario europeo, che è ancora centrale, per capire le
logiche con cui si muovono le potenze europee.

PATTO BRIAND-KELLOGG (1928) E RUOLO AMERICANO

Gli americani sono nominalmente isolazionisti ma concretamente profondamente collegati


alla politica europea sul piano economico finanziario (dal piano Dawes e dalla revisione
delle questioni relative alle riparazioni nei confronti della Germania) -> le politiche delle
banche centrali orientano la linea politica non chiaramente definita dal Dipartimento di
Stato.

Siamo ancora nella fase della politica della sicurezza collettiva rappresentata dalla
Conferenza di Locarno e che ha portato Briand al successo (dando maggior sicurezza e
maggior tranquillità alla Francia).
Nel 1926 la Germania entra nella Società delle Nazioni, in linea con la visione della
potenza affidabile di Stresemann, e Briand cerca di chiudere il cerchio ritrovando anche
un nuovo dialogo con gli Stati Uniti, ancora tenuti lontani dalla questione dei debiti
interalleati. I francesi avevano sempre cercato di vincolare la questione dei debiti con
quella delle riparazioni, cosa che gli Stati Uniti si rifiutano di accettare.

Isolazionisti e Commissione Nye


L’opzione “zero” (cancellazione del debito) è inammissibile per qualunque
amministrazione e tutte le correnti isolazioniste traggono forza nel dire che gli Stati Uniti
hanno dato credito a paesi che non hanno poi voluto restituire, tradendo la fiducia dei
risparmiatori americani e della nazione.
Nei primi anni ’30 (dopo la Crisi del ’29), in particolare con la Commissione Nye, gli
isolazionisti all’interno del Congresso delegittimano l’idealismo wilsoniano e si indicano le
banche e gli interessi finanziari (grandi lobby, sistema degli armamenti e della grande
industria) come veri fautori dell’ingresso in guerra degli Stati Uniti (che altrimenti non
avrebbero mai potuto riscuotere i loro crediti).
-> questa tesi farà breccia nell’elettorato americano, che contemporaneamente dovrà fare
i conti con la Grande Depressione.

Patto Briand-Kellogg (1928)


I francesi cercano costantemente di riportare gli Stati Uniti a un impegno politico più
fattivo e il sistema che Briand trova per farlo sarà il Patto Briand-Kellogg (Kellogg:
Segretario di Stato americano): un retorico impegno in cui è messa al bando la guerra
come strumento di risoluzione delle vertenze internazionali viene firmato da quasi tutti i
paesi, compresi quelli che stanno effettivamente riarmando (il contenuto in realtà è nullo
poiché non è indicato un giudice terzo e perché non costituiscono nessun vincolo).

L’intento è quello di aggirare l’assoluta reticenza degli Stati Uniti a vincolarsi con accordi
politici chiari con l’Europa, avendo avuto sempre gli accordi americani sul tema europeo
un valore squisitamente economico (gli Stati Uniti erano rimasti fuori anche dagli Accordi
di Locarno).
-> ricerca del sistema di sicurezza collettiva di cui gli Stati Uniti erano parte integrante e
che si era perduto con la sconfitta di Wilson.

Gli Stati Uniti fino a quel momento avevano stipulato degli accordi arbitrali con una serie
di paesi con la costante che, qualora fosse messa in gioco la sicurezza nazionale del
paese, la questione non sarebbe stata soggetta ad arbitrato -> impegni bilaterali solo
quando le questioni siano concrete e ben definite (non di grande portata come quelle
territoriali).

Briand capisce che alcune forze politiche, sia della destra isolazionista che della sinistra
pacifista, credono che gli Stati Uniti debbano trovare un impegno maggiore a favore della
pace e del disarmo.

CAMBIO DI PASSO DELLA POLITICA ESTERA ITALIANA

Il progetto di Quadruplice e l’opzione revisionista


Dopo le dimissioni di Contarini, il cambio di passo della politica estera italiana è
caratterizzato dalla ripresa dei finanziamenti ai movimenti indipendentisti e anche dall’idea
di contrapporre una rete di rapporti economici e alleanze alla Piccola Intesa: dopo
l’accordo con l’Albania (1926) viene firmato quello con l’Ungheria (1927) in cui l’Italia
arriva a un’intesa con un paese necessariamente revisionista, essendo il paese che ha
pagato maggiormente in termini territoriali la guerra, perdendo 2/3 del proprio territorio.
-> dovrebbe costituirsi una sorta di Quadruplice (grazie all’accordo con l’Ungheria e
all’avvicinamento con Bulgaria e Romania) da contrapporsi alla Piccola Intesa (sostenuta
dalla Francia), ma gli accordi con i tre paesi non sono reciprocamente collegati e per
questo non costituiscono un sistema concreto.

Il progetto di Quadruplice non si realizza perché è troppo difficile per l’Italia mettere
d’accordo paesi divisi tra loro da un forte elemento di contrasto sul piano territoriale, ma
con gli accordi con Albania e Ungheria l’Italia sembra sposare definitivamente l’opzione
revisionista (maggiormente fascista rispetto alla linea precedente).

Le difficoltà della politica revisionista e rapporto con la Francia


Contarini sposava invece una politica più conservativa e, pur pensando a un ruolo
preponderante dell’Italia nel varco dell’Europa balcanica e Centro-Orientale, riteneva che
lo strumento per raggiungere l’obiettivo fosse un’intesa con la Jugoslavia, per evitare che
la Francia si riportasse affianco alla Jugoslavia (come poi avverrà).
-> divisione tra chi accetta che si arrivi a un confronto duro con la Francia e chi ritiene
necessario evitare il disaccordo.

La stressa idea di sfaldare dall’interno la Jugoslavia si scontrava anche con il fatto che i
movimenti indipendentisti spesso non avevano i mezzi sufficienti per destabilizzare
davvero il Regno di Jugoslavia (il movimento Ustaše di Ante Pavelić è minoritario perché i
croati si rendevano conto dei pericoli derivanti da una Croazia totalmente indipendente
rispetto alla rivendicazioni italiane).

-> anche attraverso l’azione di forza, Mussolini si sforza di ritrovare un possibile dialogo
con la Francia (in particolare con la politica estera di Grandi dei primi anni ’30) fino
all’accordo definitivo Mussolini-Laval nel Gennaio ’35: l’Italia non voleva un contrasto
diretto con la Francia e non prevedeva che alla fine ci sarebbe stato un confronto, ma
voleva trattare con la Francia su un piano di forza.

ELEMENTI DEBOLI DELLA STABILITÀ EUROPEA

Pur arrivando a un sistema che guarda a un presupposto di pacificazione ed equilibrio,


questo sistema è già di per se presenta degli elementi deboli (che gli impediranno di
garantire una durevole stabilità europea).
Questione sul riarmo
La politica di Stresemann segna l’inizio di un negoziato con la Francia che presto o tardi
avrebbe dovuto riguardare tutte le clausole che il Trattato di Versailles comminava alla
Germania ponendola in una condizione di inferiorità rispetto alle altre potenze europee.
La volontà di Stresemann di riportare la Germania a essere fulcro in Europa, prevede
necessariamente di rimettere in gioco le questioni territoriali (non c’è la garanzia sui
confini orienti della Germania analoga a quella sui confini occidentali) ma anche quella
militare: ciò che rendeva la Germania un paese inferiore era anche il disarmo obbligato
(cui non aveva fatto seguito il disarmo collettivo previsto da Wilson e che gli accordi
segreti con i russi non riuscivano a compensare interamente).
-> proprio sulla questione del disarmo, in tedesco Gleiche Rechte (parità di diritti), Hitler
nel 1933 segna il primo punto di rottura: fallendo la discussione sulla parificazione dei
diritti in materia di riarmo, Hitler porta la Germania fuori dalla Società delle Nazioni.

Questione sull'Anschluss
La Germania aveva aperto un negoziato che richiedeva che il processo di parificazione
proseguisse coinvolgendo oltre al disarmo anche la questione dell’Anschluss, che
Stresemann non aveva escluso ma solo rinviato (non come una violazione
dell’indipendenza austriaca, ma come l'adempimento del desiderio della maggioranza
degli austriaci e delle forze politiche austriache di entrare a fare parte di un Reich
tedesco).
L’Austria così com’è non è in grado di sostentarsi autonomamente e continua a chiedere
soldi in cambio di indipendenza: quando le casse austriache sono allo stremo, i francesi
forniscono dei prestiti in cambio di dichiarazioni in cui l’Austria si impegna a mantenere la
propria indipendenza (in contraddizione con il principio di autodeterminazione dei popoli).

Questione territoriali aperte a Est


Locarno sembra un trattato ibrido, segnando delle frontiere di serie A garantite (la
frontiera occidentale con la Francia e con il Belgio) e delle frontiere di serie B su cui si
stipulano degli accordi di arbitrato (l’arbitrato ha come presupposto che vi siano delle
vertenze).

Rapporti tra le potenze garanti


Locarno doveva essere una fase di inizio, in cui Italia e Gran Bretagna sarebbero dovuto
essere garanti degli accordi: l’Italia avrebbe dovuto continuare a interpretare il ruolo di
garante della legittimità internazionale, ma questo avviene solamente finché sussiste il
presupposto di un accordo dell’Italia con Francia e Inghilterra (con il fascismo non viene
meno la linea della politica estera italiana rappresentata dall’intesa con la Grand Bretagna
e anche Mussolini è consapevole che questa è fondamentale per una politica
mediterranea dell'Italia).
La Gran Bretagna ha inoltre concesso dei compensi territoriali in Somalia Britannica
all’Italia laddove la Francia non l'ha fatto.

Questione economica e ascesa dei movimenti di estrema destra


Locarno in realtà non funziona sulla questione economica: il Piano Dawes risponde al
presupposto keynesiano che voleva non distruggere l’economia tedesca e di riportarla
piuttosto in vita (soltanto un’economia tedesca maggiormente vitale avrebbe potuto
effettivamente far fronte alle riparazioni e anche contribuire a una ripresa di tutta
l’economia europea).
Tuttavia, il piano che avrebbe dovuto rilanciare l’economia tedesca si rivela una partita di
giro in cui il prestito americano andava ad alimentare la Banca Centrale Tedesca e ne
usciva per pagare le riparazioni della Germania verso i suoi paesi creditori.
-> l’opzione di rilancio che era sembrata effettiva nei primi anni dopo il ’24, già prima del
crollo di Wall Street del ’29 mostra le proprie mancanze: la questione dei debiti verrà
ridiscussa con il Piano Young (che prevede una rateazione ancora più elastica) ma il
concetto delle riparazioni si rivelerà politicamente ed economicamente sbagliato, perché
solo attraverso il mantenimento di una Germania in condizioni floride ci si sarebbe
garantito che i movimenti di estrema destra che si affacciavano sulla scena politica
tedesca non ottenessero un sufficiente consenso (l’andamento dei partiti di estrema
destra risponde in maniera diretta alle crisi internazionali ed economiche).

Effetti della chiusura nei confronti della Germania


Tutte le opzioni negoziali (territoriale, militare ed economica) rimaste in piedi con la
Germania finiscono per morire e il dialogo riprende soltanto nel 1933 quando Hitler
(divenuto cancelliere a Gennaio) comincia ad attuare la politica dei colpi di forza, trovando
un’inaspettata arrendevolezza in chi prima, anziché sostenere la Repubblica di Weimar,
aveva optato per il rifiuto totale di ogni negoziato (es. tentativo del ’31 del governo
Brüning).

Ritiro americano e Moratoria Hoover (1931)


Il crollo di Wall Street del 1929 sancisce il pieno ritiro degli Stati Uniti dal coinvolgimento
europeo (a questo punto viene meno anche il ruolo economico avuto fino ad allora dagli
Stati Uniti in Europa).
Nel 1931 il Presidente Hoover dichiara una moratoria (punto di stasi) nei debiti e nei
crediti: gli effetti di lungo periodo del grande crollo del ’29 si sentono anche in europa (la
prima banca che rischia di chiudere è la Banca Centrale Austriaca) e non ha senso
richiedere i crediti alle potenze europee.
17.11.07 Storia delle Relazioni Internazionali
FINE DEL PERIODO AUREO

Alcune ragioni profonde (vd. ultimo capitolo lezione precedente) indicano che l’era di
Locarno, conosciuta storicamente come “periodo aureo”, è destinata a finire.

Crisi del ’29 e presidenza Hoover


Il grande crollo del ’29 ha un’influenza importanza: non si può parlare di storia europea
degli anni ‘20 senza considerare il condizionamento degli Stati Uniti (giocato sul piano
economico: la questione dei debiti interalleati tiene legato il vecchio e il nuovo
continente).
Il vero isolazionismo americano emerge in particolare dopo il 1929 (nel ’29 sale al potere
Hoover che ratificherà la moratoria e dovrà gestire il crollo).

SITUAZIONE IN ESTREMO ORIENTE E ANTEFATTI DELLA CRISI MANCIURIANA

Debolezza della Società delle Nazioni


Con lo la crisi della Manciura nel Settembre 1931, che pure non era qualcosa di
imprevisto, si manifesta il primo segnale di impotenza della Società delle Nazioni (che già
si era presentata monca sin dagli esordi: mancavano gli Stati Uniti e gli strumenti
necessari a realizzare sistema di sicurezza collettiva).

Questione giapponese
Il problema giapponese sarà una costante a partire dal momento in cui il Giappone si
affaccia prepotentemente sulla scena internazionale, in termini militari e di espansionismo
territoriale, benché finora si fosse riusciti a tenere sotto controllo l’avanzata giapponese.
Il Giappone entra in guerra affianco dell’Intesa già immediatamente nel 1914 guardando
alla possibilità di mettere mano ai possedimenti tedeschi in Estremo Oriente (che
effettivamente erano promessi al Giappone).
Anche grazie all’accordo con la Gran Bretagna, il Giappone si era fatto strada a spese
della Russia, sconfitta nella guerra russo-giapponese -> al Giappone era stato permesso
di entrare pienamente in Manciuria e di avere una sfera di interesse coerente con la linea
espansiva che aveva portato il Giappone prima a istituire un pieno protettorato sulla
Corea e poi a espandersi prima verso il Sud della Manciura e quindi verso il Nord della
Manciuria.

Il “colonialismo” occidentale in Cina e la politica della porta aperta


L’espansione giapponese può avvenire anche grazie al fatto che la Cina è un paese
politicamente inesistente: manca un’autorità centrale in grado di impedire la durissima
imposizione di accordi ineguali in cui ogni potenza occidentale ha dei privilegi economici
e di sfruttamento di determinate zone -> una forma di colonialismo che caratterizzerà il
rapporto dell’Occidente nei confronti della Cina, e che porta gli Stati Uniti a difendere ad
oltranza la politica della porta aperta in Cina).
L’interesse americano ad arginare il Giappone ha due caratteristiche:
- impedire che l’avanzata del Giappone arrivi a minacciare direttamente gli Stati Uniti
attraverso un eccessivo rafforzamento del Pacifico
- impedire che il Giappone diventi la potenza dominante sul territorio cinese, precludendo
agli Stati Uniti la situazione vantaggiosa che deriva dalla presenza di molti paesi sul
territorio.
Trattato delle 21 domande (1915) e tentativo di espansione del Giappone
Il Giapponese ha con la Cina una relazione diversa, a partire dalla prossimità territoriale,
dal disperato bisogno di materie prime e dalla frustrazione derivante dal fatto che al
successo militare corrisponda un misero bottino politico: dopo la guerra tra la Russia e il
Giappone, nonostante la vittoria giapponese per terra e per mare, il ruolo politico della
Russia in Estremo Oriente non viene annientato e allo stesso modo, dopo la Prima Guerra
Mondiale, il Giappone viene confinato rispetto alle proprie pretese (che venivano indicate
negli accordi segreti durante la Prima Guerra: Patto di Londra, Accordo Sykes-Picot,
Accordi di San Giovanni di Moriana).

Nel 1915 il Giappone aveva imposto alla Cina il Trattato delle 21 Domande: nella prima
parte la resa della Cina rispetto alle pretese giapponesi di avere vantaggi economici e
territoriali e nella seconda parte prevede un vero protettorato politico del Giappone
sull'intero territorio cinese -> contrarietà del Regno Unito (che ha precisi interessi
economici) e degli Stati Uniti.

Per gli Stati Uniti avevano dimostrato con la Prima Conferenza sul disarmo navale che vi
era una precisa necessità di porre dei limiti ben definiti al ruolo del Giappone per non
rischiare di trovarsi improvvisamente una marina giapponese sufficientemente potente da
rappresentare una preoccupazione per la sicurezza americana (il Giappone aveva
ottenuto solamente un ruolo di buon secondo, dietro Stati Uniti e Gran Bretagna).

Il Giappone (paese profondamente diviso al proprio interno) sta cercando di fatto di


costruire un proprio impero in Estremo Oriente: verso la fine degli anni ’20 deve assestarsi
su una presenza assodata in Corea e nella parte Sud della Manciuria (sulle quali ottiene
l’influenza dopo la guerra con la Russia), con quest'ultima che gli aveva garantito anche il
controllo dell'importantissima ferrovia manciuriana (il cui l’azionariato internazionale aveva
prima garantito il controllo occidentale sulla regione e che poi, passando sotto il controllo
del Giappone, garantisce a questo la parte sud della Manciuria come zona di influenza,
per contrastare la quale i cinesi cercavano di impedire che i contadini del Sud della
Manciuria vendessero terrereni ai giapponesi) oltre a il lascito che viene da una parte dei
possedimenti cinesi in Estremo Oriente.

-> a fronte di una conclamata forza militare, il Giappone è costretto comunque a mediare
con le grandi potenze che stentano ad accettare il suo ruolo di primo piano.

Ruolo dell’esercito
La divisione interna in Giappone deriva dal grandissimo peso politico che hanno le forze
armate giapponesi, che sono in grado di condizionare i governi e le loro decisioni ->
all’esercito spetta una spinta verso l’espansione del Giappone anche a costo di una
conflittualità contro l’Occidente.
L’esercito peserà sempre di più e trarrà sempre più forza quando i governi più liberali
(Shidehara) si dimostreranno più deboli sulle richieste territoriali.
-> le imposizioni esterne e i costanti tentativi di vincolare il Giappone ad accordi che non
danno riconoscimento alla sua forza militare, danno più potere ai militari e indeboliscono i
politici più liberali.
L’imperatore ha una responsabilità nell’aver avallato la presa di potere dei militari sui
politici.

Johnson Act (1924) e politica americana nei confronti del Giappone


Tra le cause che hanno portato alla Crisi Manciuriana, oltre al militarismo espansionista
del Giappone, va considerata anche la politica americana precedente nei confronti di
questo paese:
- nel primo dopoguerra gli americani nutrivano una particolare attenzione nei confronti del
Giappone e fanno di tutto perché gli inglesi non rinnovassero i propri accordi con il
Giappone
- Johnson Act (1924): anche sul piano della politica interna gli Stati Uniti non davano
segnali positivi al Giappone e, dopo gli Accordi di Washington del ’22 in cui pure il
Giappone si accontenta di poco, il Congresso (contro il parare dell’amministrazione e del
Segretario agli Esteri Hughes, che avrebbe voluto continuare a gestire i rapporti con il
Giappone sul piano negoziale) nel 1924 pone un durissimo vincolo all’immigrazione
giapponese negli Stati Uniti con il Johnson Act -> si persegue una politica di
contingentamento dell’immigrazione da tutti gli ingressi, ma nei confronti del Giappone si
sancisce addirittura un veto, impedendo così in via definitiva l’ingresso dei giapponesi
negli Stati Uniti (politica che aveva anche chiare venature razziste nei confronti dei
giapponesi).

-> il Johnson Act non costituisce una buona iniziativa per i rapporti bilaterali, ma più
avanti sarà evidente come la presenza giapponese in Manciuria non sarà limitata al
semplice controllo della ferrovia (il controllo della ferrovia permetteva di esercitare anche
una presenza militare attraverso la presenza dei soldati giapponesi che ne sorvegliavano
la sicurezza).

Crescente nazionalismo cinese


I giapponesi guardano con preoccupazione anche al nascente nazionalismo cinese di
Chiang Kai-shek e del Kuomintang, che si fa portatore del nazionalismo cinese e
potenziale avversario nei confronti del disegno giapponese di istituire il proprio controllo
su una larga fetta di territorio cinese e un condizionamento politico forte su tutta la Cina -
> il nazionalismo cinese nasce e si nutre di uno spirito assolutamente anti-nipponico.

CRISI DELLA MANCIURIA (1931)


Violazione della sovranità cinese
I giapponesi (in particolare i militari) ritengono necessario agire in Manciuria per definire
meglio la presenza del Giappone sull’intera Manciuria, ma l’espansione verso il Nord della
Manciuria (zona che nominalmente è sotto sovranità cinese) implica una violazione della
sovranità di un paese membro della Società delle Nazioni.

Nel Settembre 1931 le truppe giapponesi, dopo alcuni assalti alle loro forze militari
(contrasto latente con la Cina), con la scusa di dover vigilare sulla sicurezza degli snodi
ferroviari della ferrovia transmanciuriana, portano un attacco militare in piena regola verso
il Nord della Manciuria, evidenziando la totale impotenza della Società delle Nazioni, a cui
può appellarsi la Cina dal momento che l’attacco giapponese rappresenta una violazione
del covenant della Società (oltre che del Patto Briand-Kellogg e del Trattato delle 9
Potenze redatto a Washington).

Reazione delle potenze occidentali e impotenza collettiva


Benché gli Stati Uniti non facciano parte della Società delle Nazioni e fino a quel
momento se ne siano tenuti lontani, sono comunque una potenza interessata a limitare
l’espansionismo giapponese e l’opzione naturale prevederebbe che fossero gli stessi Stati
Uniti a contrastare attraverso una deterrenza militare l’avanzata giapponese, ma gli Stati
Uniti si vedranno bene dal procedere in questa direzione.
-> crisi della Manciuria come manifestazione delle conseguenze dell’isolazionismo
americano, che ormai ha preso il sopravvento al Congresso (anche a causa della crisi del
’29) e che spinge un’amministrazione già incerta (il Segretario di Stato Stimson sarebbe
più propenso a usare toni morbidi con i giapponesi per non rafforzare i militari) perché non
vi siano interventi né militari né economici (le sanzioni sarebbero state estremamente
efficaci nei confronti di un paese che dipende completamente dalle importazioni).

Delle sanzioni economiche non vengono comminate né dagli Stati Uniti né dalla Società
delle Nazioni: di fronte all’appello di possibili sanzioni la Francia non risponde e la Gran
Bretagna svicola (perché i suoi interessi in Cina riguardano il confine con l’India e i
possedimenti lontani dalla Manciuria, per i quali l’iperattivismo giapponese in Manciuria
potrebbe essere un’utile distrazione).

Inutilità della Dottrina Stimson


È evidente un'ipocrisia collettiva in cui gli Stati Uniti sono paralizzati a livello congressuale
ma anche nella propria amministrazione, e lo stesso Stimson dà segnali di incertezza.
L’apogeo di questa politica sarà la “dottrina Stimson” che prevede il non-riconoscimento
del fatto compiuto (non-riconoscimento di qualsiasi modifica dello status quo che vada a
modificare la sovranità territoriale cinese), secondo un grande principio di ordine morale
che non ha alcuna utilità politica poiché è assente un’effettiva deterrenza nei confronti
dell’aggressività giapponese (c’è solo una dichiarazione di principio utile al più
all’opinione pubblica).

Bombardamento di Shanghai (1932)


Il Giappone, consapevole dell’impotenza collettiva, continua la propria espansione fino ad
arrivare nel 1932 al bombardamento di Shanghai, attuato dai giapponesi per impedire il
boicottaggio cinese nei confronti delle loro merci (la politica di sanzioni mette il Giappone
con le spalle al muro).
-> il bombardamento di Shanghai (nel cui centro si trovano i vari presidi delle potenze
occidentali) indica un ulteriore spostamento dell’azione giapponese: si manifesta in
maniera palese l'impotenza della Società delle Nazioni e ciò rappresenterà un precedente
in futuro per qualcuno.

Stimson nella sua dottrina prevedeva che altre potenze si sarebbero potute unire alla
dichiarazione, in una sorta di riedizione del Patto Briand-Kellogg in chiave anti-
giapponese, ma l’unico intervento oggettivo avverrà per mano dell’esercito della Gran
Bretagna che, dopo il bombardamento di Shanghai, vede minacciata la propria posizione
e i propri interessi commerciali (quando le navi della flotta britannica si presentano nel
porto di Shanghai, i giapponesi arrivano a un compromesso con i cinesi).

Creazione dello stato fantoccio del Manchukuo e varco aperto per il Giappone
Nel 1932 si arriva a una sorta di armistizio in cui, con la creazione dello stato fantoccio del
Manchukuo, la Crisi Manciuria termina con un sostanziale fallimento della Società delle
Nazioni e con un Giapponese pienamente operativo sul piano militare e convinto di
essersi aperto la strada verso passi ulteriori nei confronti della Cina.
-> crisi non risolta e che ha aperto un varco al Giappone verso un espansionismo
territoriale nei confronti della Cina (su cui pure gli Stati Uniti erano sembrati fino a quel
momento molto rigidi).

Conclusione
La Crisi Manciuriana manifesta:
- totale inefficienza e il completo indebolimento della Società delle Nazioni (della quale la
Cina è stato membro)
- piena e assoluta dichiarazione di impotenza da parte degli Stati Uniti isolazionisti (gli
isolazionisti al Congresso non vogliono comminare le sanzioni al Giappone perché le
ritengono uno strumento che può condurre alla guerra senza che vi sia una minaccia
diretta all’interesse nazionale o economico americano).

SITUZIONE EUROPEA E QUESTIONE DELL'ANSCHLUSS

Situazione economica e politica


Anche in Europa, nei primi anni ’30, si percepiscono chiaramente i venti della crisi
finanziaria che ha colpito gli Stati Uniti (il Presidente Hoover aveva dichiarato la moratoria
di tutti pagamenti bloccando tutte le riparazioni).
Si aggiunge l’elemento irrisolto della questione del Trattato di Versailles, una cui revisione
era sottintesa anche nella logica pacifista di Stresemann. Locarno doveva essere un
primo passo verso la revisione e vi sarebbe dovuto seguire qualcos’altro, tanto più
rapidamente nel momento in cui la crisi economica si fa sentire (con una conseguente
fascinazione dell’opinione pubblica per gli estremismi e per coloro che ascrivevano a una
responsabilità esterna la causa di ogni male).

Tentativo di unificazione doganale Germania-Austria


Gli ultimi traballanti governi della Repubblica di Weimar cercano di ottenere dei successi
in politica estera per consolidarsi rispetto alla minaccia dell’estrema destra, la quale si
nutre della situazione di crisi e delle mancate risposte internazionali ai giusti diritti (Gleiche
Rechte, diritti territoriali e questioni che stanno a cuore alla quasi totalità dell’opinione
pubblica e del quadro politico tedesco), a partire dall’Anschluss.

Stresemann, che aveva solamente rinviato l’Anschluss fino al momento in cui fosse
ricostituita l’immagine affidabile della Germania (e in cui le grandi potenze fossero
disposte a rivedere la propria rigidità riguardante questo divieto comminato a Germania e
Austria in contrasto con il principio di autodeterminazione).
Il governo austriaco e tedesco progettano nel 1931 un’unificazione doganale (che doveva
essere primo passo verso l’unificazione politica), ma prima di aver sensibilizzato Francia,
Gran Bretagna e Italia (garanti dell’integrità territoriale austriaca attraverso Saint-Germain
e attraverso il Protocollo di Ginevra del ’22), il progetto viene pubblicato da un giornale ->
le cancellerie europee vengono a sapere che austriaci e tedeschi stanno cercando di
erodere i vincoli imposti dai Trattati di Versailles e Saint-Germain (nessuno pensa che
l’unificazione doganale sia per l’Austria un tentativo di sopravvivenza economica).

Reazioni delle potenze


La Francia recupera la propria sensibilità estrema verso i principi della sicurezza collettiva
e guarda al tentativo illegittimo della Germania come a un pericolo gravissimo per la
sicurezza nazionale;
L’Italia deve necessariamente dichiararsi d’accordo con la Francia e continua a essere
contraria all’Anschluss (influenza nell’area austriaca e questione dell’Alto Adige);
L’Inghilterra è su posizioni più negoziale e ottiene che la questione venga rimessa alla
Corte di Giustizia dell’Aja (arbitro che deve decidere della legittimità sul piano del diritto
internazionale di questa unificazione doganale).

Austria e Germania non agire come due paese che autonomamente decidono di stipulare
un accordo economico, e devono entrambe sottomettersi ai vincoli derivante dagli
accordi di pace (e per quanto riguarda l’Austria anche da un accordo aggiuntivo stipulato
nel ’22 in cui si impegnava al mantenimento della propria indipendenza rispetto alla
Germania) -> non possono fare altro che rimettersi alla volontà delle grandi potenze e al
pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Aja, che però non necessariamente dovrà
andare nella direzione voluta dalla Francia, dall’Italia e dall’Inghilterra.

Anche i paesi della Piccola Intesa sono preoccupati dall’idea di un’unificazione doganale
tra Germania e Austria, in cui vedono la nascita di un colosso economico che può
cominciare a esercitare un peso diverso e a gravare sull’Europa Orientale.
-> c’è un allarme collettivo.

Intervento finanziario francese


Prima del pronunciamento della Corte di Giustizia fallisce l’Österreichische Credit-Anstalt
(Banca di Credito Austriaca) e la Francia, ancora forte finanziariamente, si offre di salvarla
a patto che gli austriaci rinuncino alla realizzazione dell'unificazione doganale.
Si può supporre che sia stato un intervento della finanza francese a incentivare il
deterioramento di quella austriaca, per poterla poi salvare ponendo le proprie condizioni.
-> lo strumento finanziario è tra le forze più efficaci per muovere le relazioni internazionali
tra i singoli paesi.

FINE DEL SISTEMA DI EQUILIBRIO

Indebolimento di Brüning e dell’equilibrio europeo


Il tentativo di unione doganale rappresenta l'ennesimo fallimento del cancellierato di
Brüning, che disperatamente cerca di rafforzarsi in vista degli appuntamenti elettorali (nel
’31 si assiste a un’ascesa del movimento nazionalsocialista) e la situazione è felicemente
utilizzabile per il successo elettorale dei partiti estremisti, in particolare per l’estrema
destra in Germania, dove la sinistra tedesca (Partito Comunista Tedesco) riesce
solamente a indebolire il socialismo.

-> gli equilibri politici ormai portano a pensare che la Repubblica di Weimar stia
cominciando a vacillare e che l’Austria non sia in grado di continuare a vivere in
autonomia (poiché la sua indipendenza è strettamente legata ai continui foraggiamenti
stranieri). La pulsione austriaca a unificarsi con la Germania rappresenta una costante,
andando a indebolire ulteriormente gli accordi di pace su cui si era puntellato il sistema
successivo alla Prima Guerra Mondiale.

Questione del disarmo


Brüning in questa fase sta portando avanti anche i negoziati sulla questione del disarmo:
per quanto riguarda la Germania si tratta di ottenere la parità di diritti (a fronte del fatto
che il disarmo globale non è avvenuto, i tedeschi continuano a chiedere con forza che
siano riviste le clausole militare comminate alla Germania con gli accordi di pace).

-> tra il 1931 e il 1932 le cose stanno andando tutte verso un’unica direzione: fine
conclamata del sistema di equilibrio (ci sono più elementi che fanno ritenere che questo
sistema si stia sgretolando).

RUOLO DELL’ITALIA

Dal ’26 l’Italia rompe un politica di dialogo e accordo con il Regno di Jugoslavia e tra il ’30
e il ’31 aveva partecipato alla Conferenza di Londra sul disarmo navale nel tentativo di
mostrare il volto negoziale e pacifico del regime.

Tensione e ricerca di un accordo con la Francia


Era possibile credere al volto pacifico del regime perché in quella fase all’Italia sarebbe
andato bene un disarmo navale multilaterale: per l’Italia era un peso il continuare ad
alimentare la gara con la Francia al riarmo navale, avendo alle spalle un accordo ottenuto
da un governo pre-fascista che aveva sancito la parità navale e non potendo retrocedere,
mentre la Francia (sostenendo di avere un impegno differente) non era disposta a
concedere la parità.
-> crescendo di tensione con la Francia (questione nei Balcani, in cui si era affiancata alla
Jugoslavia e questione del riarmo navale).

In questa fase comunque la politica estera italiana sta cercando un accordo generale con
la Francia che possa favorire l’ottenimento delle richieste di correzioni territoriali e di tutto
ciò che aveva lasciato l’Italia insoddisfatta a seguito della guerra (opzione negoziale).

Mussolini
Mussolini immagina un direttorio delle Quattro Potenze (Patto a 4) che avrebbe dovuto
mettere mano alle vicende insolute e risolverle alla luce di quella che ritiene una politica
totalmente fallimentare di piena adesione alla Società delle Nazioni.

Mussolini ha la percezione che la politica societaria (interna alla Società delle Nazioni) sia
inutile e benché la posizione italiana in questa fase sia ancora quella di un paese aperto a
un accordo, questo accordo è al contempo revisionista (l’Italia sottolinea come ci siano
ancora molte situazioni da rivedere) e anti-revisionista (laddove l’Italia si sente
direttamente minacciata: es. Anschluss e potenziamento della Germania).

In questa fase l’Italia sta giocando una partita che si svolge in larga misura tra i Balcani e
l’Europa Centro-orientale, cercando di occupare il varco aperto con la fine dell’impero
austro-ungarico.

Dimissioni di Grandi e apertura di una nuova fase della politica estera italiana
Il Ministro degli Esteri Grandi decide di dimettersi (indicando la fine di una certa politica
estera) quando torna dalla Conferenza di Londra senza aver ottenuto un accordo
conveniente per l’Italia (es. sul disarmo navale) e senza un accordo con la Francia (che
opta invece per un accordo con la Gran Bretagna, lasciando l'Italia nuovamente a
margine di un consesso decisionale).
-> Mussolini riassume il dicastero degli Esteri e avvia una nuova fase che dovrebbe
essere più incisiva per la politica estera italiana (lo stesso Mussolini ha acquisito una
sicurezza diversa da quella che poteva avere nel ’25 quando l’Italia si era fatta garante del
Trattato di Locarno).

Nel 1932 le dimissioni di Grandi e l’assunzione di un dicastero da parte di Mussolini


costituiranno anche la premessa per uno sguardo oltre, ai territori coloniali (onta di Adua
ed Etiopia) -> compensi che l’Italia ritiene di avere acquisito di diritto grazie alla vittoria
nella Prima Guerra Mondiale.

-> situazione estremamente fluida nel 1932

HITLER AL POTERE E FINE DEL SISTEMA DI LOCARNO

Elezione di Hitler (1933) e uscita della Germania dalla Società delle Nazioni
Nel Gennaio del 1933 Adolf Hitler diventa cancelliere, con un intento di politica estera
caratterizzato dal revisionismo assoluto e non necessariamente negoziale (a differenza di
quello di Stresemann).
La prima decisione che Hitler attua in politica estera è l’uscita della Germania dalla
Società delle Nazioni, quando non riesce a trovare né a ottenere né a discutere la parità
dei diritti (possibilità per la Germania di vedere riconosciuti i propri diritti a dotarsi
nuovamente di uno strumento militare a fronte del mancato disarmo internazionale).

La Germania con Hitler esce dalla Società delle Nazioni -> fine totale dell’equilibrio di
Stresemann (il cui coronamento era stato proprio l’ingresso nella Società delle Nazioni);
Si intiepidiscono oggettivamente i rapporti dell’Italia con la Società delle Nazioni (anche
se non uscirà dalla Società delle Nazioni, tutto ciò che l’Italia ha cercato di portare a casa
dalla sua partecipazione si è rivelato un insuccesso) -> complessità della situazione nel
1933.

-> l’uscita dalla Società delle Nazioni da parte della Germania rappresenta la fine
conclamata del sistema di Locarno.

Il Piano Dawes e la questione delle riparazioni si riparazioni si risolvono quando, con la


crisi economica e la Moratoria Hoover, la Germania ha cessato di pagare le proprie
riparazioni.

Hitler va al potere con un disegno di riarmo a tappe forzate (già portato avanti grazie agli
accordi segreti con i sovietici) e contemporaneamente di atti forza, il primo dei quali è
l’uscita dalla Società delle Nazioni.

Primo tentativo di Anschluss (1934)


L’anno successivo, nel 1934, c’è un primo tentativo di Anschluss (con l’uccisione del
cancelliere austriaco Dollfuss) di cui però Hitler non riconoscerà la paternità a seguito del
fallimento -> il mancato sostegno di Hitler al mancato golpe del 1934 può essere letto
come una politica che vede almeno nell’Anschluss qualcosa che può essere ottenuto non
a prezzo di uno scontro (per il quale Hitler è nel 1934 ancora impreparato), che sembra
essere possibile quando l’Italia risponde all’uccisione di Dollfuss con le truppe al Brennero
(mossa puramente deterrente che però sottolinea come non vi sia ancora alcuna
disponibilità italiana a considerare l’opzione dell’Anschluss).

RAPPORTO HITLER-MUSSOLINI E POLITICA DEL PESO DETERMINANTE

Rapporto di Hitler con l'Italia


Quando Hitler sale al potere nel 1934 il rapporto è unilaterale: benché Hitler abbia una
grande ammirazione per Mussolini e cerchi di avere con lui un buon rapporto (ritiene che il
Duce abbia portato a termine un’operazione eccezionale a livello politico e ideologico),
questa non è ricambiata.

Hitler ritiene che l'Anschluss debba avvenire con il pieno accordo dell’Italia, molto
sensibile sul tema: il pangermanismo al confine del Brennero lascia presagire un
irredentismo interno pericoloso per la politica di nazionalizzazione forzata che si era
concretizzata in Alto Adige ma anche per la garanzia dell’unico confine sicuro e difendibile
(Brennero) nel momento in cui si sta riaffacciando di nuovo una Germania forte e riarmata.

Politica del peso determinante


Già nel 1934 si sa che l’Anschluss potrebbe essere una questione di tempo, però la
politica di Mussolini è ancora orientata verso l’idea di poter arrivare a un accordo in
funzione anti-revisionista (ostacolo verso il riarmo tedesco) con la Germania e
l’Inghilterra.
-> l’oscillazione dell’Italia, schierata in un campo o in un altro, può effettivamente fare la
differenza e su questa percezione di peso determinante che Mussolini gioca tutte le
proprie carte.

Ruolo di italiano di protettore dell’Austria


Nel 1934 l’uccisione di Dollfuss significa anche il venir meno di un autocrate (in Austria si
era instaurato ormai un vero regime autoritario detto austrofascista) il cui regime era in
assoluta prossimità e amicizia con Roma: fintanto che la Germania era depotenziata dagli
accordi di pace, l’Italia aveva potuto giocare il ruolo di protettore dell’Austria (incapace in
questa fase di vivere da sola) ed entrare nel varco rimasto aperto con la fine dell’impero
austro-ungarico.
-> con il potenziamento tedesco l’Italia rischia di perdere il ruolo guadagnato nell’area
centro-danubiana (sarebbe stato difficile mantenerlo nel momento in cui la Germania
fosse riuscita, come Hitler dimostrava di voler fare, a rivedere totalmente le clausole degli
accordi pace).
17.11.09 Storia delle Relazioni Internazionali
CRISI DELLA SICUREZZA COLLETTIVA E ASCESA DI HILTER

Alla crisi della Società delle Nazioni e del sistema di sicurezza collettiva contribuiscono
tutti i problemi irrisolti finora (è solamente con anni di contingenze politiche ed
economiche che finiscono per succedere determinati avvenimenti) -> ciò che porta
l’Europa ai drammatici fatti del ’39 e allo scoppio della Seconda guerra non è l’ascesa
casuale di Adolf Hitler, ma piuttosto il fatto che la Germania si trovasse in una situazione
incompiuta.

Le forze revisioniste non riescono a incanalarsi pacificamente come concepito dal


revisionismo di Stresemann perché la contingenza felice di Locarno e il percorso
intrapreso da Stresemann rimangono un dato incompiuto, nonostante gli sforzi della
Francia per recuperarlo.

Nel Gennaio del 1933 Hitler diventa cancelliere (ottenendo legalmente l’incarico da
Hindenburg con il sostegno dell’opinione pubblica, pur nel contesto di ondate
sostanziose di violenza) e a seguito dei successi elettorali del movimento
nazionalsocialista -> Hindenburg si rassegna a far diventar cancelliere un uomo per cui
non nutriva particolare simpatia, spinto soprattutto dalla dirigenza politica e militare
tedesca, che pensano di poter utilizzare Hitler come un utile strumento da accantonare
successivamente.

ESPANSIONISMO GIAPPONESE

Il Giappone, ostracizzato a lungo dalla politica dell’Occidente (anche con un presupposta


razzista fortemente percepito dallo stesso Giappone), era in forte crescita e riarmo e, con
la Crisi della Manciuria, aveva dimostrato un chiaro disegno imperiale di espansione che
non ammetteva più compromessi tesi a limitare il pieno riconoscimento della sua forza e
del suo ruolo di potenza leader in Estremo Oriente (scansando il ruolo occidentale in
Estremo Oriente, in particolare nella Cina debole dove si agitavano i primi vagiti del
movimento comunista e nazionalista).

La Manciuria viene lasciata al proprio destino e ciò crea un precedente:


- si delegittima la Società delle Nazioni che non riesce a garantire l’integrità territoriale di
uno stato membro (Cina)
- i giapponesi ora si avvantaggiano dell’isolazionismo americano: si presentano le
ripercussioni gravi a livello politico dell’isolazionismo americano, della Dottrina Stimson e
della sua assoluta mancanza di deterrenza nei confronti dell’espansionismo giapponese
(se prima gli Stati Uniti erano più operativi nel limitare l’espansionismo giapponese, con la
Crisi della Manciuria non è più così)

-> si alimenta la politica militarista giapponese, che non trova un vero contraltare

USCITA DALL’ISOLAMENTO DELL’UNIONE SOVIETICA

Idea del socialismo in un solo paese


Nei primi anni ’30 comincia a percepirsi un primo cambiamento nella politica estera
dell’Unione Sovietica: in questi anni la politica estera sovietica è legata prima di tutto
all’idea di socialismo in un solo paese (dopo il fallimento delle rivoluzioni comuniste
europee, ripiega con Stalin il sogno secondo cui la missione primaria della politica estera
sovietica fosse esportare la rivoluzione).
Quando Stalin, nella metà degli anni ’20, ha un pieno controllo del potere sovietico inizia
una serie di politiche estremamente dure (es. collettivizzazione forzata) e concentra le
proprie energie sul fronte intero, sa pendo di avere all’esterno un cordone sanitario (un
baluardo difensivo che l’Occidente ha cercato di creare contro la minaccia bolscevica).
-> l’Unione Sovietica è un paese fortemente sulle difensive.

La reazione rispetto all’espansionismo giapponese in Manciuria è anzitutto una reazione


di grande prudenza: l’Unione Sovietica vuole evitare in questa fase una guerra che
potrebbe essere l’occasione per il mondo capitalista di distruggere le conquiste
rivoluzionarie (la mentalità sovietica vede la possibilità di avere un fronte unico di paesi
con il comune interesse della sua distruzione).

Isolamento sovietico e tentativi di riconoscimento da parte delle potenze capitaliste


L’isolamento sovietico è una necessità (è un isolamento in cui viene collocata dagli altri)
nonostante ci siano stati degli sforzi sovietici per agganciare soprattuto delle relazioni
commerciali.
Vi è un importante lavorio per il riconoscimento de iure del regime, che dopo la rivoluzione
non era avvenuto per un lungo periodo: il regime era considerato provvisorio anche a
causa della presenza di forze controrivoluzionarie. Mancando però il sostegno decisivo
dei paesi capitalisti alle forze controrivoluzionarie e fallito il tentativo di isolare
completamente l’Unione Sovietica per farla implodere, si arriva a una serie di trattative per
il riconoscimento del regime moscovita.
Si arriverà al riconoscimento tra Unione Sovietica e gli Stati Uniti che fino ad allora
avevano portato avanti il vessillo anti-bolscevico, benché il vero nemico imperialista agli
occhi dell’Unione Sovietica era a quel tempo la Gran Bretagna (che aveva allora una
capacità imperiale di muovere la politica estera maggiore di quella americana).

-> la spinta a trovare un riconoscimento all’esterno rimane ovvia in un paese che ha


bisogno di avere delle relazioni politiche e commerciali, in particolare quando le minacce
si fanno più evidenti.

Rapporto con il Giappone in Manciuria


I sovietici cercano immediatamente di arrivare a un patto di non-aggressione con il
Giappone e, quando i giapponesi definiscono il pieno controllo sulla Manciuria e
istituiscono lo stato fantoccio del Manchukuo retto da un principe mancese (ma di fatto
un protettorato giapponese), i sovietici si premurano di vendere le proprie azioni sulla
ferrovia mancese riconoscendo il controllo giapponese sul Manchukuo -> non vi è da
parte di Mosca alcun intento aggressivo nei confronti del Giappone.

-> politica assolutamente difensiva

Ingresso dell’Unione Sovietica nella Società delle Nazioni (1934) e politica di Stalin
Ancor prima che Hitler prendesse il potere, quando i sovietici capiscono che dovranno
fare i conti con la questione del riarmo tedesco, gli sviluppi della politica sovietica sono
ancor più tesi all’uscita dall’isolamento -> nel 1934 l’Unione Sovietica entra nella Società
delle Nazioni (verso la quale non aveva dimostrato interesse in precedenza).

Il Commissario agli Esteri Litvinov segue l’impronta che Stalin vuole dare in prima persona
alla politica estera (un autocrate ha il pieno controllo della politica estera, come nel caso
di Grandi che nel 1930 aveva interpretato l’idea della politica estera di Mussolini ma non
ne era stato l’artefice) -> il convincimento politico di Stalin è che sia vitale per l’Unione
Sovietica uscire dall’isolamento.

Specificità delle relazioni tra la Russia e la Germania


Nel lungo periodo si possono notare alcune specificità, che hanno causato delle
divergenze tra storici che vedono tra i due paesi un’inimicizia naturale e altri che vedono
due blocchi continentali con una propensione a unirsi (dovendo comunque fare i conti
l’uno con l’altro).

ASCESA TEDESCA E REAZIONE DEGLI ALLEATI: FRONTE DI STRESA (1935) E


PATTO FRANCIA-RUSSIA (1935)

1935
Gennai
o
1935 Accordo Mussolini-Laval
Marzo Hitler reintroduce la
1935 coscrizione obbligatoria
Aprile Fronte di Stresa
1935 Accordo Francia-Russia
Maggi
o

Tentativo francese di una Locarno Orientale


La Francia deve fare i conti col fatto che il sistema che fino a quel momento l’aveva
rassicurata, il Patto di Locarno, è venuto meno e cerca di recuperarlo nel 1934 con l’idea
della Locarno Orientale, portata avanti in particolare dal Ministro degli Esteri francese
Barthou: si ritiene necessario riportare a una rilevanza politica l’Unione Sovietica che,
entrata nel ’34 nella Società delle Nazioni, si era dimostrata disponibile ad avvicinarsi
(nonostante l’abisso ideologico e il Komintern che continua a propagandare la fine dei
regimi capitalisti) nel momento in cui la minaccia sostanziale diventa la Germania.
-> bisogna consolidare un’alleanza che possa tenere a freno la Germania (non si parla di
annichilirla com’era successo con i Trattati di Versailles): l’opzione di una Locarno
Orientale può far arrivare a una forma di accordo che abbia come elemento unificante la
minaccia più forte.

Il disegno della Locarno Orientale finisce nel Luglio 1934 quando a Marsiglia vengono
uccisi il Ministro degli Esteri Barthou e Alessandro di Jugoslavia, recatosi in visita in
Francia: i responsabili dell’omicidio sono gli Ustaše (foraggiati economicamente e
addestrati dagli italiani, rispetto ai quali però Pavelić si sta garantendo una sempre
maggiore autonomia), il movimento indipendentista croato che aveva tutte le possibili
ambizioni riposte nel venir meno di una monarchia serba rappresenta da Alessandro
Karadordević e che in questo assassinio ottiene il duplice vantaggio di aver spento il
disegno di Locarno Orientale (che avrebbe creato una maggior stabilità per il Regno di
Jugoslavia) e di uccidere Alessandro (maggior rappresentate dell’elemento serbo
all’interno del regno di Jugoslavia).
Idea di Patto a 4 di Mussolini e abbandono dell’area centro-danubiana a favore dell'Africa
In Italia (altro attore fondamentale in questa fase) Mussolini, evidenziata l’inefficienza della
Società delle Nazioni, pensa invece a un Patto a 4 per ripristinare una sorta di consesso
dei decisori fondamentali che possa trovare un accordo di massima: Mussolini è sospeso
tra l’anti-revisionismo (guardando con preoccupazione al potenziamento della Germania)
e il revisionismo (laddove il mito della vittoria mutilata vuole un’Italia non appagata dai
Trattati di Pace e con l’idea del posto al sole, spostando l’interesse politico italiano
dall’area centro-danubiana verso l'Africa).

Nel ’34 Mussolini dà formalmente alla Germania un segnale di chiusura netta con il
rafforzamento militare al Brennero dopo il tentativo di Anschluss, ma capisce
realisticamente che è evidente che il varco aperto con il crollo dell’Impero austro-ungarico
si sta richiudendo con il ripotenziamento della Germania (l’area ben presto sarà occupata
economicamente e politicamente dal Reich nuovamente potenziata) -> l’oggetto
principale delle energie italiane non può limitarsi ad essere l’area centro-danubiana,
laddove comunque ci sono ancora in sospeso le promesse coloniali derivanti dagli
accordi successivi alla Prima Guerra Mondiale.

Patto di non-aggressione Germania-Polonia (1934)


Nel 1934 Hitler persuade i polacchi (spaventati storicamente dalla Germania a ovest e
dall’Unione Sovietica a est, accomunate dalla convinzione che la Polonia fosse un inutile
fastidio) a stipulare un patto di non aggressione con la Germania.
-> viene resa ancora più inefficace l'idea francese di perseguire un patto verso Est: Hitler,
consapevole che avrà dei nemici, è sempre attento a non avere un fronte unito di nemici
(l’unica cosa che potrebbe effettivamente limitare la Germania).

Le divergenze di interesse all’interno del fronte superano la percezione che si ha della


pericolosità tedesca, permettendo a Hitler di fare ciò che fa e di mettersi dopo il 1936 in
condizione di non dover temere di osare:
- nel ’33 lascia la Società delle Nazioni
- nel ’34 tenta l'Anschluss
- nel ’35 ripristina la coscrizione obbligatoria (leva) in Germania -> prima chiara violazione
degli accordi di pace.

Fronte di Stresa (1935)


Nell’Aprile 1935 (a ridosso dell’annuncio di Hitler del ripristino della circoscrizione)
Francia, Inghilterra e Italia si riuniscono e dichiarano la loro unità di intenti nell’impedire
successivi passi aggressivi della Germania.
-> Stresa è un fronte e non un sistema perché non ha una propria solidità: il panico
conseguente alla disinvoltura con cui la Germania si beffa di una clausola sostanziale di
Versailles violando la legittimità internazionale non è sufficiente a far superare i problemi
che dividono tra loro le grandi potenze (es. Mussolini ha già in mente l’Etiopia, vd. sotto).

Accordo Francia-Russia (1935)


Nel Maggio 1935 l’Unione Sovietica stringe un patto di alleanza con la Francia, come a
riprendere la linea tradizionale della politica estera europea che dopo la caduta di
Bismarck ha visto la Russia andare verso la Francia: anche in quel caso l’alleanza tra il
regime autocratico e la patria della rivoluzione era piuttosto inaspettata, ma è accettabile
nel momento in cui serve a tenere a freno la Germania.

Ci sono delle chiare differenze rispetto alla Convenzione del 1892 e all’Accordo politico
del 1894:
- la Gran Bretagna limita in tutti i modi la valenza di questo accordo: è molto tiepida
all’idea di costituire un grande accordo con l’Unione Sovietica e vede la possibilità di
accordarsi con la Germania (“fase di pre-appeasement”) -> pretende dalla Francia che
questo accordo sia vincolato al Covenant (il patto della Società delle Nazioni) e al Patto di
Locarno (attutendo di molto l’efficacia politica di un patto del genere).
- pur dovendo nascere contro il riarmo della Germania (a Stalin era chiaro che
l’espansionismo tedesco fosse rivolto verso Est), non viene stipulata una convenzione
militare che renda l’accordo efficace e veramente deterrente nei confronti
dell'espansionismo tedesco perché la presenza della Polonia (non disposta a partecipare
all’accordo temendo che il passaggio sovietico possa trasformarsi in occupazione*)
ostacola stavolta un eventuale intervento russo sul fronte orientale della Germania.

* l’Armata Rossa si era ritirata dal territorio polacco pochi anni prima (Guerra russo-
polacca dei primi anni ’20 in cui i sovietici erano arrivati fino alle porte di Varsavia) e i
polacchi erano perfettamente consapevoli della percezione che i sovietici avevano della
loro esistenza: i polacchi erano scomodi per i russi da tutti i punti di vista, in particolare
perché nella psicologia difensiva di Stalin era fondamentale tenere sotto controllo la fascia
territoriale costituita da Ucraina, Bielorussia e Polonia.

-> l’accordo non risulta veramente efficace e l’assenza di alcun argine fornirà a Hitler tutta
la libertà di manovra che avrà nel 1939.

ESPANSIONE ITALIANA IN ETIOPIA E ACCORDO MUSSOLINI-LAVAL (1935)

Ambizioni italiane in Etiopia e opposizione britannica


Mussolini ha in mente la naturale espansione italiana verso l’interno del Mar Rosso
(completamento della colonia con Eritrea, Somalia ed Etiopia).
L’Etiopia è uno stato membro della Società delle Nazioni ma soggetto comunque una
grande influenza economica francese, inglese e italiana (nessuno era ancora avviato alla
decolonizzazione).
L’ostacolo principale per l’Italia sono gli interessi economici di grandissimo peso per gli
inglesi (e i francesi), poiché un suo controllo più sostanziale sull’Etiopia minaccerebbe il
ruolo britannico sul Mar Rosso e intercetterebbe gli affluenti del Nilo (vie d’acqua e di
comunicazione) e gli snodi ferroviari, oltre che aprire un lunghissimo confine italo-
britannico da difendere in Africa (inaccettabile nel momento in cui i britannici
percepiscono di essere in ritardo rispetto alla loro situazione militare) -> le istanze di
Mussolini fino a quel momento non vengono pienamente accettate.

Accordo Mussolini-Laval (1935)


Poco prima, nel Gennaio 1935 Mussolini aveva ottenuto un accordo con la Francia di
Laval (che succede a Barthou con delle idee diverse) che ha per oggetto la materia
coloniale e le velleità (divenute ormai intento politico) di estendere un controllo non più
solo economico ma anche politico sull’Etiopia.
L’accordo prevede un’equa ripartizione di tutte le vicende coloniali in sospeso (la vertenza
si era aperta a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale: gli italiani hanno continuato
a rimproverare ai francesi di non aver dato le correzioni di confine e i compensi coloniali
promessi).

Nel ’35 la Francia è mossa dalla stessa minaccia tedesca che aveva mosso anche
Barthou, ma con mezzi diversi: Laval crede che sia meglio arrivare a un accordo con gli
italiani e poi magari anche con i tedeschi (maggior collaborazione rispetto a Barthou) ->
Laval cercare un avvicinamento con l’Italia, sistemando la vertenza rimasta in sospeso
riguardo alle vicende coloniali.

- gli italiani accettano il venir meno in un arco di tempo non molto lungo dello status
speciale degli italiani in Tunisia (vicenda che si trascinava da quando i francesi avevano
istituito il protettorato tunisino, dopo che lo status era stato garantito dal Bey di Tunisi)
- ottengono in cambio di una serie di aggiustamenti lungo la frontiere francesi in Tunisia e
in Somalia (sia per l’Africa Orientale che per la Libia).
- c’è un impegno italiano a non fortificare la costa eritrea
- c’è la concessione francese dell’isolotto di Dumeira

In un ulteriore articolo i francesi dichiarano il loro impegno a cercare null’altro che buone
condizioni economiche in territorio etiopico -> si tratta di un’implicita desistenza francese
rispetto alla presa italiana dell’Etiopia (non può essere dichiarata formalmente, essendo
l’Etiopia membro della Società delle Nazioni) e Mussolini e gli italiani sono certi di aver
portato a casa una buona preparazione diplomatica per la campagna d’Etiopia attraverso
l’assenso del paese che fino ad allora era stato l’ostacolo principale per le rivendicazioni
coloniali italiane.

Gli accordi Mussolini-Laval vengono grandemente pubblicizzati perché sono l’indicatore


dell’avvicinamento tra la Francia e l’Italia (che la Francia può declinare anche in termini di
deterrenza nei confronti della Germania), ma la desistenza rimane implicita.

Quando avviene l’atto di forza italiano in Etiopia e c’è la reazione della Gran Bretagna, che
non vuole concedere l’espansione italiana nell’area, Laval rinnega che l’accordo
prevedesse qualcosa di diverso da ciò che vi era scritto: le concessioni territoriali
dettagliate nell’accordo non prefiguravano la perdita di indipendenza dell’Etiopia e la
conquista italiana (molti storici ritengono che Laval avesse veramente inteso dare questo
consenso (pur non potendo affermarlo apertamente).

POLITICA DEL PESO DETERMINANTE E RAPPORTO ITALIA-GRAN BRETAGNA IN


AFRICA

Politica del peso determinante


A partire dagli anni ’30 per la politica estera fascista si può parlare di politica del peso
determinante -> convinzione che sempre di più, a fronte della necessità di limitare la
Germania, il peso a livello internazionale dell’Italia possa diventare determinante (non solo
per il suo ruolo rispetto all’Anschluss e all’opzione anti-revisionista).

Divergenza nella valutazione del compenso per il peso determinante italiano


Di Nolfo afferma che per la prima volta, con l’Etiopia, Mussolini rompe la tradizione che ha
sempre voluto la politica estera italiana schierata con il consenso britannico per quanto
riguarda la politica mediterranea (a partire dalla Clausola Mancini), ma Mussolini interviene
in Etiopia convinto di avere il consenso britannico.
In realtà a un certo punto la politica italiana ritiene il proprio peso più determinante di
quanto non fosse in realtà: il fatto che fino a quel momento l’Italia si fosse sentita
marginalizzata rispetto alle intese prioritarie che dovevano sempre riguardare la Gran
Bretagna e la Francia, la porta ora a considerare il proprio peso come qualcosa di cui
necessariamente le due potenze devono tener conto -> questo avverrà grazie al fatto che
la minaccia tedesca imponga la formazione di un fronte coeso (che non sarà coeso
perché gli interessi ancora troppo divergenti, e lo divertano sempre di più).

La convinzione inglese è che gli italiani si debbano accontentare di limitare la Germania e


il compenso che l’Italia può avere di affiancare la Francia e l’Inghilterra è proprio il comune
interesse a limitare la Germania (che minaccia direttamente l’Italia al Brennero).
Nonostante questo la tutela franco-britannica sul divieto di Anschluss si fa sempre più
blanda (nel ’34 il maggior deterrente è costituito proprio dall’atteggiamento italiano) -> né
Francia né Gran Bretagna sono disposte a spendere troppe energie.

Nella lettura che invece è l'Italia a dare del proprio peso determinante in chiave anti-
tedesca, il compenso è quello coloniale (Etiopia).
-> la reazione britannica rispetto all’azione militare italiana (prendendo a pretesto
l’incidente di confine a Ual Ual gli italiani entrano in Etiopia) è negativa perché lesiva del
proprio interesse.

Sanzioni all’Italia e Piano Laval-Hoare (1935)


Il diniego inglese implica delle sanzioni che verranno comminate all’Italia che però non
ottengono l’effetto voluto (strozzare l’economica italiana) e con il Piano Laval-Hoare
(Dicembre 1935) in cui viene concesso all’Italia quasi tutto quello che avrebbe potuto
volere dall’Etiopia (concessione territoriale rilevante): c’è anche nella dirigenza britannica
l’idea che alla fine è preferibile arrivare a un accordo con l’Italia.
-> non si impedisce all’Italia di portare a termine l’impresa etiopica ma allo stesso tempo
non glielo si consente (allontanando l’Italia da Francia e Inghilterra)

RAPPORTO GRAN BRETAGNA-GERMANIA E ACCORDO NAVALE ANGLO-TEDESCO


(1935)

Pensiero di Eden sulla minaccia italiana


Nella valutazione tra la minaccia che gli italiani possono portare in Africa (estendendo la
linea che gli inglesi dovrebbero difendere) e la minaccia effettiva rappresentata invece al
riarmo tedesco, si può considerare col senno di poi che la reazione inglese sia stata
un’errore, motivato tuttavia da alcune ragioni e da una precisa corrente di pensiero
politico che aveva il suo grande interprete in Eden (convinto che la Gran Bretagna
dovesse tutelare in maniera assoluta le sue posizioni imperiali e che la presenza italiana in
Etiopia fosse una minaccia).

Accordo navale Anglo-tedesco (1935) e rottura del fronte


Eden, benché divenga più tardi Ministro degli Esteri nel governo Churchill (che
rappresenterà la riscossa contro gli appeasers), pochi giorni dopo che gli inglesi si
presentano a Stresa (Aprile 1935) per si discutere la costituzione di un fronte anti-tedesco,
si reca a Berlino per accordarsi coi tedeschi un accordo sul riarmo navale tedesco
(interesse vitale da sempre dell’Inghilterra nei confronti della Germania) -> implicitamente
riconosce il pieno diritto tedesco a riarmarsi.

Non solo non si sanziona la violazione palese degli accordi di pace rappresentata dal
ripristino della coscrizione obbligatoria, ma peggio ancora viene sancito il riarmo tedesco
attraverso l’accordo che Eden, portando a casa la promessa tedesca che il riarmo navale
non andrà oltre il 35% della flotta britannica -> come il discorso sul riarmo navale era
stato utilizzato in epoca guglielmina, con altrettanta lungimiranza viene utilizzato in epoca
hitleriana per rompere il fronte e tenere divisi quelli che, uniti, potrebbero creare un
ostacolo insuperabile per la Germania.
Cattiva interpretazione inglese della minaccia tedesca
L'accordo già risponde a una fase di appeasement (idea inglese che sia possibile trovare
un accordo con la Germania e che non sia sbagliato accordarsi con Hitler).

L’accordo navale del ’35 dimostra che gli inglesi non hanno ancora una percezione
corretta della minaccia tedesca (sono spinti dalla convinzione che con i tedeschi si possa
arrivare a dei patti) e il concetto che inevitabilmente con la Germania si arriverà alla guerra
non è ancora un dato assodato nel 1935: in molti sono convinti che, con una serie di
concessioni alla Germania, questa possa essere tenuta a bada.

Vengono fatte ora alcune concessioni che, colpevolmente si erano negate prima: il
negoziato sul disarmo era stato impedito alla Repubblica di Weimar ma viene subito
consentito di fronte all’atto di forza di Hitler.
17.11.13 Storia delle Relazioni Internazionali
DIFFICOLTÀ DEL FRONTE DI STRESA

Neville Chamberlain
Nel ’35 si sono manifestate le prime forme di appeasement e nel ’37 Neville Chamberlain
rende solamente operative le premesse della precedente politica inglese.

Obiettivi della politica estera hitleriana e divisioni interne a Stresa


La politica estera di Hitler ha come obiettivo quello di scardinare il sistema di Versailles
mettendo le grandi potenze davanti al fatto compiuto, potendo contare sul fatto che non
trova mai un fronte coeso di fronte a se: il fronte di Stresa (che sarebbe potuto essere un
ostacolo per il programma hitleriano) non sarà mai veramente efficace perché l’Italia,
intorno a cui si sarebbe potuto costruire il perno dell’anti-revisionismo, è a sua volta
intenta a scardinare l’equilibrio mediterraneo e coloniale in forma revisionista.

Posizione dell’Italia e futuro avvicinamento alla Germania


La conquista dell’Etiopia costituisce per qualche storico un punto di svolta (e di non
ritorno) per la politica estera italiana, ma anche dopo la rottura con Inghilterra e Francia e
le sanzioni economiche comminate all’Italia, c’è comunque la ricerca italiana di un’intesa
con la Gran Bretagna.
-> fino al 39 c’è il tentativo dell’Italia di portare avanti la politica del peso determinante
(che dovrebbe consentire all’Italia di muoversi ancora liberamente e poter scegliere uno
dei due schieramenti, che sono sempre più divisi).

In realtà, dopo la conquista d’Etiopia, lo spostamento della politica estera italiana verso la
Germania sembra qualcosa di inevitabile.
La Germania, non facendo parte della Società delle Nazioni dal ’33, non deve partecipare
alle sanzioni economiche nei confronti dell'Italia e vede nella conquista dell'Etiopia
un’occasione:
- allontanamento dell’Italia dal Fronte di Stresa
- l’Italia distrae le proprie forze dall’area centro-danubiana (Austria) con un grande
impegno militare ed economico (vd. sotto) in Etiopia

Mancanza di equilibrio nel Fronte di Stresa


Il Fronte di Stresa non può essere considerato un sistema perché non è di per se in grado
di rimanere in equilibrio: la coesione di Stresa è del tutto fittizia e momentanea (non viene
discusso apertamente la questione etiope).
-> dovrebbe essere il luogo dove semplicemente si stigmatizza la politica tedesca, senza
rendersi conto che sarebbe necessario anzitutto creare un equilibrio tra chi fa parte del
fronte ed evitare che alla fine il fronte si rompa.

SITUAZIONE INTERNA ITALIANA

Situazione interna italiana


A differenza della Germania, che parte da un sistema industriale già consolidato, l’Italia
non ha ancora un sistema industriale forte e ha al suo interno ancora sacche di povertà
che ostacolano la piena ripresa nonostante il modello del regime fascista sia di rapida
ripresa, di grossi investimenti (keynesiano).
Sanzioni contro l’Italia e rafforzamento del senso nazionale
L’effetto delle sanzioni economiche non è né militarmente né economicamente
determinante perché non vanno a toccare i punti vitali per la continuazione del conflitto:
- provvedimento politico: non viene chiuso il Canale di Suez, che avrebbe comportato per
l’Italia una difficoltà insuperabile
- provvedimento economico: non avviene il taglio ai rifornimento di idrocarburi, su cui
l’Italia non aveva la minima autonomia

-> viene consolidato il senso nazionale intorno al regime: la percezione dell’opinione


pubblica è che con la Campagna d’Etiopia si vada a completare il diritto che l’Italia aveva
acquisito con la Prima Guerra Mondiale.

La conquista coloniale è ancora declinata dalla retorica nazionale: gli italiani sono il
popolo laborioso e ciò che si cerca sono colonie di immigrazioni (non colonie di
sfruttamento a distanza, ma luoghi dove far immigrare la popolazione alla ricerca di spazi
fertili da coltivare).

SITUAZIONE POLITICA INGLESE

Peso dell’opinione pubblica inglese


L’opinione pubblica inglese invece è assolutamente contraria alla possibilità che il
governo britannico possa arrivare a un compromesso sull’Etiopia -> il Piano Laval-Hoare
cade perché si capisce che il governo non avrebbe retto sulla pressione dell’opinione
pubblica contraria (secondo la logica ambivalente che percepisce una lesione del diritto
imperiale britannico dal colpo di mano italiano e una violazione dei diritti di un membro
della Società delle Nazioni).

Linee politiche inglesi rispetto all'Italia


Con la campagna d’Etiopia si profilano delle differenti linee d’azione all’interno del Foreign
Office e del governo britannico:
- alcuni propendono per un’intesa con l’Italia, postulando l’eventualità che l’Italia ancora
avesse un peso determinante (che avrebbe consentito in caso di accordo la costituzione
di un fronte utile nei confronti del pericolo tedesco)
- per altri, a partire da Eden, l’Italia è inevitabilmente destinata ad accordarsi con la
Germania (la Germania era favorevole all’intervento italiano in Etiopia, benché rifornisse
segretamente la resistenza del Negus per stancare l’Italia, poiché il suo primo obiettivo
riguardante l’Italia è la realizzazione dell’Anschluss con il pieno consenso italiano).

Eden e la dirigenza britannica non iroddisce perché l’Italia aveva violato i diritti
dell’Etiopia, ma perché la conquista del paese sarebbe andata a toccare direttamente
alcuni dei punti vitali degli interessi imperiali:
- un confine di 3000 miglia dovrebbe essere difeso con ulteriore dispendio di energie da
un paese come l’Italia di cui non si conosce il vero obiettivo (si potrebbe arrivare a uno
scontro mediterraneo e imperiale.
- il lago Tana rifornisce la sorgente del Nilo Blu e deviando quelle acque si potrebbe
assetare il Sudan (importanza delle vie d’acqua).
-> un doppio binario che determina la politica inglese: la percezione inglese di non essere
più così sicura del proprio status (vd. Vantaggio tedesco nel riarmo).

SITUAZIONE DI DEBOLEZZA FRANCESE


Debolezza della Francia
La Francia, aggancio continentale per la Gran Bretagna, è ancor più debole e in tutta
questa fase è terrorizzata dall’ipotesi di una guerra contro la Germania e dalle scelte
inglesi: con gli accordi Mussolini-Laval garantisce la desistenza all’Italia rispetto alla
conquista etiopica, ma è poi disposta immediatamente ad avallare il niet inglese contro
l’Italia cambiando la propria politica e (ri)creando le condizioni di grave conflittualità con
l’Italia.

Conflittualità con l’Italia


I rapporti difficili Francia-Italia sono una costante, con una competizione ampia che va
oltre le questioni coloniale -> il venir meno della garanzia francese farà sì che, dopo
l’Etiopia, Mussolini si sentirà di dover privilegiare la ricerca di un’intesa generale con
l’Inghilterra, trascurando la possibilità di un’intesa con la Francia.

VALUTAZIONE DEL PERICOLO TEDESCO

Pericolo tedesco e pericolo bolscevico


Hitler, grande ammiratore di Mussolini, cerca un’intesa in chiave politica con l'Italia per
unire i fascismi anche in uno spirito anti-bolscevista (in quel momento la Germania non
era necessariamente considerata il pericolo principale per un futuro conflitto, e i criteri di
valutazione di allora sono abituati a percepire anche la pericolosità sovietica).
-> nel Maggio ’35 Francia e Russia arrivano a un accordo (alla luce del pericolo tedesco)
ma con numerosi vincoli politici (posti dall’Inghilterra: Covenant e Accordi di Locarno) e
operativi (ostacolo della Polonia che cerca di sopravvivere grazie all’accordo con la
Germania).

Prodromi dell’appeasement e primi errori di valutazione inglesi rispetto alla Germania


L’accordo navale era un’ossessione inglese e quando Eden va a Berlino per stipulare
l’accordo (ancora prima della crisi con l’Italia) c’è ancora la convinzione che con la
Germania si possa trattare su questione su cui peraltro la Gran Bretagna non aveva mai
avuto piena convinzione: gli inglesi sin dall’inizio non erano convinti che la struttura di
Versailles potesse essere mantenuta così com’era e sapevano che sarebbero stati
necessari dei compromessi (es. con l’accordo navale si concede alla Germania di armare,
ma entro limiti ben definiti).

-> nel concedere a Hitler di armare, si dimostra di non aver compreso la logica all’interno
della quale si muoveva Hitler:
- non viene fatto di tutto per tenere unito il Fronte
- non si capisce che le logiche di Hitler sono diverse da quelle della weltpolitik della
Germania guglielmina e che il suo fine ultimo rimane la spinta verso Est (Drang nach
Osten) alla ricerca del proprio spazio vitale (Lebensraum) da attuare attraverso conquiste
territoriali molto al di là della weltpolitik.

C’era una certa incertezza anche rispetto all’apparato retorico che accompagnava il
regime totalitario, considerandolo necessario a Hitler in patria per scaldare il consenso
collettivo solo in un primo momento, dopo il quale avrebbe cercato di ottenere i suoi
obiettivi con dei compromessi piuttosto che con la guerra.

Vantaggio tedesco nel riarmo


Il modello di ripresa economica tedesca avviene soprattutto facendo salire
vertiginosamente i tassi occupazionali (si risolve in un paio d’anni il problema della
disoccupazione) e la metà degli investimenti tedeschi sono fatti nel settore del riarmo,
mentre l’Italia sta sprecando le sue energie e Francia e Gran Bretagna sono in ritardo nelle
politiche di riarmo.

Solo nel 1937 la Gran Bretagna avvia una politica di riarmo a tappe forzate e la
consapevolezza del suo oggettivo ritardo orienta le politiche delle potenze, a partire da
quella inglese (es. nel caso della questione dell’Etiopia la Gran Bretagna non si può
permettere l’apertura di un altro lungo confine da difendere).

REMILITARIZZAZIONE DELLA RENANIA (1936)

Posizione di forza tedesca


Berlino continua fino a questo momento ad agire da una posizione di forza:
- il ripristino della coscrizione obbligatoria si è risolto di fatto tranquillamente e forse
anche grazie a questo i tedeschi hanno guadagnato l’accordo navale con la Gran
Bretagna.
- la guerra in Etiopia lascia intendere che l’Italia sta abbandonando il baluardo dell’Europa
centro-danubiana (non avendo forze sufficienti per garantirsi il controllo di quell’area e
dell’area etiope)
- la guerra in Etiopia ha rotto il Fronte
-> gli avvenimenti aiutano l’affermazione della politica hitleriana e gli consentono di
prendersi il vero grande rischio della fase pre-bellica: rimilitarizza la Renania per ripianare
l’inferiorità militare tedesca.

Remilitarizzazione della Renania (1936)


Nel 1935 Hitler denuncia gli Accordi di Locarno perché nella sua idea erano stati violati
dall’alleanza di Maggio tra Francia e Unione Sovietica.
Negli Accordi di Locarno era contenuta la vera garanzia alla smilitarizzazione della
Renania (oggettiva inferiorità in caso di attacco della Germania nei confronti della
Francia): tutta la fascia di confine dalla parte della Germania, per una discreta profondità,
non è fortificatile -> anziché poter stanziare le fortificazioni e le linee di attacco o di difesa
sulla frontiera, i tedeschi dovevano stare arretrati.
-> la Renania smilitarizzata era la più solida garanzia di difesa per la Francia.

Anche se tutti sapevano che la guerra sarebbe scoppiata a Est, la remilitarizzazione della
Renania avrebbe bloccato la Francia nel momento dello scoppio della guerra (drôle de
guerre, tra il ’39 e il ’40), non mettendola in grado di agire immediatamente in difesa di
quei paesi nei confronti dei quali aveva garantito un pronto intervento. Se la Renania non
fosse stata militarizzata, la Francia avrebbe potuto invadere senza troppe preoccupazioni
la Germania qualora questa avesse attaccato la Polonia.

Vantaggio di Hitler dall’impreparazione franco-britannica


Sarà lo stesso Hitler ad ammettere che con la militarizzazione ha corso un grande rischio:
la Germania non era ancora pronta ad affrontare una risposta militare e se ci fosse stata
una pronta reazione franco-britannica a fronte di questa ennesima violazione, Hitler
avrebbe dovuto fare marcia indietro.
-> Hitler corre il rischio perché percepisce la stolida volontà dell’Inghilterra (in ritardo con
il riarmo) e della Francia (la cui azione è spesso inefficace o limitata dalla prudenza
inglese) di trattare su tutto con la Germania (favorita dalla situazione).

Hitler riesce in questa fase con abilità a muoversi in politica estera e ad arrivare
all’accordo che cercava con l’Italia (prima grazie alla Guerra d’Etiopia e poi grazie alla
Guerra Civile Spagnola).

GUERRA CIVILE SPAGNOLA (1936)

Il 1936, con la militarizzazione della Renania e la Guerra Civile Spagnola sarà un anno di
svolta per la polarizzazione, che non era avvenuta subito tra i due regimi (i cui interessi
potevano essere molto divergenti, con la possibilità per Mussolini di stare dall’altra parte).
-> con la Guerra di Spagna le cose si polarizzano anche dal punto di vista ideologico.

Scoppio della guerra e divisioni ideologiche europee


La Guerra di Spagna inizia con un tentativo di golpe da parte di una serie di militari
(Franco diventerà l’uomo di fiducia che riceverà tutti gli aiuti tedeschi) che si schierano
contro il regime repubblicano spagnolo e subito si profilano le divisioni ideologiche
europee:
- tutti si accordano sulla politica di non-intervento: tentativo di evitare che la Spagna
diventi la scintilla per un conflitto ulteriore
- Hitler decide di sostenere militarmente i golpisti (militari spagnoli)

La prima preoccupazione britannica e francese è quella di mantenere lo status quo:


tenere gli italiani lontani da Gibilterra e dalle Baleari, dove un’eventuale presenza italiana
sarebbe stata importante.
-> sul mantenimento dello status quo territoriale si attesta il grosso dello sforzo anglo-
francese (sotto il paravento del non-intervento).

Intervento tedesco e intervento italiano


L’intervento tedesco è essenzialmente di tipo militare: flusso costante di armamenti
pensanti, mezzi corazzati e la Legione Condor ma non si superano i 15.000 uomini
(numero non veramente sostanziale).

La scelta tedesca di intervento in Spagna ha delle caratteristiche di vecchia weltpolitik: la


Germania comincia a porsi il problema che un eventuale conflitto (che non esclude e per
cui anzi si sta preparando) non la trovi strozzata dall'embargo generale.
-> Hjalmar Schacht (governatore della Banca Centrale che aveva guidato il risanamento
del Piano Dawes) promuove il progetto che prevede l’intervento tedesco in Spagna alla
ricerca di materie prime: con degli accordi di scambio con i paesi minori (es. Brasile,
Spagna) si esportano manufatti in cambio di materie prime, senza chiedere denaro.

L’intervento italiano in Spagna è mosso invece dalla volontà di collocare una presenza
militare veramente rilevante in un’area del Mediterraneo che non controlla (il Mediterraneo
Occidentale -> minaccia diretta al cuore dell'interesse inglese, con Gibilterra) ed è
quantitativamente superiore a quello tedesco (circa 70.000 volontari: nell’accordo per il
non-intervento ci sono anche Italia e Germania ma non può essere limitata l’iniziativa
volontaria, mossa talvolta dalla necessità economica)

La logica prevalente per gli italiani comunque è quella ideologica, ovvero l'affermazione di
grande potenza in senso ideologico: l’azione di grande potenza deve essere in grado di
affermarsi anche con il sostegno che viene dato a un regime di matrice ideologicamente
simile.

-> mentre la strategia tedesca è mirata e di lungo periodo (la Spagna è importante nella
pianificazione economica, Neuer Plan), quella italiana è declinata in termini più vaghi
(benché sia proprio l’Italia ad avere un vero interesse sul Mediterraneo) e si accontenta di
una finalità ideologica, in cui non c’è un ritorno economico positivo come per la Germania
(rappresenta ulteriore dispersione di risorse in un momento in cui sarebbe più utile
raccogliere le forze).

Guerra di Spagna come palestra militare


Se l’Italia già si sta cimentando in Africa (con costante emorragia delle proprie forze
militari in Etiopia ma anche nell’interno della Tripolitania e della Cirenaica), la Guerra di
Spagna è per la Germania un’utilissima palestra in particolare per testare l’aviazione, che
aveva visto una prima applicazione nella Prima Guerra ma in questa fase rappresentava
ancora l’arma moderna e diventerà l’elemento determinante e risolutivo nel secondo
conflitto.

Atteggiamento prudente dell’Unione Sovietica


L’altro possibile interlocutore è l’Unione Sovietica che appoggia ovviamente il fronte
repubblicano, ma il cui atteggiamento nella Guerra di Spagna è estremamente prudente:
non vuole dare a Inghilterra e Francia ragione di pensare che sia ancora attiva la vena
internazionalista che vorrebbe esportare il comunismo.
-> l’Unione Sovietica dovrebbe essere un interlocutore rassicurante.

La prudente politica sovietica (non c’è nessuna presenza ufficiale sovietica che combatte
con il fronte repubblicano) indica che l’Unione Sovietica è in questa fase, in cui c’è ancora
Litvinov agli esteri, è ancora orientata a cercare un possibile accordo con Francia e
Inghilterra, ricavando qualcosa in più dell’accordo franco-russo del ’35 in chiave anti-
tedesca.

I sovietici più degli altri hanno delle preoccupazioni sul riarmo tedesco e non si lasciano
tentare dall’appeasement (arriveranno al Patto Molotov-Ribbentrop solo quando non
trovano altre strade percorribili).

DISCORSO DELL’ASSE (1936) E PATTO ANTI-COMINTERN (1936)

Avvicinamento politico e ideologico Italia-Germania e Discorso dell’Asse (1936)


La Guerra di Spagna rafforza la Germania sul piano economico e anche su quello politico
-> si consolida ulteriormente l’aspirazione di Hitler a un’intesa più stressa con l’Italia:
- in termini utili rappresenta la premessa per l’abbandono del postulato anti-Anschluss
dell’Italia
- in termini ideologici si va creando un fronte coeso tra il nazionalsocialismo tedesco e il
fascismo italiano

-> 1° Novembre 1936: Discorso dell’Asse a Milano

Patto anti-comintern (1936)


Tokyo aveva firmato il patto anti-comintern con Berlino che non aveva una valenza
militare ma ideologica:
- era utile per un Giappone in espansione che inevitabilmente tenderà a scontrarsi con
l’Unione Sovietica
- consentiva alla Germania di riappropriarsi dell’anti-bolscevismo insito nell’ideologia
nazionalsocialismo, elemento che avrebbe dovuto far ritenere che la Germana potesse
essere un utile alleato (vd. appeasement).
APPEASEMENT

Dal ’37 in poi, sempre di più, la Gran Bretagna utilizza la politica dell’appeasement tesa a
un negoziato a oltranza, con una serie di concessioni e di riavvicinamenti alla Germania
(altrimenti incomprensibile, avendo anche avviato una politica di riarmo).

Ragioni dell'appeasement
Non è una sola mente che dà vita all’appeasement, ma un insieme di diverse valutazioni
circa l’impatto che la politica estera del Terzo Reich ha sulla stabilità europea.

1) una parte dell’appeasement è fondamento sull’errata premessa che Hitler sia


realisticamente disposto al compromesso: quelli che già avevano ritenuto gli Accordi di
Versailles come qualcosa di momentaneo, si attestano sull’idea che poco a poco si arrivi
al loro smantellamento tramite una serie di negoziati e compromessi -> disponibilità ad
arrivare a degli accordi che dovrebbero prima o poi accontentare la Germania,
consentendo di evitare la guerra.

2) altro punto fondamentale è la volontà dei britannici di prendere tempo perché non sono
ancora in grado di affrontare una guerra: non sono adeguatamente armati -> il fatto che
l’Inghilterra avvii in questa fase le politiche di riarmo accelerato indica che non è pronta
per affrontare un conflitto militare, mentre la Germania si era attrezzata dal ’33 a ritmi
accelerati.

3) l’anti-comunismo viscerale poi è un altro punto che esiste in parte dell’approccio degli
appeasers: parte della dirigenza britannica pensa che tra i due mali la Germania sia il
male minore perché è pur sempre un paese capitalista e un paese che non esporta
rivoluzioni (nonostante gli orrori sempre più difficilmente trascurabili di cui giunge voce) ->
può essere più conveniente trovare un accordo con la Germania in chiave anti-bolscevica
(Hitler ritiene molto conveniente fare un accordo anti-comintern sia per puntellarsi anche
in quell’area ma anche per favorire coloro che in patria ritengono che egli sia un baluardo
anti-bolscevico, o che uno scontro Germania-Unione Sovietica sia conveniente).
Addirittura una parte del conservatorismo inglese (Edoardo VIII) riteneva che ci fosse del
giusto nell’ideologia tedesca.

Ciò che accredita maggiormente la politica di appeasement è che in fondo sia possibile
arrivare a una buona intesa con la Germania, che fino a quel momento avrebbe degli
interessi vitali che non vanno a collidere con quelli inglesi (mentre la politica di espansione
italiana verso il Mediterraneo sarebbe andata a collidere con gli interessi britannica).

Purghe staliniane e anti-bolscevismo


La politica inglese si anima a tratti di un anti-bolscevismo su cui ci sono anche degli
elementi di ragionevolezza.
Stalin, che ovunque vedeva possibili complotti contro di lui, ha iniziato tra il ’36 e il ’38 le
grandi purghe su una parte molto rilevante dell’Armata Rossa che rappresenteranno un
danno gravissimo per l’Unione Sovietica:
- indeboliscono uno strumento che dovrebbe invece essere valorizzato dall’Unione
Sovietica
- Inghilterra e Francia mettono in discussione l’affidabilità di un regime e l’utilità di
accordarsi con chi ha così gravemente danneggiato il proprio strumento militare (l’utilità di
un accordo con l’Unione Sovietica è quella di trovare un alleato militarmente utile, che sia
in grado di costituire una minaccia effettiva nei confronti della Germania).

-> l’Unione Sovietica viene svalutata militarmente benché riesca dal 1938 a dimostrare la
validità dell’Armata Rossa negli scontri con il Giappone nonostante le purghe staliniane (il
danno delle purghe sarà riscontrabile invece nella Campagna di Finlandia).

L’idea di un accordo con l’Unione Sovietica (che può essere l’elemento determinante
contro la Germania) ha dunque molti ostacoli e la diffidenza connaturata spiega
l’esitazione della Francia e della Gran Bretagna nel corso di mesi di trattative improduttive
che si arenano sulla mancata collaborazione polacca ma anche sulla mancanza di fiducia
reciproca (quando invece i tedeschi decideranno che bisogna arrivare a un accordo con
l’Unione Sovietica nel ’39, lo faranno in pochissimo tempo).

POLITICA DI ESPANSIONISMO GIAPPONESE IN CINA

L’Estremo Oriente è nel 1937 un’altra area di instabilità.

Proseguimento dell’espansionismo giapponese in Cina


Nel ’37 il Giappone, alla ricerca di un’autosufficienza (in termini di materie prime) che non
ha, continua nella propria direttrice di espansione e cerca il controllo sulla totalità della
Cina (il cui territorio però smisurato e su cui il controllo militare è estremamente
complicato).

La Cina è divisa al suo interno è divisa nella lotta tra il Kuomintang e i comunisti cinesi,
che momentaneamente troveranno un accordo (dopo il ’37) nel momento in cui c’è la
necessità di schierarsi contro il comune nemico giapponese (che arriva ad occupare la
città di Shanghai).

Conseguenze dell’espansionismo giapponese rispetto alle potenze


L’orientamento della politica giapponese diventa un altro elemento che impensierisce i
russi ma non solo:
- i francesi si vedono occupata una parte dell’Indocina francese dai giapponesi che
cercano di accerchiare la Cina
- gli inglesi non apprezzano la politica di controllo giapponese che ostacola
completamente la politica della porta aperta che aveva caratterizzato i rapporti occidentali
nei confronti della Cina per decenni. Gli inglesi inoltre sono preoccupati di dover
necessariamente porre un controllo militare maggiore per esempio sulla strada della
Birmania
- gli americani hanno l’interesse a che il Giappone non continui indisturbato a portare
avanti questa politica (tuttavia il loro isolazionismo dimostrato nella Crisi Manciuriana
conforta il Giappone)

GENTLEMENT’S AGREEMENT

Nel 1937 l’Italia sta ancora cercando un’intesa con la Gran Bretagna e si vede l’incertezza
della politica estera britannica nel momento in cui alcuni vorrebbero un accordo generale
con l’Italia.
L’elemento attorno al quale ruota il negoziato italo-britannico è il riconoscimento formale
dell’Impero da parte della Gran Bretagna, fondamentale per l’Italia. Nel ’37-’38 si tratta di
un riconoscimento de facto, poiché c’è già più di qualche segnale che indica un
riconoscimento sostanziale (es. agenti diplomatici inglesi in territorio etiope hanno già un
ruolo consolare).

Gentlement’s Agreement (1937)


Si arriva a un primo approccio sul riconoscimento de iure dell’Impero con il Gentlemen’s
Agreement del 1937 tra Italia e Gran Bretagna, che in cambio cerca il mantenimento
dell’integrità territoriale spagnola: gli italiani promettono di non cercare di estendere o
stabilizzare una permanenza militare sulle Isole Baleari.

-> l’Inghilterra è orientata a un accordo con l’Italia, sia perché ha la necessità di


accordarsi dettagliatamente sul ruolo reciproco in Africa, sia perché la Guerra di Spagna
minaccia l’area del Mediterraneo Occidentale.
17.11.16 Storia delle Relazioni Internazionali
AVVICINAMENTO GERMANIA-ITALIA

1936: anno determinante per il progressivo avvicinamento tra il Terzo Reich tedesco e
l’Italia, ma non termina comunque la politica del peso determinante (Mussolini riteneva di
avere una libertà di manovra che gli avrebbe consentito comunque di far valere il proprio
peso politico quando avesse optato per uno schieramento o per l’altro).

Alcuni storici ritengono che nel 1938 a Monaco Mussolini avesse ancora una piena libertà
di manovra, è tuttavia evidente che, pur continuando a ritenere che vi fosse questa
possibilità, con il passare del tempo si stringono i vincoli ideologici* tra il
nazionalsocialismo del Terzo Reich e l’Italia.

* I vincoli ideologici non erano ancora consolidati nel 1933 quando Hitler divenne
cancelliere: Hitler si ispira e ha grande ammirazione per Mussolini, ma non c’è nessuna
solidarietà ideologica che viene dall’Italia. Nel 1933 l’Italia ravvede nell’ascesa del Terzo
Reich un pericolo rispetto alle proprie ambizioni nel lungo periodo nell’area centro-
danubiana e una minaccia per il confine al Brennero (minaccia che arriverà nel 1934 con
l’uccisione a Vienna di Dollfuss, cancelliere austriaco contrario all’Anschluss, e la
conseguente crisi nelle relazioni tra Italia e Germania).

Revisionismo
L’ideale revisionista di Hitler minaccia inizialmente i rapporti con l’Italia, ma in realtà il
revisionismo è anche una delle grandi tentazioni della politica estera fascista -> il sistema
di Versailles andava rivisto (il fascismo e la politica estera fascista non considerano
Versailles sacri e intoccabili).
Già nel 1935 si assiste alla demolizione tedesca dei vincoli sanciti da Versailles: divieto di
circoscrizione obbligatoria, accordo navale con la Gran Bretagna e nel 1936 la
rimilitarizzazione della Renania (offesa più grave alle capacità difensive della Francia).

Guerra di Spagna
A creare anche l’importantissimo elemento della comunanza ideologica sarà la Guerra di
Spagna, che sarà un banco di prova per Roma e Berlino che, pur avendo firmato gli
accordi di non-intervento, potranno sperimentare degli armamenti sul territorio spagnolo
con una serie di operazioni militari (il coinvolgimento quantitativo dell’Italia rappresenta un
dispendio di energie durante un periodo di già difficile riarmo a causa della guerra in
Etiopia e del tentativo della colonia libica) -> l’intervento italiano nella guerra di Spagna è
quantitativamente rilevante ma politicamente ed economicamente inutile, mentre la
Germania era riuscita a rispondere a una chiara pianificazione ottenendo un risultato
politico fondamentale, ovvero l’operazione di avvicinamento all’Italia (Hitler era
consapevole che l’Anschluss, ineludibile passaggio della politica estera tedesca, potesse
essere fatto solamente con il consenso italiano).
-> Hitler vede la necessità ideologica della vicinanza all’Italia, ma altresì la finalità politica
dell’amicizia che avrebbe consentito di arrivare a un Anschluss indolore (come non era
avvenuto nel 1934).

FRATTURA NEL FRONTE DI STRESA

Discorso di Milano e fine del Fronte di Stresa


Nel 1936 Hitler riesce a creare un diaframma* nel fronte di Stresa, che in quel anno si può
considerare morto: Hitler non deve fronteggiare una coalizione unita contro il proprio
intento revisionista.

* termine utilizzato da Mussolini nel Discorso di Milano del Novembre 1936


rappresentando l’immagine dell’Asse Roma-Tokyo-Berlino, che non avrebbe dovuto
costituire un diaframma, ma piuttosto una verticale attorno alla quale altri si sarebbero
potuti raccordare -> in questo discorso Mussolini non prende una posizione definita, non
abbandona la politica del peso determinante (può ancora muovere da un’alleanza all’altra
e di scegliere) e rievoca la vecchia idea del Patto a Quattro (Inghilterra, Francia, Italia e
Germania che si accordano per definire l’equilibrio europeo).

-> La percezione creata dal Discorso di Milano del Novembre 1936 è quella di un
avvicinamento serio e inevitabile tra Italia e Germania.
Nonostante volesse costituire un'altra mossa di politica estera del peso determinante,
facendo capire a Francia e Inghilterra che c’è un avvicinamento con la Germania e che
corrono un rischio qualora non si arrivi a un accordo generale -> peso determinante:
avere l’Italia come alleato è significativo sia per la Francia che per la Gran Bretagna.

Posizione degli appeasers inglese rispetto all'Italia


La percezione del Discorso di Milano avvalora in Inghilterra nel ’36 gli appeasers (come
Eden, che era stato l’autore dell’Accordo Navale del 1935) diffidenti verso l’Italia: Eden
rappresenta la linea di pensiero del Foreign Office che vede l’Italia come il vero elemento
di contrasto con l’interesse imperiale britannico -> la sfida italiana è sul Mediterraneo, non
soltanto in Etiopia ma anche in Spagna (posizione strategica della Spagna: delle eventuali
basi militari italiane collocate sulle Baleari avrebbero intercettato le comunicazioni tra
Malta e Gibilterra e avrebbero minacciato le posizioni britanniche nel Mediterraneo
Occidentale, uscendo dall’usuale teatro del Mediterraneo Orientale).

-> la minaccia è duplice e gli argomenti anti-italiani di Eden hanno un fondamento: è


necessario arrivare a un eventuale accordo con la Germania, che potrebbe non avere
interessi divergenti rispetto all’interesse britannico: non dovrebbe costituire una minaccia
sul Mediterraneo e sulle colonie (interessi coloniali e mediterranei inglesi =/= interessi
continentali tedeschi).

Fattore sovietico
I fautori dell’appeasement possono considerare necessario un accordo con la Germania
anche alla luce del fattore sovietico:
l’Unione Sovietica è l’unico vero elemento che può fare la differenza nello schieramento
anti-tedesco a livello militare e, al contrario, la via dell’accordo con la Germania
presuppone che uno degli elementi di convergenza politica sia l’isolamento dell’Unione
Sovietica (alcuni elementi della dirigenza politica inglese considerano il bolscevismo il
vero pericolo, piuttosto che il nazionalsocialismo).

-> i russi, e Stalin in particolare, ne sono consapevoli e valutano in ogni momento la


possibilità che si crei una coalizione capitalista contro l’Unione Sovietica (Germania con la
Francia e l’Inghilterra).

Divergenza delle ambizioni tedesche e franco-inglesi


L’accordo con la Germania è impossibile perché le ambizioni tedesche vanno oltre ciò
che le potenze garanti del Trattato di Versailles sono disposte a concedere (tutte le
concezioni, come avrebbe potuto lasciar presagire il Trattato di Locarno, sono a Est:
revisionismo che mira a incorporare nel Reich tutte le popolazioni di lingua e cultura
tedesca che avevo fatto parte dell’Impero tedesco ma anche austro-ungarico, tramite
l’Anschluss, i Sudeti ed eventualmente Danzica).
-> se Inghilterra e Francia percorressero la strada dell’accordo con la Germania lo
farebbero a spese dell’assetto dell’Europa Orientale uscito dai Trattati di Versailles e di
Saint-Germain.
Si prevede che Hitler andrà oltre il revisionismo di Stresemann (revisione pacifica degli
accordi di Versailles) e dunque non si vuole ripercorrere la strada di una nuova ascesa
tedesca, ma in realtà di nuovo la Germania mira al primato assoluto: disegno non
condiviso ovviamente dalla Francia ma nemmeno dalla Gran Bretagna.

-> un presupposto di questo tipo implica che la Germania sia disposta anche a valutare
l’opzione militare (il riarmo accelerato lo dimostra) e, quando la minaccia tedesca è
militare, la risposta militare efficace deve contemplare necessariamente l’alleanza con
l’Unione Sovietica: la Germania può essere eliminata solamente comprimendola sui due
fronti (la dirigenza politica e militare prussiana aveva trascurato questa possibilità con il
Piano Schliffen e il riarmo marino ma Hiler compierà lo stesso errore cercando lo spazio
vitale tedesco, Lebensraum, nei territori ricchi di risorse ad Est).

Nell’impostazione hilteriana, che dal ’33 sembra duramente realista, c’è anche una
fortissima componente ideologica (l’accordo del ’39 con l’Unione Sovietica si spiega in
termini strumentali: piena libertà di manovra nell’invadere la Polonia).

Rapporto Unione Sovietica-Germania


Nonostante la competitività in alcune zone cariche di risorse (Bessarabia, Bucovina),
quando Stalin si accorda con Hitler rimane molto ligio ai patti.
Nella logica del comunismo staliniano la Germania, la Francia e l’Inghilterra erano delle
potenze capitaliste tra cui non fare preferenze -> Stalin porta avanti una logica realista
con l’idea che Hitler sia realista quanto lui (che non vada ad aprire un secondo fronte
quando ha una zona tranquilla ad Est): non viene fatto nessun preparativo nemmeno
quando è chiara l’intenzione tedesca di attaccare e Stalin sparisce per una settimana a
seguito dell’attacco.

Successi per Hitler nel 1936


-> Nel 1936 Hitler ha portato a casa i suoi più consistenti successi:
- ha segnato la divisione nel fronte anti-germanico
- si è avvicinato all’Italia (anche sul piano dell’Anschluss che avverrà nel 1938, ma che nel
1936 prevede il consenso italiano a una serie di accordi Austria-Germania fondamentali
alla sua successiva realizzazione)

ACCORDI PREPARATIVI ALL'ANSCHLUSS

Grazie ai precedenti accordi stipulati tra Germania e Austria (con il consenso italiano)
l’Anschluss del 1938 avviene con il festoso consenso della maggior parte della
cittadinanza austriaca (non viene sparato un solo colpo).
Dal 1936 al 1938 i tedeschi erano riusciti a costruire politicamente l'intervento: dopo
l’uccisione del cancelliere Dollfuss nel 1934, il partito nazionalsocialista austriaco era
stato messo fuori legge (divieto di propaganda e di reclutamento, in particolare tra i
giovani: ill cancelliere Schuschnigg, successore di Dollfuss, per evitare l’annessione vuole
indire un plebiscito e tenterà di alzare l’età di voto perché i giovani sono quasi
universalmente favorevoli al nazionalsocialismo).
Quando l’Italia dà il via libera agli accordi tra Austria e Germania, realizza una forma di
desistenza rispetto all’Anschluss: la Germania riconosce l’indipendenza austriaca, ma
l’Austria si impegna a riconoscere la natura germanica della propria politica e dei propri
interessi.
-> l’Austria rimette sul piano della legittimità il partito nazionalsocialista (che può riemerge
dalla fase clandestina tra il ’34 e il ’36) e ne consente poi la libera propaganda.

COLLOCAZIONE DELL’ITALIA E GENTLEMEN’S AGREEMENT (1937)

L’Anschluss non porta ancora alla definitiva collocazione dell’Italia all’interno di uno
schieramento stabile: alla fine del ’36, con il discorso dell’Asse, non si è arrivati ancora
alla politica che consegnerà successivamente l’Italia alle scelte della Germania (partner
più forte e aggressivo).

L’Italia cerca un accordo definitivo che vada a sancire gli obiettivi sostanziali della sua
politica estera riguardanti il ruolo sul Mediterraneo, con un riconoscimento de iure
dell’Impero (controllo italiano sull’Etiopia).
-> Mussolini si riappropria della linea caratterista della politica estera italiana che cercava
un accordo con la Gran Bretagna, e tenta di farlo (a differenza dei suoi predecessori) da
una posizione di forza che egli è convinto di avere dallo status quo (può trattare sulla
Spagna e sull’Etiopia dove c’è una presenza italiana) e dalla presenza tedesca con la
quale avrebbe potuto stipulare un accordo.

Di Nolfo afferma che con l’Etiopia viene meno la linea che aveva guidato l’Italia dalla
Clausola Mancini in poi, ma in realtà in questa fase l’Italia è ancora alla ricerca di un
accordo con l’Inghilterra, che arriva nel 1937.

1937 Gentlmen’s agreement


Ciano-Drummond: accordo di massima tra Italia e Inghilterra in cui i britannici si vogliono
garantire che l’Italia non cerchi vantaggi territoriali in Spagna (basi stabili nelle Baleari) ma
in cui non viene ancora formalmente riconosciuto l’Impero.

All’emergere gli accordi Lavalle-Hoare che, in piena crisi etiope, garantivano 2/3
dell’Etiopia all’Italia senza che questa dovesse sparare un colpo, c’era stata una forte
opposizione -> reticenza a colpire la sensibilità collettiva che vede nella politica italiana un
affronto allo status imperiale della Gran Bretagna.

RIARMO E PREPARATIVI TEDESCHI

Hitler ha la consapevolezza di aver completato la preparazione militare a differenza della


Francia e dell'Inghilterra che erano ancora in piena corsa per il riarmo -> Hitler non ha
alcun timore della guerra ed è convinto dell’assoluta efficienza della macchina militare
tedesca (l’unico momento in cui ha avuto timore è stato nel ’36, quando si prende il
rischio di rimilitarizzare la Renania quando il riarmo tedesco non è ancora stato
completato, ma Francia e Inghilterra non faranno nulla, intimorite anche dal ricordo della
Prima Guerra mondiale: i vinti della Prima Guerra sono spinti da un senso di rivalsa).
-> tutte le energie del Reich sono convogliate per prepararsi sul piano pratico (strumenti)
e teorico secondo la tradizione del militarismo prussiano (intuizioni strategiche che
porteranno le prime vittorie tedesche).
1937: POSIZIONI INGLESI

Divergenze Chamberlain-Eden
Nel 1937 l’Italia cerca un accordo generale sul Mediterraneo con la Gran Bretagna e al
contempo in Gran Bretagna il primo ministro Chamberlain è orientato verso una trattativa
più efficace con l’Italia (arrivando dunque all’accordo), mentre ministro degli esteri
Anthony Eden è contrario all’intesa con l’Italia: Eden vorrebbe piuttosto un accordo con la
Germania, ritenendo che dell’Italia non ci si possa fidare, poiché per lui è fondamentale
anzitutto perseguire una politica di difesa dell’Impero e la politica estera italiana di
espansione coloniale porterebbe una minaccia concreta alle posizioni coloniali britanniche
(addirittura fino al Medio Oriente, nucleo vitale delle posizioni britanniche) -> vedeva la
minaccia alle posizioni imperiali inglesi sul Mediterraneo da parte italiana, che sul
Mediterraneo aveva degli interessi, e non le vedeva da parte tedesca (che invece non
aveva gli stessi interessi).
-> Quando si profila l’accordo effettivo anglo-italiano, Eden si dimette.

ANSCHLUSS

Nel 1938 si reitera la stessa situazione politica: Hitler si appresta a portare a casa due
opzioni di espansione territoriale effettiva, fino a quel momento infatti le opzioni di Hitler
erano state solo in chiave di revisione delle clausole militari:
- 1933 abbandono della Conferenza sul disarmo
- 1935 accordo navale
- 1935 circoscrizione obbligatoria
- 1936 remilitarizzazione della Renania

-> nel 1938 Hitler mette mano direttamente alle frontiere che alla Germania erano state
imposte dagli Accordi di Versailles.

Anschluss
A differenza del 1934 (uccisione di Dollfuss), l’Anschluss del Marzo 1938 è politicamente
pianificato e preparato: la Germania è consapevole di aver ottenuto la desistenza italiana:
è evidente che l’Austria è considerata un’entità sacrificabile per Hitler e anche gli inglesi
non faranno alcunché per evitare l’esito, nonostante le richieste del cancelliere
Schuschnigg.
Schuschnigg è osteggiato sia dalla Germania sia da una grossa fetta dell'opinione
pubblica interna che vede nell’incorporamento nel grande Reich tedesco l’unica soluzione
per garantire la vitalità dell’Austria (ci sarà grande ed entusiastica partecipazione anche
alle purghe interne contro gli ebrei).
-> Hitler entra a Vienna da trionfatore.

Rapporto con l'Italia


L’Italia accetta questa modifica (che fino a un paio di anni prima era considerato un grave
vulnus) ma solo in cambio di garanzie precise date da Hitler a Mussolini per quanto
riguardava la popolazione dell’Alto Adige.
La popolazione di lingua tedesca del Sud Tirolo si sente tradita dalla scelta di Hitler di non
voler sacrificare l’accordo con l’Italia all’interesse di una popolazione marginale -> strada
dell’opzione: i cittadini di lingua tedesca avrebbero potuto trovare asilo in territorio
tedesco, oppure si sarebbero sottomessi alla politica fascista di snazionalizzazione già
avviata da tempo, basata sull’italianizzazione forzata (divieti alla lingua tedesca e
collocamento di cittadini italiani provenienti da altre regioni).
-> dopo l’Anschluss, Hitler esprime la sua gratitudine nei confronti di Mussolini, che
ritiene ormai un solido alleato.

Il Discorso dell’Asse e il Patto Anti-comintern sono comunque ad ora i due soli patti che
legano Italia e Germania (questi accordi non hanno ancora una sostanza militare e
l’alleanza formale avverrà soltanto con il Patto d’Acciaio nel 1939, ma nella sostanza c’è
una concreta coesione di interessi ia partire dal momento in cui si pone termine alla
vertenza che maggiormente aveva diviso fino a quel momento Germania e Italia).
-> nonostante la risoluzione della vertenza relativa all’Anschluss, nella testa di Mussolini è
ancora operativa la politica del peso determinante: l’Italia non si era ancora vincolata
formalmente a un’alleanza con la Germania e riteneva di potersi lasciare ancora libertà di
manovra con Inghilterra e Francia.

ACCORDI DI PASQUA (1938)

16 Aprile 1938 Accordi di Pasqua


Dopo l’Anschluss del mese precedente, gli Accordi di Pasqua prevedono l'accordo con
l’Inghilterra a sancire lo status quo nel Mediterraneo (che la politica estera italiana aveva
cercato e che aveva determinato le dimissioni di Eden): dovrebbe dirimere le molte
vertenze aperte, ma per essere risolte per intero mancava ancora il definitivo accordo con
la Francia (che aveva lei stessa evidenti interessi sul Mediterraneo: si erano riaperte le
questioni relative allo status dei cittadini italiani in Tunisia, le questioni di Suez e Gibuti).

Riconoscimento inglese delle posizioni imperiali italiane


Nel 1938 l’Inghilterra ha spinto il suo revisionismo fino a sacrificare l’Etiopia (com’era
appena successo per l’Austria e come sarebbe successo a breve per la Cecoslovacchia).
Il revisionismo riguarda anche la Società delle Nazioni, altro elemento sostanziale degli
Accordi di Pace: riconoscendo l’Impero si riconosce che uno stato membro (Etiopia) sia
stato spazzato via senza sanzioni sostanziali (non avevano riguardato l’esportazione di
carburanti e non era stato chiuso il Canale di Suez).

Si trovano accordi su vari punti:


- l’Inghilterra dovrebbe mantenere lo status quo sul Mediterraneo Orientale (es. non
ricercando ulteriori fortificazioni sull’Isola di Cipro)
- l’Italia desiste dal rafforzare le proprie posizioni sul Mediterraneo Occidentale (con la
vittoria di Franco, l’assetto si sarebbe modificato in senso più favorevole all’Italia)
- l’Italia si impegna a non deviare le acque del Lago Tana assetando l’Egitto (la presenza
italiana in Etiopia rischiava di minacciare le posizioni britanniche nel Sultanato Egiziano)
- i residenti indigeni dell’Africa Orientale italiana non saranno obbligati a prestare servizio
militare oltre i propri confini (gli etiopi non vengono militarizzati a rinforzo della forza
militare italiana)

-> gli accordi dovrebbero costituire la premessa perché la politica del peso determinante
vada a portare l’Italia verso un’intesa con la Gran Bretagna, tuttavia manca una piena
convinzione da parte della stessa Gran Bretagna di potersi ciecamente fidare dell’Italia.

SUDETI

Dopo l’Anschluss, tutti sanno che il passo successivo della Germania riguarderà i Sudeti:
la Sudetendeutsche Partei, partito organizzato da parte di cittadini di lingua tedesca
nell’area, comincia a costituire un pericoloso fronte di agitazione all’interno dello stato
cecoslovacco.
-> emergono i problemi dei colossi territoriali costituiti dopo la Prima Guerra Mondiale a
cui è stato dato uno scarsissimo potenziale difensivo e che cadranno in maniera rapida
(Cecoslovacchia e Polonia).

A fronte dell’agitazione dei Sudeti (concordata a prevista con Berlino), la richiesta aperta
di Berlino è quella di una revisione piena dei confini per inglobare la regione dei Sudeti
all’interno del Reich.
-> fase dell’estensione territoriale, e non più solo economico-militare degli Accordi di
Versailles.

CONFERENZA DI MONACO (1938)

Nonostante le richieste di estensione territoriale tedesche, gli appeasers sono ancora


disposti a trattare e a trovare un accordo e su questa base si arriva alla Conferenza di
Monaco, considerata l’apice dell’appeasement (Chamberlain cerca di soddisfare la
propria opinione pubblica ansiosa di pace).
L’atteggiamento dell’Italia è di mediazione, come se Mussolini cercasse di riappropriarsi
del ruolo dell’Italia a Locarno, ma da una posizione di forza.

A Monaco si decide cosa avverrà dei cecoslovacchi, che non parteciperanno alle
decisioni di Francia, Inghilterra, Germania e Italia.
-> per un momento si realizza l’idea di Patto a Quattro di Mussolini (le vertenze territoriali
europee si accomodano attraverso un’intesa tra i quattro grandi).

Gli inglesi sono convinti che ormai l’Italia giochi a favore della Germania (pur essendo
Mussolini convinto di arrivare poi a un’intesa più larga).
Hitler rivendica con intransigenza le proprie richieste e che i territori siano inglobati
immediatamente nel Terzo Reich.
1. Nell'ottobre 1938 vengono annessi i territori sudeti da parte della
Germania.
2. Nel novembre 1938, in accordo con il Primo Arbitrato di Vienna,
l'Ungheria annette i territori di lingua ungherese.
3. Nel marzo 1939, l'Ungheria annette la Rutenia
subcarpatica (autonoma dall'ottobre 1938).
4. Nell'ottobre 1938 la Polonia annette la cittadina di Cieszyn e
la Zaolzie, a maggioranza polacca.
5. Nella primavera del 1939, la Germania occupa i territori di lingua
ceca, trasformati nel Protettorato di Boemia e Moravia.
6. Il resto della Cecoslovacchia diviene Slovacchia, uno stato satellite
della Germania nazista.

POSIZIONE SOVIETICA

Altro grande successo per la Germania a Monaco è rappresentato dalla fine apparente
dell’idea che un dialogo con l’Unione Sovietica sia l'unica possibilità per opporsi in
maniera efficace al revisionismo tedesco: l’Unione Sovietica non c’è.
Il patto a quattro a cui si arriva con la Conferenza di Monaco non prevede l’Unione
Sovietica, che viene marginalizzata -> i sovietici possono pensare che si realizzi il temuto
accordo tra forze capitaliste con la Germania coalizzata in chiave bolscevica con Francia
e Inghilterra.

La politica del commissario agli esteri sovietico Litvinov, che aveva fondato la sua politica
sull’intesa con Inghilterra e Francia, sembra fallire a Monaco, ma non è così:
Litvinov interpreta la politica di Stalin dal ’34 in poi, ovvero il tentativo di trovare una
strada per uscire dal pericoloso isolamento nei confronti della Germania (che era la vera
minaccia per l’Unione Sovietica).
Per affrontare la minaccia tedesca, si pensa a una politica all’interno della Società delle
Nazioni e a un’intesa con la Francia e l’Inghilterra (proprio per giungere a questa intesa
l’Unione Sovietica continuerà a portare avanti le trattative).
-> l’Unione Sovietica deve valutare attentamente cosa fare.

Accordo Molotov-Ribbentrop
Le considerazioni dell’Unione Sovietica rispetto alla Conferenza di Monaco permette di
spiegare anche la successiva alleanza con la Germania nell’Agosto del 1939: il Patto
Molotov-Ribbentrop spalanca le porte alla Seconda Guerra Mondiale (intesa Unione
Sovietica-Germania, il cui protocollo segreto suddivide precisamente le aree di
espansione territoriale sovietica e quelle tedesche).
17.11.17 Storia delle Relazioni Internazionali
DISPONIBILITÀ AL CONFLITTO TEDESCA (SUDETI) E POSIZIONE SOVIETICA

Questione dei Sudeti


Nel 1938, mentre in Gran Bretagna c’è la fase culminante dell’appeasement, tutte le
cancellerie europee sanno che dopo l’Anschluss il passo successivo di Hitler sarà
l’annessione dei Sudeti: la popolazione è già in fermento, con il capo del partito dei
tedeschi dei Sudeti Konrad Henlein che agisce in accordo con Berlino.
Hitler comunque vuole porre la questione in termini drastici, prevedendo un annessione
senza compromessi -> si intravede già la chiara disponibilità di Hitler ad affrontare un
conflitto.
Mentre in Francia e in Gran Bretagna si fa di tutto per evitare il conflitto e negoziare ad
oltranza, per Hitler la guerra è un rischio che si corre consapevolmente e la Germania è
pronta per affrontarla.

Unione Sovietica esclusa da Monaco


A Monaco, apogeo dell’appeasement, si decide anche di non coinvolgere l’Unione
Sovietica -> Stalin in questa fase comincia a valutare un’opzione diversa: si continua a
cercare un accordo con Francia e Inghilterra per tutelarsi dalla Germania (finché Litvinov
rimane agli Esteri rappresenta la linea perseguita anche da Stalin che nel ’34 fa entrare
l’Unione Sovietica nella Società della Nazioni e cerca una collaborazione con Francia e
Inghilterra) ma cominciano a esserci dei timori circa l’ipotesi che possa realizzarsi al
contrario uno schieramento anti-sovietico (esiste già un patto anti-comintern).

PATTI FONDAMENTALI CON CUI L’ITALIA SI LEGA ALLA GERMANIA

Tre patti con gradazione e natura diversa:

1) Patto Anti-comintern (1936)


Il Patto Anti-comintern vede unite inizialmente solo Berlino e Tokyo, cui poi si aggiunge
Roma, in un patto che vuole valorizzare la comune matrice anti-sovietica e anti-
bolscevica delle autocrazie di destra.
Questo dovrebbe costituire nella logica di Hitler anche la possibilità di percorrere il
cammino che vede la Germania come un utile alleato in senso anti-bolscevico (la parte
degli appeasers che continuano a vedere Berlino come un’energia che può essere
utilmente convogliata a scongiurare il pericolo maggiore del bolscevismo
internazionalista).

2) Patto d’Acciaio (1939)


Con il Patto d’Acciaio l’Italia si lega formalmente alla Germania nel Maggio 1939,
vincolandosi totalmente all’azione tedesca. Il casus foederis prevede che l’Italia si
obblighi comunque a entrare in guerra, anche qualora fosse la Germania autonomamente
e unilateralmente a muovere un azione aggressiva (non è l’usuale formula prevista dai
patti difensivi o di alleanza, cioè in caso di attacco non provocato).
L’unica postilla che dovrebbe alleggerire l’accordo è il ritardato ingresso dell’Italia nel
conflitto perché da parte italiana c’è molta insistenza nel chiarire ai tedeschi che l’Italia
non è pronta: l’Italia è consapevole che non sarebbe pronta a entrare nel conflitto prima
della fine del 1942 -> chiede un elenco paradossale che sarebbe necessario a tenere in
piedi un sistema produttivo che consenta un ingresso immediato nel conflitto (la non
belligeranza italiana non viene da una mancata adesione alla politica tedesca, ma da
un’impossibilità oggettiva).
Questo protocollo aggiuntivo al Patto d’Acciaio non è parte integrante dell’accordo e
questo consente di appesantire l’accordo in favore delle posizioni tedesche.
-> nel Maggio 1939 le posizioni italiane sono irreversibilmente compresse verso la guida
tedesca (la Germania è tra i due l’interlocutore forte). La scelta ormai è stata fatta e la
Germania non deve più temere cambi di campo italiani.

3) Patto Tripartito (1940)

CONFERENZA DI MONACO E DEBOLEZZA DELL’EUROPA ORIENTALE

Nel Settembre ’38, con la Conferenza di Monaco l’Italia ha ancora una volta cercato un
ruolo di mediazione, ma quello che dovrebbe salvare la pace è il sacrificio di un’intera
parte dello stato cecoslovacco, senza che la sua dirigenza politica sia un interlocutore.

La Conferenza di Monaco consente a Mussolini di proporre in patria e in Europa


un’immagine prestigiosa di sé come come salvatore della pace -> si realizza di fatto il
Patto a Quattro.
-> l’impatto della Conferenza di Monaco potrebbe essere positivo per quanto riguarda la
politica del peso determinante, ma è chiaro ormai che Hitler è già disposto al colpo di
mano nei confronti della Cecoslovacchia e alla Conferenza di Monaco si manifesta già ciò
che porterà il sistema di Versailles a disintegrarsi definitivamente.

Debolezza dell’Europa Orientale


Il monito sovietico alla Polonia (i sovietici non avrebbero tollerato movimenti polacchi
verso la Cecoslovacchia) riguarda il fatto che l’Europa Orientale è debole per il suo
assetto e disunita: la Polonia, che sarà il prossimo obiettivo del revisionismo hitleriano,
approfitta della debolezza della Cecoslovacchia per recuperare da questa la zona sempre
rivendicata di Teschen.

Pressioni politiche tedesche nei confronti della Polonia


Hitler sa che, nella fase di creazione di un nuovo ordine, può tenere buoni i polacchi
dando loro un pezzo di Cecoslovacchia ma nel contempo infligge loro dal ’38 una serie di
gravi pressioni politiche: si propone, con una sorta di ultimatum, un’immediata cessione
di Danzica alla Germania e un collegamento diretto nel corridoio polacco tra il Reich e la
Prussia Orientale.
Si propone alla Polonia un nuovo modello in cui questa diventerebbe una sorta di
protettorato nelle mani della Germania.

INCERTEZZA ANGLO-FRANCESE NEI CONFRONTI DELL'ITALIA

Il ruolo che avrebbe potuto valorizzare la credibilità italiana a Monaco non si realizza
perché ancora una volta gli inglesi sono scettici rispetto all’effettiva credibilità italiana ->
torna un’incertezza in campo anglo-francese che deriva dalla politica del peso
determinante (le oscillazioni dell’Italia creano una scarsa presa di fiducia dell’azione
italiana).

Annessione italiana dell’Albania (Aprile 1939)


Nonostante l’intesa principale con la Gran Bretagna (gli Accordi di Pasqua dell'Aprile ’38)
con cui l’Italia sarebbe dovuta entrare definitivamente nel campo britannico, l’annessione
italiana dell’Albania costituirà un presidio ancor più saldo dell’Italia sul Mediterraneo
Orientale -> per l’Inghilterra è una palese violazione degli accordi mediterranei (l’Italia ha
alterato lo status quo nel Mediterraneo).

Allontanamento Gran Bretagna-Italia


Dopo l’atto di forza in Albania, l’Italia cerca di proporsi per un nuovo negoziato con
l’Inghilterra in cui chiede un riconoscimento dello status quo in Albania, trovando un rifiuto
inglese.

-> alla vigilia del Patto d’Acciaio c’è una chiara ed evidente distanza tra le posizioni
britanniche e quelle italiane: l’Italia non è più l’interlocutore possibile che sembrava
potesse essere tra il ’37 e il ’38 (soprattuto nell’Aprile del ’38 con gli Accordi di Pasqua).

PRIMO ARBITRATO DI VIENNA E DISTRUZIONE DELLO STATO CECOSLOVACCO

1938
Set-Nov
Annessione tedesca dei
1938 Sudeti
Ottobre
Occupazione polacca
1938
di Teschen
Novemb Primo Arbitrato di Vienna
re
Invasione tedesca della
1939
Boemia e Moravia
Marzo

Primo Arbitrato di Vienna (1938)


Si era evidenziato già alla fine del 1938 l’intento di riordinare e manipolare diversamente
l’area dell’Europa Orientale: nel Settembre 1938, la crisi dei Sudeti si conclude con la
piena soddisfazione delle richieste hitleriane e nel Novembre 1938, con il primo arbitrato
di Vienna, Germania e Italia (che in questo caso funge da arbitro) decidono che la
Slovacchia (diventata autonoma, non indipendente, dopo la crisi dei Sudeti) dovrà cedere
una parte del proprio territorio all’Ungheria -> si dà un premio all’Ungheria, tra i primi
paesi revisionisti dell’Europa Orientale (anche l’Italia ha tutto l’interesse ad accontentare il
revisionismo ungherese).
-> si va dettagliando un disegno destinato a destrutturare completamente l’Europa
Orientale che era uscita dai Trattati di Versailles e che va ben oltre il fatto di incorporare
all’interno del Reich le popolazioni di lingua tedesca.

Invasione della Boemia e della Moravia (1939)


Nel Marzo 1939 c’è l’atto di forza in Cecoslovacchia: il vecchio presidente cecoslovacco
viene ricevuto da Hitler che lo minaccia di rade al suolo Praga e una grossa parte del
paese qualora non avesse accettato di porsi sotto la protezione della Germania.
-> Slovacchia, che si era resa autonoma, dopo il ’39 diventa indipendente e Boemia e
Moravia diventano un protettorato tedesco (nominalmente avviene con il consenso dei
cecoslovacchi, consentendo di non far scattare la clausola di garanzia nei confronti della
Cecoslovacchia).

L’invasione della Boemia e della Moravia nel 1939 chiarisce in modo definitivo, se vi
fossero ancora dubbi, che il revisionismo hitleriano va oltre il concetto di accorpare
all’interno del Reich tutte le aree e i territori in cui c’è una forte componente germanica
(com’era stato ancora per i Sudeti nel 1938) e prevede la distruzione definitiva dello stato
cecoslovacco.

-> si profila un nuovo ordine, diverso dal semplice revisionismo.


SVOLTA NELLA POLITICA DEGLI APPEASERS

Con la dichiarazione del 31 Marzo 1939 Chamberlain garantisce pubblicamente


l’indipendenza della Polonia -> non nel ’38 con l’annessione dei Sudeti, ma nel Marzo ’39
con lo smembramento della Cecoslovacchia, è stata superata la soglia di tolleranza degli
stessi appeasers britannici.

Hitler avrebbe comunque potuto ottenere la cessione di Danzica attraverso del negoziato,
perché l’indipendenza della Polonia non garantiva l’intangibilità delle sue frontiere ->
potrebbe esistere un ulteriore margine di trattativa, che però nel 1939 non viene più
cercato da Hitler.

PATTO MOLOTOV-RIBBENTROP (1939)

Manca ancora ad Hitler un elemento che gli consenta di mettersi al sicuro dal pericolo
fondamentale per la riuscita dell’operazione tedesca in Polonia, e dunque l’entrata in
guerra, cioè l’eventualità che l’Unione Sovietica risponda all’attacco tedesco contro la
Polonia.
Il vero strumento con cui si sarebbe potuto efficacemente contrastare l’opzione
militare tedesca era un’alleanza con l’Unione Sovietica: accerchiare la Germania e
arrivare all’attacco su due fronti era stato lo spettro di Bismarck e Stresemann (e
aveva portato la più saggia politica tedesca a cercare sempre un’intesa con l’Unione
Sovietica).

Il disegno iniziale, secondo cui la Polonia è il punto di partenza che dovrebbe portare i
principali frutti alla politica di espansione territoriale del Reich (la prima spinta verso Est),
dovrebbe avvenire grazie al gesto disinvolto con cui Hitler ribalta il tavolo cercando un
accordo con l’Unione Sovietica, che sa bene di avere a questo punto un peso
determinante (benché si fosse trovata isolata a Monaco, in quanto non coinvolta, dopo la
dichiarazione che Chamberlain fa la dichiarazione alla Camera dei Comuni è chiaro il
coinvolgimento britannico nell’eventuale conflitto con la Germania).

Cambio di passo nella politica estera staliniana, dimissioni di Litvinov e incarico a Molotov
La percezione del proprio peso determinante porta anche l’Unione Sovietica, a partire da
Maggio, a una differente valutazione e ai primi di Maggio si Litvinov si dimette: come
Commissario agli Esteri aveva rappresentato il convincimento politico che aveva portato
l’Unione Sovietica nel ’34 a entrare nella Società delle Nazioni e che si chiude nel ’39
quando si apre la trattativa con i tedeschi (politica convinta che la risposta più efficace
che i russi possono dare alla minaccia tedesca sia l’accordo con francesi e inglesi).

Al posto di Litvinov subentra Molotov che si farà interprete di un’altra idea di politica
estera (che diventa duramente realista) portata avanti da Stalin in questa fase in cui le
trattative con inglesi e francesi pure sono ancora in corso (ma con difficoltà, anche perché
manca l'efficienza militare di un eventuale patto a causa del necessario coinvolgimento
della Polonia, stretta in questa fase dalla duplice minaccia tedesca e sovietica).

Finalità e modalità della trattativa tedesca con i russi


A fine Maggio, all’ambasciata tedesca a Mosca, si comunica che hanno inizio le trattative
tra i delegati tedeschi e i russi.
Il tutto avviene con eccezionale efficienza e rapidità (a differenza dei delegati inglesi e
francesi che si spostavano in nave, Ribbentrop arriva a Mosca in poche ore con un areo e
subito dà vita a un negoziato molto chiaro e vicino alla tradizionale linea politica di
vicinanza alla Russia della Germania) e l’obiettivo è chiaro -> un accordo con l’Unione
Sovietica vuol dire poter attaccare la Polonia con la certezza che non ci sarà un’azione
sovietica (per poterlo fare è necessario trovare un accordo relativo all’idea, in luce già
dagli anni ’20, che l’esistenza della Polonia sia un elemento di disturbo per entrambi).

Caduta del presupposto anti-bolscevico


Hitler aveva sperato di utilizzare strumentalmente il presupposto anti-bolscevico (che era
stato anche uno dei fondamenti della politica estera nazionalsocialista) per ottenere
maggiori favori dalla Gran Bretagna e dalla Francia, ma non si fa sfuggire l’occasione
grazie alla quale può garantirsi un esito di sicuro successo nel momento in cui avrebbe
deciso di invadere la Polonia (sarebbe altrimenti schiacciato su due fronti, dopo la
dichiarazione di Chamberlain).

Protocolli segreti
Il Patto Molotov-Ribbentrop (23 Agosto 1939) nella sua ufficialità è un patto di non-
aggressione in un ci si promettono scambi commerciali e pieno riconoscimento, ma il suo
vero contenuto si trova nei protocolli segreti aggiuntivi al patto (tutte le cancellerie
europee sapevano comunque che un patto di non-aggressione tra Unione Sovietica
poteva probabilmente essere il preludio all’aggressione alla Polonia e rappresentare la fine
dei negoziati di con inglesi e francesi, che comunque vengono tenuti in piedi per
prudenza).

I protocolli segreti contengono:


- una spartizione di assoluto realismo tra l’Unione Sovietica e la Germania della Polonia in
cui viene lasciata impregiudicata la decisione finale sul destino polacco (se lasciare in vita
un’entità formalmente polacca o se spartirsi interamente i territori polacchi)
- la decisione che i paesi baltici (Lettonia, Estonia e Finlandia) dovrà ricadere sotto l’area
di influenza sovietica
- la Lituania (il cui territorio di Memel, perso dalla Germania con i Trattati di Versailles, era
oggetto di rivendicazione tedesca) dovrà ricadere sotto l’area di influenza germanica

Motivazioni tedesche e sovietiche


La chiara logica di Hitler è quella della spinta verso Est, per levandosi i fastidi dell’Europa
Orientale, incurante della possibilità di intervento britannica (è convinto che gli inglesi non
interverranno nemmeno in quest’occasione).

Nei protocolli del 23 Agosto 1939 l’Unione Sovietica verrebbe a incorporare la provincia di
Lublino (la Polonia etnica, abitata da polacchi) ma l’Unione Sovietica ha un interesse
preciso, che ne orienterà l’azione nel corso di tutta la guerra e soprattutto nel dopoguerra
quando si ridiscutono i suoi confini a Ovest: vuole garantirsi di avere sotto controllo tutta
la popolazione ucraina e bielorussa, che costituisce un ribaltamento del cordone di
sicurezza che si è cercato di metterle intorno per isolarla dopo la Prima Guerra Mondiale.
Stalin considera le popolazioni ucraine come qualcosa da tenere sotto stretto controllo
perché si teme che, qualora fossero esterne al territorio sovietico, possano fomentare un
irredentismo ucraino: l’Ucraina cattolica e molto renitente al controllo sovietico è un
tallone d’Achille nella concezione staliniana della sicurezza delle frontiere sovietiche -> il
cordone di sicurezza dev’essere ribaltato in favore dei sovietici (la concezione paranoica e
ossessiva di Stalin emergerà anche dopo la Seconda Guerra ed è fondamentale per
capire perché si arrivi alla Guerra Fredda).
-> Stalin realisticamente modifica poco dopo il contenuto dei protocolli segreti
rinunciando alla provincia di Lublino (Polonia etnica), che passa sotto influenza tedesca e
in cambio ottiene la Lituania e dunque il controllo totale su tutti i paesi baltici.

Stalin vuole controllare i paesi baltici e la Finlandia (benché quest'ultima costituirà un


problema quando i sovietici imporranno ai finlandesi lo spostamento di confine e la
concessione di basi in territorio finlandesi, avviando la gloriosa resistenza finlandese che
metterà in difficoltà l’esercito sovietico, creando un danno d’immagine enorme che
faciliterà la scelta di Hitler di attuare l’operazione Barbarossa) perché il confine tra
l’Unione Sovietica e la Finlandia corre non distante da Leningrado, ed è considerato
insicuro.

L’Unione sovietica ha finora patito un isolamento pensato in chiave di potenziale


aggressione (il cordone di sicurezza che era stato messo intorno all’Unione Sovietica
viene vissuto come un elemento di insicurezza e possibile aggressione da parte dei paesi
capitalisti) -> Stalin guarda all’espansione verso quei territori, in particolare con il pieno
controllo sui paesi baltici, come qualcosa che rafforza l’Unione Sovietica e la rende
inattaccabile (sconsigliando anche a Hitler un futuro attacco), mentre Hitler guarda al
Drang nach Osten come un enorme potenziamento della Germania e un dispiegamento
delle proprie forze.

Attacco alla Polonia


Hitler con l’Accordo Molotov-Ribbentrop ritiene di aver finalmente ottenuto lo strumento
fondamentale per poter procedere al tragico attacco alla Polonia, a cui i polacchi
sapranno resistere poco più di una settimana (con un ultimo tragico attacco di cavalleria
contro le divisioni corazzate tedesche).
-> il 3 Settembre Francia e Inghilterra dichiareranno inevitabilmente guerra alla Germania
poiché il Patto di Garanzia con la Polonia vincolava entrambe a intervenire nel caso in cui
fosse venuta meno l’indipendenza polacca (cosa che puntualmente avviene).

AMBIO DI PASSO DELLA POLITICA ESTERA AMERICANA

Allo scoppio della guerra gli Stati Uniti rientrano sulla scena europea perché, nonostante il
loro ingresso in guerra sia ritardato a dopo Pearl Harbour, essi sono coinvolti nella guerra
sin da quando decidono di affiancare lo sforzo bellico britannico.

Postulato isolazionista rooseveltiano


Gli Stati Uniti sono portati al coinvolgimento dalla politica estera rooseveltiana che
dall’inizio è in realtà totalmente isolazionista: Roosevelt diventa presidente con un
postulato isolazionista, essendo impegnato sul fronte interno dal New Deal, con
un’opinione pubblica che non ne vuole sapere di eventuali coinvolgimenti politici con
l'Europa dopo la crisi del ’29 e un Congresso in cui sempre più stanno prendendo piede
le posizioni isolazioniste.

Commissione Nye e leggi di neutralità


Dai lavori di una commissione congressuale, la Commissione Nye (che prende il nome da
un senatore del Nord Dakota), esce la prima legge di neutralità nel 1935.
L’impianto teorico della commissione vuole svilire totalmente la politica di Wilson e si
individuano negli interessi delle grandi lobbies degli armamenti e dell’alta finanza,
piuttosto che nell’idealismo wilsoniano, le principali motivazioni che hanno portato gli
Stati Uniti a entrare nella Prima Guerra Mondiale (c’era bisogno di alimentare di alimentare
lo sforzo dell’Intesa, mentre la finanza aveva sponsorizzato lo sforzo mediante prestiti).

Il fondamento teorico della Commissione Nye è la ratio delle leggi di neutralità che
verrano votate successivamente, le quali prevedono un concetto di neutralità
indiscriminata (non fa distinzione tra gli stati belligeranti, siano essi aggrediti o aggressori).
L’amministrazione cerca comunque di portare avanti l’opzione morale che voleva che gli
Stati Uniti derogassero alla neutralità incondizionata qualora ci si fosse trovati davanti a
una palese aggressione.

Le leggi di neutralità nascono anche sulla crescente instabilità che si va registrando in


Europa e non solo: l’apogeo dell’isolazionismo politico si è visto in atto con la Crisi della
Manciuria (politica di meri enunciati verbali, senza nessuna operatività pratica).

Nel 1935, la Prima Legge di Neutralità riguarda anche la crisi etiope: gli Stati Uniti optano
solo per un divieto assoluto di vendere armi e beni connessi all’attività bellica a entrambi
gli stati belligeranti (non passa il tentativo di Cordell Hull di lasciare che il Presidente
possa distinguere tra aggredito e aggressore in alcuni casi).

“Cash and carry” e tentativo di evitare ogni coinvolgimento


Dal ’35 al ’39 (fino a cui avrebbe dovuto essere valida l’ultima legge) passa l’opzione di un
non coinvolgimento degli Stati Uniti e il concetto secondo cui, poiché è stata anche la
politica finanziaria americana a trascinare gli Stati Uniti in guerra (secondo l’analisi della
Commissione Nye), dovrà esserci anche un chiaro divieto di elargire prestiti agli stati
belligeranti nel corso del conflitto -> na delle leggi di neutralità prevede che chiunque
degli stati belligeranti acquisti beni dagli Stati Uniti dovrà farlo pagando in contante e con
il trasporto a proprio carico (per evitare un nuovo coinvolgimento di navi e cittadini
americani com’era successo nella guerra sottomarina, che aveva portato a un crescente
coinvolgimento nella Prima Guerra).

-> si vogliono evitare, da una parte enormi interessi finanziari che possano indurre gli Stati
Uniti a valutare la necessità di entrare in guerra, dall’altra un coinvolgimento attraverso
incidenti che coinvolgano beni e cittadini americani.

Non-intervento in Spagna e intervento in Cina


Tra il 1935 e il 1938 c’è un isolazionismo che non lascia spazio all’amministrazione per
poter ricostituire una presenza politica americana sulla sempre più complessa scena
europea: anche in occasione della Guerra di Spagna, che pure era una guerra civile in cui
si cercava di rovesciare un regime legittimo, è chiaro il potenziale di rischio che gli Stati
Uniti potrebbero correre qualora fossero direttamente coinvolti.

Tuttavia nel contesto della guerra sino-giapponese, quando nel ’37 riprendono gli scontri
tra i due paesi e c’è un’avanzata profonda in territorio cinese da parte del Giappone (che
già aveva istituito lo Stato del Manchukuo) direttamente lesiva degli interessi americani
(poiché rappresenta la fine della politica della porta aperta che gli Stati Uniti avevano
sempre portato avanti), l’amministrazione ha il potere di decidere che giuridicamente non
si tratta di un conflitto, consentendo una libertà di manovra e di aiuti soprattutto ai cinesi
altrimenti impossibile.

Importanza dell’opinione pubblica


Sempre di più si vede l’estrema abilità con cui Roosevelt conduce il progressivo il cambio
di passo della politica estera americana: contrariamente a Wilson, Roosevelt ha una
capacità persuasiva sull’opinione pubblica americana (discorsi di Roosevelt alla nazione
trasmessi settimanalmente via radio in cui progressivamente si cerca di convincere
l’opinione pubblica americana sui pericoli che gli Stati Uniti corrono nel portare avanti la
politica isolazionista in modo indiscriminato) -> l’interesse nazionale è un elemento
fondamentale e l’opzione porta Roosevelt a convincere gli americani della necessità di
avere una politica differente per tutelare anzitutto la sicurezza americana.

Sicurezza americana e coinvolgimento


Si ribalta il discorso di commiato di Washington (pilastro su cui gli isolazionisti fondano le
proprie convinzioni politiche: solo affari e mai coinvolgimento politico) perché la
destabilizzazione dell’Europa portata avanti dal Terzo Reich rischia di avere delle
ripercussioni drammatiche sulla sicurezza americana (dato destinato a diventare sempre
più rilevante nella politica americana, in particolare dopo lo scoppio della guerra -> da ’39
si evidenzia sempre di più il coinvolgimento degli Stati Uniti).

Con la metafora della casa che brucia (prima si spegne la casa del vicino che brucia, che
potrebbe attizzare il fuoco anche nella propria casa, e solo dopo gli si chiede di pagare
l’acqua) si ribadisce la minaccia alla sicurezza americana: la destabilizzazione totale
dell’Europa portata avanti da Hitler e il nuovo ordine che si configura nell’Europa hitleriana
rappresenta per gli Stati Uniti che necessariamente deve essere affrontato.
-> prima che gli Stati Uniti entrino in guerra (dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour)
c’è una fase in cui gli Stati Uniti combattono una guerra non dichiarata.

Accordo delle 50 cacciatorpediniere


In risposta alla richiesta di aiuto inglese, il primo accordo con la Gran Bretagna prevede
uno scambio di 50 vecchie cacciatorpediniere per l’affitto per 99 anni delle basi inglesi
nella sfera di interesse americano (es. grazie all'accordo le Bermuda passano per 99 anni
sotto la sovranità americana in una sorta di affitto).
-> valenza teorica più che pratica: ribalta completamente il postulato del non-
coinvolgimento americano.

Gli Stati Uniti saranno sempre più coinvolti nella necessità di aiutare l’Inghilterra,
soprattutto quando rimarrà sola dopo la sconfitta francese nel Giugno 1940 e si trova a
sostenere isolata l’attacco tedesco.

Lend-lease Act (1941)


Quando gli Stati Uniti varano la legge affitti e prestiti si può affermare che le leggi di
neutralità sono formalmente cessate: la legge affitti e prestiti ribalta completamente il
postulato della Commissione Nye e consente agli Stati Uniti di concedere agli stati
belligeranti (prima la Gran Bretagna e poi l’Unione Sovietica) anche per cifre simboliche
beni di tutti i tipi, armi comprese.
-> c’è un concreto impegno americano nel sostenere gli alleati (prima di tutto la Gran
Bretagna) e questo impegno sarà fondamentale per lo sforzo britannico.

Presenza militare e riarmo


Gli Stati Uniti iniziano a essere anche militarmente presenti in zone considerate di
interesse (ci sono truppe americane in Islanda prima che gli Stati Uniti siano formalmente
in guerra).

Dal 1939 gli Stati Uniti avviano una politica di riarmo a tappe forzate e aumento a
dismisura il numero degli uomini sotto le armi.
-> gli Stati Uniti si stanno preparando all’ingresso in guerra.
17.11.20 Storia delle Relazioni Internazionali
ATTACCO ALLA POLONIA

Nel momento in cui Hitler decide di portare avanti l’operazione in Polonia, può ancora
valutare la possibilità che la reazione britannica sia ancora una volta in cerca di un
compromesso (che anche questa volta gli appeasers estremi cerchino un accordo).
Questo non avviene e il 3 Settembre 1939 Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla
Germania (il Patto di Garanzia che Francia e Gran Bretagna hanno con la Polonia fa sì che
non appena la Polonia viene attaccata le due potenze dichiarino guerra).

La Polonia è tra gli stati costituiti a baluardo della Germania alle sue frontiere orientali, ma
a fronte dell’attacco della panzerdivision tedesca riesce a schierare appena una brigata
corazzata -> impattato disastroso dell’attacco tedesco e resistenza di non più di 2-3
settimane da parte dei polacchi.
Quando i polacchi cercano una via verso est vengono chiusi dai sovietici e lo stato
maggiore polacco e più di 1 milione di soldati sono fatti prigionieri da sovietici e tedeschi.
Una parte dell’esercito polacco riuscirà, attraverso la Romania, a raggiungere la Gran
Bretagna (una parte dell’aviazione che attuerà l’eroica resistenza nella Battaglia
d’Inghilterra sarà proprio polacca).

Lo schieramento sul campo lascia aperta una porta rispetto all’eventualità che nel corso
del conflitto ci sia ancora una possibile intesa tra Germania e Gran Bretagna.
In questa fase (detta "drôle de guerre") c’è un fronte occidentale abbastanza immobile
(non c’è uno sfondamento a ovest che avrebbe dovuto mettere in difficoltà la Germania) -
> la guerra lampo che deve annientare la Polonia può svilupparsi senza dover opporre
grandi forze ad ovest.

POSIZIONE SUBALTERNA DELL'ITALIA

Nel momento in cui scoppia la guerra, la Germania potrebbe far valere nei confronti
dell’alleato italiano il casus foederis (il casus foederis del Patto d’Acciaio del Maggio 1939
non richiede che vi sia un’aggressione non provocata e lascia libero spazio alle scelte
politico-strategiche della Germania).

Protocollo Cavallero
L’Italia porta avanti questo protocollo aggiuntivo al Patto d’Acciaio in base al quale l’Italia
si dichiara non ancora pronta (e che non lo sarebbe stata fino alla fine del ’42) a entrare
nel conflitto e pone una serie di condizioni all’eventuale ingresso nel conflitto (una lista di
onerose richieste in mezzi e risorse alla Germania).

L’ingresso in campo dell’Italia non è per Hitler vitale in questa fase. Si tratta di non-
belligeranza (=/= neutralità) e rappresenta comunque una totale alleanza politica con la
Germania.

NUOVO ORDINE DI HITLER

Il Patto Molotov-Ribbentrop lascia impregiudicato il destino della Polonia (la sua esistenza
come stato autonomo o meno).
Nel giro di un mese Stalin decide con buon realismo di rinunciare alla fascia di provincia di
Lublino e di Varsavia (che sarebbe spettata all’Unione Sovietica secondo il protocollo
segreto del Patto) pensando che incamerare un gran numero di polacchi nel futuro si
sarebbe potuta rivelare una cattiva idea, mentre sarebbe stato più utile rinsaldare i
possedimenti baltici (riavere Estonia e Lettonia e anche la Lituania che inizialmente
rientrava nella sfera di interesse tedesca) -> la Polonia etnica va sotto l’egida della
Germania (cesserà di esistere come entità statale e subirà la dura occupazione tedesca).

-> Nuovo ordine di Hitler: ribaltamento totale dell’assetto europeo in cui la presenza
tedesca nell’Europa orientale è predominante (la Cecoslovacchia è incamerata e verrà
incamerata anche la Polonia).
La rimanente parte dell’Europa orientale è in forse tra il predominio tedesco e quello
sovietico: all’interno del Patto Molotov-Ribbentrop c’è anche la richiesta sovietica di poter
eventualmente estendere la propria influenza anche sulla Bessarabia (zona della
Romania).
Verranno successivamente al pettine alcuni nodi in questa relazione di quasi-alleanza che
lega Germania e Unione Sovietica fino all’Operazione Barbarossa.

Legame Germania-Unione Sovietica


Germania e Unione Sovietica sono legate da un patto di mutua certezza conveniente in
questo momento (sul piano aggressivo per Hitler e più difensivo per Stalin) di non
attaccarsi reciprocamente (Hitler può permettersi l’invasione della Polonia grazie al patto
Molotov-Ribbentrop).

OPERAZIONE SOVIETICA IN FINLANDIA

Le pretese sovietiche sulla Finlandia sono un primo test sulle capacità militari della
purgata Armata Rossa (Stalin aveva ripulito il settore considerato più vicino a Trotsky).
Quando i sovietici pregano i finlandesi di assoggettarsi all’ultimatum in base al quale
avrebbero dovuto spostare il loro confine concedendo un pezzo di Carelia all’Unione
Sovietica (per allontanare il confine da Leningrado) e in cui richiedevano alcune basi navali
in territorio finlandese, i finlandesi temo di diventare una pedina in mano sovietica e
rifiutano di sottostare alle richieste -> intervento militare nel territorio finlandese.
L’esito è inaspettato perché l’Armata Rossa si trova in difficoltà, in particolare nella Guerra
d’Inverno, quando un gran numero di soldati dell’Armata Rossa rimangono isolati e un
gran numero delle perdite vengono causate dal freddo.

-> un impegno inizialmente limitato diverrà poi molto cospicuo e con un prezzo altissimo
in termini di uomini e di immagine per l’Armata Rossa: agli occhi dei tedeschi in
particolare questo rende ancora più appetibile l’idea di archiviare un domani il patto
Molotov-Ribbentrop per seguire il percorso segnato da Hitler della spinta a Est (Drang
nach Osten).

ALLONTANAMENTO PROGRESSIVO DELLA GERMANIA DALL’UNIONE SOVIETICA

- Dato ideologico: nelle logiche di Hitler torna a pesare anche l’anti-bolscevismo


(fondamento iniziale del nazionalsocialismo) teorizzato nel Mein Kampf.
- Ragioni pratiche: nel momento in cui Stalin accetta un’alleanza con i tedeschi, pensa in
qualche modo che sia conveniente tenervi fede, ma questo non significa che l’Unione
Sovietica soggiaccia completamente all’iniziativa tedesca (vuole che siano pagate tutte le
cambiali sottoscritte con il patto Molotov-Ribbentrop: paesi baltici, Finlandia, ma anche
Bessarabia e nuova trattativa in cui entrambe guardano ai territori rimanenti dell’Europa
Orientale, ricchi di materie prime)

SECONDO ARBITRATO DI VIENNA

(Dopo il primo Arbitrato di Vienna con cui veniva accontentato sotto l’egida italo-tedesca
il revisionismo ungherese della Cecoslovacchia).
Nell’Agosto 1940 i tedeschi ancora una volta soddisfano i due paesi revisionisti
dell’Europa Orientale (Ungheria e Bulgaria, uscite sconfitte dalla prima guerra mondiale):
- Ungheria: ottiene la Transilvania dalla Romania
- Bulgaria: ottiene la Dobrugia, anch’essa dalla Romania
- Sulla rimanente parte della Romania c’è la garanzia italo-tedesca: se ne garantisce
l’indipendenza

-> si rispecchia l’idea del Nuovo Ordine: si intende rimaneggiare in modo che vi sia un
condizionamento totale e informale da parte della Germania:
all’Unione Sovietica deve arrivare il messaggio che non può essere fatto nessun ulteriore
passo verso la Romania (Molotov aveva rivendicato in precedenza la Bucovina e altri
territori abitati da popolazioni ucraine su cui credeva che ci sarebbero potuti essere un
domani delle complicazioni politiche*).

* Una costante della politica staliniana era il concetto di incamerare tutti gli ucraini
all’interno delle frontiere perché sarebbero potuto diventare focolai di rivolta (Ucraina
considerata come tallone d’Achille sul piano difensivo) -> concetto di chiusura: timore di
essere circondati e necessità di dover estendere il proprio potenziale difensivo
garantendosi l’impenetrabilità delle frontiere caratterizza la politica di Stalin ora e nel
dopoguerra.

-> la competizione in Europa Orientale tra Germania e Unione Sovietica è un dato di fatto:
ragioni ideologiche ma anche pratiche (non ripetersi dell’esito della Prima Guerra, in cui
erano venute a mancare le risorse e dunque necessità di avere un accesso ad
approvvigionamenti costanti che le consentano di arrivare a battere una Gran Bretagna
inaspettatamente poco propensa al negoziato) per cui la Germania decide di attaccare
l’Unione Sovietica.

POSIZIONE INGLESE

La Gran Bretagna non è più propensa al negoziato, anche nel momento in cui nel Giugno
1940 si arriva alla resa della Francia (débâcle inaspettata: la Linea Maginot si rivela inutile
poiché i tedeschi passano attraverso le Ardenne penetrando in Francia con estrema
facilità) e all’ingresso in guerra dell’Italia (“pugnalata alla schiena”), quando proprio la
Gran Bretagna è la sola a sostenere l’attacco tedesco.

Considerazione tedesca dell'Inghilterra


Anche durante la Battaglia d’Inghilterra, il postulato politico della Germania può essere
ancora quello di costringere l’Inghilterra a trattare perché nel nuovo ordine tedesco la
Germania come colosso continentale potrebbe contrapporsi in chiave di buona alleanza
un’Inghilterra totalmente proiettata sul versante imperiale e mediterraneo -> soluzione
comunque inaccettabile per la Gran Bretagna sia per la presenza di una potenza
continentale di tale livello a cui si sarebbe dovuta necessariamente assoggettare e anche
perché la vittoria tedesca avrebbe previsto un esito favorevole al riposizionamento italiano
nel Mediterraneo (Churchill si contrappone ad alcuni che ancora in questa fase vorrebbero
cercare una trattativa con la Germania).

-> Con la terza e ultima fase della Battaglia d’Inghilterra (che voleva distruggere il cuore
dell’Impero) viene rinsaldata la convinzione inglese di poter resistere.

STATI UNITI

Gli Stati Uniti stanno ormai modificando la loro politica neutrale avviandosi a diventare
come dice Roosevelt “l’arsenale delle democrazie” sulla base del dato etico-morale (lotta
tra il bene e il male) e del dato pratico (sicurezza stessa degli Stati Uniti: un'autentica
sconfitta britannica finirebbe per coinvolgere la libertà dei commerci).

Lend-Lease Act
L’intervento militare è preceduto da un intervento economico: Legge Affitti e
Prestiti (“Lend-Lease Act”) con cui gli Stati Uniti sosterranno in maniera massiccia le
potenze belligeranti schierate contro l’Asse.
Il Lend-Lease Act segna la fine dichiarata dell’isolazionismo americano perché ribalta il
postulato della commissione Nye (che accusava le grandi lobbies degli armamenti e
finanziarie di aver trascinato gli Stati Uniti nella Prima Guerra) che aveva prodotto il Cash
and carry (nulla si regala, tutto deve essere pagato in contanti e deve essere trasportato a
cura degli stati belligeranti).
Il Lend-Lease Act presuppone che ci siano prestiti, affitti e concessioni di beni, materie
prime e manufatti a titolo quasi gratuito -> gli Stati Uniti si espongono nuovamente sul
piano finanziario per correre in soccorso della Gran Bretagna.

-> fine dell’isolazionismo americano: il Congresso accetta che le conclusioni della


Commissione Nye siano completamente archiviate e che vi sia un nuovo pieno e pesante
coinvolgimento finanziario americano nei confronti dei belligeranti.

Comincia un coinvolgimento sempre crescente degli Stati Uniti nella guerra e sarà il Patto
Tripartito (prima di Pearl Harbour, che segna l'ingresso ufficiale degli Stati Uniti), nel
momento in cui gli Stati Uniti vengono attaccati dal Giappone, a far scattare l’alleanza
dell’Italia e della Germania con automatica dichiarazione di guerra agli Stati Uniti.

GIAPPONE

Il Giappone nel disegno del Nuovo Ordine è coinvolto dal Patto Tripartito come paese
egemone in Estremo Oriente:
- mantiene le posizione acquisite in Indocina (giovandosi anche della sconfitta francese)
- costruisce un accesso permanente alle materie prime vitali
-> il Giappone postula di sostituire completamente la presenza occidentale in Estremo
Oriente con la propria egemonia (in particolare in Cina).

L’oggetto del negoziato con gli Stati Uniti postula l’esatto contrario: il Giappone deve
abbandonare le proprie pretese di egemonia in Cina (il Giappone dovrebbe accettare delle
posizioni che lo collocherebbero in una condizione di inferiorità in cui era stato collocato
dalla pressione diplomatica a partire dal momento in cui aveva trionfato con la Russia nel
primo conflitto russo-giapponese).
-> le condizioni negoziali poste dagli Stati Uniti al Giappone sono abbastanza dure.

L’attacco giapponese a Pearl Harbour potrebbe essere stato stimolato dagli Stati Uniti per
avere una ragione per cui sarebbe stato impossibile non entrare in guerra (gli Stati Uniti
avrebbero potuto fare il passo definitivo della politica di Roosevelt di coinvolgimento nella
Seconda Guerra Mondiale).
La mossa giapponese avviene quando si pensa che anche gli Stati Uniti possano essere
affrontati isolatamente (la Gran Bretagna è impegnata su un altro fronte): la guerra globale
dovrebbe potere garantire al Giappone l’accesso alle materie prime, fondamentale per
poter affermare la propria politica (potenza egemone in Estremo Oriente).

Patto di non-aggressione Giappone-Russia


Nel frattempo il Giappone ha portato a casa politicamente un patto molto utile di non-
aggressione reciproca con l’Unione Sovietica che durerà quasi per tutto il conflitto ->
dopo alcuni scontri nel 1937 tra Giappone e Unione Sovietica, i giapponesi chiudono un
possibile fronte di conflitto (mentre l’Unione Sovietica è ancora all’interno del Patto
Molotov-Ribbentrop).
La dichiarazione di guerra dell’Unione Sovietica al Giappone arriverà il giorno successivo
allo sgancio della bomba atomica su Hiroshima.

RITARDI NELLA CAMPAGNA DI RUSSIA

Nel frattempo sono venuti al pettine i nodi della competitività crescente tra Unione
Sovietica e Germania:
Se Hitler fosse stato guidato da un sano realismo, avrebbe mantenuto in piedi un’alleanza
che, oltre a un fronte tranquillo, gli avrebbe garantito anche una serie di utili
approvvigionamenti (in questa fase di buoni rapporti tra Unione Sovietica e Germania c’è
un costante afflusso di materie prime dall’Unione Sovietica verso Germania) -> l’aspetto
commerciale e della convenienza economica nell’accordo russo-tedesco rimane
importane (come nei vecchi accordi di Rapallo: materie prime dall’Unione Sovietica e
manufatti tecnologici, spesso scadenti, dalla Germania in uno scambio che avvantaggiava
la Germania).
Fino alla mattina stessa dell’attacco tedesco, i convogli sovietici partono verso la
Germania e fino all’ultimo i sovietici tengono fede all’accordo: Stalin (che avrebbe tenuto
fede al patto) fa di tutto per non dare alla Germania la scusante per aggredire l’Unione
Sovietica.

Dopo l’attacco tedesco Stalin, unico vero responsabile di ciò che sta accadendo,
sparisce per una settimana senza nessuna dichiarazione pubblica considerando anche la
possibilità di un colpo di mano intero e un conseguente cambio di leadership, che tuttavia
in questa fase (e a seguito del travolgente attacco) non è immaginabile.
La campagna di Russia comincia più tardi di quanto non avessero preventivato i generali
tedeschi:
- condizionamento climatico (è obbligato un attacco in primavera, per poter portare
velocemente avanti i mezzi corazzati) e difficoltà logistiche enormi (territorio gigantesco):
sono coinvolti i più valenti e abili generali tedeschi (Von Manstein tra gli altri) nel
programmare una campagna che fa affidamento sulla capacità e la velocità di
penetrazione dei mezzi corazzati tedeschi in territorio sovietico.
- complicazione balcanica

BALCANI

L’Italia ha deciso di intraprendere un cammino più autonomo per non rimanere sempre
seconda accanto alla Germania e di intervenire definitivamente in Grecia (con cui erano
ancora aperte le vecchie vertenze, e che può essere un elemento di disturbo nel settore
del Mediterraneo che nel disegno italiano dovrebbe essere di totale preponderanza
italiana, ovvero il Mediterraneo Orientale (ciò significa anche andare a scalfire gli interessi
della Gran Bretagna, a cui la Grecia prestava basi, e che considera la Grecia un
caposaldo nel Mediterraneo).

L’attacco alla Grecia rappresenta un imbarazzante insuccesso militare per le truppe


italiane che intervengono con un equipaggiamento totalmente inadatto e incontrano una
resistenza strenua dei greci a difesa del proprio territorio -> l’intervento in Grecia rimane
impantanato e addirittura si rischia che i greci riescano a sopraffare gli italiani.
Contemporaneamente, nel disegno politico di Hitler i Balcani rivestono un ruolo
fondamentale:
- è importante che la campagna militare italiana in Grecia sia un successo perché
altrimenti si rischierebbe un rafforzamento delle posizioni britanniche
- è necessario anche che ci sia una progressiva capacità di condizionare informalmente
tutti i paesi dell’Europa Orientale (non un’occupazione diretta, ma un condizionamento
che potrebbe essere anche solo politico, senza occupazione) e lo si fa con la firma del
Patto Tripartito: a ogni paese dell’Europa Orientale (prima Romania e Bulgaria, dopo
Jugoslavia) viene chiesto di firmare il Patto e così di entrare a far parte del Nuovo Ordine
previsto dalla Germania.
-> Patto Tripartito come strumento politico per creare il Nuovo Ordine nell’Europa
Orientale

Questione Jugoslava:
In Jugoslavia l’esito della firma non è scontato e alla vigilia della firma del Patto Tripartito
c’è l’ennesimo rivolgimento intero e l’ennesimo schieramento intorno alla figura del Re
Karađorđević che può resistere e rifiuta la firma del Patto
-> invasione tedesca della Jugoslavia e necessità improrogabile di portare la Jugoslavia e
i Balcani sotto il proprio controllo e (solo dopo) di aiutare gli italiani in Grecia.

Il territorio jugoslavo viene dunque diviso tra la Germania e l’Italia e per la Jugoslavia
comincia una fase drammatica caratterizzata dal rinascere della conflittualità inter-etnica e
una successiva guerra civile intera.

-> il ritardo dell’Operazione Barbarossa è causato anzitutto dal rifiuto inaspettato della
Jugoslavia di firmare il Patto Tripartito (è necessario, prima di poter affrontare
l’Operazione Barbarossa, portare saldamente sotto controllo tedesco tutta l’Europa
Orientale e la Jugoslavia è l'ultima pedina prima del compimento del Nuovo Ordine
tedesco su tutta la regione) e dunque dell’aiuto da dare all’Italia in Grecia.

OPERAZIONE BARBAROSSA

Quando Stalin percepisce con evidenza che i tedeschi attaccheranno, non prende
ulteriori provvedimenti (presidio assoluto sulle frontiere) e su questo suo
comportamento la storiografia si divide tra chi ritiene che fino all’ultimo non volesse
provocare i tedeschi e l’idea che sentisse traballare il proprio ruolo sul fronte interno: a
sostegno di quest’ultima ipotesi, si noti che nel discorso del 3 Luglio, appellandosi al
popolo russo dopo 11 giorni di silenzio, Stalin parla di un tradimento assoluto, come
se quando si fosse reso conto che sta accadendo l’inevitabile l’avesse negato agli
altri e a se stesso per produrre l’immagine di un attacco totalmente non provocato ->
si nega l’evidenza a protezione della propria stabilità politica sul fronte interno, con
l’idea che non si sarebbe potuto evitare.
C’è tuttavia un danno consistente: le cronache del primo mese di guerra descrivono il
drammatico e rapidissimo ingresso dei tedeschi. Successivamente si manifesterà la
perdita di lucidità che aveva caratterizzato la prima fase della guerra (idea di
distruggere Mosca e Pietroburgo), anche perché toglierà la propria fiducia ai suoi più
abili generali (von Manstein) prendendo lui stesso il comando senza essere al fronte.

L’iniziale penetrazione dei mezzi corazzati tedeschi è travolgente e la resistenza opposta


dai sovietici è minima e, almeno nella prima settimana, annichilita anche a causa
dell’impreparazione (nonostante gli evidenti preparativi tedeschi) -> l’impreparazione
sovietica fa propendere per una considerazione maggiormente difensiva del patto
Molotov-Ribbentrop per i sovietici (Stalin pensa che la Germania, sicura che l’Unione
Sovietica non abbia intenzioni aggressive, non attaccherà finché non ha chiuse il fronte
occidentale*).

* Fallimento della Battaglia d’Inghilterra:


L’esito della Battaglia d’Inghilterra è stato per la Germania fallimentare perché non ha
consentito il compimento dell’Operazione Leone Marino (che prevedeva l’invasione
dell’isola).
La finalità della Battaglia d’Inghilterra, ovvero un colpo importante alla Royal Navy (la cui
distruzione era requisito fondamentale a un successivo attacco via terra) non si realizza
anche a causa del successivo arrivo di condizioni climatiche avverse.
-> la Gran Bretagna rimane ancora l’elemento di resistenza e, ora che lo schieramento si
modifica, viene a crearsi lo scenario iniziale nelle idee di chi, avversando l’appeasement,
cercavano un’intesa con l’Unione Sovietica (alleato militare con cui dare il colpo definitivo
alla Germania).

Possibile avvicinamento tedesco alla Gran Bretagna


Hitler immagina probabilmente che un accordo con la Gran Bretagna sarebbe stato più
plausibile a seguito dell’attacco tedesco all’Unione Sovietica (che avrebbe potuto
rappresentare anche un riappropriarsi della propria funzione anti-bolscevica).
Più di qualcuno in occidente peraltro pensa ancora che tra il male bolscevico e quello
tedesco, quest’ultimo fosse comunque quello minore.
Tuttavia il vessillo dell’anti-bolscevismo di Hitler non potrà cambiare il fatto che la guerra
si stia costruendo sempre più come contrapposizione totale e che sempre di più si avvia
verso il principio di resa incondizionata che sarà definitivamente sancito dall’ingresso in
guerra degli Stati Uniti.
Unione Sovietica come nuovo alleato
A seguito dell’Operazione Barbarossa, sorge la questione del come interagire con un
possibile nuovo alleato: Eden (Ministro degli Esteri Britannico) viene mandato in Unione
Sovietica e Churchill richiede agli Stati Uniti di estendere il Lend-Lease Act verso l’Unione
Sovietica.
Stalin si rende conto che il suo potere è stabile e che l’unica cosa da fare è prendere in
mano la resistenza contro i tedeschi. Si riappropria dunque di una nuova lucidità militare e
politica:
- Stalin per prima cosa chiede subito agli inglesi l’apertura di un secondo fronte a ovest:
fintanto che sono i russi a tenere impegnate la maggior parte del peso dell'aggressione
tedesca, le istanze politiche sovietiche hanno un peso diverso. Gli inglesi tuttavia non
riusciranno in questa fase ad aprire un secondo fronte.
- gli aiuti sono immediati (affitti e prestiti) e fanno cadere la distanza ideologica ed è lo
stesso Stalin a tirare fuori nuovamente la vecchia Russia secondo un concetto di amor
patrio vecchio stampo, sfumando anche nei toni della propaganda sovietica gli elementi
bolscevichi in favore di una resistenza nazionale russa contro i tedeschi.

Peso ideologico nella campagna di Russia


Il peso ideologico nella scelta di attuare l’Operazione Barbarossa per i tedeschi è
consistente e orienterà sempre più le scelte strategiche: i tedeschi entrano in Unione
Sovietica come conquistatori e coinvolgono drammaticamente la popolazione civile
(ordine di fucilazione immediata di tutti i commissari del popolo; disegno di sterminio degli
ebrei che in territorio sovietico, dove gli ebrei vivevano negli shtetl, trova la sua massima
esemplificazione, con il coinvolgimento necessario anche della Wehrmacht).
L’operazione contro gli ebrei in Unione Sovietica è un’operazione completamente a
perdere:
- un ulteriore dispendio di forze
- complicazione di ordine politico: gli ucraini, che avrebbero potuto considerare i tedeschi
come liberatori, preferiranno restare sotto i russi
-> l’elemento ideologico nella fase della campagna a Est avrà delle conseguenze politiche
e strategiche inevitabili.

Sempre di più Hitler prende un versante irrazionale e diventa un accentratore: dopo una
serie di intuizioni strategiche brillanti con una buona fiducia nei suoi generali, sempre più
vuole prendere in mano il comando delle operazioni militari (es. la scelta di resistere a
Stalingrado avrà conseguenze drammatiche sul piano militare).

Confini sovietici secondo Stalin e fondamenta della guerra fredda:


Stalin ha già chiaro quale dovrebbe essere l’assetto futuro e fa capire che vuole il
permanere delle frontiere attuali (secondo i confini assegnati all’Unione Sovietica dai patti
Molotov-Ribbentrop), considerate il nucleo vitale del baluardo difensivo sovietico: paesi
baltici e parte di Polonia Orientale (Bielorussia e Ucraina).
-> si profila uno dei primi problemi che causeranno dopo la guerra lo sfaldarsi
dell'alleanza bellica tra gli anglo-americani e i sovietici e che successivamente porterà alla
guerra fredda.
Riconoscere le frontiere vuol dire avallare Molotov-Ribbentrop e l’impossibilità per la
Polonia di tornare entro i propri confini*.

* Questione polacca e peso politico dell’alleato sovietico


Esiste un governo polacco in esilio a Londra (Governo Sikorski) che sempre più viene
messo alle strette.
Massacro di Katyń: nell’avanzata tedesca emergono delle fosse comuni in cui si trova la
maggior parte dello stato maggiore polacco. I tedeschi accusano i sovietici che
negheranno (Stalin aveva deciso di sopprimere fisicamente l’esercito polacco secondo un
disegno teso ad impedire il ritorno sulla scena della Polonia).
Il governo di Sikorski in esilio vorrebbe un’ispezione della Croce Rossa ma trova
l’opposizione del governo sovietico.
-> gli inglesi cominciano a fare i conti con un alleato ideologicamente ingombrante ma
necessario (fino al ’44 i sovietici tengono impegnata la maggior parte delle forze tedesche
sul proprio territorio -> finché gli inglesi e gli americani non possono garantire l’apertura di
un secondo fronte, le istanze politiche da portare avanti nei confronti dei sovietici non
possono essere altrettanto forti e altrettanto efficaci).

Lend-Lease per i sovietici


La legge affitti e prestiti è importante e lo sarà anche per i sovietici che, pur avendo un
esercito avanzato, sfrutteranno tutto il supporto economico americano (es. la fodera delle
scarpe russe di produzione americana sarà fondamentale).
17.11.23 Storia delle Relazioni Internazionali
COINVOLGIMENTO AMERICANO

Non c’è una spaccatura netta tra la fase in cui gli Stati Uniti sono isolazionisti/neutralisti e
quella in cui entrano a pieno titolo nel conflitto (con la Legge Affitti e prestiti, prima di
Pearl Harbour).
Il Lend-Lease Act è un ribaltamento sul piano formale della politica estera americana
precedente, ma in realtà il coinvolgimento americano c’è già ben prima, attraverso i
convogli verso la Gran Bretagna, con gli elementi simbolici che chiariscono le intenzioni
americane e anche perché gli Stati Uniti hanno avviato dopo il ’40 (conferma elettorale di
Roosevelt) un processo di riarmo a tappe forzate con il pieno consenso del Congresso.
-> ci sono evidenti segnali che ormai gli Stati Uniti sono in gioco e nemmeno lo stesso
Hitler può aggrapparsi all’idea che rimangano neutrali a tempo indefinito.

Importanza dell’opinione pubblica per Roosevelt


Roosevelt sempre più ha la necessità di costruire l’immagine della necessità per gli Stati
Uniti di difendere le sorti della Gran Bretagna -> attraverso la difesa delle sorti
anglosassoni si raffigura un comune destino, a salvaguardia anche della democrazia.
Un processo di costante dialogo consentirà agli Stati Uniti di entrare in guerra con il pieno
avvallo di quella stessa opinione pubblica che fino a pochi anni prima era totalmente
contraria all’opzione (Roosevelt è più attento di quanto non fosse stato Wilson a garantirsi
l’appoggio costante delle proprie ragioni).

Incontro Roosevelt-Churchill nell’Agosto 1941


Nell’Agosto 1941 avrà un grande valore simbolico l’incontro tra Roosevelt Churchill sulla
Principe di Galles a Placentia Bay (in realtà i due leader passeranno durante la guerra
circa 120 giorni insieme, incontrandosi anche all’ombra dell’opinione pubblica) e nasce da
questa occasione la Carta delle Nazioni Unite (Carta Atlantica).
Viene ribadito il nuovo trionfo dei princìpi dell’internazionalismo wilsoniano: non c’è nulla
di concreto se l’enunciazione di diritti (discorso delle 4 libertà) -> dato simbolico intorno a
cui Roosevelt sta guidando l’opinione pubblica americana verso l’intervento.
Durante l’incontro c’è una richiesta di Churchill di un ulteriore coinvolgimento americano:
l’accordo prevede che i convogli americani che portavano il flusso continui di merce
arrivino fino all’Islanda e dall’Agosto 1941 i convogli hanno il diritto di rispondere al fuoco
ai sottomarini tedeschi -> la scintilla di un eventuale conflitto è possibile e facile.

Giappone
Da un lato gli Stati Uniti conducono una politica negoziale col Giappone, tesa a porre il
Giappone innanzi a una sorta di ultimatum politico: o rinuncia allo spazio vitale che
cercava in Estremo Oriente oppure si andrà verso un crescente di tensione (che
comunque gli Stati Uniti credono di poter rinviare fino a un riarmo compiuto, senza un
ricerca di contrasto nell’immediato ma con una grande intransigenza rispetto alla
possibilità di riconoscere le conquiste giapponesi).
-> si torna alla politica che era stata la caratteristica dell’Occidente nei confronti del
Giappone nei secoli precedenti (il Giappone avrebbe dovuto arretrare politicamente
rispetto alle proprie conquiste militari).

PATTO TRIPARTITO
Dopo l’ingresso dell’Unione Sovietica nel campo anti-tedesco, si vanno profilando da un
lato il Patto Tripartito e dall’altro gli Alleati (la stessa Unione Sovietica darà il proprio
assenso alla Carta Atlantica).
La contrapposizione che dovrebbe definire in un campo la strategia del Tripartito:
suddivisione in grandi zone su cui estendere un pieno e incondizionato controllo (tedesco
sul continente europeo, italiano sul Mediterraneo e giapponese in Estremo Oriente) -> le
potenze dell’Asse si accordano intorno al Patto Tripartito, che dovrebbe poi diventare lo
strumento inclusivo, con la firma del quale i piccoli stati (Romani, Ungheria, …)
potrebbero formalizzare la propria condizione di subalternità rispetto all’Asse.
Nella fase cruciale del negoziato tra l’Unione Sovietica e la Germania, prima
dell’Operazione Barbarossa, viene chiesto all’Unione Sovietica di aderire al Tripartito, ma
non può accettare perché interessata ad altre conquiste.

RAPPORTI TRA GLI ALLEATI

Unione Sovietica
Quando l’Unione Sovietica entra a pieno titolo nel campo dei paesi che stanno attuando
una strenua resistenza alla Germania, ha una duplice necessità
- deve archiviare momentaneamente la sovrastruttura ideologica (appellandosi alla
vecchia Madre Russia e alle campagne napoleoniche) facendo passare in secondo piano
l’internazionalismo secondo cui i capitalisti erano tutti uguali.
- non possono invece essere accantonate le peculiarità strategiche della politica estera
staliniana: Stalin non è disposto ad accettare le frontiere occidentali uscite dal Trattato di
Riga (la frontiera tra la Polonia e l’Unione Sovietica che si era consolidata tra le due guerre
deve andare necessariamente rivisto, poiché anche gli inglesi si rifiutano di riconoscerla e
garantirla) -> la difficoltà è di dare pieno assenso alle frontiere uscite dal Patto Molotov-
Ribbentrop.

Futuro assetto mondiale postulato da Wilson e ruolo dell’Unione Sovietica


Il dato politico e il dato militare sono inevitabilmente collegati e aiutano a capire come si
sviluppi il negoziato tra tre alleati con caratteristiche differenti (l’Unione Sovietica, con
tutto il suo apparato ideologico, è un sistema totalitario e Stalin non deve rendere conto al
suo elettorato, mentre le imminenti elezioni non possono non condizionare l’azione
politica di Roosevelt o Churchill): gli Stati Uniti pongono nella Carta atlantica le
premessero alle convinzioni sul futuro assetto mondiale del Presidente Roosevelt e sulla
misura in cui gli Stati Uniti modificheranno in futuro loro propria politica (che tra le due
guerre aveva esitato a trovare un pieno coinvolgimento nelle vicende europee) ->
Roosevelt postula che, pure se rientrati fisicamente nel loro emisfero, gli Stati Uniti
debbano continuare a esercitare un ruolo politico verso l’Europa (che dovrebbe però
trovare un equilibrio in un controllo a due: Unione Sovietica e Gran Bretagna).

-> una serie di postulati implicano che vi sia una continuità di intesa con l’Unione
Sovietica: Roosevelt vuole continuare a utilizzare anche dopo la fine della guerra il
rapporto preferenziale con l’Unione Sovietica (che entra a pieno titolo nel governo degli
equilibrio mondiali) in un nuovo assetto pacifico (cosa che non avverrà nel modo in cui
Roosevelt l’aveva pensato).

Rapporto con la Gran Bretagna e fine della mentalità imperiale


In maniera meno ingenua di quanto non avesse fatto Wilson, con Roosevelt c’è una
revisione dei retaggi antiquati delle politiche europee, in primis il colonialismo ->
Roosevelt pone subito a Churchill il problema della decolonizzazione.
Churchill tuttavia è il rappresentante di un impero e la Gran Bretagna conserva una
mentalità e degli interessi imperiali e per la Gran Bretagna l’approccio e le modalità con
cui si pensa la politica estera sono imperiali: rapporti commerciali che passano attraverso
il sistema delle preferenze (le colonie o i paesi soggetti a mandato utilizzano tariffe
commerciali che favoriscono la Gran Bretagna) all’interno dell’Impero britannico, che
essendo un sistema chiuso è inconcepibile per gli americani (che non hanno accesso alle
pari opportunità offerte dall’economia).

-> Churchill, nell’urgenza di una collaborazione sempre più stretta, è disposto a


promettere che l’avvio della decolonizzazione sarà effettivo ma la sua azione rimarrà dello
stesso tipo.

A ridosso della fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’avviarsi dei processi di
indipendenza, si assisterà comunque a uno smantellamento formale dell’Impero
britannico e a uno scambio a favore degli Stati Uniti delle posizioni che erano state
sempre monopolio britannico (es. Medio Oriente) -> non solo la fine di un impero
formale ma anche la fine di un Impero che non è più realistico, essendo i mezzi
finanziari ed economici a favore degli Stati Uniti.
La crisi inglese inizia con la Prima Guerra e sarà definitiva con la Seconda, a ridosso
della quale la moneta dominante diventerà per sempre il dollaro (inevitabile
conseguenza del dominio americano sui mercati e del fatto che gli Stati Uniti avranno
dopo la Seconda un’iperproduzione e una presenza economica a livello globale che la
Gran Bretagna non potrà più avere anche a causa dell’impoverimento determinato
dalla guerra).

-> Roosevelt chiede il riconoscimento di un processo già avviato e di cui gli inglesi
avrebbero dovuto prendere atto, soprattutto quando la Guerra li avrebbe collocati in
un ruolo di sudditanza (accettato con riluttanza, benché Churchill fosse convinto di
non aver altre strade da percorrere se non la special relationship con gli Stati Uniti): la
politica britannica deve prendere atto che il ruolo centrale dell’Europa è finito per
sempre.

Differenze nelle modalità di affermazione della politica estera


Si risconterà nel corso dei rapporti a 3 che sia Churchill che Stalin conservano un punto di
vista tradizionale sull’affermazione della politica estera rispetto a Roosevelt (costante
esemplificata poi dagli Accordi del ’44): Stalin e Churchill pensano che saranno le
conquiste militari a determinare gli equilibri successivi -> Churchill cerca degli accordi
preventivi che prevedano una spartizione chiara in aree di influenza, mentre Roosevelt
vorrebbe mantenerla in termini molto più vaghi (rifiuta gli accordi preventivi, ritenendo che
quello sia il sistema meno efficace per garantire gli accordi futuri).
Alla fine comunque le aree di influenza verranno in gran parte determinate militarmente
dalle avanzate degli eserciti (secondo la convinzione di Churchill).

-> ci sono degli elementi di contrasto all’interno dell’alleanza che sono totalmente
ricomponibili fintantoché c’è un’urgenza militare evidente.

Condizionamento dell’aspetto politico da parte di quello militare


Benché Stalin cercasse di non avere parte del proprio territorio occupato dalle truppe
tedesche, con l’Operazione Barbarossa, queste arriveranno fino alle porte di Mosca (il
fallimento del Drang nach Osten di Hitler sta proprio nell’essere arrivato in profondità,
senza riuscire però a portare gli assedi alle estreme conseguenze).
L’urgenza militare dura per Stalin finché non termina l’assedio di Stalingrado: quando le
truppe sovietiche agli inizi del 1943 riescono ad avere la meglio su quelle tedesche (alle
quali era imposto di non indietreggiare) Stalin capisce che le sorti del conflitto sono
segnate.

-> dopo Stalingrado, Stalin ha maggiori possibilità di porre delle condizione politiche
(l'elemento militare condiziona l’aspetto politico).
Dal Febbraio ’43 allo sbarco in Normandia nel ’44 lo spazio di negoziato politico di Stalin
con gli alleati gli è ancora più favorevole perché può rivendicare di aver subito il grosso
dell’impatto militare tedesco e di essere il principale artefice della resistenza e della
sconfitta tedesca.

Anche l’apertura del secondo fronte è una questione militare che caratterizza in modo
consistente l’aspetto politico (inglesi e americani sono costretti a rinviare l’apertura del
secondo fronte inizialmente promessa per la fine del ’42):
- Churchill aveva molto caldeggiato i Balcani come possibile luogo di apertura del fronte
poiché agiva nell’ottica dell’occupazione militare-conseguenze politiche: pensava che se
gli anglo-americani avessero liberato quelle zone dell’Europa Orientale, queste non
sarebbero passate sotto il controllo sovietico
- Roosevelt dava già per perse Germania, Austria e Ungheria, che secondo lui sarebbero
rientrate sotto la sfera di influenza sovietica (non vuole sacrificare a degli accordi
preventivi quella che dovrà essere più tardi una pacificazione necessaria) -> Roosevelt è
attento agli scenari interni e all’opinione pubblica, e contemporaneamente sa che una
parte dell’Europa sarà necessariamente soggetta all’influenza sovietica.

Rimane l’ombra dei destini polacchi e non si sa cosa sarebbe successo del confine più
discusso, che torna in auge non a caso quando l’azione sovietica diventa più politica
(dopo Stalingrado).

Gli aiuti ai sovietici sono quantitativamente e qualitativamente eccezionali, ma già di suo


l’Unione Sovietica poteva giovare della propria estensione territoriale di cui Hitler avrebbe
dovuto tener conto (mesi prima dell’Operazione Barbarossa i sovietici avevano
cominciato a smantellare i grandi impianti industriali per portarli oltre gli Urali).
Anche relativamente ai tempi, Stalin era conscio che Hitler non avrebbe potuto attuare
una blitzkrieg contro l’Unione Sovietica.

CONFERENZA DI CASABLANCA (1943)

Va considerato anche l’aspetto negoziale degli incontri, che non erano solo militari e
avevano anche dei risvolti politici (erano incontri di vertice e coinvolgevano i ministri degli
esteri, benché il primo a 3 sarà a Teheran) -> emerge il dato politico.

Conferenza di Casablanca (Gennaio 1943)


Durante le fasi finali della Battaglia di Stalingrado, nel Gennaio 1943, c’è la Conferenza di
Casablanca: Roosevelt e Churchill devono prendere atto che l’Operazione Overlord deve
essere rinviata ulteriormente e comunicare a Stalin che il grosso delle forze
angloamericane dovranno concentrarsi necessariamente nel Mediterraneo.
Stalin non può considerare il previsto sbarco in Sicilia come l’apertura di un secondo
fronte (non potrà essere questo a distogliere le forze tedesche dal Fronte Orientale).
Roosevelt è consapevole della diffidenza che ha sempre caratterizzato Stalin e che si
concretizza nel timore che Inghilterra e Stati Uniti possano fare una pace separata con la
Germania -> necessario stabilire il principio dell'unconditional surrender (resa
incondizionata) della Germania, che non potrà più sperare di negoziare una pace con una
parte dei paesi belligeranti, ma dovrà accettare una pace senza condizioni (non potrebbe
determinare uno svantaggio per l’Unione Sovietica).

L’eventualità che gli anglo-americani possano arrivare a una pace separata con i tedeschi
sarà un cruccio costante fino alla fine del conflitto per Stalin (cosa che peraltro viene
considerata dalle alte gerarchie naziste quando le cose volgono al peggio, riprendendo il
discorso dell’anti-bolscevismo).

Accentramento di Roosevelt
Il principio della resa incondizionata a cui Roosevelt tiene molto serve a tenere in piedi
l’alleanza e a rassicurare i sovietici: nel perseguire quest’ultimo fine Roosevelt vuole
anche un rapporto di fiducia personale con Stalin e si pone come un accentratore -> la
sua morte determinerà però la poca conoscenza in politica estera del suo successore
Truman (che era stato suo vice) e il cambio di approccio da parte dei sovietici.

FASE POLITICA DELLA GUERRA

Nella primavera del ’43 inizia una fase più politica della guerra, in cui Churchill prende atto
della necessità di fare degli accordi con i sovietici: comincia a considerare l’ipotesi che i
sovietici alla fine riescano a estendere il loro controllo su zone ampie e non usualmente
controllate da loro (come i Balcani) e per questa ragione preme sull’intervento in guerra
della Turchia per opporsi al quadro realistico che vedeva l’Unione Sovietica, alla luce dei
successi militari conseguiti, avanzare verso Ovest (Europa Orientale).

Frontiere polacche e considerazioni sovietiche sul destino della Germania


La fase politica della guerra prevede lo sbarco in Sicilia con una possibile resa dell’Italia
(le cose stanno andando male per l’Italia che, in aggiunta alle difficoltà riscontrate in
Grecia e in Africa, ha anche affiancato anche la Germania in Unione Sovietica) e il
riconoscimento delle frontiere polacche.
È nel ’43 che emerge la questione delle fosse di Katyn e che gli inglesi con assoluto
realismo rispondo ai polacchi che non si può fare nulla, dimostrando già la propria
predisposizione a non riconoscere la frontiera derivante dal trattato di Riga, ma piuttosto
quelle del Patto Molotov-Ribbentrop (nella sua seconda stesura, che lasciava la Polonia
etnica ai tedeschi)
-> Stalin sa che il suo tallone d’Achille è la fascia di popolazione ucraina e bielorussa, che
diventa il cordone di sicurezza alla rovescia sui cui punta fin dall’inizio tutte le proprie
energie e ambizioni politiche (non vuole transigere sul fatto che la frontiera polacca lasci
alla Polonia soltanto la parte abitata da polacchi, senza ucraini e bielorussi.

Si profila anche l’ipotesi che alla Polonia sia dato invece il contentino a Ovest e che il suo
confine si sposti tutto verso Ovest (il tutto deve essere fatto a spese della Germania) ->
considerando una revisione della frontiera polacca nel ’43 si comincia a riconsiderare
anche le sorti della Germania nel dopoguerra.

Stalin per il futuro della Germania ha tutto l’interesse ad avallare una politica del genere,
che lo vedrebbe forte nel suo confine occidentale (inglobando i territori di Ucraina e
Bielorussia) e più tranquillo sull’assetto della Germania, a cui sarebbero stati levati tutti i
territori della Prussia Orientale e tutto il confine sull’Oder-Neiße che lascia la Germania
monca di tutta la parte orientale, con milioni di profughi che si sarebbero riversati su ciò
che della Germania sarebbe rimasto creando una già molto difficile ricostruzione nel breve
periodo dello stato tedesco e una Polonia che avrebbe dovuto affrontare in futuro il
revisionismo tedesco (collocandosi sotto protezione sovietica, secondo il solito dilemma
polacco dell’essere compressi da entrambi i lati).

La Polonia così spostata verso Ovest avrebbe favorito:


- il revisionismo tedesco: difficilmente la Germania avrebbe guardato agli eventuali
liberatori e, così gravemente modificata nel proprio assetto territoriale e nella propria
composizione (si aggiungeva il problema di inglobare in uno stato già in difficoltà milioni di
profughi), avrebbe fatto del revisionismo l’elemento fondamentale della propria politica
(com’era successo dopo la Prima Guerra)
- la naturale ricerca di protezione sovietica da parte della Polonia

ARMISTIZIO ITALIANO (8 SETTEMBRE 1943) E CONSEGUENZE POLITICHE

Nel Luglio ’43 Mussolini viene sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo -> dopo lo
sbarco alleato (che non trova nessuna resistenza, pure militarmente possibile, a causa
della stanchezza del paese che non sente propria la guerra) e dopo l'annuncio
dell’armistizio l’8 Settembre 1943, tutti i soldati italiani che si trovano nei teatri di guerra in
cui sono affiancati dai tedeschi vengono considerati traditori (Hitler già aveva dichiarato
che le gerarchie militari italiane composte da fossili e cretini, il Re un impiccio per il Duce
e quest’ultimo unico uomo degno di nota in un popolo che non era degno di avere un
simile condottiero).

Aspetto politico dell'armistizio


Dal punto di vista politico l’armistizio rompeva la clausola che prevedeva il chiaro divieto a
firmare una pace separata e divideva anche l’Italia (Roma rimane città aperta).
Badoglio cerca di prendere tempo prima dell’annuncio dell’armistizio, dopo una segreta
presa di contatto con gli alleati, ma i vertici militari americani vogliono l’annuncio
immediato.

Armistizio breve
L’armistizio è di tipo militare, conosciuto sotto forma di armistizio breve (clausole
strettamente militari che prevedono che l’amministrazione della cosa pubblica passi alle
forze occupanti).
L’armistizio lungo (che prevede le clausole politiche) arriverà dopo.

Le clausole dell’armistizio breve sanciscono una resa incondizionata che pone due
problemi: uno relativo a Roma e l’altro ai sovietici.

Roma città aperta


Il primo problema riguarda la possibile triangolazione che spiegherebbe perché, a fronte
della possibilità di tenere la città con forze superiori, gli italiani non abbiano voluto farlo:
nelle discussioni precedenti l’armistizio tra il Generale Castellano e i delegati
angloamericani si era previsto che Roma potesse essere liberata mediante un’operazione
aviotrasportata (le consistenti forze italiane che circondavano la città avrebbero attuato
un’operazione per prenderne possesso con l’aiuto di un’ulteriore operazione alleata in cui
degli uomini sarebbe stati paracadutati a sostegno) ma questa non si realizza e Roma
viene dichiarata città aperta.
Quando il delegato americano arriva a Roma per prendere contatto con i vertici militari
italiani trova che non è stato preparato nulla (i tedeschi avevano già ipotizzato di ritirarsi
dalla città a causa della disparità di forze rispetto agli italiani, ma gli aeroporti sarebbero
dovuti essere sotto controllo), come se l’idea non fosse più nella testa dei responsabili
italiani -> alcuni storici ipotizzano che ci fosse stato un accordo segreto tra Kesselring e
gli italiani per consentire al Re e al suo seguito (generali compresi) di fuggire a Brindisi.
La fuga del Re lascia l’esercito (che al Re aveva giurato fedeltà e che gli avrebbe potuto
garantire una difesa efficace della città e un consolidamento del proprio prestigio)
completamente allo sbando e la città di Roma aperta (con gravi conseguenze per i
cittadini di Roma, in particolare per gli ebrei che verranno deportati).

Armistizio come “precedente italiano” per i sovietici


Il secondo punto che riguarda l’armistizio italiano e le relazioni internazionali (sarà
fondamentale anche per il seguito della guerra e per il successivo andamento della
politica interna italiana) è la non partecipazione dei sovietici nei negoziati per l’armistizio
(sono gli angloamericani a farsene carico)

Si costituisce così un precedente (“precedente italiano”): l’armistizio avrebbe permesso ai


sovietici di fare la stessa cosa in Europa Orientale (a partire dalla Romania) -> si entra con
le propri truppe e si negozia l’armistizio autonomamente (senza fare comitati o chiamare
gli angloamericani) decidendo da soli quali siano le clausole dell’armistizio.
-> le responsabilità in capo alla forza occupante (amministrazione del territorio e
condizionamenti) sarebbero a carico degli angloamericani in Italia e a carico dei sovietici
in Europa Orientale.
I sovietici per questo si fanno andare bene l’armistizio italiano, senza citare la clausola
della resa incondizionata pretendendo di avere voce in capitolo.

Il precedente italiano gioca a favore del concetto sovietico che prevedeva che chi
occupava il paese avrebbe dettato anche le clausole armistiziali (e condizionato
politicamente il paese): quando i sovietici liberano l’Unione Sovietica e cominciano a
dilagare nell’Europa Orientale saranno gli artefici e i monopolisti degli armistizi scritti con i
paesi dell’Europa Orientale.

-> è necessario riportare alla fase della guerra ciò che accade nel dopoguerra: non è
possibile comprendere la guerra fredda senza capire ciò che accade politicamente
durante la guerra.

CONFERENZA DEL CAIRO (1943)

Nel Novembre 1943 al Cairo c’è un ulteriore incontro tra Roosevelt e Churchill, in cui si
affronta il problema dello scenario del Pacifico.

Quando gli americani erano entrati in guerra nel Dicembre del 1941 avevano concordato
che il teatro centrale della guerra fosse la sconfitta della Germania (riconosciuta come
nucleo centrale dell’Asse) e che quella del Giappone diventasse secondaria.
Si era creata inoltre la particolarissima situazione in cui Giappone e Unione Sovietica non
erano in conflitto ma saldamente tranquillizzati da un rapporto di reciproca neutralità.

Chiang Kai-shek
In Cina le forze nazionaliste di Chiang Kai-shek (uomo molto difficile da gestire per gli
americani) dovrebbero contrapporsi ai giapponesi ma spesso sono impiegate per
affrontare i comunisti (anch’essi dovrebbero essere convogliare tutte le proprie forze
contro i giapponesi) e Chiang avanza anche delle istanze territoriali che vanno a
contrastare l’interesse sovietico.

Concessioni a Chiang e ai sovietici


Bisogna mediare tra ciò che Chiang rivendica (Manciuria, Port Arthur, Isole Pescadores,
Formosa) e contemporaneamente convincere i sovietici ad aprire le ostilità nei confronti
del Giappone, per questo gli americani sono disposti a promettere delle concessioni
territoriali all’Unione Sovietica nella Mongolia Esterna (fascia di territori in cui si erano
verificati gli scontri), perseguendo anche in questo caso i sovietici la logica del cordone
difensivo e di sicurezza.

-> dalla Conferenza del Cairo emerge che con le concessioni ai sovietici questi possano
essere persuasi a entrare in conflitto con il Giappone.

CONFRENZA DI TEHERAN (1943)

A stretto giro, dopo l'incontro del Cairo c’è la Conferenza di Teheran nel Novembre 1943
che rappresenta il momento cruciale in cui si può parlare degli accordi politici più
consistenti che vengono presi nel corso della guerra.
-> le decisioni più consistenti e rilevanti dal punto di vista politico non verrano prese a
Yalta (che rappresentò più una vetrina) ma a Teheran nel Novembre del ’43: a Teheran si
decide ciò che poi verrà ribadito a Yalta.

Spartizione in sfere di influenza dell'Iran


Teheran (e la Persia) era stato uno dei problemi che inglesi e sovietici avevano risolto alla
vecchia maniera, con una spartizione in sfere di influenza che ricalcava perfettamente gli
Accordi Anglo-russi: inglesi e sovietici avevano deciso nel ’41 che l’Iran (che allora era su
posizioni politicamente incerte, stringendo troppo l’occhio ai tedeschi), essendo una delle
vie fondamentali per il passaggio degli aiuti verso l’Unione Sovietica e volendo evitare
incidenti, fosse occupato nella parte Nord dai sovietici e nella parte Sud dagli inglesi.

Peso di Stalin a Teheran


Stalin in questa occasione comincia a rendersi conto delle divergenze su cui può giocare
sul fronte alleato tra Gran Bretagna e Stati Uniti.
A Teheran, nel Novembre ’43, Stalin agisce ancora da una posizione di forza: si era risolta
al meglio la risposta sovietica nei confronti della Germania (che sta ritirando) e non si era
ancora aperto il secondo fronte -> inglesi e americani si trovano ancora in una condizione
di inferiorità psicologica, perché hanno dovuto rinviare ancora l’Operazione Overlord
(l’ipotesi di insuccesso avrebbe avuto implicazioni drammatiche e inaccettabili sul piano
interno e su quello degli equilibri con l’Unione Sovietica).

Sistemazione della Polonia


Benché la questione polacca tornerà fuori sul finire della guerra, a Teheran si prende atto
definitivamente della futura sistemazione della Polonia.

I sovietici (che alla fine del ’43, sulla storia di Katyn, avevano rotto completamente i
rapporti con il governo polacco in esilio a Londra) avevano pensato di costruire un
governo alternativo, prefigurando ciò che faranno d’abitudine: costituire governi
eterodiretti da Mosca (come sarà quello alternativo per la Polonia). La sistemazione della
frontiera polacca ha come logica conseguenza anche la sistemazione della Germania (vd.
fase politica della guerra).

Condizioni russe
A Tehran si dettano le condizioni russe per l’ingresso in guerra contro il Giappone (con il
portato della Conferenza del Cairo tra inglesi e americani).

Divergenze di interessi tra Churchill e Roosevelt


La storiografia muove i principali rimproveri nei confronti della politica alleata proprio a
Teheran, individuato come momento di maggior divergenza negli interessi tra Churchill e
Roosevelt:
- Churchill guarda disperatamente ai propri interessi imperiali e alle logiche mediterranee
con cui si muove la politica britannica.
- Roosevelt ha degli ovvi timori che gli Stati Uniti possano ricadere nell’isolazionismo nel
dopoguerra.

Posizione sovietica rafforzata


In questa fase Churchill sta ancora cercando una soluzione alternativa allo sbarco in
Normandia (immaginando piuttosto uno sbarco nei Balcani) e si mostra quiescente nei
confronti di Stalin e dell’Unione Sovietica (è arrivato a parlare a Stalin di sbocco verso i
mari caldi e porti in acque profonde, che lasciano prefigurare la possibilità che i sovietici
possano arrivare agli stretti, facendo appello alla vecchia linea della politica estera russa).
-> dopo Teheran i russi sono portati a seguire una linea politica molto più decisa nei
confronti dell’Europa Orientale: Teheran lascia ai russi una libertà di manovra superiore
anche alla loro condizione oggettiva di vantaggio (garantita dal fatto di aver sostenuto il
grosso dell’attacco tedesco senza il contraltare del secondo fronte alleato).

Nel Dicembre ’43 (prima che l’Armata Rossa varchi la frontiera cecoslovacca) c’è
l’accordo tra Unione Sovietica e Cecoslovacchia, cercato dallo stesso Beneš cercando di
prevenire l’eventualità che Mosca possa instaurare un governo amico da una posizione di
forza (come farà definitivamente nel ’48).
-> era evidente a tutti che le scelte politiche sarebbero state una conseguenza delle azioni
militari.
17.11.24 Storia delle Relazioni Internazionali
DIVERGENZE INTERNE AGLI ALLEATI E RELAZIONI CON STALIN

Ci sono delle divergenze fondamentali tra gli alleati e delle relazioni che si stanno
stabilendo con Stalin: il leader sovietico diventa sempre più una controparte che gode
fino allo sbarco in Normandia di una posizione di vantaggio (che viene dall’aver
consolidato la vittoria nei confronti dei tedeschi e dall’aver tenuto autonomamente il fronte
orientale).

Posizioni americane e britanniche sul destino della Germania


Tutti gli accordi preventivi che Roosevelt aveva rifiutato devono essere affrontati e i nodi
vengono al pettine -> pensare alla pace vuol dire anche pensare a quale dovrà essere il
destino della Germania, ovviamente condizionati dall'esperienza successiva alla Prima
Guerra Mondiale:
- creazione di un organismo internazionale più efficace della Società delle Nazioni e
capace di tenere in piedi il sistema di equilibrio che Roosevelt ha chiaro.
- se gli americani sono inizialmente più rigidi nei confronti della Germania e portano avanti
posizioni punitive (pensando a uno smembramento del paese), gli inglesi si assestano su
posizioni realiste: Churchill ha la percezione che un domani bisognerà fare i conti con
l’Unione Sovietica, interlocutore di nuovo forte e ideologizzato, e la Germania è il primo
strumento con cui contenere lo strapotere continentale sovietico (non favorisce l’ipotesi
troppo punitiva di uno smembramento della Germania perché sa che questo favorirebbe
una collocazione di maggior forza dell’Unione Sovietica in Europa).

Successivamente anche gli americani arriveranno più realisticamente alle posizioni


britanniche (il Piano Morgenthau aveva inizialmente previsto che la Germania fosse
completamente deindustrializzata e riportata allo stato di nazione prevalentemente
agricola, secondo un disegno che voleva scongiurare il pericolo attraverso il
depotenziamento economico).

Francia
La Francia dovrà necessariamente essere un interlocutore nel momento in cui bisognerà
parlare di una pace contro la Germania, poiché ha subito ancora una volta un danno
consistente da parte dei tedeschi.
Anche la Francia sarà un interlocutore divisavo all’interno del fronte alleato: De Gaulle
avrà sempre delle grosse difficoltà a rapportarsi con gli Stati Uniti perché Roosevelt non lo
stimava particolarmente -> più a lungo possibile ci si sforza di ignorare la Francia tra gli
interlocutori che detteranno le condizioni di pace, ma sarà inevitabile quando bisognerà
parlare di pace con la Germania (e ciò verrà favorito anche dalla Gran Bretagna, sempre
con lo scopo di arginare l’avanzata Sovietica in Europa.
Sul continente europeo, un sistema di bilanciamento in grado di contrastare un eccesso
di potere dell’Unione Sovietica può passare soltanto attraverso la considerazione della
Francia.

Realismo di Roosevelt
Non è stato deciso preventivamente come si sarebbero divise le sfere di influenza e
Roosevelt, che pure non vorrebbe sentir parlare di sfere di influenza, è realista e sa che
determinate condizioni dovranno essere rispettate (es. dovrà accettare la Linea Curzon
che dividerà la Polonia lasciando all’Unione Sovietica l'Ucraina e la Bielorussia secondo la
sfera di influenza guadagnata con il Patto Molotov-Ribbentrop).
Roosevelt deve guardare anche al fronte interno (nel ’44 ci sono le elezioni negli Stati
Uniti) e considerare tutto l’apparato retorico che ha riguardato la lotta per la democrazia
(pur non avendo mai menzionato il principio dell’autodeterminazione wilsoniana), che
aveva portato al concetto di democrazia e libertà su cui si era fondata la dichiarazione
delle Nazioni Unite, e che pure aveva portato durante il conflitto a rieducare l’opinione
pubblica rispetto ai sovietici (che da bolscevichi pericolosi, diventati poi coloro che
contrastavano il nemico tedesco, tornavano a mostrarsi ora in tutta la loro pericolosità).

LEGAME TRA IL DATO MILITARE E POLITICO DI STALIN

Evidenza pratica della strategia politica di Stalin


Il D-Day del 6 Giugno dovrebbe riportare l’equilibrio che riposizioni gli angloamericani in
una condizione maggiormente favorevole (rispetto a Stalin), ma non vanno trascuratI i
contemporanei movimenti dell’Armata Rossa nella stessa estate del ’44 (contemporanea
offensiva d’estate da parte dell’Armata Rossa), evidenza pratica della strategia politica di
Stalin (della vecchia scuola e abbastanza scontata).

Rivolta di Varsavia
Il 1° Agosto a Varsavia scoppia la rivolta (con le ultime energie rimaste, la città si rivolge
contro l’occupante tedesco) e le truppe dell’Armata Rossa, schierate poco lontano,
ricevono da Stalin l'ordine di fermare l’avanzata a difesa della città.
Stalin vuole creare delle condizioni politiche favorevoli allo stretto controllo politico
sovietico della Polonia -> ancora una volta c’è un’operazione tesa a depotenziare la
classe dirigente polacca che possa contrastare il disegno di satellizzazione totale della
Polonia (piuttosto renitente a farsi controllare).
La resistenza polacca si risolve in un bagno di sangue di otto settimane, in cui l’Armata
Rossa avrebbe potuto avanzare e dare il colpo decisivo ai tedeschi) -> è già in atto
l'evidente intento di delegittimare completamente la dirigenza polacca.

Opposizione angloamericana alla politica sovietica in Polonia


La Polonia è un elemento di grande disaccordo tra gli angloamericani e i sovietici, benché
sin dall’inizio sia gli inglesi che gli americani avevano accettato la Linea Curzon
(considerando la frontiera scaturita dal Trattato di Riga era politicamente indifendibile
rispetto ai sovietici).
Nonostante fosse assodato che la Polonia avrebbe avuto un assetto geopolitico diverso,
spostandosi verso Ovest, torna come uno dei problemi che maggiormente alimentano il
contrasto con i sovietici perché a questo punto c’è un problema politico: i sovietici non si
accontentano di aggiustare la frontiera con la Polonia, ma sono anche ugualmente
orientati a garantire un governo assolutamente filosovietico in Polonia.

La Polonia è il primo paese che, nella strategia politica di Stalin, deve necessariamente
costituire un satellite (con un governo totalmente compiacente nei confronti di Mosca) e
questa è la ragione per cui gli alleati, che pure avevano ceduto sulla frontiera polacca,
hanno grosse difficoltà a cedere sul dato politico (imposizione da parte sovietica del
governo di Lublino, che raccoglieva i rappresentanti filomoscoviti che avrebbero costruito
un governo comunista, azzerando completamente il governo in esilio a Londra).

Prospettiva del controllo sovietico in Europa Orientale


Il modo di procedere sovietico lega il dato militare a quello politico in Bulgaria, Romania e
in tutti i paesi in cui l’Armata Rossa procede velocemente per portarli sotto l’occupazione
sovietica e costituire la rete allargata di controllo dell’Europa Orientale (avvalendosi anche
del precedente italiano).
-> si evidenzia la prospettiva di un’Europa Orientale totalmente sotto controllo sovietico.

Accordo delle Percentuali (1944) e avanzata sovietica nei Balcani


Nell’Ottobre 1944 c’è un ultimo tentativo di Churchill, che incontra Stalin a Mosca, di
arrivare a un accordo sulla base della suddivisione in sfere d’influenza (non c'è Roosevelt,
che non favorisce questo tipo di operazioni vecchia scuola): disegna le suddivisioni in
percentuale di controllo sull’Europa e sui Balcani.

L’accordo, che rimane puramente verbale, prevedeva un rapporto di controllo 90-10 a


favore dei sovietici in Romania e in Bulgaria (area storicamente d’influenza russa), in
Grecia al contrario il controllo sarebbe stato 90-10 britannico e la Jugoslavia 50-50 (anche
alla luce di tutti gli aiuti britannici dispiegati in Jugoslavia).

I Balcani, che erano stati da sempre una zona di interesse britannico, improvvisamente
rischiano di passare sotto il controllo sovietico.
Contemporaneamente è in atto in Jugoslavia la resistenza passata sotto il controllo
comunista dei titini (con il pieno sostegno dei britannici) e i sovietici, che fino a quel
momento non erano stati coinvolti in Jugoslavia, mandano nel ’44 i propri emissari a Tito
per favorire una presa di contatto e un aiuto.
-> anche l’area balcanica è sotto scacco rispetto all’avanzata sovietica, essendo peraltro
scemato il progetto di Churchill di effettuare un possibile sbarco nei Balcani e di far
entrare in guerra la Turchia.

L’accordo delle Percentuali alla fine non trova un’applicazione concerta perché saranno
decisive le presenze militari sul campo: l’esercito liberatore deciderà la sorte futura dei
paesi liberati.

CAPITOLAZIONE DEL GIAPPONE E RIACQUISIZIONI SOVIETICHE IN ESTREMO


ORIENTE

Anche lo scenario del Pacifico non è ancora stato risolto: era stata individuata per prima
la necessità di sconfiggere la Germania e la sconfitta del Giappone sarebbe stata un
problema successivo.

Esiste ancora un patto di neutralità tra Giappone e Unione Sovietica, che faceva comodo
a entrambi e all’interno dell’Asse, il ruolo del Giappone non è stato quello in cui si poteva
sperare.

Modalità con cui il Giappone potrebbe accettare la pace


L’oggetto della vertenza coi giapponesi sono le modalità con cui questi potrebbero
accettare la pace ed esistono ancora delle ipotesi su cosa sarebbe successo se gli
americani avessero deciso di non utilizzare la bomba atomica: alcuni ritengono quella
americana una scelta inutile e addirittura con una finalità politica diversa rispetto
all’obiettivo strategico che si era prefissata.
Vengono dunque mosse delle critiche alla scelta di Truman che decide di sganciare la
bomba, un’arma nuova e dagli effetti devastanti monopolizzata dagli americani (che
l'avevano studiata a lungo a Los Alamos immaginando di utilizzarla contro una delle
potenze dell’Asse).
Nonostante il Giappone sia già devastato dai bombardamenti classici prima dello sgancio
della bomba atomica (e nonostante le dimissioni del Primo Ministro Tojo nel ’44) all’interno
del governo giapponese c’è ancora una forte componente che non vuole arrivare a un
armistizio e a una richiesta di pace con gli alleati, ritenendo ancora possibile porsi nella
situazione di chiedere una pace negoziata.
La pace negoziata avrebbe dovuto prevedere il mantenimento di una posizione di forza in
Estremo Oriente (conquiste attuate in Indocina e delle condizioni che avrebbero garantito
l'autonomia al Giappone, che sempre lottava con l’esiguità di materie prime) e della figura
dell’Imperatore.

Necessità dell’atomica e benefici per l’Unione Sovietica


I postulati del Giappone rendevano la resa incondizionata qualcosa di inaccettabile per il
Giappone, e solamente con Hiroshima e Nagasaki vengono indotti ad accettarla (sarebbe
stata difficile una presa di contatto diretta al fine di utilizzare l’atomica in maniera
puramente dimostrativa e dunque deterrente).

Il potere negoziale che avrebbe dovuto garantire lo sgancio della bomba non è la
motivazione principale, perché l’amministrazione Truman non è stata capace di
avvantaggiarsi sul piano politico di un oggettivo vantaggio militare e i sovietici non sono
stati particolarmente colpiti.
Il monopolio nucleare che gli americani avranno fino al ’49 accelera inoltre il ritiro delle
forze convenzionali dall’Europa che era ciò che volevano i russi (poiché avrebbero retto
con difficoltà un dispiegamento ulteriore di forze sul teatro europeo).
-> l’approccio strategico degli americani fa il gioco che i russi avrebbero voluto.

Durante tutto il corso della sperimentazione c’è inoltre stata un’ingente attività spionistica
a livello scientifico (alcuni scienziati hanno scelto di comunicare ai sovietici la propria
sperimentazione per una convinzione ideologica) e gli stessi sovietici avevano un’ottima
scuola di fisici -> il lasso del monopolio nucleare americano dura solamente per 4 anni,
dal ’45 al ’49.

Ingresso in guerra dell’Unione Sovietica contro il Giappone


I sovietici dichiarano guerra al Giappone dopo lo sgancio della bomba su Hiroshima, ma
in realtà il problema della dichiarazione di guerra dell’Unione Sovietica al Giappone era
emerso già nei precedenti incontri tra sovietici e angloamericani (che cercavano di
spingere i primi ad abbandonare l’accordo di neutralità e a dichiarare guerra al Giappone)
-> non si era esattamente consapevoli di quando i giapponesi si sarebbero arresi.

I sovietici davano per scontato che il Giappone sarebbe stata un’area di influenza
americana (non pensavano a un’espansione verso il Giappone) ma c'era la questione
della Cina e del ripristino del ruolo dell’Unione Sovietica in tutti i territori limitrofi su cui
erano emerse vertenze a partire dal 1905 (a partire dalla Guerra russo-gipponese).

Perdite del Giappone a favore dell’Unione Sovietica sancite presso la Conferenza di Yalta
(Febbraio 1945)
La Conferenza di Yalta del Febbraio 1945 tira le fila di ciò che è successo a Teheran
tenendo dei cambiamenti militari intervenuti nel frattempo.

Si fa riferimento al fatto che, dopo la sconfitta della Germania (che rimane la priorità e non
è ancora avvenuta), i sovietici riacquisiranno il diritto di avere una base militare a Port
Arthur (avevano perso il porto nel 1905 durante la Guerra russo-giapponese), ad avere
Dairen e a riacquisire azioni della ferrovia transmanciuriana (convivenza tra cinesi e
sovietici nella gestione dell’importantissima via di comunicazione, con una prevalenza
sovietica) -> è necessario ridimensionare le richieste di Chiang Kai-shek sugli stessi
settori (i sovietici sono ancora molto prudenti ed evitano gli incontri diretti con lui, per non
dare anche ai giapponesi un’impressione di eccessiva aggressività).

Quando i sovietici dichiarano guerra al Giappone non fanno altro che ritirare una sorta di
cambiale già firmata dagli angloamericani (agiscono secondo degli accordi preventivi),
pochi mesi dopo la sconfitta della Germania e quando già si è fatta chiarezza sulla
posizione sovietica in Estremo Oriente:
- Mongolia Esterna
- Dairen
- Port Arthur
- Parte meridionale dell’Isola di Sachalin
- Isole Pescadores
-> è garantita anche in Estremo Oriente una fascia di sicurezza.

NAZIONI UNITE

Elemento fondamentale su cui si fonda il gran design di Roosevelt sono le Nazioni Unite:
ci sono state varie conferenze (la principale delle quali sarà quella di San Francisco) tese a
definire le linee guida delle Nazioni Unite, che saranno un altro portato importante della
Seconda Guerra Mondiale.

Le Nazioni Unite vogliono differenziarsi dalla Società delle Nazioni:


- possono aderire tutti i paesi amanti della pace (anche se inizialmente la condizione per
entrare nelle Nazioni Unite è quella di dichiarare guerra alla Germania).
- funzionamento strutturale: emerge l’organo decisionale, il Consiglio di Sicurezza, sul cui
funzionamento dibatteranno Sovietici e americani. Saranno gli stessi angloamericani che
opteranno per la creazione del diritto di veto all’interno del Consiglio di Sicurezza sulle
principali questioni, che bloccherà a tempo indefinito l’azione delle Nazioni Unite (per non
rischiare di trovarsi in minoranza su un’azione propria).

Contrasti tra occidentali e futuro blocco sovietico in seno alle Nazioni Unite
Perché le Nazioni Unite possano essere uno strumento funzionante deve esserci un vero
accordo tra il (futuro) blocco sovietico e gli occidentali.
-> il gran design rooseveltiano può funzionare solo in assenza di Guerra Fredda, che
invece emergerà proprio dagli insanabili contrasti che si vengono a creare nel dopoguerra.
Emergono dei cavilli procedurali, per esempio sul fatto che l’Unione Sovietica insiste
perché vorrebbe che tutte le repubbliche sovietiche avessero rappresentanza all’interno
delle Nazioni Uniti (mentre verrà poi garantita solo a Ucraina e Bielorussia), sul ruolo sul
diritto di veto o sull’ingresso nel Consiglio di Sicurezza, di cui faranno parte Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Unione Sovietica e Cina.

Difficili rapporti con la Cina di Chiang Kai-shek


Gli americani vogliono la Cina all’interno del Consiglio di Sicurezza, riconoscendo ancora
una volta il suo ruolo rilevante in Estremo Oriente.
La Cina è ancora quella di Chiang Kai-shek e la politica americana sul paese sarà
fallimentare, perché per la prima volta gli americani si troveranno in una lunga serie di
difficoltà politiche nel gestire delle situazioni di azione politica comune con dei leader
improponibili: Chiang Kai-shek non si lascia guidare dagli americani, volendo condurre
un’azione politica e militare propria.
Stilwell, emissario americano presso Chiang Kai-shek, descrive la sua crescente
esasperazione nel rapportarsi con il generale e con la sua corrottissima corte.
-> gli americani sottovaluteranno uno scenario fondamentale e il potenziale dirompente
che nel 1949 porterà al trionfo di Mao e all’attestarsi della Cina come potenza comunista.

SITUAZIONE POLITICA IN ITALIA A SEGUITO DELL'ARMISTIZIO

Pace senza condizioni per l'Italia


Gli italiani hanno sempre inteso l’armistizio come un trattato che tenesse conto della
volontà italiana di rovesciare il regime e della cobelligeranza (e resistenza partigiana) -> gli
italiani sperano di trovare un accordo di pace che li favorisca, ma non sarà così: in
particolare la concezione britannica è quella estremamente dura di una pace senza
condizioni (che prevede uno smantellamento integrale dell’Impero e di tutte le acquisizioni
fatte dall’Italia dopo l’avvento del fascismo).
-> l’Italia viene nuovamente ricondotta a un ruolo marginale in Europa e l’unica ragione
che andrà a mitigare la funzione italiana sarà la Guerra Fredda (quando ci si rende conto
del potenziale ruolo strategico che l’Italia ha come “portaerei” sul Mediterraneo e come
punto di confronto con il mondo comunista).

Accordi De Gasperi-Gruber (1946)


L’unico negoziato che l’Italia riesce a conseguire con qualche successo è quello che porta
all’Accordo De Gasperi-Gruber: mantenimento della frontiera italiana al Brennero (l’idea
degli alleati era di ridare all’Austria una frontiera diversa).

Ingresso indiretto dei sovietici in Italia e Svolta di Salerno


L’armistizio italiano conosce una regia totalmente angloamericana, con gli inglesi che
vogliono un’Italia completamente depotenziata per il futuro e ancora monarchica (non
nella persona di Vittorio Emanuele III).
-> ai sovietici dovrebbe rimanere un ruolo puramente formale e consultivo all’interno della
Commissione Alleata di Controllo (che dovrebbe presiedere alle clausole politiche
comminate ai paesi liberati) ma di fatto chi amministra e governa in Italia sono gli
americani.

In Italia tuttavia esiste la tradizione di un forte partito comunista: Palmiro Togliatti


(Segretario del Partito Comunista Italiano) ha risieduto a lungo a in territorio sovietico e
nel 1944 inopinatamente rientra in Italia spinto dai sovietici, che ritenevano giunto il
momento di sfruttare la posizione che avrebbe potuto garantire loro un peso differente
anche sulla scena italiana.
-> rispetto all’idea dei sovietici completamente estromessi dall'Italia, nel 44 c’è per loro
una possibilità di entrarci con un’influenza indiretta: rientro di Togliatti e progetto di
collaborazione dei comunisti con i governi dei Comitati di Liberazione Nazionale (CLN),
nel momento in cui proprio i CLN stanno cercando di persuadere gli americani del fatto
che il maresciallo Badoglio fosse un portato del vecchio regime.

Badoglio, capito che la sua posizione è a rischio, decide di fare un accordo con Vyšinskij
che garantisca il riconoscimento del governo italiano da parte degli stessi sovietici -> i
sovietici danno un valore politico a Badoglio, e in cambio i comunisti rientrano e
partecipano attivamente al governo.

I sovietici riescono a sfruttare l’opportunismo di Badoglio e a rientrare in una situazione


che li avrebbe altrimenti visti esclusi, avvalendosi di uno strumento efficace -> Togliatti
deve rifarsi a ciò che viene chiesto da Mosca, che ha un ruolo ideologico incontrastato e
detta la linea politica (la linea politica di Stalin non viene discussa).

-> la Svolta di Salerno (’44) prevede l’ingresso del PCI, il rientro di Togliatti e il
riconoscimento dell’Unione Sovietica.

NUOVI VARCHI APERTI PER L’UNIONE SOVIETICA E PERCEZIONE DI INSICUREZZA

Anche grazie alla Svolta di Salerno, l’Unione Sovietica capisce che si stanno aprendo
degli spazi e che il fatto di non aver creato accordi chiari e definiti lascia molti varchi
aperti.

Insicurezza nella politica staliniana


Mastny (Il Dittatore Insicuro): il concetto di insicurezza può spiegare la politica estera di
Stalin in questa fase -> anche nelle ultime fasi della guerra Stalin continua a temere una
pace separata con i tedeschi (non capiva che i tedeschi continuavano a combattere
strenuamente sul fronte sovietico perché preferivano arrendersi agli americani che ai
sovietici, anche a causa di ciò che avevano fatto nel loro territorio).

I sovietici hanno il forte sospetto che ci siano degli accordi, con l’idea che ci sia in piedi
un inizio di negoziato tra tedeschi e angloamericani con una resa dei tedeschi in Italia -
> esistono delle situazioni in cui si può pensare che si arrivi a una pace “negoziata”, ma
proprio sulla Germania il principio della resa incondizionata deve dettare legge, anche
perché gli stessi sovietici sono già insospettiti del comportamento alleato.

Il gran design rooseveltiano è reso precario dalla diffidenza di Stalin, e non erano bastati
gli anni di guerra a creare una fiducia assoluta (vd. Nazioni Unite).

Politica guidata dal concetto di difesa estrema


Si crea una situazione in cui Stalin è sempre più orientato a riempire gli spazi con delle
posizioni che possono essere intese aggressive ma che possono essere spiegate alla luce
di un concetto di difesa estrema -> vuole allungare al massimo la fascia di sicurezza che
prima ponendo la Linea Curzon come confine polacco, poi favorendo l’impossibilità della
rinascita tedesca e dunque collocando l’Unione Sovietica in maniera sempre più
massiccia in Europa Orientale (prendendo posizioni politicamente sempre più rigide nei
confronti delle possibili espressioni politiche che si possono ivi creare).

L’Europa Orientale viene totalmente liberata dall’Armata Rossa e i regimi che vengono via
via favoriti sono eterodiretti da Mosca (per mezzo di uomini collocati lì apposta):
- in Polonia i sovietici riescono ben presto a inserire gli uomini di Lublino emarginando
completamente il governo di Londra
- in Cecoslovacchia, essendo presente un forte partito comunista cecoslovacco con una
tradizione propria, Beneš cerca di fare un accordo con i sovietici nel ’44 prima che questi
entrino nel paese, sperando di favorire uno sviluppo politicamente autonomo del governo
cecoslovacco.

Suddivisione della Germania e di Berlino e incertezza sulle sue sorti


La percezione di insicurezza per Stalin non veniva solo dal problema di un’eventuale pace
separata, che si risolve con la sconfitta della Germania e con il rispetto degli accordi:
- 2 zone di occupazione in Germania
- 4 zone di occupazione a Berlino (nell’ambito della zona d’occupazione alleata viene
concessa una fetta anche ai francesi), che sarà compresa come un’enclave all’interno
della zona di occupazione sovietica.
Si acconsente anche al principio sovietico delle riparazioni: gli angloamericani erano
decisi a evitare i problemi legati alle riparazioni che avevano seguito la Prima Guerra,
mentre i sovietici arrivano a smontare gli impianti nella propria zona d’occupazione per
portarli sul territorio sovietico (queste riparazioni in natura avranno come unico prodotto il
totale fallimento sul piano politico di una Germania divisa).

Stalin avrebbe preferito una Germania unita ma neutrale, che sarebbe potuta diventare
una sorta di Finlandia, con una sovranità limitata in politica estera e messa in condizione
di non nuocere nei confronti dell’Unione Sovietica. Tuttavia la politica di Stalin risentirà di
un disegno strategico che è ancora vago sulla sorte della Germania (non è ancora chiaro
quale sia l’opzione possibile per la Germania).
-> la maggior parte dei timori sovietici si appuntano ancora sulla Germania: un possibile
ritorno aggressivo della Germania, non autonoma, ma incorporata con un fronte
capitalista che rivolge contro l’Unione Sovietica.

CRISI DI TRIESTE

Jugoslavia
Nel ’44 gli emissari sovietici vanno da Tito, ma gli aiuti che aveva ricevuto fino a quel
momento erano stati quelli britannici (non sovietici) e questo rende la Jugoslavia un
caso unico, diventando un punto fondamentale quando ci sarà la vertenza aperta con
l’Italia sulla questione di Trieste e anche nei rapporti con l’Unione Sovietica (fin
dall’inizio i rapporti tra Belgrado e Mosca, che vorrebbe stringere le maglie, sono
molto difficili e arrivano alla rottura definitiva dopo 3 anni).

Finché non esplode la questione di Trieste (Maggio 1945) la Jugoslavia rimane un


interlocutore interessante per gli inglesi, che non agiscono secondo paletti ideologici
perché Tito si afferma autonomamente portando avanti in maniera efficace la
resistenza durissima nei confronti dei tedeschi (la guerra civile era stata terribile sia per
l’azione di tedeschi e italiani, sia per la guerra interetnica che divideva i fedeli alla
monarchia serba, gli Ustaše, nazisti croati) -> Tito è stato l’unico che, portando avanti
un disegno ideologicamente strutturato, è riuscito a proporre un progetto che andasse
al di là delle divisioni etniche (e questo lo faceva apparire agli occhi degli inglesi come
la carta vincente).

Tuttavia Tito diventa un problema quando arriva a tappe forzate a Trieste nel Maggio
’45, prima degli alleati: primo nodo da guerra fredda (per la prima volta un confronto
diretto che rischia di far arrivare allo scontro quelli fino a poco prima sono stati alleati).

Vi sono via via crescente contrasti (vd. Nuovi varchi aperti per l’Unione Sovietica), il primo
dei quali si palesa con la questione di Trieste: primo test in cui si visualizza quale sia il
reale consolidarsi dei rapporti di forza e dei rapporti politici tra i sovietici e gli
angloamericani (e in questo caso Stalin darà prova di moderazione).

Ingresso di Tito a Trieste


Il IX Korpus jugoslavo di Tito entra a Trieste 24 ore prima delle truppe neozelandesi,
violando gli accordi.
Trieste aveva una valenza simbolica e strategica: è un porto fondamentale per avere
supporto logistico verso Vienna (dov’era in atto un’occupazione congiunta sovietica e
angloamericana, come succedeva a Berlino).
Si apre la possibilità di un contrasto diretto a causa del disegno di Tito il quale, oltre a
essere un leader comunista, è anche un leader nazionale e porta avanti la vecchia istanza
nazionale jugoslava che prevedeva Trieste e la Venezia Giulia -> sotto l’egida
dell’internazionalismo comunista si favorisce l’espansione jugoslava.

Gli alleati non avevano stabilito che andasse garantita Trieste all’Italia e che non si
togliessero all’Italia le acquisizioni seguite alla Prima Guerra Mondiale -> i britannici non si
fanno carico degli interessi italiani, tuttavia Tito a Trieste significa una rottura totale degli
accordi precedenti: Trieste doveva essere occupata dagli alleati.

Trieste, che aveva già vissuto la terribile occupazione tedesca (essendo città etnicamente
composita, era stata la città con il maggior numero di delatori), dovette vivere anche i 40
giorni di pesante occupazione jugoslava (la maggioranza slovena che abitava l’altopiano
era spesso schierata con le forze di liberazione jugoslave) -> si prefigurava una situazione
complicata dal punto di vista interno.

Reazione di Stalin e intervento americano


Stalin decide di agire con prudenza: volendo evitare in questa fase una rottura
dell’alleanza di guerra, non incentiva Tito a un confronto diretto con gli angloamericani,
ma sonda comunque la possibilità che si può creare a Trieste dando il via libera a Tito per
il suo ingresso.
-> Tito è costretto dal mancato appoggio sovietico a rientrare dopo 40 giorni in quella che
diverrà la Zona B e a creare una situazione di stallo (verrà percepito come primo vulnus).

In Giugno faranno l’ingresso in città gli angloamericani che istituiranno il Governo Militare
Alleato e il Territorio Libero di Trieste verrà suddiviso (formalmente in sede di trattato di
pace nel ’47) in Zona A, di occupazione alleata, e in Zona B, di occupazione Jugoslava.

Questione istriana e triestina per l'Italia


La Zona B arrivava fino a Cittanova d’Istria, comprendendo una zona di Istria e l’enclave
di Pola e questo rappresenta per l'Italia un primo assaggio per l’Italia delle ondate di
profughi istriani (che hanno capito che la Jugoslavia vuole eliminare la presenza italiana).

La questione di Trieste diventerà un nodo fondamentale della politica estera italiana: la


questione rimane impregiudicata con il Trattato di Pace del ’47 e sarà necessario un
accordo diretto tra Italia e Jugoslavia.
-> c’è in questa fase un punto dolente per l’Italia, senza risolvere il quale non riusciva a
svolgere una politica estera in proprio.

Crisi del confine orientale come evidenza della sconfitta italiana


Con Trieste e con l’Istria c’è la prima evidenza per l’Italia di aver perso la guerra: le
condizioni di pace vengono comminate ai vinti con l’eccezione dell’Alto Adige, riguardo
alla quale i profughi istro-dalmati incolperanno a lungo De Gasperi di aver avuto maggior
cura rispetto al confine orientale.
In realtà De Gasperi è nelle condizioni di negoziare con l’Austria grazie a una condizione
politica che favorisce la richiesta italiana di mantenere il confine: l’Austria, a differenza
della Jugoslavia, è un paese sconfitto e su cui grava l’ombra di un potenziale ritorno
dell’estrema destra.
La stessa condizione politica non si realizza rispetto alla Jugoslavia, e diventare ancora
più difficile per gli italiani quando nel ’48 la Jugoslavia rompe con Mosca e diventa un
interlocutore possibile per gli alleati (la questione di Trieste finisce col perdere la propria
centralità nell’ambito nel confronto della Guerra Fredda).

NUOVE ISTANZE DELL’UNIONE SOVIETICA

Differenze interne tra le parti nella fase di Potsdam (Luglio 1945)


La Conferenza di Potsdam del Luglio 1945 avviene in una fase in cui la Germania si è
arresa e bisogna pensare alla resa del Giappone e il quadro di Postdam si è modificato
rispetto a quello di Yalta (tra Febbraio e Luglio sono successe diverse cose):
- è morto Roosevelt e il successore Truman è un neofita della politica estera (condizione
che potrebbe aver influito sul peggioramento dei rapporti con l’Unione Sovietica)
- Churchill, che pure aveva tenuto la resistenza inglese solitaria contro la Germania, perde
le elezioni (indicatore di quanto la guerra abbia pesato sulla Gran Bretagna e dei sacrifici
che sono stati chiesti ai britannici) e viene sostituito da Attlee
- Stalin invece ha un potere consolidato dopo la guerra

Numerosi dubbi riguardano poi la politica americana, poiché Rooselvet non aveva mai
parlato di una permanenza americana sul continente europeo (che avrebbe dato
argomenti agli isolazionisti) -> gli Stati Uniti devono valutare con che modalità e che
misura dare al proprio impegno in Europa (si pensa ancora in questa fase che ci sia un
progressivo ritiro) mentre Stalin è già presente sul continente con le proprie forze.
-> l’Unione Sovietica dovrebbe trovarsi in una posizione di forza, anche grazie al diritto
morale che dovrebbe esserle garantito dal prezzo pagato durante il conflitto.

Situazione dell’Unione Sovietica


Tuttavia l’enorme prezzo pagato dall’Unione Sovietica consiste nella situazione
drammatica in cui è stata portata dal conflitto (in termini di perdite umane e di distruzioni
materiali sul territorio sovietico) mentre gli Stati Uniti al contrario sono intonsi e anzi,
ancora una volta, hanno avviato grazie alla guerra un sistema industriale e di produzione
che non ha bisogno di altro se non si affermarsi in nuovi mercati.

Stalin vuole chiudere il paese a qualunque possibile visione esterna che potrebbe
individuarne la debolezza (presente per esempio in termini di risorse perdute durante la
guerra) ed è consapevole del difficoltoso percorso necessario per rialzarsi dopo un
conflitto così oneroso.

-> si crea una certa sensazione di vulnerabilità che porta Stalin sempre più verso
un’azione percepita dagli alleati come aggressiva.

Truman e la cessazione del Lend-Lease Act


Alla morte di Roosevelt, che era stato un accentratore e aveva confidato molto sul
rapporto personale e sull’entourage stretto che costruiva la politica estera della nazione,
Truman si trova nella condizione di dover portare avanti scelte politicamente sbagliate:
Truman sospende il Lend-Lease Act (Legge Affitti e Prestiti) che aveva costantemente
alimentato Gran Bretagna e Unione Sovietica e che (secondo l’idea del Congresso) non
poteva essere intesa come una forma di elargizione di prestiti a prescindere dal conflitto -
> Truman firma un provvedimento esecutivo che ne prevede l’immediata sospensione
(vengono fatte rientrare le navi che erano partite per rifornire Unione Sovietica e Gran
Bretagna).
-> il provvedimento di Truman viene percepito dai sovietici come un cambio di passo
della politica americana e comincia a farsi strada tra i sovietici che gli americani stiano
cercando di modificare a cose concluse la propria politica nei loro confronti.

Ritiro sovietico dall'Iran


I sovietici cercano dunque di sfruttare sempre più i varchi che si stanno aprendo rispetto a
ciò che è rimasto insoluto sul piano politico dei destini europei e non solo.

L’Iran nel corso della guerra, dopo l’Operazione Barbarossa, era stato oggetto di
un’occupazione congiunta in cui la parte Nord era andata ai sovietici e quella Sud agli
inglesi (e poi angloamericani), e dopo la guerra i sovietici stentano ad andarsene dalla
parte Nord del paese, cercando di negoziare il proprio ritiro con delle concezioni
petrolifere e cercando di appoggiarsi al Partito Comunista dell’Azerbaijan -> l’Unione
Sovietica cerca di riportare un’influenza perenne sulla parte Nord dell’Iran.

Nuove istanze di Stalin secondo vecchie logiche


In molte delle istanze staliniane di questa fase c’è una ripresa delle vecchie pulsioni di
espansione russe, a partire dalla ricerca di uno sbocco sui mari caldi, in particolare il
Mediterraneo, dove i sovietici capiscono che esistono delle aree di crisi che vengono dal
fatto che l’Impero britannico è in declino (gli inglesi hanno sempre più difficoltà a
controllare determinate zone e ciò si verificherà in ampi settori dell’Europa e degli stessi
Balcani e per esempio sono costretti a ritirarsi dalla Grecia, rimasta preda di una guerra
civile tra filo-monarchici e filo-comunisti, che pure era era sempre stata considerata un
punto vitale per la posizione britannica nel Mediterraneo):
- c’è una richiesta di rivedere gli Accordi di Montreux che regolano il passaggio sugli
stretti.
- c’è una rivendicazione sovietica anche sulla Libia (la carta delle Nazioni Unite prevede
per le colonie il sistema dell’amministrazione fiduciaria, trustship, che a differenza dei
mandati della Società della Nazione prevede il bene dei cittadini oggetto
dell’amministrazione fiduciaria ma anche il raggiungimento dell’indipendenza per questi
paesi).

-> tutti i varchi che si sono aperti implicano per l’Unione Sovietica una possibilità ulteriore
di riposizionarsi con maggior forza sullo scenario globale.
17.11.27 Storia delle Relazioni Internazionali
PRIME RAGIONI DELLA GUERRA FREDDA

Il sistema a cui Roosevelt affidava una parte del futuro (Nazioni Unite, uno dei punti
salienti del gran design rooseveltiano) poggiava su elemento fondamentale: accordo
(analogo a quello che c’era stato durante la guerra) con l’Unione Sovietica.

Il termine blocco indica una contrapposizione netta che nel ’45 ancora non si è verificata:
ci sono ancora molte porte aperte e la possibilità che si possa arrivare all’intesa postulata
come possibile gestione futura delle relazioni internazionali a livello globale.
Con la questione di Trieste, che era stata una delle prime occasioni di confronto diretto e
verra rievocata da Churchill tracciando la “Cortina di Ferro”, Stalin si mostra prudente e
non disposto a rischiare uno scontro diretto con gli angloamericani su una situazione che
avrebbe dovuto giovare al sistema.

Poca conoscenza americana dell’Unione Sovietica


La morte di Roosevelt nell’Aprile '45 ha un certo peso: Truman non è un esperto di
politica estera non aveva partecipato alle principali questioni e i suoi uomini (che pure
erano stati quelli di di Roosevelt) non avevano una diretta conoscenza dell’Unione
Sovietica -> un altro dato fondamentale sarà il (basso) grado di conoscenza degli
angloamericani rispetto all’Unione Sovietica.

L’Unione Sovietica è stato un paese chiuso per lungo tempo: dopo l’affermarsi della
rivoluzione bolscevica viene isolata e contemporaneamente si isola, tendendo a chiudersi
-> è difficile comprendere le finalità politiche di Stalin: finché c’era la guerra tutto era
appiattito dalla finalità fondamentale di respingere i tedeschi e qualcosa si può percepire
quando cessa la grande emergenza militare (inizi del ’42) ma quando il percorso di Stalin
comincia a diventare maggiormente politico ci sono dei grandi punti interrogativi.

Diffidenza reciproca e punti di frizione


La diffidenza reciproca non viene cancellata dal percorso fatto insieme durante la guerra:
Stalin fino all’ultimo è diffidente e teme che gli alleati possano stipulare una pace separata
con la Germania (secondo la vecchia idea dell’accerchiamento capitalista nei confronti
dell’Unione Sovietica)

Al contempo alcune rivendicazioni sovietiche sono difficilmente accettate dall’opinione


pubblica americana (rivendicazione sulla Polonia o tentativo di estendere la propria area
di influenza al di là dei limiti etnici dell’Unione Sovietica), così come le modalità con cui
avanzata l’Armata Rossa (con un chiaro significato politico: la precisa volontà di
estendere un’influenza definitiva sull'Europa Orientale).

I punti di frizione sono molteplici e possono andare oltre l’Europa: l’Iran, che pure era
stato oggetto di un accordo nel corso della guerra, diventa un punto interrogativo nel
momento in cui i sovietici si mostrano reticenti ad andarsene (riappropriandosi delle linee
di espansione della classica politica estera russa: l’accordo ricalcava perfettamente
l’accordo anglo-russo in cui l’Iran veniva suddiviso in sfere d’influenza).
Le pressioni russe sugli stretti della Turchia (rivendicazione degli stretti sempre contesi tra
Turchia e Unione Sovietica, e accordo di Kars).
-> c’erano delle rivendicazioni ricalcate sulle vecchie rivendicazioni sovietiche.
Dato ideologico
I sovietici erano sempre più pervasivi nei confronti delle amministrazioni nell’Europa
Orientale: le grandi divergenze sulla Polonia inizialmente riguardano le frontiere (di fatto
accettate dagli angloamericani) ma poi diventano delle divergenze politiche (è evidente
l’intento sovietico di annullare il governo polacco in esilio, perché è chiaro che potrebbe
alimentare una dissidenza nei confronti di un pieno controllo sovietico).
Anche in Romania e Bulgaria poi, è evidente che la composizione dei governi sia sempre
più eterodiretta da Mosca (Belgrado e la Jugoslavia rimarranno una storia a se stante: Tito
sarà il protagonista della liberazione e perciò sarà l’unico dell’Europa Orientale a poter
fare affidamento sul riconoscimento sul fronte interno, garantendosi una maggior libertà
politica nei confronti di Mosca).

LONG TELEGRAM (1946)

È necessario analizzare il documento fondamentale che dovrebbe aver orientato la


percezione e la conoscenza che la dirigenza statunitense ha del dato politico sovietico e
della politica estera dell’Unione Sovietica -> Long Telegram di Kennan, pubblicato nel
Luglio ’47 su Foreign Affairs.

Necessità di conoscere l’Unione Sovietica


Il Long Telegram è un dispaccio che viene inviato a Washington dall’ambasciata
americana a Mosca da George Kennan, un funzionario che ha il merito di essere un
conoscitore dell’Unione Sovietica -> ha analizzato l’Unione Sovietica per riempire la
gravissima lacuna di conoscenza rispetto alla comprensione della politica estera sovietica
(se la dirigenza americana non si interroga sul funzionamento e sulle finalità della politica
estera dei sovietici sarà impossibile prendere le decisioni giuste in questa fase).

Situazione e obiettivi sovietici


Kennan comincia facendo un’analisi della situazione interna dell’Unione Sovietica:
riscontra una situazione in cui il dato ideologico ha un’estrema rilevanza che al contempo
si arrocca in difesa, ma lo fa estendendosi in tutte le aree in cui riesce a trovare una forma
di incertezza.
Il comunismo può fare presa come struttura politica e di pensiero nei sistemi in crisi
politica ed economico-finaziaria e l’Europa che esce dalla Seconda Guerra è un esempio
perfetto di come il fondamento rivoluzionario del bolscevismo possa far presa -> ci sono
paesi da ricostruire nella forma di governo e nel dato economico (e in questo caso la
Seconda Guerra è stata più grave della Prima, avendo portato distruzioni materiali
gravissime a cui far fronte).

Germania come manifestazione della frizione tra sovietici e angloamericani


La Germania è il dato emblematico perché è il luogo dove si concentrano tutto le
problematiche europee: è un paese i cui destini sono da disegnare con una strategia
politica di lungo respiro.
Non bisogna stabilire solo una frontiera ma anche dei rapporti tra sovietici e occidentali,
visibili fisicamente con la divisione del paese e ancor più evidenti a Berlino, divisa in 4
aree di occupazione dove ci si fronteggia con criteri di occupazione sempre più diversi.
I russi sono condizionati da un grave errore politico, animato anche dalla sete di vendetta,
che seguiva l’idea di dover essere risarciti dall’enorme danno subito in termini di perdite
umane, economiche e territoriali: l’occupazione russa nella Germania Orientale e a Berlino
è stata molto dura e ha previsto addirittura il trasferimento interi industriali in territorio
sovietici (a titolo di risarcimento)
-> emerge come non ci sia una vera strategia nel nucleo di vitale interesse per la politica
estera sovietica (Stalin non ha un disegno di lungo periodo per la Germania).
Gli occidentali invece sempre più concentreranno su questo la maggiore attenzione,
cercando di unire le forze, e sarà proprio la Germania uno dei punti di grande frizione tra
gli angloamericani e i russi.

Potenziale penetrazione sovietica nei punti di debolezza


L’esempio della debolezza economica è fondamentale: Kennan ritiene che se i sovietici
potrebbero arrestare qualora si trovassero di fronte a una risposta forte e decisa, ma se
dovessero trovare delle aree di incertezza le utilizzerebbero per affermarsi
ideologicamente e territorialmente.
Oltre che sulla vecchia politica russa tradizionale ora si può fare perno anche sulla politica
ideologica e la Svolta di Salerno, con il rientro di Togliatti dopo il soggiorno sovietico, è
uno degli strumenti attraverso cui i sovietici pensano di ingerirsi indirettamente nella
politica italiana, con una pressione che può essere esercita in un paese che vive alla fine
della guerra una situazione drammatica (economicamente la situazione è tragica: gran
parte dell’Italia è alla fame e il primo viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti, che precede il
piano Marshall, ha la duplice funzione di farsi conoscere e di chiedere aiuti di prima
necessità per l’Italia).
La situazione drammatica del dopoguerra rende i partiti che presentano un’opzione
innovatrice e rivoluzionaria potenzialmente più forti, con il sostegno esterno di Mosca.
-> Kennan indica come sia un errore arretrare e come sia necessario prestare attenzione a
tutti i punti di debolezza politica ed economica dell’Europa.

Containment come conseguenza


La conseguenza più immediata del Long Telegram di Kennan (che diventerà un lungo
articolo su Foreign Affairs) è la dottrina del containment, che rappresenterà un’ulteriore
fase dopo le varie esitazioni di Truman (ritiro del Lend-Lease Act e successivo tentativo di
mostrarsi più collaborativo con l’Unione Sovietica).

RIDIMENSIONAMENTO BRITANNICO COME PRIMA RAGIONE DEL CONTAINMENT

La Dottrina del Containment (1947, poco dopo il Long Telegram) nasce da un’esigenza
precisa: necessario ricollocamento delle posizioni imperiali britanniche (uno degli elementi
che rappresentava una debolezza nel fronte angloamericano).

Ricollocamento delle posizioni imperiali britanniche


La Gran Bretagna usciva dalla Seconda Guerra Mondiale fortemente debilitata da un
punto di vista economico-finanziario e anche politico (la sconfitta di Churchill alle elezioni
rappresenta tutto il malessere sul fronte interno presente in Gran Bretagna) ed era
necessario pensare a un processo di decolonizzazione di cui Roosevelt già aveva parlato
(nell’ottica rooseveltiana le colonie erano il fardello da abbandonare).

Il processo di decolonizzazione viene declinato attraverso il concetto delle


amministrazioni fiduciarie: prendere per mano i paesi in via di decolonizzazione con la
finalità di portarli al più presto a una piena indipendenza -> quella che per più di un secolo
era stata una mentalità imperialista fatica a trovare un adattamento immediato e si cerca
di passare dalla colonizzazione diretta all’area di influenza indiretta (es. grande influenza
che i francesi sperano di mantenere in Nord Africa, pensando addirittura di tenere l’Algeria
come territorio metropolitano francese, incedibile).
Gli stessi inglesi sono saldamente ancorati a una politica imperiale che, anche se
modernizzata (si abbandonano le colonie e si arriva nel ’47 all’indipendenza dell’India),
prevede di mantenere ancora le logiche delle preferenze imperiali e delle aree di influenza
per esempio nel Medio Oriente, nonostante vi sia una difficoltà sempre maggiore.

DIFFICOLTÀ BRITANNICHE IN PALESTINA

Mandato britannico in Palestina


Gli inglesi pensavano di poter gestire una situazione vitale per il loro interesse: il
controllo sulla Palestina garantiva un controllo più ravvicinato su Suez e sull’Egitto ->
tenere le posizioni nodali per il proprio interesse in termini di traffici commerciali e
petroliferi.

L’idea di poter mantenere una serie di aree di influenza aveva spinto gli inglesi a
cercare di ridisegnare il più possibile l’assetto mediorientale tra le due guerre, ancora
secondo le logiche che venivano dalle analisi di Sykes e dalla necessità di tenersi una
serie di leader arabi amici (tramite l'Arab Bureau; il Regno di Giordania, che vive grazie
agli inglesi), nonostante in Palestina, teatro in cui gli inglesi erano stati pure attivi nel
corso della Seconda Guerra, le difficoltà fosse crescenti.

Contrasto tra arabi ed ebrei


Ormai il contrasto tra arabi ed ebrei è diventato insanabile anche a causa
dell’immigrazione sempre più accentuata da parte degli ebrei.

Gli inglesi sono stati inizialmente grandi difensori del sionismo e con la Dichiarazione
Balfour del ’17 avevano eletto la Palestina a luogo dell'emigrazione ebraica, che era
però era scaglionata e ancora contingentata agli ebrei dei pogrom (dei paesi baltici,
della Polonia, …), tanto che lo stesso Faisal non mostra un’inimicizia immediata nei
confronti del progetto, ipotizzando che possa esserci una tranquilla convivenza.

Nel tempo gli ebrei europei arrivano con l’idea di insediarsi, comprando le terre da
grandi proprietari arabi che risiedono altrove (che vendono senza un disegno politico
ma solo perché i territori sono diventati molto appetibili -> si crea una situazione in cui
i piccoli agricoltori arabi vengono scacciati dai terreni su cui avevano sempre lavorato
e cominciano a considerare gli insediamenti ebrei sempre più pervasivi (non c’è da
principio un’ostilità preconcetta tra i due popoli).

Quando gli inglesi si accorgono che i flussi migratori sempre più ingenti rischiano di
mettere a repentaglio non solo la Palestina ma anche tutto l’impero (perché potrebbe
emergere il concetto di solidarietà pan-araba e pan-islamica), cercano prima una
mediazione impossibile tra arabi ed ebrei e poi di contingentare i flussi:
- diventano per gli stessi ebrei il principale ostacolo alla libera emigrazione verso la
Palestina, in contrasto con quella che era stata la promessa implicita dell’Accordo
Balfour del ‘17
- rimangono per gli arabi gli artefici di tutta la politica migratoria

Movimenti ebraici
Contemporaneamente, i principali movimenti di difesa degli interessi ebraici (a
cominciare da quelli che si muovono in una logica operativa terroristica come gli Irgun)
cercano di scacciare gli inglesi dal territorio palestinese per ottenere l’indipendenza e il
territorio da destinare agli insediamenti ebraici.
Gli ebrei stessi erano politicamente divisi al loro interno (Haganah e Irgun non erano in
buoni rapporti).

Shoah ed emigrazione verso i territori palestinesi


Con la Shoah la situazione diventa ancor più problematica, poiché è difficile negare la
possibilità di emigrare verso la Palestina agli ebrei che escono dai campi di
concentramento (e che continuano a essere perseguitati nei luoghi di provenienza) ->
la spinta all’emigrazione verso il territorio palestinese produce un ulteriore elemento di
conflittualità.

Cessazione del mandato inglese e nascita di Israele


Gli inglesi si trovano in una situazione difficilissima da gestire: non sono riusciti ad
arrivare a un accordo con gli arabi (che continuano a percepirle come l’origine
dell’emigrazione ebraica in Palestina) e al contempo gli ebrei vogliono cacciare dalla
Palestina i britannici, che cercano il più possibile di limitare gli ingressi per evitare il
conflitto con gli arabi.

Falliti i rapporti sia con l’una che con l’altra parte, gli inglesi se ne vanno dalla
Palestina (dopo una una serie crescente di attentati, il più grave dei quali fu quello al
King David Hotel organizzato dall’Irgun).
Nel ’48 si afferma lo stato di Israele, con il presupposto di una cessazione autonoma
da parte degli inglesi del loro mandato (non è più possibile per gli inglesi tenere la
Palestina) con un’uscita rapida dal territorio.

-> la situazione diventa difficile anche sotto il punto di vista finanziario: gli inglesi non
riescono più a sostenere l’invio in territorio palestinese di truppe che vengano
contemporaneamente attaccate dagli Irgun e dagli arabi.

Arretramento britannico e riposizionamento americano


Lo stesso problema si sta proponendo nelle caratteristiche zone di influenza britanniche
in Europa.
L’Accordo delle Percentuali (Ottobre ’44) avrebbe dovuto far chiarezza ma ciò non
avviene: la Grecia rimane in una situazione aperta con una lotta tra i partigiani che si
rifanno all’opzione anti-monarchica, rivoluzionaria, filo-comunista (sostenuti dalla
Jugoslavia) e i monarchici (sostenuti dai britannici).
I britannici non hanno più le forze economiche e la possibilità politica per continuare a
sostenere i monarchici in Grecia, e nemmeno la Turchia rispetto alle rivendicazioni
sovietiche -> repentino arretramento.

Il riposizionamento della politica estera americana sull’Europa (che avviene benché il gran
design rooseveltiano prevedeva un ritiro degli americani) è indotto anche dal fatto che gli
inglesi non riescono più a mantenere certe posizioni considerate vitali perché di
contenimento rispetto a un pieno espansionismo sovietico che avviene in tutte le aree
dove è consentito.

Anche in Grecia (dove pure le percentuali previste erano 90-10 a favore degli inglesi),
essendoci una situazione fluida, i sovietici potrebbero cercare un presidio fondamentale
sul Mediterraneo (ragione per cui gli inglesi avevano sempre voluto mantenere le proprie
posizioni) -> i russi cercano un varco verso il Mediterraneo (anche attraverso il Medio
Oriente, che costituirà un’altra area potenzialmente possibile per i sovietici).

-> quando gli inglesi dichiarano di doversi ritirare dalla Grecia e di non essere in grado di
offrire protezione alla Turchia contro le rivendicazioni sovietiche, sono gli americani che
devono affermare che il containment è compito loro: c’è un passaggio di consegne tra
inglesi e americani (gli inglesi si ridimensioneranno veramente dopo la Crisi di Suez del
’56).

Dottrina del Containment


L’emergenza in questa fase porta Truman a inviare aiuti finanziari e militari a Turchia e
Grecia -> dottrina del containment, che dà in questo caso una risposta militare alle idee di
Kennan.
Kennan tuttavia dichiara di essere stato frainteso perché la sua voleva essere un’analisi
politica: a un’azione politica avrebbero dovuto far seguito provvedimenti di natura politica,
mentre il containment ha un’origine militare.

L’amministrazione Truman sempre più sta portando il paese fuori dal postulato
isolazionista (il ritiro degli Stati Uniti, che avrebbero dovuto lasciare una tranquilla gestione
in Europa, sembra sempre più irrealizzabile).

PIANO MARSHALL (1947)

Tra il 1947 e il 1948 la vera risposta in linea con il Long Telegram di Kennan, dopo la
dichiarazione sul containment nel Marzo 1947, è nel Giugno 1947 il Piano Marshall.
Il Piano Marshall riesce a cogliere il senso del Long Telegram: la necessità di modificare
una situazione che avrebbe drammaticamente rafforzato i sovietici (un’Europa debole e in
balia di qualunque condizionamenti politico perché finanziariamente, economicamente e
politicamente fragile).

Riunificazione della trizona e ritorno della Germania come baluardo anti-sovietico


La Germania rimane il perno fondamentale dell’Europa e non è possibile parlare di destino
dell’Europa senza considerare il futuro della Germania -> anche sulla Germania devono
essere presi dei provvedimenti.
Gli americani si accorgono presto che l’opzione Morgenthau (che prevedeva di
distruggere il sistema produttivo industriale tedesco, riducendo la Germania a un nulla
politico e a un’entità trascurabile dal punto di vista politico) è una follia e il Piano
Morgenthau decade molto presto.
-> si arriva anzitutto a un’unità di intenti riunificando le 3 zone di occupazione occidentale
per ricostruire una forma statuale tedesca e per poter riportare presto la Germania a poter
reggersi da sola.
Attraverso il Processo di Norimberga si avvia il processo di autocritica e ripulitura
dall’ideologia: si istituisce ex novo un diritto funzionale a processare i criminali di guerra,
ma senza azzerare un’intera classe dirigente, che era stata necessariamente connivente
con il nazismo. che deve essere riciclata per ricostruire velocemente la Germania (era già
stato lanciato da Hoover l’allarme sulla possibilità che la Germania diventasse ostaggio
dell’influenza sovietica).

Stalin non era riuscito ad avere un vero disegno di lungo periodo sulla Germania perché si
era illuso che la Germania non sarebbe riuscita a rinascere in tempi rapidi (profughi,
perdite territoriali, possibile revisionismo) e sperava nella sua decadenza. Non aveva
inoltre previsto il disegno di una Germania divisa e avrebbe accettato il disegno di una
Germania unificata purché neutrale e disarmata.
-> con la riunificazione della trizona e con la politica che si sta delineando da parte
americana, comincia a farsi strada in Stalin l’idea che la Germania possa diventare
un’entità statale nuovamente autonoma e anche che possa essere riarmata per mano
americana, costituendo la prima minaccia europea contro l’Unione Sovietica.

La riunificazione delle tre zone e la creazione di una moneta che valga nella zona unificata
dagli occidentali sono elementi che costituiscono uno stato nuovamente autonomo ->
segnali per i sovietici che qualcosa si sta muovendo in campo occidentale: la Germania
non è più il male assoluto, ma può essere ripulita e considerata un baluardo anti-
sovietico).

Ragioni economiche e politiche del Piano Marshall


Il piano Marshall (European Recovery Program) serve a cogliere quell’aspetto dell’analisi
di Kennan in cui nella debolezza economica si individuava ciò su cui i partiti comunisti
nell’Europa Occidentale avrebbero potuto far presa (ci sono forti partito comunisti in Italia
e Francia, c’è una lotta civile in Grecia -> in molti punti che avrebbero dovuto essere
saldamente sotto controllo occidentale, c’è una situazione ancora estremamente fluida).

L’European Recovery Program è un progetto di aiuti a lungo termine tesi a sanare i danni
prodotti in Europa dalla guerra, per rispondere a una doppia esigenza:
- esigenza politica: come descritta dal Long Telegram.
- esigenza economica: gli Stati Uniti hanno dopo la guerra un meccanismo produttivo
molto ben avviato che ha bisogno di piazzare le produzione in mercati in grado di
accoglierla (non c’è ancora un terzo mondo in grado di assorbire manufatti e prodotti
dell’industria americana) e solamente l’Europa può essere la controparte del sistema e per
esserlo deve tornare a funzionare economicamente.

L’Europa deve essere anche politicamente stabile, altrimenti nulla può impedire ai
sovietici di essere la vera potenza monopolizzante il controllo del continente europeo:
- il ruolo della Francia è segnato dai difficili rapporti di De Gaulle con le amministrazioni
statunitensi (offeso per non essere stato invitato a Yalta, rifiuterà poi di incontrare
Roosevelt)
- il ruolo della Gran Bretagna (l’altro perno su cui gli Stati Uniti avevano sperato di potersi
appoggiare) è compromesso dalle difficoltà in cui si trovano gli inglesi.

-> gli aiuti devono sanare una situazione economicamente drammatica e sono utili dal
punto di vista politico ed economico per gli Stati Uniti.

Incertezza sovietica e creazione dei blocchi


L’ERP si rivolge a tutti i paesi europei e dunque a rigore non dovrebbe essere presentato
come uno strumento politico, ma piuttosto come uno strumento di intervento
generalizzato -> alla Conferenza di Parigi convocata con la finalità di discutere le
condizione del Piano Marshall si presentano anche Molotov e i ministri degli esteri di
diversi paesi dell’Europa Orientale (inizialmente i sovietici non sono sicuri di cosa si stia
parlando e potrebbero ipotizzare di potersi ancora avvantaggiare di una sorta di Lend-
Lease e di poter usufruire dello strapotere economico americano).
-> l’interrogativo sovietico sottolinea come ci si fronteggi ancora con una grande
incertezza reciproca.
È con il Piano Marshall che si crea la vera grande frattura e i blocchi -> è il Piano Marshall
lo strumento più efficace utilizzato dagli americani contro i sovietici, piuttosto che la
dottrina del containment (in seguito alla quale l’azione è stata relativa).
La reazione sovietica al Piano Marshall è invece molto dura e di chiusura: Molotov fa
ritirare tutta la delegazione di ministri dell’Europa dell'Est (questi paesi non possono più
aspirare ad avere una politica estera autonoma: “arrivati a Parigi come stati liberi e tornati
completamente asserviti al potere di Mosca”).
L’analisi affidata all’economista del Cremlino sul Piano Marshall è allarmante ma corretta:
individua nel Piano il grimaldello attraverso il quale gli Stati Uniti riusciranno a estendere la
loro influenza in Europa.

Precondizioni ed esclusione dell’Unione Sovietica


I sovietici costringono i paesi dell’Europa Orientale a rinunciare al Piano Marshall (che
inizialmente era stato rivolto a tutti), anche perché gli americani lo avevano strutturato con
delle precondizioni ineludibili: sistema di libero mercato e bilanci trasparenti (gli effetti del
Piano Marshall devono essere visibili), ma la chiusura rispetto agli occhi esterni è un tratto
fondamentale dell’Unione Sovietica nel dopoguerra, che non vuole lasciare trasparire la
debolezza (inevitabile per quello che ha subito con la Seconda Guerra Mondiale)
all’esterno.
-> il Piano Marshall viene pubblicamente e ufficialmente rivolto a tutti, ma praticamente è
rivolto ad aiutare l’Europa Occidentale e la Germania.

Duplice riuscita, economica e politica, del Piano Marshall


Il Piano Marshall aiuta la Germania (e l’Europa) a risollevarsi e l’Italia in fase pre-elettorale,
ma diventa contemporaneamente uno strumento di controllo politico in mano agli
americani (es. le aziende italiane per adire agli aiuti del Piano Marshall devono eliminare i
sindacati più orientati a favore del Partito Comunista) -> il Piano Marshall dà un
orientamento politico e ha una finalità politica.

-> il Piano Marshall riesce a ottenere anche la finalità economica che si prefiggeva, cioè la
velocizzazione del processo di ricostruzione (come analisi successive consentiranno di
affermare), e al contempo a stabilizzare politicamente la parte occidentale dell’Europa (a
partire dalla Germania).

L’European Recovery Program può essere definito una sorta di Dottrina Truman in azione
e la vera efficacia della Dottrina starà più nel Piano Marshall che nel Containment.
I sovietici infatti reagiscono con maggiore preoccupazione proprio al Piano Marshall,
poiché questo prevede anche con tutta evidenza il ripristino della Germania, che si
affianca al resto dell’Europa Occidentale diventando il vulnus che tanto temevano.
-> prima grande crisi: Crisi di Berlino (vedi Crisi di Berlino).

CRISI SOVIETICHE DEL ‘48

Dopo il Piano Marshall, arrivano nel ’48 le crisi serie.

Colpo di stato in Cecoslovacchia


Per prima, nel’48, la resa dei conti con il governo di Praga: Beneš aveva fatto l’accordo
coi russi prima che finisse la guerra sperando di poter ottenere un certo equilibrio nei
rapporti con Mosca, ma nel ’48 avviene il colpo di stato a Praga che orienta
definitivamente l’assetto cecoslovacco con un governo interamente comunista (e
interamente prono ai voleri di Mosca) -> la situazione di tutti i paesi satellite non lascerà
spazio di manovra in politica estera ed economica.

Espulsione di Tito dal Cominform


La Jugoslavia è l’unico paese che potrebbe conservare maggiore spazio di manovra e
infatti arriva puntuale la condanna di Mosca nei confronti di Tito, che viene espulso dal
Cominform (agenzia che poteva sostituire il Comintern, all’interno della quale si trovavano
tutti i leader dei principali partiti comunisti dell’Europa dell’Est e Occidentale).
L'espulsione di Tito (che si rivelerà poi un grave errore commesso da Stalin), insieme
all’idea che la Jugoslavia possa essere considerato un sistema eretico dal punto di vista
ideologico (sono ancora i russi a dettare la dottrina e la correttezza in termini ideologici),
garantisce a Tito una certa libertà e sancisce la capacità della Jugoslavia di reggersi
autonomamente rispetto a Mosca.
-> Stalin in questa fase è convinto che accentrare sia la scelta politicamente più corretta.

Partito Comunista in Italia


Sul fronte occidentale c’erano state altre avvisaglie della contrapposizione: nel ’47 il
Partito Comunista in Italia toglie il proprio sostegno al governo, evidenziando il venire
meno della compartecipazione del Partito iniziata con la Svolta di Salerno.
-> anche nei paesi occidentali la contrapposizione diventa netta.

Durante l’appuntamento elettorale del ’48, la campagna elettorale si gioca proprio sulla
questione della Guerra Fredda: non è solo una contrapposizione tra due partiti (Fronte
popolare e partiti conservatori del centro-destra come la DC, di cui nel frattempo De
Gasperi è diventato la guida) ma diventa anche una contrapposizione esistenziale.

ACCORDO DI PACE DEL ’47 E ELEZIONI DEL ‘48

L’Italia nel Febbraio ’47 ha avuto il proprio accordo di pace firmato a Parigi, dove De
Gasperi si presenta davanti ai delegati e riconosce la natura politica del trattato accordato
all’Italia.
Le questioni fondamentali da decidere per l’Italia erano:
- Trieste
- il confine del Brennero
- le colonie

Trieste libera, Gorizia italiana e Pola perduta


I contenuti dell’Accordo del ’47 hanno delle conseguenze limitate e molte questioni sono
lasciate impregiudicate, a partire da Trieste (che rimane un nodo centrale per la politica
estera italiana) -> viene formalizzato il Territorio Liberto di Trieste suddiviso in 2 zone
(governo militare alleato nella Zona A e governo jugoslavo nella Zona B, che va
dall’attuale confine a Cittanova).
Il secondo colpo all’Italia è la perdita definitiva di Pola (con un’ulteriore ondata di profughi
all’Italia), mentre Gorizia passa definitivamente all’Italia.

Brennero
La questione del Brennero si era risolta nel 1946 con gli Accordi De Gasperi-Gruber che
confermavano il mantenimento della frontiera al Brennero.

Colonie
La questione delle colonie viene rinviata a trattative successive e non si riesce a risolverla.
Ci sono delle rivendicazioni sovietiche sulla Libia, tramite la richiesta di amministrazione
fiduciaria sul paese -> i sovietici cercano di coprire gli spazi di incertezza laddove nel
disegno iniziale erano gli inglesi a dare per scontato che avrebbero occupato gli spazi
lasciati liberi dagli italiani (la prima finalità degli inglesi rispetto all’Italia era la distruzione
dell’Impero coloniale italiano, ma in questa fase cominciano a non avere più la forza che
sarebbe richiesta).

Le rivendicazioni italiane riguardano le colonie pre-fasciste (viene dato per scontato che
l’Etiopia sia un paese autonomo e non viene previsto un sistema di amministrazione
fiduciaria): De Gasperi chiede l’amministrazione fiduciaria sulla Libia e sulla Somalia,
rivendicando che l’intento coloniale italiano fosse stato quello positivo di costruire colonie
di emigrazione dove portare i propri coltivatori (non uno sfruttamento bieco ma piuttosto
un’amministrazione che ha creato anche infrastrutture, culture, …).

La questione delle colonie verrà risolta solo nei primi anni ’50 e viene concessa all’Italia
l’amministrazione fiduciaria sulla Somalia (poi ci si renderà conto che le amministrazioni
fiduciarie saranno più un fardello, anche a causa dei crescenti problemi politici e contrasti
interni ai paesi).

Delusione italiana e nuovo ruolo nel contesto della Guerra Fredda


Il postulato con cui De Gasperi prende atto degli Accordi del ’47 è di estrema delusione:
gli italiani, nell’idea della combelligeranza e di ciò che era seguito all’armistizio dell’8
Settembre, avevano sperato di ottenere qualcosa di diverso da quello che in realtà è un
accordo di pace nei confronti di un paese vinto.

L’unico elemento che mitiga l’accordo di pace e rende l’atteggiamento nei confronti
dell’Italia più morbido è la rilevanza che acquisisce l’Italia nell’ambito della Guerra Fredda,
anzitutto perché in Italia c’è un forte partito comunista.

Inizialmente il postulato del ’47 è quello di una pace totalmente punitiva e prevede per
esempio lo smantellamento delle forze armate, ma questo ben presto verrà rivisto alla
luce della necessità che si ha di fare dell’Italia un elemento militarmente efficiente -> si
decide che l’Italia è interessante per il confronto tra i blocchi (per la sua stessa struttura di
“portaerei nel Mediterraneo”, l’Italia diventerà un’area sempre più rilevante e un
caposaldo della Guerra Fredda).
Il ruolo differente che l’Italia acquista con la Guerra Fredda, da un lato gioca a suo favore,
ma dall’altro diventa un problema sul piano interno (l’alternanza PCI-DC sembrerà
speculare rispetto al contrasto Est-Ovest e il Partito Comunista avrà numerose difficoltà a
destreggiarsi tra la politica interna e la cappa di Mosca).

Trieste e l’Italia come oggetto del contendere della Guerra Fredda


La forte presenza del Partito Comunista in Italia porta, prima dell’elezione del ’48, gli
americani a chiarire che a vincere dovrà essere il fronte anti-comunista e perché questo
avvenga sono disposti a fare di tutto -> la Dichiarazione Tripartita del ’48 postula il ritorno
di tutto il Territorio Libero di Trieste all’Italia (non c’è una vera sostanza ma ha solamente
una finalità di propaganda).
-> anche la questione di Trieste finisce per rientrare nei termini della Guerra Fredda, in cui
esiste l’elemento della propaganda: gli americani rafforzano la DC, che si batte per il
mantenimento di Trieste, mentre Togliatti è diviso tra l’internazionalismo comunista e
l’opinione pubblica interna (prima contrapposizione tra logiche nazionali e
internazionaliste del partito).
CRISI DI BERLINO (1948-1949)

Stalin sa che l’unificazione delle 3 zone prelude alla costituzione di uno stato: la
divisione della Germania avviene come dato di fatto nel momento in cui gli americani
decidono che nella loro zona vanno a ricostituire uno stato alleato con gli occidentali
(quella che sarà la Repubblica Federale), cioè quello che i sovietici avevano sempre
temuto.

Blocco della Città


A fronte dell’unificazione delle 3 zone e dell’istituzione della nuova moneta nella zona
occidentale i sovietici reagiscono con il blocco della città: chiusura decisa dei sovietici nei
confronti della città (Berlino si trova all’interno della zona di occupazione sovietica).

Fallimento politico dei sovietici e prima prova di forza


L’errore che i sovietici hanno commesso nei confronti della Germania è stato quello di non
essere stati lungimiranti rispetto all’azione politica nella parte di Germania che
occupavano -> c’è un passaggio costante di profughi verso dalla Berlino Est alla zona
Ovest, con il rischio che la parte Est si vada a svuotare, diventando l’emblema di un
fallimento: la gente fugge da un sistema comunista, che si sta confrontando con uno
capitalista.

Stalin impedisce l’accesso alla città con un potenziale rischio di conflitto diretto (la Crisi di
Berlino è uno dei momenti in cui, durante la Guerra Fredda, si ha la forte percezione di
poter passare a una guerra vera e propria), che sarebbe scoppiato per esempio qualora il
blocco fosse stato esteso al cielo.

Ponte aereo
Gli americani seguono la logica di Kennan che prevedeva di non lasciare varchi e non
ritirarsi (altrimenti ci sarebbe un avanzamento) e che i sovietici si sarebbero ritirati in caso
di opposizione netta e contrasto sicuro (Stalin effettivamente sarà sempre caratterizzato
da un certo realismo per cui sapeva fin dove poteva arrivare, e da una gestione sempre
abbastanza razionale della politica estera) -> la città viene rifornita attraverso un ponte
aereo.
Il ponte aereo (tantissimi aerei decollavano e arrivavano a Berlino) rappresenta un
dispiegamento di forze economiche incredibile -> il costo che gli americani sostengono
per rifornire Berlino (che è diventato un emblema) delinea quella che sarà una difficoltà
costante per i sovietici, cioè il doversi confrontare sempre con una potenza che dalla
guerra è uscita rafforzata (mentre il potenziale sovietico è tutto da ricostruire).

Crisi di Berlino come definitiva contrapposizione tra 2 blocchi


La crisi del blocco di Berlino è uno dei primi sintomi di grande difficoltà nei rapporti, che
diventano sempre più contrapposti -> da questo momento in poi, e da quando diventa
operativo il Piano Marshall, si può cominciare a parlare di blocchi.
Nel ’48 è concluso anche il discorso sulla satellizzazione dei paesi dell’Est (tutti i paesi
dell’Europa Orientale sono saldamente controllati da governi comunisti amici di Mosca),
con l’eccezione della Jugoslavia.
POSIZIONE NEGOZIALE DI TITO DOPO LA CACCIATA DAL COMINFORM

Quella che nel ’46 era stata definitiva “Cortina di Ferro” (da Trieste a Stettino) rendeva
Trieste un elemento fondante nella Guerra Fredda e un peso importante per gli
occidentali, ma la conseguenza della rottura tra Tito e Stalin per l’Italia non sarà positiva.

Allontanamento di Tito
Stalin decide di non portare alle estreme conseguenze la rottura e non occupa la
Jugoslavia (conscio del peso politico di Tito, che è ancora l’eroe che ha liberato il paese
dai tedeschi, e di quanto potrebbe essere difficile organizzare un golpe a Belgrado) e si
accontenta della condanna formale e dell’allontanamento di Tito.

Tito come possibile alleato per gli americani


Dopo la Dichiarazione Tripartita (prima delle elezioni italiane) in Italia vince la DC (De
Gasperi) e nella percezione americana è scongiurato il pericolo di un avvento comunista,
ma sulla questione di Trieste gli equilibri cambiano, perché Tito è passato dall'essere
nemico in quanto alleato di Mosca all'essere un potenziale alleato -> (errore madornale di
Stalin) a nessuno sfugge la valenza strategica di poter contare sull’appoggio militare della
Jugoslavia in caso di scontro con l’Unione Sovietica.

Tito è strategicamente e politicamente utilissimo, anche se lontanissimo dall’America anti-


comunista -> gli americani pensano subito a fornirgli aiuti economici e finanziari, ancor
prima di arrivare a un possibile negoziato.

Perdita di centralità della questione di Trieste


La questione di Trieste perde dunque la sua centralità per gli occidentali, che erano gli
unici che avrebbero potuto risolverla (essendo ridotto il potere decisionale in merito da
parte degli italiani, che non controllavano nulla territorialmente).
L’idea (destituita di qualunque fondamento in termini di realpolitik, ma fomentata dalla
propaganda alleata quando questo era utile) su cui costantemente l’Italia continuerà a
costruire la propria politica estera fino al Memorandum d’Intesa, è quella di un ritorno del
TLT (Zona B) interamente all’Italia (con un confine fino a Cittanova).

Per gli alleati è bene non provocare Tito, che è un potenziale utilissimo alleato: laddove
l’Italia è (benché con qualche esitazione) saldamente nel nucleo occidentale, la Jugoslavia
è qualcosa da “corteggiare”.
-> dopo la cacciata dal Cominform, la posizione negoziale di Tito sulla questione di
Trieste è più forte: gli occidentali non sono disposti a spendersi ulteriormente perché il
TLT (Zona B) torni all’Italia.
17.12.01Storia delle Relazioni Internazionali
1948: TRATTATO DI BRUXELLES E COMPLETAMENTO DELLA SATELLIZZAZIONE
SOVIETICA

Anche dopo un secolo, il ’48 è di nuovo un anno di svolta, anzitutto perché il Piano
Marshall è la misura più efficace sia nella sostanza (come possibilità per l’Europa di
recuperare economicamente e politicamente le proprie posizioni) sia perché costituisce
come consigliato da Kennan, il possibile argine contro un espansionismo sovietico la cui
natura rimane ancora oggetto di discussione (non è chiara l’origine dell’espansionismo
sovietico: concetto di difesa a oltranza, di diffidenza di Stalin, delle occasioni poste in
essere dal riequilibrio delle forze).

Il messaggio di Kennan ha però una seconda linea d’azione (che poi Kennan si troverà a
smentire), cioè quella militare.

Avvio della militarizzazione della Guerra Fredda


Nel 1948 c’è un avvio di militarizzazione della Guerra Fredda: si comincia a recuperare il
concetto di possibili schieramenti militari difensivi che necessariamente hanno una natura
divisiva, essendoci un’Europa Occidentale che guarda con crescente timore l’Unione
Sovietica (pur non avendo ancora l’arma atomica, ha uno schieramento di forze
convenzionali molto maggiore, di circa 3 volte). Gli americani a loro volta, fiduciosi del
proprio vantaggio atomico e convinti di tenerlo per più tempo (saranno solo 4 anni),
tollerano in Europa la superiorità sovietica in armamenti tradizionali e mettono in campo
meno truppe.

Gli americani continuano a vedere i propri schieramenti in termini di un futuro ritiro e


stanno cambiando i connotati della loro politica: sono avviati a diventare una potenza
globale, ma il postulato isolazionista rimane e rimane l’opzione rooseveltiana che
garantiva il ruolo politico americano ma non l’effettività della presenza difensiva
americana sul territorio europeo e lo diventa di più alla fine degli anni ’40.

Trattato di Bruxelles (Marzo 1948)


Il Trattato di Bruxelles rappresenta una prima iniziativa europea e sarà progenitore della
NATO.
Nasce in particolare da un discorso del Ministro degli Esteri inglese Bevin, che si richiama
all’esigenza di trovare un argine e un’unione contro la potenziale minaccia percepita
nell’Europa Occidentale: la mancanza di chiarezza rispetto al limite dell’espansionismo
sovietico -> non c’era allora alcuna chiarezza su cosa sarebbe potuto accadere e c’era
anche l’opzione che prevedeva uno scontro diretto. Tratto fondamentale della Guerra
Fredda è la tensione collettiva che c’è gli uni rispetto agli altri e che porta spesso a una
sopravvalutazione del potenziale nemico.

Il Trattato di Bruxelles (o Unione Occidentale) riunisce le forze di Francia, Gran Bretagna e


Benelux ed è una reciproca garanzia di aiuto militare (sulla traccia del Trattato di Dunkirk
dell’anno precedente, tra la Francia e la Gran Bretagna).
Come il Trattato di Dunkirk, anche il Trattato di Bruxelles aveva come formale
giustificazione il proteggersi dall’eventualità di un ritorno aggressivo della Germania, che
tuttavia nel ’48 era impensabile (la Francia voleva comunque controllare che la Germania
rimanesse quieta), e la vera ipotesi di scontro è con l’Unione Sovietica.
-> reciproca garanzia di aiuto militare in caso di pericolo tedesco o di qualsiasi situazione
che possa rappresentare una minaccia contro la pace ovunque questa situazione di
presenti (è chiaro il riferimento alla possibilità di uno schieramento comune contro la
minaccia sovietica, pure lasciata in termini vaghi).

Colloqui del Pentagono (Marzo-Aprile 1948)


Gli americani, il cui primo vero provvedimento militare del dopoguerra è proprio in
funzione del contenimento dell’Unione Sovietica (containment: aiuti americani verso la
Grecia e la Turchia, laddove la Gran Bretagna non era più in grado di mantenere le
posizioni di natura anti-sovietica), avviano tra il Marzo e l’Aprile del 1948 i Colloqui del
Pentagono: gli americani colgono l’occasione offerta dall’Unione Occidentale (Patto di
Bruxelles) per capire in che misura questa iniziativa europea può essere autosufficiente.

La Seconda Guerra Mondiale ha definitivamente marginalizzato il ruolo dell’Europa: ormai


qualsiasi seria rispetto all’Unione Sovietica può venire solo con il pieno appoggio
americano e l’idea di una completa autonomia europea (che prescinde dall’appoggio
americano) non è militarmente seria.

Completamento della satellizzazione


Nel ’48 si è giunti a una fase di accresciute tensioni: con il Colpo di Stato di Praga del ’48
e altre azioni sovietiche si capisce che le maglie del controllo di Mosca sui paesi
dell’Europa Orientale si stanno stringendo.
Nel ’48 si può parlare di compimento della satellizzazione: i paesi dell’Europa Orientale
diventano a tutti gli effetti paesi satellite (es. nel ’46 il governo Cecoslovacco è ancora
misto e ha dei margini di autonomia) e non a caso è del ’48 la condanna del Cominform
nei confronti di Tito, dettata dall’esigenza di controllo assoluto sui propri interlocutori
sentita da Stalin a seguito del Piano Marshall.

DIVISIONE DELLA GERMANIA

Prima crisi di Berlino (1948)


Un meccanismo di azioni e controazioni evidenzia quanto tensione e diffidenza reciproca
stiano ormai provocando un’escalation: in questa fase inizia la stretta sovietica su Berlino
(Chruščëv voleva “tenere gli americani per le palle” e questo doveva essere fatto a
Berlino) -> la Germania, che era il punto più vulnerabile, era quello su cui esercitare la
pressione.
La prima crisi di Berlino (’48) rappresenta anche una prima esemplificazione degli equilibri
tra i due blocchi: si manifesta la forza economica americana e l’impossibilità di arretrare (il
blocco sulla città non può funzionare) altrimenti si sarebbe lasciata l’iniziativa sovietica
sulla Germania.

Proposte sovietiche su una Germania unita


Di nuovo c’è una mancanza di chiarezza da parte di Stalin sulla progettualità riguardo il
problema della Germania, nonostante la Germania costituisca il vero elemento di
vulnerabilità per i sovietici (che hanno l’incubo di poterla vedere riarmata contro di loro).

Stalin non vuole mantenere la divisione della Germania, e al mantenimento della divisione
si arriva dopo il ’52, quando fallisce l’ultima proposta sovietica sulla possibile unificazione
tedesca (Stalin intendeva una Germania unificata entro le frontiere di Potsdam).
La Crisi di Berlino scoppia anche a causa dell’unificazione della trizona, che evidenzia agli
occhi dei sovietici il progetto alleato di formazione di uno stato tedesco sotto influenza
occidentale, con la possibilità che poi questo sia armato dagli americani (questo è
l’elemento più pericoloso nella concezione sovietica: una Germania riarmata,
potentemente se a farlo fossero gli americani, sarebbe volta contro l’Unione Sovietica).
Pur di scongiurare la possibilità della Germania riarmata contro l’Unione Sovietica, Stalin
è disposto fino al 1952 all’unificazione tedesca (oggetto di proposte sovietiche: tenere la
Germania unita ma totalmente indipendente, che non aderirà ad alcuna alleanza militare
come una sorta di paese neutrale).

Approccio americano nei confronti della Germania


La proposta fatta da Stalin sulla Germania “neutrale” è giudicata inaccettabile perché il
discorso avviato dagli alleati sulla Germania è quello ritenuto più efficace come deterrente
contro l’Unione Sovietica.

Si comincia a discutere in campo alleato sull’effettività del processo di de-nazificzione a


cui è sottoposta la Germania e c’è un approccio piuttosto realista da parte degli americani
(l’emissario americano sottolineerà la necessità di tenere in piedi la classe produttiva e
dirigente tedesca): nel ricostituire un’identità nazionale e di governo è impossibile pensare
di smantellare una classe dirigente e ricrearla dal nulla -> grandi industriali tedeschi (IG
Farben) sono necessariamente stati coinvolti durante il Terzo Reich, ma escono
relativamente puliti da un processo di de-nazificazione che non può essere totale.

Anche con i Processi di Norimberga (che pure sono effettivi e importanti dal punto di vista
del messaggio autocritico che si vuole muovere in tutti i tedeschi) non si processa l’intera
classe dirigente del paese, che pure porta gravi responsabilità sull’accaduto.

Nascita della Repubblica Federale Tedesca (1949)


L’unificazione della trizona, la nuova moneta e la politica americana sulla Germania
preludono alla Costituzione di Bonn (1949) che sancisce la nascita della Repubblica
Federale Tedesca.
Nel 1949 nella zona di occupazione alleata nasce la Repubblica Federale Tedesca, con la
Costituzione di Bonn.
Le forze di occupazione non sono evacuate, ma si è raggiunto il pieno riconoscimento e
la piena indipendenza di un nucleo di stato tedesco -> implicito riconoscimento della
simmetria costituita della Germania divisa.
La risposta è la formazione nella zona di occupazione a Est della Repubblica Democratica
Tedesca, governo fantoccio di Mosca guidato da Ulbricht (Segretario del Partito
Comunista Tedesco).

-> il confronto tra le due superpotenze si sposta in territorio tedesco.

Mancanza di progettualità nella politica sovietica


La nascita della Repubblica Federale è per i sovietici la premessa di ciò che
maggiormente temono, cioè la rimilitarizzazione di quella parte di Germania -> il modo di
procedere dei sovietici è sempre più arretrato di quello degli americani e manca una
progettualità: la risposta sovietica è sempre in ritardo e rispetto a un’iniziativa americana
(la Repubblica Democratica si forma a ridosso della Repubblica Federale).

I sovietici si erano arenati su un vecchio concetto di pacificazione della propria zona


occupata e renderla una zona fortemente depressa (es. esportando gli impianti),
causando la transumanza costante dei cittadini tedeschi che cercano di spostarsi a Ovest
dall’Est (in una fase in cui il muro non c’è ancora) -> quelle che dovrebbero essere i due
regimi delle vetrine diventano per l’Unione Sovietica un problema.

Mentre gli americani decidono presto quale sia la loro strategia sulla Germania (portare il
nucleo della Germania Occidentale verso l’Europa Occidentale, integrandola,
restituendola al benessere con il Piano Marshall e rimitarizzandola), i sovietici si cullano
con l’idea che possa esserci ancora una Germania unificata piuttosto che divisa e armata
nella sua parte occidentale (con l’ultimo progetto del ’52 Stalin vorrebbe tornare a
Potsdam, smantellando la Repubblica Federale, unificando la Germania e lasciandola
fuori da qualsiasi alleanza militare).

ALLEANZA ATLANTICA (1949)

In Europa nel frattempo si cominciava a discutere su come integrare la Germania, per


renderla uno strumento che darebbe sicura efficacia a un’alleanza militare europea -> per
essere militarmente più forti bisogna integrare un riarmo tedesco (che è impensabile
lasciare in autonomia alla Germania a così pochi anni dalla guerra).

Superamento dell’isolazionismo americano


Nel ’48 il discorso si avvia con il Patto di Bruxelles e nel ’49 si arriva all’alleanza
occidentale, quando si uniscono gli americani: alleanza militare permanente sul
continente europeo (totale negazione dell’isolazionismo americano, superato con la
Risoluzione Wandember del ‘48 con cui il Congresso aveva dato il permesso a questa
alleanza) -> superata la barriera psicologica dell’isolazionismo (si era sempre pensato a
uno sporadico intervento seguito da un rientro nel proprio emisfero, e nemmeno
Roosevelt aveva ipotizzato simili alleanza nel dopoguerra).

Nascita della NATO


Nell’Aprile 1949 si arriva all’Alleanza Atlantica che sancisce la nascita della NATO.
L’Art. 5 prevede che ci sia una garanzia reciproca per tutti i membri della NATO: se uno
dei membri viene attaccato, gli altri potranno accorrere in sua difesa (non è una clausola
di garanzia immediata, ma è prevista la possibilità di decidere se intervenire o meno,
anzitutto perché gli americani hanno bisogno dell’assenso del Senato per entrare in
guerra).
-> l’Art. 5 sostanzia una vera e propria alleanza militare in cui è presente il concetto di
reciprocità, ed è necessario capire come si tradurrà in senso geografico questa alleanza (il
Patto Atlantico fa pensare che l’alleanza sia spostata completamente sul fronte atlantico
trascurando il Mediterraneo e l’Italia).

Ala mediterranea della NATO


Per l’Europa ha un importante peso psicologico anche l’evidenza che l’eventuale scontro
militare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, e un’ipotetica Terza Guerra, si consumerebbe
proprio in Europa (l’America rimane per ora invulnerabile) -> l’Italia può prevedere che
rispetto a un’invasione sovietica il proprio territorio sarebbe coinvolto in primis.
-> il discoro sul Patto Atlantico riporta l’interesse sull’Italia (vd. Peso negoziale
dell’Italia) ed è la Francia questa volta a giocare a favore dell’Italia e della sua adesione al
Patto Atlantico (la Francia vuole ottenere una protezione analoga per i propri territori
metropolitani e per il proprio fronte mediterraneo, in primis l’Algeria, che non vuole tenere
sguarniti rispetto alla difesa costituita dalla grande alleanza occidentale), insistendo
perché nella NATO preveda anche un’ala mediterranea.

L’ala mediterranea è interessante anche per gli americani, che inizialmente volevo dare
all’Accordo un’esclusiva connotazione atlantica ma che si accorgono presto di quanto sia
importante il fronte mediterraneo (non ultimo anche il ruolo della Chiesa, le cui posizioni
anticomuniste possono avere una certa valenza).

-> l’Italia rientra, insieme al Portogallo, in un fronte più meridionale dell’Alleanza.

NATO come risposta militare al Long Telegram


L’Alleanza (e il processo di militarizzazione che a questa segue) rappresenta la risposta
militare al Long Telegram di Kennan, ma sarà lo stesso Kennan a ritenerla un errore,
dichiarando che il suo voleva essere un postulato politico a cui sarebbe dovuta seguire
una risposta anzitutto politica (il Piano Marshall risponde maggiormente al postulato di
Kennan rispetto alla formazione della NATO).

Patto di Varsavia (1955) come risposta all’ingresso della Repubblica Federale Tedesca
nella NATO
L’Unione Sovietica non risponde immediatamente alla formazione dell’alleanza militare del
1949 con il Patto di Varsavia (che invece nasce 6 anni dopo, nel 1955).

Il Patto di Varsavia non rappresenta una risposta tardiva alla formazione della NATO, ma
piuttosto una risposta all’ingresso della Repubblica Federale Tedesca nell’organizzazione
nel 1955 (che definisce per l’Unione Sovietica uno schieramento militare veramente
efficace di cui è necessario tener conto con un contro-provvedimento).
-> risposta automatica sovietica con la formazione del Patto di Varsavia (organizzazione
speculare rispetto alla NATO).

I sovietici ritengono che la NATO meriti un’analoga risposta (contrapporle un serio


schieramento militare) nel momento dell’ingresso della Repubblica Federale perché la
questione del riarmo tedesco era fondamentale nel concetto strategico sovietico.

La Repubblica Democratica (DDR) entra a far parte dello schieramento del Patto di
Varsavia, insieme a tutti i paesi satellite.

PESO NEGOZIALE DELL’ITALIA

Questione insoluto di Trieste


La politica estera italiana in questa fase è ostaggio della questione insoluta di Trieste e
della Dichiarazione Tripartita (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) fatta alla vigilia delle
elezioni italiane secondo cui l’intero Territorio Libero di Trieste (Zona A e Zona B)
sarebbe dovuto passare sotto il controllo italiano.
La Dichiarazione Tripartita è fatta a fini propagandistici ed è priva di una reale
sostanza, in particolare nel momento in cui Tito (rompendo con Stalin) diventa un
interlocutore interessante per gli americani, a cui non si può imporre di annettere tutto
il TLT all’Italia -> quando gli americani hanno l’interesse ad avvicinarsi a Tito, è
necessario trovare sulla questione di Trieste una soluzione che però difficilmente sarà
negoziata nei termini favorevoli che la dichiarazione del ’48 aveva lasciato presagire
(anche alla luce del fatto che Tito controlla la zona che rivendica, mentre gli italiani non
controllano la Zona A).

Italia senza margine negoziale


Gli italiani con le elezioni del ’48 sono saldamente passati nell’area occidentale e De
Gasperi è recepito a Washington come leader politico su cui poter fare affidamento.
L’Italia (secondo un riflesso condizionato tipico di un paese mai realmente forte) crede
di potersi ritagliare dei piccoli margini negoziali esercitando delle pressioni laddove
queste non possono essere esercitate -> quando si avvia nel ’48 il discorso
sull’Unione Europea Occidentale, la Francia e la Gran Bretagna parlano con l’Italia,
che però risponde con esitazione, quasi volesse in cambio dell’adesione che si
discutesse di nuovo della situazione di Trieste.

L’Italia però non ha questo margine negoziale perché gli Accordi di Pace del ’47 sono
quelli inflitti a un paese sconfitto e in disfacimento militare -> non può entrare in
un’alleanza portando un peso politico e militare perché questo peso non esiste.
L’Italia deve piuttosto preoccuparsi nel caso in cui rimanesse fuori da quest’alleanza e
sguarnita pericolosamente, anche alla luce del confine incerto con la Jugoslavia (che
sta diventando un ibrido incerto, che non fa parte dell’”Occidente”, e con cui si
discute di adesioni indirette alla NATO ma con cui non si arriverà a nulla di sicuro dal
punto di vista militare).

Sarà la NATO a riportare un certo interesse nei confronti dell’Italia, alla luce della sua
posizione strategica di confine (vd. Ala mediterranea della NATO).

INTEGRAZIONE EUROPEA

La Germania entra nel ’55 nel Patto Atlantico perché è fallito l’altro progetto, che
prevedeva la sua integrazione a livello europeo in uno strumento di difesa europeo.

Iniziale integrazione economica


Il discorso sull’integrazione europea avviene agli albori con l’organizzazione economica:
da subito il processo di integrazione europea trova uno stimolo nel Piano Marshall (che
favoriva il processo di integrazione e interdipendenza economica tra i paesi europei), e
con la CECA (cartello dell’acciaio) si risolvono i possibili contrasti franco-tedeschi su
determinate zone per evitare di ripetere ciò che era accaduto dopo la Prima Guerra.
-> si avvia il discorso sull’integrazione economica e, dopo la Guerra di Corea (gli europei
riflettono sul fatto che una situazione come quella coreana potrebbe verificarsi anche in
Europa perché com’era divisa la Corea era divisa la Germania) ci si chiede in che misura
gli americani siano pronti a intervenire.

Piano Pleven (1950) e CED


Gli americani avvisano gli europei che la reale efficacia all’alleanza difensiva in Europa
Occidentale nei confronti dell’Unione Sovietica dipende dalla partecipazione a questa
alleanza della Repubblica Federale Tedesca -> stimolo americano a portare avanti il
discorso sull’integrazione europea anche in termini militari.

-> nasce il Piano Pleven e la Comunità Europea di Difesa, con l’idea che la Germania (che
pochi anni prima era il nemico da sconfiggere) possa essere riarmata, diventando l’alleato
necessario (da tenere comunque sotto controllo: stato maggiore congiunto all’interno del
quale entrano anche i tedeschi).

I francesi, tra i padri fondatori del processo all’integrazione, si fanno portatori di questo
progetto ma poi lo faranno fallire perché non disposti a cedere una porzione così
importante di sovranità: vogliono ancora portare avanti una politica estera in propria,
perché hanno degli interessi concentrati anche sul retaggio imperiale della Francia (la
dolorosa decolonizzazione francese inizia in Estremo Oriente con la sconfitta di Dien Bien
Phu e la cacciata dall’Indocina, mentre è ferma la convinzione che l’Algeria debba
rimanere territorio francese) -> la Francia preferisce conservare totalmente la propria
autonomia ed è tiepida rispetto al progetto di CED partorito sotto la pressione americana.

MINACCIA SOVIETICA E COMUNISMO IN ESTREMO ORIENTE

NSC-68 e maggior impegno americano


Dopo la formazione del Patto Atlantico del '49, c’è nel 1950 l’importantissima Risoluzione
68 del Nation Security Council, uno dei documenti fondamentali della politica americana
del dopoguerra: nuova e più aggiornata analisi degli obiettivi di politica estera e militari
dell’Unione Sovietica (dopo l’analisi di Kennan).

La risoluzione del National Security Council imputa all’Unione Sovietica:


1) di essere un movimento rivoluzionario globale -> fattore ideologico
2) di riprendere le vecchie tendenze della politica estera russa (es. ridiscussione
dell’Accordo di Montreux) -> fattore geopolitico
3) di essere una dittatura totalitaria sul fronte interno
-> nell’analisi americana, l’Unione Sovietica mira a porre tutto il mondo sotto il proprio
dominio (spostandosi dal Long Telegram, si prefigura la minaccia sovietica come una
minaccia globale e assoluta).

Il crinale divisorio tra i due stia diventando insuperabile, e sempre di più la Guerra Fredda
rappresenta uno scontro tra bene e male in una sorta di isteria collettiva che, a cominciare
dagli anni ’50, prenderà dei toni propagandistici incredibili.

La NSC-68 raccomanda un maggior impegno militare americano (almeno il 20% delle


risorse delle spese di bilancio) -> pieno ribaltamento del postulato della politica
americana fino a questo momento, in cui non si fissavano quote di questo tipo, in
particolare in tempo di pace.

Fine del monopolio nucleare americano


Nel 1949 termina (in anticipo rispetto alle previsioni americane) il monopolio nucleare degli
Stati Uniti, senza che questi fossero stati in grado di sfruttarlo politicamente -> i sovietici
sanciscono con la prima sperimentazione nucleare la fine di una superiorità che gli
americani prevedevano potesse durare almeno fino alla seconda metà degli anni ’50.

Affermazione di Mao in Cina (1949)


Nel 1949 si assiste anche all’affermazione di Mao in Cina -> pieno fallimento della politica
estera americana.
Gli americani avevano fatto uscire un libro bianco sulla Cina, prima ancora
dell’affermazione di Mao, che elencava tutti gli errori fatti e il primo è l’inefficacia
dell’interlocutore scelto: Chiang Kai-shek: non si lascia guidare e i suoi limiti erano
evidenti agli americani, che però non avevano possibilità di trovare un altro interlocutore.
-> gli americani si trovano di fronte a una Cina comunista che sperano non vada a unirsi
direttamente al polo sovietico (come in realtà avviene).

Nonostante qualche iniziale preoccupazione, Stalin non tratterà mai nessuno alla pari
come fece con Mao -> Stalin tiene conto che l’ascesa di Mao ha portato una vastissima
area dell’Estremo Oriente sotto il controllo comunista (le territoriali sovietiche, evidenziate
a Potsdam con la presa di Port Arthur e delle azioni della ferrovia transmanciuriana,
vengono automaticamente disconosciute da Stalin alla luce della rilevanza che questo
nuovo rapporto di forza ha nell’assetto globale).

La Cina è ancora da costruire quanto a potenza militare e ruolo politico, e per un lungo
periodo verrà marginalizzata (gli americani si rendono conto del peso cinese solo durante
la presidenza Nixon).

Guerra di Corea (1950)


Il legame è evidente tra la presa di potere di Mao nel ’49 e la Guerra di Corea nel ’50.
Stalin si sente sufficientemente tranquillo nell’area per dare il via libera e poter
(indirettamente) appoggiare la richiesta di Kim Il-sung di superare il 38° parallelo e
inglobare la Corea del Sud.
-> la Guerra di Corea ha una ricaduta sullo scenario europeo: deve accelerare il discorso
dell’integrazione tedesca (vd. Piano Pleven (1950 e CED).

EISENHOWER E IL ROLLBACK

Truman viene rieletto nel ‘48 -> Truman, il containment e il Piano Marshall trovano un
pieno consenso dell’opinione pubblica americana: c’è una coesione, pur nel netto
cambiamento che vive la politica americana in questa fase, e nell’opinione pubblica si è
fatto strada il concetto della minaccia sovietica, a cui dare una risposta (propaganda
battente e che prenderà toni di collettiva isteria negli anni ’50).

Elezione di Eisenhower (1952)


Nel 1952, dopo vent’anni di dominio democratico, viene eletto il repubblicano Dwight
Eisenhower (militare di peso con un ruolo determinante durante la Seconda Guerra e
successivamente all’interno della NATO) con un postulato di politica estera che, almeno
dal punto di vista formale (di propaganda più che di contenuto), sembra essere in netta
opposizione rispetto al containment che aveva caratterizzato l’amministrazione Truman: il
rollback (termine utilizzato in campagna elettorale).

Rollback e containment
Il rollback può essere visto come un contraltare rispetto al containment: la politica di
contenimento è giudicata insufficiente nella propaganda della nuova amministrazione ->
non basta contenere la spinta sovietica, è necessario respingere i sovietici.
Vuole rimettere in discussione quella che sembra una totale polarizzazione stabile in
Europa: le logiche di containment non mettevano in discussione la cortina che separava
l’Europa Orientale (prefiguravano il mantenimento della divisione e accettavano la
satellizzazione dell’Europa Orientale), mentre nel concetto di rollback c’è l’idea che si
possa anche rimettere in discussione la frontiera.

Massive retaliation come postulato strategico del rollback


Se il fine è il rollback (respinta dei sovietici), lo strumento è la massive retaliation (risposta
massiccia, rappresaglia) che fa presagire lo strumento dell’arma nucleare anche in
contesti minori (già con l’amministrazione Truman si era arrivati alla bomba all’idrogeno ed
erano state aumentate le testate nucleari).
-> non solo una resistenza, ma anche una risposta massiccia che dovrebbe azzerare la
possibilità aggressiva dell’Unione Sovietica.

Il messaggio aggressivo della massive retaliation sembra, col senno di poi, assumere più
una funzione di deterrenza che non una funzione concreta.

John Foster Dulles e la mondializzazione


Tutte queste opzioni vengono portate avanti con grande forza da John Foster Dulles
(Segretario di Stato molto loquace dell’amministrazione Eisenhower e portatore della
nuova concezione politica completamente alternativa al containment), che propone di
estendere lo scenario sul quale si muovono gli Stati Uniti per renderlo globale, come
lasciato presagire la NSC-68 del ’50 -> Estremo Oriente (in Corea, dove c’era stato un
intervento americano, si era presentato il conflitto tra MacArthur, che voleva un
coinvolgimento cinese e il possibile utilizzo tattico di una bomba nucleare, e Truman, che
applica invece una logica di contenimento).

L’amministrazione repubblicana di Eisenhower non riesce a portare a un’effettività del


rollback ma piuttosto a una globalizzazione del concetto di Guerra Fredda, che avrà
anche diversi risvolti negativi.

Il concetto semplificatorio che vorrebbe appiattire tutto su logiche di guerra fredda è


irrealistico nel momento in cui si applica su uno scenario globale, molto complesso
(comprende l’Estremo Oriente ma anche il Medio Oriente).

MEDIO ORIENTE

Il Medio Oriente è una zona in fermento e che non ha ancora raggiunto un equilibrio (c’è
una continuità con le questioni aperte già dopo la Prima Guerra Mondiale: concetto di
autodeterminazione spostato più tardi dagli arabi e di decolonizzazione).

Nuove possibilità per l’Unione Sovietica


In Medio Oriente, le logiche con cui si muovono gli Stati Uniti sono di Guerra Fredda: per
la politica sovietica si erano aperte delle occasioni, che venivano anche dal processo di
decolonizzazione -> i paesi che nutrivano un rancore storico nei confronti dell’Occidente,
rappresentato da Francia e Inghilterra, possono essere oggetto delle attenzioni sovietiche
e diventare, se non satelliti, stati che hanno amichevoli rapporti con l’Unione Sovietica.
-> l’amministrazione sovietica è piuttosto evidente: inizialmente richiede l’amministrazione
fiduciaria in Libia, cercando funzioni di controllo e influenza in zone inedite, fino a
prendere posizioni sempre più delineate sulle principali questioni mediorientali (di cui non
può non far parte la questione israeliana).

Passaggio di consegne in Israele


Israele nasce nel 1948 con un’immediata risposta araba (Primo Conflitto Arabo-israeliano
a ridosso della proclamazione dello stato di Israele) e a seguito dell’evidente impossibilità
per gli inglesi di tenere delle posizioni ormai insostenibili: il crescente contrasto tra arabi
ed ebrei in territorio di Palestina, già affrontato con difficoltà dalla Gran Bretagna tra le
due guerre, diventa devastante dopo la Seconda Guerra Mondiale (questione dei profughi
ebrei) e assume risvolti pratici (i movimenti nazionalisti di matrice ebraica, in primis l’Irgun,
diventano attività di terrorismo nei confronti degli inglesi, potenza mandataria) -> gli
inglesi dovrebbero schierare più forze nel territorio (forze che non hanno) e sono oggetto
di attacchi costanti (morti considerate inutili dopo tutte quelle già causate dalla Seconda
Guerra).

Posizione americana su Israele


Il passaggio di consegne dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti avviene attraverso la
posizione americana sempre più chiara di pieno sostegno alle istanze ebraiche di
formazione dello stato di Israele, su cui incide molto la posizione di Truman, contro il
Dipartimento di Stato: il Dipartimento di Stato comincia a intravede tutti i pericoli insiti in
questa politica (gli Stati Uniti si sono fatti promotori di un processo di decolonizzazione e
il mondo arabo deve continuare a guardare agli Stati Uniti come la matrice della
decolonizzazione (per evitare che si rivolga invece all’Unione Sovietica) -> il Dipartimento
di Stato è contrario all’opzione sionista dell’amministrazione (che pure avrà la meglio).

Sostegno iniziale di Stalin a Israele e successivo appoggio al mondo arabo


Inizialmente Stalin difende per primo e con forza le posizioni del sionismo (l’Unione
Sovietica è il primo paese che riconosce Israele), ma questa politica cambierà presto.
L’Unione Sovietica riconosce in un primo momento nelle forze sioniste un elemento di
destabilizzazione per l’Occidente (quando queste sono chiaramente coalizzate contro la
presenza britannica, la prima da demolire per i sovietici che volevano aprire dei varchi) e
immagina, con un’errata interpretazione della valenza politica del sionismo, che possa
esserci una vicinanza politica con il movimento sionista (che ancora era un oggetto
misterioso dal punto di vista politico).
Le posizioni di Stalin cambiano radicalmente quando si evidenzia il nesso politico, ideale,
economico e militare tra Israele e gli Stati Uniti e che Israele troverà il grosso della forza e
dell’appoggio negli Stati Uniti, dove sono presenti una serie di lobbies degli ebrei
americani con una chiara volontà di sostenere da tutti i punti di vista, politico ed
economico, lo stato di Israele (che inizialmente vacilla perché da subito è oggetto di un
conflitto con il mondo arabo circostante: è chiuso da paesi nemici che non ne
riconoscono l’esistenza e lo considerano dal ’48 in poi soltanto una forma di neo-
colonialismo occidentale).
-> Stalin cambia idea e sposta con maggiore utilità le istanze del mondo arabo.

Autonomismo arabo
Le forme con cui si presenta l’autonomismo arabo in Medi Oriente sono ancora molto
diverse dalle attuali.
Nasser, leader egiziano, è il primo vero leader che guarda all’elemento di possibile
unificazione delle istanze arabe come unico elemento di forza -> panarabismo (non un
concetto religioso, ma l’idea di una formazione nazionale che si riunisca nell’istanza
fondamentale del processo di decolonizzazione).
-> gli arabi si devono unire per riuscire efficacemente ad accelerare un processo di
decolonizzazione che non è scontato perché francesi e inglesi sono ancora distanti
dall’idea di attuare una vera e propria decolonizzazione (vedi Crisi di Suez) e sono ancora
aderenti alle logiche imperiali (formalmente si decolonizza, ma con l’idea di avere ancora
grandi spazi di influenza).
17.12.04 Storia delle Relazioni Internazionali
Dal containment al rollback
Tra la prima e la seconda metà degli anni ’50 si realizza una progressiva estensione del
ruolo americano: la dottrina del containment si era richiamata a un’emergenza di tipo
europeo (Grecia e Turchia) e non era un’azione a 360° come quella che gli Stati Uniti sono
chiamati a svolgere di lì a breve.
Sempre di più il venir meno delle posizioni imperiali della Gran Bretagna fa sì che tanti
spazi di aperta competizione tra Unione Sovietica e Stati Uniti siano diventati oggetto
dell’attenzione degli Stati Uniti -> particolarmente evidente durante la presidenza
Eisenhower e con la politica di Dulles (“pattomania”: inscrivere Medio Oriente e Estremo
Oriente all’interno di una serie di accordi, diretti o indiretti, con una protezione esterna
degli Stati Uniti, a formare un anello con cui circondare l’Unione Sovietica).

SPECIAL RELATIONSHIP E INTERVENTO IN IRAN

Interesse sovietico e spinta nazionale in Persia


L’Iran è un primo esempio di scenario di crisi.
Durante la Seconda Guerra l’Iran, per ragioni logistiche, era stato occupato a Nord
dall’Unione Sovietica e a Sud dagli Stati Uniti, rievocando la divisione oggetto degli
accordi anglo-russo (vecchia zona di influenza russa per la vicinanza e per l’interesse
geostrategico ed economico della Persia).
Nel 1946, con la crisi dell’Azerbaijan e la reticenza sovietica ad abbandonare quelle
posizioni, si evidenzia quanto il vecchio interesse della vecchia politica russa è
consolidato anche in quella sovietica.

Nel 1951 emerge in Persia (come poi succederà nel resto del Medio Oriente) una spinta
nazionale, rappresentata in particolare dal primo ministro Mossadeq che vorrebbe
accelerare la spinta di decolonizzazione in senso lato: l’Iran non era una colonia, ma
un’area di influenza economica e interesse britannico (Anglo-persian Oil Company,
successivamente Anglo-iranian Oil Company, grosso polo dell’interesse britannico
sull’attività di estrazione petrolifera).

Special relationship e iniziale distanza americana


La Gran Bretagna è piuttosto restia ad abbandonare le prerogative imperiali (si avvia la
decolonizzazione da un punto di vista formale ma con molte più difficoltà si accetta di
smaltire le posizioni di grande influenza) -> in questa fase la Gran Bretagna è ancora
orientata ad avere un’influenza forte sul Medio Oriente e sul mondo arabo, mentre la gran
parte delle posizioni nazionaliste e anti-colonialiste appunta la propria rivolta e le proprie
critiche proprio sulla Gran Bretagna.

Da quando Mossadeq decide di nazionalizzare la compagnia petrolifera (Anglo-Iranian Oil


Company) nel 1951, ci sarà un continuo tentativo degli inglesi (in particolare Eden) a
forzare la mano al Dipartimento di Stato e all’amministrazione (prima Truman e poi
Eisenhower) perché si agisca con prontezza in territorio iraniano, collocando un interesse
di vecchia data (imperiale ed economico) in un contesto di Guerra Fredda e prefigurando
in Mossadeq un prossimo amico dei sovietici (l’Iran sarebbe potuto scivolare di mano agli
Occidentali e finire nell’area di influenza sovietica) -> un’area di rilevanza geostrategica ed
economica enorme potrebbe finire in mano ai sovietici (che già avevano dimostrato
interesse). Mossadeq in realtà non è un comunista (come non lo sarà Nasser), ma
piuttosto un leader che cerca di riappropriarsi di una libertà di movimento difficile da
riacquistare in un contesto di questo tipo.

L’amministrazione americana è esitante nel prendere un provvedimento considerato dai


più sconsiderato: un’azione di forza tesa a condizionare la politica interna in Iran potrebbe
causare un grave danno all’immagine nuova e diversa che gli Stati Uniti volevano portare
avanti nel mondo arabo e in via di decolonizzazione (un’immagine che, pur nel tentativo di
distaccarsi dalle vecchie prerogative e politiche britanniche, sarà sempre più difficile
mantenere agli occhi degli arabi).

In questo caso la special relationship è un legame ambivalente perché da un lato gli Stati
Uniti vorrebbero staccarsi, ma dall’altro la Grand Bretagna ha il know-how su come
muoversi in un settore complesso come il Medio Oriente (può offrire agli Stati Uniti
decenni di esperienza e relazioni con le società) e gli Stati Uniti lo utilizzano.
-> cambio di passo nella politica americana dal 1951 ( quando gli americani rifiutano
totalmente di dare il proprio assenso a un atto di forza interno in Iran) al 1953 (quando si
arriva all’Operazione Ajax).

Operazione Ajax (1953)


L’Operazione Ajax nel 1953 destituisce Mossadeq, grazie a una piena collaborazione tra
Foreign Office e Dipartimento di Stato, grazie alla quale gli americani si avvalgono delle
conoscenze inglesi sul come agire.
-> Mossadeq viene destituito e lo Scià Reza Pahlavi, che era stato esiliato, viene
richiamato e da quel momento diventa un presidio per gli americani (certezza che finché
fosse stato al potere lo Scià, gli americani sarebbero stati in grado di gestire i pericoli
derivanti da una possibile avanzata sovietica).

L’Operazione Ajax è la mossa più rilevante e maggiormente collegata alle questioni


petrolifere perché tutto ruota intorno allo specifico atto di Mossadeq (nel quale era difficile
individuare un avamposto del comunismo) -> prevale la valutazione dell’interesse
petrolifero.

Gli Stati Uniti, con il coinvolgimento sempre più ampio, perdono l’impatto positivo iniziare
in cui non erano considerati responsabili di mosse vissute nell’area come neo-coloniali, e
il ritorno al potere dello Scià, che dà il via a un’occidentalizzazione forzata in cui però la
presenza americana era vissuta con insofferenza, può essere letto in questa chiave:
Mossadeq rimane un perno della storia iraniana ed è considerato uno dei padri della
patria.

EISENHOVER TRA ROLLBACK E CONTENIMENTO

Armistizio di Panmunjeom (1953)


Dalle esitazioni del ’51 si passa un'operazione decisa nel ’53 e nello stesso anno si chiude
anche la questione coreana, ma ciò avviene in chiave di contenimento: l’Armistizio di
Panmunjeom chiude il conflitto mantenendo la suddivisione al 38° parallelo.
-> non è vero che con il cambio di amministrazione si recepisca immediatamente
l’opzione di MacArthur (andare oltre il 38° parallelo).

Rapporti con il Vietnam del Sud


L’Estremo Oriente comunque non può non essere oggetto di costante attenzione e
l’interesse americano sulla regione si rafforza in questa fase, durante la quale gli americani
cambiano il proprio atteggiamento rispetto alla questione vietnamita: con Eisenhower gli
americani stringono rapporti con il Vietnam del Sud e gli garantiscono la protezione
contro eventuali destabilizzazioni interne con l'Art. 4 della SEATO, uno degli accordi con i
quali gli Stati Uniti (in particolare Dulles) cercano di attuare la quadratura del cerchio,
mostrandosi come una potenza non coloniale e non intenzionata a condizionare i regimi,
ma stipulando una serie di accordi, alcuni dei quali militari.

-> è evidente l’intento di opporre una serie di alleanze contro l’eventuale espansione
sovietica con una serie di patti collegati tra loro, che vengono stipulati tra il ’54 e il ’55.

Patto di Baghdad (1955)


Eisenhower e Dulles vogliono chiudere anche la possibilità di sbocco naturale sul Mar
Mediterraneo che guidava la politica sovietica, che allo stesso modo si interessa
dell’Egitto, con il quale l’Unione Sovietica vorrebbe avere buoni rapporti fondati sul
reciproco interesse (dove l’interesse sovietico era quello di avere un presidio militare ed
economico sul Mediterraneo).

Il Patto di Baghdad prevede un iniziale accordo tra Pakistan e Turchia, che viene poi
esteso a Iraq, Iran e anche la Gran Bretagna (la compresenza della quale darà al Patto
una valenza di controllo neo-coloniale, essendo Gran Bretagna e Francia i nemici peggiori
dei paesi che in quel periodo cercavano l'indipendenza).

“Angosciante ripensamento” rispetto all'Europa


L’impalcatura di accordi e il processo di militarizzazione della Guerra Fredda sono
esemplificati dalla nascita della NATO e dalla successiva adesione della Repubblica
Federale Tedesca -> prima la scelta chiara degli Stati Uniti di dare agli europei il compito
di risolvere il discorso della difesa europea ma con il fallimento dell’opzione CED
(proposta ma non ratificata dalla Francia) reagiscono con l'angosciante ripensamento
(citato da Dulles parlando delle politiche americane sull’Europa).

Non riuscendo a decidersi gli europei e presentatasi una situazione speculare in Corea, gli
Stati Uniti ripenseranno ai propri impegni effettivi sul continente (che in questa fase è
ancora il vero oggetto del conflitto, che si giocherebbe anzitutto in Europa).
-> sono gli americani a tirare le fila della difesa europea mettendo fine a ulteriori
discussione accelerando il processo di integrazione tedesca all’interno della NATO
(scatenando la risposta sovietica del Patto di Varsavia).

Militarizzazione della Guerra Fredda


L’utilità della militarizzazione della Guerra Fredda è messa in discussione dallo stesso
Kennan, che pensava avrebbe portato a un irrigidimento delle posizioni (il Long Telegram
è molto più rispecchiato dal Piano Marshall, avendo Kennan parlato di una minaccia
politica a cui si sarebbe dovuto dare una risposta politica).

Il momento della militarizzazione non è comunque l’apice dello scontro e nella seconda
metà degli anni ’50 sembra si stia arrivando a una sorta di coesistenza.

MORTE DI STALIN E CHRUŠČËV AL POTERE

Nel Marzo 1953 muore Stalin e ciò rappresenta un passaggio poiché egli aveva
personificato la politica estera sovietica (prima e durante la Seconda Guerra e sul nascere
della Guerra Fredda).
Dopo l’iniziale fase di passaggio in cui si avvicendano vari triumvirati, si afferma Chruščëv,
che ha immediatamente un impatto di cambiamento sul blocco orientale.

Crisi a Berlino (1953) e ripensamento delle posizioni staliniane


A dimostrare quanto sia stata significativa la morte di Stalin, subito dopo scoppia la
rivolta operaia a Berlino (che verrà placata dalla presenza militare sovietica) -> nei paesi
satelliti si poteva recepire uno spiraglio di maggior libertà e minor controllo sovietico.
Emerge un certo malcontento, in particolare rispetto alla politica sovietica sulla
Repubblica Democratica (troppo condizionata dall’iniziale idea di impoverimento).

Lo scoppio della crisi a Berlino lascia presagire i rischi insiti nel processo di ripensamento
delle posizioni staliniane successivamente avviato da Chruščëv (al XX Congresso viene
presentato il Rapporto Segreto sui crimini commessi da Stalin e Chruščëv pone l’accento
sugli errori delle politiche staliniane).

Ottobre ungherese (1956) e risposta di Chruščëv alla ricerca di autonomia


L’impatto sulla politica estera è drammatico: alla pulsione dei paesi satelliti a cercare una
via autonoma al socialismo, Chruščëv e l’Unione Sovietica rispondono che non c’è spazio
per un percorso autonomo.

In Ungheria nell’Ottobre del 1956 scoppia una rivolta drammatica interna al sistema
guidata da Imre Nagy (espressione del Partito Comunista Ungherese): durante un periodo
di rivolte di strada drammatiche si menziona la possibilità di uscire dal Patto di Varsavia.
-> si evidenziano in questa fase i limiti in politica estera del cambiamento portato
da Chruščëv e della destalinizzazione: Chruščëv non intende consentire un processo di
reale autonomia dei paesi satelliti. La misura in cui viene allentato il controllo sui paesi
satelliti è totalmente limitata (si può favorire qualche innovazione, ma sempre circoscritta
nell’influenza di Mosca).

Riavvicinamento a Tito
L’unico vero correttivo portato da Chruščëv sul piano della politica estera nei confronti dei
paesi comunisti rispetto a Stalin è la correzione del grave errore che Stalin aveva
compiuto rompendo con Belgrado.
Chruščëv visita Tito nel ‘55, mentre fino a quel momento il maggior pericolo per la
stabilità jugoslava erano proprio i sovietici (che si temeva potessero tentare il colpo di
mano) e proprio questo aveva portato Tito a far percepire tutto il suo peso, con il
desiderio americano di ricondurre la Jugoslavia alla NATO in modo indiretto con un patto
limitrofo (cambio strategico che sarebbe stato molto produttivo in caso di conflitto).

CONFERENZA DI BANDUNG (1955)

Nel 1955 c’è la Conferenza di Bandung che porrà le basi per il successivo Movimento dei
Non Allineati.
Non dovendo sopravvalutare il valore effettivo della Conferenza, si evidenzia come molti
grandi paesi in via di decolonizzazione (India, Egitto, …) cercassero una collocazione
senza farsi schiacciare dal processo semplificatorio della Guerra Fredda e ritagliandosi un
certo spazio di manovra (che comunque preludeva sempre a rapporti più stretti con l’uno
o con l’altro blocco, fondati spesso anche su questioni anche economiche).
NASSER E LA QUESTIONE EGIZIANA

L’Egitto, parlando di Medio Oriente, rimane un punto nodale: è un presidio presidio


importantissimo sul Mediterraneo, e il Canale di Suez, pure sotto controllo occidentale
(anglo-francese), si trova in territorio egiziano.

Special relationship
In questa fase crollano i puntelli che gli inglesi si erano illusi di poter collocare in Medio
Oriente dal 1916, quando si erano convinti che sarebbero riusciti ad avere un interlocutore
privilegiato nel mondo arabo grazie a una serie di monarchie amiche (la casa hashemita in
Iraq, Fārūq in Egitto) che però si mostrano intrinsecamente deboli e incapaci di tenere il
fronte grazie al quale gli inglesi pensavano di poter continuare a esercitare la propria
influenza diretta sul Medio Oriente (verranno meno sia l’Iran che l’Egitto).
-> gli inglesi capiscono che stanno perdendo posizioni e cercano costantemente di
indurre gli americani a un maggior coinvolgimento di cui però sanno di poter essere
protagonisti attraverso la fitta rete di competenze acquisito sul Medio Oriente,
evidenziando il senso della special relationship.

Nasser e il panarabismo (laico, non-comunista e anti-sionista)


Nel 1954, dopo la caduta di Fārūq, va al potere il colonnello Nasser e il presupposto per
l’Egitto è diverso: il paese è avviato a una politica nuova e più autonoma, che vuole
spogliarsi di qualsiasi influenza inglese.

L’elemento fondamentale di Nasser e della sua politica estera è il panarabismo, declinato


come movimento unificato in funzione anti-coloniale: gli arabi avrebbero dovuto trovare
un’unione (di cui l’Egitto si faceva leader e tutore), unico elemento a dare forza alle istanze
anti-coloniali.

Il panarabismo di Nasser è laico e il suo messaggio è di tipo nazionale. Le sue politiche


interne sono piuttosto socialiste (esproprio e redistribuzione delle terre, …) ma non
comuniste e sarà lo stesso Nasser a proibire addirittura la formazione di un Partito
Comunista Egiziano -> non c’è una vicinanza ideologica con l’Unione Sovietica.

Un altro punto di forza per Nasser è il revanscismo nei confronti di Israele (corpo estraneo
ed esemplificazione del neo-colonialismo occidentale): l’altro elemento unificante e l’anti-
sionismo e l’idea di lavare l’onta della sconfitta del ’48.

Contraddizione americana su Israele


Si crea una contraddizione insanabile per la politica americana: Truman (contro il
parere di molti funzionari del Dipartimento di Stato) è un forte sostenitore
dell’indipendenza israeliana e il riconoscimento di Israeliano.
Con Eisenhower si passa a una fase di maggior prudenza: gli Stati Uniti comprendono
che attraverso una difesa totale di Israele si rischia di delegittimare una politica di
amicizia nei confronti del mondo arabo, ma non viene disconosciuto il fatto che Israele
è l’unica democrazia e non è possibile rinnegare il sostegno dato, laddove le posizioni
del mondo arabo sono di chiusura e non riconoscimento (si devo tornare a uno status
quo ante con la Palestina in mano agli arabi, con la cancellazione dello stato di
Israele).
-> elemento di difficoltà nella politica concreta per l’amministrazione Eisenhower e per
le successive (problema con cui si dovranno costantemente confrontare).

Avvicinamento egiziano all’Unione Sovietica


Quando Stati Uniti ed Egitto vedono la possibilità di legarsi attraverso una serie di
relazioni economiche e gli egiziani chiedono una fornitura di armi agli americani, questi
devono premunirsi che queste armi non vengano utilizzate contro Israele -> poiché la
risposta non arriva (essendo l’anti-sionismo uno degli elementi del nasserismo) Nasser
cerca nei sovietici un altro possibile venditore.
I sovietici accettano molto volentieri di accogliere l’insoddisfazione di Nasser per i
mancati finanziamenti, che riguardano anche la diga di Assuan.

-> la bilancia delle simpatie egiziane finisce per pendere verso il blocco sovietico, non
perché Nasser sia folgorato la marxismo, ma semplicemente perché gioca il suo peso
determinante, come spesso succede ai Non Allineati: ottiene i finanziamenti e forniture di
armi con la consapevolezza di essere un attore rilevante. I sovietici intravedono con molta
lucidità la possibilità di ottenere l’affaccio sul Mediterraneo.

CRISI DI SUEZ (1956)

L’evidenza delle politiche talvolta contraddittorie si ha nel ’56 con la Crisi di Suez
(contemporaneamente ai fatti di Ungheria).

Nazionalizzazione del Canale di Suez e perdita di posizione inglese


Nasser in coerenza con le proprie politiche, nazionalizza il canale che fino ad allora aveva
un azionariato pubblico e privato (prevalentemente azionariato privato francese) con
controllo britannico -> con la nazionalizzazione Nasser si garantisce il controllo del
passaggio sul canale (nonostante gli inglesi ritenessero che così facendo il canale
sarebbe andato incontro a una pessima gestione e a chiusura).

-> gli inglesi registrano nella nazionalizzazione del Canale di Suez una drammatica perdita
di posizioni in Medio Oriente (dopo la caduta di Fārūq e l’avvento di Nasser).

La nazionalizzazione del canale darà a Nasser la possibilità di aprire e chiudere il canale a


proprio piacimento -> importante peso politico internazionale per Nasser.

Differenti posizioni sulla Crisi di Suez e piano d'azione


La Crisi di Suez rappresenta un momento centrale sia per la Guerra Fredda sia per gli
equilibri mediorientali: quando Nasser nazionalizza il canale, la reazione anglo-francese è
di allarme (e necessario ribaltare la scelta).

A) Gli inglesi capiscono di avere una netta perdita di posizioni strategiche in Medio
Oriente con l’avvento di Nasser (per cui si vorrebbe trovare una soluzione analoga a
quella trovata per Mossadeq).

B) Gli anglo-francesi si accordano con una terza parte, cioè Israele, che ha un interesse
evidente a contrastare la mossa di Nasser:
- l’antisionismo insito nel manifesto politico di Nasser e la successiva guerra che potrebbe
vedere tutto il mondo arabo coalizzato contro Israele, spinge lo stato ebraico e valutare
un attacco preventivo (che deve essere fatto necessariamente con assenso britannico,
per evitare di scontrarsi direttamente con loro)
- Israele fa una valutazione anche sul presente: gli egiziani hanno chiuso lo stretto di Tiran
(vitale per Israele) e controllano lo spazio aereo sopra il Golfo di Aqaba, strozzando
completamente Israele (che non può più avere comunicazioni aeree con la parte
meridionale dell’Africa, né uscire dallo Stretto di Tiran).
-> l’interesse di Israele è concreto.

C) Tra i tre sono i francesi più di tutti a volere un intervento immediato perché Nasser, con
il suo panarabismo, aiuta le rivolte anti-francesi in Nord Africa (i francesi hanno bloccato
una nave carica d’armi verso l’Algeria): Nasser è un’elemento di propaganda ma anche di
aiuto concreto per gli algerini (in una fase in cui i francesi sperano ancora di bloccare la
decolonizzazione dell’Algeria) e per questo va bloccato.

-> dopo un incontro a tre a Sèvres, si opta per un’azione militare di Israele diretta a
ripristinare lo status quo ante sul canale, seguita dall’intervento anglo-francese per
ripristinare il cessate il fuoco -> gli israeliani potrebbero dare adito e giustificare
l’intervento anglo-francese.

Rifiuto del sostegno da parte del Dipartimento di Stato


In questa fase il Dipartimento di Stato americano invita ripetutamente Eden (in quel
momento Primo Ministro) a non fare nulla in Egitto perché non ci sarebbe stato il
sostegno americano -> gli americani chiariscono in anticipo di non voler partecipare a un
colpo di mano contro Nasser, giudicato controproducente perché potrebbe rimettere in
dubbio tutti i rapporti, pure precari, cuciti fino a quel momento con il mondo arabo (danno
irreversibile qualora ne potessero approfittare i sovietici).
-> il mondo arabo è importante per gli americani per il chiaro interesse petrolifero ma
anche sul piano della Guerra Fredda (non si possono lasciare ampi spazi di manovra
all’Unione Sovietica in un punto strategico).

Intervento
L’intervento israeliano si realizza in tempi rapidi (gli israeliani arrivano sulle sponde del
canale prima del previsto, quando gli anglo-francesi non erano ancora pronti) e quando
intervengono inglesi e francesi, che stabiliscono le loro truppe sul canale, l’Unione
Sovietica dichiara di essere disposta ad utilizzare il proprio armamento nucleare.
Gli americani sono costretti a questo punto a evidenziare una mancanza di unità d’intenti
all’interno del blocco occidentale: per primi devono condannare la posizione degli anglo-
francesi, richiamandoli sui loro passi.

Conseguenze per le potenze veterocoloniali


C’è un danno per l’Occidente e in particolare per inglesi e francesi: risulta evidente come
la politica sia cambiata e non si possa pensare di agire a prescindere dall’assenso degli
Stati Uniti, potenza globale.

Eden, mostratosi uomo dell’impero sin dai tempi del contrasto durante la Crisi etiope e
ritenendo che queste posizioni fossero fondamentali per la Gran Bretagna e che questo
fosse il senso della politica estera inglese, si dimette quando deve prendere atto che la
Gran Bretagna ha perso i suoi spazi di manovra e che il suo ruolo a livello globale potrà
ora giocarsi al massimo da buon secondo rispetto agli Stati Uniti: nessuna decisione
politico-militare può essere attuata in quell’area senza un preventivo assenso degli
americani (che sono in grado di bloccare l’azione inglese e francese).

-> Francia e Gran Bretagna escono totalmente ridimensionate nel loro ruolo globale e in
Medio Oriente e con l’immagine di potenze veterocoloniali.

Conseguenze per gli equilibri mediorientali


Israele dà prova di grandissima efficienza militare, ma Nasser (pure sconfitto militarmente)
esce rafforzato sul piano politico: sul fronte interno la sconfitto militare di Nasser è
oscurata dal fatto che si sia trovato contro l’Occidente coloniale composto da francesi,
inglesi e israeliani coalizzati -> riprova del fatto che Israele è effettivamente uno strumento
del neo-colonialismo occidentale.

Israele comunque ha guadagnato delle posizioni che gli permettono di prendere fiato: ha
liberato lo Stretto di Tiran e si è garantito per il futuro l’inviolabilità dello spazio aereo sul
Golfo di Aqaba e sullo Stretto di Tiran (la cui chiusura potrebbe rappresentare un casus
belli, come poi succederà) -> Israele esce con un’ulteriore conferma militare ma il divario
con gli arabi si è ulteriormente accresciuto.

Nasser ha segnato l’acquisizione incontestabile del canale, in una logica di


decolonizzazione.

La crisi di Suez rende anche più precaria la costruzione di Dulles sul Medio Oriente: i patti
recentemente acquisiti devono fare i conti con l’influenza americana su quell’area, benché
alcuni di questi patti siano più formali che sostanziali.

Spazi di manovra sovietici


Questo momento, che ha evidenziato le contraddizioni nelle politiche occidentali in Medio
Oriente, ha lasciato anche degli spazi di manovra ai sovietici.
I sovietici avranno delle posizioni strategiche in Egitto, per il cui mantenimento accettano
anche che Nasser faccia arrestare il leader del Partito Comunista Egiziano -> estremo
realismo nella posizione neutra dei sovietici sull’Egitto di pura utilità geostrategica e senza
nessun approccio ideologico (come gli americani quando si erano fatti andare bene Tito, i
sovietici non pensano di poter declinare la propria influenza in Medio Oriente in termini di
ideologizzazione).

TRATTATO DI STATO AUSTRIACO (1955) E POSSIBILE COESISTENZA

Un indicatore nel ’55 di coesistenza pacifica viene da quello che potrebbe sembrare un
dato marginale: viene sancito il Trattato di Stato austriaco (formalmente definito un
trattato di stato e non un trattato di pace perché si considera l’Austria potenza invasa).
In qualche misura l’Austria era speculare rispetto alla Germania, essendo divisa in due
zone d’occupazione (Vienna a sua volta).

Quando nel ’55 c’è una risoluzione che prevede il venir meno delle forze di occupazione,
qualcuno immagina che si possa riconsiderare anche la questione tedesca (laddove con
l’accesso della Repubblica Federale nella NATO e con il riarmo sembrano si stabilirsi in
via definitiva gli equilibri esistenti) -> l’Austria ormai è affrancata dall’occupazione, mentre
fino a quel momento il governo nazionale si gestiva con all’interno forze di occupazione.

Riapertura della vertenza sull’Alto Adige


Una volta ammessa alle Nazione Unite e riacquistata una voce in capitolo sulla scena
internazionale, l’Austria tira fuori la questione degli Accordi De Gasperi-Gruber volendosi
far carico delle minoranze di lingua tedesca in Alto Adige -> dal ’55 in poi si rianima la
vertenza sull’Alto Adige che poi porterà nel 1969 agli accordi tra Moro e Waldheim noti
come Pacchetto per l’Alto Adige (istituzione della provincia autonoma di Bolzano,
attraverso cui si avrà una piena e totale tutela della minoranza tedesca in Alto Adige).

COESISTENZA COMPETITIVA E ARMAMENTO NUCLEARE

Coesistenza competitiva
Nella seconda metà degli anni ’50 si va profilando una coesistenza competitiva (vd. Crisi
di Suez): si arriva parossismo della Guerra Fredda.

Tragica concomitanza tra la Crisi di Suez e l’Ottobre Ungherese (che si concluderà con
l’intervento sovietico e la fine tragica e nel sangue fine della rivolta, delegittimata anche
ideologicamente).
-> l’Occidente è paralizzato dalla consapevolezza che il rollback non è attuabile: l’idea
che si possa riconsiderare la divisione tra i blocchi in Europa e, anche nella concezione di
Dulles e Eisenhower, la polarizzazione in Europa è un dato acquisito. Anche la Rivoluzione
Ungherese indica come il concetto di rollback (respingimento dei sovietici anziché
contenimento) pare essere stato un oggetto di campagna elettorale più che non un dato
reale.

Pur con degli elementi di frizione, si arriva a un certo equilibrio che poi porterà alla
coesistenza competitiva: in Europa ci sono degli spazi ormai conclamati e non più
oggetto di discussione: dal ’56 in poi (con le crisi di Berlino e la successiva edificazione
del muro nel 1961) si va a consolidare l’idea che quel tipo di assetto sia definitivo.
La militarizzazione (NATO e Patto di Varsavia) non significa una tensione ulteriore, ma
piuttosto un’affermazione formale di ciò che già accadeva -> da un punto di vista tecnico
non fa differenza che esista il Patto di Varsavia da contrapporre alla NATO nel momento in
cui era già chiaro che ci fossero blocchi militari contrapposti (forze militari spiegate in
Europa Occidentale e Orientale).

Questioni strategiche nell’era nucleare


Rispetto all’opzione della risposta nucleare si crea anche l’idea diffusa tra l’opinione
pubblica e avallata dall’amministrazione che questo consenta un margine di risparmio:
pensare di dotarsi di un armamento nucleare utilizzabile con più facilità del dovuto
significa poter ridimensionare le forze convenzionali e l’impegno concreto in termini di
collocazione delle forze.
L’ampliamento degli scenari tuttavia farà sì che l’impegno convenzionale debba
comunque essere considerato.
-> l’amministrazione Eisenhower sembra avere una chiara intenzione di investire
maggiormente sul nucleare (anche se la prima bomba all’idrogeno e l’accelerata
progettualità sul tema del nucleare è stata sperimentata con Truman).

Un dato molto rilevante è la capacità tecnologica, ovvero il coefficiente di preparazione


con cui Stati Uniti e Unione Sovietica affrontano la corsa al riarmo (nucleare) -> ben
presto la competizione si sposta dall’armamento (potenza della arma) al vettore (mezzo
con cui l’arma viene trasportata), che crea o meno delle zone di vulnerabilità.

Lancio dello Sputnik (1957) e inferiorità balistica americana


Nel 1957 i sovietici lanciano lo Sputnik che, pur essendo presentato come strumento
spaziale, esemplifica di fatto un progresso formidabile nella tecnologia sovietica, ovvero la
capacità di costruire un missile a gittata intercontinentale che rende per la prima volta
vulnerabile il territorio americano.
La vulnerabilità del territorio sovietico si era manifestata invece con l'accesso della
Turchia nella NATO e la presenza di missili americani in territorio turco -> disparità
che Chruščëv vuole rompere.

Il lancio dello Sputnik riesce a creare un “sasso nello stagno”: pur essendo uno strumento
impreciso (vanificando quindi la sua effettiva efficacia), si riesce a ricavare il massimo in
termini propagandistici e a creare una crisi che vede gli americani preoccupati di essere
per la prima volta inferiori tecnologicamente ai sovietici (inferiorità che si gioca in
particolare sul problema balistico).

Corsa americana al riarmo e alla ricerca


La superiorità sovietica in termini di vettori è per gli Stati Uniti un gravissimo danno e apre
un fase di grande incertezza nella politica americana: dalla consapevolezza di una netta
superiorità tecnologica che aveva consentito loro di arrivare sempre per primi (alla bomba
nucleare e alla bomba all’idrogeno), si trovano secondi nello sviluppare le capacità
balistiche che facevano la differenza (pur ampliando il raggio di azione di una bomba,
poteva essere più rilevante il fatto di poter contare su un apparato missilistico che
avrebbe consentito di essere più sciolti dalla questione delle basi).

Il gap missilistico causato dal lancio dello Sputnik nel 1957 viene utilizzato anche per
giustificare l’ulteriore corsa al riarmo e alla ricerca (il discorso sulle spese per la difesa si
era aperto già con la Risoluzione di Nizza, che raccomandava il 20% del PIL sul riarmo).

Equilibrio del terrore


In una fase di coesistenza delle relazioni tra Unione Sovietica e Stati Uniti, si apre la
strada verso un negoziato indispensabile sulla questione dell'equilibrio del terrore.

Si presentano tutte le problematiche inerenti all’equilibrio nucleare, come la first strike


capability: chi attacca per primo deve sapere che il primo colpo deve essere quello
definitivo perché quando questo non dovesse avvenire, l’attaccato è in grado di
rispondere con una risposta uguale -> diventano fondamentali anche le capacità difensive
(qualunque cosa permetta di intercettare i missili pone in una condizione di superiorità).

RIFLESSI NELLE POLITICHE EUROPEE

Dopo il fallimento della CED (risposta autonoma di riarmo che raffigurava l’integrazione
nel settore militare) l’Europa ritrova insperabilmente un ulteriore impulso verso
l’integrazione, questa volta economica con un percorso di passaggi accelerati (Accordi di
Roma, …), per la prima volta in autonomia, senza il ruolo esercitato dagli Stati Uniti nel
favorire il processo di integrazione).
-> l’Europa comincia ad affrancarsi dagli Stati Uniti, che non sono più l’elemento di spinta
e il processo di integrazione è diventato autonomo.
17.12.07 Storia delle Relazioni Internazionali
PERCEZIONI

Implicazioni del lancio dello Sputnik per gli americani


Il lancio dello Sputnik nel ’57 crea negli americani la percezione del gap missilistico.
La superiorità sovietica nel settore missilistico si fonda in realtà su un millantato credito
poiché la strumentazione era ancora imprecisa e di fatto non alterava gli equilibri esistenti,
eppure questa riesce ad alterare le percezioni -> le relazioni (in particolare nella Guerra
Fredda) si giocano spesso proprio sulle percezioni.

L’effetto dello Sputnik è la percezione di una pericolosa simmetria nel settore missilistico,
percezione che si modificherà solamente con la fase iniziale dell’amministrazione
Kennedy: lo spionaggio affidato agli U2 e l’avanzamento della tecnologia satellitare
permetteranno di capire che effettivamente i sovietici stavano bluffando e che il gap
missilistico è inesistente (benché anche Eisenhower non fosse stato mai veramente
convinto che ci fosse una superiorità sovietica).

Politica sovietica nella fase dello Sputnik


Quando Chruščëv sposa la politica del bluff lo fa, prendendosi un rischio, perché ritiene
che la percezione sia di per sé sufficiente a creare una fase di maggior forza strategica (e
dunque negoziale) per l’Unione Sovietica, laddove ci sono ancora importanti questioni
aperte.

DALLA RISPOSTA MASSICCIA (EISENHOWER) ALLA RIPOSTA FLESSIBILE


(KENNEDY)

Tra le questioni ancora aperte, un nodo centrale nelle relazioni tra Unione Sovietica e Stati
Uniti (blocco orientale e blocco occidentale) è ancora su Berlino, dove la situazione non è
ancora chiaramente definita.

Opzione nucleare sulla Germania


Nel ’55 la Germania Ovest è entrata a far parte della NATO (così facendo gli americani
avevano in parte coperto il vuoto lasciato dalla mancata ratifica della CED) ma ci sono
anche altre questioni che riguardando le modalità del riarmo tedesco, per esempio
l’opzione nucleare per la Germania (sotto il controllo NATO, non in autonomia), che offre
due possibilità: lavorare per riaprire il discorso sul problema tedesco oppure chiuderlo
attraverso la possibilità di nuclearizzare la Germania (dopo il riarmo, che era stata una
prima chiusura, poiché la Germania così facendo era passata totalmente al blocco
occidentale precludendo la possibilità di riunificazione).
-> si crea per l’Unione Sovietica un ulteriore problema e, pur rappresentando invece per
l’Europa un’ulteriore garanzia, si chiarisce che l’eventualità di un conflitto globale avrebbe
avuto l’Europa come teatro: lo scontro nucleare sarebbe avvenuto lì, perché la tecnologia
sottomarina era ancora troppo imprecisa per garantire un attacco nucleare, le cui
concezioni strategiche sono diverse e basate anche sulla velocità di risposta (i missili
nucleari americani sono in Turchia, in Italia e in Gran Bretagna).

L’ipotesi era che la pistola fumante fosse una crisi su Berlino, mentre gli scenari periferici
continuano a produrre il più alto livello di conflittualità perché non coperti dalla deterrenza
nucleare.
Elezione di Kennedy e concetto di risposta flessibile
Il concetto di risposta massiccia sotteso alla campagna elettorale di Eisenhower e alla
concezione strategica portata avanti dalla sua amministrazione (Dulles in particolare)
tende a sfaldarsi nel momento in cui cade l’opzione nucleare sulla Germania (possibilità di
dotare la Germania di testate nucleari).
-> dalla risposta massiccia si passa al concetto di risposta flessibile che caratterizzerà la
concezione strategica dell’amministrazione di Kennedy, eletto nel 1960 contro Nixon.

Kennedy punta molto sulla necessità di una risposta flessibile, che non cancella la
possibilità di una risposta nucleare, ma la rende commisurata: sullo scenario periferico si
potrà dare una risposta con l’armamento tradizionale, mentre rimane l’opzione di una
risposta nucleare sugli scenari fondamentali.

Reali condizioni dell’armamento sovietico


Il concetto della risposta flessibile trova poi un maggior accreditamento
nell’amministrazione democratica quando viene sfatata nel 1961 l’idea del gap missilistico
(si pensava di correre rischi perché i sovietici nel settore nucleare avevano i missili a lunga
gittata, e nel settore dell’armamento convenzionale erano molto superiori rispetto agli
americani):
- risulta che la dotazione missilistica sovietica non poteva garantire l’effettività operativa di
un gran numero di missili a lungo raggio: i missili erano pochi e imprecisi e non
costituivano la minaccia che gli americani avevano temuto
- si sfata il mito della superiorità sovietica nell’armamento convenzionale: le divisioni
sovietiche schierate in Europa con il Patto di Varsavia sono molto meno equipaggiate di
quelle occidentali (che pure erano numericamente inferiori)

In questa fase il discorso sul disarmo e sulle relazioni politiche passa in gran parte
attraverso l’equilibrio strategico e il concetto di risposta flessibile ha come risultato quello
di gettare i paesi dell’Europa Occidentale in una fase di relativa incertezza rispetto alla
loro difesa (l’opzione di una maggiore garanzia nucleare degli Stati Uniti rendeva l’Europa
più sicura) e contemporaneamente potrebbe aver portato Chruščëv a prendersi rischi
ancora maggiori.

Politica di Chruščëv e incontri al vertici


Chruščëv potrebbe sembrare un attore totalmente irrazionale quando vuole forzare
determinate situazioni (prendendosi rischi eccessivi), alternando questo con l’idea che si
potesse arrivare a una distensione.

Entrambi gli interlocutori puntavano ad arrivare alla distensione: durante l’amministrazione


Truman non erano avvenuti incontri al vertice (si immaginava che gli Stati Uniti avrebbero
potuto negoziare solo quando fossero stati in una posizione di forza), con Eisenhower ce
ne furono 3 e con Kennedy 2 -> in realtà c’è via via uno sforzo negoziale.

QUESTIONE SUL RICONOSCIMENTO DELLA GERMANIA EST E MURO DI BERLINO

L’idea di Chruščëv è quella di premere su Berlino (considerato dai sovietici il punto


debole) -> riapre il discorso su Berlino, pretendendo di arrivare a una soluzione definitiva:
riconoscimento della DDR e attribuzione a Berlino dello status di città internazionale.
I sovietici potevano avanzare tali richieste in quanto forza di occupazione e grazie alla
possibilità che avevano di restituire alla Repubblica Democratica i poteri che avevano fino
a quel momento.

Ulbricht, leader della Repubblica Democratica, premeva su Mosca perché si arrivasse a


una soluzione che prevedesse un accordo, poiché ormai il flusso di cittadini tedeschi che
scappavano verso Ovest era inarrestabile (tra le altre ragioni anche la scarsa lungimiranza
della politica sovietica nel settore).
Il punto di forza sovietico dovrebbe essere il fatto che Berlino rimane un’enclave nella
Germania Orientale, e rimane un punto di forza in particolare quando gli Stati Uniti non
hanno la certezza che viene dal riconoscimento di una superiorità strategica (subito dopo
lo Sputnik Chruščëv potrebbe cercare di cavalcare l’onda lunga del supposto vantaggio
strategico).
-> pressioni ulteriori su Berlino (si minaccia l’ultimatum sulla città).

Vertice a Parigi (1960) e Crisi degli U2


Viene indetto un vertice a Parigi nel 1960 (fase finale dell’amministrazione Eisenhower)
con l’idea di ridiscutere la questione tedesca.

I sovietici appena un paio di settimane prima erano riusciti ad abbattere un U2, uno degli
aerei americani che dal ’58 violavano con regolarità lo spazio aereo sovietico volando in
alta quota (i sovietici non potevano essere colpiti dalla contraerea, ma nemmeno potreste
eccessivamente dimostrando la facilità con cui gli americani violavano il loro spazio
aereo).
Chruščëv, parlando con De Gaulle, fa presente di avere le prove relative al pilota e
all’aereo distrutto che sventolerà in pubblico quando l’ambasciatore americano
Stevenson aveva appena negato i voli degli U2 -> denunciando lo scandalo, pone delle
condizioni (è una caratteristica di Chruščëv questo “tirare la corda” prendendosi dei
rischi):
- fine dell’attività americana nello spazio aereo sovietico
- ridiscussione della questione di Berlino secondo le proposte avanzate dai sovietici ->
riconoscimento della DDR

Il negoziato si conclude con un nulla di fatto perché Eisenhower non cede su nessuna
delle richieste sovietiche.

Dottrina Hallstein
Sul riconoscimento della DDR, fino a quel momento (e fino all’Ostpolitik di Willy Brandt),
era valsa la regola fondamentale posta da Konrad Adenauer, cancelliere tedesco della
Germania Ovest, promotore della Dottrina Hallstein: nessun paese che intratteneva
rapporti politici o commerciali con la Germania Ovest poteva contemporaneamente
intrattenerli con la Germania Est.
-> si cercava di isolare la Germania Est, poiché era molto più conveniente sul piano
commerciale intrattenere rapporti con la Germania Ovest (in piena crescita e rinascita).

La Germania Est risentirà della Dottrina Hallstein e saranno quasi esclusivamente i paesi
del Patto di Varsavia a riconoscerla (oltre a qualche paese del Terzo Mondo).

Costruzione del muro


Con il riconoscimento della DDR si sarebbe chiuso il discorso su Berlino: fino alla
costruzione del muro (1961) il discorso sullo status di Berlino e sulla conclusione di un
vero trattato di pace con la Germania rimane in itinere -> la situazione è incompiuta
(perché di divisione) e ci sarebbe dovuto essere un negoziato che avrebbe portato a una
risoluzione (che invece non c’era).

Nella sostanza ci si rende conto che l’incertezza sta diventando scomoda per tutti (non è
più un problema solo sovietico, ma anche americano), tanto che l’inizio della costruzione
del muro nell’Agosto del 1961 rappresenta un sollievo per gli americani (pur non potendo
ammetterlo, rappresenta la chiusura di una vicenda che fino ad allora era stata una
costante fonte di frizioni nelle relazioni a due).
-> Kennedy si limita a prendere atto di ciò che avviene.

INCIDENTE DELLA BAIA DEI PORCI (1961)

Kennedy entra in carica nel Gennaio 1961 e, benché la sua volesse essere
l’amministrazione che avrebbe rivisto il concetto strategico e proposto un cambio di
politica, subito incappa nell’incidente della Baia dei Porci.

Ascesa di Fidel Castro


Nel 1956 a Cuba fallisce un primo tentativo insurrezionale di Fidel Castro, che avrebbe
voluto ribaltare il regime di Fulgencio Batista con una fuga successiva nella Sierra
Maestra.
Quando il tentativo insurrezionale riesce, l’atteggiamento americano rispetto all’ascesa di
Fidel Castro è inizialmente pacato e c’è un riconoscimento e una presa d’atto della presa
di potere, che presto si tramuta però in ostilità che viene da due fattori:
- Castro comincia la nazionalizzazione, in particolare di beni che fino ad allora erano stati
gestiti dalle grandi compagnie americane (andando contro l’interesse americano)
- sempre più Castro si sposta ideologicamente verso il versante sovietico (e i sovietici
sono ben lieti di accogliere un nuovo paladino dell’ideologia comunista nell’emisfero
occidentale)
-> tutte le problematiche sociali ed economiche sono interpretate dagli americani in
chiave anti-comunista (la prima istanza è la difesa dell’impero dalla penetrazione
comunista).

Minaccia della penetrazione comunista nell’emisfero occidentale


Nel momento in cui la chiave di lettura americana è quella della difesa dalla penetrazione
comunista, anche tutti gli accordi costituiti (es. OSA - Organizzazione degli Stati
Americani, presieduta dagli americani) hanno come nucleo centrale l’idea di dover
arginare la minaccia comunista nell’emisfero occidentale -> si incrociano due
problematiche:
- minaccia economica: Castro danneggia direttamente il consistente interesse economico
americano in territorio cubano
- minaccia politica: Castro si vede con Mikojan (vicepresidente del Consiglio dei Ministri
dell’Unione Sovietica) e comincia a fraternizzare con un potenziale alleato. Contrastando
con gli interessi americani, la sua politica lo porta a cercare un altro protettore.

La minaccia aveva provocato nel tempo anche un flusso di profughi cubani (sostenitori di
Batista) verso la Florida che costruirà successivamente la potente lobby degli esuli
cubani, su cui sono tra l’altro ricaduti sospetti relativi all’omicidio di Kennedy.

Tanto più gli americani si convincono che Castro sia il nemico numero uno, tanto più
Castro stringe la propria alleanza con i russi, che si fa sempre più vitale (un accordo
economico garantirà un vantaggiosissimo previsto dall’Unione Sovietica in cambio di un
prezzo stracciato sullo zucchero cubano) -> il rapporto tra Cuba e il blocco sovietico si
concretizza anche attraverso una protezione economica, vitale per la sopravvivenza
cubana nel momento in cui si va incontro alla rottura definitiva dei rapporti con gli Stati
Uniti.

Invasione della Baia dei Porci (1961) e rottura definitiva tra Stati Uniti e Cuba
La rottura tra gli Stati Uniti e Cuba si palesa quando Kennedy viene messo davanti a
un’operazione già garantita (una delle covert operations che caratterizzeranno la politica
americana) che prevedeva l’appoggio americano sotto banco al tentativo degli esuli
cubani di ribaltare Fidel Castro e riprendere il potere a Cuba. Kennedy, appena diventato
presidente, si trova un piano della CIA (il cui direttore al tempo era Allen Dulles, fratello
minore di John Foster Dulles) su cui vengono date esplicite garanzie di riuscita grazie al
fatto che gli esuli comuni avrebbero trovato una popolazione cubana pronta a sostenerli.
Tuttavia la popolazione non si rivelerà pronta a sostenere gli esuli cubani che, una volta
sbarcati, si troveranno circondati e senza la protezione aerea americana: Kennedy aveva
dato ordine di non esporsi per non palesare il marchio americano su un intervento
illegittimo teso a rovesciare un regime costituito e perché questo avrebbe potuto avere
una ricaduta negativa su tutta l’America Latina (l’idea del contagio era reale sopratutto a
Cuba, dove era presente un concetto di guerriglia rivoluzionaria che poteva essere
esportato facilmente).

Quando c’è la Crisi di Berlino nell’Agosto del ’61 e Chruščëv decide di fare il passo
definitivo (dando il suo consenso a Ulbricht perché la questione di Berlino fosse chiusa
con il muro, ostacolo fisico e psicologico che avrebbe chiuso i cittadini della Germania
Est), Kennedy è un interlocutore debole, perché è insediato da poco e ha alle spalle
l’insuccesso del tentato sbarco nella Baia dei Porci -> Chruščëv si convince di poter
“tenere gli americani per le palle”.

RAPPORTI SINO-SOVIETICI

Anche il rapporto tra l’Unione Sovietica e la Cina può rappresentare una delle possibili
spiegazioni che si possono dare all’atteggiamento di Chruščëv.

Rapporto nella Guerra di Corea (1950-1953)


Con l’armistizio di Panmunjeom nel 1953 si chiude la questione coreana, che può essere
considerata un primo esempio per capire ciò che aveva significato l’iniziale stretta
alleanza tra Cina e Unione Sovietica: i cinesi erano intervenuti con un proprio nucleo di
volontari nella Guerra di Corea, spronati dai sovietici, che avevano garantito il proprio
intervento in caso di bombardamento sul territorio cinese, ma facendo spesso mancare
un proprio intervento decisivo (come la protezione aerea) alle truppe di volontari cinesi.

-> già nella fase della Guerra di Corea si possono vedere le prime avvisaglie di un
rapporto che comincia a incrinarsi, nonostante dovesse essere così saldo: una costante
dei rapporti sino-sovietici in questa fase sarà il ritirarsi dell’Unione Sovietica in una politica
più realista e prudente.

Rottura ideologica
La Cina è un paese in grande espansione e le considerazioni entusiastiche sull’esito della
rivoluzione del ’49 possono essere ridimensionate perché i cinesi rappresentano una sorta
di caposaldo dottrinale.
Quando Chruščëv prende formalmente il potere nel 1957 (dopo il triumvirato e la pulizia
dagli elementi più ingombranti dello stalinismo) e acquisisce un pieno controllo avviando
dunque la destalinizzazione, la costante presenza cinese rappresenta una sorta di occhio
critico sul suo operato: Chruščëv con la destalinizzazione cammina su un crinale piuttosto
esile (rispetto alla politica estera, illudendo alcuni paesi dell’Europa Orientale che vi sia
uno spazio maggiore rispetto a quello che veramente voleva concedere).
-> i cinesi non sono particolarmente entusiasti della politica revisionista di Chruščëv e del
suo tentativo (da buon realista) di avvicinarsi alla Jugoslavia per correggere l’errore
fondamentale della politica di Stalin.

Progressivo affrancamento della Cina dall’Unione Sovietica


Il ruolo cinese di assoluta soggezione nei confronti dell’Unione Sovietica (che costituiva la
verità in campo dottrinario) comincia a traballare nel periodo di Chruščëv e della
destalinizzazione.

I cinesi sentono di avere pieno diritto nel richiedere una dotazione nucleare, e su questo i
sovietici devono dare delle garanzie (benché avrebbero di gran lunga preferito garantire la
Cina sotto il proprio ombrello nucleare senza però dargli l’arma nucleare).
-> gli equilibri e il rapporto fondamentale che deve essere conservato fanno sì che i
sovietici promettano ai cinesi di concedere il proprio know-how nucleare (la promessa
perde nel tempo di credibilità, essendo i sovietici molto parchi nell’iniziale dotazione di
mezzi e informazioni che danno ai cinesi).

Risposta cinese alla politica arrischiata di Chruščëv


Alla fine degli anni ’50 il rapporto risente anche della politica arrischiata dei colpi di mano
di Chruščëv, che avrebbe dovuto dare maggiore credibilità alla politica sovietica agli occhi
dei cinesi, che spesso si mostravano più incuranti rispetto ai rischi inerenti all’eventualità
di un conflitto globale nelle questioni che riguardavano scenari di potenziale crisi (es. Mao
considera che anche in caso di conflitto nucleare un gran numero di cinesi sarebbero
sopravvissuti) -> Chruščëv dà un’immagine di forza che potrebbe mantenerne il prestigio
anche agli occhi della leadership cinese, ma al contempo la convince che questi rischi
possano veramente essere presi, alla luce della sbandierata superiorità strategica
dell’Unione Sovietica.

I cinesi non si spiegano perché Chruščëv faccia la voce grossa ma poi di fatto avvii una
distensione con gli americani.
Uno degli svantaggi nella politica dei colpi di mano e della millantato credito, portata
avanti da Chruščëv a partire dal lancio dello Sputnik, è che questa induce i suoi alleati
diretti a confidare su questa superiorità strategica: i cinesi o Castro potevano immaginare
che i sovietici avessero una libertà enorme proprio perché hanno posto gli americani in
una condizione di inferiorità strategica.

Punti di rottura sulla questione con Taiwan e sui test nucleari in atmosfera (1963)
I cinesi hanno in corso un rapporto molto conflittuale con Formosa (Taiwan), ultimo
baluardo di Cina anti-comunista, e sulla contesa per le isole di Quemoy e Matsu (due isole
che fanno geograficamente parte della Cina comunista) si scatenano gli incidenti tra le
due Cine, sui quali però i sovietici non vorrebbero tirare troppo la corda su questo
argomento.

Inoltre, ben presto i sovietici accettano di aprire con gli americani il discorso sulla
possibilità di vietare i test nucleare nell’atmosfera.
Nel 1963 viene ratificato il primo grande accordo in termini di distensione e riguarda
proprio la messa al bando dei test nucleari in atmosfera -> viene arrecato un danno
anzitutto a chi non ha ancora la strumentazione nucleare e la sta sviluppando (Cina e
Francia non aderiscono all’accordo, perché in una fase iniziale di dotazione nucleare la
messa al bando dei test eseguiti da americani e sovietici negli anni precedenti va a tutto
svantaggio di chi sta ancora lavorando sulla tecnologia).

Per i francesi la force de frappe è un’idea che accarezza l’orgoglio nazionale e gli
permette di garantirsi un maggior spazio di autonomia ma non rappresenta una forza
effettiva.

-> con la ratifica dell’accordo si palesa la volontà sovietica di abbandonare


definitivamente l’idea di dotare i cinesi dell’arma nucleare in proprio (perché ormai si è
manifestato con chiarezza il dissenso sul piano ideologico e sull’attuazione pratica delle
relazioni internazionali).

Rottura sulla gestione relazioni internazionali


Il punto di rottura, oltre che ideologico (vd. Risposta cinese alla politica arrischiata
di Chruščëv), è anche sulle modalità con cui portare avanti le relazioni internazionali:
nonostante i colpi di mano, Chruščëv è orientato realisticamente alla distensione (anche
analizzando la Crisi di Cuba, si nota che l’ossessione di Chruščëv è quella di arrivare a
una parità strategica (poiché il territorio americano non è vulnerabile, a differenza di quello
sovietico) mentre i cinesi sono più orientati a spingere oltre i rischi e aperti alla soluzione
di forza.

Chruščëv si rende conto che, pur dovendo promettere ai cinesi di dotarli della
strumentazione nucleare, quest’opzione li avrebbe messi in condizione di svolgere un
ruolo di leadership in Estremo Oriente e le implicazioni di questo ruolo sarebbero troppo
rischiose perché il concetto di equilibrio è inteso in modo molto diverso tra i due: i cinesi
sono su posizioni più estreme e potrebbero alterare il realismo che ha sempre garantito ai
sovietici che non si arrivasse al conflitto diretto con gli americani (se per i sovietici la
conclusione di ogni crisi è nell’ottica del realismo nel momento in cui il passaggio ulteriore
è lo scontro aperto, per i cinesi lo scontro aperto è da considerare).
-> i sovietici pensano che sia da rivedere la misura del sostegno dato ai cinesi e si
affievolisce via via la possibilità di dotare i cinesi di un’arma nucleare autonoma facendoli
diventare un terzo polo (vd. Punti di rottura sulla questione con Taiwan e sui test nucleari
in atmosfera).

Vantaggio americano dallo screzio nel blocco comunista


Gli americani arriveranno ai primi anni ’70 per capire come utilizzare l’insperato screzio
all’interno del blocco comunista, ma è evidente che già nei primi anni ’60 ce ne sono ampi
segnali.

Nella fase iniziale sono i cinesi a rappresentare il maggior pericolo, poiché si presentano
in maniera molto più estremista rispetto ai sovietici: i cinesi erano arrivati ad essere
considerati così pericolosi che Johnson, con il crescendo delle tensioni in Indocina,
ipotizza un accordo con i sovietici in chiave anti-cinese.
In realtà saranno poi Nixon e Kissinger a riconoscere i cinesi e ad accordarsi con loro per
far temere ai sovietici che questo accordo li circondi, riportandoli al negoziato -> facendo
preoccupare i sovietici accordandosi con i cinesi, si riportano i sovietici a più miti consigli.

CRISI DEI MISSILI A CUBA (1962)


Tentativo sovietico di superare l’asimmetria e ricerca di Castro di una protezione
Gli americani si accorgono nel 1962 che i sovietici stanno trasportando materiale a Cuba
e costruendo rampe di lancio missilistiche, premessa per collocare dei missili in territorio
cubano, da dove sarebbero sufficienti dei missili a medio raggio per colpire anche
Washington -> si riporterebbe di nuovo la questione al concetto della vulnerabilità
reciproca (come era vulnerabile Mosca, sarebbe vulnerabile anche Washington) con un
altro modo per aggirare il maggior problema dell’asimmetria troppo pericolosa per i
sovietici (scoperto che non c’era veramente la superiorità a lungo raggio, i sovietici si
sentivano ancora più insicuri).

I sovietici sfruttano il rapporto di amicizia creato con Fidel, il quale doveva


necessariamente trovare un interlocutore forte, dopo aver capito con la Baia dei Porci che
i rapporti con gli Stati Uniti avrebbero rappresentato per Cuba una minaccia costante
(tuttavia sembra che Castro abbia creduto che effettivamente i sovietici fossero più forti di
quanto non fossero in realtà).

Risposta americana
I sovietici avrebbero potuto dichiarare di essere intenzionati a tutelare l’indipendenza
cubana con un accordo e dotandoli di un armamento che avrebbe consentito ai cubani di
meglio tutelare questa indipendenza -> anziché cominciare a trasportare i missili di
nascosto avrebbero potuto in maniera dichiarata.
Gli americani si trovano invece di fronte a un’operazione che possono considerare
offensiva più che difensiva (ribaltando completamente l’assetto strategico che aveva
definito lo status quo facendolo diventare favorevole ai sovietici).

Kennedy pretende che i sovietici rinuncino al progetto e per farlo blocca l’isola all’interno
di una quarantena, impedendo il passaggio di ulteriori navi che portassero materiale verso
il territorio cubano.

-> la percezione collettiva, in Europa come negli Stati Uniti, è quella di essere prossimi a
un conflitto nucleare.

Compromesso ufficiale
Quando emergono le prove raccolte dagli americani (grazie a un’intensa attività
spionistica) che testimoniano il trasporto di materiale verso Cuba, l’ambasciatore
Dobrynin,che non era stato informato da Mosca, si trova a dover difendere l’indifendibile e
poi i sovietici risponderanno che l’utilizzo delle armi è puramente difensivo (teso a
impedire che gli americani cercassero un esito di destabilizzazione interna come
accaduto con la Baia dei Porci).
Il dato rimane comunque inaccettabile per gli americani e la crisi si conclude con una
sorta di compromesso ufficiale in cui gli Stati Uniti si impegnano con una lettera firmata
da Kennedy a non cercare in alcun modo per il futuro di violare l’indipendenza di Cuba
(tentativi di destabilizzare il regime) e l’Unione Sovietica accetta, grazie alla garanzia
americana, di ritirare i missili.
-> nel momento in cui sono ottenute le garanzie sull’indipendenza e sul fatto che gli
americani non cercheranno più di attentare a Castro e al suo regime, non c’è più ragione
per cui portare le testate nucleari a Cuba. Di fatto però rappresenta una resa davanti a un
duro realismo che non aveva vie d’uscita.

Lettera ufficiosa
È una seconda lettera a spiegare perché Chruščëv avesse cercato questa situazione di
crisi a Cuba: nella lettera ufficiosa è presente la promessa americana di ritirare i missili (a
raggio breve e intermedio) dall’Europa, essendo questi in grado di colpire dalla Turchia e
dall’Italia il territorio sovietico.

Questo secondo accordo non poteva essere declinato in via ufficiale perché sarebbe
stato inaccettabile che il colpo di mano sovietico avesse come oggetto dello scambio una
minor tutela dell’Europa.
La minor tutela in Europa comunque di fatto non sussisteva, essendo i missili oggetto
dell’accordo ormai avviati all’obsolescenza e sostituiti dalle nuove basi di lancio mobili
come i sottomarini Polaris, che consentivano di avere un numero di obiettivi uguale a
quello che si avrebbe avuto con le basi in Turchia e in Italia.

Benché l’immagine dell’opinione pubblica mondiale fosse quella di un braccio di ferro, le


singole mosse dimostrano come entrambe le parti fossero orientate a trovare una
soluzione, che poi sarà trovata nel modo più logico.

DESTITUZIONE DI CHRUŠČËV

Chruščëv farà le spese di tutta la sua politica e verrà destituito nel ‘64 (pur non a ridosso
della crisi).

Il suo errore più grande era stato quello di creare un divario eccessivo tra la propaganda
sul fronte esterno e la realtà sul fronte interno.
Chruščëv si troverà anche a gestire una situazione di estrema complessità in merito alle
problematiche interne inerenti alla destalinizzazione che rendeva tutto molto precario
(Crisi ungherese nel ’56, difficili rapporti con la Jugoslavia) e l’esplosione dei cinesi (che
non sono più l’interlocutore debole con cui aveva avuto a che fare Stalin nel ’49).
-> un filo coerente dimostra che la fase successiva alla Crisi di Cuba rappresenta un’avvio
di distensione.
17.12.11 Storia delle Relazioni Internazionali (1)
LIMITAZIONE DEGLI ARMAMENTI

Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (1968)


La fine della crisi di Cuba avvia il discorso della distensione: nel punto più critici nei
rapporti tra Unione Sovietica e Stati Unti, si arriva necessariamente ad avviare un
discorso che si traduce prima in un accordo fondamentale come quello sulla messa al
bando della sperimentazione nucleare e poi nel suo ulteriore sviluppo, l’Accordo sulla
Non-Proliferazione Nucleare.

-> c’è di nuovo un chiaro intento di mantenere l’equilibrio bipolare e il concetto di


deterrenza, che potrebbe avere una pericolosissima accezione qualora si arrivasse alla
fine del duopolio nucleare (emerge chiaramente che, nei delicatissimi equilibri della
deterrenza nucleare, l’idea che altri stati possano dotarsi di testate nucleari diventa un
rischio perché mette a rischio il precario equilibrio).

Nel 1963 muore Kennedy e nel 1964 è al suo vice Johnson che spetta il compito di
portare avanti il discorso sul problema della proliferazione nucleare e, successivamente,
sulla limitazione degli armamenti.

Il Trattato di Non-Proliferazione vieta alle potenze nucleari di trasmettere l’armamento


nucleare ma anche le conoscenze tecnologiche e i materiali necessari alla costruzione e
viceversa vieta passivamente ai paesi che vi aderiscono ricevere materiali e conoscenze.
Nel 1964 i due secondi poli possibili per il nucleare sono la Francia (per il blocco
occidentale) e la Cina (per il mondo comunista).

Primo test nucleare cinese


Con il Trattato di Non-Proliferazione la Cina dovrebbe risultare ancora più isolata.
La Cina nel 1964 (quasi in concomitanza con le dimissioni di Chruščëv) è riuscita ad
attuare il primo test nucleare senza l’aiuto sovietico, poiché dal ’59 l’Unione Sovietica
aveva abbandonato l’idea di dotare la Cina di un arsenale nucleare.

I cinesi svilupperanno solamente missili a corto e medio raggio e la loro dotazione


nucleare sembra avere prevalentemente un carattere difensiva e regionale, ma per il futuro
pensano addirittura di costituire un deterrente contro l’Unione Sovietica.
-> quella cinese non è una dotazione nucleare che guarda all’Occidente e al nemico
capitalista ma piuttosto vuole rifarsi al ruolo che la Cina sa di poter giocare in Medio
Oriente e che necessariamente la porterà a un rapporto conflittuale con l’Unione Sovietica
(anche sul piano ideologico, nel momento in cui durante la destalinizzazione Mosca non è
più il tempio dell’ortodossia).

Concezione francese di "force de frappe" e uscita dalla NATO


Gli Stati Uniti non si sentono minacciati dalla politica francese (a differenza di quanto
accadeva nel rapporto Unione Sovietica-Cina) ma, come era successo nel difficile
rapporto tra De Gaulle e Roosevelt durante la guerra, la Francia si pone di nuovo come un
paese che vuole ritagliarsi un importante spazio di autonomia all’interno dell’Europa.
La Francia non si sente sufficientemente garantita dall’ombrello difensivo americano che
fino a quel momento garantiva una dotazione nucleare all’interno dei paesi NATO ma
rigorosamente sotto controllo americano.
L’idea di De Gaulle è che possedere l’arma nucleare costituisca in questa fase un
potenziale elemento di sovranità compiuta, benché non si possa parlare né nel caso
cinese né nel caso francese di una dotazione nucleare che consenta una totale autonomia
(es. la Francia non avrebbe potuto fronteggiare da sola un attacco da parte del Patto di
Varsavia o dei russi) -> la politica francese si vedrebbe garantito un miglior spazio di
manovra (force de frappe, specificità francese) su cui la Francia è molto sensibile.

Nel 1966 la Francia sceglie di uscire militarmente dalla NATO (che in questo momento
sposta la sede da Parigi a Bruxelles): la Francia ritira i propri contingenti ma rimane
all’interno degli accordi politici del Consiglio Atlantico -> vengono conservati tutti gli
aspetti di vicinanza politica ma le truppe francesi integrate all’interno della NATO vengono
tolte.

Special relationship
La Gran Bretagna era l'unico paese per cui si derogava al controllo totale americano
(nonostante la crisi nei rapporti anglo-americani causati nel ’56 da Suez, dal ’57 in poi è
pienamente avviata la special relationship che vale anche per la dotazione nucleare (pur
sempre sotto l’egida americana e non pensabile al di fuori di una politica coesa tra Londra
e Washington).
La Francia cercherà sempre di contrastare la special relationship (nel momento in cui
l’Inghilterra chiede l’accesso alla Comunità Europea, la Francia lo nega perché teme che
questo possa essere funzionale alle direttive di Washington e potrebbe far prevalere la
caratterizzazione atlantista anche all’interno dell’Europa.

PRESUPPOSTI DELL’INTERVENTO AMERICANO IN VIETNAM

Amministrazione Johnson ed eredità di Kennedy


Con la nuova presidenza non sarà tanto l’amministrazione a cambiare quanto la figura del
Presidente, che dovrà competere a fatica con l’altare politico ideale che si fonda sulla
personalità e sul carisma di Kennedy e che viene eretto alla sua morte.

Johnson è stato uno dei presidenti più produttivi sul piano delle riforme interne (si è
trovato a dover rendere operativi i presupposti ideologici dell’amministrazione Kennedy):
es. civil rights (accesso dei neri all’istruzione e al voto (riportando a livello federale il
controllo delle iscrizioni nelle liste elettorali) e welfare.
-> una serie di provvedimenti sociali hanno molto impegnato l’amministrazione e riescono
ad allontanare Johnson anche dalla sua origine texana, consacrandolo come il presidente
delle libertà e dei diritti.

Nel 1964 Johnson riceve anche una conferma dall’elettorato (che non aveva avuto da
vice-preseidente) contro il reazionario Goldwater.

Johnson eredita inoltre, sul fronte interno e della politica estera una serie di elementi
incompiuti: la Nuova Frontiera e le riforme interne che Kennedy avrebbe voluto portare
avanti e i problemi che si affacciavano ormai inderogabili sul piano della politica estera (il
primo e il più urgente dei quali è lo scenario dell’Estremo Oriente).
La guerra in Vietnam diventerà per Johnson una sorta di ossessione.

Responsabilità della Guerra in Vietnam


Si discute sul presidente e sulle decisioni a cui attribuire le responsabilità dell’inizio della
guerra in Vietnam.
La prima fase dell’impegno americano in Vietnam comincia nel 1954 quando i francesi
sono costretti alla ritirata in occasione della sconfitta di Dien Bien Phu e gli americani si
trovano a dover considerare anche questo scenario.

Si vedrà anche in merito al discorso coreano i limiti e le conseguenze dell’impegno


militare americano in Estremo Oriente. È evidente che la pacificazione ha reso il
Giappone un caposaldo sicuro e che rispetto alla Cina c’è stata da parte della politica
americana una sommatoria di errori inevitabili nel momento in cui l’interlocutore era
Chiang Kai-shek (incongruenze che alla fine hanno potenzialmente favorito la vittoria
dei comunisti).

-> nel 1954 il passaggio non è automatico, perché anche in Estremo Oriente per gli
americani si tratta di sostituire una potenza coloniale, laddove vorrebbero invece
continuare a proporsi come paese anti-coloniale.

Nel 1954 si è anche nell’epoca Eisenhower, in cui si mette in discussione l’idea del
containment e si pensa piuttosto alla massive retaliation (reazione nucleare massiccia che
avrebbe dovuto costituire la risposta ad ogni attacco su ogni fronte) e al rollback (che ha
una valenza più propagandistica che di sostanza).

Allargamento dell’impegno americano e visione semplificatoria sul Vietnam


In Vietnam si è optato dopo gli Accordi di Ginevra del 1954 per una suddivisione al 17°
parallelo: il Vietnam del Nord è comunista mentre il Vietnam del Sud ha un regime mai
politicamente stabile (che diventa oggetto degli appetiti del Nord).

Gli americani vedono il governo comunista del Vietnam del Nord come una pedina nella
mani di Mosca, mentre questo trae origine da quella che in realtà è stata una lotta di
liberazione nazionale con delle radici locali, sottovalutandone tutto il potenziale locale e
nazionale (prima semplificazione da Guerra Fredda attuata dagli americani).

L’errore di valutazione americano sul Vietnam è gravido di conseguenze soprattutto nel


momento in cui gli americani allargano il proprio scenario operativo: Roosevelt proponeva
l’opzione di un’America ritirata nel proprio emisfero, il containment di Truman vede gli
americani saldamente impegnati sul fronte europeo, con Eisenhower l’impegno si allarga
verso il Medio Oriente e la politica americana si fa via via globale -> tutto si fa sempre più
concatenato.
La globalizzazione della politica americana ha costituito in parte una risposta rispetto
all’idea degli spazi vuoti che la politica di Mosca andava via via riempiendo (anche in zone
non consente come il Medio Oriente, in futuro il Terzo Mondo o il Sud-Est asiatico).

-> si assiste a un allargamento dell’impegno americano e a una tendenza a collegare tutto


all’interno di una stessa visione (che ha rischia di essere semplificatoria).

Teoria del domino


Tra gli usuali errori della politica estera in questa fase si evidenzia la teoria del domino:
idea secondo la quale nel momento in cui si fosse perso il Vietnam del Sud con
l’unificazione del paese da parte dei vietnamiti del Nord, questo avrebbe determinato un
indebolimento di tutto lo scenario del Sud-Est asiatico e una gravissima perdita di pozioni
degli americani in quell’area (che ben presto avrebbe potuto profilare una minaccia sul
Pacifico) -> si estendono moltissimo gli scenari periferici, rendendone imponderabili e
gravissime le conseguenze sugli equilibri bipolari.

Con l'arrivo di Kennedy (paladino della risposta flessibile, della Nuova Frontiera e di
un’America giovane e diversa) ci si aspetta un epocale cambiamento sul fronte della
politica estera che dovrebbe determinare una visuale differente sui problemi del Sud-Est
asiatico ma che in realtà non avviene ed è proprio l’amministrazione democratica di
Kennedy ad attuare un primo passaggio per un impegno ulteriore (primi consiglieri politici
e militari americani).
-> anche per l’amministrazione di Kennedy vale la teoria del domino ed è il Sud-Est
asiatico è un elemento importante nel confronto bipolare.

Fallimento dei tentativi di stabilizzazione e Risoluzione del Tonchino (1964)


Gli americani decidono di continuare a sostenere Diem (un autocrate non particolarmente
amato dalla popolazione e debole che non riesce a impedire le infiltrazioni ideologiche
nord-vietnamite dal basso).

Il regime debole presente nel Vietnam del Sud offre lo spunto per un’analisi simile a quella
che Kennan aveva fatto relativamente all’Europa Occidentale: qualora la regione fosse
rimasta povera e instabile economicamente e politicamente sarebbe potuta essere preda
dall’interno di un rafforzamento dei partiti comunisti (non solo attraverso una potenziale
invasione militare da parte dell’Unione Sovietica).
-> c’è un tentativo di intervento economico e di stabilizzazione politica: si pensa di
portare un benefit americano in Vietnam del Sud che consenta una stabilizzazione politica
(es. progetti di dighe sul Mekong per irrigare le campagne vietnamite).

Non funzioneranno i progetti di aiuto e il sostegno dato a Diem (cattolico) che comincia ad
attuare una politica di folle persecuzione dei bonzi in un paese a maggioranza buddista e
Kennedy deve tacitamente sostenere un colpo di stato contro di lui, che porterà alla sua
uccisione.

-> un altro elemento che precostituisce la debolezza dell’intervento americano in Vietnam


del Sud è l'incapacità americana a livello politico di condizionare il paese e l’impossibilità
di esercitare ciò che Kennan aveva individuato come punto fondamentale: l'intervento
economico e di stabilizzazione attraverso il benessere e la ricchezza.

Nel 1964 (con la presidenza Johnson) l’incidente del Golfo del Tonchino viene adotto
dall’amministrazione per far approvare al Congresso la Risoluzione del Tonchino, con la
quale il Presidente degli Stati Uniti riceve un potere incontrastato e incondizionato per
intervenire nel Vietnam del Sud -> l’intervento in Vietnam del Sud dovrebbe essere teso a
contrastare la tentata invasione da parte del Vietnam del Nord.

Sicurezza nazionale e credibilità americana


Con la Risoluzione del Tonchino viene applicata la teoria del domino con l’idea che nella
regione ci sia una minaccia che mette in gioco l’interesse nazionale americano (nessun
intervento è giustificabile politicamente e agli occhi dell’opinione pubblica se non
mettendo in gioco la sicurezza nazionale degli Stati Uniti) -> concezione molto vasta della
teoria del domino.

Un altro problema per gli Stati Uniti è rappresentato dal problema di credibilità
dell’impegno americano: nel 1954 (nel periodo della pattomania di Dulles, che prevedeva
una serie di patti concentrici) nasce la SEATO, con cui si doveva garantire il settore
asiatico, e che prevedeva che i paesi firmatari (sostanzialmente gli Stati Uniti) potessero
estendere la validità di questo patto e la loro capacità di intervento a determinate aree
ricomprese all’interno di un certo perimetro (es. Formosa).
Poiché il Vietnam rientrava nel perimetro difensivo degli Stati Uniti era importante che la
serietà dell’impegno americano a livello globale non fosse messa in discussione,
altrimenti ci sarebbe stato un effetto destabilizzante a tutti i livelli (per tutti gli altri accordi
in cui gli Stati Uniti hanno messo in gioco la propria credibilità).
-> un errore fondamentale è stato il comprendere il Vietnam del Sud nel perimetro
difensivo americano (teoria del domino e concetto estensivo delle conseguenze che
avrebbe avuto un Vietnam del Sud comunista).

INTERVENTO AMERICANO IN VIETNAM

L’intervento americano in Vietnam sarà graduale e comincia con l’invio di 150.000 soldati
sul terreno, che è qualcosa di politicamente difficile da sostenere.

Difficoltà militare
I soldati si trovano davanti a un conflitto asimmetrico: mezzi militari che rispondevano ai
mezzi classici della guerriglia, un nemico che conosceva perfettamente il territorio e aveva
degli appoggi territoriali (es. il sentiero di Ho Chi Minh che lasciava ai Viet Cong dei punti
di passaggio dal Nord verso il Sud, con un’estensione sempre più ampia e coinvolgendo
anche Cambogia e Laos) -> l’intervento americano potrebbe aver addirittura aumentato la
capacità di espansione del conflitto e dei Viet Cong.

Difficoltà politica
L’intervento americano avviene in un momento in cui ancora vige la coscrizione
obbligatoria (con una modalità di selezione poco limpida che spesso riguardava le classi
meno agiate).

Si passa dai primi 150.000 ai circa 525.000 soldati sul terreno nel ’68 (quando Johnson
rifiuta le richieste del comandante Westmoreland di ulteriori contingenti).
-> la guerra è sempre più pesante anche sul piano politico, in una presidenza già
particolare (vd. Presidenza Johnson).

La Guerra del Vietnam si rivela una resa dei conti della politica di contenimento
americana, che deve essere rivista alla luce di quanto accade in Vietnam; coincide inoltre
con il malessere che nel ’68 cresce nelle università (e in parte lo scatena) e sarà la prima
in cui i giornali mettono a conoscenza gli americani che non sempre i soldati americani
sono portatori di libertà e diritti umani -> il concetto stesso di questo tipo di guerra è più
crudele (stanare i Viet Cong nella foresta con il napalm).

Impatto politico dell’Offensiva del Tet


Con l’Offensiva del Tet, in occasione del Capodanno vietnamita, i Viet Cong assediano le
principali città del Vietnam del Sud (riescono a conquistare Saigon e ad occupare
l’ambasciata americana a Saigon per 6 giorni).
Benché l’offensiva non si riveli una vittoria militare per i Viet Cong (che utilizzavano una
tecnica di guerriglia ed erano inferiori quando si trovavano in campo aperto contro
americani e vietnamiti del Sud), il suo impatto politico è drammatico: costringe
l’amministrazione a un drammatico ripensamento della propria politica in Vietnam.
È impensabile ritirarsi dal Vietnam per non ledere la credibilità dell’impegno americano ma
contemporaneamente c’è una contestazione politica crescente in particolare all’interno
della sinistra del Partito Democratico, che si manifesta nella decisione di Johnson di non
riproporsi alle elezioni e nella candidatura alla presidenza di Bob Kennedy, esponente
della visione più progressista nel Partito Democratico che propone un graduale
disimpegno americano nel Vietnam del Sud (un primo disimpegno si era manifestato nel
rifiuto di Johnson e del Congresso di inviare nel ’68 altri militari).
-> non c’è l’intenzione americana di fare il passaggio successivo (schieramento massiccio
che chiudesse il discorso del Vietnam del Sud) ma non avviene in realtà nemmeno un
ritiro immediato, per le implicazioni politicamente troppo gravide di conseguenze che
avrebbe avuto per gli Stati Uniti.

NIXON E KISSINGER

Bob Kennedy, candidato della sinistra democratica, viene ucciso dopo le primarie del
Partito Democratico e Humphrey viene sconfitto da Nixon (che aveva perso le elezioni
con Kennedy).

Vietnamizzazione del conflitto


Nixon vince le elezioni con la promessa elettorale di una vietnamizzazione del conflitto,
che permettesse di restituire il Vietnam ai vietnamiti del Sud (un'ideale conclusione
dell’impegno americano in Vietnam che permettesse altresì di salvare la faccia), mentre
fino ad allora gli americani non erano stati in grado di farlo perché il loro impegno militare
ed economico era stato tradotta in una progressiva deresponsabilizzazione del Vietnam
del Sud (un errore politico secondo Nixon).
-> Nixon riteneva fondamentale aiutare il Vietnam del Sud: non intendeva l'uscita degli
americani dal Vietnam in senso politico, ma militare.

La vietnamizzazione presuppone in realtà che gli americani si disimpegnino dal Vietnam


del Sud, anche perché Nixon prevede un discorso molto ampio sulla politica estera.

Linkage
Il linkage teorizzato da Kissinger (grande stratega della politica estera americana in questa
fase, benché Consigliere alla Sicurezza e non ancora Segretario di Stato) afferma che
nella politica estera c’è una correlazione tra tutte le situazioni.
Il discorso sulla limitazione degli armamenti (che non cessa mai, né con Johnson né con
Nixon) deve ricollegarsi per esempio con tutti i problemi che la politica estera americana
si trova a fronteggiare -> in occasione dei SALT (colloqui sulla limitazione) bisognerà
trovare una mediazione di interessi che riporti anche il discorso sullo scenario vietnamita.

-> la politica estera di Kissinger tende alla risoluzione del problema vietnamita attraverso
una serie di politiche differenti come l’avvicinamento alla Cina (vd. Two-Chinas Policy) e la
limitazione degli armamenti (vd. SALT I).

TWO-CHINAS POLICY

Gli Stati Uniti si rendono conto con estrema chiarezza alla fine degli anni ’60
(amministrazione Nixon) che il campo avversario non è più omogeneo: è evidente che gli
americani possano ricavare qualcosa dai contrasti sino-sovietici, diventati a questo punto
molto pesanti (addirittura con degli scontri di frontiera).
Questione di Taiwan
Il problema fondamentale fino ad allora tra americani e cinesi era quello relativo a
Formosa, che aveva una sua rappresentanza nel Consiglio di Sicurezza ed era
riconosciuta come l’unica Cina legittima (in occasione della Guerra di Corea, i sovietici
non si presentano al Consiglio di Sicurezza perché contestano la rappresentanza di
Taiwan rispetto a quella della Cina maoista).

C’erano stati periodici incidenti tra Taiwan e la Cina comunista (es. il bombardamento
delle Isole Quemoy e Matsu) che periodicamente avvelenavano i rapporti diplomatici tra le
due.
Taiwan cercava di far valere una sorta di Dottrina Hallstein nei confronti della Cina
comunista (il riconoscimento di Taiwan avrebbe dovuto significare l’isolamento della Cina
comunista).

Interesse americano rispetto alla Cina comunista


Kissinger in realtà affronta un discorso a tutto tondo ed è anzitutto duramente realista: è
disposto a rivedere il discorso su Taiwan e le relazioni di Washington con l’isola a favore
di un avvicinamento alla Cina (in questa fase anche la Cina sembra propensa a riallacciare
un dialogo con interlocutori lontani mentre i vicini sovietici sono motivo di scontro).

L’avvicinamento alla Cina è inteso dagli americani come una pressione da indirizzare
verso Mosca: questa pressione farà arrivare l’Unione Sovietica a un negoziato vero sugli
armamenti e la ammorbidirà sul Vietnam (il Vietnam del Nord ha un sostegno anzitutto da
Mosca e questo rappresenta un altro evidente scontro di interessi tra Cina e Unione
Sovietica in Estremo Oriente, che si paleserà quando i cinesi riusciranno a mettere piede
in Cambogia sostenendo i Khmer Rossi contro i Viet Cong): dal momento che Mosca
riusciva a garantire degli aiuti più consistenti, il Vietnam del Nord doveva necessariamente
rifarsi al suo appoggio, e quando Nixon pensa a una via d’uscita dal Vietnam, deve
anzitutto ammorbidire le posizioni dell’Unione Sovietica.
-> l’avvicinamento americano alla Cina crea una minaccia per i sovietici che li porterà
necessariamente al tavolo negoziale.

Il sacrificio di Taiwan non è in termini drastici: non si lascia libertà di manovra ai cinesi su
Taiwan, ma piuttosto di riconsiderare quale sia il ruolo effettivo della Cina (che aveva più
realisticamente diretto a sedere nel Consiglio di Sicurezza).

-> la Two-Chinas Policy dell’amministrazione Nixon è una politica che cerca un


avvicinamento informale alla Cina di Mao, tenendo in piedi anche le relazioni con Taiwan.

SALT I (1969-1972)

Il concetto del linkage (collegamento tra tutte le problematiche) deve essere ricondotto
anche alla questione della limitazione degli armamenti.

In una fase di equilibrio nucleare non si parla di disarmo, che non sarebbe realistico, e
anzi sarebbe controproducente perché un disarmo unilaterale di una potenza nucleare
significherebbe la rottura di un equilibrio (è l’equilibrio che garantisce la pace).
È più corretto parlare (soltanto) in questa fase parlare di limitazione degli armamenti
nucleari.

La IAEA (International Atomic Energy Agency) nasce nel 1957 come agenzia di controllo
sulla limitazione degli armamenti e sul nucleare.

Costi della corsa al riarmo e bilancio americano


La limitazione degli armenti nucleari ha l’obiettivo di porre dei chiari paletti all’ipertrofia
nella corsa al riarmo, che ha dei costi enormi e in cui il progresso tecnologico è talmente
veloce da presupporre una sempre maggiore incidenza nel bilancio delle nazioni.

Il problema dell’incidenza sul bilancio vale per l’Unione Sovietica ma anche per gli Stati
Uniti, poiché nell’era Nixon ci sono degli squilibri nella bilancia dei pagamenti, in
particolare quando gli Stati Uniti non riescono più a compensare con la loro bilancia
commerciale (gli Stati Uniti cominciano a importare più di quanto non esportino):
- i beni americani avevano cominciato a perdere la loro competitività perché esiste un
mercato di beni tecnologici che si sta facendo strada in Europa e in Giappone, e
contemporaneamente c’è un esporti.
- gli Stati Uniti sono, contemporaneamente, costretti a un esborso pauroso dalla
campagna in Vietnam che incideva notevolmente sul PIL e dal progresso tecnologico
sempre più oneroso (la corsa al riarmo non è solamente quantitativa, ma anche
qualitativa)

-> la limitazione degli armamenti è necessaria a tenere un equilibrio.

SALT I (1972)
Il discorso sulla limitazione, avviato con la messa al bando della sperimentazione e poi
con il Trattato sulla Non-Proliferazione Nucleare, è portato avanti anche
dall’amministrazione Johnson (il primo che cerca di portare i sovietici al tavolo negoziale) -
> si continua a tenere in piedi il tavolo negoziale con i sovietici cercando di capire quale
sia la chiave del compromesso in termini di limitazione tra sovietici e americani.

Vengono avviati nel 1969 i SALT (Strategic Arms Limitation Talks), colloqui sulla
limitazione degli armamenti che avranno un loro esito attraverso il SALT I (1972),
nonostante vengono portati avanti con qualche difficoltà a causa di alcune interruzioni
(vd. Primavera di Praga).

Negli accordi SALT ci sarà la legittimazione dei controlli satellitari che andrà a sostituire
l’idea degli anni ’50 dei controlli fatti con gli U2: tramite i satelliti, i due blocchi si
controllavano reciprocamente.

I due punti sostanziali dei SALT saranno: gli ABM e i missili intercontinentali.

Nella risposta flessibile erano previsti 3 stadi:


1) risposta con armamento convenzionale
2) risposta con arma nucleare a scopo tattico (con potenza minore, effetto localizzato
e utilizzata contro le forze schierate)
3) risposta con arma nucleare strategica (missili a medio e lungo raggio utilizzati
contro strutture civili e industriali, che indicherebbero il conflitto globale) -> il Modello
MAD (Mutual Assured Destruction).

Il Modello MAD si fonda sulla capacità di risposta in seconda battuta, ed è proprio la


capacità di risposta a garantire l’equilibrio (una delle due parti attacca ma non riesce a
togliere all’altra la possibilità di rispondere).
ABM
Gli ABM (Anti-ballistic missile) sono i sistemi anti-missile, che cancellano il concetto
stesso di equilibrio.

Dopo la Crisi dello Sputnik e la percezione del gap missilistico americano (che dopo due
anni viene sfatata), nella seconda metà degli anni ’60 i sovietici tendono sempre di più a
recuperare posizioni rispetto alla dotazione di armamento strategico e riescono ad
acquisire la capacità di risposta: si erano messi nella situazioni in cui un primo attacco
americano non avrebbe definitivamente annientato la capacità di risposta sovietica e
avrebbe determinato una risposta uguale-contraria da parte dei sovietici.
-> l’equilibrio a due si basava sulla capacità di risposta.

Sia occidentali che sovietici erano riusciti a rendere operativa la tecnologi degli ABM
(sistemi anti-missili): qualora una delle due parti fosse riuscita a intercettare i missili
nemici, la capacità di risposta si moltiplica.
-> l’equilibrio viene alterato.

Sovietici e americani trovano un punto di incontro sulla necessità di limitare l’utilizzo degli
ABM (altrimenti si andrebbe incontro tra l’altro a una spesa insostenibile) e i SALT
stabiliscono che questi possano essere collocati solo a terra in due posizioni (non
potevano essere collocati su basi mobili):
- a difesa di una città, solitamente la capitale (il sistema sovietico anti-missile Galosh
difendeva Mosca e Leningrado)
- a difesa di una postazione missilistica intercontinentale (un attacco strategico poteva
prevedere come bersaglio i missili avversari a terra, privandolo della capacità di risposta)
-> si garantisce nuovamente l’equilibrio (Mosca e Washington decidono dove collocare le
due possibilità)

Missili intercontinentali
L’altra parte dell'accordo riguarda la limitazione dell'armamento strategico: missili a lunga
gittata il cui utilizzo era previsto in caso di scontro nucleare apocalittico (mirando a colpire
i centri vitali del nemico).
In questo caso di parla di limitazione (non di disarmo) -> limitare la costruzione di missili
strategici.

Nonostante la legittimazione del controllo reciproco (controllo satellitare e IAEA) e la


limitazione degli armamenti, la ratifica dei SALT nel 1972 non prevede la fine del Modello
MAD (es. sono esclusi dai SALT i MIRV, missili multi-testata che ampliano enormemente la
capacità distruttiva).
-> i SALT implicano un blocco: si prevedono dei contingentamenti alla costruzione di
missili (ABM e missili strategici) per una parte e per l’altra.

BREZNEV E LA SOVRANITÀ LIMITATA

Primavera di Praga (1968)


Salta il viaggio programmato da Johnson a Mosca a causa della Primavera di Praga nel
1968: le truppe del Patto di Varsavia entrano in Cecoslovacchia dove il premier Dubček
stava attuando una serie di riforme di liberalizzazione economica e politica registrate dai
sovietici come una minaccia alla tenuta globale del sistema dell’Europa Orientale.
Gli Stati Uniti riterranno di superare necessariamente la crisi di Praga, lasciando gestire ai
sovietici l’assetto dei paesi del blocco di Varsavia nell’Europa Orientale -> com’era
accaduto nel ’56 a Budapest, l’Occidente non dirà nulla e dal ’68 in poi varrà la dottrina
Breznev.

Breznev e la dottrina della sovranità limitata


Dopo le dimissioni di Chruščëv nel 1964 c’è un periodo di triumvirato da cui emerge la
figura di Breznev che, con la risposta sovietica a Praga, sancirà definitivamente la dottrina
della sovranità limitata (Dottrina Breznev): legittimazione all’intervento sovietico e alle
truppe del Patto di Varsavia nel momento in cui un paese interno al Patto devii dalla retta
via dell’ortodossia ideologica.
-> rispetto alla NATO, il Patto di Varsavia può tutelare l’ordine politico interno al patto
stesso.

La dottrina della sovranità limitata comprimerà sempre più l’Europa Orientale, mentre in
Germania (fulcro dell’Europa dove la divisione Est-Ovest è palpabile e si sostanzia nella
divisione tra la DDR e la BRD e tra Berlino Est e Berlino Ovest) qualcosa di nuovo sta
venendo avanti.

WILLY BRANDT E L'OSTPOLITIK

Nel 1969, con il cancellierato del socialdemocratico Willy Brandt (che era stato Ministro
degli Esteri con Kiesinger) si apre una nuova fase per la politica della Repubblica
Federale, che prevede la fine della Dottrina Hallstein (che aveva orientato la politica della
Germania Federale nei confronti della Repubblica Democratica secondo la logica del non-
riconoscimento).

Ostpolitik
Willy Brandt avvia un discorso di apertura che prende le mosse dalla distensione che si
sta attuando tra i due blocchi: nel 1969 è evidente quanto si sia avviato il discorso
distensivo e quanto in Europa ci sia stato l’impatto psicologico della Guerra del Vietnam
(come l’opinione pubblica americana è stata colpita dalle implicazioni della guerra del
Vietnam, anche in Europa ci si interroga sul modello che si vuole perseguire).
-> si fa strada l’idea di una politica differente, l’Ostpolitik (politica orientale), da parte di
Billy Brandt: apertura di un dialogo (che non c’era mai stato) tra la Repubblica
Democratica e la Repubblica Federale.

L’idea della distensione viene declinata da Brandt in chiave tutta europea: mentre Nixon e
Kissinger vanno nei SALT a negoziare su questioni di riarmo, in Europa si fa strada un
concetto di riavvicinamento politico, che avrà un peso nel processo di distensione (molto
più importante di quello che gli Stati Uniti gli avevano attribuito).
-> c’è un importante significato politico nell’avvicinamento tra le due Germanie e nell
riconoscimento reciproco (insieme all’accordo della Germania con l’Unione Sovietica che
per la prima volta garantisce ai sovietici un riconoscimento delle frontiere dell’Europa
Orientale e dell’assetto difensivo pensato da Stalin nell’immediato dopoguerra).

Brandt è disposto a sacrificare per la distensione il principio che mirava all’unificazione


delle due Germanie (che aveva guidato Adenauer e i fautori della Dottrina Hallstein).

Questa politica sfocerà poi nella CSCE (Conferenza sulla Sicurezza e sulla Cooperazione
in Europa).
17.12.11 Storia delle Relazioni Interanzionali (2) -
Conferenza Coree
GUERRA DI COREA (1950-1953)

Desistenza americana in Corea


Inizialmente, nella fase del primo containment americano, gli scenari dell’Estremo Oriente
sembrano secondari (la Corea era considerata fuori portata).
Nel 1945, dopo la resa dell’Impero giapponese, la Corea viene divisa al 38° parallelo, che
aveva il sole valori di essere il confine settentrionale entro cui gli Stati Uniti sapevano di
non poter andare.

La gestione sovietica della Corea del Nord sarà più brillante di quella americana nel Sud.
Gli americani in Estremo Oriente, oltre a perdere la Cina (libro bianco di Marshall),
gestiscono con poca lungimiranza la Corea (Dean Acheson con il discorso del Gennaio
1950 colloca la Corea del Sud fuori dal perimetro difensivo americano).

Mancato appoggio sovietico iniziale


Si è discusso, fino all’apertura degli archivi cinesi e sovietici, se l’iniziativa di tentare il
corpo di mano e l’unificazione della Corea (le truppe nordcoreane varcano il 38° parallelo)
venisse da Stalin o da Kim Il-sung.

L’iniziativa di Stalin poteva essere giustificata da una sicurezza che veniva da diversi
fattori:
- segnali di desistenza dati dagli americani
- presenza sovietica che voleva avere un significato politico proprio
- primo test nucleare sovietico nel 1949
- vittoria cinese (i sovietici, sorpresi della vittoria comunista, ripongono ogni possibile
spirito di competizione con i cinesi) e totale fiducia nei confronti del nuovo alleato.

Tuttavia i documenti riveleranno che l’iniziativa è stata coreana: Kim Il-sung insisteva con
Stalin che diede inizialmente una risposta negativa, dimostrando un grande realismo
politico anche nella gestione di questa prima fase di Guerra Fredda (se gli americani
erano giunti a una forma di containment, i sovietici non volevano fare nulla per superare il
limite che avrebbe portato allo scontro diretto tra Stati Uniti e Unione Sovietica).

Il realismo da parte di entrambi le parti ha garantito una certa stabilità e i sovietici si sono
presi dei rischi solamente perché si sono presentate delle occasioni in un mondo che
stava cercando un nuovo equilibrio, favorivano un ricollocamento della potenza sovietica
su scenari nuovi, come il Medio Oriente, o su scenari in linea con le vecchie politiche di
espansione russe, come l’Estremo Oriente.
-> inizialmente Stalin non vuole provocare con un intervento che potrebbe portare a uno
scontro diretto tra Unione Sovietica e Stati Uniti, e nega a Kim qualsiasi sostegno (Kim
non poteva pensare di intervenire senza un sostegno politico e materiale dei sovietici).

Coinvolgimento parsimonioso dei sovietici e attacco nordcoreano


L’assenso sovietico arriva quando l’Unione Sovietica ritiene che l’intervento possa essere
attuato senza correre rischi eccessivi (vd. sopra), ma il sostegno è improntato comunque
a una grande prudenza: i sovietici non intervengono direttamente (la principale modalità
con cui i sovietici si espongono, pure con relativa parsimonia, riguarda le azioni aeree, che
garantiscono la protezione alla penetrazione dei nordcoreani oltre il 38° parallelo).
-> per tutto il conflitto ci sarà una costante attenzione sovietica a non arrivare a un
coinvolgimento diretto.

Benché i nordcoreani sostengano di aver agito preventivamente rispondendo a una


provocazione e di temere un tentativo sudcoreano di unificare, l’attacco di Giugno è
inaspettato ed efficace.

Interpretazione americana e risposta in chiave di containment


La prima azione della Nord Corea sembra però risvegliare immediatamente gli Stati Uniti,
ribaltandone la politica -> le affermazioni di Gennaio di Acheson vengono sostanzialmente
smentite dalla presa di posizione americana.
Gli Stati Uniti intervengono facendosi forti di un pieno consenso delle Nazioni Unite
(facilitato dal fatto che i sovietici non prendono parte al Consiglio di Sicurezza a causa
della Crisi di Formosa, assenza che peraltro avvalora la tesa che li vede non al corrente
dell’attacco nordcoreano).
-> l’intervento contro una violazione della pace dovrebbe immediatamente ripristinare lo
status quo ante.

La chiave di lettura del Dipartimento di Stato dell’operazione della Corea del Nord è quella
che questa sia ispirata e voluta da Mosca (secondo le logiche semplificatorie della Guerra
Fredda) e la logica dell’intervento statunitense è di contenimento: per prima cosa isolano
Formosa con l’invio della Settima Flotta, con l’intento di non permettere che il conflitto
diventi globale (per evitare il rischio di uno scontro diretto tra sovietici e americani è
fondamentale tenere lontano la questione cinese dalla vicenda della Guerra di Corea).
Fin dall’inizio, inoltre, l’amministrazione Truman sceglie di riportare la situazione allo status
quo, senza varcare il 38° parallelo.
-> logica di contenimento in cui non si deve lasciare che i sovietici acquistino ulteriore
spazio (che significherebbe una drammatica perdita di credibilità per gli americani, che si
sono già lasciati sfuggire la Cina).

Scontro Truman-MacArthur
Sugli obiettivi politici del conflitto si scatena l’acceso scontro tra il Generale McArthur
(eroe della Seconda Guerra Mondiale, che aveva costruito la sua autorevolezza anche a
livello politico, avendo un’azione totalmente discrezionale nella pace col Giappone) e
l’amministrazione Truman: la visione di MacArthur, che era al comando delle operazioni in
Corea, è militarmente efficiente che necessariamente a coinvolgere la Cina.

Intervento della Cina


La Cina nel frattempo era intervenuta, dietro il paravento dei volontari cinesi, stimolata
dalla certezza di avere l’appoggio sovietico (alcuni storici considerano che proprio in
questa fase comincino a incrinarsi i rapporti sino-sovietici: i sovietici promettono il
proprio appoggio ai cinesi, ma poi si rivelano esitanti per l’usale timore di esporsi).

L’intervento cinese rimette in forse l’esito del conflitto, che sembrava deciso dopo
l’intervento degli americani, ma soprattutto lo mette a rischio di globalizzazione
(facendolo diventare un conflitto tra sovietici e americani).

Lo scontro tra MacArthur e Truman si gioca proprio sulla volontà di MacArthur di


coinvolgere i cinesi nel conflitto attraverso il bombardamento delle basi in territorio cinese
e con il coinvolgimento della Cina nazionalista.
L’amministrazione Truman invece è ben decisa a tenere la questione cinese fuori dalla
guerra di Corea (l’Unione Sovietica aveva minacciato di intervenire immediatamente
qualora fosse stato toccato il territorio cinese).
MacArthur, la cui logica militare era condivisibile, sfugge al controllo politico e si
politicizza autonomamente cercando il sostegno della fascia più oltranzista del Partito
Repubblicano (che voleva osteggiava la politica del containment).
-> MacArthur, che era diventato un onere ulteriore per le scelte che Truman si trova già a
dover prendere (considera l’utilizzo tattico dell’arma nucleare), viene destituito da Truman
(scelta obbligata).

Nonostante la successiva amministrazione di Eisenhower proponga una politica di


rollback e di rifiuto del contenimento, non chiederà a MacArthur di tornare e sancirà
nuovamente la divisione al 38° parallelo con l’armistizio di Panmunjom.

MANIFESTAZIONI POLITICHE IN SENO ALLA GUERRA DI COREA

La crisi coreana aiuta a fare una maggior chiarezza su dei possibili equilibri.
I due regimi rispecchiano perfettamente il quadro della guerra Fredda: quello nordcoreano
è totalmente asservito alle logiche di Mosca e quello sudcoreano ripropone la solita
immagine dell’alleato difficile per gli americani (Syngman Rhee non è un leader
particolarmente amato).

Definizione della politiche americane in Estremo Oriente


Si cura la logica del containment (che si era applicato in una primissima fase nel teatro
europeo, con la crisi in Grecia e la protezione da dare alla Turchia) e gli americani sono
chiamati a definire meglio le proprie posizioni in Estremo Oriente: la sicurezza americana
non passa solo attraverso la solida posizione in Giappone, ma anche attraverso il
controllo indiscusso sulla propria zona di occupazione nella penisola.

Nazioni Unite
La Guerra di Corea inoltre mette alla prova le Nazioni Unite e il loro funzionamento: nella
fase iniziale gli Stati Uniti sembravano poter fare i padroni nel Consiglio di Sicurezza,
soprattutto finché i sovietici sono assenti, ma nel momento in cui l’Unione Sovietica
rientra nel Consiglio di Sicurezza comincia il gioco dei veti incrociati.
-> con la Risoluzione 377 (Uniting for peace) vengono dati maggiori poteri all’Assemblea
Generale in assenza di capacità decisionale da parte del Consiglio di Sicurezza.

Gestione del conflitto secondo le logiche tipiche di Stalin


L’esperienza della Guerra di Corea non è liquidabile solamente come un sasso nello
stagno della Guerra Fredda poiché è sotto tutti i punti di vista un’esperienza bellica (il
sacrificio in termini umani è consistente, in particolare considerando che avviene a
ridosso della fine della Seconda Guerra Mondiale), ma si inserisce nella Guerra Fredda
poiché aiuta anzitutto a chiarire i limiti dell’azione sovietica: Stalin si comporta in maniera
realistica e prudente in politica estera (molto più di Chruščëv), non cercando inutili
provocazioni.

Rapporto sino-sovietico
La Guerra di Corea rappresenta anche un banco di prova dell’alleanza sino-sovietica,
caratterizzata da un rapporto che diventerà molto difficile negli anni successivi: i limiti del
sostegno sovietico all’azione cinese prefigurano un primo elemento di parziale diffidenza
della Cina (che ancora soggiace totalmente a Mosca dal punto di vista ideologico).

Aspirazioni di leadership in Estremo Oriente della Cina


La Cina, nonostante avesse conosciuto da poco il drammatico scontro con il Giappone e
poi quello tra nazionalisti e comunisti, aveva deciso di intervenire con i volontari lasciando
intendere la propria politica futura -> vuole rimettere in discussione le logiche che la
Guerra Fredda imporrebbero in Estremo Oriente, presentandosi come nuovo attore con
diritto di leadership nella regione (leadership che interpreterà con sempre maggiore
naturalezza, per esempio dotandosi nel ’64 di una dotazione nucleare composta di missili
a raggio corto e intermedio che sottolinea quanto la deterrenza sia di tipo locale e quanto
la Cina aspiri a esercitare un ruolo nello scenario dell’Estremo Oriente).

Europa
La crisi in Corea evoca per gli europei ovviamente uno scenario analogo sulla Germania:
ci si interroga sul futuro e sull’effettività dell’ombrello difensivo americano in Europa. Sono
ancora aperte le discussioni sull’eventualità di un autonomo riarmo europeo integrato
(CED) che verranno poi interrotte da Dulles che, minacciando gli angosciosi ripensamenti,
porterà nel ’55 all’ingresso della Germania Ovest nella NATO e alla piena effettività di un
riarmo efficace.

Corea
Permane tutt’oggi e sembra ancora impossibile mettere in discussione (se non a prezzo di
una conflittualità troppo densa di rischi e incognite) il 38° parallelo, la cui origine è frutto
dell’Armistizio di Panmunjom.
17.12.14 Storia delle Relazioni Internazionali
DA JOHNSON A NIXON

Nel ’63 inizia la fase della distensione, che segue la Crisi di Cuba. La distensione si avvia
in uno scenario in cui c’è un crescendo di problemi per la politica estera americana
derivanti dalla scelta di intervenire in Vietnam (a partire dalla Risoluzione del Golfo del
Tonchino nel 1964).

Vittorie e sconfitte dell’amministrazione Johnson


L’amministrazione Johnson ha numerose responsabilità sul Vietnam: convinzione di
portare avanti la salvaguardia della sicurezza americana, attraverso quella che dovrebbe
essere anche in questo un’operazione di contenimento che impedisca all’Unione
Sovietica un’egemonia in Estremo Oriente.

È importante valutare anche il progetto di politica interna di Johnson (Great Society e


riforme), affiancato al suo grande fallimento: la scelta e le modalità con cui gli Stati Uniti
intervengono in Vietnam, che costituiranno un’operazione fallimentare perché gli Stati
Uniti non riescono a ottenere un risultato di contenimento (fermare i Viet Cong e impedire
l’egemonia del Vietnam del Nord sul Vietnam del Sud).
Le drammatiche rivolte interne andranno poi ad aggravare il quadro: sulla guerra del
Vietnam nasce il movimento di contestazione (da cui prenderà spunto il ’68) che porterà il
grosso dell’opinione pubblica americana a richiedere a gran voce il ritiro dal Vietnam.
-> Johnson nel 1968 decide di non ricandidarsi come presidente e saranno nuovamente i
repubblicani a prendere controllo dell’amministrazione.

EXIT STRATEGY PER IL VIETNAM

Nixon, pur ottenendo una serie di successi importanti in politica estera, nel 1974 viene
costretto alle dimissioni a causa della possibilità di un impeachment che si sarebbe risolto
negativamente (Watergate).

Exit strategy per il Vietnam


Dopo l’elezione nel 1968, il primo compito che Nixon si trova a dover affrontare è il
Vietnam.
Nixon si trova, pur senza poterlo annunciare, a dover trovare una exit strategy per il
Vietnam, ovvero una modalità con cui gli Stati Uniti possano ritirarsi dal Vietnam salvando
la faccia.
L’exit strategy è fondamentale per la credibilità delle garanzie americane poiché gli
americani avevano investito moltissimo nel Vietnam del Sud anche in termini politici (con
l'Accordo SEATO del 1954 firmato da Eisenhower, il Vietnam del Sud rientrava nel
perimetro difensivo americano).
La pesante debacle militare (nonostante la differenza nelle forze impiegate dai due
schieramenti) era accompagnata da un gravissimo fallimento politico -> Nixon non può
arrivare al potere e annunciare il semplice ritiro delle truppe americane dal Vietnam perché
questo avrebbe avuto un effetto inaccettabile di lungo periodo sulla credibilità e sulle
posizioni americane a livello globale.
Nixon deve inoltre affrontare un’opinione pubblica contraria alla permanenza (rivolte).

Posizione del Congresso


Quando diventa presidente, Nixon si dimostra ossessionato dall’idea di segretezza, che
interferirà con alcune scelte in politica estera poiché il presidente degli Stati Uniti non può
scegliere in completa autonomia: nel discorso del Vietnam pesano le posizioni del
Congresso, per il quale è inammissibile che ci siano nuove truppe (com’era successo per
Johnson, che rifiuta nuove truppe a Westmoreland)
-> il Congresso limita grandemente la possibilità di movimento dell’amministrazione
relativamente al Vietnam.

Vietnamizzazione del conflitto


Nixon si trova a dover affrontare da una parte l’opposizione del Congresso e dall'altra la
necessità di fronteggiare un’exit strategy che sia più soft possibile (che non venga
recepita come un drammatico ritiro americano dall’Oriente, che avrebbe ripercussioni
inaccettabili per la politica americana).

Il mantra per l’amministrazione Nixon diventa la vietnamizzazione del conflitto, la quale


prevede che i vietnamiti debbano essere responsabilizzati. Già Kennedy aveva attuato un
primo tentativo di responsabilizzazione dei vietnamiti senza riuscirci, quando c’era da
parte americana il solo coinvolgimento politico e si sperava di mantenere solo
indirettamente il coinvolgimento americano (la presa di responsabilità vietnamita era fallita
completamente quando, con l’intervento militare oltre che politico americano, gli Stati
Uniti deresponsabilizzano ancora di più il Vietnam del Sud).

Nel caso del Vietnam in particolare sarebbe limitante la classica chiave di lettura da
Guerra Fredda: il Vietnam del Nord ha delle forze militari e ideologiche proprie che non
sono eterodirette da Mosca, e la sua motivazione è forte ideologicamente
. Al contrario, la presenza americana nel Vietnam del Sud non riesce mai a diventare
veramente efficace, anche dal punto di vista economico (tutti i progetti di investimento
erano falliti) -> la classica opzione di successo americana, che prevedeva un intervento a
rafforzare il governo da un punto di vista economico e finanziario, non ha successo e
l’intervento militare prende il sopravvento.

Quando si inizia a considerare la possibilità di exit strategy si cerca di affidare


progressivamente una serie di responsabilità ai vietnamiti del Sud, rafforzandoli per
contenere la spinta che viene dal Vietnam del Nord.

Nel frattempo la scelta di Nixon porta comunque in questa fase, che dovrebbe essere
dell’exit strategy, a un allargamento del conflitto: si cominciano a bombardare Laos e
Cambogia (seguendo la necessità strategica di interrompere le vie di passaggio e
rifornimento dei Viet Cong).
-> i bombardamenti porteranno di fatto a una destabilizzazione totale e nella fase di uscita
gli effetti locali si fanno ancora più drammatici: nel caso della Cambogia (dove era stato
ribaltato Sihanouk a favore del più compiacente regime di Lon Nol) si consumerà ancor
più drammaticamente la competizione sino-sovietica, quando i Khmer Rossi troveranno il
loro appoggio a Pechino piuttosto che a Mosca.

Pentagon Papers e ossessione per il controllo


Ci sono una serie di attività dirette a livello militare dagli Stati Uniti, prime avvisaglie degli
atti non propriamente legittimi dell’amministrazione Nixon: una serie di sotterfugi che
superano il limite della naturale segretezza della politica estera (gli stessi sotterfugi,
utilizzati sul fronte interno, porteranno al Watergate) -> ossessione di Nixon per il concetto
di segretezza.
Ad opera di un funzionario del Dipartimento di Stato, escono i Pentagon Papers, una serie
di documenti che spiegano il progressivo coinvolgimento americano nella Guerra del
Vietnam dal ’54 in poi.
-> si rafforza in Nixon l’idea di dover tappare le falle (plumbers: idraulici) da cui escono le
informazioni che devono rimanere segrete per mantenere la piena operatività
dell’amministrazione in politica estera e sul fronte interno (si arriverà a una serie di
provvedimenti ulteriori).

Il gravissimo scandalo del Watergate e le dimissioni di Nixon che seguirono (1974)


rappresentano il risultato di questa ossessione per il controllo (che poi supererà il limite
del legittimo) e finiranno per delegittimare tutto l’operato del presidente, che verrà
rivalutato anni in termini di politica estera (molte delle iniziative politiche, come
l’avvicinamento alla Cina, venivano da idee di Nixon ed erano poi rese operative nel modo
più efficace da Kissinger, con il quale Nixon costituisce un binomio assolutamente coeso).

DISTENSIONE PER NIXON

Two-Chinas Policy come stimolo alla distensione


Nixon apre dei varchi in politica estera anzitutto con la Two-Chinas Policy: gli Stati Uniti
arrivano finalmente alla soluzione che prevede la necessità di cercare un riavvicinamento
con la Cina.
Il riavvicinamento si inserisce perfettamente nella politica della distensione, in cui
l’avvicinamento alla Cina costituisce uno sprone perché colloca l’Unione Sovietica in una
condizione di sospetto (i sovietici cominciano a pensare a una coalizione Pechino-
Washington rivolta direttamente contro Mosca) -> stimolo alla trattativa per l’Unione
Sovietica.

Con la politica di avvicinamento alla Cina, Nixon ha anche un obiettivo realistico: in seno
al Consiglio di Sicurezza, è impossibile disconoscere il ruolo della Cina (a favore di quello
di Taiwan), anche alla luce dell’acquisita capacità nucleare (1964) -> non si possono non
fare i conti con la Cina.

Da un lato non si può rinnegare la protezione che gli Stati Uniti concedono a Taiwan, ma
dall’altro la si ridimensiona arrivando a un riconoscimento del ruolo della Cina (prima
sostanziale, poi formale)

Limitazione degli armamenti


Lo stimolo alla trattativa viene anche dal dato finanziario (i costi incidono in misura
sempre maggiore sul bilancio interno), che costituisce un problema per Mosca ma anche
per Washington (Nixon prende dei provvedimenti piuttosto rilevanti anche sul fronte
economico, per contrastare quella che sembra una crisi dell’economica degli Stati Uniti,
che cominciano a trovare dei nuovi competitors e non hanno più il monopolio nei prodotti
ad alta tecnologia).

Stati Uniti e Unione Sovietica ravvisano la necessità di arrivare a una progressiva


limitazione degli armamenti, dovuta ai costi e ai rischi -> la pax garantita della Guerra
Fredda necessita un perfetto equilibrio qualitativo e quantitativo (non si va verso il
disarmo).

Solo l’equilibrio delle forze è il vero deterrente, e proprio sull’equilibrio tra i due blocchi ci
sono una serie di assestamenti progressivi.
Con la Crisi di Cuba, Chruščëv cerca di forzare la superiorità strategica americana (gli
Stati Uniti erano in grado di compire direttamente l’Unione Sovietica e non viceversa).
Quando i sovietici hanno il pieno controllo di missili a lunga gittata cade il discorso
dell’invulnerabilità americana, ma è necessario definire i limiti che è logico porsi per
evitare che l’impatto economico delle spese militari diventi devastante per entrambi.

WILLY BRANDT E LA NEUE OSTPOLITIK

Le vicende mondiali relative alla distensione hanno un contraltare europeo: il ’68


coinvolge pienamente anche l’Europa, che si interroga sugli obiettivi della politica di
contenimento americana e che, pur avendo conosciuto un processo di integrazione
sempre più cospicua, vive anche dei momenti di frizioni (nel ’63 De Gaulle pone un blocco
alla richiesta britannica di entrare nella Comunità Europea; la Francia esce dal patto
militare della NATO).

Adenauer e dottrina Hallstein


Anche in una situazione di divisioni diffuse (Vietnam, Corea), il problema centrale rimane
quello della Germania e di Berlino.
Lo status particolare di Berlino è ancora definito dalle 4 potenze, e la città non poteva
avere un ruolo politico all’interno della Germania Ovest (la cui capitale era Bonn) -> la
situazione percepita è di disequilibrio.

La politica di Adenauer (e del CDU) aveva sempre portato avanti il concetto della Dottrina
Hallstein, in base alla quale si cercava di isolare completamente la DDR: la Repubblica
Federale, ormai forte economicamente, poteva scegliere di utilizzare la propria forza per
isolare la Germania Est (non intrattenere rapporti economici con chi li avesse con la
Germania Est e non riconoscere politicamente chi avesse riconosciuto la Germania Est) -
> la DDR si trovava ed essere riconosciuta dai paesi del blocco orientale e da alcuni paesi
del Terzo Mondo che rientravano nell’area di egemonia sovietica.

Ascesa di Willy Brandt e Neue Ostpolitik


La Dottrina Hallstein rappresentava un problema per la Germania Orientale, dove il leader
Ulbricht era estremamente ideologizzato rispetto alle possibilità offerete dalla distensione.

Le possibilità offerte dalla distensione vengono declinate in Germania da una novità


politica: l’ascesa del SPD (Partito Socialista) e di Willy Brandt, che nel primo governo di
coalizione guidato da Kiesinger sarà Vice-Cancelliere e Ministro degli Esteri
-> nel 1966 emerge la figura di Brandt, che era stato esule politico durante il nazismo (e
quindi in alcun modo compromesso rispetto al passato) e sindaco di Berlino.

Brandt sale al potere proponendo la Neue Ostpolitik (“nuova politica tedesca verso
Oriente”), che mette in discussione la Dottrina Hallstein: immagina che la politica proposta
dalla Dottrina Hallstein sia sterile e non porti ai risultati sperati.
Nel 1969 Brandt riesce a portare l’SPD al governo con il Partito Liberale (estromettendo la
CDU dal governo) e a partire da questo momento prende avvio questa nuova politica
estera tedesca, con l’idea è quella di normalizzare le relazioni della Germania con i paesi
dell’Europa Orientale.
-> l’Ostpolitik comporta una serie di passaggi non scontati nel 1969.

Percezione americana dell’azione politica di Brandt


Mentre nel 1969 nelle relazioni Stati Uniti-Unione Sovietica sta prendendo piede una
distensione che poi porterà agli accordi sulla limitazione degli armamenti, in Europa si sta
mettendo mano all’idea di un rapporto di pacificazione.

In un primo momento recepito da Washington non solo con sufficienza ma anche


preoccupazione: Brandt non piace né a Nixon né a Kissinger ed è considerato incapace
di gestire un'Unione Sovietica che trova il pieno riconoscimento dello status quo in
Europa Orientale.

La possibilità che ci sia un avvicinamento tra la Germania e l'Unione Sovietica ricorda


storicamente agli americani i momenti del risorgente nazionalismo tedesco (all’inizio i
grandi detrattori dell’avvicinamento tra Bonn e Mosca, parlano addirittura di un nuovo
patto Molotov-Ribbentrop) -> Brandt, pur da socialista, viene inizialmente percepito come
un potenziale nazionalista sia da Washington che dalle cancellerie europee (la classe
politica di quegli anni era stata direttamente colpita dagli accadimenti della Seconda
Guerra e ancora non c’era stato un passaggio generazionale).

-> c’è un elemento di sospetto e di preoccupazione:


- la Germania Ovest che si accorda con Mosca deve anzitutto tenere a mente il suo status
(dal 1955 è parte della NATO e ne costituisce l’anello fondamentale).
- con l’avvicinamento a Mosca si teme anche che la Germania cominci a traballare e che
in questo modo l’Unione Sovietica riesca a recuperare il proprio disegno nei confronti
della Germania (che lascerebbe la Germania in balia dell’Unione Sovietica).

Spinta economica
In realtà Brandt non fa altro che interpretare il processo di sempre più strette relazioni tra
l’Europa Occidentale e l’Europa Orientale -> c’è una necessità di stringere sempre più
strette relazioni che anche in questo caso viene da un’esigenza economica (attraverso il
riconoscimento reciproco passano una serie di relazioni economiche di cui l’Europa
Orientale ha sempre più bisogno.
-> la spinta economica avrà un peso nel processo di distensione (anche a livello
europeo).

ACCORDI DELL’OSTPOLITIK

Trattato di Mosca (1970)


L’idea di Brandt è quella di riaprire il dialogo con Mosca e di arrivare anzitutto a un
accordo tra Bonn e l’Unione Sovietica.

L’accordo implica delle garanzie reciproche sulle frontiere: si sanciscono come inviolabili
le frontiere uscite dalla Seconda Guerra Mondiale (la Germania garantisce la frontiera
sull’Oder-Neisse, che inizialmente era considerata inaccettabile).
Nell’accordo si riconosce in maniera palese anche la frontiera tra la Germania Occidentale
e la Germania Orientale -> si dovrebbe stabilizzare concretamente la situazione (benché
Mosca avesse già avuto ripetutamente il riconoscimento della sistemazione dell’Europa
Orientale).

L’obiettivo (dichiarato anche dal Grundgesetz, legge fondamentale della Repubblica


Federale) rimane quello dell’unificazione.
-> nel Trattato di Mosca, firmato nell’Agosto 1970, si sottolinea come lo stesso trattato
non sia in contrasto con l’obiettivo politico della Germania Federale: riconquista dell’unità
della nazione tedesca attraverso una libera autodeterminazione.

Lungimiranza di Willy Brandt


Gli Stati Uniti sono critici nei confronti dell’operato della Germania (che sta riconoscendo
la frontiera sull’Oder-Neisse e la divisione tra le due Germanie e che ha fatto un accordo
economico con l’Unione Sovietica grazie al quale delle aziende tedesche costruiranno il
gasdotto che dalla Siberia arriva all’Europa Centro-Orientale), vedendolo in un primo
momento tutto a favore di Mosca e non riconoscendo quale possa essere il vantaggio
tedesco -> Washington vede per la Germania solamente il rischio di essere fagocitata in
un’area di influenza sovietica.

La ratio degli accordi (in cui la Germania sembra inizialmente essere la controparte che
porta a casa poco) emergerà più tardi, in seno al processo di pace più ampio che ci sarà
in Europa (CSCE: Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa) a cui si collega
l’Ostpolitik.
Willy Brandt però vede oltre e capisce che la strada per una vera pacificazione può essere
percorsa soltanto attraverso una serie di garanzie date prima di tutto all’Unione Sovietica
(da cui poi discenderanno una serie di accordi con gli altri paesi confinanti dell’Europa
Orientale).

Dimissioni di Ulbricht
Al culmine dell’Ostpolitik, rappresentato dall’accordo tra la Germania Occidentale e la
Germania Orientale, Ulbricht (Segretario del Partito Comunista e capo del paese in
Germania Orientale) si dimette con un chiaro stimolo di Mosca, poiché rappresentava
l’elemento oltranzista nei confronti della Germania Occidentale e quindi l’ostacolo alla
politica distensiva che anche Mosca stava portando avanti, con la percezione che questa
possa essere un’ottima occasione sia dal punto di vista economico che politico.

RAPPORTO STATI UNITI-EUROPA

Il rapporto piuttosto complesso che si instaura tra l’Europa e gli Stati Uniti nella fase
della distensione è sintetizzabile nell’approccio di diffidenza iniziale di Kissinger e
Nixon rispetto all'Ostpolitik di Willy Brandt.

Abbandonare l’universalismo liberale


Benché pubblicamente Kissinger possa sembrare fautore del multipolarismo, la sua
politica analizzata in dettaglio si dimostra assolutamente fondata su un rigido concetto
bipolare: tutta la sua azione politica è fondata sull’idea che su tutto debba presiedere
l’accordo tra Unione Sovietica e Stati Uniti (il concetto si manifesta per esempio con i
trattati di non proliferazione, e anche l’avvicinamento alla Cina è funzionale alla
risoluzione del conflitto in Indocina e all’avvicinamento sovietico).
-> la politica di Nixon si gioca in chiave bipolare, e l’elemento del realismo di Kissinger
sta nel fatto che c’è una progressiva de-ideologizzaione: non c’è più l’idea di portare
avanti la spinta all’universalismo liberale che voleva gli Stati Uniti coinvolti a livello
globale in una serie di conflitti proprio per esportare il modello liberale (Kissinger sa
che l’impegno non è sostenibile economicamente e psicologicamente da parte
dell’opinione pubblica).

Limiti della visione di Kissinger


Mario del Pero individua il limite di Kissinger nel non aver saputo concepire il mondo in
una chiave multipolare e di non aver saputo concepire la fondamentale asimmetria tra
Stati Uniti e Unione Sovietica, che si gioca ancora sulla capacità americana di
penetrare economicamente (attraverso una rete di relazioni economiche gli Stati Uniti
hanno una capacità superiore rispetto all’impatto che ha l’Unione Sovietica).

Kissinger non tiene conto di quanto questo elemento possa diventare rilevante in
chiave multipolare: quando in Europa si arriva alla CSCE (allargando l’Ostpolitik a un
più ampio discorso europeo), il realismo di Kissinger gli fa considerare l’atto finale di
Helsinki del ’75 come delle semplici dichiarazioni di principio, mentre i SALT erano
considerati degli accordi veri e sostanziali.

-> durante gli anni della distensione gli Stati Uniti, potenza egemone, devono farsi
carico del problema della difesa europea (il discorso sulla difesa integrata era stato
abbandonato).

Trattato di Varsavia (1970)


Nel tempo Brandt riesce a ottenere la fiducia di Washington sul proprio operato (Nixon e
Kissinger non si mettono di traverso) e può continuare con la politica di riavvicinamento.

Dopo il Trattato di Mosca nell’Agosto 1970, a fine anno arriva a un Trattato di


riconoscimento reciproco direttamente con la Polonia del confine sull’Oder-Neisse.
La celebre immagine di Brandt (che non si era mai compromesso con il nazismo)
inginocchiato al ghetto di Varsavia indica come la Germania sia costantemente chiamata
a fare i conti con il proprio passato e l’idea di una Germania che fa un accordo con la
Polonia, dal punto di vista teorico e dei principi, non può non far riaffiorare un passato da
digerire.

L’elemento di forza in questo caso è la chiave economica dell’accordo: anche in Polonia


la Germania farà degli accordi di tipo economico e di collaborazione sul piano scientifico,
culturale -> l’idea è di cominciare ad “agganciare” Europa Occidentale ed Europa
Orientale in un rapporto che fino a quel momento non c’era stato (per esempio non c’era
nell’Europa divisa uno scambio culturale e sempre più si evidenziava quanto l’Europa
Orientale sentisse la necessità di questo tipo di apertura, sopratutto perché su questo
fronte l’apporto di Mosca era stato insufficiente: nel ’70 in Polonia scoppia una rivolta
operaia a dimostrazione che c’è un’insoddisfazione sociale).

Accordo delle Quattro Potenze (1971)


Rimettendo mano al discorso sulle relazioni tra la Germania e i suoi vicini, è necessario
rimettere mano anche allo status di Berlino e nel Settembre del 1971 si arriva al Trattato
delle Quattro Potenze.

Nel Febbraio del 1969 Nixon, poco dopo l’elezione, aveva visitato Berlino e, pur
ribadendo fermamente l’intenzione di far rimanere la parte occidentale della città sotto la
piena protezione americana, aveva colto l’occasione per lanciare un messaggio distensivo
-> lo stimolo ad avviare il discorso distensivo sul fronte di Berlino parte da Washington.

Con l’avvio dell’Ostpolitik arrivano anche le aperture da parte di Mosca -> idea che si
possa raggiungere un accordo.

Nel Trattato del 1971 c’è un nuovo regime per quanto riguarda gli spostamenti da Berlino
Est a Berlino Ovest (dalla Germania Est alla Germania Ovest) e cominciano a cadere
alcuni dei rigidissimi paletti che fino ad allora avevano regolato questi rapporti, in
particolare quelli che riguardavano la possibilità per i cittadini della Repubblica Federale di
recarsi nella Repubblica Democratica -> i cittadini della Repubblica Federale vengono
equiparati agli altri stranieri (con un centro timbro sul passaporto avrebbero potuto
ottenere il permesso di recarsi nella Germania Democratica). Ci sarebbe poi stato il
celebre discorso che riguardava la possibilità per i cittadini dell’Europa Orientale di recarsi
a trovare i parenti nell’Europa Occidentale per motivi urgenti.
-> quello che fino ad allora era stato considerato un muro assoluto comincia a mostrare
dei varchi ineludibili (Ulbricht, che era stato il fautore del muro, si dimette perché lo
considera inaccettabile).

La Dichiarazione delle Tre Potenze (Francia, Stati Uniti e Regno Unito), che seguirà
l’accordo, garantisce che Berlino Ovest continui a non essere parte integrante della
Repubblica Federale (Berlino Ovest aveva uno status a parte, per esempio lì non si
potevano svolgere azioni di governo, e questo garantiva all’Unione Sovietica che
rimanesse formalmente staccata dal resto della Germania Federale).
-> Mosca accetta un avvicinamento fisico (miglior comunicazione tra le due Germanie) ma
lo fa in cambio di ulteriori garanzie sul fatto che Berlino Ovest mantenga comunque uno
status a parte.

Per la DDR c’è un vantaggio concreto nella fine della Dottrina Hallstein e nell’avvento
dell’Ostpolitik: raddoppia il numero di paesi che la riconoscono politicamente.

Il successore di Ulbricht è Honecker (molto più in linea di Ulbricht con l’idea che Mosca
aveva della distensione, vista come un’occasione in Europa).

Nel Settembre 1973 sia la Germania Federale che la Repubblica Democratica vengono
ammesse alle Nazioni Unite (nessuna delle due era entrata a farne parte fino ad allora).

Trattato di Praga (1973)


L’ultimo accordo dell’Ostpolitik è nel Maggio 1973 tra la Repubblica Federale e la
Cecoslovacchia: la Germania dichiara che gli Accordi di Monaco erano stati conseguiti
mediante un atto di forza, e Brandt ci tiene a sottolineare che non era stato un atto
compiuto dal Reich tedesco, ma dalle forze del regime nazista -> anche nella presa di
coscienza della Germania, è importante tenere fermo il distinguo tra il regime totalitario
nazionalsocialista e la politica estera del Reich tedesco.

Si ribadisce il rispetto delle frontiere e c’è una reciproca rinuncia all’uso della forza.

DISTENSIONE IN EUROPA

Arrivati al ’73, è importante capire come l’Ostpolitik vada a coinvolgere in modo molto più
diffuso tutto l’avvio della distensione in Europa e non solo i rapporti della Germania con
l’Europa Orientale, ma i rapporti europei (la distensione non può declinarsi soltanto
attraverso i SALT, perché i paesi europei sono esclusi dagli accordi sugli armenti).

Nel 1970 il Consiglio Atlantico decide di aprire un dialogo sulle forze convenzionali in
Europa (secondo il vecchio tema dell’equilibrio delle forze convenzionali in territorio
europeo): la conferenza avrà sede dal 1973 a Vienna ma non riuscirà a concludere mai
nulla di decisivo.
Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione Europea (1972-1975) e Accordi di Helsinki
(1975)
Con la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione Europea c’è anche l’avvio di un
discorso politico in Europa (che rispetto all'aspetto strategico avrà molta più rilevanza).

La conferenza prende avvio a Helsinki (che era stata anche la sede dei primi SALT): a
partire dal Novembre 1972 cominciano degli incontri di vertice tra le delegazioni
dell’Europa Occidentale e quelle dell’Europa Orientale e l’Unione Sovietica.

I negoziati dureranno per un triennio e porteranno nel 1975 all’Accordo di Helsinki: pur
non essendo un trattato vincolante, afferma una serie di principi che i paesi firmatari si
impegnano a rispettare.
Negli accordi del 1975 emerge l’idea dei 3 cesti, ovvero 3 macro-settori che riguardano:
1) sicurezza (ovvero inviolabilità dei confini): viene affermato uno status pacificato in tutta
l’Europa -> si estende il discorso dell’Ostpolitik
2) cooperazione (in campo scientifico, tecnologico e culturale)-> si comincia a parlarsi e
ad aver maggior consapevolezza gli uni degli altri (la politica dei blocchi aveva come
precondizione un isolamento dell’Europa Orientale, evidenziata in molti aspetti).
3) diritti umani: si riconosce il diritto dei popoli a stabilire come e quando desiderano il
loro regime politico.

La dichiarazione viene firmata da tutti, anche l’Unione Sovietica (che si basava su quella
che all’epoca era la Dottrina Breznev, ovvero della sovranità limita: diritto di tutela da
parte di Mosca nei confronti dei possibili sovvertimenti nei paesi dell’Europa Orientale),
che in cambio ottiene il riconoscimento pieno della divisione europea attraverso il
riconoscimento dei confini.

Elemento economico nella distensione


Dietro la CSCE c’è inoltre l’elemento molto importante dell’apertura economica
(fondamentale in tutte le relazioni distensive tra l’Unione Sovietica e l’Europa e blocco
occidentale).
La distensione comincia a svilupparsi anche quando al Congresso prende piede l’idea di
creare degli emendamenti (es. Emendamento Jackson-Vanik) che creino una sorta di
ricatto nei confronti dell’Unione Sovietica: a fronte di determinate violazioni in termini di
diritti (universalismo liberale americano) c’è un taglio alle esportazioni (mentre Nixon e
Kissinger avevano incoraggiato i rapporti economici tra Unione Sovietica e Stati Uniti,
considerandoli come qualcosa che andava ad alimentare la distensione).

Diritti Umani
La questione sui diritti umani (che inizialmente sembrava proposto dalla CSCE come un
discorso di principio) finisce un elemento non irrilevante con Carta 77 cui si farà
riferimento nelle successive pulsioni libertarie che nasceranno nell’Europa Orientale sul
finire degli anni ’70.
-> l’appello ai diritti umani diventa un elemento importante a cui i paesi dell’Europa
Orientale fanno riferimento nella fase successiva (fase di sfaldamento).

SALT II (1972-1979)

Per gli americani (Nixon e Kissinger prima, Ford e Kissinger poi) il vero nucleo e
l’elemento essenziale della distensione rimangono gli accordi sulla limitazione degli
armamenti (SALT).
I SALT I hanno avuto come limite quello di essere stati considerati accordi un po’ generici:
erano stati completamente esclusi i MIRV (missili a testata multipla), non ponendo un
serio discorso sul dato quantitativo e qualitativo.
-> la prerogativa dei secondi colloqui sulla limitazione degli armamenti sarà la volontà di
essere più precisa e attenta a porre dei distinguo (riaprendo il discorso sull’equilibrio
quantitativo tra Unione Sovietica e Stati Uniti).

Trattato sulla limitazione di esperimenti nel sottosuolo (1974)


Nixon, prima di dimettersi, riesce anche a far approvare l’accordo sulla sperimentazione
nucleare nel sottosuolo: non veniva proibita del tutto, ma non poteva superare il limite dei
150 chilotoni (bombe di nuova fattura più potenti non avrebbero potuto essere
sperimentate nel sottosuolo).
-> si procede dopo i primi due accordi fondamentali: divieto di sperimentazione
nell’atmosfera (1963) e non-proliferazione nucleare (1968).

SALT II
Il discorso dei SALT II si apre con Ford (guidato da Kissinger, che garantiva continuità con
la politica precedente).
Nel Novembre 1974 c’è l’incontro tra Ford e Breznev in Siberia a Vladivostok (incontro tra
i ghiacci) in cui si pongono le basi per i negoziati SALT II (i SALT I sarebbero scaduti nel
’77).

I negoziati dovranno avere come risultato degli accordi sui MIRV (multi-testate) e sui
vettori strategici nucleari, ma cominciano a farsi strada una serie di critiche piuttosto
consistenti da parte del Congresso americano nei confronti di questa seconda ondata
negoziale: dal punto di vista teorico, per concludere la trattativa sui SALT è necessario
che gli Stati Uniti partano da una condizione di vantaggio strategico che dia loro maggior
forza negoziale.
Anche in questo caso, il fine ultimo del negoziato sulla limitazione degli armamenti rimane
il raggiungimento di un effettivo equilibrio quantitativo e quantitativo (che potrà garantire e
mantenere la pace).

I MIRV sono delle armi su cui l’Unione Sovietica ha puntato moltissimo e questo per gli
Stati Uniti pone in essere una possibili asimmetria pericolosa e inaccettabile: gli americani
ritengono che, attraverso i MIRV, i sovietici si siano garantiti la possibilità di rimanere in
grado di rimanere attivi dopo una prima ondata nucleare e di colpire in modo decisivo
(teoria del secondo colpo).

I sovietici affermano in risposta che, pur avendo loro i MIRV, gli americani hanno i Cruise
(missili leggeri che volano bassi, eludendo il controllo dei radar, con una percorrenza di
2500km): se i Cruise venissero adottati nell’arsenale strategico americano
costringerebbero i sovietici anche in questo caso a una costosissima rincorsa ->
qualunque progresso tecnologico della controparte costringe a una risposta.

Dalla distensione alla pace ottenuta per mezzo della forza


In occasione delle elezioni del 1976 Ford capisce che non è più possibile proporre la
distensione, che ha avuto diverse critiche.
L’Unione Sovietica continua a essere percepita come la potenza che cerca di
affermarsi in tutti i varchi disponibili (già menzionati da Kennan): nel frattempo è
intervenuta in Angola attraverso armi e soldati forniti da Cuba, garantendo un pieno
sostegno alla guerriglia rivoluzionaria angolana -> intervento nell’area del Terzo
Mondo, sentita dagli americani che area sensibile.
-> Ford non parla più di distensione, ma di pace ottenuta per mezzo della forza:
negoziare, ma facendolo da un punto di forza.

Da Ford a Carter
Jimmy Carter invece propone una visione diversa e nuova della politica estera
americana (è comunque la politica interna a condizionare maggiormente l’elettorato
americano, con l’eccezione della non-rielezione proprio di Carter a seguito della
debacle iraniana) e vince le elezioni del 1976.
-> i sovietici devono di nuovo resettare la propria percezione della politica americana
alla luce della novità del democratico Carter: il più delle volte i russi si trovavano
meglio a trattare con i repubblicani perché i democratici, nella logica bipolare, avevano
avuto dei presupposti più aggressivi nei confronti dell’Unione Sovietica (portando
avanti il discorso sull’universalismo liberale e sui diritti umani).

Proposta onnicomprensiva di Carter


Carter nel 1977 ha la scadenza dei SALT I e si presenta con una proposta
onnicomprensiva: propone di pareggiare il più possibile le quote mettendo i MIRV sovietici
allo stesso livello dei Minute Man mirvizzati (forniti di più testate).
La proposta di Carter vorrebbe dimezzare i MIRV sovietici, tenendo buona l’idea di dover
negoziare da un punto di forza (riducendo quantitativamente i MIRV si colpiscono i
sovietici nel punto più rilevante del loro arsenale).

-> il dialogo sulla limitazione degli armamenti diventa ancora più difficile con l’ascesa di
Carter (anche perché la disposizione d’animo americana si sta modificando e tutto il
discorso teorico che sta dietro al problema della limitazione degli armamenti sta
cominciando a cambiare con una serie di suggestioni che arrivano all’amministrazione,
pronta a recepirle).
17.12.15 Storia delle Relazioni Internazionali
CARTER E GLI ACCORDI SALT II

Carter e la volontà di tutelare i diritti umani


L’attenzione di Carter (democratico) sulla questione dei diritti umani inciderà sulla politica
estera in generale e, più in particolare, sulla distensione: benché si faccia coincidere
spesso la fine della distensione con la fine del mandato di Carter e l’elezione di Regan
(quando negli anni ’80 lo scontro si fa nuovamente ideologico: Unione Sovietica come
“impero del male”), è importante evidenziare che già con Carter si era arrivati
all’irrigidimento (gli elementi che fanno saltare completamente la distensione riguardano
anche il colpo di coda sovietica: es. intervento sovietico in Angola).

Carter parte da una volontà di tutelare i diritti umani e dare un’impronta meno realistica
alla propria politica, mentre in quella di Kissinger e Nixon c’era stato quel tanto di realismo
che consentiva di andare oltre il dato universalistico liberale americano (uno degli elementi
che alterava i rapporti con l’Unione Sovietica).

SALT II (1972-1979)
Carter si presenta a discutere l’accordo (il SALT I scadeva nel 1977) con la proposta
onnicomprensiva: dovrebbe riguardare una riduzione molto più dettagliata e precisa
rispetto alla genericità con cui si erano affrontati i SALT I (questione dei MIRV e riduzione
puntuale di armamento).
Inizialmente la proposta con cui Carter cerca di portare avanti il negoziato viene rigettata
dai sovietici perché il presidente americano voleva porre un tetto sui missili multi-testata
(settore in cui i sovietici erano più evoluti) che corrispondeva al livello massimo di
dotazione degli americani e avrebbe costretto i sovietici a ridurre della metà la propria
dotazione.
-> Gromyko (Ministro degli Esteri sovietico) liquida le proposte di Carter considerandole
maschie e unilaterali, volte a stabilire il vantaggio americano e non una razionale
limitazione.

Nel Giugno 1979 si arriva comunque alla stesura dei SALT, ma l’accordo salterà nel
momento in cui si arriva alla spaccatura tra Unione Sovietica e Stati Uniti (che avviene
anzitutto per l’invasione sovietica dell’Afghanistan nel Dicembre 1979): gli accordi SALT
sono stati presentati da Carter al Senato, la cui approvazione era necessaria alla ratifica
degli accordi internazionali, ma sarà poi lo stesso Carter a ritirare la proposta, non
volendo stipulare un accordo fondamentale per la distensione mentre l’Unione Sovietica
stava dimostrando di non essere su presupposti distensivi.

I SALT II avrebbero avuto nelle intenzioni il buon proposito di arrivare a una limitazione più
consistente di quanto non avessero fatto i SALT I, grazie a una serie di compromessi
derivanti da più questioni che opponevano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica: es. Backfire
(bombardieri strategici supersonici sovietici, che costituivano l’ultima tecnologia sovietica
e gli americani avrebbe voluto ridotti); euromissili; missili Cruise.

TEATRO EUROPEO

Dopo il ’79 l’Europa sembra essere tornata il teatro fondamentale su cui si sarebbero
giocate le sorti di un’eventuale guerra: l’Europa è nuovamente, e suo malgrado, proiettata
al centro del dibattito sul possibile confronto strategico tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Schieramento dei missili SS-20 sovietici


Nel 1977 i sovietici avevano dispiegato gli SS-20 (missili a gittata intermedia con 3 testate
in differenti direzioni) -> lo schieramento degli SS-20 aveva una valenza politica: i sovietici
avrebbero potuto attaccare l’Europa in profondità in più punti (elemento di tensione).
Quella che nei primissimi anni ’70 (a ridosso della ratifica dei primi SALT) sembrava essere
stata una distensione definitiva, pare ridursi in questo momento.

Lo schieramento degli SS-20 vuole avere una valenza più politica che militare: i sovietici
avevano schierato gli SS-20 perché hanno capito che il problema della difesa europea era
uno dei nodi più delicati nelle relazioni transatlantiche (tra Stati Uniti ed Europa) ->
ponendo una nuova minaccia sull’Europa si sarebbe costituito un fattore di crisi all’interno
dell’alleanza perché ancora una volta si sarebbe messa alla prova la credibilità
dell’ombrello difensivo statunitense sul continente europeo.

Uno degli elementi che periodicamente avevano sempre alterato i rapporti tra l’Europa e
gli Stati Uniti era stat proprio la credibilità della difesa americana sul vecchio continente:
gli europei si trovavano a chiedersi fino a che misura gli Stati Uniti sarebbero stati disposti
a difenderli nel momento in cui l’Europa fosse diventato il teatro primario di uno scontro
(gli SS-20 erano in grado di colpire più o meno ovunque il continente europeo).

Euromissili
Nel Dicembre del 1979 il Consiglio Atlantico aveva deciso di schierare in Europa dei
missili di teatro (a gettata breve) come risposta allo schieramento degli SS-20.
L’idea americana è quella di schierare i missili in Europa per aprire un negoziato (era
necessario aprire il negoziato su un piano di parità) -> gli americani aprono un negoziato
dopo aver schierato gli euromissili sul continente europeo perché così possono giocarsi
una carta in più per far ritirare gli SS-20 ai sovietici, che hanno come obiettivo il teatro
europeo (problema di equilibrio strategico).
Lo schieramento degli euromissili (a raggio corto o intermedio, tipo i Pershing) viene
previsto per il 1983 e i paesi designati come base per i missili sono il Belgio, l’Olanda, la
Gran Bretagna, la Germania e l’Italia.

Gli euromissili costituiranno anche un problema di politica interna perché si è innestato


nel dibattito politico europeo il progetto di pacificazione e di distensione (tutto quello che
dal ’75 aveva creato anche la CSCE con tutte le sue aspettative e di accordo).
Nel dibattito politico saranno sopratutto le sinistre a opporsi allo schieramento degli
euromissili e a rendere più difficile un equilibrio politico che vede gli europei bisognosi di
sicurezza ma contemporaneamente dubbiosi sul fatto di riprendere quella che sembra
una corsa al riarmo (che avrebbe riportato l’Europa a essere il teatro primario in uno
scontro nucleare).

INTERVENTO SOVEITICO IN AFGHANISTAN (1979-1989)

Alla fine del ’79, nell’ultima fase del primo mandato del presidente Carter, si innestano una
serie di problemi contingenti determinanti per quella che sembra essere una ripresa dello
scontro bipolare (fine della distensione).

Interesse sovietico e americano in Afghanistan


Nel Dicembre 1979 i sovietici entrano in Afghanistan, dopo che l’anno precedente c’era
stato un colpo di stato comunista che aveva rovesciato il governo afghano e si era
insediato al potere ripristinando le vecchie logiche del Grande Gioco (in cui però gli attori
principali sono diventati gli Stati Uniti, che hanno sostituito in tutte le posizioni imperiali gli
inglesi, e l’Unione Sovietica).

L’Afghanistan rappresenta nella proiezione americana la certezza di un controllo agevole


verso il Golfo Persico (che nello stesso anno è minacciato dagli accadimenti in Iran) ->
reazione americana rispetto alla scelta sovietica di andare in aiuto del governo comunista
afghano nel momento in cui questo è minacciato da vari signori della guerra afghani.

L’Unione Sovietica entra in Afghanistan con un intervento armato, nella convinzione che
questo non determini quello che poi effettivamente sarà l’impegno militare sovietico: i
sovietici pensavano di chiudere la faccenda dell’Afghanistan in un mese, ma questo si
rivelerà una sorta di “Vietnam sovietico”.
Quello che inizialmente sembrava un conflitto asimmetrico in cui i sovietici intervenivano
con mezzi corazzati, elicotteri e un numero ingente di uomini, ma si trovano a contrastare
un nemico che utilizza azioni di guerriglia su un territorio ostile e difficile.
I mujaheddin afghani, secondo le logiche della Guerra Fredda, sono foraggiati con ricchi
aiuti e armamento moderno (missili contraerei Stinger, utilizzati dai guerriglieri afghani per
abbattere gli elicotteri sovietici).
-> difficoltà per i sovietici, che avevano pensato di far passare l’azione in Afghanistan
senza creare troppi problemi nelle relazioni con gli Stati Uniti (che però nel ’79 sono già
messi in scacco da quello che sta succedendo in Iran).

RIVOLUZIONE IRANIANA (1979)

Collocazione iraniana in seno al Patto di Baghdad


L’Iran era stato ricollegato alla rete di alleanze americana dalla pattomania di Dulles
negli anni ’50: l’Iran rientrava nel Patto di Baghdad insieme all’Iraq e al Pakistan e
successivamente Turchia e Gran Bretagna.

Patto di Baghdad, SEATO e NATO erano dei patti inanellati che andavano a costituire
la Northern Tier, una sorta catena fondata su dei legami pattizi grazie ai quali gli Stati
Uniti speravano di creare uno schieramento strategico imbattibile.
Il Patto di Baghdad salta in realtà quando c’è la fuoriuscita dell’Iraq (colpo di stato) ma
gli Stati Uniti cercano di tenerlo in piedi tramite la CENTO (una riedizione del patto di
Baghdad senza l’Iraq e in cui l’Iran è un presidio saldamente controllato dagli Stati
Uniti attraverso lo Scià).
Quando scoppia la rivoluzione iraniana nel 1979 Stati Uniti e Iran sono ancora collegati
dal Patto Cento (attraverso un patto in cui gli Stati Uniti garantiscono aiuti all’Iran).

Regime dello Scià


Nel 1979 gli Stati Uniti hanno ormai perduto una posizione molto rilevante: hanno con
l’Iran un rapporto privilegiato dal momento in cui, nel 1953, si erano decisi a intervenire
sullo scenario iraniano spinti dagli inglesi per ribaltare il governo nazionalista di Mossadeq
(collocato su posizioni anti-americane) e farne un presidio fondamentale.
Nel 1953 l’operazione Ajax (arresto di Mossadeq e ritorno in Iran dello Scià) aveva come
presupposto che lo Scià proponesse una politica amica degli interessi americani.

Lo Scià, il cui regime era sostenuto dagli Stati Uniti per ovvie ragioni geopolitiche ma
senza avere una vera forza sul piano interno, ha governato l’Iran attraverso un sistema
autocratico che ha seguito un sistema di occidentalizzazione forzata del paese (raggiunta
solo in parte e non dalle classi più povere) ma non era riuscito a creare il benessere
economico diffuso che avrebbe garantito una maggiore incisività alla sua politica di
occidentalizzazione.
La posizione di occidentalizzazione significava poi una perdita di potere e di entrate per le
autorità religiose sciite -> c’è un contrasto diretto tra lo Scià e le autorità religiose.
-> l’elemento religioso è il punto di maggior forza e coesione nella rivoluzione iraniana
(benché esistesse anche un’opposizione allo Scià prettamente laica), perché riesce a far
leva sul dissenso generalizzato, anche nelle campagne e nelle fasce di popolazione meno
abbiente che non avevano mai avuto un sentimento di reale fiducia nell’operato dello Scià
(circondato da una corte corrotta e da una polizia poco attenta ai diritti umani).

Posizione americana rispetto al regime dello Scià


Nel 1979 gli Stati Uniti si trovano a temere ciò che può accadere in Iran (destabilizzazione
di un regime amico), ma contemporaneamente non sono pienamente convinti di poter
aiutare senza scrupoli il regime a sostenersi.
-> gli americani sono i primi a esitare sull'ipotesi di dare una risposta dura alla crescente
ondata di manifestazioni che sta travolgendo il paese: Carter in particolare farà fatica
all’idea di dare un sostegno totale a una repressione militare alle rivolte che crescono nel
corso di un anno nel paese.

Le esitazioni rispetto alle risposte da dare alle rivolte determineranno la caduta dell’Iran e
l’accusa mossa a Carter di aver avuto una politica esitante. Le esitazioni tuttavia sono
spiegabili perché il regime iraniano era piuttosto contraria a tutti i principi per i quali
l’amministrazione si era impegnata fino a quel momento (la Guerra Fredda determinava
alleanze e sostegno a leader che sono abbastanza insostenibili dal punto di vista dei
principi).

Opposizione allo Scià e agli Stati Uniti


La percezione degli americani poi è quella che lo Scià non abbia più alcun aggancio
interno: esistono un’opposizione religiosa e un’opposizione laica. L’esilio a Parigi concede
a Khomeini una libertà di manovra e di gestione dell’andamento degli affari interni all’Iran
maggiori di quanto non avrebbe avuto rimanendo in territorio iraniano.

A posteriori tutte le mosse fatte dallo Scià o quelle suggerite dagli americani si rivelano
sbagliate.
La rivoluzione iraniana prende ben presto una piega di oltranzismo religioso, che si sposta
con uno spiccato anti-americanismo: gli Stati Uniti sono per l’Iran coloro che nel 1953
hanno determinato la caduta di Mossadeq, e l’emblema dell’occidentalizzazione
combattuta con fermezza dall’elemento sciita (secondo cui l’Iran si sarebbe dovuto
riappropriare delle proprie tradizioni religiose) -> l’Ayatollah Khomeini ha un buon
riscontro a livello popolare.

RISPOSTA AMERICANA ALLE SITUAZIONI IN AFGHANISTAN E IRAN E RITORNO


ALL’IDEOLOGIA BIPOLARE

Nel 1979 la minaccia deve essere vista a 360°: l’Iran destabilizzato e l’Afghanistan
rigidamente sotto controllo militare sovietico rappresentano una minaccia diretta sul Golfo
Persico, un’instabilità sullo Stretto di Hormuz e un possibile indebolimento su una delle
vie principali attraverso cui passano i rifornimenti verso l’Occidente (grande traffico delle
petroliere che passa attraverso lo Stretto di Hormuz).
-> l’amministrazione Carter ritiene drammaticamente indebolite le proprie posizioni.

Come provvedimento l’amministrazione Carter decide:


1) di ritirare la presentazione dei SALT II (su cui pure si era focalizzato tutto l’impegno
della politica estera americana fino a quel momento) dalla ratifica al Senato
2) l’embargo di grano all’Unione Sovietica (riprendendo il vecchio presupposto che voleva
convincere i sovietici a ritornare sulle proprie posizioni facendo loro mancare delle
forniture vitali)
3) di boicottare le Olimpiadi che si sarebbero tenute a Mosca
-> la chiusura è totale.

Crisi degli ostaggi in Iran


La chiusura totale si aggrava con la crisi degli ostaggi in seno alla crisi iraniana:
l’ambasciata americana, svuotata della maggior parte dei funzionari ma non
dell’ambasciatore e dei funzionari abili con il farsi, viene posta sotto assedio dagli studenti
iraniani (con un pieno appoggio dell’Ayatollah Khomeini e delle autorità). L’aggressione a
un’ambasciata cancellava l’idea che in qualunque contesto il corpo diplomatico fosse
intoccabile e all’epoca era completamente destabilizzante anche a livello psicologico per
le opinioni pubbliche (era un affronto inaccettabile che dava un’idea di totale
indebolimento delle posizioni americane).
L’amministrazione viene posta in grave difficoltà anche perché viene richiesta in cambio la
consegna dello Scià (che risiede negli Stati Uniti malato).

La crisi degli ostaggi provocherà anche un’infelice tentativo di colpo di mano che però
fallì e finì per irrigidire le posizioni iraniane (gli ostaggi vengono disseminati in vari punti e
rimangono per un anno nelle mani degli iraniani).

Ripresa dell’ideologia bipolare con Regan


Carter si trova ad affrontare la campagna elettorale con la questione degli ostaggi che gli
grava addosso e il suo sarà uno dei pochi casi in cui la politica estera determina l’esito
elettorale: Carter è enormemente indebolito dagli accadimenti del 1979 e il suo ultimo
anno di presidenza è segnato da una plateale smentita di tutti i presupposti della
distensione.

L’Unione Sovietica viene nuovamente presentata come il nemico nei toni della campagna
elettorale di Ronald Regan (candidato inaspettato), che riprende i toni maggiormente
ideologici del bipolarismo: nel corso della campagna elettorale afferma la necessità di
ridare potenza militare agli Stati Uniti, che avrebbero potuto negoziare con l’Unione
Sovietica soltanto da una posizione di forza.

In realtà la posizione americana nei confronti dell’Unione Sovietica non si irrigidisce con
Regan, e il discorso sul potenziamento americano è relativo nel momento in cui Carter
non aveva dato segnali molto differenti (aveva ritirato la ratifica dei SALT II al Senato e
aveva deciso lo schieramento degli Euromissili in Europa).
Tuttavia, stante gli insuccessi di Carter in politica estera e il (percepito) dilagare
dell’Unione Sovietica, per Regan si crea un’enorme facilità nella propria affermazione
elettorale -> Carter perderà in quasi tutti gli stati (Carter è comunque l’unico presidente
americano che, con l'Accordo di Camp David, riesce a ottenere un accordo tra arabi e
israeliani e paradossalmente, anche in pensione, verrà impiegato in importantissimi
negoziati).
Il tono della propaganda elettorale di Regan sono quelli della Guerra Fredda e della
campagna ideologica ma, guardando alla sostanza, Regan decide di rispettare i limiti
previsti dai SALT II in termini di riarmo (benché non fossero stati ratificati dal Senato).
Regan, riprendendo quella che era stata l’iniziale opzione di Carter, cerca inoltre di avviare
dei negoziati che riguardassero l’Europa favorendo la scelta dell'opzione zero (proporre ai
sovietici di ritirare gli SS-20 in cambio di una rimozione degli Euromissili).
Questa possibilità però rischiava di scontentare gli europei (preoccupati che potessero
giocarsi sulla propria pelle le relazioni tra Unione Sovietica e Stati Uniti) e trova una
risposta negativa da parte dei sovietici (che ritenevano impensabile rinunciare a missili già
installati rispetto a missili che devono ancora essere installati).

CRISI DEL SISTEMA SOVIETICO (POLONIA, AFGHANISTAN E SCUDO STELLARE)

Nel 1982 muore Breznev (che pure da circa un anno era piuttosto limitato nell’azione) e il
suo successore è Andropov, che avrebbe potuto attuare tutte le riforme necessarie,
avendo una chiarissima cognizione di quale fosse la reale situazione interna dell’Unione
Sovietica (come tutti coloro che come lui venivano dal KGB). Tuttavia Andropov, già
malato dura pochissimo e viene sostituito da Černenko.
-> si semplificano attraverso questa successione le difficoltà concrete di un regime che
percepisce la necessità di autoriformarsi.

Rivolta sindacale in Polonia (1980)


La necessità di riformarsi dell’Unione Sovietica è tanto più rilevante quando cominciano i
problemi in Europa: se fino ad allora l’Unione Sovietica aveva sempre cercato di gestirli
(anche dopo la CSCE con la Dottrina Breznev), questi dimostrano ora una natura diversa
per esempio nella questione polacca.

Nel 1970 comincia in Polonia la prima rivolta operaia, che come tale minaccia di più la
stabilità del sistema dell’Europa Orientale: una rivolta operaia sottintende
un’insoddisfazione latente che non può essere tacciata di impulsi reazionari o borghesi e
parte da esigenze di tipo sociale.
Nel caso delle rivolte polacche degli anni ’80 il fatto è ancora più evidente, trattandosi di
rivolte sindacali: i grandi sindacati operai di Danzica (grandi cantieri navali) iniziano una
rivolta portando avanti precise rivendicazioni sociali e chiedendo il pluralismo sindacale.

Rilevanza del cattolicesimo in Polonia


Il sindacato polacco Solidarność ha un’impronta cattolica e dunque un elemento di forza
che viene dalla storia della Polonia strettamente legata all’elemento del cattolicesimo e
dalla presenza nella Santa Sede di un Papa polacco.
L’azione della Chiesa è essenzialmente volta ad affermare i valori della pace e non può
essere particolarmente rilevante, ma lo è negli anni ’80 nel caso della Polonia perché lì la
figura del pontefice si innesta su un terreno già fertile: sulla rivolta dal basso operaia si
innesterà anche la rivolta contadina e proprio il cattolicesimo è l’elemento unificante.
-> il Papa diventa un elemento di forza.

Colpo di stato di Jaruzelski e difficoltà ideologica nella risposta a una protesta dal basso
La Dottrina Breznev agisce in Polonia per mezzo di un’azione preventiva polacca tesa a
evitare un esito sul modello cecoslovacco per Varsavia: a un certo punto sono i militari
(nella persona del generale Jaruzelski) che decidono di prendere il controllo del governo
polacco con un’azione atta a prevenire che ci fosse un intervento sovietico in territorio
polacco.

In passato, risolvere la situazione dell’Europa Orientale mettendola definitivamente sotto il


controllo sovietico, non aveva fatto altro che moltiplicare i focolai di crisi. Ora si era creata
in Europa Orientale una schiera di intellettuali (intorno a Carta 77) che animavano una
discussione per cercare una rielaborazione di un sistema che così com’era oltre ad aver
azzerato la borghesia ma scontentava anche le classi sociali meno abbienti (i focolai di
rivolta partivano dal basso).
Il fatto che ci fosse un’ondata di proteste e di scioperi nei paesi che dovevano
determinare il trionfo della classe lavoratrice non sarebbe dovuto avvenire e non era
semplice reagire anche dal punto di vista ideologico pensare di mandare l’esercito contro
i lavori (come era successo nel ’56): la fortissima caratterizzazione sindacale delle rivolte
in Polonia costituisce la negazione di quello che doveva essere lo specchio del successo
ideologico del blocco -> è necessario rivedere alcuni punti.

Progetto di Scudo spaziale e problema economico nell’Unione Sovietica


L’Unione Sovietica si trova in una situazione drammatica economicamente soprattutto
quando nel 1983 Regan illustra pubblicamente il progetto di Scudo Spaziale (che avrebbe
dovuto cancellare l’opzione nucleare: intercettare i missili attraverso dei satelliti).

Il progetto di Scudo Spaziale costituisce qualcosa di dirompente in un equilibrio


strategico (gli ABM erano considerati un altro fattore che poteva alterare l’equilibrio
strategico) e metteva davanti agli occhi dei sovietici la prospettiva tragica di dover
impegnarsi in un progetto che aveva costi esorbitanti (anche per gli stessi americani) che
nel caso sovietico sarebbero stati un colpo letale a un’economia ormai asfittica, non
avendo funzionato la centralizzazione e il controllo dall’alto.

Nell’Europa Orientale si era cercato di dare dei modelli di maggior libertà: l’Europa
Orientale si era ritagliata degli spazi di maggiore autonomia rispetto ai vent’anni
precedenti (Ungheria di Kádár; proprietà privata in alcuni paesi). Nel caso polacco,
Solidarność riesce ad acquistare dello spazio: inizialmente vengono accolte le
rivendicazioni di Walęsa, il leader sindacale, perché da Mosca si capisce che non ci può
essere una risposta analoga a quella che Chruščëv aveva dato nel 1956 alla rivolta
ungherese, essendosi nel frattempo venuta a creare un’interdipendenza economica tra
l’Europa Orientale e l’Europa Occidentale, basata sulla necessità di scambio dei sovietici.
-> necessariamente si allenta il peso sovietico sull’Europa Orientale, anche se non può
essere ribaltato l’assioma che prevede che i governi debbano essere ideologicamente
solidi (ineccepibilmente di tipo comunista) e sono inaccettabili le istanze libertarie che
fanno pendere verso l’idea che si possa instaurare un multipartitismo.

Gorbačëv
Verranno rimproverati anche a Gorbačëv i tentativi fatti dall’85 in poi di modernizzare
l’Unione Sovietica e l’intero blocco, poiché l’opzione di Gorbačëv prevedeva
una modernizzazione a livello economico mantenendo l’approccio ideologico e non
rinnegando il comunismo -> contraddizione di fondo: la liberalizzazione a livello
politico ed economico avrebbe necessariamente determinato una caduta del
comunismo.

Gorbačëv rinuncia anche alla Dottrina Breznev (elemento fondamentale su cui si erano
appoggiati tutti i suoi predecessori): rinuncia all’idea che l’Unione Sovietica possa
mantenere il proprio controllo a tempo indefinito sull’Europa Orientale.
-> attraverso la disgregazione dell’Europa Orientale si determinerà anche la
disgregazione dell’Unione Sovietica.

Guerra in Afghanistan (1979-1989)


L’Unione Sovietica si trova impelagata in Afghanistan, com’era accaduto per gli americani
in Vietnam:
- la guerra rappresenta un esborso finanziario enorme (i costi diventano sempre più
insostenibili per l’Unione Sovietica)
- la guerra costituisce una minaccia sul fronte interno: nonostante la censura riesca a
impedire che l’opinione pubblica venga messa al corrente di ciò che realmente accade in
Afghanistan (i soldati sovietici si trovano contro un territorio e un nemico particolarmente
ostile), vittime e reduci rappresentano un fattore di destabilizzazione sociale

Progetto di scudo stellare


Oltre agli scioperi in Polonia e alla guerra in Afghanistan, l’Unione Sovietica deve
affrontare anche l’idea di scudo stellare di Regan, che rappresenterebbe per i sovietici un
esborso insostenibile.

L’idea di un potenziamento militare su cui Regan aveva portato avanti la propria


campagna elettorale e la volontà di riportare gli Stati Uniti a negoziare da una posizione di
forza si concretizzano nel progetto di scudo stellare (che non trova un unanime consenso
nemmeno tra gli americani, che discutono quanto sia conveniente alterare così tanto
l’equilibrio a due).

Chi ha la possibilità di intercettare i missili è posto in una situazione di assoluta forza: la


difesa consente di attaccare, e la second-strike capability diventa assoluta -> equilibrio
completamente alterato.
Secondo Regan l’equilibrio non è alterato e considera lo scudo stellare il primo progetto
che consente di cancellare realmente il modello MAD e la minaccia nucleare.

GORBAČËV E IL CROLLO DELL'UNIONE

Perestrojka come risposta a una necessità di sopravvivere


Quando sale al potere Gorbačëv nel 1985 sviluppa l’idea della perestrojka:
modernizzazione a livello economico e anche politico (l’interpretazione a livello politico
della perestrojka prevede la concessione di maggiori libertà).
Contemporaneamente il concetto di glasnost (trasparenza) prevede la fine della sclerotica
prassi di nascondere e censurare.

Il punto di partenza di Gorbačëv è anzitutto un punto di partenza pratico: necessità di


sopravvivere, tagliando quelle che nel tempo erano state delle spese che sempre più
incidevano sul PIL: benché il paese avesse ingenti risorse petrolifere e materie prime, il
sistema economico sovietico dà segni di difficoltà sempre maggiore -> è richiesto un
processo di riforma.

A posteriori si considera impossibile il tentativo fatto da Gorbačëv, che sperava di poter


attuare la riforma mantenendo in piedi il dato ideologico del comunismo.

Rinuncia alla dottrina della sovranità limitata


Gorbačëv pensava contemporaneamente di poter combattere la dottrina della sovranità
limitata (e dunque il presupposto dell’affermazione sovietica dopo la Seconda Guerra) con
l’idea che in qualche modo l’affrancamento dell’Europa Orientale sarebbe potuto essere
guidato e tenuto sotto controllo.
Effettivamente questo consentirà che la progressione avvenisse senza spargimento di
sangue (es. le modalità con cui la DDR è crollata e fisicamente si è aperto il muro erano
impensabili per decenni sia in Occidente che in Oriente, essendo la presenza del muro
una garanzia per la pace e si pensava che il prezzo della riunificazione sarebbe stato uno
scontro drammatico) -> Gorbačëv non ha incentivato l’idea di una possibile reazione
militare: non ha previsto il crollo dell’Unione Sovietica ma ha impedito che ci fosse un
drammatico spargimento di sangue.

Nel 1989 la situazione è sfuggita dal controllo: gli ungheresi hanno cominciato ad
abbattere la cortina alla frontiere a con l’Austria, dalla Germania Est c’è stata una
transumanza di turisti che caricavano le proprie Trabant per passare le vacanze sul Lago
Balaton. Ben presto si assiste a un vero e proprio assedio dei cittadini della Germania Est
alle ambasciate della Repubblica Federale (es. a Budapest) in cerca di asilo.
I dirigenti della DDR sono costernati ma non c’è nessuna risposta dura da parte di Mosca
(rispetto a quella che sarebbe stata la linea rigida di Breznev, con una risposta militare che
Gorbačëv non ha assolutamente voluto).

Aperture sovietiche finalizzate al risanamento dell’economia, a partire dagli anni ‘70


L'iniziale sgretolamento delle posizioni sovietiche si può ricondurre fino al 1975, con la
CSCE: non tanto per il suo valore in se, ma chiedendosi perché i sovietici fossero andati
ad accettare il terzo cesto che affermava proprio la libertà di movimento per i cittadini
all’interno del blocco sovietico (laddove fino a quel momento questa libertà era negata, ed
era il presupposto grazie al quale si poteva esercitare il controllo totalizzante sui cittadini).
-> i sovietici avevano accettato nel 1975 perché avevano letto il processo che andava
dalla Ostpolitik alla CSCE un processo attraverso il quale avevano ottenuto il definitivo
riconoscimento politico dei confini dell’Europa Orientale e il vitale interscambio con cui si
sperava di rianimare l’economia (un tema che parte dagli anni ’70: l’Emendamento
Jackson-Vanik del 1972 voleva unificare il rispetto dei diritti e le esportazioni di grano, che
erano vitali per l’Unione Sovietica come dimostrato dalle sanzioni di Carter a seguito
dell’invasione dell’Afganistan).

Interventi sovietici nel Terzo Mondo e senso di insicurezza


L’Unione Sovietica, oltre che in Afghanistan, si stava impegnando anche in varie aree del
Terzo Mondo a sostegno di movimenti di liberazione nazionale del Terzo Mondo (Angolo,
ma anche Etiopia, laddove non era chiaro quale fosse l’interesse strategico) -> volontà di
darsi un’apparenza di forza e sostanza laddove non c’era più nemmeno una reale
percezione del reale interesse strategico dell’Unione Sovietica (che avrebbe avuto
bisogno di raccogliere le proprie forze più che di dissiparle).

Il senso dell’insicurezza che aveva caratterizzato la politica staliniana, pure con


presupposti diversi, può determinare anche in questo caso una proiezione di sé verso
l’altro di potenza: l’idea di andare a impegnarsi in tutti gli spazi liberi (anche se privi di
vero valore strategico) dà all’Unione Sovietica ancora un’apparenza di forza. Solo in
questo modo si può si può spiegare la ragione per cui l’Unione Sovietica va a fare una
serie di operazioni che in una logica realistica si risolvono in un ulteriore danno.

Trattato di Washington (1987)


Gorbačëv deve negoziare sul problema della limitazione degli armamenti per ridurre le
spese.
Nella prima fase negoziale Gorbačëv pone l'ovvia precondizione che qualsiasi trattativa
possa partire dalla rinuncia degli americani allo scudo stellare, che l’amministrazione
Regan non accetta: secondo gli Stati Uniti l’SDI era l’unico mezzo attraverso il quale si
può evitare il conflitto nucleare, mentre per i russi era il mezzo con il quale gli americani
stavano alterando l’equilibrio rimettendo in moto tutto il sistema.

Poiché Gorbačëv ha necessità di negoziare, si arriva comunque nel 1987 al Trattato di


Washington che porterà all’eliminazione degli Euromissili.
Il Trattato di Washington è sostanziale perché vengono eliminate le armi nucleari di teatro
in Europa (SS-20 e Euromissili) -> si consegue l’opzione zero che era stata la proposta
iniziale di Regan. Per la prima volta in un negoziato sulla limitazione degli armamenti si
limita l’interno sistema di armi (un dato tipo di armi viene completamente eliminato).
-> il Trattato di Washington consegue un risultato molto importante dal punto di vista delle
trattative sulla limitazione degli armamenti

Esito della crisi afgana


Gorbačëv fa seguire al Trattato di Washington inevitabilmente tra l’88 e l’89, nel giro di un
anno, l’exit strategy dall’Afghanistan: via via i reparti sovietici di stanza in Afghanistan
vengono riportati in patria.
In realtà l’esito della crisi afgana è nel lungo periodo fortemente destabilizzante, non solo
per l’Unione Sovietica ma successivamente anche per gli Stati Uniti: l’aiuto che gli
americani danno ai mujaheddin contro i sovietici gli si ritorcerà contro quando
l’Afghanistan entrerà a far parte dell’asse del male (rogue states) evocata da Bush, e l’aver
alimentato la resistenza dei mujaheddin favorirà il terreno fertile per l’instaurarsi del
successivo regime talebano in una zona che rimane di difficilissimo controllo come
l’Afghanistan.

Quando si visualizza con chiarezza il peso internazionale dell’Afganistan, coi fatti dell’11
Settembre, i russi sottolineeranno quanto la responsabilità ricadesse sugli americani che
avevano armato e finanziato i mujaheddin.

-> l’Afghanistan aveva costituito un altro ricadere nelle logiche da Guerra Fredda (il
nemico del mio nemico è mio amico).

Nuovi accordi CSCE e accordo NATO-Patto di Varsavia (1990)


Nel 1990 ci sono i nuovi accordi della CSCE e il Trattato firmato dai paesi del Patto di
Varsavia e i paesi della NATO, anche in questo caso con una riduzione di armamenti più
consistente per i paesi del Patto di Varsavia -> è evidente che nel trattato si profila lo
sgretolamento del sistema del Patto di Varsavia, che di lì a poco non avrà più ragion
d’essere.
17.12.18 Storia delle Relazioni Internazionali

Guerre arabo-israeliane
1948 Guerra arabo-israeliana
1956 Crisi di Suez
1967 Guerra dei Sei Giorni
1973 Guerra dello Yom Kippur
Conflitto israelo-palestinese
1978 Operazione Litani
1982 Operazione Pace in Galilea

1979 Accordi di Camp David

RUOLO AMERICANO IN MEDIO ORIENTE

Dopo il ’56 (Crisi di Suez): superata la fase della formazione di Israele, il Medio Oriente
diventa uno scenario via via più rilevante e la Crisi di Suez segna un passaggio di
consegne in cui la presunzione imperiale della Gran Bretagna viene punita e gli Stati Uniti
si fanno carico del ruolo britannico in Medio Oriente (ogni azione politica autonoma
nell’area è ormai esclusivo appannaggio americano).

Sostegno a Israele come arma a doppio taglio


L’immagine degli Stati Uniti perennemente volti a sostenere Israele è sommaria e
dall’inizio, per esempio, quando si tratta di riconoscere lo stato di Israele nel ‘48, gli Stati
Uniti esitano e sarà Truman il convinto sostenitore della nascita dello stato ebraico mentre
al Dipartimento di Stato già si valuta lo spettro della politica estera americana: un
sostegno pieno ad Israele è un’arma a doppio taglio perché può significare inimicarsi il
mondo arabo e quindi:
- compromettere le forniture di petrolio (come emergerà con particolare rilevanza nel
conflitto dello Yom Kippur.
- in una logica di Guerra Fredda, lasciare uno spazio ampio di ingerenza all’Unione
Sovietica che sempre più, tra la fine degli anni ’50 e e i primi anni ’60, si orienterà verso
una politica terzomondista, volta a esercitare ruoli di primo piano dove la posizione
americana è resa difficile dal rapporto vincolante con gli alleati occidentali (es. in
occasione della Crisi di Suez lo schieramento occidentale appare diviso, dovendo gli Stati
Uniti sconfessare l’opzione anglo-francese per allontanare da sé l’immagine di paese neo-
coloniale).

-> l’Unione Sovietica trova uno spazio di intervento la cui finalità perseguita per esempio
in Egitto non è tanto quella di avere una nazione comunista, ma piuttosto quella di avere
un rapporto amichevole e fondato sull’interesse egiziano a scongiurare l’isolamento, a
svolgere un ruolo di leadership (come volevano prima Nasser e poi Sadat).

Middle East Resolution di Eisenhower (1957)


Dopo la Crisi di Suez, nel Gennaio 1957 c’è la Middle East Resolution di Eisenhower che
dichiara apertamente quello che deve essere il ruolo americano in Medio Oriente:
sostenendo che l’attuale vuoto, creatosi in Medio Oriente dopo il ’56 viene dalle perdite di
posizione e di credibilità della Gran Bretagna, deve essere riempito dagli Stati Uniti prima
che lo faccia l’Unione Sovietica.

La logica con cui si procede nel ’57 è inevitabilmente una logica di Guerra Fredda ->
prosecuzione della politica di containment: per gli americani l’intervento in Medio Oriente
significa l’impiego eventuale delle forze armate americane per assicurare e proteggere
l’integrità territoriale e l’indipendenza delle nazioni che richiedono tale aiuto contro
l’aggressione armata proveniente da qualsiasi nazione controllata dal comunismo
internazionale.
-> rientrano in questa teoria gli accordi (es. northern tier) con cui Dulles aveva sperato di
inanellare una sorta di rete che avrebbe garantito una stabile presenza americana nelle
aree strategicamente fondamentali del Medio Oriente: un anello che andava dall’Iran
(saldamente sotto il controllo occidentale, dalla deposizione di Mossadeq e il successivo
rientro dello Scià) verso l’Iraq (che dovrebbe essere un aggancio finché tiene il regime
politico), garantendo una presenza americana sempre più rilevante a fronte del rischio
comportato dalla presenza sovietica.

Instabilità e interesse sovietico


Vuoti di potere caratterizzano i regimi dei paesi delineati già dagli Accordi Sykes-Picot
(1916):
- il Libano è preda di un’instabilità perenne a causa dell’intrinseca difficoltà dovuta alla
varietà di religioni e etnie
- le frontiere dell'Iraq sono nate con Accordi Sykes-Picot e il paese, che era stato
affidato agli Hashemiti, è instabile politicamente e deve fronteggiare la questione
curda e una maggioranza sciita (a fronte di una dirigenza sunnita)
- lo Yemen era un paese estremamente diviso in cui il processo di decolonizzazione
incontrava delle difficoltà
- in Arabia aveva sempre conosciuto logiche tribali e si assisterà allo scontro tra gli
Hashemiti, in cui gli inglesi avevano posto tante speranze, e i Saud che prenderanno il
dominio dell’Arabia Saudita
- in Siria, prima dell’avvento del Baath (che proponeva un modello di governo ibrido
con un socialismo volto al panarabismo), c’è un’instabilità perenne che porta in alcuni
momenti addirittura a 3 colpi di stato in un anno

In questi e in altri erano paesi, mai governatisi autonomamente e che avevano


ritagliato tutti gli spazi di autonomia secondo logiche tribali, c’è un’instabilità perenne
in cui anche la ricchezza derivante dal petrolio non consentiva di arrivare alla
diffusione del benessere -> avranno bisogno di un aiuto economico (es. quando
l’Egitto si sposta nuovamente verso gli Stati Uniti lo farà anche perché mosso da
precise necessità economiche: non è più in grado di tenere in piedi un costosissimo
conflitto costante con Israele, ha bisogno di riprendere i pozzi rimasti nel Sinai
occupato e gli introiti che vengono dal Canale di Suez).

-> l’instabilità è effettiva ovunque in Medio Oriente e i sovietici sono interessati a


favorirla (per un certo periodo ai sovietici non interessa che si giunga a un accordo di
pace tra Israele e il mondo arabo, che dovrebbe essere il nucleo fondamentale della
stabilità in Medio Oriente) perché per loro questa significa una minaccia diretta alle
posizioni americane e l’affaccio sul Mediterraneo dalle basi in Egitto è un punto
strategico fondamentale per i sovietici.

Il Medio Oriente ha la sfortuna di aver vissuto prima le politiche colonizzatrici


dell’Europa e poi la Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Interesse petrolifero
Gli americani tuttavia sono dei neofiti nella politica in Medio Oriente e sono gli inglesi gli
esperti formatisi in anni e anni di relazioni più o meno segreti. Gli americani, quando si
devono affidare a esperti di Medio Oriente, inizialmente possono solamente affidarsi a
coloro che negli Stati Uniti intrattengono rapporti economici con il Medio Oriente -> nella
fase iniziale il rapporto è viziato dal fatto che gli esperti di Medio Oriente per gli americani
siano i petrolieri: i rapporti economici con il Medio Oriente e con il mondo arabo sono
essenzialmente mediati da uomini condizionati dall’interesse economico americano nella
regione.

Gli Stati Uniti hanno delle fonti proprie e non sono, come spesso avviene per l’Europa,
quasi totalmente dipendenti dalle forniture di greggio del Medio Oriente ma in realtà è
chiaro che nel tempo, man mano che l’economia si lega sempre di più alle forniture di
petrolio, l’interesse americano è forte.
-> sempre più l’interesse petrolifero va a incidere, anche quando il greggio del mondo
arabo ricopre circa il 10% del fabbisogno americano.

Vincolo politico
Accanto all’interesse petrolifero, esiste anche il vincolo politico che lega gli Stati Uniti a
Israele: la lobby sionista al Congresso esiste e ha una capacità di condizionare la politica
americana.

La politica americana nei confronti del Medio Oriente non è comunque costantemente e
univocamente diretta al solo sostegno di Israele e sono molteplici i punti di vista che
vanno a formare le scelte americane (uno tra i quali è dettato dalle esigenze della Guerra
Fredda).

IL MONDO ARABO DOPO LA CRISI DI SUEZ

Panarabismo
Il discorso del panarabismo e il tentativo di unificare nasce dall’Egitto (Nasser in
particolare), con un elemento di coesione che non è quello religioso, ma il senso di
unità contro i principi della colonizzazione e contro Israele (esemplificazione dei una
nuova forma di neocolonialismo) -> l’antisionismo è uno degli elementi che fanno da
collante al panarabismo.

Il panarabismo nasce e cresce in una fase in cui ancora il percorso anti-coloniale non
è ancora definito: Nasser ha un ruolo importante nei movimenti di liberazioni, in
particolare in Algeria (ragione per cui venne detestato dai francesi, che si impegnarono
poi nell’impresa di Suez).

Egitto rinforzato
Il mondo arabo ha la capacità di digerire le sconfitte militare, che non si traducono
necessariamente in sconfitte politiche: il nasserismo esce rafforzato dalla Crisi di Suez.
L’Egitto nel ’56 si era visto sopraffare da forze coloniali (per quanto l’intervento anglo-
francese fosse di stampo vetero-coloniale a fronte del legittimo diritto egiziano di
nazionalizzare il canale) ma successivamente il controllo del canale passa agli egiziani e la
nazionalizzazione del canale è un principio che viene riconosciuto -> l’Egitto (e Nasser)
riesce ad affermare un ruolo rilevante di leadership che si accompagna alla leadership nel
Movimento dei Non Allineati.

Il Movimento dei Non Allineati chiarisce la logica di principio (il valore politico sarà relativo)
che vuole far presente l’impossibilità di allinearsi ideologicamente al blocco dei paesi
comunisti e la contestazione nei confronti degli Stati Uniti, considerati sempre di più come
portatori degli interessi occidentali (grande nemico dell’Egitto insieme al sionismo).

Repubblica Araba Unita (1958)


La spinta del panarabismo verso l’unificazione: l’Egitto porta avanti l’idea che sia
necessaria un’unificazione vera.
Nasce la Repubblica Araba Unita (1958), che dovrebbe vedere una prima coesione di
Egitto e Siria, ma non durerà tantissimo. Nel 1961, con il primo colpo di stato in Siria, c’è
la rottura di quest’unione e dei rapporti con l’Egitto: in realtà Nasser aveva sempre
pensato di unificare il mondo arabo, ma rigorosamente sotto la propria leadership -> il
peso del controllo e del dominio egiziano era troppo gravoso perché questo modello di
unificazione potesse funzionare.

Rivoluzioni e regimi autocratici in Siria, Iraq ed Egitto


Nei primi anni ’60 la Siria conosce un periodo di grande instabilità e in tutto il Medio
Oriente c’è un processo politico in divenire che cerca anche un’identità propria (oltre alla
necessità di creare un fronte comune contro Israele). In Iraq e in Sira avvengono le rivolte
dei liberi ufficiali: com’era accaduto in Egitto (dove Nasser era andato al potere ribaltando
Fārūq e costituendo un regime autocratico che aveva un’aspirazione politica interna ed
estera di grande respiro), in Iraq nel 1958 il colpo di mano dei liberi ufficiali elimina la
monarchia di Nuri al-Said.
Queste monarchie non erano mai riuscite ad attuare ciò che avrebbe potuto realmente
garantire una stabilità.

-> si arriva a una forma di panarabismo declinato secondo i criteri dei regimi ba'thisti (in
Iraq e in Siria) in cui via via si troverà una figura di leader dominante (Saddam in Iraq e
Assad in Siria), istituendo un regime totalmente dittatoriale. Anche al regime egiziano di
Sadat si rimprovera di aver sempre più orientato il sistema del paese verso un autocrazia
totale piuttosto che verso un processo di democratizzazione (il contrario rispetto a quella
che avrebbe potuto essere una naturale evoluzione).

Errore di fondo nella logica americana di Guerra Fredda


Gli americani capiscono nei primi anni ‘60 che il pericolo vero in Medio Oriente per i loro
interessi non è il comunismo (non funzionano le logiche della Guerra Fredda) e la forza
principale trainante è l'insorgente nazionalismo del mondo arabo, che non ha nulla a che
vedere con il comunismo e non vuole declinare in questa chiave i regimi del mondo arabo
(es. i leader del partito comunista in Egitto vengono fatti arrestare).
-> a penetrazione che viene dalla Guerra Fredda, corollario della Dottrina Eisenhower, non
fa che peggiorare le cose (non c’è una minaccia comunista).

Problema del non-riconoscimento


Sempre di più il problema della stabilità del Medio Oriente si collega al conflitto arabo-
israeliano (non c’è ancora in questa fase un conflitto Israele-Palestina e sono gli arabi che
si prendono in carico, con un dei messaggi fondamentali del panarabismo, il compito di
liberare la Palestina da una presenza considerata illegittima e coloniale).
Il dato del non-riconoscimento è fondamentale: nel mondo arabo nessuno riconosce a
Israele il diritto di esistere e agli ebrei di avere uno stato in Palestina (la cacciata degli
ebrei è considerata l’unica opzione).
-> gli spazi negoziali sono inesistenti.

Organizzazione per la Liberazione della Palestina


Nel 1964 nasce l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) nella quale
confluiscono una serie di movimenti (a partire da Al-fatah di Yasser Arafat) che non hanno
fino a ora fatto altro che organizzare una guerriglia che sfocia in atti di terrorismo (conflitto
asimmetrico).
L’OLP nasce sotto l’egida egiziana, per iniziativa dello stesso Nasser che in occasione
della Conferenza del Cairo vuole creare questa organizzazione che raduni tutta la
dissidenza palestinese proprio sotto patrocinio egiziano e siriano.

GUERRA DEI SEI GIORNI (1967)

Nel frattempo però la situazione dopo la crisi di Suez non può che essere totalmente
provvisoria perché in realtà c’è da parte dell’Egitto e del mondo arabo la volontà di
riuscire ad assestare finalmente un colpo militarmente efficace a Israele e tutta la
propaganda sul fronte interno evidenzia come l’obiettivo di vincere una guerra con Israele
sia un obiettivo fondamentale -> crescendo di tensione che determina la Guerra dei Sei
Giorni del (1967), conflitto arabo-israeliano successivo alla Crisi di Suez.
La Guerra dei Sei Giorni nasce come un’offensiva israeliana su 3 fronti:
- Sinai: contro l'Egitto
- Cisgiordania: contro la Giordania
- Alture del Golan: contro l’Egitto

Antefatti: guerra dell’acqua


Israele agisce perché da un mese ci si attende un attacco concentrico da parte di Egitto,
Siria e Giordania, di cui erano stati dati ampi segnali: una serie di incidenti legati alla
“guerra dell’acqua”.
Le Alture del Golan sono a Nord e, dal punto di vista strategico, il fatto che queste siano
controllate dai siriani costituisce un problema per gli israeliani perché vuol dire che dalle lì
possono essere tenuti nel mirino dai siriani.

Gli israeliani continuano nella loro attività di insediamento (cercando di razionalizzare


sempre di più il territorio che controllano) -> esiste un problema idrico e uno dei tanti
elementi di conflitto in Israele è il problema dell’acqua: nel momento in cui gli arabi
capiscono quanto le risorse d’acqua siano fondamentali agli ebrei (es. per irrigare il
Negev) cercano di deviare ile acque del Giordano, facendo mancare a Israele delle fonti
d’acqua primarie.
-> nella fase immediatamente antecedente alla Guerra dei Sei Giorni ci sono una serie di
incidenti militari perché ci sono dei lavori arabi per deviare le acque e dei puntuali attacchi
israeliani per impedire che questi lavori proseguano.

Vulnerabilità geografica di Israele


L’assetto fisico di Israele è percepito dagli stessi israeliani come vulnerabile a causa del
corridoio che si restringe nella parte Nord del paese, costituendo un punto di debolezza in
caso di attacco concentrico (e gli arabi puntano proprio a un attacco che circondi
completamente Israele).
L’intervento israeliano nella Crisi di Suez era teso a sbloccare una situazione ritenuta
insostenibile che vedeva Israele circondato e strozzato con la chiusura dello Stretto di
Tiran, che viene chiuso nuovamente a ridosso della Guerra dei Sei Giorni.

Nasser chiede a U Thant (Segretario Generale delle Nazioni Unite) di ritirare dal Sinai
contingenti della Nazioni Uniti e questo accorderà il permesso senza passare attraverso
particolari procedure, peraltro in una fase in cui Israele sente sempre più quanto pesino
all’interno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti le posizioni terzomondiste. Il
Movimento dei Non-Allineati ha da questo punto di vista una sua efficacia proprio perché
diventa anche il portatore degli interessi e del riscatto del Terzo Mondo (nell’Assemblea
Generale questi rappresentano dei voti).

Debolezza e sconfitta degli arabi


Il coordinamento politico-militare manca all’interno della Lega Araba, che è più un luogo
di identità politica più di principio che pratica, mentre l’esperimento che Nasser voleva
attuare era un’unione pratica.
-> gli arabi perdono la Guerra dei Sei Giorni perché manca un coordinamento militare e
non funziona lo Stato Maggiore congiunto tra Egitto e Siria (ognuno procede per conto
proprio in modo non coordinato): il punto debole di Israele è quello di essere
completamente circondato, ma le forze che lo circondavano non sono mai riuscite a
coordinate efficacemente dal punto di vista militare.
Gli israeliani riusciranno a portare a termine la guerra in soli sei giorni, e con la prima
azione militare distruggono quasi per intero l’aviazione egiziana senza che questa riesca
ad alzarsi in volo.
Prima della guerra in Israele c’era un panico crescente e gli israeliani erano convinti che
avrebbero subito un attacco militare che avrebbe potuto compromettere la loro esistenza.

Nazioni Unite e Stati Uniti


In questa fase Israele si sente particolarmente isolato:
- le Nazioni Uniti acconsentendo la richiesta di Nasser favoriscono moltissimo l’ingresso
degli egiziani (appena sono ritirati i contingenti, gli egiziani hanno il via libera per entrare
dal Sinai vero Israele)
- gli americani si stanno impegnando in Vietnam e il Medio Oriente è diventato uno
scenario secondario -> gli israeliani sentono anche di non poter contare con estrema
certezza sull’appoggio americano. Johnson peraltro aveva chiarito agli israeliani che non
sarebbero stati soltanto qualora non avessero agito da soli (l’aiuto americano non era
garantito in caso di iniziative avventate). In ogni caso, nel momento in cui Israele si trova
in una fase emergenziale si mettono in moto le lobby al Congresso e una serie di aiuti su
cui Israele può contare.

Ruolo Sovietico
I sovietici non vogliono garantire una pacificazione in Medio Oriente in questa fase, e anzi
alimentano la tensione tra i due avvisando l’un l’altro che dall’altra parte si sta preparando
qualcosa.

Attacco israeliano
Arrivando informazioni di varia entità, Israele vuole attuare un attacco preventivo che lo
metta al sicuro, pur rischiando di perdere qualche consenso perché si presenterebbe per
la prima volta sulla scena come stato aggressore (mentre nel ’56 poteva essere utilizzato il
pretesto dello Stretto di Tiran, che pure era stato chiuso di nuovo nonostante l’esplicito
divieto che era seguito alla Crisi di Suez senza che ci fosse un’azione internazionale
precedente alla guerra).

ESITO DELLA GUERRA DEI SEI GIORNI

Opzione delle terre contro sicurezza


Dopo l’offensiva israeliana nel Giugno del 1967 la situazione geopolitica si configura come
il fondamento dei problemi che perdurano tutt’oggi: la situazione dei territori occupati si è
creata nel 1967 quando, con una vittoria militare assoluta, gli israeliani sono riusciti a
prendersi e a occupare la Cisgiordania, le Alture del Golan e la Striscia di Gaza.
Nonostante le occupazioni dei territori, Israele non annette niente e la sua opzione politica
dichiarata dopo la Guerra dei Sei Giorni è l’idea di terre contro sicurezza: posti in una
situazione negoziale ottimale grazie all’occupazione dei territori, gli israeliani possono
negoziare da una posizione di forza (le alture del Golan e la Cisgiordania rappresentano
per Israele un accrescimento incredibile della propria sicurezza perché mettono una
distanza ottimale tra Israele e i propri nemici).

La posizione araba si riassume a partire dal ’67 nei “Tre NO di Khartum”: no al


riconoscimento, no alla pace, no al negoziato -> il mondo arabo ha fatto ormai della
visione di Israele come baluardo del neocolonialismo un elemento imprescindibile del
panarabismo (trattando con Israele tradirebbe il fondamento della politica estera del
panarabismo e del riscatto del mondo arabo).
-> le possibilità di negoziato sono pari a zero perché le posizioni arabe vengono anche
dalla rilevanza che la questione israeliana ha preso nel tempo, al punto da diventare la
questione centrale per tutti i possibili equilibri del Medio Oriente.

Con la Guerra dei Sei Giorni Israele si estende in tutto il Sinai comprendendo la Striscia di
Gaza, prende tutta la Cisgiordania e le Alture del Golan, e riesce finalmente a prendere
possesso delle parte orientale di Gerusalemme (relativamente alla quale la situazione
rimane impregiudicata).
-> Israele si estende con l’intento di ottenere una sicurezza assoluta, ma col
sopraggiungere del realismo si va a mettere in una situazione sempre più ingestibile.

Territori guadagnati con la Guerra dei Sei Giorni


Lo scambio di territori riguarda il Sinai:
- difficilmente gli israeliani possono pensare di ritirarsi dalle Alture del Golan (prendendo le
Alture del Golan la distanza tra Damasco e il confine israeliano diventa minima e dunque
la minaccia su Damasco consente a Israele di avere il deterrente necessario a garantirsi la
sicurezza contro la Siria, uno dei propri nemici)
- tenendo la Cisgiordania e la Striscia di Gaza (le più densamente popolate di villaggi
arabi), Israele va a occupare delle zone piene di palestinesi (arabi palestinesi) e, nel
momento in cui l’intenzione è quella di scambiare territori per riconoscimento e pace,
Israele considera questa situazione del tutto provvisoria e lascia i palestinesi in questa
situazione di stallo.

Il colpo del ’67 è stato un colpo terribile per l’Egitto che con la drammatica perdita del
Sinai si trova senza gli introiti del Canale di Suez (che rimarrà fuori uso per 7 anni). La
Giordania si trova senza tutta la Cisgiordania (perdita territoriale anche in questo caso non
indifferente).

Politica degli insediamenti


Sono i laburisti (e non le forze di destra come Likud che hanno sempre immaginato a una
contrapposizione netta con il mondo arabo) a iniziare la politica degli insediamenti
territoriali nei territori occupati.
-> il primo problema è che comincia a esserci un flusso di coloni ebrei che vanno a
collocarsi in territori che dovrebbero essere un domani oggetto di un possibile negoziato.

Il fatto che questi territori non siano annessi significa che lo status degli arabi palestinesi
non prevede la cittadinanza (che invece era stata concessa agli arabi palestinesi che
vivevano nelle zone assegnate a Israele in precedenza).
-> in questa fase i laburisti (secondo un’idea di Peres e Rabin) si apprestano a favorire
una qualche forma di autonomia: con delle elezioni municipali si pensa di consentire una
sorta di autogoverno municipale, sempre sotto autorità israeliana.

Risoluzione 242
La risoluzione delle Nazioni Unite che segue la Guerra dei Sei Giorni è la 242 che prevede
che ci sia un ritiro israeliano dai territori occupati e un riconoscimento reciproco con
reciproca garanzia alle frontiere.

Ci sono tuttavia delle ambiguità costruttive dovute al fatto che c’è una versione francese e
una versione inglese: una recita “ritiro da territori occupati”, l’altra “ritiro dai territori
occupati”: una risoluzione sembra indicare che può esserci un ritiro parziale, l’altra invece
che deve esserci un ritiro da tutti i territori occupati.
-> sul piano negoziale ci si muove su un terreno fragile e nemmeno per le forze che non
sono direttamente coinvolte è facile lavorare sulla materia.

IDENTITÀ POLITICA PALESTINESE E RAPPORTI CON GLI ARABI

Cacciata dei palestinesi dalla Giordania


L’OLP è nata nel 1964 ma sempre di più i palestinesi cercano di darsi un’identità propria,
che sia anche politica: molti profughi palestinesi si dirigono verso la Giordania,
costituendo una sorta di enclave che nel Settembre 1970, dopo che la monarchia
Hashemita si accorge che ci sono stati dei tentativi palestinesi di uccidere il re, diventa
oggetto di un’azione militare giordana -> i palestinesi vengono cacciati dalla Giordania
(Settembre Nero).

I palestinesi cominciano a diventare un grosso problema da gestire anche per il mondo


arabo perché cercano di trovare una propria struttura militare e, nel momento in cui
questo avviene all’interno di un altro paese, tutti gli attacchi rivolti a comandi palestinesi
avvengono su territori di un altro paese -> la Giordania si libera delle basi militari
palestinesi perché altrimenti diventa troppo vulnerabile rispetto agli attacchi israeliani (i
palestinesi potrebbero decidere come e quando la Giordania entra in guerra con Israele).

-> la Giordania, il cui territorio è immediatamente limitrofo, è il paese che maggiormente


ha fatto fronte all’emergenza dei rifugiati palestinesi ma poi subito reagito per prima con
grandissima violenza.

Palestinesi in Libano
I palestinesi cacciati dalla Giordania tenderanno a spargersi, ma la maggior parte dei loro
insediamenti sarà in Libano: un’altra situazione fortemente instabile si presta alla
costituzione di un’ulteriore enclave, dove è lasciato un margine di manovra maggiore alla
struttura politica e militare palestinese.

Relazioni del mondo arabo con i palestinesi


Il fatto di lasciare i palestinesi in una condizione di instabilità e di esuli perenni ha giovato
allo stesso mondo arabo (l’unico paese che dà la cittadinanza ai palestinesi è la
Giordania): dare la cittadinanza può significare un’accettazione dello stato di fatto di una
popolazione che non riuscirà più ad avere il proprio territorio.
-> la necessità identitaria palestinese nasce nel momento in cui gli arabi di Palestina si
trovano scacciati.

I palestinesi vengono tenuti in una condizione di perenne instabilità perché questo


consente di avere uno strumento di manovra e perché gli arabi hanno difficoltà a farsi
direttamente carico di una presenza che nel tempo rischia di farsi politicamente
ingombrante (gli israeliani intervengono in Libano nel 1982 con l’Operazione Pace in
Galilea proprio perché vogliono andare a cancellare la minaccia palestinese che viene dal
Libano).
-> ogni stato all’interno del quale i palestinesi vanno a insediarsi come struttura politico-
militare è a rischio di instabilità e di attacco israeliano.

I profughi come tali vengono accolti quasi ovunque, ma diverso sarebbe dare loro la
cittadinanza (che significherebbe stabilizzare la situazione).

Anche all’interno del mondo arabo comincia a crearsi una situazione sempre più
complessa.

Terrorismo internazionale
La situazione di grande rafforzamento strategico per Israele è comunque di instabilità e
potrebbe avere un esito solo se si avviasse una trattativa, ma non ci sono interlocutori per
questa trattativa.
Per i palestinesi l’unica arma è il terrorismo, che all’inizio degli anni ’70 viene sempre più
declinato in chiave internazionale (attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972;
dirottamenti), da cui Arafat prenderà le distanze soltanto nel ’73-’74, quando si rende
conto che lo strumento del terrorismo internazionale (che coinvolge l’Occidente) rischia di
essere un fattore controproducente che può non giovare alla lotta del movimento
palestinese.

Connotazione laica del movimento di liberazione


Il movimento di liberazione della Palestina non ha in questa fase una caratterizzazione
islamica: non è ancora l’elemento islamista che ha preso il controllo della lotta e lo
diventerà negli anni ’80 soprattutto dopo le operazioni israeliane in Libano, quando
saranno i movimenti di estremismo religioso che riusciranno a prendere il controllo della
lotta di resistenza dei palestinesi (a fonte anche del fallimento dell’OLP)
-> la connotazione dell’OLP non è necessariamente islamista o fondamentalista (Arafat
sposerà una cristiana e Habash, leader di uno dei movimenti dell’OLP, era cristiano) e il
legame tra movimenti di liberazione e islamismo è un passaggio successivo.

Successivo è anche l’ondata di islamismo che prende piede in Egitto nel momento in cui
si registra via via il fallimento politico delle autorità laiche (OLP; politica interna di Sadat in
Egitto, che prima cerca la convivenza con i Fratelli Musulmani ma poi si trova contro tutto
l’estremismo islamico).

GUERRA DELLO YOM KIPPUR (1973)

Attacco egiziano e sfondamento della linea Bar-Lev


La situazione non può che portare a nuovi conflitti, e nell’Ottobre del 1973 c’è la Guerra
dello Yom Kippur: tentativo egiziano di cogliere di sorpresa gli israeliani nel giorno della
loro festa più importante.
L’attacco riesce perché di fatto gli egiziani riescono ad attraversare il Canale di Suez e a
sfondare la Linea Bar-Lev, che veniva considerata la linea difensiva invalicabile dello stato
di Israele -> gli israeliani assistono all’immediato avanzamento e si pensa che questi
possano inizialmente cedere.

Obiettivo americano di recuperare posizioni in Medio Oriente


Gli americani vengono posti ancora una volta di fronte alla necessità di scegliere cosa
fare: l’Unione Sovietica ha preso posizione aiutando militarmente le forze arabe con
grande efficacia, ma gli americani esistano a farsi coinvolgere militarmente in maniera
diretta (invio immediato di armi, strumentazioni e risorse di cui Israele ha assoluto bisogno
nel lungo periodo).

Kissinger, che ha un’idea piuttosto chiara di quella che dorrebbe essere la politica
americana in Medio Oriente, benché sia lui stesso ebreo, non è convinto che Israele
debba infliggere una sconfitta schiacciante all’Egitto: Kissinger sa che la politica
americana deve sostenere e tenere in vita Israele, ma anche che è necessario arrivare a
una trattativa per la quale è necessario che l’Egitto non abbia subito un’umiliazione che gli
impedirebbe di trovare spazi di trattativa.

Kissinger è convinto anche che questa sia la politica che può portare gli Stati Uniti a
ritrovare un ruolo dominante in Medio Oriente (scalzando l’Unione Sovietica) -> riportare
l’Egitto al tavolo delle trattative può significare che il ruolo americano nei confronti del
mondo arabo possa modificarsi riguadagnano nei confronti dei paesi arabi le proprie
posizioni, ripristinando un miglior rapporto con l’Egitto e così scalzando definitivamente i
sovietici.
-> il piano di Kissinger si realizza: nel momento in cui gli americani riescono a ritrovare un
minimo di equilibrio in Medio Oriente e a portare gli egiziani al tavolo delle trattative con
Israele, riescono anche a riguadagnare delle posizioni.

Forza del petrolio


In questa fase tuttavia l'azione americana non è scontata perché gli arabi si rendono
conto per la prima volta nel 1973 che possono usare la potente arma del petrolio.
All’interno del cartello dei paesi produttori di petrolio (OPEC) si sta discutendo già da
qualche tempo di arrivare a un rialzo dei prezzi del greggio: una politica di cartello è
estremamente efficace perché il mercato si deve necessariamente adeguare.

Gli Stati Uniti sono dipendenti dal petrolio arabo solo per una minima parte del loro
fabbisogno, ma gli europei e il Giappone lo sono per oltre il 50% -> un aumento del
prezzo del greggio ha un effetto non solo come risorsa energetica ma anche su tutti i costi
di produzione (e su tutti i prezzi), causando il rischio di arrivare a processi che incidano
pesantemente sul mercato monetario globale.

Per gli Stati Uniti c’è una duplice minaccia: il fabbisogno per la produzione ma anche la
risposta alla crisi monetaria in cui si verrebbe a trovare l’Europa (con effetti
necessariamente anche sugli Stati Uniti).
All’interno del Dipartimento di Stato si predica prudenza rispetto a una politica di grande
sostegno a Israele (in Iraq vengono nazionalizzate la Exxon e la Shell).

-> in questa fase le politiche si giocano sulla capacità araba di incidere direttamente sulle
politiche monetarie occidentali. Anche gli americani sentono a questo punto che gli arabi
hanno uno strumento di pressione che prima non era così ben coordinato.

Vittoria militare israeliana e successo politico egiziano (Risoluzione 338)


Kissinger alla fine riesce a vincere le resistenze del Pentagono e del Dipartimento di Stato
e organizza il ponte aereo verso Israele (forniture di materie prime e di armi) che consente
agli israeliani ancora una volta di riportare una vittoria militare sull’Egitto.
L’Egitto di Sadat continua comunque a questo punto ad avere un ruolo di leadership
all’interno del mondo arabo, costruito sullo sfondamento inflitto agli israeliani a Bar-Lev ->
la sconfitta militare diventa in parte successo politico.

Sadat, che si era trovato in un vicolo cieco, per arrivare a delle trattative era riuscito a
muovere le cose attraverso un intervento militare -> la Risoluzione 338 delle Nazioni Uniti
riconferma la 242, richiamando i belligeranti alla necessità di arrivare a un negoziato.

Si apre un lungo periodo in cui Kissinger è il protagonista fondamentale di una politica


che vede gli Stati Uniti coinvolti in maniera massiccia, con l’idea che il Medio Oriente
costituisca un'emergenza e che bisogni arrivare a un processo di pace.
OLP E ISRAELE DOPO LA GUERRA

Crescente considerazione politica dell'OLP


L’OLP rivede nel 1973 le proprie posizioni circa la lotta armata internazionale e si scioglie
l’organizzazione Settembre Nero che aveva organizzato l’uccisione degli atleti israeliani a
Monaco.

Nel 1974 Arafat si pronuncia contro il terrorismo internazionale e in Ottobre l’OLP viene
riconosciuta (non da Israele) come un organo rappresentativo dei palestinesi e viene
ammessa alle Nazioni Unite come osservatore.
OLP e israeliani sono ancora lontani da una trattativa: le delegazioni israeliane non sono
presenti dove sono presenti delegazioni dell’OLP.

-> c’è via via una crescente considerazione politica nei confronti dell’OLP ma ancora non
un dialogo con Israele.

Necessità egiziana di trattare e Likud al potere


A questo punto a trattare con Israele può essere l’Egitto, che ha necessità di mettere fine
all’onere derivante dal non riuscire a riappropriarsi dei territori perduti del Sinai e all’onere
politico che deriva dalla situazione -> Sadat prende l’iniziativa.

Nel 1977 la politica condotta fino a quel momento da Israele conosce una fase di
indebolimento: i laburisti perdono le elezioni e va al potere Likud di Menachem Begin (che
era stato capo dell’Irgun). Likud è un partito conservatore legato a una visione più rigida
dei rapporti tra arabi e israeliani.

Sarà comunque proprio Menachem Begin il protagonista della trattativa con l’Egitto
(Sadat chiede di recarsi a Gerusalemme e parla di fronte al Knesset).

ACCORDI DI CAMP DAVID (1979)

Jimmy Carter, che aveva dovuto assorbire i colpi derivanti dalla fine della distensione e
gestire lo sgretolamento delle posizioni americane soprattutto in riferimento alla crisi
iraniana, è il presidente che si prende in carico il difficilissimo negoziato di pace tra Egitto
e Israele.
A Camp David inizia il lunghissimo negoziato in cui la presidenza degli Stati Uniti si sforza
il più possibile di essere super partes (meno filo-israeliana della precedente presidenza
Ford, benché Camp David abbia una certa continuità dal momento che ad adoperarsi per
il negoziato tra arabi e israeliani è proprio Kissinger).

Riavvicinamento americano all’Egitto e esclusione dei sovietici dal Medio Oriente


A Camp David, nella pace tra Egitto e Israele, si dovrebbe registrare un punto di equilibrio:
la pace restituisce il Sinai all’Egitto, che ritrova anche una certa stabilità sul fronte interno
grazie a un flusso di finanziamenti che partono dagli Stati Uniti.
-> l’Egitto si avvia a diventare di nuovo un baluardo delle posizioni americane in Medio
Oriente.

Nel 1979, nella fase declinante della distensione, i sovietici vengono scalzati dal Medio
Oriente attraverso gli Accordi di Camp David (rimangono solo i baluardi della Siria e dello
Yemen).
Conseguenze nei rapporti tra Egitto e arabi
Non viene comunque risolto il problema fondamentale: quando l’Egitto firma la pace con
Israele, viene recepito dai palestinesi come il paese che firma una pace per sé (per avere il
Sinai) ma che in realtà non riesce a trovare nessun accordo sulle questioni che riguardano
principalmente i palestinesi: Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme -> i punti fondamentali
della questione tra palestinesi e israeliani vengono rimandati a ulteriori trattati.

L’Egitto viene cacciato dalla Lega Araba dopo Camp David e Sadat diventa un “traditore”
della causa dell’anti-sionismo nel mondo arabo (Sadat verrà ucciso in un attentato, anche
a causa dell’ostilità che aveva suscitato negli integralisti sul fronte interno).

-> Camp David risolve una posizione americana in Medio Oriente e la potenziale minaccia
egiziana per Israele (che riesce ad assestarsi in una situazione meno emergenziale), ma di
fatto mentre Begin tratta con Sadat continuano gli insediamenti e la contraddittoria
politica israeliana nei confronti dei territori occupati.

GUERRE ISRAELE-LIBANO

Negli anni ’80 con l’Operazione Pace in Galilea si evidenziano i problemi che vengono
dalla necessità di Israele di far fronte a una minaccia che sempre più si caratterizza
nell'OLP strettamente palestinese -> non si parla più di conflitto arabo-israeliano ma di
conflitto tra israeliani e palestinesi.

Operazione Litani (1978) e Operazione Pace in Galilea (1982)


Gli israeliani entrano in Libano perché vogliono eliminare le postazioni militari dalle quali i
palestinesi attaccavano la parte Nord di Israele, creando una parte tranquilla nel Sud del
Libano.
Alcuni ritengono che Israele volesse tornare alla vecchia rivendicazione che lo vedeva
arrivare fino al fiume Litani (Operazione Litani), per portare il confine fino alla zona a
maggioranza cristiana maronita del Libano, che era interpretata dalla dirigenza israeliana
come potenziale alleato, e in quella fase aveva il comune interesse a scansare le posizioni
della Siria (che fino a quel momento aveva costituito la pax libanese).

Se Israele vede all’inizio la pacificazione libanese attraverso la pax siriana come una
possibilità, successivamente la ritiene una minaccia -> interviene con l’Operazione Pace
in Galilea.

L’operazione diventa un problema per Israele perché si trova coinvolta in complesse


operazioni militari: l’assedio di Beirut dura 70 giorni e il Massacro di Sabra e Shatila avvia
in Israele un processo contro Sharon per capire quali fossero le responsabilità israeliane
nel massacro perpetuato dai frangiati libanesi.
-> comincia a venir meno l’immagine di Israele costantemente nella parte del giusto (e
questo causa anche una crisi interna con le proteste che seguiranno il Massacro di Sabra
a Shatila).

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