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MEDITAZIONI SUL
CANTICO DEI CANTICI (2)
Donato Bono *

SECONDA MEDITAZIONE
IL BACIO (Ct 1,2a)
Il Cantico dei Cantici inizia con l’espressione «Mi baci egli con i baci
della sua bocca (jiššaqenî minnešîqôt pîhû)». Credo che affermazione
più profonda e più bella non ci possa essere, per vivere l’esperienza
dell’incontro d’amore all’insegna del gusto, del piacere e della tenerez-
za. Come già nel titolo (Cantico dei Cantici), anche qui assistiamo alla
ripetizione del medesimo concetto attraverso un verbo e un sostantivo
del medesimo significato. Nella lingua ebraica la ripetizione dei termini
e delle parole, anche attraverso l’utilizzo di sinonimi, indica sempre
il superlativo, il non plus ultra. Questo è il cantico per eccellenza, dal
momento che parla d’amore; e che cosa è più trasparente nell’amore
se non il bacio della bocca? L’espressione «Mi baci egli con i baci del-
la sua bocca» è tale da provocare davvero una grandissima emozione.
Nel bacio si fa l’esperienza estrema della tenerezza, della vicinanza,
dell’affetto. Il bacio, infatti, è l’espressione più intima dell’amore. E
nel ripetere il concetto, utilizzando dapprima il verbo e poi il sostantivo,
si crea nel testo una sorta di dialettica, che dà all’esperienza del bacio
un’intimità tutta particolare e tutta da scoprire e verso cui tendere. Si
tratta – avverte G. Ravasi – di «una raffinata “onomatopea” del bacio,
ritmata su un gioco di sibilanti e con un vocabolo (pîhû, sua bocca), la
cui pronuncia costringe le labbra a porsi nell’atteggiamento del bacio»1.

*
Sacerdote della Diocesi di Otranto (LE).
Per la prima parte, si veda La Scala 69 (2015) 187-191.
1
G. Ravasi, Il Cantico dei Cantici. Commento e attualizzazione, Bologna 1992,
Meditazioni sul Cantico dei Cantici 273

Il suono dell’intera costruzione lessicale sembra richiamare esattamen-


te il rumore del bacio, plasticamente espresso dall’ultima parola ebrai-
ca. «La ripetizione – continua il Ravasi – crea una sorta di superlativo,
di intensità nel bacio, per cui il significato finale equivale esattamente
ad un “Baciami con grande amore”»2.
Espressa alla terza persona del congiuntivo presente, l’espressione
acquista di fatto una sorta di profondo desiderio, cui la sposa si sente
profondamente legata. Questa particolare forma grammaticale esprime
chiaramente l’idea di un desiderio, a cui la sposa aspira, ma che diventa,
di fatto, un programma di vita. Sembra che questo desiderio di essere
baciata è ciò che lei esattamente vuole e la cui tensione rimane presente
per l’intera opera: Che mi baci pure egli con i baci della sua bocca.
Nella sua traduzione dalla Vulgata Antonio Martini scrive:

«Questo esordio pieno di affetto e questa maniera di parlare tutta


nuova sveglia l’attenzione di chiunque legge od ascolta […] non
si dice chi è chi parla né a chi parla, ma quello che chiede con
istudiata ripetizione vien detto: Mi baci e di poi Col bacio e final-
mente Col bacio della sua bocca, donde apparisce e l’ardentissi-
mo desiderio di lei che domanda e la grandezza del bene ch’ella
domanda»3.

Ma chi è colei che desidera il bacio sulla bocca e chi è colui, al quale
è richiesto il bacio amoroso? Al di là delle tante possibili interpreta-
zioni esegetiche, a me piace vedere qui la Santissima Trinità: il Padre
bacia me, suo figlio, con il bacio del suo Spirito. È lo Spirito Santo che
imprime a me i suoi baci d’amore e questo bacio è il bacio del Padre,
che mi viene donato, perché figlio nel Figlio suo Gesù Cristo. In questa
interpretazione trinitaria lo Spirito Santo è la bocca di Dio, che bacia
con amore il proprio prediletto e il proprio amato. Si tratta, pertanto,
della contemplazione del bacio di Dio nel Figlio suo, che è lo stesso suo

151.
2
Ibidem. Cf. G. Nolli, Cantico dei Cantici, Roma 1968, 61; anche Bibbia TOB.
Traduction Oecuménique de la Bible, Leumann 2009, 1621.
3
A. Martini (a cura di), La Sacra Bibbia secondo la Volgata tradotta in lingua
italiana, III, Firenze 1852, 751.
274 Donato Bono

Spirito, che bacia con riverenza e delizia e con l’amore totale e gratuito
l’oggetto desiderato del suo amore.

1. L’esperienza dei mistici


Su questa particolare esperienza del bacio divino, i Padri della Chie-
sa e, più in generale, i mistici forniscono delle stupende pennellate asce-
tiche, dove però la “bocca che bacia” è sempre quella del Verbo. Scrive
San Bernardo di Chiaravalle nel commento al Cantico dei Cantici:

«Queste parole: “Mi baci con il bacio della sua bocca” esprimono
per me l’ardente desiderio e l’affetto della pia attesa di quegli anti-
chi giusti (ossia dei Patriarchi e dei profeti). Non altri dunque, sia
angelo, sia uomo, ma lui prego di baciarmi con il bacio della sua
bocca. Comprendete! La bocca che bacia è, per noi, il Verbo che
assume la natura umana»4.

E Santa Caterina da Siena nel Dialogo della divina Provvidenza, in


riferimento alla sua teologia del Cristo ponte tra Dio e l’umanità, parla
del contatto con il Crocifisso a tre livelli e gradualità: il primo livello,
quello dei prospicienti, è con i piedi del Crocifisso, il cui contatto eleva
l’uomo dalle passioni della terra; il secondo, quello dei perfetti, è con il
costato di Cristo; il terzo, infine, quello dei perfettissimi, è con la bocca
del Cristo:

«Dove è passata l’anima per arrivare sino alla bocca del Cristo?
Per la via del cuore […] costoro sono giunti alla bocca, e ne danno
prova mettendosi a svolgere l’ufficio della bocca. La bocca infatti
parla grazie alla lingua che possiede, mentre il gusto ha il potere
di sentire il sapore. La bocca inoltre trattiene il cibo, porgendolo
poi allo stomaco, e i denti lo schiacciano perché, diversamente, il
cibo non potrebbe essere inghiottito. Così fa l’anima: prima parla
rivolgendosi a me con la lingua che sta nella bocca del suo santo
desiderio, ossia con la lingua della santa e continua orazione […]

4
Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, II, 1-2, Roma 1986,
45-46. Cf. anche la traduzione italiana e il testo latino in Id, Sermoni sul Cantico dei
Cantici, (Opere di San Bernardo, V/1), Milano 2006, 43-45.
Meditazioni sul Cantico dei Cantici 275

tu sai che proprio sulla bocca si da la pace. In questo terzo stato


l’anima trova la pace nel modo così saldo che nessuno la potrebbe
turbare, in quanto ha perduta e annegata la propria volontà; e quan-
do la volontà è morta ne vengono pace e quiete»5.

Origene, da parte sua, vede qui l’anima,

«che desidera soltanto congiungersi ed unirsi col Verbo di Dio ed


entrare nei misteri della sua sapienza e della sua scienza come nel
talamo dello sposo celeste. […] Anche quest’anima – insiste Ori-
gene – ha i doni che da lui le sono stati dati a titolo di dote […] e si
parla al plurale di baci, proprio perché noi comprendiamo che l’il-
luminazione di ogni concetto oscuro è un bacio che il Verbo di Dio
dà all’anima perfetta […] perciò ogni volta che nel nostro cuore
scopriamo qualcosa che ricercavamo sulle dottrine e gli argomenti
divini, altrettanti baci crediamo che ci siano stati dati dallo Sposo,
il Verbo di Dio […] il Padre conosce la capacità di ogni anima e sa
a quale anima quali baci del Verbo a suo tempo debba porgere»6.

Anche Gregorio di Nissa vede l’anima che «viene ornata come una
sposa […] e si avvia al congiungimento incorporeo e spirituale e incon-
taminato con Dio»; ed esorta: «Penetrate all’interno dell’immacolata
stanza nuziale e indossate le bianche vesti dei vostri puri e incontami-
nati pensieri»7.

2. Il titolo del Cantico


Questo primo versetto del Cantico dei Cantici sembra avere una tale
portata e densità da far pensare a una sorta di titolo all’intera opera.
L’attenzione è posta sulle due immagini molto significative del bacio
(nšq) e della bocca baciante (peh), perché attraverso l’esperienza del
bacio “bocca a bocca” i due amanti esprimano l’intenso desiderio di en-
trare in una particolare e profonda intimità, che permetta loro di sentire
l’ebbrezza della loro relazione.

5
Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, Milano 2007, 186-189.
6
Origene, Commento al Cantico dei Cantici, Roma 1976, 73-77.
7
Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico dei Cantici, Roma 1988, 39-40.
276 Donato Bono

Del bacio, quale segno d’amore, nell’Antico Testamento si parla as-


sai poco8. A parte l’accenno in Gn 29,11 («Giacobbe baciò Rachele») e
in 1Sam 20,41 («Davide e Gionata si baciarono l’un l’altro e piansero
l’uno insieme all’altro»; cf. anche Prv 24,26), per il resto si parla del
bacio o in riferimento al legame di parentela (Gn 27,26.27; 29,11.13;
31,28; 32,1; 33,4; 45,15; 48,10; 50,1; Es 4,27; 18,7; 2Sam 14,33; 1Re
19,20) o come segno di affetto (cf. 1Sam 10,1; Es 4,27; 2Sam 19,40;
Rt 1,9.14); nel libro dei Proverbi, poi, il bacio è un elemento delle arti
seduttrici della donna adultera (Pr 7,13); esiste anche qualche accenno
all’idea del bacio in vista di un qualche interesse, come ad esempio il
bacio di Assalonne verso i postulanti, motivato da una chiara tattica
politica (2Sam 15,5); il bacio del generale Ioab nei confronti del suo
giovane successore Amasa è semplicemente un inganno e perciò de-
finito il bacio di Giuda dell’Antico Testamento (2Sam 19,14; 20,9; cf.
anche Prv 27,6). Interessante, infine, è il bacio messianico tra giustizia
e pace alla fine dei tempi (cf. Sal 84,11). Anche il Nuovo Testamento
ignora del tutto il bacio erotico e presenta fondamentalmente tre tipi di
baci: quello del padre, che accoglie il figlio (Lc 15,20), da considerare
essenzialmente come bacio di riconciliazione (katefílēsan); i molti baci
della peccatrice, da interpretare come segni profondi della conversione
(Lc 7,38.45); e, infine, il bacio di commiato dei presbiteri efesini, da
considerare come espressione della riconoscenza per tutto ciò che Paolo
aveva fatto per le sue comunità (At 20,37)9. All’interno dell’epistolario
paolino si parla del bacio santo (fílēma aghion), che i fratelli possono
scambiarsi con tenerezza e amore come segno di fraternità nella fede
(Rm 16,16; 1Cor 16,20; 2Cor 13,12; 1Ts 5,26; cf. anche 1Pt 5,14). Una
questione a sé è data dal bacio di Giuda (Mt 26,49; Mc 14,45; Lc 22,48),
raccontato con dinamiche differenti nei Sinottici e totalmente ignorato
da Giovanni, segno questo che sin dai primordi della cristianità il bacio
di Giuda ha costituito un particolare e grave problema.
Pertanto, è solo qui in tutta la Bibbia che si parla del bacio tra l’uomo
e la donna in senso positivo e attraente. Il tutto, poi, è accentuato dalla

8
Cf. K.-M. Beyse, «nāšaq nešîqâ», in Grande Lessico dell’Antico Testamento V,
Brescia 2005, 1121-1126.
9
Per un’analisi generale cf. G. Stählin, «filéō, katafiléō, fílēma», in Grande Lessico
del Nuovo Testamento, XIV, Brescia 1984, 1178-1186.
Meditazioni sul Cantico dei Cantici 277

particolare enfasi, con cui il bacio viene presentato; ed è soprattutto un


dato notevole il fatto che la scena del bacio sia posta all’inizio del libro
come un qualcosa di dinamico, significativo e profondamente intenso.
È, di fatto, la scena che apre il Cantico d’amore e nello stesso tempo
gli dà una forte portata ermeneutica e significativamente lo orienta. Del
resto, è l’unico caso in tutta la Bibbia, in cui si parla esplicitamente del
bacio “bocca a bocca”, dove la bocca che bacia è corrisposta amore-
volmente dall’altra bocca, che nello stesso tempo bacia. Si tratta, quin-
di, di un intreccio di baci, amorevolmente corrisposti. Nell’esprimere
l’azione amorosa del bacio, l’autore del Cantico dei Cantici utilizza
esplicitamente la parola “bocca”. Solo due casi nell’Antico Testamen-
to si avvicinano al nostro testo, dal momento che viene esplicitamente
menzionata la bocca, per richiamare questa particolare azione d’amore.
Si tratta di 1Re 19,18, dove però si parla del bacio idolatrico, fatto con
la bocca; e soprattutto di Gb 31,27 («si è lasciato sedurre in segreto il
mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio»). Per il re-
sto, oltre ad essere normalmente utilizzato per indicare l’organo della
comunicazione vocale (Gn 45,12; Ger 32,4; 34,3; Sal 49,4; 63,12), il
sostantivo peh nell’Antico Testamento si riferisce spesso al dialogo tra
l’uomo e Dio (Is 57,4; Ger 9,7; Sal 10,7; 37,30; 39,2; 50,19; Gb 15,5;
20,12; Prv 10,31; 15,2; 26,28) e con il tocco della bocca l’uomo è reso
profeta (Is 6,7; cf. anche Ez 3,26).
C’è, inoltre, un particolare rapporto tra la bocca e l’interno dell’uo-
mo, dal momento che ciò che la bocca pronuncia viene dalla sua intimi-
tà (Sal 5,10; Dt 30,14): «la bocca e le labbra possono muoversi, ma è il
cuore che parla» (1Sam 1,12ss.); la bocca forma con il ventre un’unione
più organica e materiale che con il cuore (Ez 3,3; Prv 18,20). La boc-
ca, inoltre, è l’organo che esprime e comunica sentimenti di lode (Sal
51,17; 71,8), di ringraziamento in risposta alle promesse venute dalla
bocca di Dio (Sal 109,30; 138,4). È, ancora, con la sua bocca, che Dio
trasmette la legge (cf. Sal 118,72) e pronuncia gli oracoli profetici (cf.
Dt 8,3; cf. Mt 4,4; Lc 4,4); ed è con la bocca che l’uomo nei Salmi entra
a contatto con Dio mediante la preghiera. In questa complessa e ampia
prospettiva veterotestamentaria10, la “bocca” viene ad esprimere la to-

10
Cf. F. García, «peh», in Grande Lessico dell’Antico Testamento, VII, Brescia
2007, 69-87.
278 Donato Bono

talità dell’azione comunicativa di Dio nei confronti dell’uomo. Anche


il Nuovo Testamento si apre proprio con il riferimento alla bocca di Dio
da parte di Gesù, che cita al diavolo il testo di Dt 8,3 = Mt 4,4 («Non
di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di
Dio»). Pertanto si realizza una chiara identificazione tra la bocca di Dio
e quella di Gesù, che è altrettanto autorevole e significativa11. L’espres-
sione «Dalla sua bocca» (Lc 4,22; 11,54; 22,71) o «Aperta la bocca»
(Mt 5,2) risveglia automaticamente l’idea della sublimità di questa boc-
ca e della validità e verità di ciò che dice, ossia parole piene di grazia e
di autorevolezza, che escono dalla bocca del Cristo. E l’apostolo Pietro,
ricalcando il testo profetico di Is 53,9 e vedendolo pienamente compiu-
to in Cristo, afferma che «non si trovò inganno nella sua bocca» (cf.
anche Ap 14,5); quella bocca, secondo Mt 13,34, avrebbe parlato, por-
tando a compimento il Sal 78,2, rivelando all’umanità i segreti arcani
e i misteri del Regno. Quella del Cristo è, infine, la bocca potente, che
vomita il tiepido (Ap 3,16) e il cui soffio spazza via l’empio (2Ts 2,8).
All’interno, dunque, di questa profonda e complessa immagine della
bocca presentataci dal mondo biblico si percepisce come la bocca ba-
ciante del Cantico dei Cantici esprima un’intensa intimità e una rela-
zione amorosa del tutto particolare con delle connotazioni teologiche di
una forte valenza simbolica.

3. Conclusioni
Desiderando il bacio di Dio e la sua bocca divina, la sposa del Can-
tico dei Cantici sente l’intimità del suo diletto, ne avverte il fascino,
vi gusta la profondità dell’amore. Un’antichissima tradizione ebraica
vuole che al momento della morte sul monte Nebo Dio sia sceso dal
cielo per dare a Mosè un bacio d’amore: è il suggello da parte di Dio
nei confronti del suo servo, che ora riceve il bacio finale dell’amore e la
piena, totale e appagante realizzazione dell’intera sua esistenza. Il pri-
mo versetto del Cantico dei Cantici è, dunque, una forte provocazione
a gustare il bacio del Verbo, nel suo Santo Spirito e nella pienezza della
misericordia del Padre, e di conseguenza a dare, anche noi, il nostro

11
Cf. K. Weiss, «stóma», in Grande Lessico del Nuovo Testamento, XII, Brescia
1979,1304-1307.
Meditazioni sul Cantico dei Cantici 279

bacio, tenero e amoroso, a Dio. A baciare, in sostanza, è il Padre; la sua


bocca è quella del Verbo; il suo respiro è quello dello Spirito. A secon-
da delle sensibilità di ciascuno, nella meditazione, contemplazione e
adorazione, ognuno può assaporare il bacio divino sia come datogli at-
traverso lo Spirito Santo e sia come datogli dal Verbo. Si tratta di sensi-
bilità differenti, che probabilmente non intaccano la sostanza dell’espe-
rienza mistica ed ascetica, se non a un livello di differenti spiritualità.
Nel romanzo Il rifugio del pastore luterano W. Paul Young, ad un certo
momento si assiste alla scena di Gesù, che bacia il Padre sulla bocca:

«A un certo punto Gesù si affacciò con la testa nella stanza per


informare Pa [= Dio Padre], che aveva messo gli strumenti di cui
avrebbero avuto bisogno appena fuori dalla porta. Pa lo ringraziò,
Gesù si avvicinò per baciarlo sulle labbra e tornò fuori. Mack [è il
nome del protagonista del romanzo] stava aiutando a lavare i pochi
piatti sporchi, quando gli venne in mente di chiedere: “Lo ami pro-
prio tanto, vero? Gesù intendo”. “So bene a chi ti riferisci” rispose
Pa, sorridendo. Stava sciacquando la padella e si interruppe. “Con
tutto il mio cuore! Credo che ci sia qualcosa di molto speciale in un
figlio unico”. Ammiccò e riprese a maneggiare la padella. “È parte
dell’unicità che condivido con lui”»12.

Colpisce il bacio di Gesù con il Padre sulle labbra. È il modo con


cui l’autore del romanzo intende evidenziare la particolare relazione di
intimità del Padre verso il Figlio e soprattutto l’unicità dell’amore che
intercorre tra i due.
Entrare nel sistema agàpico della Santissima Trinità e contemplarne
l’atmosfera divina, significa, pertanto, gustare nella contemplazione la
loro stessa vita e assaporare la loro intima presenza in noi; e se dovessi-
mo riuscire a percepire qualcosa del loro bacio divino, allora si tratterà
semplicemente di saperlo assaporare e gustare intensamente. È tutto
qui, in definitiva, lo scopo del Cantico dei Cantici, ossia non parlare di
Dio e del suo mistero, ma sentirlo nell’intimità della sua relazione e in
riferimento con tutta l’umanità.

12
W. Paul Young, Il rifugio, Milano 2012, 291-292; cf. anche le scene di intimità
nelle pp. 158-159, 160, 254, 255, 127; il titolo originale del romanzo è The Shack.
280 Donato Bono

Nel segno del bacio divino, con la cui immagine ha inizio il libro
del Cantico dei Cantici, viene dunque espressa una profonda relazione
di amore, che è la chiave di lettura dell’intero poema biblico. Lo sco-
po dell’opera, infatti, è proprio quello di descrivere in termini propria-
mente umani quella che è la trascendenza divina, tutt’altro che distante
dall’esperienza umana, di cui il bacio è il segno più emblematico e più
paradossale dell’amore e dell’intimità, esattamente come lo vive Dio e
come intende comunicarlo all’umanità.

«Scintillae 13»
Giulio Meiattini osb
13 Giulio Meiattini oSB
giulio Meiattini osb è monaco del Scintillae
monastero benedettino “Madonna della
Scala” di noci (Ba) e direttore editoriale
della rivista di spiritualità “la Scala”. un monaco del Vii secolo, Defensor,
insegna presso il Pontificio ateneo InnanzItutto fIglI scrisse un libretto, intitolato Liber scintil-
larum, destinato ad avere una grande dif-
S. anselmo (Roma) e la Facoltà teologica nascere, sposarsi, generare fusione. Si trattava di brevi frasi, raccolte
Pugliese.

Innanzitutto figli
tra le sue pubblicazioni: Monachesimo e per temi, tratte dalla Bibbia, e dai Santi
teologia. La triplice prospettiva di H. U. von Padri e destinate, come minuscole scintil-
Balthasar (lugano 2012). le, ad accendere una riflessione, un sen-
timento, un proposito, un moto d’amore

InnanzItutto fIglI
verso Dio e la sua bellezza.
Similmente, sotto il nome modesto e
un po’ ardito di Scintillae, questa piccola
collana si propone di accendere qualche
bagliore nel cuore di chi legge, di appic-

Nascere, sposarsi, generare


care un piccolo fuoco che riscaldi e, chis-
sà forse anche di far brillare una speranza
nella notte del mondo.

Giulio Meiattini oSB

Ed. La Scala, pp. 226 - € 12,50 € 12,50


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Una riflessione sulle figure fondamentali della vita familia-


re (sposi, genitori, figli) che si inserisce nell’odierno dibattito
sulla famiglia con una prospettiva originale: è dal primato e
dalla centralità della figliolanza che si può meglio compren-
dere e rimotivare anche la dimensione sponsale e genitoriale.
Innanzitutto si è figli, e lo si rimane sempre, anzi, lo si diventa
sempre di più! Figli di figli, per essere genitori di genitori,
vivendo il matrimonio come mediazione intergenerazionale e
trasmissione di fede.

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