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Come i quiz di matematica anche quelli di fisica sono una parte non molto con-
sistente del test di ammissione. Ciò però non toglie nulla alla loro importanza ai
fini del risultato complessivo della prova, della quale, come già osservato per i
quiz di matematica, potrebbero rappresentare una componente fondamentale
per la sua felice riuscita.
Per ogni argomento di teoria, che viene trattato, vengono svolti una serie più o
meno consistente di esempi, con lo scopo di fornire un aiuto adeguato alla com-
prensione dei concetti svolti nella parte teorica.
Vengono anche presentati numerosissimi testi dei quiz ottenuti dalle prove di
ammissione degli anni precedenti, per ciacuno dei quali si rimanda sempre al
relativo paragrafo di teoria e si dà quasi sempre lo svolgimento.
����⃗
𝑽𝒚 ��⃗
𝑽
𝜶
����⃗𝒙
𝑽
Come si vede dal disegno, tali componenti, che sono ancora vettori, sono le proiezioni del vet-
tore sull’asse delle ascisse e sull’asse delle ordinate. È immediato che:
𝑽𝒚
𝑽𝒙 = 𝑽𝒄𝒐𝒔𝜶; 𝑽𝒚 = 𝑽𝒔𝒆𝒏𝜶; 𝑽𝟐𝒙 + 𝑽𝟐𝒚 = 𝑽𝟐 = 𝒕𝒈𝜶
𝑽𝒙
(Nelle espressioni di cui sopra il simbolo V non sovrastato da una freccia indica il modulo, o
intensità, del vettore: se il simbolo è sovrastato dalla freccia allora indica propriamente il vet-
tore).
A titolo d’esempio, se le componenti di un vettore spostamento valgono ����⃗ 𝑺𝒙 = 𝟎, 𝟓 𝒎 ed
√𝟑
√𝟑 𝝅
����⃗
𝑺𝒚 = 𝟐 𝒎, sarà 𝑺 = �𝟎, 𝟐𝟓 + 𝟎, 𝟕𝟓 = √𝟏 = 𝟏 𝒎 e 𝟐
𝟏 = 𝒕𝒈𝜶 = √𝟑 e 𝒂𝒓𝒄𝒕𝒈√𝟑 = = 𝟔𝟎°.
𝟑
𝟐
103. Sulle grandezze fisiche sono realizzabili una serie di operazioni algebriche.
Gli scalari si possono addizionare o sottrarre purchè siano tra loro omogenei e siano espressi
con la stessa unità di misura (non ha senso addizionare un tempo ad una lunghezza o sottrar-
re una massa da un volume). Gli scalari poi possono essere moltiplicati, o divisi, per costanti
numeriche o per altri scalari, omogenei o meno. Quindi, per esempio, sarà:
3,5 m + 2,5 m = 6 m;
𝟎, 𝟔 𝒅𝒎𝟑 − 𝟏𝟓 𝒄𝒎𝟑 = 𝟔 ∙ 𝟏𝟎−𝟒 𝒎𝟑 − 𝟏, 𝟓 ∙ 𝟏𝟎−𝟓 𝒎𝟑 = 𝟓, 𝟖𝟓 ∙ 𝟏𝟎−𝟒 𝒎𝟑 ;
𝟖, 𝟐 𝒌𝒈 ∶ 𝟒 = 𝟐, 𝟎𝟓 𝒌𝒈;
𝟒𝟓 𝒔 ∶ 𝟓 = 𝟗 𝒔;
𝟑 𝒌𝒈 ∙ 𝟖 𝒎 = 𝟐𝟒 𝒌𝒈 ∙ 𝒎;
𝟔 𝑵 ∙ 𝟑𝟎 𝒔 = 𝟏𝟖𝟎 𝑵 ∙ 𝒔;
𝒎
𝟐𝟒𝟎 𝒎 ∶ 𝟒𝟎 𝒔 = 𝟔 𝒔 ;
𝒎 𝒎
𝟏𝟗, 𝟔 𝒔
∶ 𝟐 𝒔 = 𝟗, 𝟖 𝒔𝟐 .
I vettori si possono addizionare o sottrarre solo se riguardano grandezze omogenee, ma per
essi va tenuto conto della direzione e del verso. Usando il metodo grafico due o più vettori si
sommano “testa – coda”, disegnandoli cioè in modo che la “coda” del secondo coincida con la
“testa” del primo: unendo la coda del primo con la testa del secondo si ottiene il vettore som-
ma (ripetendo l’operazione si possono sommare quanti vettori si vogliono). Chiariamo con un
�⃗ + 𝑩
esempio grafico: 𝑨 �⃗
��⃗ = 𝑪
�𝑨⃗ + �𝑩
�⃗ => => = �⃗
𝑪
Come risulta dal disegno il “vettore somma” è la diagonale del parallelogramma che ha per
lati i due vettori “addendi”(regola del parallelogramma).
Il “vettore differenza” tra due vettori dati si ottiene trovando un vettore che sommato al sot-
traendo dia il minuendo: �𝑨 ��⃗ = �𝑪⃗ e quindi �𝑨
�⃗ − 𝑩 �⃗ = 𝑩
�⃗ + 𝑪 ��⃗ . Graficamente si può ancora usare
la “regola del parallelogramma” con l’avvertenza che il vettore da sottrarre va disegnato in-
vertendone il verso
�𝑨⃗ – �𝑩
�⃗ => => �⃗
= 𝑪
Il vettore somma o differenza di due o più vettori può eventualmente essere ricavato somman-
do vettorialmente le loro componenti lungo i due assi cartesiani. Per la somma, o la differenza
di due vettori �𝑨
�⃗ ± 𝑩 �⃗ si ha:
��⃗ = 𝑪
�����⃗
𝑪𝒚
����⃗
𝑨𝒙 + 𝑩�����⃗𝒙 = ����⃗
𝑪𝒙 ; ����⃗ 𝑩𝒚 = ����⃗
𝑨𝒚 + �����⃗ 𝑪𝒚 e = 𝒕𝒈𝜶
����⃗
𝑪𝒙
�����⃗
𝑩𝒚
����⃗
𝑪𝒚
����⃗
𝑨𝒚
����⃗
𝑨𝒙 �����⃗
𝑩𝒙
����⃗
𝑪𝒙
Moltiplicando oppure dividendo un vettore per un numero n si ottiene un vettore con la stessa
direzione e lo stesso verso del vettore di partenza e la cui intensità è n volte maggiore, o, ri-
spettivamente, n volte minore.
É definito anche il prodotto tra due vettori, che può essere un prodotto scalare o vettoriale. Ai
nostri scopi è utile definire solo il primo dei due che dà come risultato uno scalare il cui valore
è dato dal prodotto dei moduli dei due vettori per il coseno dell’angolo minimo che consente di
portare uno dei due sull’altro.
�𝑨
�⃗
�𝑨⃗ ∙ �𝑩
�⃗ = 𝑨 ∙ 𝑩 ∙ 𝒄𝒐𝒔𝜽
θ 𝑨 ∙ 𝑩𝒄𝒐𝒔𝜽 𝑨 ∙ 𝒄𝒐𝒔𝜽
𝑨 ∙ 𝒄𝒐𝒔𝜽
��⃗
𝑩 B
1) Quale, tra quelle di seguito elencate, non è l’unità di misura di una grandezza fondamen-
tale del S. I. ?
A) mole
B) ampere
C) kelvin
D) coulomb
E) secondo
R: D 100
2) Nel Sistema Internazionale l’unità di misura dell’angolo piano è:
A) il grado sessagesimale
B) il grado centesimale
C) il radiante
D) lo steradiante
E) il grado centigrado
R: C 100
3) 2,5 MW corrispondono a:
A) 2.500 W
B) 25.000 W
C) 25.000.000 W
D) 2.500.000 W
E) 250.000 W
R: D 100
̈ ̈
4) Se 1 𝑨𝒎𝒔𝒕𝒓𝒐𝒏𝒈 (𝑨) corrisponde a 10 – 10 ̈
m a quanti nm corrisponderanno 0,59 𝑨?
A) 0,059
B) 0,59
C) 5,9
D) 59
E) 0,0059.
R: C 101
3
5) Ricordando che 1 L equivale praticamente ad 1 dm quanti microlitri saranno contenuti in
0,5 m 3?
A) 𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟗
B) 𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟖
C) 𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟕
D) 𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟔
E) 𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟓
R. B 101
6) Quale tra le grandezze fisiche sottoelencate è uno scalare?
A) la durata
B) la velocità
C) la forza centrifuga
D) lo spostamento
E) l’accelerazione
R. A 102
7) Quale tra le seguenti grandezze fisiche è un vettore?
A) carica elettrica
B) pressione
C) numero di moli
D) potenza
E) quantità di moto.
R. E 102
8) I moduli delle due componenti di un vettore applicato nell’origine di un sistema di assi
cartesiani sono 𝑽𝒙 = 𝑽𝒚 = 𝟐√𝟐. Il vettore:
A) ha modulo 4 e forma un angolo di 45° con l’asse delle x;
B) ha modulo 4 e forma un angolo di 135° con l’asse delle x;
C) ha modulo 4 e forma un angolo di 225° con l’asse delle x;
D) ha modulo 4 e forma un angolo di 315° con l’asse delle x;
E) ha modulo 2 e forma un angolo di 45° con l’asse delle x.
R. A. 102
9) Data la coppia di vettori in figura
A) B) C)
D) E)
R. B 103
�
�⃗ ��⃗
10) Dato il prodotto scalare 𝑨 ∙ 𝑩 in cui A = 2u, B = 3v, in cui u e v sono le unità dimisura delle
due diverse grandezze, e l’angolo tra i due vettori vale 180°, il risultato sarà:
A) un vettore di modulo 6uv
B) un vettore di modulo – 6uv
C) uno scalare di modulo 6uv
D) uno scalare di modulo – 6uv
E) non ha senso il prodotto scalare tra grandezze eterogenee.
R. B 103
Cinematica del punto materiale Velocità Accelerazione Moto rettilineo uniformemente accelerato Caduta libera
104. Si dice che un punto si sposta se cambia nel tempo la sua distanza da un punto fisso di ri-
ferimento, per esempio l’origine di un sistema di assi cartesiani ortogonali. Lo spostamento si
può rappresentare tramite un vettore che vada dal punto iniziale a quello finale dello sposta-
mento. La traiettoria invece rappresenta l’insieme delle posizioni toccate dal punto nel suo
spostamento e non coincide necessariamente con la congiungente la posizione iniziale e quella
finale:
105. Se un punto si muove su una traiettoria percorrendo in un tempo t uno spazio s si defini-
sce velocità media del punto il rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo impiegato per per-
∆𝒔
�=
correrlo: 𝒗 .
∆𝒕
𝒔𝟐 −𝒔𝟏
���𝟏 =
𝒗 𝒕𝟐 −𝒕𝟏
𝒔𝟑 −𝒔𝟐
s1 s2 s5 ���
𝒗𝟐 = 𝒕𝟑 −𝒕𝟐
s3 s4 t5
𝒔𝟒 −𝒔𝟑
t1 t2 ���
𝒗𝟑 = 𝒕𝟒 −𝒕𝟑
t3 t4
𝒔𝟓 −𝒔𝟒
���
𝒗𝟒 = 𝒕𝟓 −𝒕𝟒
Se si prendono degli intervalli di tempi sempre più piccoli si ottiene la velocità istantanea del
𝚫𝒔
punto in un certo istante del suo spostamento: 𝒗 = 𝐥𝐢𝐦∆𝒕→𝟎 𝚫𝒕 . La definizione così come è sta-
ta data è quella del modulo dela velocità, la cosiddetta velocità scalare. Va tenuto conto che la
velocità è un vettore che ha la stessa direzione e verso del vettore spostamento. Così, per esem-
pio, se un punto si sposta, su una traiettoria rettilinea e verso nord di 750 m in 15 s la sua velo-
𝟕𝟓𝟎
cità sarà data da: 𝟏𝟓 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 = 𝟓𝟎𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 verso nord.
Nel sistema internazionale la velocità si misura in 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 ma spesso viene impiegata l’unità
correlata 𝒌𝒎 ∙ 𝒉−𝟏 . Tenendo conto che 1 km = 1000 m e che in un’ora ci sono 3600 s è facile
𝟏𝟎𝟎𝟎𝒎 𝟏
dimostrare che 𝟏 𝒌𝒎 ∙ 𝒉−𝟏 = 𝟑𝟔𝟎𝟎𝒔 = 𝟑,𝟔 = 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 = 𝟎, 𝟐𝟖 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 e che, in maniera del tutto
𝟎,𝟎𝟎𝟏𝒌𝒎
simmetrica 𝟏 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 = 𝟏 = 𝟎, 𝟎𝟎𝟏 ∙ 𝟑𝟔𝟎𝟎 𝒌𝒎 ∙ 𝒉−𝟏 = 𝟑, 𝟔 𝒌𝒎 ∙ 𝒉−𝟏 .
𝒉
𝟑𝟔𝟎𝟎
Così, per esempio, una velocità di 24 km orari corrisponde a 𝟐𝟒: 𝟑, 𝟔 = 𝟔, 𝟔𝟕𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 mentre
𝟒𝟎 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 equivarranno a 𝟒𝟎 ∙ 𝟑, 𝟔 = 𝟏𝟒𝟒 𝒌𝒎 ∙ 𝒉−𝟏 .
106. Se un punto si muove su una traiettoria rettilinea con velocità costante il suo moto si dice
moto rettilineo uniforme. L’equazione che lega lo spazio percorso ed il tempo, la cosiddetta e-
quazione oraria, in questo semplice caso ha la forma: 𝒙 = 𝒙𝟎 + 𝒗 ∙ 𝒕 in cui x0 è lo spazio even-
tualmente già percorso quando si inizia a contare il tempo, v la velo-cità costante e t il tempo
trascorso dall’inizio dello spostamento.
Quindi, per esempio, se un oggetto si muove di moto rettilineo uniforme, partendo da una po-
sizione che disti 4 m da un punto di riferimento ed allontanandosi da esso, con una velocità di
𝟔 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 , dopo 5 s la sua distanza dal punto di riferimento sarà 𝒙 = 𝟒𝒎 + 𝟔𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 ∙ 𝟓𝒔 =
𝟑𝟒 𝒎.
Ancora, se un ciclista deve compiere 8 giri su una pista circolare lunga 560 m alla velocità me-
𝒙 𝟓𝟔𝟎𝒎 ∙ 𝟖
dia di 36 km orari il tempo impiegato sarà 𝒕 = 𝒗 = 𝟑𝟔𝒌𝒎∙𝒉−𝟏 = 𝟒𝟒𝟖 𝒔 =
:𝟑,𝟔 𝒔∙𝒎−𝟏 ∙𝒌𝒎∙𝒉−𝟏
𝟕𝒎𝒊𝒏 𝟐𝟖𝒔.
In un piano spazio/tempo l’equazione oraria di un moto rettilineo uniforme corrisponde ad u-
na retta la cui rappresentazione può essere utilizzata per la visualizzazione di semplici proble-
mi. Dati per esempio due treni che percorrano un binario congiungente due stazioni distanti
12 Km i quali, partiti contemporaneamente, viaggino l’uno in verso contrario all’altro con ve-
locità costanti pari a 72 ed a 108 km orari rispettivamente, calcoliamo quanto tempo impie-
gheranno per incontrarsi, e a quale distanza tra le due stazioni.
Indicando con x km il percorso fatto dal treno più veloce, il percorso fatto dall’altro sarà (12 –
x) km ed i tempi necessari saranno x/108 h e (12 – x)/72 h. Ovviamente questi due tempi deb-
𝒙 𝟏𝟐−𝒙
bono coincidere e quindi 𝟏𝟎𝟖 = 𝟕𝟐 ; risolvendo si ha 72x = 1296 – 108x da cui x = 1296/180 =
7,2 km che è la distanza dalla stazione da cui è partito il treno piu veloce.
Il tempo è dato da 7,2 km : 108 km h – 1 (o, che è lo stesso, 4,8 km : 72 km h – 1) che dà 0,0667 h
cioè 0,0667 ∙ 60 = 4 min. Graficamente il problema si può rappresentare come segue:
x/km
12
11
10 x = - 72 t +12 x = 108 t
09
08
07 7,2 km
06
05
04 108 km h – 1 72 km h – 1
03
02
01
00
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 t/s
La diversa pendenza delle due rette dipende dalla diversa velocità dei due treni: si ha velocità
maggiore in corrispondenza della retta che che ha coefficiente angolare maggiore.
107. L’accelerazione media indica la variazione di velocità in un dato intervallo di tempo ed è
∆𝒗
definita come 𝒂� = ; si misura in 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 . Quindi se un punto viaggia alla velocità iniziale di
∆𝒕
𝟏𝟖𝒎𝒔−𝟏 e dopo 5 s la sua velocità è scesa a 𝟖𝒎𝒔−𝟏 l’accelerazione relativa sarà:
(𝟖−𝟏𝟖)𝒎∙𝒔−𝟏
�=
𝒂 = −𝟐𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 in cui il segno negativo intende che l’accelerazione (decelerazio-
𝟓𝒔
ne) fa diminuire la velocità. Anche l’accelerazione è un vettore il cui valore istantaneo si può
𝚫𝒗
ottenere considerando un intervallo di tempo infinitesimo: 𝒂 = 𝐥𝐢𝐦∆𝒕→𝟎 𝚫𝒕 .
108. Qualora per un moto rettilineo l’accelerazione sia costante esso viene definito moto retti-
lineo uniformemente accelerato e per esso sono valide le seguenti equazioni:
𝟏
𝒙𝒕 = 𝒙𝟎 + 𝒗𝟎 𝒕 ± 𝟐 𝒂𝒕𝟐 equazione oraria: lo spazio percorso al tempo t è uguale allo spazio già
percorso aumentato del prodotto della velocità iniziale per il tempo ed aumentato o diminuito
della metà del prodotto dell’accelerazione per il quadrato del tempo;
𝒗 +𝒗
𝒙𝒕 = 𝒙𝟎 + 𝟎 𝟐 𝒕 𝒕 lo spazio percorso al tempo t è uguale allo spazio già percorso aumen-
tato del prodotto della velocità media per il tempo;
𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 ± 𝒂𝒕 la velocità al tempo t è uguale alla velocità iniziale aumentata o dimi-
nuita del prodotto dell’accelerazione per il tempo;
𝒗𝟐𝒕 − 𝒗𝟐𝟎 = 𝟐𝒂𝒙𝒕 la differenza tra i quadrati delle velocità finale ed iniziale sono uguali
al doppio prodotto dell’accelerazione per lo spazio percorso.
N.B. Dall’ultima equazione è facile ricavare la velocità di arrivo al suolo di un grave che cada
partendo da fermo da un’ altezza h. Siccome v0 = 0 e xt = h si ha 𝒗𝟐𝒕 = 𝟐𝒈𝒉 e 𝒗𝒕 = �𝟐𝒈𝒉 .
Esempi applicativi delle equazioni di cui sopra sono i seguenti:
Un treno che viaggiava alla velocità di 80 km orari si ferma, per azione dei freni, in 15 secon-
di. Calcolare il valore dell’accelerazione, costante, e la distanza coperta dal treno prima di
arrestarsi.
𝟖𝟎 𝒗 +𝒗
Dalla 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 − 𝒂𝒕 si ha 𝟎 = 𝟑,𝟔 − 𝒂 ∙ 𝟏𝟓 e a = 1,48 m/s2; dalla 𝒙𝒕 = 𝒙𝟎 + 𝟎𝟐 𝒕 𝒕 si ha poi
𝟖𝟎
𝒙𝒕 = 𝟐∙𝟑,𝟔 ∙ 𝟏𝟓 = 𝟏𝟔𝟔, 𝟕𝒎.
La s = 7 + 6t – t2 è l’equazione oraria per un punto in moto in cui s è espresso in metri e t in se-
condi. Per quale valore di t la velocità diventa zero? In tale momento, a che distanza dall’ori-
gine si trova il punto? Per quale valore di t il punto passa dall’origine rispetto alla quale si mi-
sura s? Che velocità ha in tale momento?
𝟏
Confrontando l’equazione oraria data con la 𝒙𝒕 = 𝒙𝟎 + 𝒗𝟎 𝒕 ± 𝟐 𝒂𝒕𝟐 risulta che si tratta di un
moto uniformemente accelerato per il quale x0 = 7 m, v0 = 6 ms – 1 ed a = - 2 ms – 2; sarà allora
dalla 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 ± 𝒂𝒕 e cioè 0 = 6 – 2t t = 3 s; sostituendo nell’equazione oraria si ha s = 7 + 6 ∙ 3
– 9 = 16 m; ancora dall’equazione oraria si ha 0 = 7 + 6t – t2 da cui t = 7 s (l’altra soluzione, t =
- 1 s, non ha significato); v = 6 – 14 = - 8 ms – 1 (il segno negativo significa che quando il punto
passa per l’origine procede verso sinistra con velocità concorde con l’accelerazione).
Un corpo viene lasciato cadere liberamente da un altezza di 14,7 metri con velocità iniziale
nulla ed accelerazione uguale a quella di gravità (9,8 ms – 2). Quanto tempo impiegherà per
raggiungere il suolo e con quale velocità, in km orari, lo colpirà?
𝟏
Si tratta di un moto uniformemente accelerato per il quale la 𝒙𝒕 = 𝒙𝟎 + 𝒗𝟎 𝒕 ± 𝟐 𝒂𝒕𝟐 si può
𝟏 𝟐∙𝟏𝟒,𝟕
scrivere nella forma 𝟎 = 𝟏𝟒, 𝟕 − 𝟐 𝟗, 𝟖 ∙ 𝒕𝟐 da cui 𝒕 = � 𝟗,𝟖
= 𝟏, 𝟕𝟑 𝒔. La velocità si ottiene
𝒌𝒎
dalla 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 ± 𝒂𝒕 = 𝟎 − 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟏, 𝟕𝟑 = −𝟏𝟔, 𝟗𝟓 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 = −𝟏𝟔, 𝟗𝟓 ∙ 𝟑, 𝟔 = −𝟔𝟏 𝒉 (il segno
negativo significa che la velocità è diretta verso il basso, concorde con l’accelerazione).
Una palla viene lanciata verso l’alto verticalmente con velocità iniziale pari a 49 m/s. Dopo
quanto tempo inizierà a ricadere ed a quale altezza massima arriverà?
È un moto uniformemente accelerato e, siccome la palla arriverà al culmine della sua traiet-
toria quando la sua velocità si annulla, si può scrivere la 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 ± 𝒂𝒕 nella forma 0 = 49 – 9,8
𝟏
t da cui t = 5 s. L’altezza si ottiene invece dalla 𝒙 = 𝟒𝟗 ∙ 𝟓 − 𝟐 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟐𝟓 = 𝟏𝟐𝟐, 𝟓 𝒎.
109. È importante osservare che in assenza di attriti il moto di salita di un oggetto lanciato
verticalmente verso l’alto ed il successivo moto di discesa sono del tutto simmetrici:
0 ms – 1
9,8 ms -1 122 5 m
19,6 ms - 1 117,6 m
9,8 ms – 2
102,9 m
29,4 ms – 1
78,4 m
39,2 ms – 1
44,1 m
49 ms – 1
0m
0s 1s 2s 3s 4s 5s 6s 7s 8s 9s 10 s
come risulta dal diagramma il tempo che impiega l’oggetto per arrivare alla quota massi-
ma è uguale a quello che impiega per tornare al suolo e a quote uguali l’oggetto ha la stessa
velocità (a parte il verso che nella discesa è ovviamente opposto a quello nella salita).
Esercizi 104 – 109
1) Un treno parte da una stazione e procede con un’accelerazione costante di 0,05 ms – 2 .
Quale sarà la sua velocità, in km orari, dopo 5 minuti?
Sarà 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 + 𝒂 ∙ 𝒕, in cui v0 = 0 ms – 1, quindi 𝒗𝒕 = 𝟎, 𝟎𝟓 ∙ 𝟓 ∙ 𝟔𝟎 = 𝟏𝟓 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 cioè
𝟏𝟓 ∙ 𝟑, 𝟔 = 𝟒𝟖 𝒌𝒎 ∙ 𝒉−𝟏 . 108
2) Un treno che si muove alla velocità di 72 km orari viene frenato in 10 s. Considerando co-
stante l’accelerazione calcolarne il valore.
72 km orari corrispondono a 72/3,6 = 20 ms – 1. Deve essere 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 + 𝒂𝒕, quindi 0 = 20 +
10 a da cui a = - 2 ms – 2 (il segno è negativo perchè si tratta di una decelerazione). 108
3) Qual’è la distanza percorsa in 5 minuti da un corpo che parte da fermo con un’accele-
razione costante di 0,2 ms – 2?
𝟏 𝟏
L’equazione oraria, siccome x0 = 0 m e v0 = 0 ms – 1 assume la forma 𝒙 = 𝟐 𝒂𝒕𝟐 = 𝟐 ∙ 𝟎, 𝟐 ∙
(𝟓 ∙ 𝟔𝟎)𝟐 = 𝟗𝟎𝟎𝟎 𝒎. 108
4) A che distanza si trova una campana della quale si sentono i rintocchi 5 s dopo che si è vi-
sto l’inizio delle oscillazioni? Si consideri la velocità del suono, 340 ms – 1, trascurabile ri-
spetto a quella della luce.
L’osservatore vede l’inizio delle oscillazioni istantaneamente mentre il suono della campa-
na lo raggiunge 15 s dopo percorrendo una distanza di 𝟑𝟒𝟎 ∙ 𝟓 = 𝟏𝟕𝟎𝟎 𝒎. 105
5) Dopo 15 s dalla partenza un oggetto che si muove di moto rettilineo viaggia alla velocità di
30 ms – 1 mentre dopo 25 s la sua velocità è salita a 75 ms – 1. Qual’è stata la sua accelerazio-
ne media in questo intervallo di tempo?
∆𝒗 𝟕𝟓−𝟑𝟎 𝟒𝟓
Dalla 𝒂� = si ha 𝒂
∆𝒕
�=
𝟐𝟓−𝟏𝟓
= 𝟏𝟎 = 𝟒, 𝟓 𝒎𝒔−𝟐 . 106
6) Un treno che viaggia alla velocità di 180 km orari viene fermato, per azione del freno di e-
mergenza, in 12,5 secondi. Calcolare il valore dell’accelerazione (costante) e la distanza
che il treno percorre prima di fermarsi.
Per il moto uniformemente accelerato deve essere 𝒗𝒕 = 𝒗𝟎 + 𝒂 ∙ 𝒕. La velocità iniziale è 180
: 3,6 = 50 ms – 1 e quindi 𝟎 = 𝟓𝟎 + 𝒂 ∙ 𝟏𝟐, 𝟓 da cui 𝒂 = −𝟒 𝒎𝒔−𝟐 . La distanza si ottiene dal-
𝟏
l’equazione oraria 𝒙 = 𝟓𝟎 ∙ 𝟏𝟐, 𝟓 − 𝟐 ∙ 𝟒 ∙ 𝟏𝟐, 𝟓𝟐 ; 𝒙 = 𝟔𝟐𝟓 − 𝟑𝟏𝟐, 𝟓 = 𝟑𝟏𝟐, 𝟓𝒎. 108
𝟐
7) L’equazione oraria di un moto ha la forma 𝒔 = 𝟏𝟎 + 𝟐𝒕 − 𝒕 in cui s è in metri e t in secon-
di. Per quale valore di t la velocità è nulla? A quale distanza dall’origine v = 0? Per quale
valore di t si ha s = 0? Quando s = 0 quanto vale v?
Confrontando con l’equazione oraria di un moto uniformemente accelerato, 𝒔 = 𝒔𝟎 +
𝟏
𝒗𝟎 𝒕 + 𝟐 𝒂𝒕𝟐 , risulta che 𝒔𝟎 = 𝟏𝟎𝒎, 𝒗𝟎 = 𝟐 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 𝒆 𝒂 = −𝟐 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐. Da 𝒗 = 𝒗𝟎 + 𝒂𝒕 si ha
0 = 2 – 2t e t = 1 s; dall’equazione oraria 𝒔 = 𝟏𝟎 − 𝟏 = 𝟗𝒎; sempre dall’equazione oraria
0 = 10 + 2t – t2 e t = 4,3 s. Infine v = v0 + at da cui v = 2 – 2 ∙ 4,3 = - 6,6 ms – 1 . 108
a 1 a 2 a 3
b b b
a 4 a 5
b b
A) 1
B) 2
C) 3
D) 4
E) 5
8. A: dalla regola di composizione dei vettori 𝒃 �⃗ + 𝟏 = �𝒂⃗ e quindi 𝒂 �⃗ = 𝟏.
�⃗ − 𝒃 103
9. Una velocita' di 180 m/s equivale a:
A) 6,48 km/h
B) 500 km/h
C) 64,8 km/h
D) 50 km/h
E) 648 km/h
9. E: 180 m/s = 180 ⋅ 3,6 km/h = 648 km/h (dato che 180 ⋅ 3 = 540 il risultato deve essere mag-
giore di 540). 105
10. Un'auto viaggia a 120 km/h. Quanti metri percorre in un secondo?
A) 12 m
B) 120 m
C) 0,12 m
D) 3,3 m
E) 33 m
10. E: 120 : 3,6 m / s = 100 : 3 m / s = 33,3 m / s. 105
11. Un'accelerazione dal punto di vista dimensionale, e':
A) (lunghezza)-2/tempo
B) lunghezza/tempo
C) (lunghezza)2/tempo
D) lunghezza/(tempo)2
E) (lunghezza)2/(tempo)2
11. D. 107
12. Si consideri un’automobile, in cui la velocità è indicata in chilometri all’ora (km/h). Du-
rante un moto uniformemente accelerato l’auto passi da 100 km/h a 120 km/h in 36 secondi.
La sua accelerazione vale:
A) 2000 km/h2
B) circa 3,7 km/h2
C) 20 m/s2
D) circa 3700 m/s2
E) 105 /3600 m/s2
12. A: l’accelerazione è la variazione di velocità nell’unità di tempo, cioè (120 – 100) km/h =
20 km /h in 36 sec o 20 km / h in 0,01 h vale a dire 2000 km/h2. 107
13. Consideriamo un tram nel percorso rettilineo tra due fermate. Se per metà del percorso
l’accelerazione è a = + a1 e per l’altra metà a = - a1, quale sarà la rappresentazione grafica del-
la velocità contro il tempo? N.B. a1 è costante e positiva, t1, t2 e t3 corrispondono ai momenti in
cui il tram si trova rispettivamente all’inizio, a metà ed alla fine del percorso.
v (1) v (2) v (3) v (4)
t1 t2 t3 t1 t2 t3 t1 t2 t3 t1 t2 t3
A) (1)
B) (2)
C) (3)
D) (4)
E) nessuna
13. B: dato che nei due segmenti del percorso il moto è uniformemente accelerato la relazione
velocità / tempo deve essere lineare (retta); se l’accelerazione cambia verso nella prima metà
del percorso la velocità deve crescere e nella seconda decrescere. 108
14. Il conducente di un treno tra due fermate R ed S mantiene una velocità che è quella della
figura sottostante in cui negli istanti t1, t2 e t3 si trova rispet- v(t) M
tivamente nel punto R, nel punto intermedio M e nel punto
S. Allora si può affermare che:
A) l’accelerazione è nulla in R ed in S R S
B) l’accelerazione è minima in R
C) l’accelerazione è massima in S t1 t2 t3 t
D) l’accelerazione è nulla in M
E) l’accelerazione tra R ed M è uguale a quella tra M ed S
14. D: l’accelerazione è la variazione della velocità con il tem-
po, e sarà tanto maggiore in modulo quanto più ripido il gra-
fico velocità / tempo; dove il grafico è orizzontale la variazione
nel tempo della velocità è nulla. 108
15. Un moto in cui vengano percorsi spazi uguali in tempi uguali viene definito:
A) moto con velocità unitaria
B) rettilineo ad accelerazione variabile
C) uniformenete accelerato
D) a velocità variabile
E) uniforme
15. E. 108
16. Un’automobile percorre un rettilineo con una velocità costante di 100 km/h. A partire da
un certo istante essa è sottoposta ad una accelerazione costante di – 200 km/h2. Dopo quanti
minuti si inverte il senso di marcia?
A) 1
B) 5
C) 30
D) 60
E) mai
16. C: è un moto uniformemente accelerato (a = – 200 km/h2) che cambierà verso quando la
velocità, v0 = 100 km/h, si annullerà; sarà v = v0 + at cioè 0 = 100 – 200 ∙ t e t = 100/200 = 0,5 h
= 30 min. 108
17. Un’automobile si muove con velocità v = v0 + at; in cui: v0 = 6 m/s; a = 2 m/s2; t è misurato
in s. Il grafico dello spazio percorso in funzione del tempo, nel caso di spazio iniziale uguale a
zero, rappresenta:
A) una retta non passante per l’origine degli assi
B) una retta passante per l’origine degli assi
C) un arco di parabola con il vertice nell’origine degli assi
D) un arco di parabola con il vertice posto fuori dell’origine degli assi
E) una funzione indeterminata (non si hanno sufficienti elementi per rispondere)
17. C: siccome è un moto uniformemente accelerato l’equazione oraria ha forma x = x0 + v0t +
½ at2 e, siccome x0 = 0, x = 6t + t2 che, per t > 0, è l’equazione di un arco di parabola con verti-
ce nell’origine (per t = 0 è x = 0). x
t 108
18. Un veicolo spaziale viaggia in una zona lontana da corpi celesti a motore spento con velo-
cità v > 0. Al tempo t1 accende i motori ottenendo un’accelerazione a = + 20 m/s2 e li spegne al
tempo t2 = t1 + 5 s raggiungendo la velocità v’. Quindi:
A) la velocità è aumentata di 360 km/h
B) la velocità è aumentata di 100 km/h
C) tra t1 e t2 il carico non ha subito forze inerziali
D) tra t1 e t2 il moto è stato rettilineo uniforme
E) dopo t2 si ha 0 < v’ < v
18. A: inizialmente sul veicolo non è agiscono forze e la sua accelerazione è nulla; con una ac-
celerazione costante di + 20 m/s2 per 5 s, la velocità finale sarà data dalla v = v0 + at e cioè v =
v0 + 20 ⋅ 5 = v0 + 100; la velocità è aumentata di 100 m/s = 100 ⋅ 3,6 km/h = 360 km/h. 108
19. Un oggetto si muove su di una traiettoria rettilinea. L’equazione oraria è x = 200 + 20 t –
0,5 t2 (unità di misura del S.I.).
A) la velocità è nulla per t = 20 s
B) la velocità iniziale è 36 km/h
C) la posizione iniziale è data della soluzione della 1250 + 20 t – 0,5 t2 =0
D) l’accelerazione è 0,5 m/s2
E) l’accelerazione è positiva ma decrescente
19. A: dall’equazione oraria x = x0 + v0t + ½ at2 è immediato che abbiamo a che fare con un
moto uniformemente accelerato per il quale x0 = 200 m, v0 = 20 m/s ed a = – 1 m/s2; escluden-
do le risposte false resta la prima: verificando v = v0 + at e 0 = 20 – t e si ha t = 20 s. 108
20. Data l’equazione, relativa al moto di caduta libera di un grave, s = 0,5 gt2 + k in cui s rap-
presenta lo spazio, g l’accelerazione di gravità e t il tempo quali sono le dimensioni del termi-
ne k?
A) t – 1
B) m ∙ l – 1
C) l2 ∙ t – 3
D) l
E) l – 1
20. D: s è una lunghezza e quindi anche 0,5 gt2 e k lo devono essere. 108
21. Un sasso lasciato cadere da 20 cm di altezza arriva a terra con una velocità v = 2 m/sec
(circa). Se lo stesso sasso è lasciato cadere da un’altezza doppia arriverà a terra con una ve-
locità di circa:
A) 4 m/sec
B) 2 · 9.8 m/sec
C) 2,8 m/sec.
D) 8 m/sec
E) dipende dalla massa del sasso
21. C: per la caduta libera da fermo di un grave 𝒗 = �𝟐𝒈𝒉 in cui v è la velocità di arrivo al
suolo, h l’altezza da cui esso viene fatto cadere e g l’accelerazione di gravità; se h raddoppia v
diventa √𝟐 volte maggiore cioè 𝟐√𝟐 = 2,83 m/s (√2 ≈ 1,414) . 108
22. Un sasso viene lasciato cadere con velocita' nulla in un pozzo. Il rumore del sasso che toc-
ca il fondo giunge dopo 6 secondi dall'istante iniziale. La profondita' del pozzo e' di circa:
A) 0,018 km
B) 90 m
C) 45 m
D) 450 m
E) 180 m
22. E: il tempo che il suono impiega per arrivare all’imboccatura del pozzo è trascurabile,
quindi i 6 secondi sono il tempo che impiega il sasso per toccare il fondo; è un moto uniforme-
mente accelerato e, indicando con x la profondità del pozzo, x = x0 + v0t + ½ gt2 o x = ½ 10 ∙ 62
(g = 9,8 m/s2 ≅ 10 m/s2); x = 5 ∙ 36 = 180 m. 108
23. Un elicottero sta viaggiando in direzione Nord Ovest a una velocità di circa 70 km/h ri-
spetto al suolo, in assenza di vento. Entra in una regione in cui sta spirando un vento in dire-
zione Nord Est alla velocità di circa 70 km/h rispetto al suolo. Con che velocità si muoverà l’e-
licottero rispetto al terreno, se mantiene, rispetto all'aria, la stessa velocità che aveva prima?
A) a circa 140 km/h
B) a circa 100 km/h
C) a circa 70 km/h
D) a circa 50 km/h
E) a circa 0 km/h
23. B: la velocità dell’elicottero rispetto al suolo è la somma vettoriale della sua velocità ri-
Nord spetto all’aria e della velocità dell’aria rispetto al suolo;
siccome i due vettori sono ortogonali il modulo del vettore som-
ma è:
√𝟐
Ovest Est 𝟐 ∙ 𝟕𝟎 ∙ 𝒄𝒐𝒔𝟒𝟓° = 𝟏𝟒𝟎 ∙ = 𝟕𝟎 ∙ 𝟏, 𝟒𝟏 = 𝟗𝟖, 𝟕 𝒌𝒎/𝒉
𝟐
Sud 108
24. Una barca impiega un minimo di 30 minuti per attraversare un fiume quando la corrente
è lenta. Se la velocità di scorrimento del fiume raddoppia, il tempo minimo di attraversamen-
to:
A) aumenta sia all’andata che al ritorno
B) aumenta solo all’andata
C) aumenta solo al ritorno
D) resta invariato
E) diminuisce sia all’andata che al ritorno
24. D: la velocità della barca è la somma vettoriale della sua velocità rispetto alle sponde del
fiume, v, e della velocità della corrente rispetto alle sponde stesse, u;
la lunghezza del percorso di attraversamento dipende dalla velocità della corrente e coincide
con la distanza tra le sponde nel caso in cui essa sia nulla;
all’aumentare della velocità della corrente aumenta la lunghezza del percorso ma aumenta
anche proporzionalmente la velocità, vr, della barca così che il tempo per arrivare all’altra
sponda non cambia;
s1 s2
u1 u2 = 2 u1
d
v vr1 v vr2
si può invece ragionare osservando come la componente della velocità, vr, nella direzione della
distanza tra le due sponde sia comunque la stessa, v, e siccome è essa che determina il tempo
di attraversamento, esso non può cambiare. 108
25. Un aereo viaggia alla velocità di 800 km/h, in assenza di vento, in direzione Est, per 400
km e poi ritorna indietro. Il tempo impiegato per realizzare l’intero percorso è quindi un’ora.
Quando lungo il tragitto soffia un vento diretto verso Ovest, o verso Est, di velocità pari a 50
km/h costante per tutto il percorso, il tempo di percorrenza (andata e ritorno) sarà:
A) meno di un’ora
B) un’ora
C) più di un’ora in ogni caso
D) più di un’ora solo se il vento spira da ovest
E) più di un’ora solo se il vento spira da est
25. E: in assenza di vento il tempo per il tragitto sarà 2 ∙ 400 : 800 = 1 h; con un vento che sof-
fia verso est, quindi a favore, la velocità diventa 850 km/h e il tempo per l’andata 400/850 h;
𝟏 𝟏
per il ritorno sarà 400 / 750 h per un tempo complessivo di 𝟒𝟎𝟎 ∙ �𝟖𝟓𝟎 + 𝟕𝟓𝟎� = 𝟒𝟎𝟎 ∙
𝟖𝟓𝟎+𝟕𝟓𝟎 𝟏𝟔𝟎𝟎 𝟏𝟔 𝟔𝟒𝟎𝟎 𝟔𝟒∙𝟏𝟎𝟎 𝟔𝟒∙𝟒 𝟐𝟓𝟔
𝟖𝟓𝟎∙𝟕𝟓𝟎
= 𝟒𝟎𝟎 ∙ 𝟖𝟓𝟎∙𝟕𝟓𝟎 = 𝟒𝟎𝟎 ∙ 𝟖𝟓∙𝟕𝟓 = 𝟖𝟓∙𝟕𝟓 = 𝟓∙𝟏𝟕∙𝟑∙𝟐𝟓 = 𝟏𝟓∙𝟏𝟕 = 𝟐𝟓𝟓 𝒉 > 𝟏𝒉
con vento a sfavore, verso ovest, il risultato sarebbe stato lo stesso (diminuzione della velocità
all’andata ed aumento al ritorno). 108
Moto in un piano con accelerazione costante Moto di un proiettile
110. Nella descrizione del moto di un punto su una traiettoria curvilinea piana con accelera-
zione costante è opportuno scomporre sia la velocità che l’accelerazione secondo due direzioni
ortogonali definite da un opportuno sistema di riferimento:
y
istante per istante le due componenti della velocità cam-
�⃗
𝒗 biano di modulo a causa della corrispondente componen-
�⃗𝒚
𝒗 te dell’accelerazione
�𝒂⃗𝒙 𝒗𝒙 = 𝒗𝟎𝒙 + 𝒂𝒙 𝒕 e 𝒗𝒚 = 𝒗𝟎𝒚 + 𝒂𝒚 𝒕
�⃗𝒚
𝒂 �⃗𝒙
𝒗 Nel caso in cui l’accelerazione costante abbia componen-
�⃗
𝒂 nulla in una delle due direzioni la componente della velo-
cità in quella direzione non varia.
x
Un caso esemplificativo di una certa importanza è quello di un proiettile che viene lanciato
verso l’alto con una data velocità iniziale �𝒗⃗𝟎 che formi, per esempio un angolo di 60° con l’o-
rizzonte e abbia un modulo di 49 m/s. Trascurando la resistenza dell’aria, l’unica accelera-
zione in gioco sia quella di gravità pari a 9,8 m/s2.
y
60°
x
112. Un moto circolare uniforme può essere descritto utilizzando altre variabili oltre a quelle
già viste, variabili che sono indipendenti dal raggio della traiettoria circolare. Per chiarire
consideriamo i tre oggetti in figura che descrivono traiettorie concentriche di raggio rispetti-
𝟏
vamente 1 m, 2 m e 2,5 m, “spazzando” l’angolo 𝜽 = 45° = 𝟖 𝝅 𝒓𝒂𝒅
in 1,25 s.
Si definisce velocità angolare di ognuno dei tre oggetti, sim- t=0s
bolo 𝝎, il rapporto tra l’ampiezza dell’angolo descritto ed 𝜽
𝜽
il tempo impiegato a descriverlo: 𝝎 = . Nel S.I. l’uni-
𝒕
tà di misura di 𝝎 è rad ∙s – 1 (dimensionalmente, dato che il t = 1,25 s
radiante non ha dimensioni, la velocità angolare è il recipro-
co di un tempo, 𝝎 = [T - 1].
È immediato che nel caso esemplificato la velocità angolare dei
𝟏
𝝅
tre oggetti è la stessa e vale 𝝎 = 𝟏,𝟐𝟓
𝟖
= 𝟎, 𝟏𝝅 𝒓𝒂𝒅 ∙ 𝒔−𝟏 .
Le velocità lineari dei tre oggetti si possono invece calcolare dividendo le lunghezze degli archi
rispettivamente percorsi per il tempo impiegato a percorrerli. Siccome l’angolo 𝜽 è 1/16 di un
𝟏
angolo giro �𝟖 𝝅 ∶ 𝟐𝝅�la misura di ogni arco sarà 1/16 della misura della corrispondente cir-
𝟏
𝟐𝝅𝒓 𝟏 𝝅𝒓
�=
conferenza: 𝒂 = 𝟖 𝝅𝒓. La velocità si ottiene dividendo per il tempo: 𝒗 = 𝟏,𝟐𝟓
𝟖
= 𝟎, 𝟏𝝅𝒓.
𝟏𝟔
Quindi per i tre oggetti le velocità lineari saranno rispettivamente 𝟎, 𝟏𝝅, 𝟎, 𝟐𝝅 e 𝟎, 𝟐𝟓𝝅 𝒎𝒔−𝟏
che, come era intuitivo stanno tra di loro come le misure dei tre raggi.
È molto importante notare che, a parità di velocità angolare, v è direttamente proporzionale
al raggio r: 𝒗 = 𝝎𝒓 il che consente di ottenere velocemente le velocità lineari di punti che si
muovano di moto circolare uniforme con la stessa velocità angolare ma raggio diverso.
Per esempio, considerando tre punti di un vecchio disco di vinile, che ruota a 45 giri al minu-
to, i quali si trovino rispettivamente al centro del disco, r = 0, sul bordo del disco, r = 8,5 cm e
a 4,25 cm dal centro, essi avranno diverse velocità lineari ma la stessa velocità angolare data
da: 𝟒𝟓 ∙ 𝟐𝝅 𝒓𝒂𝒅 ∶ 𝟔𝟎 𝒔 = 𝟏, 𝟓𝝅 𝒓𝒂𝒅𝒔−𝟏 ;
le velocità lineari saranno invece rispettivamente, dal bordo verso il centro,:
𝟏, 𝟓𝝅 𝒓𝒂𝒅 ∙ 𝒔−𝟏 ∙ 𝟎, 𝟎𝟖𝟓𝒎 = 𝟎, 𝟒 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 ; 𝟏, 𝟓𝝅 𝒓𝒂𝒅 ∙ 𝒔−𝟏 ∙ 𝟎, 𝟎𝟒𝟐𝟓𝒎 = 𝟎, 𝟐 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 ;
𝟏, 𝟓𝝅 𝒓𝒂𝒅 ∙ 𝒔−𝟏 ∙ 𝟎 𝒎 = 𝟎 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 .
113. Il periodo, simbolo T, di un moto circolare uniforme è il tempo necessario per percorrere
𝟐𝝅𝒓 𝟐𝝅
una circonferenza. Dalla definizione risulta che 𝒗 = e𝝎 = .
𝑻 𝑻
Si definisce inoltre frequenza, simbolo 𝝂, il numero di circonferenze cioè di giri completi, per-
𝟏
corsi nell’unità di tempo. Per definizione 𝝂 = (se occorrono 4 s, T, per descrivere una cir-
𝑻
𝟏
conferenza, in un secondo verrà percorso 𝟒 di circonferenza con 𝝂 = 𝟎, 𝟐𝟓 𝑯𝒛 dove Hz (Hertz
= s – 1 è l’unità di misura della frequenza).
A titolo di esempio il periodo di un punto che si trovi sull’equatore terrestre sarà di 24 h pari
𝟏
a 24 ∙ 3600 = 86400 s mentre la frequenza sarà 𝝂 = 𝟖𝟔𝟒𝟎𝟎 = 𝟏, 𝟐 ∙ 𝟏𝟎−𝟓 𝒔−𝟏 .
2. Una fionda è costitutita da un sasso vincolato a percorrere tre giri al secondo lungo una
circonferenza di raggio L = 1,5 m per mezzo di una corda rigida. Quando il sasso viene
svincolato dalla corda la sua velocità sarà:
A) di circa 28 m/s
B) di 3 m/s
C) di 4,5 m/s
D) diversa per sassi di massa diversa
E) pari alla velocità del suono
𝟐𝝅𝒓 𝒎
2. A. la velocità scalare del sasso è 𝒗 = 𝟑 ∙ 𝒕
= 𝟑 ∙ 𝟐 ∙ 𝟏, 𝟓 ∙ 𝟑, 𝟏𝟒 = 𝟐𝟖, 𝟑 𝒔 . 111
3. Relativamente ad un moto circolare uniforme indicare qual’è l’affermazione corretta?
A) l’accelerazione centripeta varia in modulo
B) l’accelerazione centripeta è costante in modulo
C) l’accelerazione centripeta dipende unicamente dal raggio della circonferenza descritta dal
moto
D) l’accelerazione centripeta dipende unicamente dalla velocità angolare
E) il vettore accelerazione centripeta è costante
𝒗𝟐
3. B: 𝒂 = 111
𝒓
4. Individuare la giusta affermazione, tra le seguenti:
A) in un moto rettilineo uniformemente accelerato, velocità e accelerazione sono direttamente
proporzionali
B) in un moto a traiettoria qualsiasi, ma uniformemente accelerato, velocità e accelerazione so-
no direttamente proporzionali
C) in un moto circolare uniforme, accelerazione e velocità sono vettori tra loro ortogonali
D) in un moto a traiettoria qualsiasi, ma uniformemente accelerato, velocità e accelerazione so-
no inversamente proporzionali
E) in un moto rettilineo uniformemente accelerato, velocità e accelerazione sono inversamente
proporzionali
4. C.
v
a O
111
5. Una pallina è soggetta a moto circolare uniforme, su un piano orizzontale, senza attriti,
trattenuta da un filo. Quando passa per P viene liberata. Si può dire che:
A) colpirà A A
B) colpirà B
C) non colpirà né A né B B
D) inizia un moto accelerato P
E) inizia un moto ritardato
5. B: in P velocità e spostamento della pallina hanno direzione tangente alla circonferenza
e, se l’accelerazione centripeta si azzera, la direzione non cambia più così che la pallina do-
vrà colpire B. 111
6. L’accelerazione centripeta nel moto circolare uniforme si esprime, nel S.I., in:
A) s2
B) rad/s
C) s – 2
D) m ∙ s – 2
E) (m/s)2
6. D: a = v2/r = (m/s)2/m = m/s2. 111
7. Una ruota di bicicletta durante il moto rotola senza strisciare sulla strada con velocità li-
neare costante v0. Sapendo che il raggio della ruota vale R si domanda la velocità istanta-
nea della ruota nel punto più lontano dal terreno.
A) Il doppio della velocità del centro della ruota cioè 2 v0
B) È un moto accelerato in cui la velocità aumenta
C) La stessa del centro, cioè v0
D) Non può essere determinata
E) la velocità del centro moltiplicata per il raggio cioè v0 ∙ R
7. C: nello stesso tempo in cui un punto del bordo della ruota descrive un’arco di circon-
ferenza il centro della ruota si sposta linearmente di una lunghzza che coincide con quella
dell’arco.
πR
πR 111
8. Un corpo celeste ha periodo di rotazione T pari a 36 ore. Allora detta ω la sua velocità an-
golare e detta ωT quella terrestre:
A) ω > ωT
B) ω < ωT
C) ω = 2/36 radiante/s
D) ω = 36 ore/radiante
E) ω = 1/T
8. B: il periodo di rotazione terrestre è minore di quello del corpo celeste; siccome la velo-
cità angolare è data da 𝝎 = 𝟐𝝅/𝑻 quella terrestre risulta maggiore. 113
9. Un corpo puntiforme si muove di moto circolare uniforme. Indichiamo con r il raggio del-
la circonferenza, con v la velocità periferica, con ω la velocità angolare, con T il periodo,
con f la frequenza. Qual è la giusta espressione?
A) T = v / (2 · π · r)
B) T = f / π
C) T = 2 · π · r / v
D) T = ω · v
E) T = π / v
9. C: il periodo, T, si ottiene dividendo la misura della circonferenza, 2πr, per la velocità
periferica (lineare), v; alternativamente il quiz era risolvibile esaminando le dimensioni
delle grandezze presenti nelle varie equazioni: al primo membro si ha un periodo, la di-
mensione è il tempo, [t]; al secondo membro compaiono
A) [t – 1 l - 1 ]; B) [t – 1]; C) [l /(l t – 1)] = [t]; D) [l t – 2]; E) [l – 1 t]. 113
La prima legge di Newton La forza La massa: la seconda legge di Newton La terza legge del moto di Newton
Peso e massa Forze di reazione Forze di attrito Forze centrifughe e centripete
114. Quando un corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, e quindi
la sua velocità non varia (nè in modulo, nè in direzione, nè in verso) la forza complessiva agen-
te su di esso è nulla. Il primo principio della dinamica appena citato definisce implicitamente
le forze come “entità” in grado di accelerare i corpi cui esse siano applicate.
Come la velocità e l’accelerazione la forza è un vettore e quando più forze agiscono sullo stes-
so oggetto ciascuna gli imprime un’accelerazione che non dipende dalla presenza delle altre di
modo che l’accelerazione risultante è la somma vettoriale delle singole accelerazioni.
La forza “unitaria” è quella capace di accelerare un oggetto, di massa unitaria, 1 kg, di 1 m al
secondo ogni secondo.
Sperimentalmente si ha che �𝑭⃗ = 𝒎 ∙ 𝒂
𝑭
�⃗, seconda legge di Newton, in cui 𝒎 = 𝒂 è la massa i-
nerziale dell’oggetto cui la forza è applicata: �𝑭⃗ ed 𝒂
�⃗ hanno la stessa direzione e lo stesso verso.
Da quanto detto segue che le dimensioni di una forza sono 𝑭: [𝑴 ∙ 𝑳 ∙ 𝑻−𝟐 ].
L’unità di misura S.I. della forza è il Newton, N, che è l’intensità della forza unitaria.
Una forza in grado di accelerare una massa di 2 kg di 10 ms – 2 avrà, in base a questa defini-
zione, un’intensità data da 𝑭 = 𝟐 ∙ 𝟏𝟎 = 𝟐𝟎 𝑵.
(N.B. In un sistema di unità di misura che non dovrebbe più essere usato, cgs, l’unità della mi-
sura della forza era il dine: 1 N = 10 5 dine).
Se si applica ad un oggetto della massa di 5 kg una forza di 30 N esso subirà un’accelerazione
𝑭 𝟑𝟎
data da a = 𝒎 = 𝟓 = 𝟔 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 .
Se applicando ad un oggetto una forza di 100 N esso viene accelerato di 𝟐𝟎 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 la sua
𝑭 𝟏𝟎𝟎
massa sarà 𝒎 = 𝒂 = 𝟐𝟎 = 𝟓 𝒌𝒈.
115. La terza legge del moto di Newton, o principio di azione e reazione, afferma che le mutue
azioni di due corpi sono sempre uguali in modulo e direzione ed opposte inverso: ciò intende
che se un primo corpo esercita su di un secondo una forza, il secondo eserciterà sul primo una
forza con la stessa direzione e la stessa intensità ma verso opposto.
Se, sulla superficie di un lago ghiacciato, un pattinatore di massa m = 75 kg spinge una slitta,
di massa 150 kg, con una forza di 100 N, la slitta eserciterà sul pattinatore una forza di rea-
zione di 100 N: il pattinatore subirà un’accelerazione di 100/75 = 1,33 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 mentre l’accele-
razione della slitta sarà di 100/150 = 0,66 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 .
116. Il peso di un corpo è la forza gravitazionale esercitata su di esso dalla terra ed è dato dal-
la �𝑷
�⃗ = 𝒎 ∙ 𝒈
��⃗ in cui �𝑷
�⃗ è la forza peso, diretta verso il centro della terra, mentre �𝒈
�⃗ è l’accelera-
zione di gravità. Come poi si vedrà, g varia con la latitudine e con l’altitudine, ma, per calcoli
ordinari, si può prendere uguale a 9,82 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 o anche a 9,8 o 10 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 .
Mentre la massa inerziale è una caratteristica invariante di ogni oggetto il peso dipende dal-
l’accelerazione di gravità e quindi cambia con il corpo celeste considerato.
Sulla luna e su marte, per esempio, l’accelerazione di gravità è di 1,63 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐 e di 3,73 𝒎 ∙ 𝒔−𝟐
e quindi un oggetto avente la massa di 50 kg sulla terra peserà 490 N, sulla luna 81,5 N (circa
un sesto) e su marte 36,6 N. Importante notare che, in assenza di attriti, oggetti di massa, vo-
lume e forma diversi, lasciati cadere liberamente dalla stessa altezza, arrivano contempora-
neamente al suolo con la stessa velocità finale, in quanto descrivono moti uniformemente acce-
lerati, a = g, del tutto equivalenti.
117. Oggetti appoggiati su di un piano o appesi ad un gancio sono sottoposti sia alla forza di
gravità che a delle forze di reazione che, entro certi limiti, bilanciano la forza peso: le forze in
questione vengono definite forze vincolari.
N
T
P=m∙g
P=m∙g
Nel caso dell’appoggio su un piano la forza di reazione è detta normale e, dato che il corpo
appoggiato non si muove, sarà uguale, a parte il verso, alla forza peso: N = P. La forza nor-
male aumenta al crescere della massa del corpo appoggiato sinchè non viene raggiunto il
“carico di rottura” del piano, che si spezza. Per l’oggetto sospeso la forza peso è bilanciata
dalla tensione del cavo che sostiene l’oggetto; analogamente al caso precedente T = P, con le
stesse considerazioni.
118. Quando un oggetto si muove in un mezzo fluido oppure scivola su di una superficie cui è
appoggiato compaiono delle forze di reazione, attriti, che si oppongono al moto.
Nel caso di un oggetto che si muova nell’aria o nell’acqua la forza di reazione è data dalla
�𝑭⃗ = −𝒃 ∙ 𝒗 �⃗ in cui 𝒗
�⃗ è la velocità con cui l’oggetto si sposta nel fluido, b un coefficiente che di-
pende dalla densità del fluido e dalla forma dell’oggetto, che ne determina l’aerodinamicità o
l’idrodinamicità, ed il segno rende conto del fatto che la forza si oppone al moto.
Dall’equazione risulta che questa forza, per un dato oggetto e per un dato fluido cresce, al cre-
scere della velocità. Per esempio se un oggetto viene lasciato cadere da un altezza sufficiente-
mente grande, tale forza aumenterà sino a bilanciare la forza di gravità, dopo di che l’oggetto
continuerà a cadere con accelerazione nulla e velocità costante uguale a quella massima che a-
veva raggiunto (un paracadute ha l’effetto di aumentare il coefficiente b in modo che si rag-
giunga l’equilibrio con la forza di gravità in tempi minori e quindi si arrivi ad una velocità
massima relativamente più piccola).
Per un oggetto appoggiato su una superficie la forza di attrito che si oppone al moto è diretta-
mente proporzionale alla forza normale esercitata dalla superficie sull’oggetto secondo la:
�𝑭⃗ = 𝝁 ∙ �𝑵
�⃗ in cui 𝝁, coefficiente di attrito, è un numero che dipende dalla natura delle superfici
di contatto tra l’oggetto ed il piano su cui esso è appoggiato ed ha valori diversi a secondo che
l’oggetto sia in quiete, 𝝁𝒔 , oppure in moto, 𝝁𝒅 , rispetto alla superficie su cui è appoggiato.
Il coefficiente di attrito statico, 𝝁𝒔 , è sempre maggiore del coefficiente di attrito dinamico, 𝝁𝒅 .
N=m∙g N=m∙g
𝑭 = 𝝁𝒔 ∙ 𝑵 v=0 𝑭 = 𝝁𝒅 ∙ 𝑵 v>0
P=m∙g P=m∙g
Nel disegno due blocchi identici di acciaio levigato sono appoggiati su un piano di acciaio dello
stesso tipo; il primo è fermo ed il secondo si muove ad una velocità v.
Per il sistema descritto 𝝁𝒔 = 0,78 e 𝝁𝒅 = 𝟎, 𝟒𝟐. Ciò significa che nell’ipotesi che la massa di o-
gnuno dei blocchi sia m = 1 kg per mettere in moto quello in quiete sarà necessaria una forza
F, parallela alla superficie di appoggio, pari almeno a 𝝁𝒔 ∙ 𝑵 = 𝝁𝒔 ∙ 𝒎 ∙ 𝒈 = 𝟎, 𝟕𝟖 ∙ 𝟏 ∙ 𝟗, 𝟖 =
𝟕, 𝟔𝟒 𝑵 mentre per mantenerlo in movimento dopo averlo accelerato ad una qualsiasi velocità
v saranno sufficienti 𝝁𝒅 ∙ 𝑵 = 𝝁𝒅 ∙ 𝒎 ∙ 𝒈 = 𝟎, 𝟒𝟐 ∙ 𝟏 ∙ 𝟗, 𝟖 = 𝟒, 𝟏𝟐 𝑵.
119. Vediamo qualche esempio applicativo dei concetti sin qui esposti.
1) Un corpo di massa m è sospeso mediante fili come indicato nella figura a sinistra.
Determinare le relazioni tra forza peso e tensioni dei due fili.
T1cos60° + T2cos45°
y
30° 45°
T1 T2
O T1cos30° T2cos45°
mg
N = mgcos30°
y
m T = mgsen30°
x
mgsen30° 30°
mgcos30°
30° mg
Considerando le componenti della forza peso in un sistema di assi cartesiani in cui l’asse delle
ascisse sia parallelo con il piano inclinato (vedi figura) bisogna che la componente lungo l’asse
x, quella che farebbe scivolare il corpo lungo il piano, sia bilanciata dalla tensione del filo, e
che la componente lungo l’asse y sia bilanciata dalla forza normale. In formule sarà:
𝑻 = 𝒎𝒈𝒔𝒆𝒏𝟑𝟎° e N= 𝒎𝒈𝒄𝒐𝒔𝟑𝟎°.
N.B. Si potrebbe dimostrare che l’angolo del piano inclinato e quello tra la direzione della
fora di gravità e la normale al piano sono uguali.
3) Un corpo avente massa pari a 10 kg, vedi figura, e sottoposto ad una forza F di 73,5 N
parallela ad un piano orizzontale su cui esso scivola con velocità costante. Stabilire se sono
presenti forze di attrito e, in caso affermativo, calcolare il coefficiente di attrito dinamico tra
piano ed oggetto.
N = mg = 98 N
Fatt. F = 73,5 N
P = mg = 98 N
Se il corpo non è accelerato la forza risultante agente su di esso deve essere nulla. Quindi sarà
P = N = 10 ∙ 9,8 = 98 N e F = Fatt. = 73,5 N = 𝝁𝒅 ∙ 𝑵 = 𝝁𝒅 ∙ 98 da cui 𝝁𝒅 = 73,5 / 98 = 0,75.
4) Una persona di massa m si trova su un ascensore in moto con accelerazione a diretta verso
l’alto. Determinare la forza esercitata dalla persona sul pavimento.
Per il principio di azione e reazione la forza esercitata dalla persona
sul pavimento deve essere uguale e contraria a quella esercitata dal
pavimento sulla persona. Indicando con P = mg il peso del passeggero
e con R la forza che il pavimento esercita su di essa deve essere: a
R – P = ma da cui R = P + ma = m (g + a). Questa è anche la forza che R
la persona esrcita sul pavimento, maggiore di mg, il che significa che la
persona ha la sensazione di aver aumentato il proprio peso (se invece di
essere appoggiata direttamente al pavimento essa si trovasse su una bi-
lancia a molla questa segnerebbe un peso superiore a quello effettivo).
Se, per esempio a fosse il 5% di g ( cioè circa 0,5 m/s2) e la persona aves- P = mg
un peso di 70 kg la bilancia segnerebbe 73,5 kg. Ovviamente nel caso in cui l’ascensore anzichè
salire scendesse il peso “apparente” e quello segnato dall’eventuale bilancia sarebbero
inferiori del 5% (66,5 kg).
120. Un oggetto che descrive un moto circolare uniforme è soggetto ad un’accelerazione cen-
𝒗𝟐
tripeta, di modulo 𝒂 = , che corrisponde ad una forza centripeta che in modulo è data da
𝒓
𝒗𝟐
𝑭 = 𝒎 ∙ 𝒓 . L’oggetto in figura ruota intorno al punto O cui è vincolato da un cavo e l’unica
forza agente su di esso è la tensione del cavo stesso. Per il principio di azione e reazione l’og-
getto esercita sul vincolo una forza uguale e contraria, trasmessa dal cavo, forza che prende il
nome di forza centrifuga.
Forza centripeta
Forza centrifuga O
per imprimere un’accelerazione di 0,1 metri al secondo per secondo (senza tener conto de-
gli attriti a cui poteva essere sottoposto)?
A) 6 ∙ 107 ∙ 0,1 = 6 ∙ 106 Newton
B) 6 ∙ 107 ∙ 0,1 = 6 ∙ 108 Newton
C) 6 ∙ 107 ∙ 9,8 = 5,9 ∙ 108 Newton
D) 6 ∙ 107 ∙ 9,8 ∙ 0,1 = 5,9 ∙ 107 Newton
E) Una forza pari al suo peso
4. A: deve essere 𝑭 = 𝒎 ∙ 𝒂 = 𝟔 ∙ 𝟏𝟎𝟕 ∙ 𝟎, 𝟏 = 𝟔 ∙ 𝟏𝟎𝟔 𝑵. 114
5. Su un corpo puntiforme di massa M agiscono contemporaneamente due forze (F1 e F2).
Se agisse solo la forza F1 l'accelerazione del corpo sarebbe a1. Se agisse solo F2, l'accelera-
zione sarebbe a2. Ma poichè agiscono contemporaneamente sia F1 e F2, con quale accele-
razione si muoverà il corpo?
A) Uguale alla somma vettoriale di a1 e a2
B) Sempre uguale alla differenza vettoriale a1 - a2
C) Sempre uguale ad a1, se a1 è maggiore di a2
D) Sempre uguale ad a2, se a2 è maggiore di a1
E) Uguale al prodotto di a1 per a2
5. A: sul corpo agirà una forza che è la somma vettoriale delle due forze in questione e di
conseguenza esso subirà un’accelerazione che è anch’essa la somma vettoriale delle acce-
lerazioni dovute ad ognuna delle due forze (principio di indipendenza) 114
6. Siano A e B due forze, coplanari, applicate ad uno stesso punto. La forza A abbia un mo-
dulo di 3 N e la forza B di 5 N. Niente si sa della loro direzione e verso, ma certamente uno
dei seguenti valori è comunque impossibile come modulo della loro risultante, espressa in
newton (non esistono cioè valori di direzione e verso che permettano uno dei seguenti ri-
sultati):
A) 2
B) 5
C) 6
D) 7
E) 9
6. E: A B
8
B 7,3
A B
2
il modulo della somma dei due vettori va da un minimo che coincide con la differenza dei
loro due moduli, 2, quando sono allineati ed hanno verso concorde, ad un massimo che
coincide con la loro somma, 8, se sono allineati ma discordi. 114
7. Siano date tre forze ≠ 0, coplanari, tutte e tre applicate all’origine di un sistema piano di
assi cartesiani ortogonali, tutte e tre giacenti nel primo quadrante. Per quali dei seguenti
valori dei moduli può essere nulla la loro risultante ?
A) Mai, qualsiasi siano i valori di F1, di F2 e di F3
B) F1 = 3; F2 = 4; F3 = 5
C) F1 = 1; F2 = 7; F3 = 13
D) F1 = 0,5; F2 = 0,5; F3 = 1
E) F1 = 1; F2 = 2; F3 = 4
7. A: le forze si trovano nel primo quadrante e devono necessariamente avere componenti
diverse da zero su uno degli assi o su entrambi:
y
x 114
8. Due forze applicate allo stesso punto hanno lo stesso modulo F e formano un angolo α mi-
nore di 90°. Il modulo della risultante è:
A) F2 cos α
B) 2Fsin α
C) F2 sin α
D) 2Fsin(α/2)
Ε)2Fcos(α/2)
8. E:
F cos(α/2)
F
α F cos(α/2)
α/2
F 114
9. Sia dato un corpo di massa 15 kg, che giace in quiete sopra un tavolo. Il tavolo sopporta il
peso del corpo, senza cedere. Appoggio un secondo corpo sopra il primo. Il secondo corpo
abbia massa pari a 30 kg. Il tavolo seguita a reggere entrambi i pesi che restano, entrambi,
in quiete. Quanto vale l’accelerazione del primo corpo per effetto della risultante di tutte
le forze ad esso applicate (detta g l’accelerazione di gravità)?
A) zero
B) g
C) 2g
D) 15/g m/s2
E) 15 m/s2
9. A. 114
10. Un aereo di linea viaggia ad altezza e velocità di crociera. Il segnale luminoso relativo alle
cinture di sicurezza è spento e tutti i passeggeri le hanno slacciate. Mantenendo costante la
velocità orizzontale l’aereo inizia a perdere quota con un’accelerazione di 9,8 m/sec2 de-
scrivendo una traiettoria parabolica. Indicare tra le seguenti l’affermazione più adeguata.
A) i passeggeri non si accorgono di nulla
B) i passeggeri provano una forte turbolenza
C) i passeggeri si sentono schiacciati contro il sedile
D) i passeggeri rimangono seduti ma si sentono alleggeriti
E) i passeggeri galleggiano nella cabina dell’aereo apparentemente privi di peso
10. E: a causa dell’inerzia i passeggeri si staccano dai sedili descrivendo un moto paraboli-
co come l’aereo galleggiando nella carlinga dell’aereo come se fossero privi di peso. 114
11. Una bottiglia di plastica contiene, sul fondo, delle biglie di acciaio. Lasciamo cadere la bot-
tiglia da una grande altezza, con una velocità iniziale nulla. Quale affermazione tra le se-
guenti si ritiene corretta, nell'ipotesi di poter trascurare l'attrito tra bottiglia e aria?
A) Le sfere rimangono sul fondo, come conseguenza del fatto che la forza peso è proporzionale
alla massa.
B) Nei primi istanti del moto le sfere si portano dalle parti del collo della bottiglia, a causa del-
l'inerzia
C) Le sfere sono accelerate verso il collo della bottiglia, a causa della spinta di Archimede
D) Le sfere rimangono sul fondo, come conseguenza del fatto che l'acciaio ha una densità mag-
giore della plastica
E) Le sfere lentamente ruotano all'interno della bottiglia, a causa della forza di Coriolis
11. A: anche se la forza peso agente su biglie e bottiglia è diversa l’accelerazione (di gravi-
tà) è esattamente la stessa. 116
12. Due sferette identiche A e B vengono lasciate cadere contemporaneamente dalla stessa al-
tezza, la sferetta A con velocità iniziale nulla, la B con velocità orizzontale v. Trascurando
l’attrito, quando arrivano le sferette al suolo?
A) Le sferette raggiungono il suolo contemporaneamente
B) La sferetta A per prima
C) La sferetta B per prima
D) La sferetta B per prima, se la velocità orizzontale v è maggiore di 9,8 m/sec
E) I dati non sono sufficienti per fare una previsione attendibile
12. A: la componente verticale della velocità è nulla per entrambe le sfere e quindi esse
raggiungono il suolo assieme. 116
13. Due oggetti hanno massa e volume diversi uno dall’altro. Lasciati cadere dalla stessa altez-
za, con velocità nulla e in assenza di atmosfera, arrivano al suolo contemporaneamente.
Ciò avviene perché:
A) il corpo a volume maggiore ha una massa minore
B) i due corpi hanno lo stesso peso
C) i due corpi hanno masse proporzionali ai volumi
D) la legge di caduta di un corpo nel vuoto dipende solo dalla sua velocità iniziale.
E) per nessuna delle ragioni esposte
13. E: data l’assenza di attriti per gli oggetti si ha un moto uniformemente accelerato in
cui l’accelerazione costante è quella di gravità, la velocità iniziale è la stessa e quindi il
tempo di caduta dipende solo dall’altezza, che è la stessa. 116
14. Si lasciano cadere a terra dalla medesima altezza un foglio e una pallina, entrambi di carta
e di massa 15 grammi:
A) essi arrivano a terra contemporaneamente
B) arriva prima la pallina, perche' ha peso maggiore
C) arriva prima la pallina, perche' c'e' l'aria
D) arriva prima la pallina, perche' la forza peso dipende dalla superficie del corpo
E) arriva prima la pallina, perche' c'e' l'accelerazione di gravita'
14. C: in assenza di attriti i due oggetti sarebbero arrivati a terra assieme: stessa accelera-
zione (g); per la presenza dell’aria compare una forza di attrito che dipende dal profilo ae-
rodinamico dei due oggetti ed è sicuramente maggiore per il foglio di carta che subirà
quindi una forza risultante minore. 116
15. Un blocco di materiale di massa 2 kg è sottoposto ad una forza F = 2 N costante e parallela
al piano di appoggio; si verifica che il moto risultante è uniformemente accelerato con ac-
celerazione pari a 0,5 m/sec2. Se ne conclude che la forza di attrito ...
A) vale 1 N
B) è nulla
C) è ortogonale al piano di appoggio
D) è metà della forza F ed ha la stessa direzione e verso
E) varia lungo il percorso
15. A: la forza risultante agente sul corpo è F = m ∙ a = 2 ∙ 0,5 = 1 N; la forza d’attrito, che
ha la stessa direzione di quella di 2 N e verso opposto deve allora valere 1 N. 118
16. Un bambino regge con una mano due guinzagli che fanno capo a due cani. I cani tirano
ciascuno con forza 100 N in direzioni tra loro perpendicolari. Sotto queste condizioni, la
forza che la mano deve esplicare è pari a:
A) 200 Newton
B) 980 Grammi
C) 200 Kilogrammi
D) √2 · 100 Newton
E) Zero Dyne
16. D: è una somma vettoriale; la forza equilibrata dalla mano sarà 𝟐 ∙ 𝟏𝟎𝟎 ∙ 𝒄𝒐𝒔𝟒𝟓° =
√𝟐
𝟐𝟎𝟎 ∙ = 𝟏𝟎𝟎 ∙ √𝟐 N.
𝟐
100 N
√𝟐
𝟐 ∙ 𝟏𝟎𝟎 ∙ 𝑵 45°
𝟐
100N
119
17. Una persona è∙ in piedi su una bilancia a molla posta su di un ascensore. Prima che l’a-
scensore cominci a salire la bilancia segna 637 Newton. Quando l’ascensore accelererà
verso l’alto la bilancia segnerà:
A) un valore maggiore a causa dell’accelerazione verso l’alto
B) un valore minore a causa dell’accelerazione verso l’alto
C) lo stesso valore perchè la massa non varia
D) lo stesso valore perchè l’accelerazione è costante
E) lo stesso valore perchè la superficie a contatto col corpo non varia
17. A: quando l’ascensore, e la bilancia, accelerano verso l’alto imprimono una forza sui
piedi della persona, e questi, per il principio di azione e reazione imprimono la stessa forza
sul piatto della bilancia che segna quindi un peso maggiore. 119
18. Per costringere un corpo a muoversi percorrendo una traiettoria circolare su di un piano
praticamente privo di attrito con velocità costante in modulo esso va sollecitato con:
A) una forza diretta lungo la direzione del moto
B) due forze uguali ed opposte
C) una forza ortogonale al piano
D) una forza costante diretta verso il centro della traiettoria
E) un’opportuna spinta iniziale e poi lasciato libero di muoversi
18. D: sul corpo dovrà agire una forza che generi un’accelerazione (centripeta) che senza
cambiare il modulo della velocità (la forza dovrà essere perpendicolare alla velocità in mo-
do da non avere componenti nella sua direzione) ne modifichi uniformemente la direzione
(e pertanto la forza dovrà essere costante in modulo:
v
120
19. Un ragazzo è seduto su di un seggiolino appeso con una catena ad una giostra ferma. In ta-
li condizioni sulla catena agisce la forza F che diventa F’ quando, con la giostra in movi-
mento, la catena forma un angolo di 45° con la verticale. Si può dire che:
F'
A) = 2
F
F'
B) = 3
F
F
C) = 2
F'
F
D) = 3
F'
F
E) =1
F'
19. A: a giostra ferma la forza F agente sulla catena, equilibrata dalla tensione T della
stessa, è la forza d gravità e quindi F = mg = T. Quando la giostra è in moto la nuova ten-
sione T’ della catena deve bilanciare sia la componente della forza di gravità che fornire la
forza centripeta affinchè il seggiolino segua una traiettoria circolare e sarà necessario che
T’cos 45° = mg = T. Quindi T’/T = F’/F = 1/cos 45° = 𝟐/√𝟐 = √𝟐
T’ T’cos45°
T
mg
mg
120
Lavoro di una forza costante Lavoro di una forza variabile Potenza Teorema delle forze vive Forze non
conservative
121. Si definisce lavoro, L, fatto da una forza costante �𝑭⃗ su una particella il prodotto scalare
𝑳 = �𝑭⃗ ∙ 𝒔
�⃗ = 𝑭 ∙ 𝒔 ∙ 𝒄𝒐𝒔 𝜽
in cui F ed s sono i moduli della forza e dello spostamento cui va incontro la particella mentre
𝜽 è l’angolo minimo per andare da �𝑭⃗ ad �𝒔⃗ (o viceversa):
F
𝜽 s
F’ 30° 5m F
30° mg
mg
Dato che non si ha accelerazione, la forza agente, F, deve essere uguale alla componente della
𝟏 𝟏
forza di gravità lungo il piano, F’, data da mgcos 60° = 𝟐 𝒎 ∙ 𝒈 = 𝟐 ∙ 𝟏𝟎 ∙ 𝟗, 𝟖 = 𝟒𝟗 𝑵.
Lo spostamento s è legato alla quota h, da 𝒔 ∙ 𝒄𝒐𝒔 𝟔𝟎° = 𝟓 da cui s = 10 m.
Siccome la forza F e lo spostamento s hanno stessa direzione e stesso verso, L = 49 ∙ 10 = 490 J.
Nel caso che il blocco sia sollevato verticalmente la forza agente deve essere uguale alla forza
di gravità e siccome, come nel caso precedente, forza e spostamento hanno la stessa direzione
L = m ∙ g ∙ h = 10 ∙ 9,8 ∙ 5 = 490 J come nel caso del piano inclinato.
3) Un uomo cala, a velocità costante, un secchio di massa m = 2 kg fino in fondo ad un pozzo
profondo 10 m. Determinare il lavoro fatto dall’uomo, quello fatto dalla forza di gravità ed il
lavoro totale fatto sul secchio.
L’uomo esercita una forza diretta verticalmente verso l’alto ed uguale alla forza di gravità,
forza e spostamento sono nella stessa direzione ma in verso opposto e quindi l’angolo che
formano è di 180°. 𝑳 = 𝑭 ∙ 𝒔 ∙ 𝒄𝒐𝒔𝟏𝟖𝟎° = 𝒎 ∙ 𝒈 ∙ 𝒔 ∙ 𝒄𝒐𝒔 𝟏𝟖𝟎° = 𝟐 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟏𝟎 ∙ (−𝟏 ) = −𝟏𝟗𝟔 𝑱.
Il lavoro fatto dalla forza di gravità si calcola esattamente nello stesso modo ma essa ha lo
stesso verso dello spostamento e quindi in questo caso l’angolo è di 0°:
𝑳 = 𝟐 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟏𝟎 ∙ 𝒄𝒐𝒔 𝟎° = 𝟏𝟗𝟔 𝑱. Il lavoro totale è la somma dei due trovati e quindi è nullo.
122. Quando le forze agenti non sono costanti il lavoro non può essere calcolato così semplice-
mente come si è visto a meno che le forze non varino linearmente con lo spostamento. Una
forza che si comporta in questo modo è la forza elastica di una molla:
l x
F=k∙x
𝒌∙𝒍
𝟏 𝟏
𝟐
𝒌∙𝒍 𝑳 = 𝟐 𝒌 ∙ 𝒍𝟐
l
O x
Il lavoro fatto su una molla, a velocità costante, per allungarla di un tratto l, è l’area del trian-
𝟏
golo sotteso dalla retta in figura da x = 0 a x = l: 𝑳 = 𝒌 ∙ 𝒍 ∙ 𝒍 ∶ 𝟐 = 𝟐 𝒌 ∙ 𝒍𝟐 (in pratica è come
𝟏
calcolare il lavoro usando come valore della forza la media tra 0 ed l che è 𝟐 𝒌 ∙ 𝒍).
Per esempio il lavoro necessario per allungare di 5 cm, a velocità costante, una molla di co-
𝟏
stante elastica pari a 200 N/m sarà 𝑳 = 𝟐 ∙ 𝟐𝟎𝟎 ∙ 𝟎, 𝟎𝟓𝟐 = 𝟎, 𝟐𝟓 𝑱.
123. Lo stesso lavoro può essere realizzato in tempi diversi.
Un pianoforte di massa m = 250 kg può essere portato al quinto piano di un palazzo, circa 12
m di altezza, in 5 minuti, usando un montacarichi, o in quaranta minuti utilizzando le scale (e
𝑳
una squadra di facchini). Si definisce potenza, simbolo P, il lavoro nell’unità di tempo: 𝑷 = 𝒕 .
Il lavoro si misura in Joule al secondo o watt: 1 W = 1 J ∙ s – 1.
* Tornando al pianoforte il lavoro per sollevarlo al quinto piano sarà in ogni caso dato dalla
𝑳 𝟐𝟗𝟒𝟎𝟎
L = m ∙ g ∙ h = 250 ∙ 9,8 ∙ 12 = 29,4 kJ. Il montacarichi svilupperà una potenza di 𝑷 = 𝒕 = 𝟓 ∙ 𝟔𝟎
𝟐𝟗𝟒𝟎𝟎
= 98 W mentre la squadra di facchini svilupperà una potenza di 𝑷 = 𝟒𝟎∙𝟔𝟎
= 𝟏𝟐, 𝟐𝟓𝑾.
* Se un montacarichi ha una potenza di 750 W quanto tempo impiegherà per sollevare verti-
calmente , a velocità costante, un corpo di massa m = 50 kg ad un’altezza di 25 m? Quale sarà
la velocità di salita del corpo? Il lavoro necessario sarà L = m ∙ g ∙ h = 50 ∙ 9,8 ∙ 𝟐𝟓 = 𝟏𝟐, 𝟐𝟓 𝒌𝑱
da cui t = L / P = 12250 / 750 = 16,3 s. La velocità di salita sarà allora v = s/t = 25 / 16,3 = 1,5
m/s.
* Un’automobile sviluppa una potenza di 75 kW e viaggia alla velocità costante di 120 km/h:
Qual’è la forza di propulsione del veicolo?
Siccome P = L/t = F s/t = F ∙ v sarà F = P/v cioè F = 75000/(120/3,6) N = 22500 N
124. Si può dimostrare che se su un corpo di massa m, che si muova ad una certa velocità v0 la
forza F compie un lavoro L, allora il corpo acquista una velocità v tale che si ha:
𝟏 𝟏 𝟏
. 𝑳 = 𝟐 𝒎𝒗𝟐 − 𝟐
𝒎𝒗𝟐𝟎 = 𝟐 𝒎�𝒗𝟐 − 𝒗𝟐𝟎 �.
𝟏
Il termine 𝟐 𝒎𝒗𝟐 , che si definisce energia cinetica , K, del corpo, ha, ovviamente, le dimensioni
di un lavoro, L = [M∙ 𝑳𝟐 ∙ 𝑻−𝟐 ] ed esprime la sua capacità di compiere lavoro come conseguen-
za del fatto che possiede una certa velocità. Quanto sopra è una espressione del teorema delle
forze vive, o teorema del lavoro – energia, in accordo con il quale il lavoro compiuto su un
corpo corrisponde alla variazione di energia cinetica del corpo stesso: 𝑳 = 𝑲 − 𝑲𝟎 = ∆𝑲.
Se il lavoro compiuto dalla forza risultante è negativo, la velocità del corpo e quindi la sua
energia cinetica diminuiscono e cioè diminuisce la sua capacità di compiere lavoro.
* Un blocco del peso di 10 kg scivola su un piano privo di attriti alla velocità di 2 m/s ed è
fermato da una molla che comprime lungo il suo percorso. Se la molla ha una costante elastica
k = 25 N/m
v = 0 v0 = 2 m/s v0 = 2 m/s
𝟏 𝟏
Il blocco ha energia cinetica K = 𝑲 = 𝟐 𝒎𝒗𝟐𝟎 = 𝟐 ∙ 𝟏𝟎 ∙ 𝟐𝟐 = 𝟐𝟎 𝑱. Il lavoro fatto dalla molla su
di esso per fermarlo (lavoro negativo perchè la forza di reazione della molla ha verso opposto
𝟏 𝟏
allo spostamento del blocco) è dato da 𝑳 = − 𝟐 𝒌𝒙𝟐 = − 𝟐 ∙ 𝟐𝟓 ∙ 𝒙𝟐 ; applicando il teorema su
𝟏 𝟒𝟎
visto ∆𝑲 = (𝟎 − 𝟐𝟎)𝑱 = − 𝟐 ∙ 𝟐𝟓 ∙ 𝒙𝟐 e 𝒙 = �𝟐𝟓 = √𝟏, 𝟔 = 𝟏, 𝟑 𝒎 (quando il blocco è fermo la
sua energia cinetica è nulla ed è nulla anche la sua capacità di far lavoro sulla molla).
Un’unità dell’energia di comune impiego è il kilowattora, kWh, che è il lavoro fatto in un’ora
da una forza che compie lavoro con la potenza di 1 kW. Siccome 1 kW sono 1000 J/s in un’ora
l’energia in joule sarà 1000 ∙ 3600 = + 3,6 ∙ 106 J.
125. Si dice che una forza è conservativa se il lavoro che essa compie, per spostare un corpo da
un punto ad un altro, dipende solo dai due punti e non dal percorso compiuto. Un esempio di
forza conservativa è quella di gravità. Supponendo di spostare un corpo di massa 5 kg dal
punto A al punto P in figura, seguendo i tre diversi cammini proposti, il lavoro fatto dalla
forza di gravità nei vari casi sarà pari a:
. O ���� ∙ 𝒄𝒐𝒔𝜶 = 𝟓 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟏𝟎 ∙ �− 𝟏� = −𝟐𝟒𝟓𝑱
P AP: 𝑳 = 𝒎𝒈 ∙ 𝑨𝑷
𝟐
. mg M N AQP: in questo caso il tratto AQ è perpendicolare alla forza di
. 10 m I L gravità e quindi il lavoro è nullo, per quanto riguar-
. G H 5 m da il tratto QP invece, l’angolo è di 180°, quindi sarà
. E F ���� ∙ 𝒄𝒐𝒔𝟏𝟖𝟎° = 𝟓 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟓 ∙ (−𝟏) = −𝟐𝟒𝟓𝑱
𝑳 = 𝒎𝒈 ∙ 𝑸𝑷
. 30° C D ABC...NOP: nei tratti orizzontali la forza di gravità non fa
. A B 8,7 m Q lavoro; per quanto riguarda i tratti verticali, conside-
rando che la loro somma misura quanto il tratto QP è immediato che il lavoro sarà ancora u-
na volta – 245 J.
126. L’energia potenziale di un corpo, che si origina dal fatto che su di esso agiscono forze di
tipo conservativo, è quella che dipende solo dalla sua posizione. Un corpo sospeso ad una cer-
ta altezza dal suolo, qualora venga lasciato cadere acquista energia cinetica, che lo rende ca-
pace di compiere lavoro, e ciò in misura tanto maggiore quanto più elevata era l’altezza ini-
ziale. L’energia potenziale in questione, energia potenziale gravitazionale, è data dalla:
∆𝑼 = 𝒎𝒈∆𝒉, in cui ∆𝑼 è la variazione di energia potenziale quando il livello del corpo di
massa m varia di ∆𝒉 (è importante osservare che la variazione di energia potenziale gravita-
zionale, così come il corrispondente lavoro, dipendono solo dalla differenza di livello e non dal
modo in cui si va dall’uno all’altro.
Dalla 𝑼𝟏 −𝑼𝟎 = 𝒎𝒈𝒉𝟏 − 𝒎𝒈𝒉𝟎 se si prende come riferimento il livello del mare, h0 = 0 e si
fissa U0 = 0 si ha U = mgh.
La somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale di un corpo si definisce energia mec-
canica, E, di quel corpo. Se sul corpo agisce una forza risultante di tipo conservativo vale la
legge della conservazione dell’energia meccanica totale; una variazione nell’energia cinetica
trova riscontro in una variazione uguale e di segno opposto dell’energia potenziale; in formu-
le ∆𝑲 = −∆𝑼 o, che è lo stesso K + U = E = cost.
Quando è utilizzabile la legge in questione permette di risolvere in modo relativamente più
semplice problemi che altrimenti richiederebbero l’applicazione delle leggi di Newton.
* Un corpo, di massa m = 5 kg, posto a 10 m dal suolo, viene la lanciato verso l’alto con una
velocità iniziale di 8 m/s. Calcolare la velocità con cui colpirà il suolo (si trascurino tutti gli
attriti).
L’unica forza in gioco è quella di gravità che è una forza conservativa e quindi si deve conser-
𝟏
vare l’energia meccanica. Inizialmente E = 𝑬 = 𝑲 + 𝑼 = 𝟐 𝒎𝒗𝟐𝟎 + 𝒎𝒈𝒉; quando il corpo col-
𝟏
pisce il suolo l’energia potenziale, rispetto al suolo, è nulla e 𝑬 = 𝟐 𝒎𝒗𝟐 ; quindi deve essere
𝟏 𝟏 𝒎
𝟐
𝒎𝒗𝟐𝟎 + 𝒎𝒈𝒉 = 𝟐 𝒎𝒗𝟐 da cui 𝒗𝟐𝟎 + 𝟐𝒈𝒉 = 𝒗𝟐 e 𝒗 = �𝟐𝟓 + 𝟐 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟏𝟎 = √𝟐𝟐𝟏 = 𝟏𝟒, 𝟗 𝒔 .
* Un corpo viene lanciato su per un piano inclinato privo di attriti con una velocità iniziale di
8 m/s. Se il piano ha un inclinazione di 30°, calcolare il percorso fatto dal corpo sul piano pri-
ma di arrestarsi ed incominciare a scendere.
Anche in questo caso l’energia meccanica si conserva e deve essere l
𝟏 𝒗𝟐 𝟔𝟒
𝟐
𝒎𝒗𝟐𝟎 = 𝒎𝒈𝒉 da cui 𝒉 = 𝟐𝒈𝟎 = 𝟏𝟗,𝟔 = 𝟑, 𝟐𝟕𝒎. Il percorso, l, sul piano h
𝒉 𝟑,𝟐𝟕
sarà allora dato da 𝒍 ∙ 𝒄𝒐𝒔 𝟔𝟎° = 𝒉 e 𝒍 = 𝒄𝒐𝒔 𝟔𝟎° = 𝟏 = 𝟔, 𝟓𝟒𝒎.
𝟐
* Un corpo, di massa m = 1 kg, è sospeso tramite un filo rigido inestensibile, lungo 50 cm, ad
un perno intorno al quale può oscillare (pendolo). Se nella posizione iniziale il filo forma un
angolo di 60° con la verticale ed il corpo viene lasciato libero, quale sarà la sua velocità nel
punto più basso della traiettoria?
25 cm 60° 50 cm
50 cm
h
Inizialmente il corpo non ha energia cinetica mentre la sua energia potenziale rispetto al
punto più basso della traiettoria vale mgh in cui h = 0,5 ∙ 𝒄𝒐𝒔 𝟔𝟎° = 𝟎, 𝟐𝟓 𝒎.
Nel punto più basso l’energia potenziale è nulla mentre quella cinetica deve equivalere
𝟏
all’energia potenziale convertita. Quindi 𝟐 𝒎𝒗𝟐 = 𝒎𝒈𝒉 da cui 𝒗 = �𝟐𝒈𝒉 = �𝟐 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟎. 𝟓 =
= √𝟗, 𝟖 = 𝟑, 𝟏𝟑 𝒎/𝒔
127. Le forze di attrito non sono forze conservative in quanto il lavoro che esse fanno su un
corpo dipende dal modo in cui esso passa dal punto iniziale a quello finale.
Calcoliamo il lavoro fatto dalla forza di attrito se un oggetto, di massa m = 2 kg, scivola su di
un piano orizzontale, da un punto A ad un punto B, facendo i tre diversi percorsi in figura, ed
il coefficiente di attrito dinamico oggetto/piano vale 𝝁𝒅 = 0,5.
E 6m B
6,5 m
D 13 m 5m
2,5 m
A 12 m C
1. Dimensionalmente l'energia è:
A) il prodotto di una forza per una velocità
B) il rapporto tra una forza e uno spostamento
C) il prodotto di una forza per uno spostamento
D) il quadrato di una velocità
E) il rapporto tra una potenza e un intervallo di tempo
1. C. 121
2. Dire con quale simbolo o unità di misura si esprime l’energia cinetica nel S.I.
A) kg ∙ m2 ∙ s
B) m / s2
C) joule
D) (m / s)2
E) N / m
2. C. 121
3. Quale delle seguenti unita' di misura NON si riferisce all'energia? 121
A) Joule
B) Erg
C) Caloria
D) Newton
E) Chilowattora
3. D. 121
4. Dire in quale dei gruppi sotto elencati compaiono solo grandezze vettoriali:
A) forza, quantità di moto, energia cinetica
B) accelerazione; densità, energia potenziale
C) quantità di moto, forza, accelerazione
D) energia cinetica, accelerazione, velocità angolare
E) densità; energia cinetica, energia potenziale
4. C: l’energia è comunque uno scalare. 121
5. La forza F di modulo pari a a 32 N sposta il suo punto di applicazione, nella direzione e nel
verso indicati in figura, di uno spostamento s = 450 cm. Il lavoro compiuto dalla forza F
vale:
A) 32 N ∙ 450 ∙ 10 – 2 m ∙ cos 120° = - 72 J F = 32 N
B) - 32 N ∙ 450 ∙ 10 m ∙ cos 120° = 72 J
–2
l = 9 cm
𝟐∙𝟗
xb 𝒙𝒃 = 𝟏𝟔+𝟐 = 𝟏 𝒄𝒎
x
m = 16 kg m = 2 kg
La massa maggiore ha distanza minore dal baricentro, 1 cm, e la massa minore distanza mag-
giore, 8 cm, ed i prodotti massa per distanza sono uguali: 16 ∙ 1 = 2 ∙ 8. Per sistemi di corpi più
complessi la determinazione del baricentro è meno semplice a meno che essi non presentino
un elevato grado di simmetria. Per esempio:
B B B
129. Per far acquistare ad un oggetto in quiete una data velocità occorre esercitare su di esso
una forza per un certo tempo. Il corpo subirà un’accelerazione data dalla:
�⃗
∆𝒗
�𝑭⃗ = 𝒎 ∙ 𝒂
�⃗ = 𝒎 ∙ da cui �𝑭⃗ ∙ ∆𝒕 = 𝒎∆𝒗
�⃗. Bisogna quindi esercitare sull’oggetto una forza per
∆𝒕
un certo tempo e l’effetto, cioè la variazione di velocità dipenderà dall’una, dall’altro e dalla
massa dell’oggetto. Il prodotto 𝑭 �⃗ ∙ ∆𝒕 è un vettore che si definisce impulso della forza.
Definendo quantità di moto di una particella il vettore definito come il prodotto della sua mas-
sa per la sua velocità: 𝒑�⃗ = 𝒎 ∙ �𝒗⃗ si ha immediatamente che l’impulso determina una variazio-
ne della quantità di moto della particella cui è applicato (teorema dell’impulso):
�𝑭⃗ ∙ ∆𝒕 = 𝒎∆𝒗�⃗ = 𝒎(𝒗 �⃗𝟏 ) = 𝒎𝒗
�⃗𝟐 − 𝒗 �⃗𝟐 − 𝒎𝒗�⃗𝟏 = 𝒑
�⃗𝟐 − 𝒑
�⃗𝟏 = ∆𝒑
�⃗
Quanto detto consente di calcolare l’intensità di forze che agiscano per tempi molto brevi (im-
pulsive):
* Un calciatore colpisce un pallone inizialmente fermo, della massa di 0,45 kg, portando la sua
velocità a 120 km orari; se il tempo di contatto tra piede e pallone è stato di 0,15 s qual’è stata
la forza media che il calciatore ha esercitato sul pallone?
𝟏𝟐𝟎 𝟏𝟐𝟎
Deve essere 𝑭 ∙ 𝟎, 𝟏𝟓 = 𝟎, 𝟒𝟓 ∙ 𝟑,𝟔 da cui 𝑭 = 𝟎, 𝟒𝟓 ∙ 𝟑,𝟔∙𝟎,𝟏𝟓 = 𝟏𝟎𝟎 𝑵.
130. Si può dimostrare che per un sistema di corpi, su cui non agiscano forze esterne, la quan-
tità di moto totale è costante (principio della conservazione della quantità di moto).
Dato, ad esempio, un sistema costituito da due blocchi, di masse 15 e 25 kg, appoggiati ad una
molla compressa di massa trascurabile, e disposti su di un piano privo di attriti, vedi figura, si
supponga di rilasciare la molla e che il corpo di massa maggiore parta con una velocità pari a
5 m/s. Determiniamo la velocità dell’altro corpo ed il lavoro fatto dalla molla.
Sul sistema non agiscono forze esterne e quindi la quantità di moto iniziale, nulla perchè v = 0,
deve essere uguale a quella finale che è data dalla quantità di moto del blocco di massa mag-
giore, p = 25 ∙ 𝟓 = 225 kg ∙ 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 più quella dell’altro blocco pari a – 15 ∙ v (il segno negativo
perchè i due blocchi hanno velocità con la stessa direzione ma verso opposto). Quindi sarà
𝟐𝟐𝟓
𝒗 = − 𝟏𝟓 = −𝟏𝟓 𝒎 ∙ 𝒔−𝟏 . L’energia cinetica totale dei due blocchi, che corrisponde al lavoro
fatto dalla molla (teorema del lavoro energia) è allora data dalla:
𝟏 𝟏
𝑲 = 𝟐 ∙ 𝟏𝟓 ∙ 𝟏𝟓𝟐 + 𝟐 𝟐𝟓 ∙ 𝟓𝟐 = 𝟐𝟎𝟎𝟎 𝑱.
131. Quando due corpi si urtano, purchè su di essi non agiscano forze esterne o comunque es-
se siano trascurabili, viene rispettato il principio della conservazione della quantità di moto
totale. Considerando il semplice caso di un urto in una dimensione ed indicando con m1 ed m2
le masse dei due corpi, con v1 e v2 le loro velocità al momento dell’impatto e con u1 ed u2 le loro
velocità subito dopo di esso deve essere verificata la:
𝒎𝟏 𝒗𝟏 + 𝒎𝟐 𝒗𝟐 = 𝒎𝟏 𝒖𝟏 + 𝒎𝟐 𝒖𝟐 .
Un urto si dirà poi elastico, oppure anelastico a seconda che avvenga, o meno, con conserva-
zione dell’energia cinetica totale; per un urto elastico dovrà essere quindi verificata la:
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
𝟐
𝒎𝟏 𝒗𝟐𝟏 + 𝟐 𝒎𝟐 𝒗𝟐𝟐 = 𝟐 𝒎𝟏 𝒖𝟐𝟏 + 𝟐 𝒎𝟐 𝒖𝟐𝟐
In un urto completamente anelastico i due corpi rimangono uniti dopo l’urto e la conservazio-
ne della quantità di moto assume la forma: 𝒎𝟏 𝒗𝟏 + 𝒎𝟐 𝒗𝟐 = 𝒎𝟏 𝒖 + 𝒎𝟐 𝒖 = (𝒎𝟏 + 𝒎𝟐 )𝒖 in
quanto i due corpi essendo uniti hanno la stessa velocità.
* Consideriamo una palla da biliardo, massa = 280 g, che urta centralmente, in modo elastico
e con una velocità di 10 m/s una seconda palla identica e ferma. Determiniamo la velocità delle
due palle dopo l’urto (trascuriamo tutti gli attriti e moti di rotazione delle due palle).
Deve essere:
𝒎𝟏 𝒗𝟏 + 𝒎𝟐 𝒗𝟐 = 𝒎𝟏 𝒖𝟏 + 𝒎𝟐 𝒖𝟐 e 𝟎, 𝟐𝟖 ∙ 𝟏𝟎 + 𝟎, 𝟐𝟖 ∙ 𝟎 = 𝟎, 𝟐𝟖𝒖𝟏 + 𝟎, 𝟐𝟖𝒖𝟐 o 𝟏𝟎 = 𝒖𝟏 + 𝒖𝟐 ;
inoltre:
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
𝟐
𝒎𝟏 𝒗𝟐𝟏 + 𝟐 𝒎𝟐 𝒗𝟐𝟐 = 𝟐 𝒎𝟏 𝒖𝟐𝟏 + 𝟐 𝒎𝟐 𝒖𝟐𝟐 e 𝟏𝟎𝟎 = 𝒖𝟐𝟏 + 𝒖𝟐𝟐
Dalla prima equazione si ha 𝟏𝟎𝟎 = (𝒖𝟏 + 𝒖𝟐 )𝟐 = 𝒖𝟐𝟏 + 𝒖𝟐𝟐 + 𝟐𝒖𝟏 𝒖𝟐 e confrontando con la se-
conda deve essere 𝟐𝒖𝟏 𝒖𝟐 = 𝟎. Quindi una delle due palle deve essere ferma mentre l’altra a-
vere una velocità di 10 m/s. L’ovvia soluzione è che la palla inizialmente in moto si è fermata e
quella inizialmente in quiete è partita con la stessa velocità che la prima ha perso.
10 /s 0 m/s 0 m/s 10 m/s
* Un vagone ferroviario che viaggia alla velocità di 24 km/h ne urta un secondo, identico ed i-
nizialmente fermo, in modo anelastico. Quale sarà la velocità dei due vagoni dopo l’urto?
Per l’urto anelastico vale la 𝒎𝟏 𝒗𝟏 + 𝒎𝟐 𝒗𝟐 = (𝒎𝟏 + 𝒎𝟐 )𝒖 che, siccome i vagoni hanno la stes-
sa massa, equivale alla 𝒎𝒗 = (𝒎 + 𝒎)𝒖 = 𝟐𝒎𝒖 o 𝒗 = 𝟐𝒖 = 𝟐𝟒 𝒌𝒎/𝒉 da cui 𝒖 = 𝟏𝟐 𝒌𝒎/𝒉.
Momento di una forza Momento angolare di una particella e di un sistema di particelle Conservazione del
momento angolare Equilibrio meccanico di un corpo rigido Leve Equilibrio statico Moti periodici ed armonici
Pendolo Gravitazione La costante di gravitazione universale G Energia potenziale gravitazionale
132. Dati due vettori 𝑨��⃗ e �𝑩
�⃗ il loro prodotto vettoriale, 𝑨
�⃗ × �𝑩 �⃗ = �𝑪⃗, è ancora un vettore che ha
per modulo il prodotto dei moduli dei due vettori moltiplicato per il seno dell’angolo minimo
�⃗, sulla direzione del secondo, �𝑩
che porta il primo, 𝑨 �⃗: 𝑪 = 𝑨 ∙ 𝑩 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝜶. La direzione del vetto-
�⃗ è
re 𝑪 perpendicolare al piano in cui giacciono �𝑨 �⃗ e �𝑩
�⃗ mentre il suo verso si può ricava-
re con la regola della vite:
�𝑨
�⃗ immaginando di ruotare una vite disposta perpendicolarmente al
𝜶 piano dei vettori e con la punta rivolta verso il basso, nel verso che
�𝑪⃗ �𝑩
�⃗ porta dal primo al secondo dei due vettori, �𝑨⃗ → �𝑩
�⃗, il verso di avan-
�⃗.
zamento della vite coincide con quello del vettore 𝑪
Va notato che se si cambia l’ordine dei fattori il risultato del prodotto vettoriale non cambia
nè di modulo nè di direzione mentre cambia di verso: �𝑩 �⃗ × �𝑨⃗ = − �𝑪⃗
�⃗
𝑪
�⃗
𝑨
��⃗
𝑩
𝝉
�⃗ P
O �⃗
𝒓
�⃗
𝑭
Si definisce momento, 𝝉 �⃗, della forza rispetto al centro di rotazione O il prodotto vettoriale tra
la forza ed il vettore spostamento dal centro di rotazione al punto di applicazione della forza:
�⃗ × 𝒓
�𝝉⃗ = 𝑭 �⃗. L’unità di misura di un momento è 𝑵 ∙ 𝒎.
Un momento provoca un’accelerazione angolare che fa ruotare il corpo intorno al centro di
rotazione sino a che la linea di azione della forza non passi per il centro di rotazione:
�⃗
𝑭
�⃗
𝒓
O �⃗
O 𝒓 �𝑭⃗
𝝉 = 𝑭 ∙ 𝒓 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝟗𝟎° = 𝑭 ∙ 𝒓 𝝉 = 𝑭 ∙ 𝒓 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝟎° = 𝟎
134. Dato un oggetto di massa m, che ruoti intorno ad un punto O da cui disti r, con una velo-
�⃗ = 𝒓
cità v, si definisce momento angolare, L, dell’oggetto il prodotto vettoriale 𝑳 �⃗ × 𝒑
�⃗ dove 𝒑
�⃗ è
la quantità di moto angolare dell’oggetto stesso, 𝒎𝒗�⃗.
m Nel caso semplice di un moto circolare a velocità costante L = mvr.
�⃗
𝒗 Si può dimostrare che se un corpo possiede un dato momento an-
�⃗
𝒓 golare, ed il momento risultante delle forze applicate su di esso è
nullo, allora la sua quantità di moto angolare non varia.
O
Nel semplice caso considerato ciò significa che l’oggetto tende a continuare nel suo moto circo-
lare mantenendo costante il prodotto vr e che ad un eventuale aumento di r dovrà corrispon-
dere una diminuzione di v).
Anche se la situazione è un pochino più complicata, questo è in pratica il
motivo per cui una pattinatrice o un tuffatore che ruotano su sè stessi sul
ghiaccio o nell’esecuzione di un tuffo, sono in grado di modificare la loro
velocità di rotazione portando le braccia più o meno vicine al corpo oppure,
rispettivamente, raccogliendo o distendendo braccia e gambe.
Gli spostamenti in questione fanno diminuire, o aumentare, il raggio di ro-
tazione di varie parti del loro corpo, con conseguente aumento, o diminuzio-
ne, della velocità di rotazione.
135. Una particella puntiforme si dice in equilibrio statico se la risultante delle forze agenti su
di essa è nulla. Se invece abbiamo un corpo rigido allora, perchè esso sia in equilibrio statico,
è necessario che siano nulle sia la risultante delle forze che quella dei momenti delle forze (ri-
spetto a qualsiasi asse di rotazione) agenti su di esso.
* Una sbarra omogenea, di massa ms = 10 kg e lunga 1 m, è appoggiata con gli estremi su due
bilance a molla. Quale massa segnerà ognuna delle due bilance? Se a 25 cm dall’estremo di
sinistra fosse posto un oggetto di massa mo = 15 kg che lettura darebbero le due bilance?
R1 R2 R1 R2
msg mo g msg
Nel primo caso le forze agenti sulla sbarra sono la sua forza peso, che si può considerare ap-
plicata nel suo centro di gravità, e le forze di reazione dei piatti delle bilance. La condizione di
equilibrio richiede che siano nulle sia la risultante delle forze che quella dei momenti delle for-
ze. Prendendo un qualsiasi centro di rotazione, per esempio il centro della sbarra, e conside-
rando positivi i momenti che causano una rotazione oraria, dovrà essere (gli angoli sono tutti
di 90° e sen 90° = 1):𝑹𝟏 ∙ 𝟎, 𝟓 + 𝟏𝟎 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟎 − 𝑹𝟐 ∙ 𝟎, 𝟓 = 𝟎; quindi si ottiene 𝑹𝟏 = 𝑹𝟐 .
Bisogna inoltre che 𝑹𝟏 + 𝑹𝟐 = 𝒎𝒔 𝒈 = 𝟗𝟖 𝑵 e quindi 𝑹𝟏 = 𝑹𝟐 = 𝟒𝟗𝑵 e le bilance segneranno
entrambe 49/9,8 = 5 kg.
Se come centro di rotazione si fosse scelto l’estremo sinistro della sbarra, la prima condizione
di equilibrio sarebbe stata scritta come 𝑹𝟏 ∙ 𝟎 + 𝟏𝟎 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟎, 𝟓 − 𝑹𝟐 ∙ 𝟏 = 𝟎 da cui 𝑹𝟐 = 𝟒𝟗 𝑵
come nel calcolo precedente.
Nel secondo caso le forze in gioco sono la forza peso della sbarra, quella del peso aggiunto e le
due forze di reazione. Quindi, procedendo come nel primo caso, e scegliendo sempre il centro
della sbarra come centro di rotazione, sarà:
𝑹𝟏 ∙ 𝟎, 𝟓 + 𝟏𝟓 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟎, 𝟐𝟓 + 𝟏𝟎 ∙ 𝟗, 𝟖 ∙ 𝟎 − 𝑹𝟐 ∙ 𝟎, 𝟓 = 𝟎 da cui
𝑹𝟏 + 𝟕𝟑, 𝟓 − 𝑹𝟐 = 𝟎; inoltre deve essere 𝑹𝟏 + 𝑹𝟐 = 𝒎𝒔 𝒈 + 𝒎𝒐 𝒈 = 𝟐𝟒𝟓 𝑵 che, sommando
membro a membro con la prima equazione dà 𝟐𝑹𝟏 + 𝟕𝟑, 𝟓 = 𝟐𝟒𝟓𝑵 e 𝑹𝟏 = 𝟖𝟓, 𝟕𝟓 𝑵 mentre
𝑹𝟐 = 𝟐𝟒𝟓 − 𝟖𝟓, 𝟕𝟓 = 𝟏𝟓𝟗, 𝟐𝟓 𝑵 cioè 16,25 e 8,75 kg (come è logico le due bilance segnano an-
che stavolta la massa totale caricata, cioè (16,25 + 8,75) = 15 kg.
136. Una leva consta di un corpo rigido, in genere di forma allungata, che può girare intorno
ad un punto O, fulcro, ed al quale in due punti sono applicate una forza da vincere, forza resi-
stente R, ed una forza che serve a vincere la forza resistente, forza motrice M.
Le leve sono macchine semplici classificabili in funzione della posizione relativa del fulcro, di
M e di R. Nelle leve di 1° genere, il fulcro è interposto tra M ed R:
m r m r m r
M R M R M R
Nel caso in cui sia m > r, allora M < R, e si potrà equilibrare una forza resistente maggiore con
una forza motrice minore e la leva si dirà vantaggiosa, come nel caso di un paio di forbici, di
un piede di porco o del volante di un’automobile.
O R
M
Qualora m < r dovrà M > R e la leva sarà svantaggiosa.
Nelle leve di secondo genere R si trova tra O ed M:
R siccome r < m sarà sempre M < R e le leve di questo tipo saranno
r sempre vantaggiose, M come nel caso della carriola oppure
O dello schiaccianoci
m M
R
Nelle leve di terzo genere M si trova tra O ed R: O
M siccome r > m sarà sempre M > R e le leve di questo tipo saranno
m sempre svantaggiose, come nel caso delle pinzette o dell’avamb-
O raccio. M O
r R
137. Un moto in cui variano, ad intervalli regolari di tempo, velocità ed accelerazione, si dice
periodico: moto di un pendolo, vibrazione di una corda di chitarra, moto di rotazione della
terra, moto di una massa attaccata all’estremità di una molla. Nel moto circolare uniforme
velocità ed accelerazione sono costanti in modulo ma variano in direzione e verso.
Un moto periodico in cui una massa oscilli intorno ad una posizione di equilibrio, sotto l’azi-
one di una forza proporzionale alla distanza da tale posizione, si dice armonico: questo è il
caso di una massa attaccata ad una molla:
x
molla allungata 𝑭 = −𝒌 ∙ 𝒙; 𝒗 = 𝟎; 𝒂 = 𝒎𝒂𝒙.
T T = mg T = mgcos𝜽
3 2
F F
1 h
mg mg
mg
F r F
1. Un astronomo osserva che un meteorite (di massa m1 e velocità v1) si dirige contro un se-
condo avente massa m2 = 2 · m1 e velocità v2 = v1 / 2 che gli va incontro sulla stessa retta.
Potremo asserire che:
A) hanno quantità di moto uguali ed opposte
B) hanno la stessa quantità di moto
C) non si possono incontrare
D) il baricentro del sistema è all’infinito
E) l’urto sarà elastico
1. A: prendendo come verso positivo quello della velocità del primo asteroide le quantità di
𝟏
moto saranno m1v1 e m2v2 = 2m1 �− 𝟐 𝒗𝟏 � = m1v1 129
2. Due sfere di metallo di peso diverso si muovono su un piano orizzontale l’una verso l’altra
con velocità diverse. Trascurando ogni forza esterna e supponendo elastico il loro urto,
quale delle eguenti affermazioni è più adeguata?
A) Nell’urto si conservano l’energia cinetica e la quantità di moto totali
B) Nell’urto si conserva l’energia cinetica totale ma non la quantità di moto totale
C) Nell’urto si conserva la quantità di moto totale, ma parte dell’energia cinetica viene dissipata
D) L’urto modifica sia l’energia cinetica totale che la quantità di moto totale
E) La quantità di moto totale cambia a seconda dell’angolo d’impatto delle due sfere
106. A: negli urti elastici si conserva sia la quantità di moto che l’energia cinetica. 131
3. In una manovra ferroviaria un vagone viene lanciato verso un altro, con il quale si aggan-
cia; dopo l'urto ambedue i vagoni procedono uniti, con moto uniforme. Confrontando gli
stati del sistema prima e dopo l'urto, quale delle seguenti affermazioni e' CORRETTA?
A) l'energia cinetica e la quantita' di moto totali non variano
B) l'energia cinetica diminuisce e la quantita' di moto non varia
C) l'energia cinetica non varia e la quantita' di moto diminuisce
D) tanto l'energia cinetica che la quantita' di moto totale diminuiscono
E) non si puo' dire niente circa il segno delle variazioni dell'energia cinetica e della quantita' di
moto se non si conosce la massa dei vagoni
107. B: è un caso di urto anelastico per il quale si conserva solo la quantità di moto. 131
4. Sia data una forza costante non nulla in modulo F1 ed un punto A1 posto sulla retta di azi-
one della forza e distante l1 dal suo punto di applicazione. Analogamente sia data una se-
conda forza costante F2 non nulla in modulo ed un punto A2 posto sulla sua retta d’azione
ad una distanza L2 dal suo punto di applicazione. Che relazione c’è tra il momento della
prima forza (M1) e quello della seconda (M2)?
A) Non si può rispondere se non si conoscono i valori di F1, F2 L1 ed L2
B) M1 > M2 se L2 > L1
C) M1 > M2 se F1 > F2 e L1 > L2
D) M1 = M2 = 0.
E) M1 > M2 se L2 < L1
�⃗ 𝒙 𝒍⃗ = 𝑭 ∙ 𝒍 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝜶 e siccome F ed l sono allineati e l’angolo che formano è
���⃗𝟏 = 𝑭
4. D: 𝑴
nullo lo è anche il seno dell’angolo e quindi il momento. 133
5. Una pattinatrice sul ghiaccio sta piroettando con le braccia strette al corpo. Ad un certo
punto allarga improvvisamente le braccia. Indicare l’affermazione più probabile tra le se-
guenti:
A) la velocità di rotazione aumenta
B) la velocità di rotazione diminuisce
C) la velocità di rotazione rimane inalterata
D) la velocità di rotazione dipende dallo stato del ghiaccio
E) la velocità di rotazione dipende dall’affilatura dei pattini
5. B: per la conservazione del momento angolare, mvr, un aumento di r deve essere ac-
compagnato da una diminuzione di v. 134
6. Un asse lunga 8 metri del peso di 20 Kg è appoggiata alle sponde di una stretta insenatura.
Un’uomo del peso di 100 Kg cammina sull’asse passando da una sponda all’altra. Durante
il percorso la somma delle forze di reazione vincolari esercitate sugli estremi dell’asse per
mantenere in equilibrio l’intero sistema:
A) è sempre uguale a 100 Kg
B) è sempre uguale a 120 Kg
C) varia con la posizione dell’uomo sull’asse
D) dipende dalla natura del materiale usato per costruire l’asse
E) è nulla
6.
(120 – x)Kg x Kg
(100 + 20)Kg
B: perché il sistema sia in equilibrio lungo l’asse verticale, asse y, la somma delle reazioni
vincolari deve eguagliare il peso totale dell’uomo e dell’asse. 135
7. La leva e' una macchina semplice che:
A) puo' equilibrare due forze diverse
B) consente di compiere maggior lavoro
C) consente di sviluppare maggior potenza
D) e' in equilibrio solo se i "bracci" sono uguali
E) e' in equilibrio solo se i "bracci" sono sulla stessa retta
7. A: perchè una leva sia equilibrio bisogna che i momenti rispetto al centro di rotazione,
fulcro, siano uguali e ciò si verifica se a forza minore corrisponde braccio maggiore e vi-
ceversa.
m M m
M
r R ∙ r = M ∙m
R R r 136
8. Il funzionamento dell’avambraccio umano è assimilato dai fisici a quello di una macchina
semplice. Quale?
A) è una leva di primo genere perchè il fulcro (gomito) si trova tra la potenza e la resistenza
B) è una leva di secondo genere perchè la resistenza si trova tra il fulcro e la potenza
C) è una leva di secondo genere come tutte quelle del corpo umano
D) è una leva di terzo genere perchè la potenza agisce tra il fulcro, gomito, e la resistenza
E) è una macchina semplice che non funziona come una leva
8. D: siccome la potenza si localizza tra il fulcro
(gomito) e la resistenza (peso nella mano) si tratta
di una leva di terzo genere.
M
R
O 136
mg
mv2/R
140
Densità Pressione Fluidi La pressione in un fluido in quiete Stevino I principi di Pascal e di Archimede
Misurazione della pressione L’equazione di continuità L’equazione di Bernoulli
142. La densità di un corpo omogeneo, 𝝆, è il rapporto tra la sua massa ed il suo volume,
𝒎
𝝆 = 𝑽 e, nell’S.I., si misura in kg/m3 (dimensionalmente 𝝆 = [𝑴 ∙ 𝑳−𝟑 ]). In genere in condizio-
ni ambiente, e cioè ad una ventina di gradi ed alla pressione di un’atmosfera, i solidi hanno
densità maggiore dei liquidi, i quali hanno densità maggiore dei gas.
solidi liquidi gas
alluminio 2700 kg/m3 acqua 1000 kg/m3 acetilene 1,17 kg/m3
3 3
argento 10490 kg/m alcool etilico 806 kg/m aria 1,29 kg/m3
ferro 7960 kg/m3 glicerina 1261 kg/m3 anidride carbonica 1,98 kg/m3
3 3
ghiaccio 917 kg/m mercurio 13600 kg/m elio 0,178 kg/m3
oro 19300 kg/m3 benzina 680 kg/m3 idrogeno 0,089 kg/m3
piombo 11300 kg/m3 olio d’oliva 920 kg/m3 ossigeno 1,429 kg/m3
3 3
rame 8960 kg/m acetone 791 kg/m azoto 1,250 kg/m3
Ghiaccio e mercurio rappresentano eccezioni rilevanti di un solido di bassa densità e, rispetti-
vamente di un liquido di alta densità.
Conoscendo volume e densità di un corpo se ne può facilmente calcolare la massa: 𝒎 = 𝝆 ∙ 𝑽.
Il peso specifico relativo di una sostanza è un numero che esprime il rapporto tra il peso del-
l’unità di volume della sostanza ed il peso dell’unità di volume dell’acqua distillata a 4 °C (che
equivale a fare il rapporto delle densità e cioè a dividere per 1000 la densità della sostanza).
Naturalmente il peso specifico relativo dell’acqua è 1 per definizione.
143. Un fluido, liquido o gas, ha forma variabile e quindi non è in grado, come i solidi, di so-
stenere una forza applicata ad un punto di esso. Nei fluidi le forze vanno applicate a delle su-
perfici, e, se il fluido deve essere in equilibrio esse devono essere perpendicolari alle supefici
stessa altrimenti strati superficiali di fluido si sposterebbero rispetto a quelli sottostanti. Va
quindi introdotta una grandezza scalare, la pressione, p, definita come la forza che agisce
𝑭⊥
perpendicolarmente sull’unità di superficie: 𝒑 = che nell’S.I di misura in 𝑵 ∙ 𝒎−𝟐 o Pa
𝑺
(Pascal).
144. Dato un fluido in equilibrio in un recipiente si può dimostrare che la pressione in un
punto del fluido è data dalla: 𝒑 = 𝒑𝟎 + 𝝆𝒈𝒉, Stevino, in cui p0 è la pressione sulla superficie
libera del fluido, 𝝆 la sua densità, g l’accelerazione di gravità ( e quindi 𝝆 ∙ 𝒈 è il peso specifico
del fluido) mentre h è la distanza tra il punto considerato e la superficie libera del fluido.
Volendo ottenere la differenza di pressione tra due punti in un fluido si può
p0 ottenere facilmente che 𝒑𝟏 = 𝒑𝟎 + 𝝆𝒈𝒉𝟏 , 𝒑𝟐 = 𝒑𝟎 + 𝝆𝒈𝒉𝟐 e quindi si avrà
𝒑𝟏 − 𝒑𝟐 = 𝝆𝒈 ∙ (𝒉𝟏 − 𝒉𝟐 ) = 𝝆𝒈 ∙ ∆𝒉 = ∆𝒑.
Siccome per i gas la densità è piuttosto piccola la differenza di pressione tra
h punti a quote diverse non sarà significativa a meno che la differenza di quota
non sia piuttosto consistente.
p Dall’aspetto dell’equazione risulta che la pressione in un punto di un fluido di-
pende dalla quota e dalla densità del fluido ma è indipendente dalla forma del
recipiente in cui si trova il fluido. Quindi le pressioni sul fondo di recipienti di
forma diversa in cui il livello dello stesso liquido sia lo stesso saranno le stesse.
Perchè un fluido sia in equilibrio è necessario che a parità di livello la pressione sia la stessa, il
che è alla base del ben noto principio dei vasi comunicanti:
𝒑𝟎 𝒑𝟎
𝒑𝟎 𝒑𝟎 + 𝝆𝒈𝒉
145. Per i fluidi incomprimibili, vale a dire i liquidi, vale il principio di Pascal ,in accordo con
il quale se si aumenta la pressione sulla superficie libera di un liquido allora essa aumenta del-
la stessa quantità in tutti i punti del liquido stesso. Un’applicazione pratica di questo principio
è quella del torchio idraulico:
la pressione applicata sul pistone di superficie minore de-
p = F1 / S1 ve, per il principio di Pascal, essere uguale a quella agente
sul pistone di superficie maggiore, quindi:
𝑭𝟏 𝑭𝟐 𝑺𝟐
𝒑= = da cui 𝑭𝟐 = 𝑭𝟏 ∙
𝑺𝟏 𝑺𝟐 𝑺𝟏
Se la superficie S2 è, per esempio il quadruplo della super-
p = F2 /S2 S1 la forza disponibile sul pistone di superficie maggiore è
il quadruplo di quella applicata su quello di superficie mi-
nore.
fluido
146. Un altro principio, valido per liquidi e gas è il principio di Archimede: un corpo immerso
in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato.
Quindi se un corpo di volume VC e densità 𝝆𝑪 è completamente immerso in un fluido di densi-
tà 𝝆𝑭 , esso riceverà una spinta dal basso verso l’alto, spinta di Archimede, pari a VC ∙ 𝝆𝑭 ∙ 𝒈
(dato che il corpo è completamente immerso sposta un volume di fluido pari al suo proprio).
spinta di Archimede: S = VC ∙ 𝝆𝑭 ∙ 𝒈
A2
A1
v1 v2
Data una condotta a sezione variabile attraverso la quale scorra un fluido ideale la velocità di
flusso del fluido sarà inversamente proporzionale alla superficie della sezione che attraversa.
* Facendo riferimento alla figura, l’acqua entra nel tubo da sinistra, dove il diametro è di 3
cm, con velocità pari a 1 m/s, ed esce a destra, dove il diametro è di 1,2 cm. Quale sarà la velo-
cità di uscita?
Per l’equazione di continuità deve essere A1 ∙ v1 = A2 ∙ v2 e cioè: 𝝅 ∙ 𝟎, 𝟎𝟑𝟐 ∙ 𝟏 = 𝝅 ∙ 𝟎, 𝟎𝟏𝟐𝟐 ∙ 𝒗
da cui v = 9/1,44 = 6,25 m.
L’equazione di continuità può anche essere scritta nella forma 𝑨 ∙ 𝒗 = 𝒄𝒐𝒔𝒕 o che è lo stesso
𝒔 𝑽
𝑨 ∙ 𝒕 = 𝒕 = 𝒄𝒐𝒔𝒕 in cui A ∙ s = V è il volume di fluido che attraversa la superficie A: quindi
𝑽
𝑨 ∙ 𝒗 = 𝒕 è il volume di liquido che attraversa la sezione del tubo nell’unità di tempo e cioè la
portata che si misura in m3/s. Oltre alla portata di volume, appena definita, si può definire an-
che la portata di massa, e cioè la massa di fluido che attraversa la sezione del tubo nell’unità
di tempo. La portata di massa si ricava immediatamente da quella di volume moltiplicando
per la densità del fluido: 𝑨 ∙ 𝒗 ∙ 𝝆.
𝟏
150. Per i fluidi ideali vale l’equazione di Bernoulli: 𝒑 + 𝟐 𝝆𝒗𝟐 + 𝝆𝒈𝒉 = 𝒄𝒐𝒔𝒕.
v2, p2
h2
p1, v1
h1
Nella condotta in figura scorre un fluido ideale che si trova, a seconda del punto della
condotta che si considera, a quote e a pressioni diverse e fluisce con diverse velocità. per
𝟏 𝟏
Bernoulli deve essere: 𝒑𝟏 + 𝟐 𝝆𝒗𝟐𝟏 + 𝝆𝒈𝒉𝟏 = 𝒑𝟐 + 𝟐 𝝆𝒗𝟐𝟐 + 𝝆𝒈𝒉𝟐 . Nel caso particolare di una
𝟏 𝟏
condotta orizzontale, 𝒉𝟏 = 𝒉𝟐 , l’equazione si riduce a: 𝒑𝟏 + 𝟐 𝝆𝒗𝟐𝟏 = 𝒑𝟐 + 𝟐 𝝆𝒗𝟐𝟐 da cui deriva
che a pressione maggiore deve corrispondere velocità minore.
Quiz da 142 a 150
1. Si definisce peso specifico relativo di una sostanza:
A) la massa dell'unità di volume della sostanza
B) il rapporto tra la massa della sostanza e la massa di una generica sostanza presa come riferi-
mento (alla temperatura di 273 K)
C) il prodotto tra la densità assoluta e l'accelerazione di gravità
D) il rapporto tra il peso della sostanza e il peso di un uguale volume di acqua distillata a 4 gradi
Celsius
E) il rapporto tra il peso specifico e l'accelerazione di gravità
1. D. 142
2. Due oggetti a forma di cubo hanno rispettivamente lato di 5 e di 10 cm. I due cubi hanno
esattamente lo stesso peso. Se indichiamo con p il peso specifico del cubo piu' piccolo e con
P il peso specifico del cubo piu'grande, in che rapporto stanno i pesi specifici p e P ?
A) (p/P) = 16
B) (p/P) = 8
C) (p/P) = 4
D) (p/P) = 2
E) Non si puo' calcolare il rapporto p/P non essendo noto il peso (uguale) dei due cubi
2. B: le dimensioni lineari stanno nel rapporto di 1 a 2 e quindi i volumi stanno nel rappor-
to di 1 a 23 cioè di 1 a 8; a parità di peso allora il primo avrà un peso specifico 8 volte mag-
giore del secondo. 142
3. Quale delle seguenti forze ha intensità (modulo) minore ?
A) Il peso (per noi, sulla Terra) di una massa di 20 kg
B) 30 N
C) 200 Pa × cm2
D) 2 barie × m2
E) 100 dine
3. E: rendendo omogenei i dati abbiamo 𝑨: 𝟐𝟎 ∙ 𝟗, 𝟖 = 𝟏𝟗, 𝟔 𝑵; 𝑩: 𝟑𝟎 𝑵; 𝑪: 𝟐𝟎𝟎 𝑵 ∙ 𝒎−𝟐 ∙
𝟏𝟎−𝟒 𝒎𝟐 = 𝟐 ∙ 𝟏𝟎−𝟐 𝑵; 𝑫: 𝟐 ∙ 𝟏𝟎𝟓 𝑵 ∙ 𝒎−𝟐 ∙ 𝒎𝟐 = 𝟐 ∙ 𝟏𝟎𝟓 𝑵; 𝑬: 𝟏𝟎𝟎 ∙ 𝟏𝟎−𝟓 𝑵 = 𝟏𝟎−𝟑 𝑵. 143
4. Un contenitore cilindrico ed un contenitore conico hanno la stessa altezza, pari a 10 cm, e
la stessa area di base, pari a 10 3 cm2. Entrambi poggiano con la loro base su un piano o-
rizzontale e sono interamente riempiti con un olio avente una densità di 900 g / L.
Assumendo che sia g = 10 m/s2, l’intensità della forza esercitata sul fondo del recipiente è
pari a:
A) 9 N per il cilindro e 3 N per il cono
B) è superiore, per l’elevata viscosità dell’olio, a quella che si sarebbe avuta se i due recipienti
fossero stati riempiti di acqua distillata
C) 90 N sia per il cilindro che per il cono
D) 9 N sia per il cilindro che per il cono
E) 90 N per il cilindro e 30 N per il cono
4. C: per la legge di Stevino la pressione sul fondo dei recipienti è data da p = ρgh in cui
ρ ed h sono densità del liquido nel recipiente e livello cui esso arriva; essi sono gli stessi in
entrambi i casi e p = 900 kg/m3 ⋅ 9,8 m/s2 ⋅ 0,1 m = 882 N/m2; la forza è data dal prodotto
p ⋅ S = 882 N/m2 ⋅ 0,1 m2 = 88,2 N ≈ 90 N. 144
5. Alla base di una colonna d'acqua alta 10 m si ha una pressione il cui valore:
A) e' pari a 1000 mm Hg
B) e' superiore a 2 atm
C) supera di circa 1 atm la pressione esterna
D) e' inferiore a 700 mm Hg
E) dipende dall'area della superficie d'appoggio della colonna
5. C: la pressione sul fondo della colonna è data dalla somma della pressione esterna più
quella dovuta all’acqua pari a p = ρgh, Stevino, dove ρ ed h sono la densità dell’acqua e
l’altezza della colonna; quindi p = 1000 kg/m3 ⋅ 9,8 m/s2 ⋅ 10 m = 98000 Pa che è quasi un
atm (1 atm = 10 5 Pa). 144
6. La pressione alla base di un cilindro contenente un liquido e':
A) indipendente dall'altezza del liquido
B) funzione solo della densita' del liquido e della temperatura
C) indipendente dall'accelerazione di gravita'
D) indipendente dalla sezione del cilindro
E) indipendente dalla densita' del liquido
6. D: la pressione alla base del cilindro è p = p0 + ρgh, Stevino, in cui p0 è la pressione
esterna. 144
7. Sono dati due recipienti di forma e volume diversi
e riempiti con uno stesso tipo di liquido. Sulla superficie
libera dei due recipienti si esercita la stessa pressione at-
mosferica. Se nei due recipienti si raggiunge la stessa al-
tezza di liquido rispetto alle rispettive superficie di fondo
(piane e orizzontali), in quale di essi la pressione sul fondo
sarà maggiore?
A) In quello che contiene un maggior volume di liquido
B) In quello che ha una maggiore superficie libera 1 2
C) In entrambi i recipienti la pressione sul fondo sarà uguale
D) In quello che ha una maggiore superficie di fondo
E) In quello che ha una minore superficie di fondo
7. C: la pressione sul fondo è data da p = p0 + ρgh, Stevino, in cui p0 è la pressione esterna e
siccome densità, ρ, e altezza del liquido, h, sono uguali essa sarà la stessa nei due recipien-
ti. 144
8. Le giraffe hanno un collo lungo circa 5 m. Assumendo per il sangue una densità pari a
quella dell’acqua, che differenza di pressione ci aspettiamo alla base del collo quando la gi-
raffa ha il collo disteso in verticale e quando ha il collo disteso in orizzontale?
A) Circa 0,5 atm
B) Circa 5 Atm
C) Circa 50 mmHg
D) Circa 0,05 Atm
E) Circa 50 Atm
8. A: quando la giraffa ha il collo in verticale alla sua base si ha una sovrapressione idro-
statica corrispondente a: 𝝆𝒈𝒉 = 𝟏𝟎𝟎𝟎 𝒌𝒈𝒎−𝟑 ∙ 𝟗, 𝟖 𝒎𝒔−𝟐 ∙ 𝟓𝒎 ≅ 𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟒 𝒌𝒈 ∙ 𝒎−𝟏 ∙ 𝒔−𝟐 =
𝟓 ∙ 𝟏𝟎𝟒 𝑷𝒂 ≅ 𝟎, 𝟓 𝒂𝒕𝒎. 144
3
9. Assumendo per l’acqua di mare una densità costante di 1,03 kg / dm , calcolare la varia-
zione del valore di pressione tra il fondo del mare e la sua superficie sapendo che il fondo
dista 3 km dalla superficie.
A) variazione di pressione = 1,03 ∙ 103 ∙ 9,8 ∙ 3 ∙ 103 Pascal = 3,0 ∙ 107 Pascal
B) variazione di pressione = 1,03 ∙ 9,8 ∙ 3 ∙ 103 Pascal = 3,0 ∙ 104 Pascal
C) variazione di pressione = 1,03 ∙ 9,8 ∙ 3 Pascal = 30 Pascal
D) variazione di pressione = 1,03 ∙ 103 ∙ 3 ∙ 103 Pascal = 3,0 ∙ 106 Pascal
E) variazione di pressione = 1,03 ∙ 104 ∙ 9,8 ∙ 3 ∙ 103 Pascal = 3,0 ∙ 108 Pascal
9. la variazione di pressione è data da
𝝆𝒈𝒉 = 𝟏𝟎𝟑𝟎 𝒌𝒈𝒎−𝟑 ∙ 𝟗, 𝟖 𝒎𝒔−𝟐 ∙ 𝟑𝟎𝟎𝟎 𝒎 = 𝟑 ∙ 𝟏𝟎𝟕 𝑷𝒂. 144
10. In un libro di fisiologia leggiamo che mediamente nei mammiferi la circolazione polmona-
re ha una pressione più bassa della circolazione sistemica. Quale tra le seguenti motivazio-
ni potrebbe essere una plausibile giustificazione fisica?
A) Data la posizione relativa, la differenza di pressione idrostatica tra gli organi coinvolti nella
circolazione polmonare è minore dell’analoga differenza di pressione nella circolazione
sistemica
B) Il sangue povero di ossigeno ha una pressione inferiore
C) Il volume di sangue immesso nella circolazione polmonare ogni secondo è assai minore di
quello immesso nella circolazione sistemica
D) Il sangue che scorre nei polmoni si muove lentamente, in modo da bene ossigenarsi
E) Il sangue della circolazione sistemica, ricco di nutrienti, ha una pressione osmotica più alta
10. A: la pressione nel circolo sanguigno dipende anche dalla differenza di livello tra gli
organi coinvolti che è la causa di sovrapressioni organiche. 144
11. Una sfera di piombo, piena, non galleggia in acqua. La causa va ricercata nel fatto che: A)
la densità del piombo è minore di quella dell’acqua
B) il piombo ha densità maggiore di quella dell’aria che respiriamo
C) il peso specifico del piombo è maggiore di quello dell’acqua.
D) a parità di peso, il volume del piombo (anche quando in forma di sfera piena, non vuota) è
maggiore di quello dell’acqua spostata
E) il piombo è un solido mentre l’acqua è un liquido
11. C: la sfera di piombo sposta una massa d’acqua inferiore alla sua. 146
12. La spinta di Archimede non dipende:
A) dalla densita' del mezzo
B) dal peso specifico del mezzo
C) dalla profondita' alla quale il corpo e' immerso.
D) dal volume del corpo
E) dal valore dell'accelerazione di gravita'
12: C. 146
3
13. Un corpo ha una massa di 30 g e un volume di 50 cm . Ponendolo in acqua, cosa succede?
A) Galleggia sulla superficie
B) Affonda, ma non e' possibile prevedere a quale profondita'
C) Resta sospeso in prossimita' della superficie
D) Resta sospeso in un punto intermedio tra superficie e fondo
E) Va ad adagiarsi sul fondo
13. A: il corpo ha una densità di 30/50 = 0,6 g ∙ cm – 3 inferiore a quella dell’acqua. 146
14. Il principio di Archimede stabilisce che ogni corpo immerso in un fluido qualsiasi riceve u-
na spinta dal basso verso l'alto pari al peso del fluido spostato. Cosa si puo' dire della spin-
ta di Archimede sulla superficie lunare?
A) Non dipendendo da forze gravitazionali, la spinta di Archimede e' presente ( con la stessa in-
tensita' che assume sulla Terra ) in qualunque punto dello spazio e quindi anche sulla superficie
della Luna
B) Sulla superficie lunare la spinta di Archimede e' sempre nulla
C) La spinta di Archimede e' presente solo sulla superficie terrestre
D) La spinta di Archimede dipende dalla massa del fluido spostato e quindi assume lo stesso va-
lore in qualunque regione dello spazio all'interno del sistema solare
E) La spinta di Archimede e' presente sulla superficie lunare ma assume, a parita' di condizioni
valori piu' bassi di quelli che assume sulla superficie terrestre
14. E: la spinta di Archimede è pari al peso del volume di liquido spostato; sulla luna il pe-
so del liquido spostato è minore dato che è minore l’accelerazione di gravità; quindi la
spinta di Archimede è minore. 146
15. L’uomo galleggia facilmente in acqua. È sufficiente che trattenga il fiato (a fine inspi-
razione) oppure si muova leggermente. Questo è dovuto al fatto che la densità media del-
l’uomo nel sistema C.G.S. è circa uguale a:
A) 1000
B) 1.
C) 100
D) 10
E) 0,1
15. B: la densità dell’uomo è circa uguale a quella dell’acqua e l’aumento di volume della
gabbia toracica conseguente all’inspirazione è sufficiente a farla diventare appena inferio-
re permettendo il galleggiamento. 146
16. Sia dato un parallelepipedo rettangolo solido ed omogeneo di dimensioni a, b e c che gal-
leggia in un liquido di densità pari a 1,2 g/cm3 con lo spigolo a, perpendicolare alla super-
ficie libera del liquido, che emerge per metà. Quanto vale la densità del materiale da cui è
costituito il parallelepipedo?
A) 0,2 g/cm3
B) 0,4 g/cm3
C) 0,6 g/cm3
D) 2,4 g/cm3
E) non si può rispondere senza sapere la misura degli spigoli
𝟏
16. C: il peso del volume di liquido spostato è pari a 𝑷 = 𝟐 𝒂 ∙ 𝒃 ∙ 𝒄 ∙ 𝝆𝒍𝒊𝒒. deve essere ugua-
le al peso del parallelepipedo pari a 𝑷 = 𝒂 ∙ 𝒃 ∙ 𝒄 ∙ 𝝆𝒑𝒑𝒅. ; quindi 𝝆𝒍𝒊𝒒 = 𝟐𝝆𝒑𝒑𝒅. ’ e 𝝆𝒑𝒑𝒅. =
𝟏, 𝟐: 𝟐 = 𝟎, 𝟔𝒈/𝒄𝒎𝟑 146
17. Per misurare la densità del sangue relativa all’acqua si può usare una miscela di xilene
(densità relativa 0,87) e di bromobenzene (densità relativa 1,50). Quale delle seguenti tec-
niche sperimentali usereste per la misura?
A) Si cambia la proporzione nella miscela sinchè non abbia lo stesso pH del sangue
B) Si cambia la proporzione nella miscela sino a che le gocce di sangue immerse nella stessa ri-
mangano in sospensione
C) Si cambia la proporzione nella miscela sino a che non abbia lo stesso colore del sangue
D) Si calcola il rapporto tra i pesi di eguali volumi di sangue e di miscela al 50% in peso xilene/
bromobenzene
E) Si cambia la proporzione nella miscela sinchè sangue e miscela salgano allo stesso livello in
due capillari uguali
17. B: le gocce di sangue rimangono in equilibrio in una miscela xilene/bromobenzene
quando presentano la stessa densità della miscela. 146
18. Un lastrone di ghiaccio è appena sufficiente a sostenere un orso bianco di massa pari a 300
kg. Assumendo per il ghiaccio una densità pari a 0,9 volte quella dell’acqua distillata e che
l’acqua in cui galleggia il lastrone sia assimilabile ad acqua distillata, qual’è il volume del
lastrone? È di circa:
A) 3 m3
B) 3 ∙ 103 m3
C) 3,33 ∙ 103 m3
D) 3,33 ∙ 104 m3
E) 3 ∙ 102 m3
18. A: è necessaria una spinta di Archimede che bilanci il peso dell’orso e del lastrone:
macqua ∙ g = 1000 ∙ V∙ 𝒈
19. Per misurare la pressione atmosferica, Torricelli utilizzò un tubo di vetro riempito di
mercurio. La scelta del mercurio è dovuta principalmente :
A) alla sua densità (un liquido meno denso avrebbe richiesto un tubo più lungo)
B) al suo colore (un liquido trasparente avrebbe reso difficoltosa la lettura del livello raggiunto)
C) alla sua elevata conducibilità termica (un liquido termicamente isolante sarebbe stato meno
sensibile alle variazioni meteorologiche)
D) alla sua bassa temperatura di fusione (altri liquidi non sarebbero utilizzabili nelle giornate
molto fredde)
E) alla sua bassa resistività elettrica (un liquido elettricamente isolante non consentirebbe di
scaricare a terra le cariche in eccesso in caso di avverse condizioni atmosferiche)
19. A. 148
20. Nella dinamica dei fluidi ideali:
A) la densita' e' nulla
B) si trascurano le forze di superficie
C) si trascurano le forze di volume
D) la viscosita' e' supposta nulla.
E) la portata e' costante
20. D: in un fluido ideale la viscosità deve essere nulla in modo che non si abbiano moti
turbolenti. 149
21. Nel moto di un liquido in un condotto, che cosa e' la portata?
A) Il rapporto fra la quantita' di liquido che passa attraverso una sezione del condotto e l'in-
tervallo di tempo in cui tale passaggio avviene.
B) La quantita' di liquido unitaria che passa attraverso una sezione del condotto in 1 secondo
C) La quantita' di liquido che passa in una sezione unitaria del condotto
D) La quantita' di liquido che passa in una qualunque sezione del condotto
E) il prodotto dell'area della sezione per il tempo
21. A: la portata di un fluido attraverso un condotto indica la quantità in massa, portata di
massa, o in volume, portata di volume, di fluido che attraversa una sezione A del condotto
nell’unità di tempo data da ρAv. 149
22. Un bambino dopo una corsa presenta 120 battiti al minuto e l’arteria aorta riceve ad o-
gnuno di essi 40 mL di sangue per cui:
A) la portata media dell’aorta è di 40 cm3 /s
B) la portata media dell’aorta è di 80 cm3 /s
C) il cuore batte 120 x 3600 volte all’ora
D) il cuore batte 20 volte al secondo
E) l’aorta riceve 800 mL di sangue al secondo
22. B: la portata di volume media dell’aorta è data da 40 mL/battito ⋅ 120 battiti/minuto =
4800 mL/minuto = 4800 mL/60s = 80 mL/s = 80 cm3/s. 149
23. In un condotto orizzontale a pareti rigide,
a sezione circolare costante, scorre con moto p1 p2
stazionario un liquido perfetto (o ideale), assog-
gettato alle sole forze di gravità e di pressione.
Dette p1 la pressione in una sezione a monte, e p2 in una sezione a valle (il liquido cioè scorre
dalla sezione 1 verso la sezione 2), quale delle seguenti relazione è corretta?
A) P1 > P2
B) P1 < P2
C) P1 = P2.
D) Non si può dire nulla senza conoscere l’area (costante) della sezione
E) Non si può dire nulla senza conoscere la velocità (costante) del liquido
23. C: per l’equazione di Bernoulli p + ½ ρ · v2 + ρ · g · h = costante e quindi p1 + ½ ρ · v12 +
ρ · g · h1 = p2 + ½ ρ · v22 + ρ · g · h2 ; dato che la la sezione è costante la velocità è costante (v1
= v2 per l’equazione di continuità, ρAv = costante); inoltre il condotto è orizzontale e h1 = h2;
di conseguenza deve essere p1 = p2. 150
Temperatura Principio zero della termodinamica Misura della temperatura Espansione termica Quantità di
calore e calore specifico Calori latenti Conduzione del calore Equivalente meccanico del calore Il primo principio
della termodinamica Equazione di stato di un gas perfetto Interpretazione cinetica della pressione
Interpretazione cinetica della temperatura
Processi reversibili ed irreversibili Cicli termodinamici Il ciclo di Carnot Il secondo principio della
termodinamica Rendimento delle macchine termiche Entropia e disordine
151. La termodinamica descrive i sistemi dal punto di vista macroscopico usando grandezze
direttamente percepibili e misurabili: pressione, p, volume, V, temperatura, T e numero di
moli, n. Il principio zero della termodinamica afferma che se due corpi sono in “equilibrio
termico” con un terzo corpo allora lo sono anche tra di loro.
Un termometro è definito dalla scelta di una data sostanza termometrica e da una qualche
proprietà fisica di tale sostanza che varii in modo continuo e monotono con la temperatura:
liquido in un capillare di vetro/lunghezza della colonna di liquido; gas a volume costante /
pressione del gas; conduttore /resistività.
La relazione tra temperatura, T, e proprietà termometrica, X, è del tipo: T(X) = aX e può esse-
re utilizzata definendo una temperatura di riferimento. Per le sostanze, i passaggi di stato,
purchè si facciano avvenire in condizioni di pressione costante, isobare, sono isotermi: alla
temperatura di fusione del ghiaccio ed a quella di ebollizione dell’acqua, alla pressione di
un’atmosfera, si assegnano i valori 0 e 100, rispettivamente e, scelta un’opportuna proprietà
termometrica X, la si misura nelle due condizioni ottenendone la variazione 𝚫𝑿. Dividendo la
variazione, per esempio della lunghezza di una colonna di mercurio in un capillare di vetro, in
100 parti uguali si definisce 1 °C e si è ottenuta la scala centigrada (se i valori arbitrari asse-
gnati fossero stati 0 e 80 oppure 32 e 212 e si fosse divisa la variazione in 80, o rispettivamente,
180 parti, si sarebbero ottenute rispettivamente la scala Reaumur e la scala Fahrenheit).
Fisicamente la temperatura, T, è l’aspetto macroscopico di una grandezza microscopica, l’e-
nergia cinetica media molecolare, 𝑬 � 𝒄𝒊𝒏.𝒎𝒐𝒍. = 𝟑 𝒌𝑻 in cui k è una co-
� 𝒄𝒊𝒏.𝒎𝒐𝒍., cui è legata dalla 𝑬
𝟐
stante universale detta costante di Boltzmann.
Dall’equazione risulta che la velocità media delle molecole che costituiscono un certo oggetto
aumenta con la temperatura e che, dati due corpi alla stessa temperatura, l’energia cinetica
media delle particelle che li costituiscono sarà la stessa. La situazione limite in cui tutte le par-
ticelle costituenti un oggetto fossero contemporaneamente ferme corrisponderebbe, in base al-
l’equazione, alla temperatura minima conseguibile che può essere valutata pari a – 273,15 °C:
tale temperatura non si può raggiungere, in quanto ciò va contro il secondo principio della
termodinamica, ma ciò non impedisce di utilizzarla come punto zero di un’altra scala termo-
metrica detta scala assoluta, scala Kelvin o scala termodinamica, la cui unità di misura coinci-
de in valore con quella della scala centigrada, 1 K = 1 °C.
Da quanto detto risulta che una temperatura nella scala centigrada è convertibile nella scala
Kelvin tramite la T(K) = T(°C) + 273,15: quindi 27 °C corrisponderanno a 300 K circa.
373 K TEb
2000 kJ kg – 1
liquido
solido, liquido
solido
333 kJ kg - 1
273 K TF
263 K kJ
p
In un diagramma pressione / volume il fenomeno descritto è rappresentato dal segmento oriz-
tale AB, ed il lavoro compiuto dal gas dall’area ad esso sot-
p tesa. Mentre la trasformazione in questione è isobara, pres-
sione costante, quella rappresentata dal segmento verticale
p1 A B BC è isocora, volume costante: in quest’ultima ∆𝑽 = 0 ed il
gas non compie lavoro. Se si fosse portato il gas dalla situa-
zione di equilibrio A alla C realizzando prima la trasforma-
zione isocora AD, lavoro nullo, e poi quella isobara DC, il
lavoro compiuto dal gas sarebbe stato minore in quanto l’e-
p2 D C spansione isobara DC, pur comportando lo stesso aumento
di volume, avviene contro una pressione esterna minore (e
l’area sottesa al segmento DC è difatti minore). Se le due
V1 V2 V trasformazioni descritte fossero state realizzate in verso con-
trario, cammini CBA e, rispettivamente, CDA, il lavoro per ognuna di esse sarebbe stato lo
stesso ma avrebbe avuto segno negativo, ∆𝑽 = V1 – V2 < 0: il significato del segno è che, men-
tre nelle espansioni descritte primaè il sistema che compie lavoro sull’ambiente, in queste
compressioni è l’ambiente che compie lavoro sul sistema.
Oltre che con le due modalità descritte il gas avrebbe potuto passare dalla situazione A alla B
in altri infiniti modi per ognuno dei quali il lavoro in gioco avrebbe potuto essere diverso: ciò
significa che il lavoro coinvolto nel passaggio di un sistema da una situazione di equilibrio ad
un altra dipende dal modo particolare in cui si realizza la trasformazione.
Il passaggio dalla situazione A alla B oltre che uno scambio maggiore o minore di lavoro con
l’ambiente può eventualmente comportare anche scambio di calore: si osserva che anche il
calore coinvolto nel processo dipende dal modo in cui esso viene realizzato.
p
p1 A In figura le trasformazioni AB e AC sono due espansioni che
sono avvenute, la prima, a temperatura costante, isoterma, e
la seconda senza scambi di calore con l’ambiente, adiabatica.
Nell’isoterma il gas, pur avendo ceduto energia all’ambiente,
ha mantenuto costante la sua temperatura, e pertanto deve a-
p2 B ver ricevuto calore dall’ambiente.
p3 C
V1 V2 V
158. Anche se il calore, Q, ed il lavoro, L, scambiati da un sistema con l’ambiente in una tra-
sformazione, dipendono ciascuno dal modo in cui essa viene realizzata, si osserva sperimental-
mente che la loro combinazione, Q – L, è sempre la stessa purchè siano le stesse le situazioni i-
niziale e finale di equilibrio. Per convenzione quando un sistema scambia lavoro con l’am-
biente, si considera positivo il lavoro fatto dal sistema sull’ambiente e negativo quello compiu-
to dall’ambiente sul sistema. La convenzione per il calore è opposta: il calore che entra nel si-
stema è positivo mentre quello in uscita è negativo.
Se in una trasformazione da A a B un sistema compie 15 J di lavo-
Q < 0 ro sull’ambiente, dal quale preleva 20 J di calore, allora la quanti-
Q > 0 tà Q – L sarà uguale a (+ 20) – (+ 15) = + 5 J;
se sullo stesso sistema, in un’altra trasformazione da A a B, l’am-
biente compie un lavoro di 25 J assorbendo dal sistema 20 J di ca-
L < 0 lore Q – L avrà il valore di (- 20) – (- 25) = + 5 J;
L > 0 in entrambi i casi descritti, e negli infiniti altri possibili, Q – L, che
rappresenta il bilancio dell’energia in entrata e in uscita ha sempre lo stesso valore, che si de-
finisce variazione di energia interna del sistema, ∆𝑼 = 𝑼𝑩 − 𝑼𝑨 = 𝑸 − 𝑳.
Si dice che una grandezza fisica relativa ad un sistema è una funzione di stato, o termodina-
mica, se la sua variazione per effetto del passaggio del sistema da una situazione di equilibrio
ad un’altra, non dipende dal modo in cui si verifica la trasformazione ma solo dalla situazione
iniziale e da quella finale.
Affermare che l’energia interna è una funzione di stato, equivale a dire che l’energia si può
trasformare, ma non può sparire o crearsi dal nulla, modi del tutto equivalenti di enunciare il
primo principio della termodinamica o di conservazione dell’energia.
159. Si può realizzare una trasformazione adiabatica o isolando il sistema, oppure facendo
avvenire la trasformazione in maniera così rapida che gli scambi di calore non hanno il tempo
di verificarsi. Se si comprime velocemente un gas, si compie lavoro sul sistema la cui energia
interna aumenta con aumento della sua temperatura; viceversa se un gas si fa espandere ve-
locemente esso compie lavoro sull’ambiente, la sua energia interna diminuisce e di conseguen-
za diminuisce la sua temperatura.
160. Si definisce gas ideale o gas perfetto un gas modello che soddisfa ad una serie di caratte-
ristiche. Esso deve essere costituito da un grandissimo numero di molecole che si muovano di-
sordinatamente ed abbiano un volume complessivo del tutto trascurabile rispetto a quello oc-
cupato dal gas. Non devono esistere forze di interazione tra le molecole se non nel momento
degli urti che devono essere elastici. Si può dimostrare che per questo modello di aeriforme e,
in condizioni particolari, bassa pressione e temperatura non troppo bassa, anche per i gas rea-
li vale la cosiddetta equazione di stato del gas perfetto che ha forma 𝒑 ∙ 𝑽 = 𝒏 ∙ 𝑹 ∙ 𝑻.
𝒑∙𝑽
Nell’equazione compare una costante universale, 𝑹 = 𝒏∙𝑻 , che, qualora si usino le unità di mi-
sura dell’S.I., e cioè Pa per la pressione, p, m3 per il volume,V, K per la temperatura, T e moli
per il numero di moli, n, vale 8,314 𝑱 ∙ 𝒎𝒐𝒍𝒆−𝟏 ∙ 𝑲−𝟏 (va notato che il prodotto p ∙ V esprime
un’energia: se essa viene espressa in calorie R vale 1.987 𝒄𝒂𝒍 ∙ 𝒎𝒐𝒍𝒆−𝟏 ∙ 𝑲−𝟏 mentre se si usa-
no litri ed atmosfere vale 0,0821 𝑳 ∙ 𝒂𝒕𝒎 ∙ 𝒎𝒐𝒍𝒆−𝟏 ∙ 𝑲−𝟏 ).
L’equazione di stato consente di ricavare con relativa facilità che se due gas diversi, contenuti
in due recipienti di uguale volume, si trovano nelle stesse condizioni di temperatura e di pres-
sione, allora essi presentano lo stesso numero di moli (principio di Avogadro).
161. L’equazione di stato consente tutta una serie di considerazioni.
• Per una data quantità in moli di gas a temperatura costante, nRT = cost, si ha la cosiddetta
legge di Boyle o legge isoterma: pressione e volume sono inversamente proporzionali vale a
dire pV = cost.
• Per una data quantità in moli di gas a volume costante, condizioni isocore, si ha la
𝒑 𝒏𝑹
= = cost, nelle condizioni dette pressione e temperatura (in kelvin) sono direttamen-
𝑻 𝑽
te proporzionali.
• Per una data quantità in moli di gas a pressione costante, condizioni isobare, si ha la
𝑽 𝒏𝑹
= = cost, nelle condizioni dette volume e temperatura (in kelvin) sono direttamente
𝑻 𝒑
proporzionali.
* Per esempio se 5 litri di gas alla pressione di 8 atm vengono fatti espandere, a temperatura
costante sino al volume di 20 litri la pressione finale si potrà ottenere da:
𝒑𝟏 ∙ 𝑽𝟏 = 𝒑𝟐 ∙ 𝑽𝟐 cioè 8 ∙ 5 = p2 ∙ 20 da cui p2 = 40 : 20 = 2 L
* A quale temperatura andrà raffreddato, in condizioni isocore, un gas che si trova a 127 °C
affinchè la pressione, inizialmente di 4 atm scenda a 3 atm?
𝒑𝟏 𝒑𝟐 𝒑𝟐 ∙𝑻𝟏
Dalla = si ha 𝑻𝟐 = = 3 ∙ 400 : 4 = 300 K = 27 °C
𝑻𝟏 𝑻𝟐 𝒑𝟏
* Se, a pressione costante, si raffreddano 25 litri di gas da 227 °C a 127 °C quale sarà il volu-
me finale del gas?
𝑽𝟏 𝑽𝟐 𝑽𝟏 ∙𝑻𝟐
Dalla = si ha 𝑽𝟐 = = 25 ∙ 400 : 500 = 20 litri.
𝑻𝟏 𝑻𝟐 𝑻𝟏
162. Si dice che un gas è a condizioni normali, c.n., quando si trova alla pressione di 1 atm ed
alla temperatura di 0 °C: in queste condizioni una mole, cioè 6 ∙ 10 23 molecole, di qualsiasi gas
occupa un volume di circa 22,4 litri. Conoscendo la massa in grammi di una mole del gas, M,
𝑴
si può ottenere la sua densità assoluta a condizioni normali dal rapporto 𝒅 = 𝟐𝟐,𝟒 g/L.
163. La temperatura, a livello microscopico, è interpretabile come l’energia cinetica media
delle molecole che costituiscono un corpo e, come già detto, è correlata ad essa dalla relazione
� 𝑲 = 𝟑 𝑲𝑻, dove T è la temperatura, espressa nella scala Kelvin, cui si trova il corpo. Per un
𝑬 𝟐
gas ideale l’energia interna è dovuta solo all’energia cinetica delle molecole e dipende quindi
solo dalla temperatura. Se il gas compie lavoro sull’ambiente, espansione, in condizioni adia-
batiche, cioè senza scambi di calore, siccome deve essere ∆𝑼 = −𝑳 , andrà incontro ad una
diminuzione dell’energia interna e di conseguenza si raffredderà (L > 0 e quindi ∆𝑼 < 0) .
Nel caso di una compressione adiabatica, lavoro fatto sul sistema con Q = 0, siccome il lavoro è
negativo la variazione di energia interna, ∆𝑼 = - L, sarà positiva ed il gas andrà incontro ad
un aumento di temperatura.
Se si vuole che un gas con comportamento ideale si espanda a temperatura costante, trasfor-
mazione isoterma, siccome in queste condizioni la sua energia interna deve rimanere costante
come la temperatura dovrà essere ∆𝑼 = 𝑸 − 𝑳 = 𝟎 e 𝑸 = 𝑳, il che significa che la diminuzione
di energia interna cui andrebbe incontro il gas nel lavoro di espansione deve essere compensa-
to fornendogli calore; nel caso di una compressione isoterma il discorso è esattamente simme-
trico ed il gas dovrà essere raffreddato.
164. La pressione di un gas contenuto all’interno di un recipiente è invece dovuta agli urti del-
le sue molecole contro le pareti dello stesso, urti che imprimono alle pareti una forza che, di-
stribuita sulla superficie delle pareti detrmina la pressione. A parità di volume, un aumento
del numero di molecole e/o della temperatura, cioè della velocità media molecolare, farà au-
mentare il numero di urti contro le pareti e, di conseguenza, la pressione.
165. Una trasformazione termodinamica si dice reversibile quando a partire da una situazione
di equilibrio, valori costanti ed uguali in tutto il sistema delle variabili termodinamiche (p, T,
n e V) si arriva ad una seconda situazione di equilibrio passando per tutta una serie di situa-
zioni intermedie anch’esse di equilibrio: per realizzare ciò è necessario che la trasformazione
abbia luogo lentissimamente in modo che, istante per istante, il sistema riesca a riequilibrarsi
e, quindi una trasformazione reversibile, che è un processo ideale, richiederebbe per essere
realizzata un tempo infinito. Se invece una trasformazione è irreversibile si passa da una si-
tuazione di equilibrio ad un’altra attraverso delle situazioni di non equilibrio che non possono
essere descritte.
Una trasformazione, poi, si dice ciclica quando si riporta alla stessa situazione iniziale e tutte
le variabili del sistema riassumono gli stessi valori (e le variazioni delle funzioni di stato, come
l’energia interna, sono nulle).
Qualora la trasformazione sia reversibile, e riguardi un gas, essa è descritta, in un piano p / V,
da una linea chiusa.
p p p
p1,2 1 2 A
A
B
p3,4 4 3 D
I V1,4 V2,3 II C III
V V V
T1
p1 a
p2 b
L4 L2
Isolante
p4 Isolante
d L3 T2
p3 Q2 c
V1 V4 V2 V3
Il lavoro compiuto nel ciclo è rappresentato dall’area compresa tra le due isoterme e le due
adiabatiche: L = L1 + L2 – L3 – L4. Il calore scambiato è Q = Q1 – Q2. Siccome per il ciclo è ∆U =
0 sarà L1 + L2 – L3 – L4 = Q1 – Q2. Quindi il sistema ha trasformato una parte del calore che gli
è stato fornito in lavoro (macchina termica).
Il rendimento di una macchina termica è, per definizione, il rapporto tra il lavoro fatto dalla
𝑳 𝑸 −𝑸 𝑸
macchina ed il calore ad essa fornito:𝝆 = 𝑸 = 𝟏𝑸 𝟐 = 𝟏 − 𝑸𝟐.
𝟏 𝟏 𝟏
Il rendimento di una macchina termica è quindi sempre minore di 1 a meno che il calore re-
stituito al serbatoio a temperatura più bassa non sia nullo (empiricamente si osserva che tutte
le macchine termiche restituiscono una quantità di calore non nulla e quindi hanno rendimen-
to inferiore ad 1).
Realizzando un ciclo di Carnot all’inverso si può utilizzare lavoro fornito al sistema per far
passare calore dal serbatoio a temperatura minore a quello a temperatura maggiore (frigori-
fero).
167. Il secondo principio della termodinamica (Kelvin) postula l’impossibilità di realizzare u-
na trasformazione il cui unico risultato finale sia la trasformazione in lavoro del calore prele-
vato da una sorgente che si trovi tutta alla stessa temperatura. Si può equivalentemente affer-
mare che non è possibile raggiungere lo 0 assoluto, realizzare una macchina termica con ren-
dimento uguale ad 1 o convertire completamente calore in altre forme di energia.
Il principio in questione rende conto del fatto che esistono in natura pro-cessi spontanei irre-
versibili che decorrono sempre nello stesso verso, come l’espansione libera di un gas o il pas-
saggio di calore da un corpo a temperatura maggiore ad un altro a temperatura minore, feno-
meni che potrebbero avvenire anche nel verso contrario senza violare il primo principio della
termodinamica. Considerazioni più quantitative richiedono l’impiego di una funzione di stato,
detta entropia, simbolo S, la cui variazione, per un sistema, è definita come il rapporto tra il
calore scambiato reversibilemente con l’ambiente e la temperatura costante cui il processo si è
𝑸
verificato: ∆𝑺 = . Come risulta dalla definizione l’entropia è un’energia per ogni kelvin e
𝑻
quindi l’unità di misura sarà J ∙ K – 1 (mentre l’energia interna, U, si misura in J). Utilizzando
l’entropia il secondo principio della termodinamica può essere enunciato affermando che un
processo sarà spontaneo quando la variazione di entropia corrispondente, per il sistema e per
l’ambiente, sarà maggiore di zero: ciò equivale ad affermare che tutti i processi irreversibili
che avvengono in natura hanno come conseguenza un aumento dell’energia dell’universo.
168. Dal punto di vista della termodinamica statistica l’entropia è considerata come una mi-
sura del contenuto di disordine di un sistema, e la spontaneità dei processi che avvengono con
aumento di entropia come un’intuitiva tendenza a passare da una situazione più ordinata, e
quindi meno probabile, ad una situazione meno ordinata e pertanto più probabile. È impor-
tante osservare che ciò non vieta che avvengano processi che comportano un aumento dell’or-
dine, e quindi una diminuzione di entropia, purchè essi siano concomitanti con altri che com-
portino un suo aumento in misura tale che la variazione complessiva di tale grandezza sia
maggiore di zero.
Quiz da 161 a 168
169. Un corpo è elettricamente carico quando presenta un numero di elettroni inferiore, cari-
ca positiva, o, rispettivamente, superiore, carica negativa, di quello dei protoni. A secondo che
in esso gli elettroni siano liberi, o meno, di muoversi, il corpo si dice conduttore o isolante (so-
no conduttori i metalli e la grafite). L’unità di misura della carica elettrica è il coulomb, C,
definito come la quantità di carica elettrica che attraversa in un secondo la sezione di un filo
conduttore nel quale circoli la corrente stazionaria di un àmpere (A).
Tra due oggetti carichi esiste una forza di interazione elettrostatica data dalla legge di Cou-
lomb che, se le cariche sono nel vuoto, ha la forma:
𝟏 𝒒𝟏 ∙𝒒𝟐
𝑭= ∙ in cui r è la distanza tra le due cariche, mentre q1 e q2 sono le cariche in gio-
𝟒𝝅𝜺𝟎 𝒓𝟐
co: la forza, che è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche ed inversamente pro-
porzionale al quadrato della loro distanza ha direzione coincidente con la congiungente le due
cariche e verso che dipende dalla natura delle due cariche.
F F F F
carica e si misura in N ∙ C – 1 . La direzione del campo elettrico va dalla carica q alla carica che
genera il campo, Q, ed il verso dipende dal segno della carica generatrice. Si può descrivere un
campo elettrico mediante delle linee di forza le quali hanno le seguenti proprietà:
a) in ogni punto dello spazio il vettore �𝑬⃗ ha direzione tangente alla linea di forza che passa
per quel punto.
b) l’intensità del campo elettrico in un punto è proporzionale all’ ”addensamento” delle linee
di forza in quel punto.
c) per lo stesso punto non possono passare due diverse linee di forza (il campo avrebbe con-
temporaneamente due diversi valori nello stesso punto).
+ -
Le linee di forza possono descrivere anche i campi elettrici dovuti a più di una carica. Per due
cariche uguali di segno opposto o dello stesso segno le rappresentazioni sono:
Siccome il campo elettrico è un vettore, il calcolo del campo elettrico, dovuto a più cariche, in
un punto dello spazio si puo realizzare tramite la somma vettoriale dei vari campi elettrici in
quello stesso punto. Quindi date due cariche elettriche + q e – q poste ad una distanza 2r, il
campo elettrico nel punto intermedio tra le due cariche sarà dato dalla:
��⃗𝟏
𝑬
��⃗
𝑬 �⃗ = 𝑬
𝑬 ��⃗𝟏 + 𝑬
�⃗𝟐
1 ��⃗𝟐
𝑬 2
Se le due cariche avessero avuto lo stesso segno il campo elettrico nel punto intermedio ovvia-
mente sarebbe stato nullo:
�𝑬
�⃗𝟏
�𝑬
�⃗ �𝑬⃗ = �𝑬
�⃗𝟏 + �𝑬⃗𝟐 = 𝟎
1 �𝑬
�⃗𝟐 2
171. In un conduttore isolato carico all’equilibrio la carica è tutta distribuita sulla superficie
esterna:
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
- -
- E=0 -
- -
- -
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Se un conduttore viene caricato le cariche al suo interno creano un campo elettrico che le
mette in movimento finchè esse assumono una distribuzione tale che il campo elettrico al-
l’interno del conduttore si azzera. Si può dimostrare che in questa situazione tutta la carica si
deve trovare sulla superficie del conduttore.
Qualora due armature metalliche piane cariche di segno opposto vengono affacciate, vedi fi-
gura, le linee di forza del campo elettrico tra di esse sono parallele e perpendicolari alle due
armature:
il sistema in questione consente di ottenere un campo elettrico omo-
geneo, avente cioè direzione, verso ed intensità costanti nello spazio
tra le due superfici metalliche affacciate.
(+) �𝑬
�⃗ (-)
172. La differenza di potenziale elettrico tra due punti A e B, in un campo elettrico, è definito
come il lavoro fatto da una forza agente per spostare senza accelerazione una carica unitaria
𝑳
positiva q0 , carica di prova, da A a B ed è ottenibile dalla: ∆𝑽 = 𝑽𝑩 − 𝑽𝑨 = 𝒒 . L’unità di
𝟎
misura del potenziale elettrico è il Volt, V o, che è lo stesso J ⋅ C – 1.
A seconda che il lavoro sia positivo, nullo o negativo il potenziale in B sarà maggiore, minore o
uguale del potenziale in A:
LAB > 0 VB > VA;
LAB = 0 VB = VA;
LAB < 0 VB < VA.
Ponendo A ad una distanza infinita da tutte le cariche e VA= 0, il potenziale elettrico in un
𝑳
punto può essere definito come: 𝑽 = 𝒒 (dato che siamo interessati alle differenze di potenziale
𝟎
il riferimento arbitrario anziché 0 potrebbe essere un valore qualunque). Il potenziale in que-
stione in pratica esprime il lavoro per portare la carica di prova dal punto considerato a
distanza infinita da essa.
Vicino ad una carica positiva il potenziale è positivo perché la forza agente deve compiere un
lavoro positivo per vincere il campo elettrico ed avvicinare la carica di prova (la forza che vin-
ce il campo elettrico e lo spostamento sono concordi) mentre vicino ad una carica negativa il
potenziale è negativo perché la forza compie un lavoro negativo per avvicinare la carica di
prova (forza che vince il campo e spostamento sono discordi).
(+) E (-) E
s
L>0 F L<0 s F
La differenza di potenziale tra due punti, o il potenziale di un punto (e quindi L), non dipende
dal modo in cui si va da un punto all’altro, o dall’infinito al punto in questione, ma solo dalla
posizione dei due punti (o del punto): questo perchè le forze elettrostatiche, come quelle
gravitazionali, sono conservative.
�𝑬
�⃗
F E
H
G
C
s D
B
F
A
I lavori nel percorso AB e nel percorso ACFDEGHB sono equivalenti in quanto nei tratti per-
pendicolare ad E, e quindi alla forza agente, il lavoro è nullo, mentre la somma dei tratti ra-
diali è equivalente al tratto AB.
Il luogo dei punti dello spazio aventi lo stesso potenziale si dice superficie equipotenziale. Per
definizione, se una carica si sposta in un qualunque modo da un punto ad un altro di una su-
perficie equipotenziale il lavoro globale in giuoco è nullo. Il campo elettrico in ogni punto di
una superficie equipotenziale deve quindi essere perpendicolare alla superficie stessa in modo
da non avere componenti in essa (altrimenti si compirebbe lavoro spostando una carica sulla
superficie equipotenziale). Nei casi particolari di campi elettrici generati da cariche puntifor-
me oppure distribuzioni superficiali omogenee di carica le superfici equipotenziali sono rispet-
tivamente superfici sferiche concentriche e piani paralleli.
�𝑬
�⃗ �𝑬
�⃗
Data una carica positiva q0 in un campo uniforme di intensità E la si sposta senza accelerazio-
B ne dal punto A al punto B distante d in direzione del campo, trami-
te una forza F di intensità q0E.
Il lavoro compiuto da tale forza è dato dalla:
d F L = Fd = q0Ed.
s q0 Per definizione VB – VA = q0Ed/q0 = Ed.
In questo caso semplice la differenza di potenziale tra due punti, in
in un campo elettrico uniforme, dipende dall’intensità del campo e
q0E dalla distanza tra i due punti.
A Risulta inoltre come l’intensità del campo elettrico possa essere e-
spressa, oltre che in N ⋅ C –1
anche in V ⋅ m – 1.
173. Si può dimostrare che il potenziale nei vari punti dello spazio intorno ad una carica pun-
tiforme Q dipende solo dalla carica e dalla distanza da essa del punto considerato (e quindi co-
me già detto le superfici equipotenziali sono sferiche) ed è
dato dalla:
𝟏 𝑸
𝑽𝑷 = ∙
𝟒𝝅𝜺𝟎 𝒓
Il potenziale, a differenza del campo elettrico, è uno scala-
+ r P e, di conseguenza, per calcolare in un punto, il potenziale
dovuto a due, o più, cariche elettriche, è sufficiente som-
re i potenziali dovuti ad ognuna delle cariche:
V = V1 + V2 + V3 + ...
Per esempio il potenziale di un punto P che disti r da una
carica + Q e 2r da una carica – 2 Q sarà dato da:
𝟏 +𝑸 −𝟐𝑸 𝟏 +𝑸 −𝑸
𝑽𝑷 = 𝟒𝝅𝜺 ∙ � 𝒓 + 𝟐𝒓 � = 𝟒𝝅𝜺 ∙ � 𝒓 + 𝒓 � = 𝟎
𝟎 𝟎
Per il sistema costituito dalle quattro cariche ai quattro vertici di un quadrato, come in figura,
il potenziale al centro del quadrato si otterrà considerando che i potenziali delle cariche + Q e
+Q +2Q - Q nel centro del quadrato si annulleranno per simmetria, e
per quanto riguarda quelli delle cariche + 2 Q essi saranno
√𝟐 𝟏 +𝟐𝑸 𝟏 +𝑸
𝒍 uguali tra di loro e ciascuno uguale a 𝑽 = 𝟒𝝅𝜺 ∙ = 𝝅𝜺 ∙ 𝒍∙√𝟐
𝟐 𝟎 𝒍∙
√𝟐 𝟎
𝟐
√𝟐𝑸
l Quindi il potenziale cercato sarà 2V =
𝝅𝜺𝟎 𝒍
+2Q -Q
174. Una carica positiva, Q, in un campo elettrico passa spontaneamente da punti a potenziale
maggiore a punti a potenziale minore acquistando energia in quanto il campo sta facendo un
lavoro su di essa, L = Q ∙ ∆𝑽.
Un elettrone che si trovi in un campo elettrico, siccome ha carica negativa, va da potenziale
minore a potenziale maggiore, acquistando energia. Qualora esso “cada” da un punto ad un
altro tra i quali si abbia una differnza di potenziale di 1 V allora l’energia acquistata dall’elet-
trone è di 1 elettronvolt, 1 eV, che corrisponde a 1,6 ∙ 10 – 19 C ∙ 1 V = 1,6 ∙ 10 – 19 J.
175. Una carica q posta su un conduttore isolato all’equilibrio si dispone sulla sua superficie in
modo che tutti i suoi punti, e tutti i punti interni al conduttore, abbiano lo stesso potenziale. Se
ciò non fosse le cariche, elettroni, si muoverebbero da potenziale minore a maggiore e non sa-
rebbe verificata l’ipotesi che il conduttore si trova in equilibrio elettrico. La carica posta sul
𝒒
conduttore ed il potenziale che esso assume di conseguenza sono legati dalla: = 𝑪 in cui C,
𝑽
capacità del conduttore, è una costante che dipende solo dalla forma e dalle caratteristiche
geometriche del conduttore. La capacità si misura in 𝑪 ∙ V – 1 o, che è lo stesso, in Farad, F (i
conduttori isolati hanno capacità molto basse e quindi in pratica si impiegano i 𝝁𝑭 (10 – 6 F) o
addirittura i pF (10 – 12 F).
176. Un condensatore piano è costituito da due armature metalliche uguali e parallele di area
A poste ad una distanza d tra di loro sulle quali si costituiscono una carica + q ed una carica -
q. Qualora d sia abbastanza piccolo rispetto alle dimensioni lineari delle armature tra di esse
si costituisce un campo elettrico uniforme (e quindi la differenza di potenziale tra le due ar-
mature darà V = E ∙ d.
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
d
E
. - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - .- - - - - - - - . - - - - - - - -
Si può dimostrare che la capacità C del sistema, qualora tra le due armature ci sia il vuoto o
𝑨
aria, è data dalla 𝑪 = 𝜺𝟎 ∙ . Se tra le armature si interpone una sostanza isolante, dielettri-
𝒅
𝑨
co, avente una data costante dielettrica 𝜺 la relazione diventa 𝑪 = 𝜺 ∙ 𝜺𝟎 ∙ (quindi se la mi
𝒅
ca presenta una costante dielettrica di 5,4 un condensatore piano in cui sia presente questo
dielettrico avrà una capacità 5,4 volte maggiore dello stesso condensatore in cui tra le lastre
sia presente il vuoto.
In certi dielettrici polari, come l’acqua, sono presenti dipoli, cosiddetti permanenti, che in
presenza di un campo elettrico tendono ad allinearsi con esso mentre in altri, non polari, i
dipoli vengono a costituirsi per effetto del campo elettrico stesso
I dipoli orientati creano un campo elettrico contrario a quello del condensatore che provoca
una diminuzione della differenza di potenziale tra le armature ed un aumento della capacità.
177. Una sistema di condensatori è disposto in parallelo se la differenza di potenziale tra le
armature è la stessa per tutti. La capacità equivalente corrisponde a quella di un unico con-
densatore in grado di accumulare sulle sue armature la stessa carica totale in presenza della
medesima differenza di potenziale. Si può dimostrare che per il sistema rappresentato in
figura, che rappresenta appunto una configurazione di condensatori in parallelo, la capacità
equivalente è data dalla:
+ q1 + q2 + q3
V C1 C2 C3
- q1 - q2 - q3
𝑪𝒆𝒒. = 𝑪𝟏 +𝑪𝟐 + 𝑪𝟑
Un sistema di condensatori è invece disposto in serie se la carica sulle armature è la stessa per
tutti i condensatori. La capacità equivalente corrisponde a quella di un unico condensatore
sulle cui armature la carica fosse la stessa accumulata su uno solo dei condensatori e la dif-
ferenza di potenziale la somma delle differenze di potenziale tra le armature dei vari
condensatori.
V1 V2 V3
C1 C2 C3
-q +q -q +q -q +q
I II III V IV V VI
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
Per questa configurazione: = + +
𝑪𝒆𝒒. 𝑪𝟏 𝑪𝟐 𝑪𝟑
* Si vuole realizzare una configurazione di 2 condensatori in serie che abbia una capacità
equivalente di 𝟒 𝝁𝑭 utilizzando un primo condensatore la cui capacità valga 𝟔 𝝁𝑭. Quale
dovrà essere la capacità del secondo?
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
Deve essere 𝑪 = 𝑪 + 𝑪 cioè 𝟒 = 𝟔 + 𝑪 e 𝟒 − 𝟔 = 𝑪 da cui = e C2 = 12 𝝁𝑭
𝒆𝒒. 𝟏 𝟐 𝟐 𝟐 𝟏𝟐 𝑪𝟐
1. La forza di Coulomb che si esercita tra due cariche elettriche puntiformi poste ad una distanza R:
A) è inversamente proporzionale al cubo di R
B) è inversamente proporzionale al quadrato di R
C) è direttamente proporzionale al quadrato di R
D) è inversamente proporzionale a R
E) è direttamente proporzionale a R
𝟏 𝑸+ ∙𝑸−
1. B: 𝑭𝒆𝒍𝒆𝒕𝒕. = ∙ 169
𝟒𝝅𝜺𝟎 𝜺 𝑹𝟐
2. La costante dielettrica dell'acqua è 80. Se due cariche elettriche positive vengono poste ad una certa
distanza in acqua, esse, rispetto al vuoto:
A) si respingono con una forza 6400 volte minore
B) si attraggono con una forza 6400 volte minore
C) si respingono con una forza 80 volte minore.
D) si attraggono con una forza 80 volte minore
E) si comportano allo stesso modo
2. C. 169
3. Due cariche elettriche puntiformi sono mantenute ad una distanza fissa pari a 1 cm. Le ca-
riche valgono q1 = + 2µC e q2 = − 2µC. In quale punto della retta che congiunge le due cariche
posso portare una terza carica di valore arbitrario q in modo che su di essa agisca una forza
elettrica risultante nulla?
A) In nessun punto
B) Dipende dal valore q della terza carica
C) A distanza di 1 cm dalla carica positiva
D) A distanza di 1 cm dalla carica negativa
E) Nel punto di mezzo tra le due cariche
3. A: le forze che agiscono sulla carica situata sulla retta che congiunge le due cariche opposte
saranno concordi nel caso che essa sia interposta; se la carica invece si trova a destra, oppure
a sinistra di esse, a causa della diversa d istanza, una delle due forze sarà comunque di inten-
sità superiore all’altra.
169
4. Due sferette elettricamente cariche con carica di segno opposto vengono collocate vicine l’una
all’altra, ciascuna sospesa ad un filo inizialmente verticale. Indicare la descrizione più ade-
guata tra le seguenti:
A) le sferette si respingono
B) le sferette non si muovono dalla posizione iniziale
C) le sferette si attraggono
D) le sferette si mettono a ruotare
E) le sferette oscillano indefinitamente
4. C 169
5. Una carica elettrica puntiforme è soggetta alla forza elettrostatica esercitata da un campo
elettrico costante in modulo, direzione e verso. Non esistono altre forze agenti su questa
carica. La carica è inizialmente in quiete. Quale moto assume la carica, in assenza di altre
forze?
A) Rettilineo uniforme (a velocità costante)
B) Rettilineo uniformemente accelerato
C) Rettilineo armonico
D) Circolare uniforme
E) Nessuno: rimarrà in quiete
5. B: se un oggetto è soggetto ad una forza costante si muove di moto rettilineo uniformemente
accelerato. 170
6. Un campo elettrico si può misurare in:
A) Pa oppure N/m2
B) V/m oppure N/C
C) J/C
D) V/J
E) J ∙ C
6. B: l’intensità del campo elettrico, E, esprime la forza che agisce sull’unità di carica punto
per punto, 𝑬 = 𝑭 ∙ 𝑪−𝟏 e si misura in 𝑵 ∙ 𝑪−𝟏 che è lo stesso di 𝑵 ∙ 𝒎 ∙ 𝒎−𝟏 ∙ 𝑪−𝟏 = 𝑱 ∙
𝑪−𝟏 𝒎−𝟏 = 𝑽 ∙ 𝒎−𝟏 . 172
7. Come unità di misura del potenziale elettrico possono essere utilizzate alternativamente tutte
quelle elencate, salvo una che è ERRATA. Quale?
A) Volt
B) Joule / coulomb
C) Watt / ampère
D) Newton / coulomb.
E) (Newton ∙ metro) / coulomb
7. D: il potenziale non è forza per unità di carica. 172
8. Quale è la corretta definizione (o valore) della differenza di potenziale elettrico tra due punti
A e B di un campo elettrico ?
A) E' il rapporto tra il lavoro del campo elettrico per trasportare una carica elettrica Q da A a B, e il
valore di Q
B) E' il prodotto tra il lavoro del campo elettrico per trasportare una carica elettrica Q da A a B e il
valore di Q
C) E' il rapporto tra il valore della carica elettrica Q trasportata da A a B e il lavoro del campo
elettrico per trasportarla da A a B
D) E' il prodotto del valore E del campo elettrico tra A e B e il valore della carica Q trasportata
E) E' il rapporto tra il valore E del campo elettrico tra A e B e il valore della carica Q trasportata
8. A: è il lavoro da compiere per spostare l’unità di carica da un punto all’altro e si ottiene dal
rapporto tra il lavoro eseguito su di una carica generica ed il valore della carica stessa. 172
9. Sia S una superficie equipotenziale di un campo elettrico qualsiasi. In un punto P della super-
ficie il vettore campo elettrico:
A) è tangente ad S
B) è nullo
C) è perpendicolare ad S
D) ha una direzione che dipende dalla distribuzione delle cariche che generano il campo
E) forma con la normale ad S un angolo acuto
9. C. 172
10. Siano M ed N due punti di un campo elettrico. Una carica puntiforme q si sposta da M ad N
seguendo uno dei percorsi indicati in figura e le forze del campo compiono il lavoro L. Delle
seguenti affermazioni qual è quella corretta?
M
N
A) Il lavoro L dipende dal percorso seguito dalla carica q per spostarsi da M ad N
B) La differenza di potenziale tra N ed M è uguale al lavoro L
C) La differenza di potenziale tra N e M è L/q
D) La differenza di potenziale è una grandezza vettoriale
E) La differenza di potenziale tra N e M è Lq
10. C: la differenza di potenziale tra i punti è indipendente dal percorso dato che il campo
elettrico è conservativo, ed è, per definizione, il lavoro per portare l’unità di carica da un
punto all’altro. 172
11. Due cariche elettriche uguali ed opposte si trovano alla distanza d. Quanto vale il potenziale e-
lettrico nel punto di mezzo tra le due cariche?
A) La metà del potenziale dovuto a ciascuna carica
B) tende all’infinito
C) non è definito
D) zero
E) il doppio del potenziale dovuto a ciascuna carica
11. E. 173
12. Un sistema di cariche è costituito da due cariche puntiformi uguali ed opposte collocate ad
una certa distanza tra di loro. Cosa si può dire del potenziale elettrico generato da un tale si-
stema?
A) È dato dalla somma dei potenziali elettrici prodotti dalle singole cariche
B) È dato dalla differenza dei potenziali elettrici prodotti dalle singole cariche
C) È dappertutto nullo perchè le due cariche sono uguali ed opposte
D) È dato dal valor medio dei potenziali generati dalle singole cariche
E) È identico a quello di una carica puntiforme di valore pari a metà delle carica negativa
12. A 173
13. Joule, Erg, Caloria, Elettronvolt sono unità di misura dell’energia?
A) 3 si 1 no
B) 2 si 2 no
C) 1 si 3 no
D) Nessuna
E) Tutte e 4
13. E. 174
14. Dato un condensatore di capacità C e di carica Q in cui la differenza di carica tra le armature
vale V sarà:
A) C = V ∙ Q
B) C = Q2 / V
C) C = V2 ∙ Q
D) C = V / Q
E) C = Q / V
14. E. 175
15. Introducendo un dielettrico tra le armature di un condensatore, la sua capacità aumenta per-
chè:
A) il dielettrico si polarizza
B) aumenta la differenza di potenziale tra le due armature
C) aumenta l’intensità del campo elettrico tra le due armature
D) il dielettrico non permette il passaggio delle cariche elettriche
E) per la presenza del dielettrico la armature sono più distanziate
15. A. 176
16. In un condensatore piano con d.d.p. = 100 volt e dielettrico il vuoto, un elettrone si stacca dal-
l'armatura negativa con velocità nulla. Quale è la sua energia cinetica a metà della traietto-
ria?
A) 5000 eV
B) 2500 eV
C) 50 eV
D) 25 eV
E) 10 eV
16. C. Siccome V = E ∙ d ed E è costante la differenza di potenziale tra l’armatura negativa ed
un punto medio tra le due armature è 100 : 2 = 50 V e quindi l’energia cinetica acquistata dal-
l’elettrone è 50 eV. 176
17. Gli squali sono dotati di organi in grado di rilevare debolissimi campi elettrici, sino a valori di
1 µV/m. A che distanza dovremmo porre due piani conduttori paralleli a cui applichiamo una
differenza di potenziale di 1,5 mV per avere campi elettrici dell’ordine di quelli rilevati da u-
no squalo?
A) 1,5 km
B) 1,5 m
C) 1,5 mm
D) 15 µm
E) 1,5 µm
17. A: deve essere V = E ∙ d e quindi 1,5 ∙ 10 – 3 = 1 ∙ 10 – 6 ∙ d da cui d = 1500 m = 1,5 km. 176