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Antonio Barcellona
TECNOLOGIE GENERALI DEI MATERIALI
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A. Barcellona <1965>
Tecnologie generali dei materiali / Antonio Barcellona. Palermo: Progetto Editoriale
Ed. EVenus, 2005.
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il corso di laurea in Ingegneria Meccanica con modalità teledidattica (NETTUNO)
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Dipartimento di Tecnologia Meccanica, Produzione ed Ingegneria Gestionale
Facoltà di Ingegneria – Università di Palermo
Viale delle Scienze 90128 – Palermo
Edificio n. 8 – Stanza n. 24
Tel. diretto: 091 6657048
Centralino: 091 6657011
Fax 091 6657039
e_mail: barcellona@unipa.it
website: http://web.dtpm.unipa.it/tecnologiemateriali/
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3UHID]LRQH pag. 9
&$3,72/2,PDWHULDOLPHWDOOLFL >> 11
- 1.1 Caratteristiche >> 12
- 1.2 I reticoli cristallini >> 12
- 1.3 Fusione e solidificazione >> 14
- 1.4 Proprietà strutturali >> 14
- 1.5 Le leghe >> 18
- 1.5.1 Solidificazione delle leghe >> 20
- 1.6 I diagrammi di stato >> 20
- 1.6.1 Completa miscibilità allo stato liquido e solido >> 20
- 1.6.2 Parziale miscibilità allo stato solido >> 21
- 1.6.3 Miscibilità nulla allo stato solido >> 21
- 1.6.4 Parziale miscibilità allo stato solido >> 21
- 1.6.5 Regola della leva >> 25
- 1.7 Esercizi svolti >> 26
- 1.8 Esercizi proposti >> 28
&$3,72/2/HOHJKHPHWDOOLFKH >> 31
- 2.1 Introduzione >> 32
- 2.2 Gli acciai >> 32
- 2.2.1 Gli acciai al carbonio >> 34
- 2.2.2 Effetto degli elementi in lega negli acciai >> 35
- 2.2.3 Acciai inossidabili >> 35
- 2.2.4 Acciai inox ferritici >> 36
- 2.2.5 Acciai inox martensitici >> 37
- 2.2.6 Acciai inox austenitici >> 37
- 2.3 Le leghe dell’Alluminio >> 39
- 2.3.1 Applicazioni in campo edile >> 39
- 2.3.2 Siderurgia dell’Alluminio >> 40
- 2.4 Le leghe del Rame >> 41
- 2.4.1 Ottoni >> 42
- 2.4.2 Bronzi >> 42
- 2.4.3 Cuproallumini (bronzi all’alluminio) >> 44
- 2.4.4 Cupronickel >> 44
- 2.4.5 Metalli bianchi (Cu-Zn-Ni) >> 44
- 2.5 Le Ghise >> 44
- 2.5.1 Ghise sferoidali >> 45
- 2.6 Le leghe di Titanio >> 48
- 2.6.1 Titanio: applicazioni >> 50
- 2.7 Leghe per applicazioni odontoiatriche >> 50
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3UHID]LRQH
Questo testo vuole essere un contributo allo studio ed all’analisi delle tecnologie
dei materiali con particolare riferimento alla scelta di essi in funzione delle
lavorazioni tecnologiche cui saranno soggetti, ed in funzione del loro impiego.
Gli argomenti sono presentati nella loro valenza generale, ed obiettivo non
secondario del testo è quello di stimolare nel lettore le capacità di analisi critica e
l’urgenza dell’approfondimento individuale.
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Un metallo è un materiale strutturato secondo un reticolo atomico cristallino che ne
determina in larga misura le caratteristiche. In generale un metallo è un buon
conduttore di calore e di elettricità. Queste caratteristiche sono dovute al
particolare tipo di legame presente fra gli atomi di una sostanza metallica; gli
orbitali di legame infatti non sono saturati di elettroni ma presentano grandi spazi
vuoti che consentono agli elettroni di muoversi liberamente. La disponibilità di tante
cariche libere giustifica l’elevata conducibilità elettrica e termica dei metalli.
,UHWLFROLFULVWDOOLQL
La struttura di un materiale, visto come un aggregato di atomi, può essere descritta
analizzando la disposizione spaziale degli atomi o delle molecole che lo
compongono nella fase solida. Se la disposizione spaziale è ordinata e periodica,
si può parlare di struttura cristallina, che si ottiene dalla ripetizione regolare nelle
tre direzioni dello spazio di una unità fondamentale che viene denominata “cella
elementare"Se invece la disposizione spaziale degli atomi non è ordinata, si parla
di solidi amorfi, senza cioè un vero reticolo cristallino.
Per descrivere le strutture cristalline si ricorre al concetto di reticolo che è costituito
da una griglia tridimensionale in cui i nodi sono occupati dagli atomi che vengono
rappresentati da sfere rigide. Auguste Bravais per primo nel 1851 classificò ed
enumerò i cristalli utilizzando tre angoli e tre distanze, detti parametri reticolari,
come illustrato in figura 1.1.
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metalli che hanno il reticolo cubico a corpo centrato (c.c.c.) presentano proprietà
intermedie, come ad esempio Molibdeno, Cromo, Tungsteno e Vanadio.
IXVLRQH; solo quando tutti i legami sono stati spezzati, e il metallo è tutto in fase
liquida, la temperatura riprende a salire. Quando la temperatura scende al disotto
della temperatura di fusione (Tf), il metallo cede calore, e ricostituisce i legami,
dando inizio alla solidificazione.
Prima della ricristallizzazione si ha la soprafusione, cioè l' abbassamento della
temperatura Tf. Durante il raffreddamento si formano degli aggregati di atomi che
vengono detti “nuclei” di cristallizzazione. Se questi nuclei si formano
spontaneamente si ha una nucleazione omogenea o di primo tipo, mentre in
presenza di impurezze si ha una nucleazione eterogenea, di secondo tipo. La
solidificazione è regolata da due grandezze: velocità di nucleazione, cioè il numero
dei nuclei che si forma nell'unità di tempo, e velocità di accrescimento dei nuclei
stessi. I nuclei ingranditi formano i grani che si collegano, ognuno mantenendo la
propria orientazione, mediante giunti; la transizione da un grano all’altro prende il
nome di “bordo di grano”. Le dimensioni dei grani dipendono dal numero dei nuclei
e dalla loro distribuzione. Se i nuclei si formano velocemente e si accrescono
lentamente si ha una struttura a grana fine, viceversa si otterrà una struttura a
grana grossa.
In generale, a temperatura ambiente, una lega è tanto più resistente quanto più la
sua grana è fine, mentre vale il contrario ad alta temperatura. Nota dunque la
cinematica del processo, per ottenere metalli a grana fine si aggiungono dei
nucleanti artificiali.
L’accrescimento dei grani è detto “dendritico” quando avviene con alcune direzioni
preferenziali, generalmente comandate dal tipo di raffreddamento della massa
liquida. All'inizio della solidificazione si creano dei nuclei disseminati nella massa
liquida, e ogni singolo cristallo sarà uguale all'altro ma orientato in modo diverso.
Quando il numero dei cristalli aumenta e la struttura si compatta, i bordi dei grani
vengono a contatto. Il contenuto energetico degli atomi sui bordi è maggiore
rispetto a quelli interni e li rende chimicamente più reattivi e più sensibili alla
corrosione. Molti materiali infatti sono soggetti alla corrosione intergranulare che si
propaga lungo i bordi dei grani.
3URSULHWjVWUXWWXUDOL
La struttura cristallina, tranne casi eccezionali, non è mai perfettamente regolare
all'
interno del volume solido. Esistono all’interno del reticolo cristallino dei difetti di
vario tipo che interessano zone più o meno estese del reticolo stesso.
L’ottenimento di una struttura cristallina perfetta non costituisce tuttavia
necessariamente un vantaggio, e spesso i difetti vengono introdotti appositamente
e in modo controllato in un materiale al fine di ottenere certe proprietà desiderate.
Tutti i difetti deformano il cristallo e generano un campo di sforzi che occupa una
regione molto più ampia del cristallo stesso. In particolare, all’interno di un reticolo
cristallino si possono individuare difetti puntuali, difetti lineari e difetti superficiali.
I GLIHWWL GL SXQWR hanno la dimensione di uno o pochi atomi e sono in generale
importanti nei processi di diffusione; la diffusione atomica allo stato solido è
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WF 104 * .
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I GLIHWWL GL VXSHUILFLH ERUGL GL JUDQR sono essenzialmente delle zone di
transizione o discontinuità; il diverso orientamento dei cristalli di grani adiacenti
durante la solidificazione determina la formazione di una zona di transizione in cui
gli atomi possiedono un’energia maggiore (subiscono infatti l’attacco chimico più
velocemente delle altre zone), e una sistemazione meno compatta. (Fig. 1.6).
Si tratta dei così detti “bordi di grano” (Fig. 1.6) che, in quanto zone a maggior
contenuto di energia libera, sono chimicamente più reattive dei grani stessi. I grani
tendono ad accrescersi ad elevate temperature riducendo così l’energia totale
interfacciale essendo quest’ultima inferiore in materiali a grana cristallina più
grossa. Atomi di impurezze sono generalmente segregati lungo i bordi e processi
diffusivi avvengono più velocemente lungo i bordi di grano. Essi inoltre giocano un
ruolo importante nelle deformazioni plastiche poiché possono determinare la
formazione di dislocazioni e ostacolarne il moto. I difetti superficiali influenzano
quindi notevolmente le proprietà dei materiali.
Infine, i GLIHWWL GL YROXPH non sono altro che imperfezioni volumetriche quali
inclusioni, cricche, fasi di tipo diverso. La formazione di precipitati (aggregati) di
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/HOHJKH
Un prodotto di natura metallurgica che risulta dall' unione macroscopica omogenea,
microscopicamente anche eterogenea, di due o più elementi, almeno uno dei quali
metallico, prende il nome di OHJDPHWDOOLFD. A seconda del numero di costituenti, le
OHJKH sono chiamate rispettivamente binarie, ternarie, quaternarie, etc. La
formazione di una OHJD, che è dunque il risultato o della costituzione di soluzioni
solide degli elementi nel metallo base, o di composti intermetallici costituiti da
questi elementi e dal metallo base, ha lo scopo di migliorare le proprietà dei singoli
metalli usati.
In una soluzione solida si definisce “solvente” il metallo che FRQVHUYD LO VXR
UHWLFRORFULVWDOOLQR, mentre “soluto” l' altro o gli altri componenti. Le soluzioni solide
conservano le caratteristiche di malleabilità del metallo base ma posseggono in
generale maggiore durezza; tali soluzioni solide costituiscono la maggior parte dei
materiali metallici usati nell' industria. Durante la solidificazione gli elementi che
compongono una lega durante la solidificazione possono aggregarsi non solo in
soluzioni solide, ma anche in altre strutture dette PLVFXJOL HXWHWWLFL H FRPSRVWL
LQWHUPHWDOOLFL I composti intermetallici, detti anche IDVLLQWHUPHGLH, sono leghe in cui
generalmente si forma una VWUXWWXUD FULVWDOOLQD GLYHUVD da quella dei due
componenti; sono composti duri e fragili e la loro importanza sta nella possibilità di
inserirli in altre strutture per incrementarne la resistenza meccanica; in una lega
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industriale ne può essere tollerata solo un' esigua percentuale. Generalmente una
lega contiene sia cristalli di soluzioni solide sia cristalli di composti intermetallici, di
agevole distinzione al microscopio.
In base al numero di fasi che compongono la lega si parla di lega monofasica con
struttura omogenea o lega polifasica con struttura e proprietà eterogenee.
Quando gli atomi del soluto sostituiscono gli atomi del solvente nel reticolo si parla
di soluzione solida di sostituzione, per esempio la lega oro-rame. Se la struttura
cristallina del soluto è simile a quella del solvente, se le dimensioni atomiche non
differiscono più del 15%, se sono soddisfatti alcuni criteri di compatibilità
elettronica, allora gli atomi del soluto posso sostituire quelli del solvente dando
luogo ad una soluzione solida di tipo sostituzionale. A sua volta una soluzione
solida sostituzionale può essere di tipo “ordinato” o “disordinato”; nel primo caso gli
atomi del solvente e quelli del soluto occupano sempre le stesse posizioni in tutto il
volume del pezzo, cosa che accade invece in maniera disordinata nel secondo
caso.
Quando gli atomi del soluto sono molto più piccoli di quelli del solvente occupano
gli spazi interatomici, e si parla di soluzioni solide interstiziali: nella lega ferro-
carbonio o nelle combinazioni del ferro con ossigeno o idrogeno, gli atomi del
soluto occupano posizioni interstiziali del reticolo cristallino del solvente (Fig. 1.7).
Nel campo delle protesi dentali, si utilizzano soluzioni solide di sostituzione per la
loro migliore duttilità e lavorabilità.
Fig. 1.7 – Soluzioni solide sostituzionali (in alto) e interstiziali (in basso).
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'LDJUDPPLGLVWDWR
I diagrammi di stato, detti anche di “equilibrio” e di “fase”, permettono di
rappresentare lo stato di una lega in funzione della temperatura, e di descrivere
l’evoluzione di tale lega col variare della concentrazione degli elementi che la
costituiscono. Bisogna innanzitutto osservare che, a differenza di quanto avviene
allo stato liquido, in cui sussiste la completa miscibiltà dei componenti, per essere
completamente miscibili allo stato solido i due metalli devono poter coesistere in un
unico reticolo cristallino, e ciò è possibile solo se i due elementi siano molto simili
tra loro, chimicamente e in termini di dimensioni atomiche; in caso contrario la
reciproca solubilità sarà ristretta. Se una certa quantità di soluto potrà sciogliersi
nel solvente senza modificarne sostanzialmente il reticolo cristallino, si parla di
fase o soluzione primaria. Se invece i due componenti possono coesistere in un
reticolo cristallino diverso da quello dei due elementi singoli, si parla di fase
intermedia o composto intermetallico (es. il carburo Fe3C detto cementite). Le
soluzioni solide primarie possono essere interstiziali o sostituzionali.
Per le leghe binarie si possono distinguere i casi descritti nel seguito.
&RPSOHWDPLVFLELOLWjDOORVWDWROLTXLGRHVROLGR
Se le dimensioni atomiche dei due componenti differiscono tra di loro meno del
15%, e se sono verificate certe condizioni di compatibilità elettrochimiche, è
possibile la formazione di soluzioni solide per qualunque concentrazione del
soluto, e dunque completa miscibilità allo stato solido. Viceversa il campo di queste
soluzioni solide sarà piuttosto limitato, o addirittura nullo, se le dimensioni sono
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5HJRODGHOOD/HYD
Applicando la regola della leva, si può determinare, per data temperatura e
concentrazione, la percentuale in peso di liquido e di solido. Come illustrato
nell’esempio in figura 1.14, la regola si applica graficamente nella seguente
maniera:
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(VHUFL]LVYROWL
Descrivere le trasformazioni allotropiche del reticolo cristallino del ferro puro.
6: Per il ferro puro, la struttura stabile tra 1536°C e 1392°C è di tipo cubica corpo
centrato, la struttura stabile tra 1392°C e 911°C è di tipo cubica facce centrate, la
struttura stabile tra 911°C e la temperatura ambiente è di tipo cubica corpo
centrato.
L’Argento e il Platino formano una lega parzialmente miscibile allo stato
solido con presenza di una trasformazione peritettica. La massima solubilità del
Platino nella fase E (fase di Argento con Platino in soluzione) è pari al 54%, mentre
la massima solubilità dell’Argento nella fase D (fase di Platino con Argento in
soluzione) è pari al 12%. Sapendo che la temperatura di fusione dell’Argento è pari
a 960 °C e quella del Platino è pari a 1774 °C, e sapendo inoltre che la
trasformazione peritettica avviene a 1190 °C, disegnare il diagramma di stato.
(6: Fig. E.1.1).
Calcolare la densità del magnesio sapendo che esso ha una struttura
esagonale compatta (Fig. E.1.3), che la distanza tra i piani è 2.605 Å e la distanza
tra i centri degli atomi dello stesso piano è 3.209 Å (peso atomico del magnesio
24.305).
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6 u 24.305 .J
G
6.023 u 10 u 139.389 u 10 u 10
1737 .
23 30 3
P3
(VHUFL]LSURSRVWL
1.8.1 - Rappresentare graficamente ed analiticamente un esempio di calcolo della
percentuale di liquido e di solido presenti ad una temperatura scelta, nel caso di
diagramma di stato di tipo peritettico.
1.8.4 - Difetti lineari del reticolo cristallino e loro influenza sullo scorrimento plastico
di una lega metallica.
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1.8.5 - L’Alluminio ed il Silicio formano una lega parzialmente miscibile allo stato
solido con presenza di una trasformazione eutettica. La massima solubilità del
Silicio nella fase D (fase di Al con Si in soluzione) è pari al 2%, mentre la massima
solubilità dell’Al nella fase E (fase di Si con Al in soluzione) è pari al 1.5%. Sapendo
che:
- la temperatura di fusione dell’Al è pari 660 °C e quella del Si a 1414 °C,
- la trasformazione eutettica avviene a 595 °C,
- la concentrazione eutettica è in corrispondenza del 13% di Si,
disegnare il diagramma di stato.
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1
Il primo impiego di metalli quali rame ed oro risale al Neolitico , in Europa dal 3600
a.C. Le posizioni temporali delle Età del Bronzo, sul finire del Neolitico, e del Ferro,
sul finire del secondo millennio a.C., mostrano quanto remoti siano gli utilizzi dei
relativi metalli e leghe. Una lega può essere chiamata con il nome dei metalli
componenti (leghe argento-rame, ferro-nichel), o con un nome particolare (invar,
ottone, bronzo), oppure con sigle unificate. Una classificazione per categorie può
essere invece fatta in base all' elemento costituente principale:
• leghe ferrose: acciai e ghise;
• leghe leggere, a base di alluminio, magnesio e altri metalli;
• leghe di rame: bronzi, ottoni, etc.;
• leghe di nichel;
• leghe di metalli preziosi;
• leghe di metalli speciali, alcune delle quali sono utilizzate nell' industria
aeronautica e nelle ricerche di fisica nucleare (leghe di titanio, di zirconio,
di tungsteno).
*OL$FFLDL
Sono leghe ferrose contenenti un tenore di Carbonio inferiore al 2%. Il carbonio si
può presentare in natura sotto due differenti forme allotropiche, dette JUDILWH e
GLDPDQWH, con caratteristiche meccaniche fortemente differenti.
Gli acciaio si distinguono in “non legati” e “legati”. Per quanto riguarda le fasi e i
costituenti strutturali, si veda il diagramma di stato Ferro-Carbonio riportato in
figura 2.1. L'acciaio costituisce il più importante prodotto della siderurgia mondiale,
e viene commercializzato in una grande varietà di tipi, ciascuno con caratteristiche
diverse, classificabili secondo la composizione chimica, la struttura, il processo di
produzione o l' impiego prevalente.
Le proprietà fisico-strutturali dei vari tipi di acciaio dipendono principalmente dalla
quantità di carbonio presente e dalla sua distribuzione nel ferro. Prima di essere
sottoposti al trattamento termico, come verrà descritto successivamente, la
maggior parte degli acciai sono una miscela di tre costituenti: ferrite, perlite e
cementite. La ferrite, tenera e duttile, è ferro contenente in soluzione piccole
quantità di carbonio e altri elementi; la cementite, estremamente brillante e dura, è
un composto intermetallico costituito da ferro che contiene in soluzione elevate
percentuali di carbonio; la perlite è una miscela omogenea di ferrite e cementite, di
composizione e struttura specifiche, con proprietà fisiche intermedie tra quelle dei
due costituenti. La tenacità, la resistenza e la durezza di un acciaio, non sottoposto
a trattamento termico, dipendono dalle proporzioni di tali tre costituenti.
1
Neolitico: 6000 – 4000 a.C. L’Età della Pietra invece si colloca nel Mesolitico, 10000 – 6000 a.C.
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All'
aumentare della percentuale di carbonio contenuto nell' acciaio, la quantità di
ferrite diminuisce e quella di perlite aumenta, finché, quando il contenuto di
carbonio raggiunge il valore 0.76%, concentrazione detta “eutettoidica”, l' acciaio
risulta costituito interamente da perlite. Aumentando ulteriormente la percentuale di
carbonio, l' acciaio diventa una miscela di perlite e cementite.
Al variare della temperatura invece si osserva che il riscaldamento dell' acciaio a
temperature che sono funzione della percentuale di carbonio, la ferrite e la
cementite iniziano a trasformarsi in una forma allotropica di lega ferro-carbonio,
definita austenite o fase J, in cui tutto il carbonio presente allo stato libero nel
metallo si solubilizza nell’unica fase. A questo punto, se l' acciaio viene raffreddato
lentamente, l' austenite si trasforma nuovamente in ferrite e perlite; se invece il
raffreddamento è repentino, l' austenite viene "congelata" e si verifica un particolare
fenomeno non diffusivo che dà luogo ad un costituente strutturale detto
“martensite”, una forma allotropica estremamente dura, simile alla ferrite ma
contenente carbonio in soluzione solida. Questo procedimento di raffreddamento
rapido, di cui si parlerà largamente in seguito, viene definito “tempra”, ed è uno dei
più diffusi trattamenti termici dell'
acciaio.
Le principali temperature critiche di trasformazione allotropica sono definite come
segue:
A1 : temperatura di equilibrio dell'
austenite rispetto a ferrite + cementite;
A3 : temperatura di equilibrio dell'
austenite rispetto a ferrite;
Acm : temperatura di equilibrio dell’austenite rispetto a austenite + cementite.
Come è possibile verificare, per gli acciai ipereutettoidici, le curve A3 ed A1
coincidono.
*OLDFFLDLDOFDUERQLR
Gli acciai contenenti in lega solo carbonio rappresentano il tipo più comune e meno
pregiato; a seconda del tenore di carbonio, possono essere lavorati e saldati
facilmente, ma sono fortemente soggetti a fenomeni di corrosione, in particolare ad
elevate temperature; ad alte temperature inoltre decadono le principali
caratteristiche meccaniche.
Si dividono in DFFLDLGROFLHGH[WUDGROFL, con meno dell' 1% di carbonio, e DFFLDL
GXUL con tenore di carbonio superiore: i primi sono molto duttili, malleabili e
resilienti; i secondi sono meno resilienti ma più duri superficialmente; inoltre
prendono molto bene la tempra, trattamento che non dà buoni risultati con gli
acciai dolci.
Nella figura 2.1 bis è illustrato l’andamento delle temperature misurate durante un
lento raffreddamento di una lega di acciaio al solo carbonio, di concentrazione
ipoeutettoidica. La differente inclinazione dei vari tratti dipende strettamente dalle
proprietà termiche delle varie fasi e, dunque, varia a seconda che siano presenti
solo fasi solide o contemporaneamente fasi liquide e solide, nonché differenti fasi
solide.
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(IIHWWRGHJOLHOHPHQWLLQOHJDQHJOLDFFLDL
Per aumentare alcune caratteristiche meccaniche, per preservarle a caldo, per
ottenere caratteristiche particolari, per effettuare trattamenti termici speciali, si
aggiungono al sistema binario Fe-C alcuni elementi in lega. L’effetto dei principali
di essi negli acciai è illustrato in tabella 2.1.
$FFLDLLQRVVLGDELOL81,(1
Quando in lega sono presenti in forti tenori altri elementi, l’acciaio si definisce
“fortemente legato” e non è più valido, in generale, il diagramma di stato “semplice”
Ferro-Carbonio precedentemente illustrato. Tra gli acciai fortemente legati, di
notevole importanza sono quelli detti “inossidabili” o “inox” o “stainless” (senza
macchia).
Gli acciai inossidabili sono delle leghe a base di ferro, di cromo e di carbonio
arricchite di altri elementi quali nichel, molibdeno, silicio, titanio, etc. La loro
caratteristica peculiare è l' elevata resistenza all' attacco corrosivo degli agenti
atmosferici; questa caratteristica è determinata dalla formazione spontanea sulla
superficie dell'acciaio di un sottile strato di ossidi di cromo che protegge il metallo
sottostante dagli attacchi corrosivi. Il fenomeno si definisce “passivazione”. Tale
strato è formato in gran parte da ossido di cromo e da ossidi metallici, tutti del tipo
Me(OH). Questo strato, molto stabile e resistente, evita il contatto diretto tra
atmosfera circostante e interno dell' acciaio e, a differenza dei comuni trattamenti di
rivestimento protettivo (zincatura, verniciatura, etc.) di cui si parlerà in seguito, ha
la capacità di riformarsi anche in seguito a rottura accidentale rendendo il materiale
intrinsecamente resistente alla corrosione.
In queste leghe il cromo deve essere presente in quantità non inferiori al 11%, per
essere disponibile alla formazione di ossidi che riporta la perdita di peso per
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Gli acciai inossidabili sono suddivisi in tre gruppi principali in base alle
caratteristiche strutturali della lega stessa.
x Acciai Ferritici: Fe + Cr (15 ÷ 30%) + basso tenore di C (0.02 ÷ 0.1%);
x Acciai Martensitici: Fe + Cr (12 ÷ 19%) + medio tenore di C (0.08 ÷ 1.2%);
x Acciai Austenitici: Fe + Cr (16 ÷ 28%) + Ni (6 ÷ 32%) + C (0.02 ÷ 0.1%) -
NON magnetici.
Le differenze tra i vari gruppi sono sia nella composizione chimica che nelle
caratteristiche della lega, quali le proprietà meccaniche e le proprietà di resistenza
alla corrosione.
$FFLDLLQR[IHUULWLFL6HULH$,6,;;
Sono leghe Fe-C-Cr con lievi aggiunte di altri elementi come Mo; per forti tenori di
Cromo, il diagramma di stato è caratterizzato dall’assenza delle temperature di
trasformazione A1 e A3, poiché l’effetto del principale elemento in lega, il cromo, è
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AISI 309 - 309S - 310 – 314: anch’essi distinguono per la presenza di Ni. Sono
acciai resistenti alle elevate temperature. Vengono anche chiamati acciai
“refrattari” ad indicare le elevate caratteristiche di resistenza alla corrosione, e
meccanica che presentano a caldo.
AISI – 317: si distinguono per la presenza di Mo che permette buona
resistenza alla corrosione per vaiolatura e più resistenza allo “stress corrosion”. La
presenza di Mo, elemento ferritizzante, implica un maggior utilizzo di Ni per
garantire la stabilità dell’austenite. Rispetto ai precedenti, hanno migliori
caratteristiche meccaniche ad elevate temperature (corrispondenze: AISI 316 –
UNI X5CrNiMo17 12 2).
AISI 321 - 347 – 348: sono detti “stabilizzati”, derivano dal 304 e dal 316 con
aggiunta di Titanio e Niobio. La caratteristica più importante è quella di evitare
fenomeni di formazione di ossidi e conseguente perdita di resistenza alla
corrosione. L’elemento caratterizzante è il titanio in quantità comprese tra 0.3 e
0.4%.
AISI 304L - 316L: sono due varianti del 304 e 316 nella quali C è molto ridotto (C <
0.03%) così da allungare talmente il tempo di precipitazione dei carburi di cromo
nell’intervallo di temperature 450 – 850 °C da consentire l’esecuzione di strutture
saldate senza che si verifichino precipitazioni di carburi nelle zone saldate. Le
caratteristiche sono simili a temperatura ambiente, mentre sono leggermente
inferiori a temperature elevate.
AISI 316SL: è caratterizzato soprattutto da un elevato tenore di Mo (Mo maggiore o
uguale a 2.5 %). Ha ottime caratteristiche di resistenza alla corrosione in generale.
Nella tabella 2.1 bis sono illustrate le sigle dei principali acciai inox, raggruppati per
struttura cristallina.
Nella tabella 2.1 ter sono illustrate alcune corrispondenze di codifica fra le norme
europee e quelle americane, insieme agli impieghi, per alcuni fra i più comuni
acciai.
Gli acciai superaustenitici sono così definiti poiché presentano caratteristiche di
resistenza alla corrosione ancora più elevate dei precedenti; la composizione
chimica è caratterizzata da un basso tenore di carbonio e da un più elevato tenore
di elementi quali cromo e nichel, oltre alla presenza di altri elementi in notevole
quantità. Un esempio, la cui sigla ASTM è 904L è illustrato in tabella 2.1 ter.
X8CrNiS1809
X2CrNi1811
X5CrNi1810
X8CrNi1812
X6CrNiTi1811
Austenitico
X6CrNiNb1811
X2CrNiMo1712
X5CrNiMo1712-2
X6CrNiMoTi1712
X6CrNiMoNb1712
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X6Cr17
Ferritico
X6CrMoS17
X12Cr13
Martensitico X17CrNi16-2
X12CrS13
Tab. 2.1 bis – Strutture cristalline e composizione chimica acciai inox.
/HOHJKHGHOO¶$OOXPLQLR
3
Sebbene l' alluminio puro (2.7 kg/dm ) sia molto tenero e duttile, attraverso
lavorazioni a freddo, trattamenti termici e soprattutto l’aggiunta di elementi in lega,
esso può tuttavia raggiungere una notevole resistenza alla trazione e migliorare le
altre caratteristiche meccaniche.
Con riferimento all’alluminio, vi sono due categorie principali di leghe:
- Le leghe da fonderia;
- Le leghe da lavorazione per deformazione plastica.
Tale distinzione è solo in parte giustificata teoricamente, e risponde soprattutto a
criteri pratici. Le prime sono quelle usate per prodotti la cui forma non viene
sostanzialmente cambiata dopo la colata negli stampi e la successiva
solidificazione.
Le leghe da lavorazione plastica dopo la solidificazione sono quelle che subiranno
delle variazioni di forma mediante lavorazioni meccaniche.
Il rame (Cu), il silicio (Si), il manganese (Mn), lo zinco (Zn) e il magnesio (Mg) sono
gli elementi di alligazione maggiormente usati con l' alluminio insieme ad altri per
ottenere leghe di particolari caratteristiche; tale gamma si compone di almeno
cento differenti tipi anche se le produzioni si concentrano su 15 - 20 leghe di
maggior uso.
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Allungamento A5% 10 – 18
Durezza Brinell HB 55 – 75
Tab. 2.2 – Leghe della serie 6000, tipiche per applicazioni in campo edile.
6LGHUXUJLDGHOO¶DOOXPLQLR
L'alluminio viene estratto dalla bauxite, un minerale presente in natura, mediante il
processo Hall-Heroult. La bauxite viene frantumata e spruzzata con acqua per
rimuovere mediante lavaggio silicati ed argilla. La bauxite rimanente viene
essiccata in forno, addizionata di carbonato di sodio e ossido di calcio frantumati, e
la miscela viene trattata in un convertitore, quindi ridotta sotto pressione ed inviata
ad un decantatore, ove vengono eliminate varie impurezze. La miscela viene
quindi filtrata, raffreddata e trattata ulteriormente in un separatore, poi viene
agglomerata e ancora filtrata; infine viene riscaldata in un forno di calcinazione. Il
materiale risultante è allumina, Al2O3, o sesquiossido di alluminio, che si presenta
sotto forma di un materiale pulverulento. L' allumina, sotto forma di polvere, viene
immessa in apposite celle (smelter) che contengono un bagno di criolite, dove
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viene fusa e ridotta ad alluminio metallico, che si deposita sotto la criolite (il
minerale criolite viene fuso utilizzando la corrente elettrica). L’alluminio fuso viene
prelevato dal fondo della cella e trasferito in un crogiolo, da cui viene colato sotto
forma di pani o lingotti, o trasferito nei forni di alligazione.
/HOHJKHGHO5DPH
3
Il rame (8.9 kg/dm ), ottenuto dal suo minerale per raffinazione elettrolitica, è un
elemento tipico per le sue caratteristiche di ottima conducibilità elettrica ed ha una
spiccata capacità di legarsi agli altri metalli, che ne rafforzano le caratteristiche
meccaniche e chimico-fisiche.
Rame e zinco formano la famiglia di più comune utilizzo: gli ottoni. Rame e stagno
danno origine ai bronzi, il cui uso più noto è quello artistico. Il binomio rame-nickel
forma il gruppo delle leghe denominate cupronickel, di particolare interesse per la
loro resistenza alla corrosione. La presenza del fosforo permette di eliminare
fenomeni di fragilità in ambiente riducente, di migliorare la deformabilità plastica a
freddo, e soprattutto di incrementare l’attitudine alla brasatura. Quest’ultimo è
l’aspetto fondamentale dato che per varie applicazioni sono necessarie giunzioni
che devono essere meccanicamente stabili. Il rame Cu-ETP (Electrolytic Tough
Pitch) è un rame ottenuto per raffinazione elettrolitica e trattato al tronco di pino,
introducendo nel forno un tronco verde di pino che, bruciando, sprigiona vapore
acqueo ed altri gas riducenti, ed è caratterizzato dalla presenza di ossigeno e
dall’assenza di fosforo. Il rame Cu-DHP (Deoxidized High residual Phosphorus) è
invece un rame totalmente privo di ossigeno, nel quale viene mantenuto, a
garanzia della disossidazione, un tenore di fosforo relativamente alto, compreso tra
lo 0.015 e lo 0.04 %.
Nelle operazioni di brasatura si usano i disossidanti proprio per evitare che la
superficie di rame si ricopra di ossidi (formati dal calore) che impediscono la
corretta compenetrazione della lega d’apporto. Analogamente, se il rame
contenesse già in partenza dell’ossigeno, la forza della giunzione sarebbe
comunque pregiudicata. Pertanto il rame utilizzato per i laminati da impiegare per
2
coperture, ma anche per la produzione di tubi per gli impianti di distribuzione dei
fluidi, è quindi il tipo Cu-DHP. Il fosforo, al contrario dell’ossigeno, riduce
notevolmente la conduttività elettrica: pertanto il rame destinato ad applicazioni
elettriche ed elettrotecniche è il tipo Cu-ETP; le altre proprietà tecnologiche, quali
punto di fusione o conduttività termica, non sono influenzate significativamente.
2WWRQL
Gli ottoni, a seconda del tenore di zinco presente, offrono caratteristiche molto
diverse. Esistono gli ottoni binari, costituiti cioè da rame e zinco, e ternari, costituiti
da rame, zinco e un altro elemento. Il diagramma di fase della lega binaria Cu-Zn è
riportato in figura 2.2. Considerando gli ottoni primari (rossi e gialli), si ottiene una
2
Già nel 100 a.C., i Romani si approvvigionavano di acqua mediante tunnel scavati nella roccia o
acquedotti costruiti con materiali lapidei, convogliando l’acqua in vasche cittadine; poi da qui,
attraverso il sistema delle ILVWXODHDTXDULDH (tubi di piombo), l'
acqua veniva distribuita in tutta la città.
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3
Le monete da 1, 2 e 5 centesimi di euro sono di acciaio ricoperto di rame, quelle da 10, 20 e 50
centesimi sono costituite dalla lega Cu Al5 Zn5 Sn1. La parte gialla delle monete da uno e due euro è
costituita da Cu Ni25.
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grigie sono fortemente condizionate dalla forma e distribuzione dei cristalli deboli di
grafite. Nelle ghise comuni i cristalli di grafite hanno la forma di lamelle sottili, che
4
riducono fortemente la resistenza a trazione della lega (ghise lamellari , Fig. 2.3a)
nonché le caratteristiche di resistenza a fatica. Le ghise QRGXODUL R VIHURLGDOL,
dove con particolari trattamenti, e aggiungendo in lega alla ghisa grigia elementi
sferoidizzanti quali PDJQHVLR H QLFKHO si ottengono cristalli di grafite con forma
tondeggiante, hanno invece ottime caratteristiche meccaniche anche simili a quelle
degli acciai (Fig. 2.3b).
Le principali caratteristiche delle ghise più comuni sono riportate in tabella 2.3.
*KLVHVIHURLGDOL
La ghisa a grafite sferoidale rappresenta il coronamento degli studi diretti alla
ricerca di metodi di fusione e di trattamento che permettono di modificare la grafite,
trasformandola da lamellare in nodulare o sferoidale, per non interrompere la
continuità della matrice della ghisa ed eliminare così la prima causa di fragilità e di
riduzione della resistenza a fatica della ghisa stessa. A differenza della matrice
della ghisa a grafite lamellare, che è discontinua per la intersecazione delle lamelle
di grafite, la ghisa sferoidale presenta una matrice compatta che può essere
ferritica, perlitica, bainitica od aciculare, austenitica o martensitica nella quale la
grafite è inserita isolatamente sottoforma di microsfere. Ne deriva che la struttura
risulta compatta e le caratteristiche meccaniche della matrice sono in conseguenza
integre e non indebolite. Le ghise sferoidali hanno resistenza alla trazione
analoghe o superiori alla resistenza degli acciai fusi e della ghisa malleabile in una
2 2
gamma di valori da 40 kg/mm ad oltre 100 kg/mm . Nei grossi spessori la
resistenza alla trazione controllata del pezzo risulta sempre elevata perché è molto
meno accentuato il fenomeno della macrocristallizzazione che si verifica nelle
ghise lamellari. Con riferimento alla tenacità, tali ghise hanno una elevata
resilienza, variabile secondo il trattamento termico cui sono assoggettate, e si
mantengono tenaci anche a basse temperature. La resistenza alla fatica è uguale
a quella dell’acciaio dolce nelle ghise sferoidali ricotte. La ghisa sferoidali a
struttura banitica-aciculare, aciculare-martensitica e martensitica sono ottenute con
trattamenti di normalizzazione e di tempera, e mostrano elevata durezza.
La colabilità è superiore a quella della ghisa malleabile e dell’acciaio, e permette di
colare getti molto complessi. E’ possibile ottenere spessori in getto molto sottili per
cui nella progettazione deve essere considerata la possibilità di alleggerimenti
sostanziali senza naturalmente discostarsi dalla regola fondamentale del
mantenimento della uniformità degli spessori. Le dimensioni finali del getto devono
essere previste considerando che le ghise sferoidali perlitiche gregge, hanno un
4
Il campione di ghisa la cui struttura lamellare è illustrata in figura 2.3a, è stato estratto dall’Autore
nell’aprile 2004 dall’antico gazebo metallico esistente nei giardini della Fossa della Garofala,
all’interno del Parco d’Orleans a Palermo. Lo studio della struttura e della composizione chimica ha
permesso di dedurre l’età del gazebo, collocato presumibilmente nei primi dell’Ottocento; il gazebo si
trova nel corpo centrale di un articolato ipogeo, per accedere al quale esiste un varco intagliato nella
calcarenite.
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ritiro dell’1% - 1.2%; quelle ferritiche ricotte hanno un ritiro dello 0.6% - 0.85%,
quelle austenitiche hanno un ritiro dell’1.7% - 2.0%.
La resistenza alla corrosione atmosferica è pari a 5 volte quella dell’acciaio al
carbonio. La resistenza all’ossidazione è notevolmente migliore rispetto alla ghisa
a grafite lamellare. Alcuni tipi di ghise sferoidale sono resistenti alla corrosione in
atmosfere saline, alcaline e ad alcuni acidi deboli. L’impossibilità della
penetrazione dei gas nella grafite, isolata in sferoidi nella matrice, rende la ghisa
sferoidale resistente alla ossidazione interna. Anche la resistenza meccanica a
caldo, ed in particolare allo scorrimento, è molto alta per le elevate caratteristiche
meccaniche e per la sua elasticità.
I trattamenti termici di tali ghise consistono nella tempra a 900 °C in olio e in aria,
nella ricottura o nella normalizzazione a 900 °C, nella distensione a 525 °C; dopo
tempra si effettua sempre un rinvenimento tra 200 °C e 600 °C. L’indurimento
superficiale alla fiamma, o ad induzione, è ottenibile fino a 2.5 mm circa di
profondità e per durezza fino a 600 HB. La saldabilità è ottima all’arco metallico
usando elettrodi normali di acciaio dolce o con elettrodi al 55% di nickel, seguita da
ricottura se è necessario eliminare, per la lavorazione, la zona indurita adiacente al
deposito. E’ possibile saldare alla fiamma ossiacetilenica con bacchette di ghisa
sferoidale al 5% di Ni, o brasare con leghe di rame, e fare riporti superficiali
protettivi sia di nickel che cromo duri.
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5P 5H
FDULFRGL FDULFRGL /HJD
7LWDQLRHOHJKH URWWXUD VQHUYDPHQWR
>03D@ >03D@
commercialmente puro 270 200 Ti
Leghe D 820 790 Ti5Al2.5Sn
Leghe E 890 820 Ti15V3Cr3Sn3Al
Leghe D + E 890 860 Ti6Al4V
Tab. 2.4 – Caratteristiche meccaniche del titanio e delle sue leghe.
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7LWDQLRDSSOLFD]LRQL
Con riferimento ad un utensile da cucina o per attività sportive (ad esempio coltello
da sub), si osserva che un utensile in lega di titanio taglia leggermente meglio
rispetto ad uno stainless, ma meno di un acciaio al carbonio; d’altronde se alcuni
stainless sono temprati sino a raggiungere anche 60 HRc, il titanio E può
raggiungere valori 54 HRc anche se ovviamente durezze così elevate degli
stainless sono accompagnate da alti valori di fragilità.
In definitiva un coltello in lega di titanio si usura meno velocemente di uno stainless
ma più velocemente di un acciaio al carbonio tipo 1095 ed è comunque più
resistente alla torsione ed alla flessione degli acciai. Con riferimento alla
corrosione, non ha bisogno di nessuna manutenzione in quanto non arrugginisce
in qualsiasi ambiente.
/HJKHSHUDSSOLFD]LRQLRGRQWRLDWULFKH
Nel campo dentale si utilizzano soluzioni solide di sostituzione per la loro migliore
duttilità e lavorabilità. Le leghe dette nobili contengono una elevata concentrazione
di metalli nobili quali oro, platino, palladio, per ottenere una adeguata resistenza
alla corrosione ed una ottima lavorabilità. In minore percentuale sono presenti
rame, argento, zinco e in tracce alluminio, iridio e rutenio; in particolare iridio e
rutenio favoriscono la formazione di grani di piccole dimensioni durante la
solidificazione e dunque un miglior prodotto finale in termini di caratteristiche
meccaniche.
L’oro, metallo estremamente malleabile e duttile, presenta altissima resistenza alla
corrosione, infatti non si ossida se non in presenza di sostanze come l'acquaregia,
che è una miscela di acido nitrico e acido solforico. Il rame che è il principale
agente indurente, può raggiungere concentrazioni superiori al 13%, e conferisce
alla lega una maggiore resistenza alla sollecitazione meccanica, ma influisce
negativamente riducendo la resistenza alla corrosione e alterando il colore verso il
rosso. L' argento presenta un elevata duttilità e malleabilità; combinandosi con lo
zolfo si annerisce, allo stato liquido assorbe ossigeno che viene liberato durante la
solidificazione creando porosità. Il platino favorisce l'aumento della durezza e della
resistenza alla corrosione. Lo zinco, che è un metallo fragile ma diviene molto
duttile fra i 100 e i 150 °C, è presente nelle leghe d' oro in percentuali che non
superano il 2.7%; viene usato per abbassare la temperatura di fusione e ridurre
l'ossidazione degli altri componenti non nobili, ossidandosi per primo; un' altra
importante caratteristica è l' aumento di fluidità e quindi la maggiore lavorabilità
della lega. Quando sono presenti elementi tossici, quali il nichel, in misura
maggiore di una quantità prefissata (per il nichel 0.1 %), tale valore deve essere
chiaramente indicato. Inoltre per ogni lega deve essere indicato l’intervallo di
fusione, cioè la temperature di OLTXLGXV e di VROLGXV.
Con riferimento alle leghe per applicazioni dentali, si distinguono “storicamente” le
leghe per amalgama dentale, a base di argento, stagno, rame e mercurio (UNI EN
ISO 1559) e le leghe d’oro per fusioni, che contengono una percentuale minima in
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massa di oro pari al 60% (UNI EN ISO 1562), oltrecchè le note specifiche A.D.A.
(American Dental Association).
Secondo le specifiche per le leghe d’oro per fusioni, tali leghe sono classificate in
accordo alle loro proprietà meccaniche ed alle applicazioni tipiche, come descritto
in tabella 2.5. Le proprietà meccaniche dei differenti tipi vengono ottenute
mediante le prove descritte nella stessa norma ai punti 6, 7 e 8. La prova di
durezza impiegata è la Vickers HV5/30 (5 kg per 30 secondi).
Devono in particolare essere garantite le seguenti caratteristiche meccaniche
minime in tabella 2.6.
Le leghe di tipo 1 hanno uno scarso utilizzo nel campo dentale perchè nonostante
la loro elevata resistenza alla corrosione hanno una malleabilità eccessiva, e sono
dunque adatte solo se non gravano eccessivi carichi masticatori. Le leghe del tipo
2 sono impiegate per la realizzazione di corone singole e intarsi.
Quelle di tipo 3 avendo una buona resistenza meccanica si usano per la
costruzione di corone e ponti fissi. Le leghe di tipo 4 hanno maggior durezza ma
anche una minor resistenza alla corrosione, sono utilizzate per la costruzione di
protesi parziali, scheletrati, ponti.
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Le norme ISO, che non hanno l’obbligo di essere recepite, formano le UNI EN ISO,
e le UNI ISO.
Nelle tabelle che seguono, sono illustrati i più diffusi sistemi di classificazione e
codifica.
_________________________________________________________________________
&/$66,),&$=,21(('(6,*1$=,21('(*/,$&&,$,81,(1
_________________________________________________________________________
In base alla qualità:
x $FFLDLFRPXQL impurezze e tenore elementi in lega non controllato
x $FFLDLVSHFLDOL assenza di impurezze e tenore controllato - 1/4 della
produzione totale
In base alla composizione chimica:
x $FFLDLQRQOHJDWL$FFLDLGHEROPHQWHOHJDWL$FFLDLOHJDWL
In base alle caratteristiche tecnologiche di impiego:
_________________________________________________________________________
x $FFLDLGDFRVWUX]LRQH da bonifica sia semplici che legati,
generalmente saldabili con
facilità
da cementazione parti di motori, per la loro
elevata resistenza all’usura
_________________________________________________________________________
x $FFLDLSHUXVLSDUWLFRODUL strutturali lamiere, tubi, profilati per
costruzioni saldate
da nitrurazione dopo bonifica vengono
nitrurati con diffusione
dell’azoto per indurirne la
superficie
per molle semplici o legati, con un
elevato limite di elasticità
per cuscinetti
a rotolamento 1% C, per sfere e parti di
cuscinetti
per alte
temperature mantengono elevate
caratteristiche meccaniche ad
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_________________________________________________________________________
x $FFLDLSHUXWHQVLOL rapidi HSS legati al W per durezza a
caldo, Co per resistenza ad
alte T (600°C), Cr, V per
lavorazioni ad asportazione di
truciolo
per lavorazioni
a caldo poco C, molto W per durezza
a caldo, Cr, Mo, V per
tenacità di stampi e matrici
per deformazione plastica
per lavorazioni
a freddo duri e resistenti all’usura per
tranciatura
al carbonio C tra 0.5 e 1.2 trattati
termicamente per una
elevata durezza superficiale e
molto tenaci ‘al cuore’, usati
per lime e utensili da taglio.
_________________________________________________________________________
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_________________________________________________________________________
&/$66,),&$=,21(('(6,*1$=,21('(*/,$&&,$,81,(1
_________________________________________________________________________
x $FFLDLGHVLJQDWLLQEDVHDOOHFDUDWWHULVWLFKHPHFFDQLFKH:
)H acciaio con carico di rottura maggiore di 700
MPa
)H( acciaio con carico di snervamento maggiore di
370 MPa
)H(&U acciaio con carico di snervamento maggiore di
370 MPa, contenente Cr
)H)H acciaio con carico di rottura maggiore,
nell’ordine, di 500, 450 MPa
________________________________________________________________________
x $FFLDLGHVLJQDWLLQEDVHDOODFRPSRVL]LRQHFKLPLFD:
121/(*$7,
&& acciaio NON LEGATO con percentuale di carbonio pari a 0.4%,
0.5%
&3E acciaio al Pb NON LEGATO con percentuale di carbonio pari a
0.4%
&.8 acciaio NON LEGATO con percentuale di carbonio pari a 1.5%,
adatto per la costruzione di XWHQVLOL (DUREZZA > 50HRc)
/(*$7,HVFOXVLJOLDFFLDLUDSLGL
;&U
;&U0R;:.8
;&U1L;:&R
;:&R9
;&U ,12;IHUULWLFR
;&U1L$,6,
;&U1L0R$,6, ,12;DXVWHQLWLFR
;:&U9 SHUODYRUD]LRQLDFDOGR DUREZZA = 48 HRc
_________________________________________________________________________
x $FFLDLUDSLGL+6:0R9&RPHGLRDOWRWHQRUHGL&
+6
+6 DUREZZA = 63 HRc
_________________________________________________________________________
___________________________________________________________________
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_________________________________________________________________________
&/$66,),&$=,21(('(6,*1$=,21('(*/,$&&,$,&2',),&$$,6,$670
__________________________________________________________________
&2',),&$
GHEROPHQWHRQRQOHJDWL (/(0(17,,1/(*$ (6(03,
10XX solo Carbonio 1045 – 0.45 % C
11XX Carbonio e Zolfo
13XX Manganese (1.5 – 2.0 %)
23XX Nichel (3.25 – 3.75 %)
25XX Nichel (4.75 – 5.25 %)
31XX Nichel (1.10 – 1.40 %),
Cr (0.55 – 0.90 %)
33XX Nichel (3.25 – 3.75 %),
Cr (1.40 – 1.75 %)
40XX Molibdeno (0.20 – 0.40 %)
41XX Cr, Mo 4140 – 1Cr, 0.2Mo
43XX Ni, Cr, Mo 4340 – 1.85Ni,
0.8Cr, 0.25Cr
46XX Ni, Mo
48XX Ni, Mo
51XX Cr (0.70 – 1.20 %) 5140 – 0.85Cr
61XX Cr, V
81XX Ni, Cr, Mo
86XX Ni, Cr, Mo 8640 – 0.55Ni,
0.5Cr, 0.2Mo
87XX Ni, Cr, Mo
92XX Silicio (1.80 – 2.20 %)
________________________________________________________________
&2',),&$
IRUWHPHQWHOHJDWL (/(0(17,,1/(*$ $&&,$,,12;67587785$
2XX Cr, Ni, Mn Inossidabili austenitici
3XX Cr, Ni - Inossidabili austenitici
4XX Cr - Inossidabili ferritici o
martensitici
5XX Cr Inossidabili martensitici
Altri codici
commerciali
(DUPLEX) Cr, Ni, Mo, N struttura BIFASICA ferritico –
martensitica
9XX Cr, Ni, Mo, El Superaustenitici
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&/$66,),&$=,21(('(6,*1$=,21(/(*+($//80,1,2UHWLFROR$OFFF
__________________________________________________________________
Designazione
dell’Aluminum
Association - AA &$5$77(5,67,&+((,03,(*+,
________________________________________________________________
Altri (8000)
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&/$66,),&$=,21(('(6,*1$=,21(/(*+(',$//80,1,2
__________________________________________________________________
'(6,*1$=,21(120(&$5$77(5,67,&+(
(8523($&200(5&,$/(0(&&$1,&+(
__________________________________________________________________
'DIRQGHULD ('HVLJQDWHFRQ*) Ottima col abilità
Cu
Si *$O6L0Q0J ANTICORODAL Rm = 250 MPa
A = 1.5 %
Mg *$O0J CORROFOND Rm = 210 MPa
A = 4.0 %
Zn
Stagno
Ni + Mn
__________________________________________________________________
'DODYRUD]LRQH
SHU GHIRUPD]LRQH
SODVWLFD 'HVLJQDWHFRQ3 Adatte a subire lavorazioni
per deformazione plastica
Cu
Si 3$O6L0J0Q ANTICORODAL Rm = 120 MPa
A = 30 %
Mg 3$O0J PERALUMAN Rm = 190 MPa
A = 25 %
Zn
Mn
__________________________________________________________________
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&2',),&$75$77$0(17,7(50,&,/(*+(',$//80,1,2
__________________________________________________________________
DOPO LA COLATA, SUBISCONO TT LE LEGHE CHE NON HANNO GIA’ BUONE
CARATTERISTICHE MECCANICHE LE 3000 E LE 5000 NON SUBISCONO TT
5,&27785$ Trattamento analogo nella esecuzione a
quella degli acciai;
7(035$',62/8=,21( Completamente differente, in termini di
strutture iniziali e strutture ottenute, da
quella degli acciai;
,19(&&+,$0(172 Anche naturale, ma più veloce ad alte T,
provoca un aumento di durezza e
resistenza meccanica, a scapito della
duttilità;
%21,),&$ Nei passi, analogo a quello degli acciai.
__________________________________________________________________
6,0%2/2*,$'(/75$77$0(172
F GREZZO DI LAVORAZIONE
O RICOTTO, RICRISTALLIZZATO
H , Hn INCRUDITO (LAVORATO
PLASTICAMENTE)
T, Tn TRATTATO TERMICAMENTE
__________________________________________________________________
$33/,&$=,21,GHL
WUDWWDPHQWLWHUPLFL (6(03,
Al puro (1000) 2 Ricotto Rm = 76 MPa
Cu (2000) 2 Ricotto Rm = 185 MPa
7 TT Rm = 485 MPa
Mn (3000) No TT + Incrudito Rm = 200 MPa
Si (4000) 2 Ricotto Rm = 145 MPa
+ Incrudito Rm = 285 MPa
Mg (5000) No TT 2 Ricotto Rm = 290 MPa
Mg + Si (6000) 2 Ricotto Rm = 125 MPa
7 TT Rm = 310 MPa
Zn (7000) 2 Ricotto Rm = 230 MPa
7 TT Rm = 570 MPa
__________________________________________________________________
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__________________________________________________________________
&/$66,),&$=,21(/(*+(',5$0(UHWLFROR&XFIF
__________________________________________________________________
&DUDWWHULVWLFKH
27721, Cu, Zn
Ottoni D D-Rossi (5-20% Zn) Lavorabile
sia a caldo
che a
freddo
(fase
duttile)
D-Gialli (20-36% Zn)
Cu, Si
Ottima resistenza alla
corrosione
Elevate caratteristiche
meccaniche
Cu, Al
(cuproallumini) Ottima resistenza alla
corrosione
Elevate caratteristiche
meccaniche
Cu, Be Elevate caratteristiche ma
elevato COSTO (per
utensili da officina tipo
chiavi esagonali)
__________________________________________________________________
&83521,&+(/ Cu, Ni Attività biologica contro
organismi incrostanti
allontanati dalla presenza
di ioni di Cu in soluzione
__________________________________________________________________
0(7$//,%,$1&+, Cu, Ni, Zn Più elevate caratteristiche
meccaniche rispetto agli
ottoni
__________________________________________________________________
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__________________________________________________________________
/(*+(',5$0(&20326,=,21(
__________________________________________________________________
27721, Cu, Zn
__________________________________________________________________
%521=,
(Cu,max 12% El) Cu, Sn &X6Q Rm = 260
Mpa
Cu, Si
Cu, Al (Cuproallumini)
Cu, Be
__________________________________________________________________
&83521,&+(/ Cu, Ni
__________________________________________________________________
0(7$//,%,$1&+, Cu, Ni, Zn
__________________________________________________________________
$/75, &X=Q6Q Ottone
navale (TOBIN) altissima
resistenza alla corrosione
marina&X6Q=Q3E
Rm = 240 MPa
__________________________________________________________________
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&/$66,),&$=,21((&2',),&$'(//(*+,6(
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%,$1&+(
Struttura ledeburitica, lega Fe/Fe3C
140 < Rm < 490 MPa
*5,*,(/$0(//$5,
Lega Fe-C, quasi sempre al Si – 1 - 3.5 %
- 2.5 < % C < 4.0
- 100 < Rm < 350 MPa
- migliore resistenza alla corrosione;
- più tenace della ghisa bianca.
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&RVWLGHLPHWDOOLHGHOOHOHJKH
*KLVH
Ghise sferoidali UNI EN 10001 kg 0.37
$FFLDL
$FFLDLVSHFLDOLGDERQLILFDQRQOHJDWLLQEDUUH
UNI EN 10083
C40 kg 0.58
$FFLDLVSHFLDOLGDFHPHQWD]LRQHLQEDUUH
UNI EN 10084
16 CrNi4 kg 0.79
18NiCr5 kg 0.94
$FFLDLLQR[
X20Cr13 UNI EN 10088-3 (AISI kg 1.75
420)
X8Cr17 UNI EN 10088-3 (AISI kg 1.80
430)
X5CrNi1810 UNI EN 10088-3 (AISI kg 1.80
304)
X5CrNiMo1712 UNI EN 10088-3 (AISI kg 2.3
316)
$FFLDLSHUFXVFLQHWWLDURWRODPHQWR
100Cr6 UNI 3097 kg 0.87
$FFLDLUDSLGL
UNI EN 2955-5
HS 10-4-3-10 kg 20.10
HS 6-5-2-5 kg 11.60
HS 6-5-2 kg 8.25
$OOXPLQLRHOHJKH
Al 99,70 in pani UNI EN 576 kg 1.72
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0DJQHVLRHOHJKH
Mg 99,95 in pani UNI 5537 kg 1.85
MgAl8.5ZnMn in pani UNI 6169 kg 2.40
5DPHHOHJKH
Grado A –(Cu-Cat-1) UNI EN 1978 kg 2.98
CuSn5Zn5Pb5 Bronzo in UNI EN 1982 kg 2.23
pani
CuSn12 Bronzo in pani UNI EN 1982 kg 3.13
CuAl10Fe2 in pani UNI EN 1982 kg 2.88
CuZn37Pb2Ni1AlFe UNI EN 1982 kg 1.86
Ottone in pani
CuZn35Mn2Al1Fe1 UNI EN 1982 kg 2.33
ottone in pani
1LFKHO
Ni 98.8 in catodi kg 12.45
$QWLPRQLR
Sb 99.60 UNI 3270 kg 3.39
&DGPLR
Cd 99.95 in bacchette UNI EN 3816 kg 1.72
0(7$//,35(=,26,
2UR
Au 999.9/1000 kg 10560.00
$UJHQWR
Ag 999/1000 kg 173.80
3DOODGLR
Pd 999/1000 kg 4930.00
3ODWLQR
Pt 999/1000 kg 22582.00
* Prezzi al 14/02/2005 – Fonte: Camera di Commercio di Milano.
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(VHUFL]LVYROWL
Mostrare il significato delle seguenti sigle:
60NiCrMo3 acciaio debolmente legato C = 0.6%, Ni = 0.75%, Cr e Mo
X2CrNi1911 acciaio legato C = 0.02%, Cr = 19%, Ni = 11%
115W4KU acciaio per utensili C = 1.15%, W = 1%
18NiCr16 acciaio debolmente legato C = 0.18%, Ni = 4%, Cr
FeE370 acciaio con carico di snervamento minimo garantito pari a
370 MPa.
Ricavare la codifica delle seguenti leghe metalliche:
a) Acciaio debolmente legato con tenore medio di carbonio 0.16 %, tenore di
cromo imprecisato, tenore di nichel di circa il 3 %.
b) Acciaio legato con tenore di carbonio 0.15 %, tenore di cromo di circa il 16 % e
tenore di nichel di circa l’8 %.
2
c) Acciaio con resistenza allo snervamento pari a 34 kg/mm e contenente bassi
tenori di fosforo.
d) Alluminio 99.5 % contenente bassissime percentuali di rame, silicio e cromo.
6: a) 16NiCr12
b) X15CrNi168
c) FeE340P
d) AA1050.
Nel diagramma di stato Fe-C:
a) Indicare il campo di esistenza delle ghise ipereutettiche;
b) Calcolare la quantità di liquido e di solido alle temperature T1=1500°C,
T2=1300°C e T3=1100°C nel caso di un acciaio la cui concentrazione di carbonio
sia pari a 1.5 %.
6: Nella figura E.2.1 è indicato il campo di esistenza delle ghise ipereutettiche che
presentano una concentrazione di carbonio compresa tra il 4.3% ed il 6.67%.
La lega contenente l’1.5% di carbonio, alla temperatura di 1500°C si trova
completamente nello stato liquido, alla temperatura di 1300°C si possono ricavare
le percentuali di solido e di liquido applicando la regola della leva.
Facendo riferimento alla figura si ricava che:
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Il Bismuto (Bi) e il Cadmio (Cd) formano una lega totalmente non miscibile
allo stato solido con presenza di una trasformazione eutettica. Sapendo che:
- la temperatura di fusione del Bi è pari a 271 °C e quella del Cd a 321 °C,
- la trasformazione eutettica avviene a 144 °C,
- la concentrazione eutettica è in corrispondenza del 40% in peso di Cd,
disegnare il diagramma di stato.
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Alla temperatura di 600°C OH IDVL presenti sono ferrite e cementite, le cui
percentuali sono determinabili applicando la regola della leva. Si ottiene:
(VHUFL]LSURSRVWL
2.11.1 - Nel diagramma di stato Fe-C, indicare:
a) La concentrazione eutettoidica, con la lettera A;
b) La concentrazione eutettica, con la lettera B;
c) La temperatura eutettoidica, con la lettera C;
d) La temperatura peritettica, con la lettera D;
e) Le temperature di esistenza delle forme allotropiche del ferro puro (Fe-D, Fe-J,
Fe-G);
f) La temperatura di tempra per un generico acciaio ipoeutettoidico.
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2.11.14 - Mostrare il significato del sistema di codifica AISI (americano) per gli
acciai.
2.11.19 - Si scelgano tre differenti leghe di acciaio, almeno una delle quali sia un
acciaio fortemente legato, se ne diano sinteticamente in una tabella le
caratteristiche generali, e si codifichino.
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&$3,72/2
3529(0(&&$1,&+((7(&12/2*,&+(
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3URYDGLWUD]LRQH81,(1
(VHFX]LRQHGHOODSURYD
Un provino di forma e dimensioni standardizzate è sottoposto ad un allungamento
crescente fino alla rottura (Fig. 3.1).
Fig. 3.1 – Macchina per prova di trazione.
Durante la prova si misurano e registrano, istante per istante, la forza applicata e
l’allungamento subito dal provino fino ad arrivare alla rottura dello stesso. Sia la
forza che l’allungamento assumono valori dipendenti dalla specifica geometria e
dimensione del provino; per definire le caratteristiche del materiale, e non del
provino, occorre trasformare la forza in tensione (sforzo) e l’allungamento in
deformazione.
La lunghezza del tratto utile del provino, secondo le norme UNI EN vigenti, è pari
a:
Lo = 5.65 60 nel caso in cui il provino sia proporzionale corto;
Lo = 11.30 60 nel caso in cui il provino sia proporzionale lungo.
Si osservi che nel caso di sezione cilindrica è facile dimostrare che le due relazioni
precedenti diventano:
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La scelta della tipologia lunga o di quella corta è funzione della geometria della
materia prima da cui estrarre i provini, nonché delle attrezzature sperimentali di cui
si dispone.
La tensione nominale è definita come il rapporto tra la forza e la sezione iniziale del
provino, denominata S0, mentre la deformazione nominale è definita come il
rapporto tra l’allungamento e la lunghezza iniziale del tratto utile del provino,
denominato L0. Si ottiene così la curva WHQVLRQL±GHIRUPD]LRQL QRPLQDOL (Fig. 3.2)
che dipende solo dalle caratteristiche intrinseche del materiale.
5
H = (L – L0) / L0 (1)
Reh Re0.2
ReL
Fig. 3.3 – Metodi di determinazione del carico di snervamento Re.
G7HQVLRQHGLURWWXUD5P
E’ il valore massimo di sforzo raggiunto nella curva tensioni nominali –
deformazioni nominali, come illustrato nella figura 3.2.
H(QHUJLDDVVRUELWD
L’intera area sottesa dalla curva sforzo–deformazione è pari all’energia assorbita
dal materiale, per unità di volume, prima di rompersi (Fig. 3.4). Tale valore può
facilmente ottenersi integrando la funzione che rappresenta i valori di tensione al
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variare di quelli della deformazione. Per ottenere l’energia totale bisognerà infine
prendere in considerazione le dimensioni del provino ed in particolare il volume del
tratto utile. L’energia assorbita è un indice della capacità del materiale di
immagazzinare energia prima di arrivare a rottura sotto sforzo. Tale proprietà è
anche detta “tenacità”.
Fig. 3.4 – Energia assorbita per unità di volume.
I$OOXQJDPHQWRSHUFHQWXDOHDURWWXUD$
Questa grandezza dipende strettamente dal tipo di provino utilizzato (lungo o corto)
ed indica la PDOOHDELOLWj del materiale. Tale valore è definito nel modo che segue,
A% = [ (Lf – L0)/L0 ] * 100 (3)
in cui Ss è il valore della sezione minima nella zona della strizione al momento
della rottura.
Bisogna infine osservare che tutte le grandezze ricavabili con la prova di trazione
sono fortemente dipendenti dalla temperatura e dalla velocità di deformazione H
definita come:
H = dH / dt.
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7HQVLRQLHGHIRUPD]LRQLUHDOL
Poiché i valori delle tensioni e delle deformazioni nominali fanno riferimento alle
grandezze iniziali del provino, è opportuno considerare e definire due analoghe
grandezze, dette “reali” o “effettive”, che tengano invece conto del fatto che la
lunghezza del tratto utile e il valore della sezione variano durante la prova. Si
definisce dunque tensione reale il rapporto tra il carico applicato istante per istante
ed il corrispondente valore della sezione del provino, denominata S; si avrà
dunque:
Vr = F / S (5).
Poiché sino a che non si verifica il fenomeno della strizione il tratto utile si
mantiene perfettamente cilindrico, è valida la relazione:
S0 * L0 = S * L (6)
Vr = V (1 + H) (7).
dHr = dL / L (8)
Hr = ln (1 + H) (10).
&RPSRUWDPHQWRUHRORJLFRGHOPDWHULDOH
Se si osservano in un grafico i valori della tensione reale al variare della
deformazione reale, si deduce che la relazione tra le due grandezze può essere
bene espressa mediante un modello matematico esponenziale; in particolare è
possibile scrivere la così detta “legge di flusso plastico”:
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Vr = C * H r
n
(11)
VU V 1 H (12)
HU ln 1 H (13)
VU &H UQ (14)
1 H
dalla relazione (13) si ricava che:
HH U (15)
VU V HH U (16)
V & H UQ H H U (17).
dV / dH = 0
che è valida nel punto < del diagramma riportato nella figura 3.5 seguente, e che
si può anche scrivere come:
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GV GV G H U
0
GH GH U GH
Dato che la derivata di Hr rispetto ad H è diversa da zero, deve risultare pari a zero
la derivata della tensione nominale rispetto alla deformazione reale calcolata nel
punto <.
Derivando la (17) rispetto a Hr e ponendo uguale a zero tale derivata, si ottiene:
& Q H UQ 1 H H U & H UQ H H U 0
Q H U ,X
dove con Hr,u si è indicato il valore della deformazione reale nel punto in cui
comincia la strizione del provino.
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&RQVLGHUD]LRQLVXOODWHQVLRQHUHDOH
Si consideri la relazione tra la tensione reale e quella nominale e si espliciti rispetto
alla tensione nominale, per la quale è noto che esiste un punto di massimo:
Vr = V (1 + H)
V = Vr (1 + H).
È noto che dV / dH calcolata nel punto < deve valere zero, dunque
tale espressione nel punto < deve essere uguale a zero. Poiché il denominatore,
essendo un quadrato, è certamente diverso da zero, deve essere:
dVr /dH (1 + H) - Vr = 0
dVr /dH Vr / (1 + H) = Rm
ciò significa che, pur non conoscendo analiticamente il valore della tensione reale
dopo il punto <, posso conoscerne l’andamento; infatti il primo membro della (18)
non è altro che la derivata della curva reale nel punto < e tale valore, proprio
perché è valida la (18) è noto ed è pari, numericamente, alla tensione di rottura del
materiale Rm. Infine, mediante questo valore, posso tracciare la tangente alla curva
reale nel punto di ascissa < e dunque posso dedurne l’andamento.
In tabella 1.1 sono riportati, a titolo di esempio, i valori del modulo di elasticità
longitudinale, o modulo di Young, per alcuni materiali comuni.
3URYDGLGXUH]]D
Nel campo dei metalli si definisce “durezza” la resistenza alla deformazione che un
metallo oppone all’azione di un penetratore cui sia applicato un carico statico. Per
eseguire una prova di durezza, il penetratore deve agire su una superficie liscia e
piana, esente da ossidi o da impurezze superficiali. La più antica scala
“comparativa” di durezza fu ideata nel 1820 dal tedesco Friedrich Mohs.
3URYDGLGXUH]]D%ULQHOO81,(1,62
La prova consiste nel far penetrare nel pezzo in esame una sfera di acciaio o di un
metallo molto duro (Widia) di dato diametro mediante l’applicazione di un carico, e
nel misurare il diametro dell’impronta lasciata dal penetratore sulla superficie del
pezzo, dopo avere tolto il penetratore (Fig. 3.6).
Il valore della durezza Brinell viene definito come rapporto tra carico applicato e
superficie dell’impronta (calotta sferica) generata.
HB = F / Scal
2
F/D = K .
Il valore della costate K, ottenuta sperimentalmente (Tab. 1.3), cambia col variare
del materiale in esame. La costanza di tale rapporto garantisce che al variare del
carico le impronte restino geometricamente simili (uguale angolo di penetrazione),
e quindi il rapporto F/S si mantenga costante.
La condizione che le impronte, al variare del carico o del diametro del penetratore,
siano sempre geometricamente simili, si traduce in una relazione tra il diametro
dell’impronta ed il diametro del penetratore d/D. Tale rapporto deve cadere in un
intervallo predefinito ed in particolare, affinché la prova abbia esito positivo, deve
essere compreso tra i seguenti limiti:
0DWHULDOH .
Acciai e ghise 30
Ottoni 10
Leghe leggere, rame 5
Tab. 1.3 – Valori della costante K
Esiste una distanza minima (Dmin) che deve essere garantita fra le impronte; al di
sotto di tale distanza non è corretto eseguire una nuova impronta. Il valore di tale
distanza è messo in relazione con il valore del diametro d dell’impronta; la
relazione assume la forma:
Dmin > k d
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con K dipendente dalle norme vigenti. Tale distanza minima va anche garantita
con riferimento ai bordi del provino.
Si ricava infine una relazione sperimentale che lega il valore di durezza ottenuto
con la prova Brinell al carico di rottura del materiale. Tale espressione si esprime
con la formula molto usata nella pratica:
HB = 3 Rm
3URYDGLGXUH]]DHPLFURGXUH]]D9LFNHUV81,(1
La prova si esegue in maniera analoga alla prova Brinell. Il penetratore è in questo
caso costituito da una piramide di diamante retta a base quadrata con angolo al
vertice di 136°, come illustrato in figura 3.7. Il valore di durezza Vickers si definisce
come rapporto tra carico impiegato e superficie dell’impronta generata e va
2
espresso, secondo le norme, in kg/mm . Dalla definizione discendono direttamente
le seguenti relazioni:
2
HV = 1.854 F / d se F è espressa in kg e d in mm
2
HV = 0.189 F / d se F è espressa in Newton e d in mm
Dmin > k d
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PP
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PP
3URYDGLGXUH]]D5RFNZHOO81,(1,62
Si definiscono diverse scale, tra queste, la B e la C, che sono le più utilizzate, a
seconda che il penetratore sia una sfera di acciaio temprato e levigato (prova B,
100 kg) di diametro 1/16 di pollice, o sia un cono di diamante con punta
arrotondata ed angolo al vertice di 120° (prova C, 150 kg).
La prova si esegue applicando un precarico iniziale; a questo punto si azzera
l’indicatore di profondità e si applica un carico aggiuntivo che viene rimosso dopo
30 secondi.
La durezza Rockwell, che viene direttamente letta su un display, è funzione
dell’aumento residuo della profondità di penetrazione sotto il precarico dopo
l’eliminazione del carico aggiuntivo.
Tale spostamento, essendo molto piccolo e dovendo essere misurato con la
precisione del micron, viene amplificato (moltiplicato) mediante uno strumento
detto “minimetro a leva” di Hirt.
Le fasi della prova sono illustrate nella figura 3.9.
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La prova di resilienza del pendolo di Charpy consiste nel rompere con un colpo di
pendolo un provino prismatico lungo 55 mm, a sezione quadrata di lato 10 mm ed
intagliato in mezzeria. Il maglio del pendolo viene lasciato cadere da una altezza
tale da colpire il provino sempre con la stessa energia cinetica, pari a 30 kgm (294
J), ad una velocità superiore a 4 m/sec. Il provino viene colpito al centro, dopo
essere stato opportunamente posizionato su due appoggi distanti 40 mm (Figg.
3.10, 3.11). Il risultato della prova è l’energia assorbita K per rompere il provino
2
divisa per la superficie resistente, e viene dunque espressa in kgm/cm secondo le
norme italiane; nel caso in cui si adottassero le norme americane, il risultato della
prova è espresso direttamente in termini di energia assorbita totale, e viene
2
espressa in Joule. A questo proposito si ricorda che 1 N = 1 kgm * 1 m / sec .
Eseguendo la prova a differenti temperature, ed osservando il grafico dei risultati,
si può determinare la cosiddetta temperatura di transizione del materiale, che
delimita il campo di comportamento duttile da quello di comportamento fragile.
Per determinare univocamente tale temperatura di transizione si possono utilizzare
tre differenti metodi:
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Per prodotti non siderurgici o di uso non strettamente industriale (per esempio,
materiali per uso odontoiatrico) il pendolo, in scala ridotta, è costruito in modo da
possedere, al momento dell’urto, una energia pari a 7 kgm.
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Acciaio inox
ricotto
Acciaio inox
incrudito Acciaio al
carbonio
Con riferimento ad alcuni dei principali materiali per prodotti industriali, nella tabella
1.4 sono riportati i valori di resilienza alla temperatura di 20 °C.
0DWHULDOH 5HVLOLHQ]D
D7 &
>NJPFP @ >NJP@ >-@
Acciaio extradolce 20 16 157
Acciaio inossidabile 18 14.4 141
Acciaio duro 8 6.4 63
Ottone (Cu – 40% Zn) 5 4 39
Bronzo (Cu – 13% Sn) 3 2.4 23.5
Anticorodal 3 2.4 23.5
Tabella 1.4 – Valori di resilienza per alcune leghe metalliche.
3URYDGLIDWLFDDIOHVVLRQHURWDQWH
La rottura definita “per fatica” ha luogo per sollecitazioni che, applicate una sola
volta, risulterebbero completamente innocue. Sebbene i carichi risultino
ampiamente in campo elastico, localmente ed in particolari condizioni di
sollecitazione, per esempio in corrispondenza di difetti presenti nel pezzo, si
possono manifestare delle locali e microscopiche deformazioni ed arrivare alla
rottura. La rottura per fatica è infatti causata da sollecitazioni che si ripetono nel
tempo (cicliche), come ad esempio quelle illustrate nella figura 3.14, che
provocano delle modificazioni microstrutturali nel materiale e che portano ad un
danneggiamento che non si evidenzia con alcuna deformazione plastica
macroscopica.
Il meccanismo di frattura può essere suddiviso in tre differenti fasi:
¾ Innesco della cricca;
¾ Crescita della cricca;
¾ Rottura finale.
La vita a fatica di un componente dipende da numerosi fattori quali:
¾ Materiale, composizione chimica e struttura;
¾ Frequenza e tipo di sollecitazione;
¾ Dimensioni e geometrie;
¾ Finitura superficiale;
¾ Trattamenti superficiali;
¾ Ambiente.
La prova di fatica consiste nell’imporre ad una serie di provini di forma opportuna
degli sforzi periodici, con forma d’onda sinusoidale, sia mediante carico assiale, sia
mediante flessione rotante. Tale ultimo caso prende dunque il nome di SURYD GL
IDWLFDDIOHVVLRQHURWDQWH
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Ix = S R /4
4
V = M z / Ix
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Nelle rotture per fatica la superficie di frattura appare di tipo fragile, le cricche
spesso si innescano a partire dalla superficie libera, che risulta anche suscettibile
di attacchi da parte dell’ambiente, e che spesso si trova in condizioni di
sollecitazione più critiche rispetto al cuore del pezzo.
Sulla superficie di frattura si ha la formazione di macroscopiche linee di fatica e di
microscopiche striature che registrano nel materiale l’avanzamento periodico della
cricca (Fig. 3.15).
Per i materiali ferrosi esiste uno sforzo al di sotto del quale, per quanto grande sia
il numero di cicli, il provino non si rompe mai (Fig. 3.16).
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Tale livello di sforzo è detto OLPLWHGLIDWLFD a flessione rotante. Ciò significa che se
un elemento è sollecitato al di sotto di tale limite, non si rompe mai qualunque sia il
tempo di funzionamento della macchina.
Per i materiali non ferrosi l’andamento della curva (Vmax, N) è sempre decrescente.
*
Si definisce allora un criterio limite, cioè si fissa un valore critico di N = N (numero
di cicli per arrivare alla rottura) elevato e si definisce limite di resistenza a fatica del
materiale il valore di tensione V per il quale N è proprio pari a N .
* *
Il valore del limite di fatica, attraverso una serie di osservazioni sperimentali, può
essere messo in relazione con il valore del carico di resistenza del materiale
ricavabile da una prova di trazione; in particolare si ottiene:
Lf = K Rm
Fig. 3.17 – Linee di fatica (di spiaggia, nel cerchio).
$SSOLFD]LRQL
La marcatura CE prevista nei manufatti quali i “maniglioni antipanico a leva”, quelli
per intenderci presenti nelle porte istallate lungo le vie di fuga delle uscite di
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sicurezza dei locali pubblici, prevede che tali maniglioni siano testati sino a
200.000 cicli in conformità alla norma EN 1125:97/A1:2001 obbligatoria dal 1°
aprile 2003. Spesso però le case costruttrici riescono a sottoporre i manufatti a
prove molto più lunghe, per esempio sino a 2.000.000 di cicli. Analoghe prove
sono previste per le cerniere delle aperture, per le quali vige la norma EN
1935:2002.
3URYDGLFRODELOLWjGLXQDOHJD
La “colabilità” è definita come l’attitudine del materiale allo stato liquido a fluire e
riempire una forma. Nell’eseguire la prova si misura la lunghezza del percorso che
il materiale fuso può effettuare in un canale di date dimensioni prima di arrestarsi
perché è iniziata la solidificazione. Il canale ha la forma di una spirale di circa 1.5
metri di lunghezza, vi sono delle tacche ogni 50 mm e la dimensione è prefissata
così come l’altezza di colata. Il metallo fuso, prima di essere colato nel canale,
attraversa un filtro per evitare moti turbolenti e per assicurare un riempimento
uniforme. Poiché l’aggiunta di certi elementi in una generica lega può variarne
notevolmente le caratteristiche di colabilità, è possibile valutare l’effetto di tale
aggiunta proprio mediante la prova di colata nel canale a forma di spirale.
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(VHUFL]LVYROWL
Su un grafico Tensioni nominali – Deformazioni nominali, indicare in quale
area è valida la relazione S0 * L0 = S * L (con S0 ed S uguali rispettivamente alla
superficie iniziale ed a quella istantanea del provino, L0 ed L uguali rispettivamente
alla lunghezza iniziale e istantanea del tratto utile). Mostrarne anche il significato
geometrico.
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6: La lunghezza del tratto utile del provino, secondo le norme UNI EN vigenti, è
pari a:
2
Considerando che So è pari a 10 * 10 = 100 mm si ottiene:
6 6
Z%= 100
60
*
2
e considerando che S è pari a 8 * 8 = 64 mm si ottiene:
100 64
Z%=
100 = 36 %.
100
2 2
Rm = 360 MPa = 360 / 9.81 kg / mm = 36.7 kg / mm .
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_______________________________________________________________ 97
Lo = 5.65 60
2
con So pari a 10 * 8 = 80 mm , quindi
2
con S pari a 8 * 7 = 56 mm , quindi:
___________________________________________________________________
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_______________________________________________________________ 98
80 56
Z%= * 100 = 30 %.
80
/ /0
A%= 100
/0
*
Una lega metallica sottoposta a trazione mostra, nel punto di tensione
massima, un valore di deformazione nominale pari a 3 % ed un corrispondente
valore di tensione nominale pari a 200 MPa; un valore di Z pari a 2 % e di A pari a
4.5 % (condizione A).
La stessa lega metallica, ma in altre condizioni mostra, nel punto in cui inizia la
strizione, un valore di deformazione nominale pari a 8.5 % ed un corrispondente
valore di tensione nominale pari a 150 MPa; un valore di Z pari a 61 % ed un
valore di A pari a 13 % (condizione B).
a) Quali possono essere le due differenti condizioni?
b) Quanto vale il coefficiente di incrudimento nei due casi?
c) Disegnare le curve tensioni-deformazioni nominali per le condizioni A e B (Fig.
E.3.4 a);
d) Disegnare le curve tensioni-deformazioni effettive per le condizioni A e B (Fig.
E.3.4 b).
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_______________________________________________________________ 100
*
quindi risulta :
= 200 * (1+ 0.030) = 206 MPa ,
)6
(l - l )/ l
= F/S
= ln( l/ l ).
125 u 9.81
)6 HTXLQGL
S u 42
= 98 MPa.
4
Applicando la legge di Hooke si può determinare la deformazione elastica
dell’acciaio, risulta:
) 125 u 9.81
V 98 6 6#
alluminio =
( 210000
acciaio = = =
(!" 71000
1226
S =
71000 u 0.00046
2
= 37 mm d0 = 6.7 mm.
Ad un cilindro di acciaio di diametro 10 mm e alto 20 mm, è applicato un
carico verticale, tale da sollecitare il cilindro sino al suo limite elastico. Sapendo
che la deformazione corrispondente al limite elastico di tale acciaio sia pari a
0.03%, calcolare la tensione agente nel pezzo, ed il carico applicato.
6: Per determinare la tensione agente sul cilindro si applica la legge di Hooke:
V
* 210000 = 63 MPa.
(
acciaio =
Per determinare il carico agente occorre moltiplicare il valore della tensione agente
per il valore della sezione iniziale del cilindro:
S '2
F= V u = 4948 N = 504 kg.
4
Se a parità di carico applicato, un cilindro di un materiale incognito di
diametro 20 mm e altezza 20 mm, presenta una deformazione maggiore, sempre
2
in campo elastico, di un uguale cilindro di alluminio (E = 7100 kg/mm ), il modulo
elastico del materiale incognito sarà maggiore o minore di quello dell’alluminio?
Motivare la risposta.
6: Il modulo elastico del materiale incognito risulterà minore, infatti, dalla legge di
Hooke si ha:
V
(
H
e quindi a paritàGL VH è maggiore per il materiale incognito, E risulta minore.
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_______________________________________________________________ 103
H ')( = 260 u
1 1 260
V ')(* 2
= 0.48 N/mm .
2 2 70000
) u/
1% Un’ energia per unità di volume ha le seguenti dimensioni: = )2 .
/3 /
La retta:
OQ r OQ r
0.02
273
r 03DTXLQGL
= 268 MPa.
1
Per ricavare il modulo di elasticità si applica la legge di Hooke valida nel tratto
elastico lineare:
268
( TXLQGL( = 13400 MPa.
0.02
3HU GLVHJQDUH OD UHWWD OQ r OQ r QHO SLDQR OQ r OQ r) basta
osservare che appartengono alla retta i punti (0, 6.12) e (ln (0.019), 5.61). La retta
richiesta è tracciata in figura E.3.6.
1HOSLDQR r r l’equazione (1) diventa:
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_______________________________________________________________ 105
-
, ./ 0
, ./1
r =e r
Questa curva passa per il punto (0.019 ; 273), inoltre, ricordando che il coefficiente
di incrudimento è pari al valore assunto dalla deformazione reale nel punto in cui
inizia il fenomeno
-
, ./ 0
della
, ./1 strizione, si ricava che la curva passa anche per il punto
(0.128, e 0.128 ) e cioè per il punto (0.128 ; 350). Si può quindi tracciare
l’andamento della curva come illustrato in figura E.3.7.
(0.02, 268),
e per il punto:
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_______________________________________________________________ 106
ln r = lnC + n ln r.
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_______________________________________________________________ 107
n = \ 2 \1 =
6.1 5.63 = 0.17
[2 [1 1.75 4.45
per ricavare il valore di lnC basta ricordare che l’equazione della retta passante per
due punti si scrive:
\ 2 \1
\ \1 [ [1
[2 [1
\ 2 \1
OQ& \1 u [1 = 6.38
[2 [1
0
, .2
e quindi C = 590 la relazione richiesta è:
Sottoponendo a prova di trazione una lega metallica si è ottenuto che:
Hr1 = ln(1 + H) =ln(1 + 0.10) = 0.095
___________________________________________________________________
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_______________________________________________________________ 108
lnVr4 = 6.22
lnHr1 = -2.35
lnHr2 = -1.70
scrivendo l’equazione della retta passante per due punti si possono ricavare i valori
di n e C come segue:
y = 0.41x + 7
n = 0.41 C = 1096.
Vr = C Hr = 1096×0.22
n 0.41
= 589 MPa
V5
1 H
589
V 47103D .
1 0.25
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_______________________________________________________________ 109
E = 70000 MPa
___________________________________________________________________
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_______________________________________________________________ 110
Vrmax = 520×0.12
0.12
= 403 MPa
Hr = ln(1 + H)
0.12 = ln(1 + H)
= 1 + HoH= 0.127
0.12
e
Vr = V (1 + H) o V 403
357 MPa.
1 0.127
Per calcolare l’energia per unità di volume e l’energia totale necessaria per
deformare elasticamente il provino occorre considerare che:
Ve = E H = 266 MPa
V 67 u H 67
1
Energia per unità di volume = 0.5 MPa.
2
S0 = S u '0
2
2
201 mm , L0 = 10 D0 = 160 mm,
4
quindi
3
V0 = 32160 mm .
S × L = S0 × L0
quindi:
O O0
H oO O0 u H O0 160 u 0.1 160 176 mm
O0
___________________________________________________________________
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_______________________________________________________________ 111
S u '2 4 u6
o' 15.2PP 8
32160
6 183PP 2 6
176 4 S
Vr= 490 Hr
n
(MPa)
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_______________________________________________________________ 112
d) Indicare sul grafico di cui al punto c, l’energia elastica per unità di volume
calcolata al punto b.
6: a) D0 = 10 mm Vel = 266 MPa E = 70000 MPa
V
( uH o H
266
V 0.0038 .
( 70000
u H 9;:
Energia per unità di volume = 1 V 9;:< 266 u 0.0038
b) 1
0.5 MPa .
2 2
Vrmax = 490×0.139
0.139
= 372 MPa
VJ 372
V 323 MPa.
1 0.15 1 0.15
Fig. E.3.11 – Energia elastica.
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_______________________________________________________________ 113
Il grafico in figura E.3.12 (si tratta di punti di una retta) rappresenta i valori
di tensione reale ottenuti in seguito ad una prova di trazione su una lega metallica,
nel tratto compreso tra il valore della tensione di snervamento e quello della
tensione di rottura, con le sollecitazioni misurate in MPa. Ricavare C ed n della
relazione:
n
r = C r .
ln r = lnC + n ln r.
\ 2 \1 6.2 5.73
[2 [1 2.75 5.45
n= = = 0.17.
Per ricavare il valore di lnC basta ricordare che l’equazione della retta passante per
due punti si scrive:
\ 2 \1
\ \1 [ [1
[2 [1
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_______________________________________________________________ 114
\ 2 \1
OQ& \1 u [1 = 6.65 e quindi C = 777;
[2 [1
6: I dati del problema sono: D = 2.5 mm, F = 187.5 kg, HB = 383 kg/mm
2
p = §¨ ·¸ §¨ ·¸ §¨ ·¸
' ' G
2 2
«¬© 2 ¹ © 2 ¹ © 2 ¹ »¼
d = 0.78 mm.
___________________________________________________________________
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_______________________________________________________________ 115
2
F=KD
187.5
2.5
K= 2
= 30 .
HB = 3Rm
+% 383 2
Rm = = = 127.6 kg / mm = 1252 MPa.
3 3
HB = )
ª§ ' · §'· §G · º
S ' «¨ ¸ ¨ ¸ ¨ ¸ »
2 2
«¬© 2 ¹ © 2 ¹ © 2 ¹ »¼
d = 0.72 mm.
2
F=KD
___________________________________________________________________
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_______________________________________________________________ 116
187.5
K= = 30.
2.52
Per ottenere un plausibile valore del carico di rottura si utilizza la formula
sperimentale:
HB = 3Rm
+% 447 2
R m= = = 149 kg / mm = 1462 MPa.
3 3
Un elemento di alluminio 99,5 %, in forma di lamierino spesso 0.5 mm,
deve essere sottoposto a prova di durezza.
a) Come si esegue tale prova?
b) Quali condizioni dovranno essere rispettate?
)
HV = 0.1891 con F misurata in N e d in mm.
G2
quindi risulta D = 2.5 mm. Per calcolare il valore della durezza Brinell bisogna
applicare la seguente formula, nella quale l’unica incognita è proprio il valore di HB:
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_______________________________________________________________ 117
)
ª ' 2º
§ · §'· §G ·
S ' «¨ ¸ ¨ ¸ ¨ ¸ »
2
«© 2 ¹ © 2 ¹ ©2¹ »
¬ ¼
Sostituendo opportunamente i valori si ottiene:
2
HB = 341 kg / mm .
+% 341 2
Rm = = = 114 kg / mm = 1115 MPa.
3 3
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E1 – E2 = K = 27 J
E1 = mgh1 = 300 J
E2 = mgh2
h2 = 273 0.91 m.
300
2
b) Il valore di resilienza KT (in J/cm ) alla temperatura di 15 °C sapendo che h2
(altezza di risalita del pendolo dopo aver colpito il provino alla temperatura di 15°C)
= 90 cm.
PJ K1 K2 2.9 26.53
2
S: La resilienza del materiale espressa in J/cm è data da:
- .
.P*
1u 0.8
33
0.8 FP 2
c) Disegnare inoltre la curva (KT , T) sapendo che la resilienza del materiale per T
2
< 10°C è pari a 12 J/cm (Soluzione in Fig. E.3.16).
- .
.Q 33 u 2 12 54
FP2
max
) Un provino di una lega metallica, con tensione di rottura nota e pari a 750
3
MPa, viene sottoposto a prova di fatica e si rompe dopo 10 cicli, quando il carico
applicato è pari a 35 kg. La prova successiva viene eseguita con un carico di 20
kg.
a) La rottura avverrà per un numero di cicli maggiore o minore del precedente?
Motivare la risposta;
b) Quale valore del carico limite di fatica ci si attende di ottenere?
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2 2
Lf = (1/3 – 1/2 ) Rm 25.5 kg/mm < Lf < 38.3 kg/mm .
Se una lega metallica sottoposta a prova di fatica, mostra un limite di fatica
2
pari a 20 kg/mm , in quale intervallo sarà compresa la sua resistenza a trazione?
2 2
Rm = (1.6 – 3.3) Lf 32 kg/mm < Rm < 66 kg/mm .
Si disegni un grafico contenente i risultati della prova di resilienza (prova
del pendolo) nel caso in cui il metodo scelto per la valutazione della temperatura di
transizione duttile-fragile sia quello della cristallinità (detto anche “della superficie di
rottura fragile”).
S: Dopo l’esecuzione della prova di resilienza la sezione di rottura del provino si
presenta come illustrato nella seguente figura:
C’è una zona lucida in cui la frattura è stata di tipo fragile (zona a) ed una zona
opaca in cui la frattura è stata di tipo duttile (zona b). Al variare della temperatura di
prova, varia l’estensione di tali superfici. Definendo come rapporto di fragilità il
rapporto tra la superficie a e la superficie a+b, si può diagrammare il valore di tale
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HR ln 1 H
H1 H0.2 1 0.22
H2 H0.09 1 0.094
6:
.J
V U* 105 0.20.2 76
PP 2
HU ln 1 H P
HP H0.2 1 0.22
V U* .J
5P
1 HP
62
PP 2
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1 sin30
1.875
O 1.25P
quindi KT risulta:
K S = 294 – 156.8 (1.25-1.25cos 70) = 165J.
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(VHUFL]LSURSRVWL
3.8.1 - Calcolare la lunghezza del tratto utile di un provino metallico a sezione
quadrata di lato 10 mm. Ammesso che il valore di tale lato nel punto di strizione
dopo la rottura sia pari a 8 mm, valutare la strizione percentuale Z.
V (tensione) V (tensione)
H (deformazione) H (deformazione)
3.8.10 – Una lega metallica sottoposta a trazione mostra, nel punto in cui inizia la
strizione, un valore di deformazione nominale pari a 8.45 % ed un valore di
tensione nominale pari a 660 MPa;
a) Quanto vale il coefficiente di incrudimento?
b) Supposto di interrompere la prova e di scaricare il provino nell’istante in cui
inizia il fenomeno della strizione, quale sarà la deformazione plastica
complessivamente accumulata dal provino scarico, ammesso che il modulo
elastico sia 70000 MPa ?
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3.8.15 – Una lega metallica sottoposta a trazione mostra, al termine della prova, un
valore di Z pari a 2 % e di A pari a 1.5 %.
La stessa lega metallica, ma in altre condizioni, mostra nel punto in cui inizia la
strizione, un valore di deformazione nominale pari a 8.5 % ed un corrispondente
valore di tensione nominale pari a 140 MPa; un valore di Z pari a 61% ed un valore
di A pari a 13%.
a) Quali possono essere le due differenti condizioni?
b) Quanto vale il coefficiente di incrudimento nel secondo caso?
c) Disegnare, nello stesso grafico, le curve tensioni-deformazioni nominali ed
effettive dei due casi.
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3.8.30 - La retta:
ln Vr = 5.42 + 0.18 ln Hr
rappresenta, in un grafico logaritmico, le tensioni reali, espresse in MPa, per una
lega metallica sottoposta a deformazione.
a) Sapendo che il limite elastico per tale lega corrisponde a un valore di H pari a
0.01, quanto vale la tensione limite elastica di tale lega?
b) Quanto vale il modulo di elasticità di Young?
c) Disegnare la retta nel piano logaritmico, aggiungendo le unità di misura degli
assi;
d) Disegnare la stessa espressione, ma nel piano Vr, Hr (cioè quello effettivo, e non
quello logaritmico);
e) Nello stesso grafico di cui al punto d, in cui è stata disegnata la curva delle
tensioni reali, disegnare la curva delle tensioni nominali.
3.8.31 - La retta:
ln Vr = 4.52 + 0.81 ln Hr
e) Nello stesso grafico di cui al punto d, in cui è stata disegnata la curva delle
tensioni reali, disegnare la curva delle tensioni nominali.
3.8.32 - Mostrare i vantaggi (solo i vantaggi) nel caso di impiego del metodo di
durezza Vickers, rispetto al metodo di durezza Brinell.
3.8.33 - Su un grafico Tensioni reali – Deformazioni reali, indicare per quale campo
di valori di deformazione il comportamento del materiale è solo elastico ed in quale
campo è elasto-plastico.
3.8.34 - La retta:
ln Vr = 5.99 + 0.09 ln Hr
rappresenta, in un grafico logaritmico, le tensioni reali, espresse in MPa, per una
lega metallica sottoposta a deformazione.
a) Sapendo che il limite elastico per tale lega corrisponde a un valore di Hn, pari a
0.02, quanto vale la tensione limite elastica di tale lega?
b) Quanto vale il modulo di elasticità di Young?
c) Disegnare la retta nel piano logaritmico, aggiungendo le unità di misura degli
assi;
d) Disegnare la stessa espressione, ma nel piano Vr, Hr (cioè quello effettivo, e non
quello logaritmico);
e) Nello stesso grafico di cui al punto d, in cui è stata disegnata la curva delle
tensioni reali, disegnare la curva delle tensioni nominali.
3.8.36 - Una barra metallica a sezione quadrata di lato 8 mm, viene sottoposta a
prova di trazione. Il valore della superficie nel punto di strizione dopo la rottura è
2
pari a 42 mm , e la lunghezza del tratto utile, sempre al termine della prova, è pari
a 50.3 mm. Il valore del carico massimo durante la prova è stato registrato in
corrispondenza di un allungamento del tratto utile di 3.8 mm e risulta pari a 44800
N. Il valore di deformazione nominale, in corrispondenza del limite di elasticità, vale
0.003; il carico limite elastico, registrato anch’esso durante la prova, vale 42500 N.
Valutare:
a) La lunghezza del tratto utile;
b) La strizione percentuale Z;
c) L’allungamento percentuale A;
d) Il carico unitario di rottura;
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3.8.37 - Una barra metallica a sezione circolare di diametro 8 mm, viene sottoposta
a prova di trazione. Il valore della superficie nel punto di strizione dopo la rottura è
2
pari a 45 mm , e la lunghezza del tratto utile, sempre al termine della prova, è pari
a 51.2 mm. Il valore del carico massimo durante la prova è stato registrato in
corrispondenza di un allungamento del tratto utile di 4.0 mm e risulta pari a 44000
N. Il valore di deformazione nominale, in corrispondenza del limite di elasticità, vale
0.003; il carico limite elastico, registrato anch’esso durante la prova, vale 31500 N.
Valutare:
a) La lunghezza del tratto utile;
b) La strizione percentuale Z;
c) L’allungamento percentuale A;
d) Il carico unitario di rottura;
e) Il modulo di elasticità di Young;
f) Il coefficiente di incrudimento n.
3.8.38 - Sullo stesso sistema di assi cartesiani con le opportune scale ed unità di
misura, per un acciaio Fe480 si disegnino le curve Tensioni nominali–Deformazioni
nominali:
a) A temperatura ambiente;
b) A T = 800 °C ;
c) A velocità di deformazione molto alta.
3.8.44 – Un acciaio C120 possiede una tensione limite di elasticità pari a 490
2
N/mm .
a) Un tirante di tale lega, del diametro di 4 mm, potrà sopportare senza rompersi,
un peso pari a 628 kg?
b) Quale valore massimo di carico potrà essere sopportato dallo stesso tirante
senza che occorrano deformazioni permanenti?
2
3.8.45 – Un acciaio C45 una tensione limite di snervamento pari a 510 N/mm .
a) Un tirante di tale lega, del diametro di 3 mm, potrà sopportare senza rompersi,
un peso pari a 367 kg?
b) Quale valore massimo di carico potrà essere sopportato dallo stesso tirante
senza che occorrano deformazioni permanenti?
Fig. E.3.20
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3.8.50 - Eseguendo una prova di trazione su una lega metallica, sono stati
determinati il valore della costante C = 777 MPa ed il valore del coefficiente di
incrudimento n = 0.17.
Tracciare su un sistema di assi cartesiani la curva [tensioni reali/deformazioni reali]
e la curva [ln(tensioni reali)/ln(deformazioni reali)], sapendo che la tensione reale
corrispondente al punto di snervamento è pari a 307 MPa.
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3.8.55 - Casi di NON possibile impiego dei metodi di durezza Brinell e Rockwell.
3.8.60 - Mostrare i vantaggi (solo i vantaggi) nel caso di impiego del metodo di
durezza Rockwell, rispetto agli altri metodi conosciuti.
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3.8.61 - Per quali motivi può essere necessario impiegare un metodo di misura di
microdurezza su un campione metallico a geometria cilindrica di diametro 30 mm
ed alto 40 mm?
3.8.62 – La lega X40CrMoV5, che possiede allo stato ricotto un valore di durezza
Rockwell C pari a 5, deve essere temprata per ottenere una struttura più dura:
a) Quali sono le temperature per eseguire il trattamento termico di tempra?
b) Di che lega si tratta?
c) Quali valori di HRc si otterranno temprando il materiale una volta in acqua ed
una volta in olio?
3.8.63 - Il carico di rottura di una lega metallica è stato misurato pari a 480 MPa.
Indicare un presumibile valore della durezza Brinell.
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