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1.1. Generalità
1.2. Metallurgia
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
2
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
3
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
A proposito della formazione di ferrite aciculare, va osservato che la natura della trasformazione
risulta influenzata dalla dimensione e dalla distribuzione delle particelle inclusionali. La ferrite aci-
culare presenta una struttura nucleata da una combinazione ottimale tra ossidi, solfuri e silicati.
Le dimensioni di queste inclusioni dipendono dal contenuto di ossigeno, per cui a bassi livelli ci
sono nuclei insufficienti per produrre una struttura a grano fine ed ad alti tenori di ossigeno la
struttura diventa grossolana; inoltre l'ammontare di ossidi presenti può diventare un fattore di in-
fragilimento.
■ UNI EN 10025 "Prodotti laminati a caldo di acciai non legati per impieghi strutturali - Condi-
zioni tecniche generali di fornitura”.
■ UNI EN 10028-2 " Prodotti piani di acciai per impieghi a pressione - Acciai non legati e le-
gati con caratteristiche specificate a temperatura elevata".
Per effetto del continuo processo di aggiornamento della normativa, occorre osservare che la UNI
EN 10025:1995 (sopra citata) è stata sostituita in ambito europeo nel novembre 2004 dalla norma
UNI EN 10025-2 "Hot rolled products of structural steels - Part 2: Technical delivery conditions for
non-alloy structural steels"; la stessa è stata recepita dall'UNI in aprile 2005 come UNI EN 10025-
2:2005 con il titolo "Prodotti laminati a caldo per impieghi strutturali - Parte 2: condizioni tecniche
di fornitura di acciai non legati per impieghi strutturali". Data la grande diffusione della UNI EN
10025:1995 e tenendo cono dell'inevitabile inerzia che accompagna i processi di diffusione degli
standard nel mondo industriale, saranno proposti ai paragrafi successivi entrambi i riferimenti, per
comodità del lettore.
Date le significative differenze è opportuno considerare i due casi separatamente.
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
− tre cifre "XXX" che indicano, in N/mm², il carico unitario di snervamento minimo (per prodot-
ti di spessore inferiore o uguale a 16 mm). I valori previsti sono tre: 235, 275 e 355;
− la designazione della qualità dell'acciaio, con riferimento alla sua tenacità ed allo stato di
disossidazione; in particolare:
− le prime due lettere indicano il valore minimo garantito di una terna di provette di resi-
lienza ad una temperatura specificata:
− la prima lettera può essere J, K a seconda che il valore di energia assorbita sia ri-
spettivamente 27 o 40 J
− la seconda lettera specifica la temperatura di prova come segue:
− R ("Room Temperature"): 20°C
− 0: 0°C
− 2: -20°C
− il secondo gruppo formato da altre due lettere una lettera che specifica lo stato
di disossidazione:
− G1 per acciaio effervescente (FU)
− G2 nel caso di acciaio effervescente non ammesso (FN)
− G3 e G4 nel caso di acciai calmati a grano fine (FF)
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Ad esempio, un acciaio strutturale (S) con uno snervamento minimo di 355 MPa a temperatura
ambiente ed una tenacità minima di 27 J a 0°C (J0), utilizzabile per cold flanging, fornito mediante
laminazione di normalizzazione (o as rolled) è designato:
acciaio EN 10025-2 - S355J0C+N (oppure +AR)
acciaio EN 10025-2 - 1.0554+N (oppure +AR)
Nel caso degli acciai per impieghi strutturali, le caratteristiche chimiche (riferite all'analisi di colata)
sono correlate soprattutto con il carico di snervamento dell'acciaio ed il suo spessore.
Nella tabella 1.1A, di seguito riportato, sono indicati i valori nominali secondo la norma UNI EN
10025:1995.
Questi acciai non hanno valori massimi di carbonio equivalente prestabiliti dalla norma: nel caso
vengano concordati, essi variano tra 0.35 e 0.40 per il grado 235, tra 0.40 e 0.44 per il 275 e tra
0.45 e 0.49 per il 355, in funzione della classe di spessore. Nella successiva tabella 1B, invece, è
riportata il quadro secondo la nuova normativa UNI EN 10025-2:2005.
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
Designazione C% max
Grado di Sotto Mn% Si% P% S% N%
EN EN disossidazione gruppo ≤ 16 > 16 > 40 max max max max max
10027-1 10027-2 mm ≤ 40 mm mm
S235JR 1.0037 a scelta BS 0,17 0,20 - 1.40 - 0.045 0.045 0.009
S235JRG1 1.0036 FU BS 0,17 0,17 - 1.40 - 0.045 0.045 0.007
S235JRG2 1.0038 FN BS 0,17 0,17 0,20 1.40 - 0.045 0.045 0.009
S235J0 1.0114 FN QS 0,17 0,17 0,17 1.40 - 0.040 0.040 0.009
S235J2G3 1.0116 FF QS 0,17 0,17 0,17 1.40 - 0.035 0.035 -
S235J2G4 1.0117 FF QS 0,17 0,17 0,17 1.40 - 0.035 0.035 -
S275JR 1.0044 FN BS 0,21 0,21 0,22 1.50 - 0.045 0.045 0.009
S275J0 1.0143 FN QS 0,18 0,18 0,18 1.50 - 0.040 0.040 0.009
S275J2G3 1.0144 FF QS 0,18 0,18 0,18 1.50 - 0.035 0.035 -
S275J2G4 1.0145 FF QS 0,18 0,18 0,18 1.50 - 0.035 0.035 -
S355JR 1.0045 FN BS 0,24 0,24 0,24 1.60 0.55 0.045 0.045 0.009
S355J0 1.0553 FN QS 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.040 0.040 0.009
S355J2G3 1.0570 FF QS 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.035 0.035 -
S355J2G4 1.0577 FF QS 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.035 0.035 -
S355K2G3 1.0595 FF QS 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.035 0.035 -
S355K2G4 1.0596 FF QS 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.035 0.035 -
Tabella 1.1A - Analisi di colata degli acciai classificati secondo UNI EN 10025:1995
Come si può osservare, sono stati eliminate alcune qualità di acciaio, il riferimento BS oppure QS
ed introdotto il grado S450 (1.0590), nella sola qualità J0.
Di rilievo sono i più severi valori sul massimo tenore di impurezze (zolfo e fosforo), mediamente
inferiori dello 0.010% rispetto ai livelli della precedente normativa. Leggere variazioni riguardano
anche il massimo tenore di azoto (con lievi incrementi) e l'introduzione del massimo tenore tabel-
lare di rame (pari allo 0.055%).
Designazione C% max
Grado di > 16 Mn% Si% P% S% Cu% N%
EN EN disossidazione ≤ 16 > 40 max max max max max max
≤ 40
10027-1 10027-2 mm mm
mm
S235JR 1.0038 FN 0,17 0,17 0,20 1.40 - 0.035 0.055 0.012
S235J0 1.0114 FN 0,17 0,17 0,17 1.40 - 0.030 0.055 0.012
S235J2 1.0117 FF 0,17 0,17 0,17 1.40 - 0.025 0.055 -
S275JR 1.0044 FN 0,21 0,21 0,22 1.50 - 0.035 0.055 0.012
S275J0 1.0143 FN 0,18 0,18 0,18 1.50 - 0.030 0.055 0.012
S275G2 1.0145 FF 0,18 0,18 0,18 1.50 - 0.025 0.055 -
S355JR 1.0045 FN 0,24 0,24 0,24 1.60 0.55 0.035 0.055 0.012
S355J0 1.0553 FN 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.030 0.055 0.012
S355J2 1.0577 FF 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.025 0.055 -
S355K2 1.0596 FF 0,20 0,20 0,22 1.60 0.55 0.025 0.055
S450J0 1.0596 FF 0,20 0,20 0,22 1.70 0.55 0.030 0.055 0.025
Tabella 1.1B - Analisi di colata degli acciai classificati secondo UNI EN 10025:2005
Le caratteristiche tensili (vedere tabelle 1.2A e 1.2B) sono correlate ovviamente con l'analisi chi-
mica e la classe di spessore; per questi acciai è possibile identificare uno snervamento con preci-
sione, senza necessità di ricorrere allo scostamento dalla proporzionalità.
Con l'aggiornamento della normativa oltre all'aggiunta dei valori relativi al grado S450, le caratteri-
stiche tensili risultano variate a seguito dell'aggiunta della classe di spessori tra 250 e 450 mm. Di
rilievo anche alcune modifiche ai valori della resistenza a rottura rispetto ai precedenti per talune
classi di spessore.
La duttilità appare in relazione con il grado dell'acciaio, il suo spessore e la direzione di prelievo
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
delle provette (Tabelle 1.3A e 1.3B); in particolare, va osservato che per diverse classi di spesso-
re sono utilizzate provette con differente proporzionamento.
Nel caso si volessero prescrivere valori minimi anche nella direzione dello spessore, si ricorda
che è possibile ricorrere alle prescrizioni della norma UNI EN 10164.
disossidazione
spessore nominale in mm spessore in mm
Sotto gruppo
Grado di
> > > > >
> 80 >3
EN EN > 16 > 40 > 63 100 150 200 100 150
≤ 16 ≤ ≤3 ≤
10027-1 10027-2 ≤ 40 ≤ 63 ≤ 80 ≤ ≤ ≤ ≤ ≤
100 100
150 200 250 150 250
S235JR 1.0037 a scelta BS - - - - - - - -
S235JRG1 1.0036 FU BS - - - - - - - -
S235JRG2 1.0038 FN BS 360 340
S235J0 1.0114 FN QS 235 225 ÷ ÷ 340 320
S235J2G3 1.0116 FF QS 215 215 215 195 185 175 510 470 ÷ ÷
S235J2G4 1.0117 FF QS 470 470
S275JR 1.0044 FN BS
S275J0 1.0143 FN QS 430 410 400 380
S275J2G3 1.0144 FF QS 275 265 255 245 235 225 215 205 ÷ ÷ ÷ ÷
S275J2G4 1.0145 FF QS 580 560 540 540
S355JR 1.0045 FN BS
S355J0 1.0553 FN QS 510 490 470
S355J2G3 1.0570 FF QS 450
S355J2G4 1.0577 FF QS 355 345 335 325 315 295 285 275 ÷ ÷ ÷ ÷
S355K2G3 1.0595 FF QS 530
680 630 630
S355K2G4 1.0596 FF QS
Tabella 1.2A - Caratteristiche tensili degli acciai classificati secondo UNI EN 10025:1995
Tabella 1.2B - Caratteristiche tensili degli acciai classificati secondo UNI EN 10025:2005
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
Posizione delle
disossidazione
Sotto gruppo
EN EN ≤1 >1 > 1.5 > 2.0 > 2.5 >3 > 40 > 63 > 100 > 150
Grado di
provette
10027-1 10027-2
≤ 1.5 ≤ 2.0 ≤ 2.5 ≤3 ≤ 40 ≤ 63 ≤ 100 ≤ 150 ≤ 250
EN EN ≤1 >1 > 1.5 > 2.0 > 2.5 >3 > 40 > 63 > 100 > 150 > 250
provette
10027-1 10027-2
≤ 1.5 ≤ 2.0 ≤ 2.5 ≤3 ≤ 40 ≤ 63 ≤ 100 ≤ 150 ≤ 250 ≤ 400
(solo
J2 e K2)
S235JR 1.0038 L 17 18 19 20 21 26 25 24 22 21 -
S235J0 1.0114 -
S235J2 1.0117 T 15 16 17 18 19 24 23 22 22 21 21 (L e T)
S275JR 1.0044 L 14 15 16 17 18 22 21 20 18 17 -
S275J0 1.0143 -
S275J2 1.0145 T 12 13 14 15 16 20 19 18 18 17 18 (L e T)
S355JR 1.0045 L 14 15 16 17 18 22 21 20 18 17 -
S355J0 1.0553 -
S355J2 1.0577 17 (L e T)
S355K2G4 1.0596 T 12 13 14 15 16 20 19 18 18 17 17 (L e T)
S450J0 1.0596 L - - - - - 17 17 17 17 - -
Nel caso degli acciai per impieghi in pressione si può osservare in termini generali una maggio-
re attenzione all'analisi chimica da parte del normatore, alla luce della necessità di garantire pre-
stazioni del materiale non solo riferire al suo comportamento meccanico a temperatura ambiente
e nel breve termine.
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Designazione Grado Sotto Temperatura Resilienza
di gruppo [°C] per spessori
EN EN disossidazione > 10 > 150
10027-1 10027-2 ≤ 150 ≤ 250
S235JR 1.0037 a scelta BS 20 27 -
S235JRG1 1.0036 FU BS 20 27 -
S235JRG2 1.0038 FN BS 20 27 23
S235J0 1.0114 FN QS 0 27 23
S235J2G3 1.0116 FF QS -20 27 23
S235J2G4 1.0117 FF QS -20 27 23
S275JR 1.0044 FN BS 20 27 23
S275J0 1.0143 FN QS 0 27 23
S275J2G3 1.0144 FF QS -20 27 23
S275J2G4 1.0145 FF QS -20 27 23
S355JR 1.0045 FN BS 20 27 23
S355J0 1.0553 FN QS 0 27 23
S355J2G3 1.0570 FF QS -20 27 23
S355J2G4 1.0577 FF QS -20 27 23
S355K2G3 1.0595 FF QS -20 40 33
S355K2G4 1.0596 FF QS -20 40 33
Questi acciai, come si osserva facilmente, prevedono - oltre ad un ridotto tenore di carbonio - in
realtà la presenza di piccole quantità di elementi assenti nella composizione degli acciai al carbo-
nio, fatto che rende quasi inapplicabile la distinzione convenzionale tra acciai al carbonio e a gra-
no fine. In particolare, le caratteristiche chimiche (riferite all'analisi di colata) sono quelle riportate
nella tabella 1.5 successiva.
Le caratteristiche meccaniche (tensili, duttilità, tenacità) a temperatura ambiente sono riassunte
nella successiva tabella 1.6, senza distinzioni tra le due direzioni principali (la normativa dice con
chiarezza che i valori minimi sono applicabili anche alla direzione trasversale).
Dati gli usi di questi acciai si ritiene infine significativo riportarne anche le caratteristiche tensili (si
veda la tabella 1.7) ad elevata temperatura (garantite dalla presenza della lettera H nella designa-
zione).
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
Designazione %
EN EN C Si Mn P S Al N Cr Cu Mo Nb Ni Ti V Altri
10027-1 10027-2 max Max max
≤0.16 ≤0.35 0.60 0.025 0.015 ≥ ≤ ≤0.30 ≤0.30 ≤0.08 ≤ ≤0.30 0.03 ≤0.02
P235GH 1.0345 ÷ 0.020 0.012 0.020
1.20 2
≤0.20 ≤0.40 0.80 0.025 0.015 ≥ ≤ ≤0.30 ≤0.30 ≤0.08 ≤ ≤0.30 0.03 ≤0.02
P265GH 1.0425 ÷ 0.020 0.012 0.020
1.40
0.08 ≤0.40 0.90 0.025 0.015 ≥ ≤ ≤0.30 ≤0.30 ≤0.08 ≤ ≤0.30 0.03 ≤0.02
P295GH 1.0481 ÷ ÷ 0.020 0.012 0.020
0.20 1.50
0.10 ≤0.60 1.10 0.025 0.015 ≥ ≤ ≤0.30 ≤0.30 ≤0.08 ≤ ≤0.30 0.03 ≤0.02
P355GH 1.0473 ÷ ÷ 0.020 0.012 0.020
0.22 1.70
2
(Cr+Cu+Mo+Ni)≤0.70
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Tabella 1.7 - Caratteristiche tensili ad alta T degli acciai classificati secondo EN 10028-2
1.5. Saldabilità
1.5.1. Generalità
Grazie alle attuali tecniche di elaborazione, soprattutto se paragonati ai prodotti di alcuni anni fa
questi acciai presentano basso contenuto di carbonio e bassi tenori di impurezze, inoltre sono tutti
colati in continuo e quindi calmati. Alcuni produttori di acciaio vendono talvolta come tali anche
alcune qualità microlegate, per cui i problemi di saldabilità riscontrati in passato sono oggi abba-
stanza rari3.
In sintesi, questi acciai sono saldabili con relativa facilità con tutti i processi; non si hanno proble-
mi di eccessivo indurimento in zona termicamente alterata; tuttavia i procedimenti laser o a fascio
elettronico possono richiedere, nella fabbricazione dell'acciaio, un particolare trattamento di dega-
saggio.
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
mento basico che danno luogo ad un deposito di migliore qualità metallurgica, con particolare
riferimento all'effetto depurante del rivestimento; considerazioni analoghe possono essere fatte
per altri processi che consentano l'uso di consumabili con azione depurante (fili animati basici,
flussi di tipo basico).
Diverso appare invece il caso di giunti che non prevedano l'impiego di materiale d'apporto, nei
quali la metallurgia della zona fusa risulta chimicamente conducibile alla composizione del solo
materiale base: in questo caso, diviene essenziale un attento controllo della composizione del
materiale base ed una conoscenza approfondita degli eventuali elementi leganti e microleganti
nell'acciaio.
Sul piano puramente metallurgico, é noto che la solubilità dello zolfo risulta relativamente alta nel-
la ferrite ma piuttosto bassa nell'austenite; conseguentemente, esiste la possibilità che, con tenori
di carbonio inferiori allo 0,1%, lo zolfo sia rigettato ai bordi del grano austenitico favorendo una
debolezza intergranulare e la formazione di cricche.
Indicativi sono i rapporti tra i tenori di manganese e silicio (Mn/Si) e manganese e zolfo (Mn/S)
che si hanno nel bagno di fusione, per evidenziare la maggiore o minore sensibilità alla criccabili-
tà caldo: sono note infatti le proprietà disossidanti e desolforanti del manganese e l'infragilimento
causato da un elevato tenore di silicio, per cui quando tali rapporti rispettano le relazioni:
Mn/Si > 3 e Mn/S > 20
si può ritenere di essere in condizioni di sicurezza.
L'uso di elettrodi basici in buono stato di conservazione, nel caso della saldatura manuale con
elettrodi rivestiti, di flusso basico e passate non troppo voluminose col procedimento ad arco som-
merso, di fili animati (o metal cored) nella saldatura a filo con protezione gassosa sono precauzio-
ni in genere sufficienti ad evitare la formazione di cricche a caldo, nell'eventualità di incertezza
sulla effettiva qualità dell'acciaio per quanto riguarda le impurezze.
In generale, è possibile avere un'idea di carattere semiquantitativo sulla sensibilità del materiale
base alla criccabilità a caldo valutando con opportuni pesi la presenza di elementi con effetto mi-
gliorativo e quella di elementi con effetto peggiorativo: una delle relazioni più note è quella che
comporta il calcolo della sensibilità alla criccabilità a caldo. Considerando la formula di seguito
riportata, si possono considerare valori rassicuranti quelli inferiori o uguali a 2,0 (per giunti testa a
testa) o 2,5 (per giunti d'angolo).
HCS =
[
C ⋅ S + P + Si + Ni
15 100
]⋅ 103
3Mn+ Cr + Mo + V
Giova inoltre ricordare che l'effetto dello zolfo è certamente più critico per la saldabilità degli acciai
al carbonio di quello del fosforo, come peraltro di può osservare dal diagramma Fe - Fe12S13, ri-
portato in figura 1.4 (dove si evidenzia la presenza del solfuro FeS, di tipo bassofondente).
Per i gradi caratterizzati dai maggiori tenori di manganese (talvolta chiamati acciai al carbonio -
manganese) possono manifestarsi fenomeni di pericolo delle cricche a caldo sia per l'eventuale
infragilimento ad alta temperatura dovuto alla diluizione degli elementi di lega come il silicio che
possono avere effetti più pericolosi per la maggior rigidità delle parti circostanti dovuta al più alto
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
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Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
micamente alterata che ha raggiunto la temperatura massima di 1350°C, per un acciaio classifica-
to UNI EN 10025-2 S 355 J2.
Tuttavia, si deve notare che questi diagrammi, essendo funzione dell'analisi chimica dell'acciaio,
possono moderatamente cambiare, sia per effetto della variazione dei diversi elementi specificati
per un dato acciaio, sia con lo spessore dell'acciaio (per cui devono aumentare i tenori di alcuni
elementi di lega per ottenere le caratteristiche meccaniche desiderate).
Pertanto, facendo riferimento alla composizione chimica tipica per un acciaio e non potendo fare
sempre riferimento ai diagrammi di trasformazione è ormai invalso l'uso di dedurre, da questa
composizione, dei parametri di temprabilità ottenuti combinando opportunamente vari elementi di
lega.
Esempio importante di questi parametri è di certo il carbonio equivalente (CE), definito come:
Tale formula4 è stata messa a punto alcuni anni fa dall'Istituto Internazionale della Saldatura (IIW)
prendendo in esame gli acciai al carbonio e basso legati allora esistenti.
Studi successivi hanno indicato una mancata risposta quando si considerino acciai a tenore in
carbonio molto più basso, laminati termomeccanicamente. Per cui, quando il tenore di carbonio
sia inferiore a 0,17% viene utilizzato il criterio di Yurioka (o del carbonio equivalente "CEN"):
CEN = C + A(C) [(Si/24) + (Mn/6) + (Cu/15) + (Ni/20) + (Cr+Mo+V+Nb)/5 + 5B]
dove il coefficiente A(C) è funzione del tenore di carbonio e vale:
Per semplicità, anziché usare quest'ultima formula si possono usare i valori indicati nel prospetto
seguente:
%C ≤ 0.03 0.08 0.12 0.18 0.20
A(C) 0.5 0.584 0.750 0.916 0.980
Un altro criterio sviluppato per gli acciai ad elevata resistenza e basso tenore di carbonio microle-
gati (trattati peraltro in un altro capitolo) é quello di Ito e Bessyo che indica il potenziale pericolo di
formazione di cricche a freddo attraverso il parametro (PW) espresso dalla relazione:
PW = PCM + (H/60) + (K/40000)
dove:
− PCM = parametro dipendente dalla composizione chimica;
− H = idrogeno diffusibile, misurato con un determinato metodo convenzionale, presente nel-
la zona fusa di saldatura in relazione al materiale d'apporto impiegato;
− K = parametro che dipende dal grado di vincolo del giunto.
4
Questa formula è prevista nella recente norma UNI EN 10025 per eventuali limitazioni del carbonio equivalente come
requisito supplementare concordato all'ordinazione.
16
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
cati), per cui il parametro PCM che tiene conto della composizione chimica:
può essere considerato un parametro di temprabilità più significativo del citato carbonio equiva-
lente tradizionale per i suddetti tipi di acciaio.
I diagrammi risultanti relativi al parametro PCM, che permettono di ottenere la temperatura di preri-
scaldo necessaria per evitare la formazione di cricche a freddo, saldando con un determinato ap-
porto termico, sono applicabili a spessori inferiori a 50 mm (figura 1.7).
La figura 1.7 mostra, in funzione del tenore di carbonio effettivo dell'acciaio e del valore del carbo-
nio equivalente CE secondo la tradizionale formula dell'IIW, le curve di uguale temprabilità e-
spresse dal parametro CEN di Yurioka. Da esse si vede che una temprabilità uguale a CE = 0,40
con C% = 0,12 (punto A) si può avere nel caso di CE = 0,50 purché il C% sia pari a 0,08 o qualo-
ra sia C% = 0,20 il CE dovrebbe ridursi a 0,33. In figura 1.8 è riportata anche la curva relativa al
PCM del punto A.
Vi è, infine, da notare che, con l'evoluzione delle modalità di fabbricazione ed elaborazione fuori
forno, in molti acciai le condizioni di purezza sono più favorevoli, per cui la sensibilità alle cricche
a freddo può risultare diversa da quella teoricamente prevedibile.
In termini operativi, chiariti gli aspetti teorici che governano la tendenza alla criccabilità a freddo di
questi acciai, malgrado esistano numerosi criteri applicabili per la determinazione della tempera-
tura di preriscaldo, si riporta di seguito quello previsto dalla attuale norma UNI EN 1011:2001
"Welding - Recommendations for welding of metallic materials - Part 2: Arc welding of ferritic ste-
els", la quale propone una serie di diagrammi (figura 1.9)5 da scegliere in funzione della classe di
idrogeno diffusibile e del carbonio equivalente (la raccolta completa dei digrammi è riportata in
appendice A).
Figura 1.7 - Diagramma per la scelta della T di Figura 1.8 - Relazione tra il C ed il CE
preriscaldo secondo il criterio di Ito e Bessyo
(H indica lo spessore)
5
Nella legenda, la scala da A ad E rappresenta appunto valori decrescenti di idrogeno diffusibile e quella sottostante il
carbonio equivalente massimo applicabile con la corrispondente scala dell'idrogeno diffusibile.
17
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Considerando, pertanto, la scarsa tendenza alla temprabilità dei materiali base sono da temersi
soltanto le microcricche da idrogeno in zona fusa che possono avere luogo con l'uso di certi elet-
trodi cellulosici, acidi e o rutilici.
Mentre per quanto riguarda gli elettrodi cellulosici l'unica precauzione appropriata può essere
un'opportuna conservazione al riparo dell'umidità, per gli elettrodi acidi e al rutilo alcune specifi-
che consigliano l'essiccamento degli elettrodi a 250°C per spessori da saldare tra 10 e 20 mm.
Per spessori superiori, ove si usano, di regola, elettrodi basici, può essere conveniente essiccare
gli stessi a 400°C per 2 ore e mantenerli a 120°÷150°C fino alla loro utilizzazione.
18
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
19
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Figura 1.11 - Effetto del trattamento termico di distensione sui valori di durezza (temperatura mas-
sima 600°C, mantenimento 2h)
lamiere in acciaio calmato (riconducibile alla classificazione UNI EN 10025-2 S275 J2 +N) di
spessore 50 mm saldato ad arco sommerso con apporto termico pari a circa 3,0 kJ/mm, allo stato
come saldato e dopo trattamento termico eseguito con mantenimento a 600°C per 2 ore.
In casi specifici o particolari (ad esempio, la fabbricazione di fondi di apparecchi ottenuti per sal-
datura o la o della saldatura ad elettroscoria) può essere necessario eseguire un trattamento di
normalizzazione per ripristinare i previsti livelli di tenacità.
1.6.1. Generalità
Con questi acciai tutti i più diffusi processi di saldatura possono essere applicati, ricorrendo nei
casi più critici agli accorgimenti descritti al paragrafo precedente.
Il trattamento di distensione è impiegato solo per spessori elevati ed in relazione alla qualità del-
l'acciaio.
I processi di saldatura di maggiore impiego sono quelli ad arco manuale con elettrodi rivestiti, ad
arco sommerso e quello a filo continuo (pieno o animato) con protezione di gas, quello TIG; pos-
sono essere usate, più raramente, la saldatura ossiacetilenica (ormai in un numero limitato di ap-
plicazioni quali la saldatura di tubazioni per la distribuzione di gas combustibile), quella ad elettro-
scoria ed elettrogas. Risultati estremamente soddisfacenti possono essere raggiunti anche con i
principali processi ad energia concentrata come plasma, laser e fascio elettronico.
I criteri di scelta tra i diversi procedimenti di saldatura e le eventuali precauzioni da applicare alla
saldatura di questi acciai (che sono fra i più facili da saldare) sono riassunti nei punti seguenti. La
figura 1.12 riporta, inoltre, i valori tipici di ossigeno ed azoto apportati con i principali processi di
saldatura ad arco.
20
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
6
Il preriscaldo deve essere, ovviamente, mantenuto anche in fase di saldatura (temperatura di interpass).
21
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
22
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio
Spessore (mm)
Grado Rivestimento
12.5 25 50 100
Basico 40°C, per T< 0°C 40° 75°
S355
Rutilico 40°C, per T < 5°C 75° 100° 130°
Tabella 1.8 - Minime T di preriscaldo per il grado S355 in funzione del tipo di rivestimento
(esempi)
mm²) e SA5 (Rm = 490÷640 N/mm2 e Rs = 380÷470 N/mm²), per spessori superiori o uguali ri-
spettivamente a 30 mm e 20 mm, una temperatura minima di preriscaldo di 150°C.
Per la fabbricazione di strutture (carpenteria) la tabella 1.8 (in assenza dei dati che consentano di
applicare in modo corretto i diagrammi di cui al punto 1.5.3), può fornire indicazioni utili in funzio-
ne del tipo di rivestimento e dello spessore saldato6.
Nelle applicazioni più critiche, nel caso di spessori elevati e caratteristiche meccaniche (o para-
metri di temprabilità) superiori, può essere necessario anche un postriscaldo per favorire l'eva-
cuazione dell'idrogeno; in certi casi, un opportuno postriscaldo può consentire anche una riduzio-
ne della temperatura di preriscaldo, con minore disagio per il saldatore.
23
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
24
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
2.1. Generalità
me detto, una buona tenacità, saldabilità, resistenza a fatica e soprattutto una composizione chi-
mica piuttosto povera, con ovvi benefici per i loro costi di fabbricazione.
Gli acciai microlegati sono usati, soprattutto, nella realizzazione di elementi portanti nella costru-
zione di automobili, autocarri, strutture per l'edilizia, tubi e serbatoi, carpenteria.
Essi possono essere divisi nelle sette categorie principali di seguito descritte.
− Acciai microlegati a struttura ferritico - perlitica. Contengono piccole quantità di forma-
tori di carburi, nitruri e carbonitruri per l'indurimento per precipitazione ed il controllo della
temperatura di trasformazione gamma-alfa.
− Acciai perlitici. Si tratta generalmente acciai al carbonio - manganese con piccolissime
aggiunte di microleganti per il miglioramento generale della qualità.
− Acciai a ferrite aciculare. Hanno basso tenore di carbonio (indicativamente C < 0,10%)
con eccellenti valori di snervamento e caratteristiche di saldabilità, formabilità e tenacità.
7
Talvolta indicati anche con l'espressione acciai a grano fine (fine grained steels, in inglese).
25
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
− Acciai dual - phase. Presentano una struttura bifasica caratterizzata da martensite in una
matrice ferritica.
− Acciai con controllo della forma delle inclusioni. La duttilità e tenacità al traverso corto
è aumentata grazie all'aggiunta di calcio, zirconio, titanio o terre rare per la modifica delle
inclusioni di zolfo, da allungate a globulizzate.
− Acciai resistenti all'HIC (Hydrogen Induced Cracking). Sono acciai con bassi tenori di
carbonio, e di zolfo, con inclusioni globulizzate e limitata segregazione del manganese.
A questi si aggiungono gli acciai resistenti alla corrosione atmosferica che contengono piccole
quantità di elementi di lega come rame e fosforo per il miglioramento della resistenza alla corro-
sione atmosferica; date le loro particolari caratteristiche, ad essi è dedicato il capitolo 3.
E' utile ricordare che queste categorie non
sono da intendersi rigidamente separate, per
cui si possono trovare caratteristiche comuni
e gradi che possono essere ricondotti a più
di una categoria; d'altra parte, il continuo
sviluppo della siderurgia e della metallurgia
ha condotto negli ultimi anni all'introduzione
di nuovi materiali, come possono essere
considerati ad esempio nel settore automo-
bilistico gli acciai TRIP (acronimo di TRan-
Figura 2.2 - Fasi della fabbricazione di un appa- sformation Induced Phase) ed altri ancora.
recchio in pressione
2.2. Metallurgia
26
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
La precipitazione dei composti con i microleganti può avvenire in vari momenti del ciclo di fabbri-
cazione degli acciai, ma è sempre correlata al tempo ed alla temperatura.
Nei forni di riscaldo, per esempio, si ha una temperatura sufficientemente elevata per la dissolu-
zione dei carburi e/o nitruri senza causare notevoli ingrossamenti del grano austenitico; tale dis-
soluzione, tuttavia, non è mai fatta avvenire completamente, ma in percentuale tale che i precipi-
tati non disciolti siano sufficientemente dispersi e di dimensioni tali da inibire la crescita del grano
austenitico mediante l'interazione col bordo dei grani. La quantità di questi precipitati non disciolti
deve essere, comunque, ridotta al minimo indispensabile per non diminuire il tenore di microle-
ganti in soluzione, aventi lo scopo primario di ritardare la ricristallizzazione durante la laminazione
e di indurire per precipitazione la matrice ferritica. Una parte dei precipitati si forma durante la la-
minazione in conseguenza del particolare stato della matrice metallica - elevato gradi di deforma-
zione e temperatura relativamente bassa - ed assolve ad una doppia funzione:
− ritardare il meccanismo di ricristallizzazione e riassetto della matrice, ad alta densità di di-
slocazioni, in conseguenza della deformazione plastica causata dalla laminazione; questo
ritardo può mantenere la matrice ancora non ricristallizzata sino al sopraggiungere di nuove
deformazioni plastiche, in maniera che - alla fine di ogni passata - la struttura risultante,
fortemente deformata, erediti gli effetti delle riduzioni precedenti;
− non interagire solo con le singole dislocazioni quanto con i bordi dei grani, ritardando il loro
accrescimento; a questo meccanismo prendono parte generalmente precipitati, le cui di-
mensioni e quantità sono più consistenti.
Infine, dopo la laminazione e durante la trasformazione, la profonda variazione di struttura causa
una notevole riduzione di solubilità dei dispersoidi nella matrice metallica; la ridotta velocità di raf-
freddamento fa sì che in questa fase precipiti la quasi totalità dei microleganti ancora in soluzione.
L'effetto di irrobustimento della ferrite, prodotto dai microleganti, consente di tenere bassa (o mol-
to bassa), a parità di proprietà meccaniche, la quantità di perlite nella microstruttura, facilitandone
la saldabilità e riducendone la temprabilità.
Nella figura 2.3 è illustrato l'andamento della resistenza a trazione in funzione del carbonio equi-
valente.
Attualmente, per questi
acciai, vi sono due modalità
di produzione: una con trat-
tamenti termici tradizionali,
cioè con normalizzazione,
l'altra attraverso processi di
laminazione controllata
(laminazione di normalizza-
zione e laminazione termo-
meccanica).
Figura 2.3 - Relazione tra Rm e carbonio equivalente
27
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
28
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
Vanadio
Anche il vanadio, quando si trova in soluzione solida nell'austenite, provoca un certo innalzamen-
to della temperatura al di sotto della quale non avviene più, dopo deformazione plastica, la ricri-
stallizzazione.
Il vanadio forma sia carbonitruri che nitruri: i primi hanno già un notevole effetto sull'indurimento
della matrice, ma i nitruri sono molto più efficaci dei carbonitruri; pertanto, per formare i nitruri,
oltre ai carbonitruri, è necessario che l'acciaio abbia anche un certo tenore di azoto.
Per il vanadio l'effetto di indurimento per precipitazione appare superiore all'effetto che esso ha
sull'affinamento del grano, a differenza di quanto accade per le basse percentuali di niobio. Per
questo motivo, in molti acciai si aggiungono moderate quantità di niobio e di vanadio per combi-
nare gli effetti.
I carbonitruri di vanadio si sciolgono nell'austenite a temperature non molto elevate (cominciano a
disciogliersi nell'intervallo della trasformazione da alfa a gamma), osservazione che spiega il mo-
derato effetto sul controllo dell'ingrossamento del grano austenitico e sull'affinamento del grano
ferritico. La loro solubilizzazione e la successiva riprecipitazione durante il raffreddamento provo-
cano una sensibile temprabilità nell'acciaio, con effetto indurente ed fragilizzante anche superiore
a quello del niobio.
Titanio
Il titanio ha un moderato effetto sia sull'affinamento del grano sia sull'indurimento, per precipita-
zione dei carbonitruri di titanio.
L'affinamento del grano è ottenuto:
− in quanto i carbonitruri precipitati possono agire come punti di nucleazione dei grani ferritici
nella trasformazione gamma - alfa;
− in seguito ad effetti ritardanti, in fase austenitica, della crescita dei grani austenitici ed, in
29
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
minor misura, della loro ricristallizzazione durante la laminazione con trattamento termo-
meccanico (effetto provocato dal titanio quando in soluzione).
Questo effetto ritardante risulta molto utile quando si vogliano produrre acciai resistenti al fenome-
no dell'ingrossamento del grano nella zona termicamente alterata di saldature eseguite con ap-
porti termici elevati. Gli acciai contenenti titanio sono, infatti, i più adatti a limitare il decadimento
di tenacità in zona termicamente alterata con i procedimenti ad elettroscoria ed elettrogas8.
Il titanio favorisce inoltre la formazione di ferrite aciculare, attraverso la formazione di nitruri ed
ossidi.
Boro
Un caso particolare è rappresentato dal boro, aggiunto negli acciai in tenori proporzionali a quelli
del carbonio. Esiste infatti una proporzione ottimale tra il tenore di carbonio e quello di boro, che
dipende dalla massima quantità di boro solubile nell'austenite senza far precipitare il cosiddetto
costituente al boro (boruro o carboboruro di ferro) che infragilisce l'acciaio.
L'effetto del boro è tanto maggiore quanto minore il tenore di carbonio: esso agisce nella trasfor-
mazione gamma - alfa riducendo la velocità di nucleazione e la velocità di crescita dei grani ferriti-
ci. Tale effetto può essere spiegato come una stabilizzazione dei grani austenitici effettuata dal
boro, che precipita in forma di piccolissimi borocarburi al bordo dei grani stessi.
8
Tali processi non sono di particolare diffusione nella saldatura degli acciai microlegati.
30
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
gazione di rotture fragili dipende dalle dimensioni dei pacchetti bainitici. Questi sono aggregati di
unità microstrutturali aventi la stessa orientazione e proprio la diversa orientazione di questi pac-
chetti vicini sembra costituire una barriera alla propagazione della rottura fragile.
Dal momento che le dimensioni dei pacchetti bainitici sono correlate a quelle del grano austenitico
di partenza, appare evidente che l'affinamento del grano gioca un ruolo fondamentale per l'otteni-
mento di ottimi livelli di tenacità.
9
Come peraltro già osservato nel caso degli acciai al carbonio.
31
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
rappresenta l'evoluzione della nota EN 10025, inizialmente dedicata ai soli acciai al carbonio.
Oggi, la situazione per quanto riguarda gli acciai microlegati è dunque la seguente:
− gli acciai allo stato normalizzato o normalizzato / laminato sono trattati dalla norma UNI EN
10025-3:2005 "Prodotti laminati a caldo per impieghi strutturali - Parte 3: condizioni tecni-
che di fornitura di acciai per impieghi strutturali saldabili a grano fine allo stato normalizzato
o normalizzato / laminato";
− gli acciai ottenuti per lavorazione termo meccanica sono trattati dalla norma UNI EN 10025-
4:2005 "Prodotti laminati a caldo per impieghi strutturali - Parte 3: condizioni tecniche di
fornitura di acciai per impieghi strutturali saldabili a grano fine ottenuti per lavorazione ter-
mo meccanica".
Questi documenti, di fatto, sostituiscono le norme EN 10113-2 ed EN 10113-3, rispettivamente.
Designazione
Nb % max
Si% max
C% max
P% max
S% max
V% max
Al% min
Mn %
Mo %
Cu %
Cr %
Ni %
Ti %
N%
EN EN
10027-1 10027-2
Tabella 2.1A - Analisi chimica (riferita alla colata) degli acciai a grano fine forniti allo stato N secondo
norma UNI EN 10113-2
32
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
Designazione
Si% max
C% max
P% max
S% max
V% max
Al% min
Mn %
Mo %
Nb %
Cu %
Cr %
Ni %
Ti %
max
N%
EN EN
10027-1 10027-2
Tabella 2.1B - Analisi chimica (riferita alla colata) degli acciai a grano fine forniti allo stato N
secondo norma UNI EN 10025-3
Caratteristiche chimiche
Rispetto al caso degli acciai al carbonio, le caratteristiche chimiche degli acciai microlegati evi-
denziano la presenza di una ampia varietà di microleganti per i quali sono previsti - in genere -
limitazioni al massimo tenore sia di ognuno sia della loro sommatoria. Appare significativa la diffe-
renza tra il tenore di carbonio (già ridotto, peraltro, rispetto ai gradi più resistenziali degli acciai al
carbonio) degli acciai forniti con trattamento normalizzato (o con laminazione di normalizzazione)
e quelli forniti con laminazione termomeccanica (differenza ben evidenziata dalla stessa figura
2.3).
Ulteriori osservazioni di rilievo riguardano la percentuale di impurezze, che appare significativa-
mente inferiore a quella prevista per gli acciai al carbonio, ed il tenore di azoto, necessario come
osservato alla costituzione di nitruri e/o carbonitruri. Nel passaggio alla norma UNI EN 10025-3,
Designazione C% Si% Mn P% S% Nb V% Al% Ti Ni Mo N
EN EN max max % max max % max min % % % %
10027-1 10027-2 max
S275M 1.8818 0.035 0.030
S275ML 1.8819 0.13 0.50 1.50 0.030 0.025 0.05 0.08 0.02 0.05 0.30 0.20 0.015
S355M 1.8823 0.035 0.030
S355ML 1.8834 0.14 0.50 1.60 0.030 0.025 0.05 0.10 0.02 0.05 0.30 0.20 0.015
S420M 1.8825 0.035 0.030
S420ML 1.8836 0.16 0.50 1.70 0.030 0.025 0.05 0.12 0.02 0.05 0.30 0.20 0.025
S460M 1.8827 0.035 0.030
S460ML 1.8838 0.16 0.60 1.70 0.030 0.025 0.05 0.12 0.02 0.05 0.45 0.20 0.025
Tabella 2.2A - Analisi chimica (riferita alla colata) degli acciai a grano fine forniti allo stato M
secondo norma UNI EN 10113-3
Tabella 2.2B - Analisi chimica (riferita alla colata) degli acciai a grano fine forniti allo stato M
secondo norma UNI EN 10025-4
33
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
come logico peraltro, sono state apportate alcune variazioni, apparentemente di modesta entità,
che trovano riscontro nella diminuzione del tenore di zolfo e fosforo ad esempio.
Certamente differenti risultano le caratteristiche chimiche nel caso degli acciai ottenuti per lavora-
zione termo meccanica (si vedano, al proposito, le considerazioni di cui al paragrafo 2.1).
Anche in questo caso il passaggio alla nuova normativa EN 10025-4 ha registrato una diminuzio-
ne del tenore massimo di zolfo e fosforo.
Caratteristiche meccaniche
Tabella 2.3A - Caratteristiche tensili degli acciai a grano fine forniti allo stato N secondo norma UNI
EN 10113-2
34
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
> 80 ≤ 200
> 16 ≤ 40
> 40 ≤ 63
> 63 ≤ 80
> 16 ≤ 40
> 40 ≤ 63
> 63 ≤ 80
10027-1
10027-2
≤ 100
≤ 16
≤ 16
EN
EN
S275N 1.0490
275 265 255 245 235 225 215 205 370÷510 350÷480 350÷480 24 24 24 23 23 23
S275NL 1.0491
S355N 1.0545
355 345 335 325 315 295 285 275 470÷630 450÷600 450÷600 22 22 22 21 21 21
S355NL 1.0546
S420N 1.8902
420 400 390 370 360 340 330 320 520÷680 500÷650 500÷650 19 19 19 18 18 18
S420NL 1.8912
S460N 1.8901
460 440 430 410 400 380 370 - 550÷720 530÷710 - 17 17 17 17 17 -
S460NL 1.8903
Tabella 2.3B - Caratteristiche tensili degli acciai a grano fine forniti allo stato N secondo norma UNI
EN 10025-3
Resistenza
Carico di snervamento a trazione Allungamento a
Designazione min ReH spessore rottura
spessore nominale in mm nominale in
mm
EN EN > 16 > 40
≤ 16 L0 = 5.65 S01/2
10027-1 10027-2 ≤ 40 ≤ 63
S275M 1.8818
S275ML 1.8819 275 265 255 360÷510 24
S355M 1.8823
S355ML 1.8834 355 345 335 450÷610 22
S420M 1.8825
S420ML 1.8836 420 400 390 500÷660 19
S460M 1.8827
S460ML 1.8838 460 440 430 530÷720 17
Tabella 2.4A - Caratteristiche tensili degli acciai a grano fine forniti allo
stato M secondo norma UNI EN 10113-3
> 80 ≤ 100
> 16 ≤ 40
> 40 ≤ 63
> 63 ≤ 80
> 40 ≤ 63
> 63 ≤ 80
10027-1
10027-2
≤ 16
≤ 40
EN
EN
S275N 1.0490
275 265 255 245 245 240 370÷530 350÷480 350÷510 350÷510 350÷510 24
S275NL 1.0491
S355N 1.0545
355 345 335 325 325 320 470÷630 450÷610 440÷600 440÷600 430÷590 22
S355NL 1.0546
S420N 1.8902
420 400 390 370 370 365 520÷680 500÷660 480÷640 470÷630 460÷620 19
S420NL 1.8912
S460N 1.8901
460 440 430 410 400 385 540÷720 530÷710 510÷690 500÷680 490÷660 17
S460NL 1.8903
Tabella 2.4B - Caratteristiche tensili degli acciai a grano fine forniti allo stato N secondo norma UNI
EN 10025-4
35
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
S275N 1.0490
S355N 1.0545
55 47 43 40
S420N 1.8902 - - -
(31) (27) (24) (20)
S460N 1.8901
S275NL 1.0491
S355NL 1.8912
63 55 51 47 40 31 27
S420NL 1.0546
(40) (34) (30) (27) (23) (20) (16)
S460NL 1.8903
S275N 1.0490
S355N 1.0545
55 47 43 40
S420N 1.8902 - - -
(31) (27) (24) (20)
S460N 1.8901
S275NL 1.0491
S355NL 1.8912
63 55 51 47 40 31 27
S420NL 1.0546
(40) (34) (30) (27) (23) (20) (16)
S460NL 1.8903
S275M 1.8818
S355M 1.8823
55 47 43 40
S420M 1.8825 - - -
(31) (27) (24) (20)
S460M 1.8827
S275ML 1.8819
S355ML 1.8834
63 55 51 47 40 31 27
S420ML 1.8836
(40) (34) (30) (27) (23) (20) (16)
S460ML 1.8838
S275M 1.8818
S355M 1.8823
55 47 43 40
S420M 1.8825 - - -
(31) (27) (24) (20)
S460M 1.8827
S275ML 1.8819
S355ML 1.8834
63 55 51 47 40 31 27
S420ML 1.8836
(40) (34) (30) (27) (23) (20) (16)
S460ML 1.8838
Composizione chimica
Come accade di norma nel passaggio tra impieghi strutturali per parti non in pressione a parti in
pressione, la composizione chimica appare ulteriormente raffinata e bilanciata, con valori di impu-
rezze ridotti rispetto al caso degli acciai per impieghi strutturali (S) e deviazioni consentite rispetto
ai valori nominali piuttosto limitate.
Nel caso degli acciai forniti allo stato M (UNI EN 10028-5) i gradi previsti sono i P355, P420 e P4-
60, ognuno dei quali è disponibile nelle qualità M, ML1 ed ML2.
37
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Designazione
Nb + Ti + V
Nb% max
Si% max
C% max
P% max
S% max
V% max
Al% min
Mn %
Mo %
Cu %
Cr %
Ni %
Ti %
N%
EN EN
10027-1 10027-2
Tabella 2.7A - Analisi chimica (riferita alla colata) degli acciai a grano fine secondo norma UNI
EN 10028-3
Designazione
Cr + Cu + Mo
Mn % max
Nb% max
Si% max
C% max
P% max
S% max
V% max
Al% min
Mo %
Cu %
Cr %
Ni %
Ti %
N%
max
EN EN
10027-1 10027-2
Tabella 2.7B - Analisi chimica (riferita alla colata) degli acciai a grano fine secondo norma UNI EN
10028-5
Caratteristiche meccaniche
Le caratteristiche tensili - come già nel caso degli acciai per impieghi strutturali - risultano differen-
ziate tra qualità N e qualità M soprattutto per effetto dei diversi intervalli di spessore applicabili,
dato che per gli N la normativa prevede spessori sino a 250 mm, per gli M sino a 63 mm.
Le caratteristiche di tenacità sono lievemente differenziate tra le due diverse qualità e vanno inter-
pretate anche alla luce delle diverse classi di spessore ad essi applicabili. Come già nel caso de-
gli acciai per impieghi strutturali, anche per i gradi P si arriva per i più prestazionali alla temperatu-
ra di -50°C con un mimino di 27J.
38
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
Carico di snervamento [MPa] Allungamento a
Designazione Carico di rottura [MPa]
spessore [mm] rottura %
EN EN ≤ > 16 > 40 > 60 > 100 > 150 ≤ > 60 > 100 > 150 ≤ > 60 > 100
10027-1 10027-2 16 ≤ 40 ≤ 60 ≤ 100 ≤ 150 ≤ 250 60 ≤ 100 ≤ 150 ≤ 250 60 ≤ 100 ≤ 250
P275NH 1.0487 390 370 360 350
P275NL1 1.0488 ÷ ÷ ÷ ÷ 24 23
275 265 255 235 225 215
P275NL2 1.1104 510 490 480 470
P355N 1.0562
P355NH 1.0565 490 470 460 450
P355NL1 1.0566 355 345 335 315 305 295 ÷ ÷ ÷ ÷ 22 21
630 610 600 690
P355NL2 1.1106
P460NH 1.8935 570 540 - 17 -
P460NL1 1.8915 460 445 430 400 - ÷ ÷
P460NL2 1.8918 720 710
Tabella 2.8A - Caratteristiche tensili degli acciai a grano fine secondo norma UNI EN 10028-3
Tabella 2.8B - Caratteristiche tensili degli acciai a grano fine secondo nor-
ma UNI EN 10028-5
Tabella 2.9A - Tenacità degli acciai a grano fine secondo norma UNI EN
10028-3
39
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Tabella 2.10 - Resistenza a caldo degli acciai a grano fine secondo norma
UNI EN 10028-3
2.4. Saldabilità
40
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
41
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Figura 2.8 - Effetto della saldatura sulla microstruttura di un acciaio prodotto con laminazione
termomeccanica
42
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
La suscettibilità di questi acciai alla criccabilità a freddo dipende essenzialmente dalla composi-
zione chimica dei materiali base e d’apporto utilizzati, dal momento che la formazione di tali cric-
che è influenzata dalle strutture di trasformazione dovute ai cicli termici di saldatura e dall'apporto
di idrogeno dovuto all'impiego di alcuni dei più diffusi processi.
Questo problema diventa via via più importante:
− al crescere del limite elastico dell'acciaio, in quanto con esso sono più elevate le tensioni
residue di saldatura;
− al crescere dello spessore del prodotto saldato; usando infatti i normali processi di saldatu-
ra a passate multiple, al fine di ottenere sufficiente tenacità in zona fusa, al crescere dello
spessore cresce la velocità di raffreddamento e, quindi, la severità del ciclo termico di sal-
datura.
Le fasi dovute ai microleganti hanno influenza anch'esse in quanto modificano la trasformazione
gamma - alfa.
I parametri che influenzano la formazione delle cricche a freddo sono molteplici; qui di seguito ne
sono menzionati alcuni.
Carbonio equivalente
Nel capitolo 1 sono stati analizzati i parametri empirici studiati per predire qualitativamente la su-
scettibilità dell'acciaio al fenomeno; per ogni parametro esistono dei limiti massimi che è racco-
mandabile non superare, a meno di prendere, caso per caso, precauzioni particolari.
Si sottolinea, in particolare, che ogni formula del carbonio equivalente ha uno specifico campo di
validità e che, in particolare, la formula IIW è applicabile ai soli materiali privi di Niobio Titanio e
Boro.
Considerando come riferimento la già citata normativa europea UNI EN 1011-2 “Saldatura - Rac-
comandazioni per la saldatura dei materiali metallici - Parte 2: Saldatura ad arco di acciai ferritici”,
43
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
In ogni caso si sottolinea che, possono esistere forti differenze di temprabilità tra metallo base e
d’apporto, e pertanto le valutazioni di suscettibilità alla criccabilità a freddo dovrebbero prendere
in considerazione anche le caratteristiche di quest’ultimo.
Velocità di raffreddamento.
Questo parametro, dipendente dalle condizioni operative di saldatura, deve essere tale da evitare
la formazione di strutture dure, ma anche tale da non consentire un ingrossamento eccessivo del
grano.
La velocità, per un determinato valore del carbonio equivalente, controlla la durezza e la quantità
di martensite presente nella zona termicamente alterata.
Importante, in questi casi, può risultare la conoscenza dei diagrammi di trasformazione TRC ed in
particolare del valore del tempo di raffreddamento t8/5 minimo per il quale non esiste più la possi-
bilità di formazione delle cricche.
Tenore di idrogeno
Come noto, in presenza di strutture ad alta durezza, ha un importante effetto l'idrogeno; tale effet-
to che comporta l'infragilimento, diminuisce aumentando la temperatura interpass o di postriscal-
do.
44
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
10
Come indicato inizialmente dall'Istituto Internazionale della Saldatura - IIW - nella sua pubblicazione IIW-1018-84
45
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Il trattamento termico di distensione, che al fine di avere un ragionevole effetto effettuato a tempe-
rature comprese tra i 550÷600°C a seconda dell'acciaio, ha, come già più volte detto, effetti di
coalescenza sui precipitati, di ulteriore precipitazione in forma submicroscopica (qualora detta
precipitazione non fosse stata completa) e di ricristallizzazione dei grani eventualmente ancora
deformati.
Questo trattamento, a seconda del tipo di acciaio (quindi dei microleganti presenti), della tempera-
tura e della durata di trattamento stesso, può provocare anche alterazioni non trascurabili del ma-
teriale sottoposto a distensione, quali:
− riduzione del limite di snervamento, con eventuale aumento della duttilità, soprattutto a cau-
sa della coalescenza di precipitati;
− riduzione eventuale della tenacità per effetto di eventuali ulteriori riprecipitazioni, o, talvolta,
aumento della stessa per eventuali ricristallizzazioni.
Gli acciai microlegati possono essere facilmente saldati con tutti i procedimenti nello stesso modo
degli acciai al carbonio. Possedendo questi acciai un'elevata resistenza, è consigliabile l'uso di
elettrodi o processi a basso tenore di idrogeno ed altre precauzioni per limitare questo elemento.
Il preriscaldo è consigliabile, a seconda del valore del parametro di temprabilità, per spessori su-
periori a 25 mm.
Gli acciai microlegati presentano essenzialmente strutture a grano fine e, pertanto, è sempre mol-
to importante evitare eccessivi apporti termici; processi come l'elettroscoria o l'elettrogas o, an-
che, la saldatura ad arco sommerso a forte penetrazione possono produrre decadimento delle
caratteristiche di resistenza, snervamento, tenacità nella zona termicamente alterata che non pos-
46
Metallurgia e saldabilità degli acciai microlegati
47
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
48
Acciai da costruzione resistenti alla corrosione atmosferica
3.1. Generalità
Gli acciai patinabili contengono rame ed altri elementi che aumentano la resistenza alla corrosio-
ne e determinano il rafforzamento della soluzione solida e l'ottenimento di strutture fini.
In questi acciai, il meccanismo di autoprotezione si può riassumere nella somma di due fattori:
− il film d'ossido, che si forma a contatto con l'atmosfera, aderisce perfettamente alla superfi-
cie dell'acciaio. Tale patina si differenzia da quella che riveste i comuni acciai per la man-
canza di porosità attraverso le quali acqua ed ossigeno riescono ad attaccare in profondità
il metallo. L'azione di chiusura di queste porosità è affidata alla formazione di solfati di cro-
mo, rame e nichel che si depositano entro lo strato di ossido;
− la stabilità dell'interfaccia metallo - ossido è dovuta al progressivo arricchimento, in questa
zona, degli elementi alliganti, durante il processo di corrosione. In pratica, ne risulta una
49
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
nobilitazione della base metallica dovuta a tale arricchimento, che aumenta la resistenza
alla penetrazione della corrosione. Il fenomeno corrosivo, infatti, risulta apparentemente
identico a quello dei comuni acciai al carbonio, dopo un periodo iniziale di incubazione ed
in rapporto al tipo di ambiente, si arresta o decresce nel tempo.
La velocità di formazione dello strato protettivo vari in funzione delle condizioni operative e, me-
diamente, il tempo di completamento della pellicola
protettiva è di alcuni mesi.
Nella figura 3.2 si nota come, per l'acciaio patinabi-
le ed in condizioni di regime, i valori delle perdite in
peso siano circa quattro volte inferiori a quelle di
un comune acciaio al carbonio; per dimezzarle,
può già essere sufficiente un'aggiunta dello 0,25%
di rame.
Rame, nichel e cromo sono elementi di lega del-
l'acciaio normalmente utilizzati per il loro contributo
Figura 3.2 - Perdita di peso in funzione del
alle caratteristiche meccaniche; per quanto riguar-
tempo
da il fosforo può sorgere qualche perplessità a
causa della sua azione fragilizzante: si deve osservare, tuttavia, che esso esplica tale effetto sola-
mente in acciai con elevate dimensioni del grano. Negli acciai a grano fine, in cui presente l'allu-
minio, i nitruri di questo, precipitando nel reticolo cristallino, creano un numero di dislocazioni suf-
ficienti ad assicurare la plasticità dell'acciaio ed una rottura tenace nonostante la presenza del
fosforo.
11
Iniziale di weathering, in inglese.
50
Acciai da costruzione resistenti alla corrosione atmosferica
Tabella 3.1A - Analisi di colata degli acciai classificati secondo UNI EN 10155:1995
Secondo la norma EN 10155, ogni grado poteva essere fornito nelle qualità J0 oppure J2; nel
solo caso del grado 355 era prevista anche la qualità K2. Va osservata la disponibilità della quali-
tà P, in cui il fosforo caratterizza il processo di passivazione della superficie, per il solo grado 355.
La nuova normativa entrata in vigore ha di fatto eliminato i gradi S355J2G1W (1.8963) e S355
K2G1W (1.8966) ed apportato alcune variazioni ai limiti previsti dall'analisi chimica (con particola-
re riferimento ai tenori di zolfo e fosforo, diminuiti di 0,005 unità percentuali), come evidenziato
dalla tabella 3.1B.
Le caratteristiche tensili e quelle di tenacità alla frattura, in prima analisi, possono essere compa-
rate con i corrispondenti gradi degli acciai al carbonio per impieghi strutturali classificati dalla nor-
ma EN 10025 (tabelle 3.2 e 3.3). Va osservata l'estensione del campo di applicazione della nor-
ma, nel passaggio alla edizione in vigore, all'intervallo di spessori 100÷150 mm (nel caso prece-
dente il limite era 100 mm).
Tabella 3.1B - Analisi di colata degli acciai classificati secondo UNI EN 10025-5:2005
51
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
80 < t ≤ 100
63 < t ≤ 100
40 < t ≤ 63
3 < t ≤ 100
40 < t ≤ 63
63< t ≤ 80
1.5 < t ≤ 2
2 < t ≤ 2.5
2.5 < t ≤ 3
Direzione
3 < t ≤ 40
16 < t ≤ 40
provette
EN EN
t ≤ 16
t≤3
10027-1 10027-2
Tabella 3.2A - Caratteristiche tensili degli acciai classificati secondo UNI EN 10155:1995
Tipo acciaio Carico di snervamento min ReH per Resistenza a Allungamento percentuale a rottura minimo
spessore t trazione per per spessore t
Direzione provette
1/2
[MPa] spessore t L0=80 mm L0=5.65 S0
[MPa]
EN 10027-1
EN 10027-2
63 < t ≤ 100
40 < t ≤ 63
3 < t ≤ 100
40 < t ≤ 63
63< t ≤ 80
1.5 < t ≤ 2
2 < t ≤ 2.5
2.5 < t ≤ 3
3 < t ≤ 40
16 < t ≤ 40
t ≤ 16
t≤3
S355K2G2W 1.8967 T 14 15 16 20 19 18 18
Tabella 3.2B - Caratteristiche tensili degli acciai classificati secondo UNI EN 10025-5:2005
52
Acciai da costruzione resistenti alla corrosione atmosferica
S235J0W 1.8958 0 27
S235J2W 1.8961 -20 27
S355J0WP 1.8945 0 27
S355J2WP 1.8946 -20 27
S355J0W 1.8959 0 27
S355J2G1W 1.8963 -20 27
S355J2G2W 1.8965 -20 27
S355K2G1W 1.8966 -20 40
S355K2G2W 1.8967 -20 40
S235J0W 1.8958 0 27
S235J2W 1.8961 -20 27
S355J0WP 1.8945 0 27
S355J2WP 1.8946 -20 27
S355J0W 1.8959 0 27
S355J2G2W 1.8965 -20 27
S355K2G2W 1.8967 -20 40
Oltre alla classificazione in funzione della normativa in vigore, è di interesse per questi acciai an-
che il riferimento alle principali designazioni commerciali che si sono imposte nel corso del tempo.
In particolare, gli acciai patinabili sono commercializzati:
− con la sigla americana Corten (COR-rosion TEN-sile strength); essi sono forniti in tre gradi:
il Corten A (al fosforo), il Corten B e C formulati allo scopo di ottenere migliori caratteristi-
che meccaniche anche per alti spessori, e renderli particolarmente adatti all'impiego nelle
costruzioni saldate sottoposte a cariche dinamici;
− con la sigla IT-ACOR (IT-alsider A-nti COR-rosione): essi sono prodotti nei gradi 1 e 2. Il
tipo 1 al fosforo, il tipo 2, ad elevata resistenza, anche per forti spessori, fabbricato nelle
qualità B, C, D che si differenziano per le caratteristiche di tenacità. Questi tre tipi soddisfa-
no le condizioni della norma CNR UNI 10011;
− con la sigla RESCO (RES-istente COR-rosione): essi sono prodotti nei gradi 36, 36S e
36V. Il primo tipo sempre al fosforo, gli altri due sono analoghi all'Itacor 2, al Corten B ed al
Corten C.
53
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
3.4. Saldabilità
54
Acciai da costruzione resistenti alla corrosione atmosferica
La criccabilità a freddo non costituisce una preoccupazione per questi tipi di acciai, in particolare
quando si opera su spessori inferiori a circa 25 mm; per valori più elevati può diventare opportuna
l'esecuzione del preriscaldo ed il rispetto della temperatura interpass secondo i valori indicati nella
seguente tabella 3.412
Spessore T preriscaldo
[mm] [°C]
< 25 10 °C
25 ÷ 50 50 ÷ 100 °C
> 50 100 ÷ 150 °C
Nella figura 3.3 sono riportati i risultati di prove effettuate (su provette ricavate in zona fusa e da
materiale base) per immersione in soluzioni di acido solforico a diverse concentrazioni ed ad alta
temperatura.
Le condizioni di prova sono:
− 70 % acido solforico, 100°C, 14 cicli di 24 ore
− 55 % acido solforico, 100°C, 5 cicli di 24 ore
− 25 % acido solforico, 25°C, 14 ore.
I risultati sono espressi come riduzione dello spessore del cordone e del materiale base; si nota
che, in generale, i cordoni di saldatura e
le lamiere sono attaccati con intensità
diverse, inoltre dalla posizione relativa dei
diversi gruppi di condizioni di prova si può
dedurre che, data la natura elettrochimica
del processo di corrosione, la composi-
zione chimica della zona fusa influenza
l'attacco della lamiera di base.
E' da ricordare infine che gli acciai patina-
bili non sono adatti a resistere alla corro-
sione in ambiente con aria di mare.
Per tutti questi motivi, l'originaria tenden-
za ad utilizzare gli acciai patinabili senza
Figura 3.3 - Risultati di prove di corrosione accelerata
particolare protezione non è attualmente
12
Un preriscaldo di almeno 50°C è sempre necessario anche per spessori inferiori a 25 mm nel caso in cui la temperatu-
ra ambiente scenda al disotto di 5°C.
55
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
più diffusa come un tempo; si sfruttano, invece, le caratteristiche favorevoli del loro stato protetti-
vo per aumentare la resistenza e la durata della verniciatura. Pertanto, l'uso di acciai patinabili in
carpenteria riduce di molto le spese successive di manutenzione a causa della corrosione am-
bientale.
I processi di saldatura più comunemente impiegati per la realizzazione di giunti in costruzioni rea-
lizzate con acciai resistenti alla corrosione atmosferica sono quelli tipici degli acciai per impieghi
strutturali.
In particolare:
− la saldatura ad arco sommerso è utilizzata tanto con la tecnica a filo singolo che con quella
twin arc (per la realizzazione di travi mediante saldatura);
− la saldatura a filo continuo, con fili pieni o animati, è normalmente applicata, compatibil-
mente con le condizioni ambientali;
− la saldatura con elettrodi rivestiti è utilizzata per attività in opera (in cantiere) o per produ-
zioni di minore entità.
Occorre sottolineare che è pratica diffusa la scelta di materiali d'apporto patinabili anche per le
giunzioni effettuate in passata singola, allo scopo di acquistare e gestire un'unica tipologia di con-
sumabile ed evitare errori durante la fabbricazione.
La classificazione dei materiali d'apporto è quella corrispondente agli acciai basso-legati aventi
adeguate caratteristiche di resistenza meccanica e tenacità (quando prevista), per quanto non
esista un suffisso identificativo di questa categoria di consumabili.
56
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
I fenomeni di criccabilità a freddo hanno da sempre una rilevanza fondamentale nei confronti della
saldabilità degli acciai. Le variabili che influenzano il fenomeno, come noto, sono molteplici e non
sempre sono applicati criteri che ne valutano l'effetto in modo integrato: è il caso della scelta della
temperatura di preriscaldo, che assume un'importanza notevole ai fini dell'economia della fabbri-
cazione.
In questa appendice sono descritte le metodologie descritte nella norma UNI EN 1011-2
“Raccomandazioni per la saldatura di materiali metallici. Saldatura ad arco per acciai ferritici”.
Nel corso degli anni sono stati proposti molti metodi per determinare le temperature di preriscaldo
necessarie per evitare la formazione di cricche da idrogeno nelle saldature di acciai non legati, a
grano fine e bassolegati. Vari esempi sono riportati ad esempio nei documenti IIW IX-1602-90 e
IX-1631-91. La norma UNI EN 1011-2 , nella sua Appendice C prevede due metodi.
Il metodo A é basato d esempio su un'approfondita esperienza e su dati che riguardano principal-
mente, ma non esclusivamente, gli acciai basso-legati e ad alta resistenza. Le differenze di origi-
ne e di esperienza utilizzate per lo sviluppo di questi due metodi possono essere utilizzate come
guida per la loro applicazione.
Le raccomandazioni si applicano solo alle normali condizioni di vincolo nella fabbricazione. In
condizioni di vincolo maggiori può essere necessaria una temperatura di preriscaldo più alta o
altre precauzioni, al fine di prevenire la formazione di cricche da idrogeno. Occorre inoltre osser-
vare che i metodi descritti si riferiscono alla saldatura di metalli base a temperature maggiori di 0°
C: quando si effettua la saldatura al disotto di questa temperatura, è possibile che siano necessari
particolari requisiti.
57
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
A.2. Metodo “A” per prevenire le cricche da idrogeno negli acciai non
legati, a grano fino e basso-legati
Il metodo indicato come metodo “A” può essere applicato ad
Elemento Campo di validità
acciai la cui analisi chimica rientri entro i limiti descritti nella
Carbonio da 0,05 a 0,25
tabella A.1.
Silicio ≤ 0,8
La determinazione di livelli di preriscaldo tecnicamente sicuri
Manganese ≤ 1,7
ed economici, al tempo stesso, per evitare la formazione di
Cromo ≤0,9
cricche da idrogeno dipende in modo determinante da una
Rame ≤ 1,0
conoscenza accurata della composizione del metallo base e
Nichel ≤ 2,5
del carbonio equivalente CE (formula IIW) ,e dalla composi-
Molibdeno ≤0,75
zione chimica del metallo depositato con saldatura.
Vanadio ≤0,20
Relativamente al materiale base, i valori del carbonio equiva-
Boro =0
lente (CE ) sono calcolati con la tradizionale formula definita
Tabella A.1 - Campo di validità dall'IIW:
per il metodo “A”
CE = C + (Mn/6) + [(Cr+Mo+V)/5] + [(Cu+Ni)/15]
Il metodo A si applica agli acciai aventi un carbonio equivalente (CE ) nell'intervallo compreso tra
0,30 a 0,70. Va osservato che se, fra gli elementi di questa formula, solo il carbonio e il mangane-
se sono indicati nel certificato di fabbricazione degli acciai al carbonio e al carbonio - manganese,
si dovrebbe aggiungere 0,03 al valore calcolato, per tenere conto degli elementi residui. Se si sal-
dano fra loro acciai aventi un carbonio equivalente differente o di tipo diverso, si dovrebbe invece
utilizzare il valore maggiore del carbonio equivalente.
58
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
mento nella zona delle basse temperature del ciclo termico, indicativamente da 300°C a 100°C. In
tale modo si influenza favorevolmente l'evoluzione dell'idrogeno dal giunto saldato. In particolare,
ciò si può ottenere applicando un post-riscaldo alla fine della saldatura, che in prima approssima-
zione può essere assimilato ad un mantenimento della temperatura di preriscaldo.
Il tenore di idrogeno della saldatura può essere controllato utilizzando procedimenti di saldatura e
materiali di apporto a idrogeno controllato, ed anche, in una certa misura, applicando il post-
riscaldo sopra citato.
Considerazioni simili si applicano alla formazione di cricche da idrogeno nel metallo fuso di salda-
tura, ove i livelli effettivi di idrogeno e di tensioni possono essere maggiori che nella zona termica-
mente alterata, anche se la tempra è più ridotta. In generale, le procedure scelte per evitare la
formazione di cricche da idrogeno nella zona termicamente alterata permette anche di evitare la
formazione di cricche nel metallo depositato con saldatura. Comunque, in certe condizioni, come
un alto grado di vincolo, acciai con basso CE, grossi spessori, o metallo di saldatura legato, la
formazione di cricche nel metallo di saldatura può diventare il fenomeno dominante.
Il modo più sicuro per evitare la formazione di cricche da idrogeno consiste nel ridurre il metallo di
saldatura l'apporto dell'idrogeno proveniente dai materiali di apporto. Il vantaggio risultante da un
crescente numero di possibilità in cui non è richiesto alcun preriscaldo a temperatura >20°C può
essere accresciuto utilizzando materiali di apporto a basso tenore di idrogeno.
Lo spessore combinato dovrebbe essere determinato come somma degli spessori del metallo
base valutati mediamente su una distanza di 75 mm dall'asse della saldatura.
Lo spessore combinato è utilizzato per valutare la capacità di dispersione del calore di un giunto
allo scopo di determinare la velocità di raffreddamento.
Se lo spessore aumenta fortemente proprio oltre i 75 mm dall'asse della saldatura, può essere
necessario utilizzare un valore maggiore dello spessore combinato.
Per lo stesso spessore di metallo, la temperatura di preriscaldo è maggiore in una saldatura d'an-
golo che in una saldatura testa a testa poiché lo spessore combinato, quindi l'asportazione di ca-
lore, risulta maggiore. Nella figura A.1 sono descritti alcuni casi di calcolo dello spessore combi-
nato.
59
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
10 ÷ 15 30 55 50 90
5 ÷ 10 35 65 60 100
La scala di idrogeno da utilizzare per ciascun processo di saldatura ad arco dipende principal-
mente dal tenore di idrogeno diffusibile nel metallo depositato e dovrebbe essere conforme a
quella indicata nella tabella A.3. Il valore utilizzato dovrebbe essere dichiarato dal fabbricante dei
materiali di apporto in accordo con la norma applicabile se esiste (oppure il valore determinato
indipendentemente) in condizioni specificate di fornitura e di trattamento.
Occorre sottolineare che l'idrogeno diffusibile, ai fini delle prescrizioni descritte nel presente arti-
colo, è inteso misurato in conformità alla norma ISO 3690:2003 “Saldatura e procedimenti con-
nessi - Determinazione del contenuto di idrogeno nel metallo ferritico per saldatura ad arco”.
In termini generali, gli elettrodi per saldatura ad arco con rivestimento basico possono essere as-
sociati alle scale da B a D, a seconda della classificazione dell'elettrodo indicata dal fabbricante
degli elettrodi stessi. Gli elettrodi per saldatura ad arco con rivestimento rutilico o cellulosico do-
vrebbero essere utilizzati con la scala A. Fili continui animati o di tipo metal-cored possono essere
associati alle scale da B a D, a seconda della classificazione del filo. Le combinazioni filo-flusso
per la saldatura ad arco sommerso possono avere livelli di idrogeno corrispondenti alle scale da B
a D, anche se per lo più corrispondono alla scala C. Per-
Tenore idrogeno diffusibile Scala
(ml/100g) ciò, esse richiedono di essere valutate per ciascun caso
> 15 A di combinazione specifica e stato dei prodotti flussi per la
60
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
rificato e dimostrato che essi corrispondono alla scala E. La scala E può rivelarsi idonea per alcu-
ni fili animati e per alcuni elettrodi rivestiti basici per saldatura manuale, ma solo dopo una valuta-
zione specifica. Per poter ottenere questi bassi livelli di idrogeno, si dovrebbe tenere conto del
contributo dell'idrogeno proveniente dalla composizione del gas protettivo e dell'umidità atmosferi-
ca durante la saldatura. Per la saldatura al plasma dovrebbe essere fatta una valutazione specifi-
ca.
I valori dell'apporto termico specifico Q (espresso in kJ/mm) da utilizzare dovrebbero essere cal-
colati in conformità alla EN 1011-1:1998 attraverso la seguente relazione:
Q = k [(V * i) / v] *60 10-3
Essendo V la tensione (espressa in Volt), i l'intensità di corrente (espressa in ampère), v la veloci-
tà di avanzamento (espressa in m/s) e k il rendimento termico del processo di saldatura, come
riportato in tabella A.4.
131 Saldatura ad arco in gas inerte con filo elettrodo fusibile; saldatura MIG 0,8
135 Saldatura ad arco in gas protettivo attivo con filo elettrodo fusibile; sal- 0,8
datura MAG
114 Saldatura ad arco con filo elettrodo animato senza gas protettivo 0,8
136 Saldatura ad arco in gas protettivo attivo con filo elettrodo animato con- 0,8
tenente flusso
137 Saldatura ad arco in gas inerte con filo elettrodo animato contenente 0,8
flusso
138 Saldatura ad arco in gas protettivo attivo con filo elettrodo animato con- 0,8
tenente polvere metallica
139 Saldatura ad arco in gas inerte con filo elettrodo animato contenente 0,8
polvere metallica
141 Saldatura ad arco in gas inerte con elettrodo di tungsteno; saldatura TIG 0,6
Una volta disponibili i valori delle quattro variabili fondamentali è possibile procedere alla scelta
del diagramma da utilizzare per il caso analizzato abbinando la scala dell'idrogeno diffusibile al
massimo valore del carbonio equivalente per cui il diagramma stesso risulta applicabile. Le altre
due variabili (l'apporto termico specifico e lo spessore combinato) sono le variabili del diagramma,
riportate rispettivamente sull'asse 2 ed 1. Si riportano di seguito i diagrammi contenuti nell'Appen-
dice C.2 della norma.
61
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
62
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
63
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
64
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
A.3. Metodo “B” per prevenire le cricche da idrogeno negli acciai non
legati, a grano fine e basso-legati
Questo metodo è applicabile alla saldatura ad arco degli acciai dei gruppi da 1 a 4 specificati nella
CR ISO 15608. Le raccomandazioni fornite nella presente appendice dovrebbero essere prese in
considerazione nella WPS applicabile.
Un metodo molto efficace per prevenire le cricche da idrogeno è quello di preriscaldare la saldatu-
ra a temperature più alte; in tale modo si ritarda il raffreddamento della zona di saldatura e si fa-
vorisce dopo la saldatura l'evoluzione dell'idrogeno in un tempo più breve e fino ad un livello mag-
giore che senza preriscaldo. Inoltre il preriscaldo riduce lo stato delle tensioni interne. Per le sal-
dature a strati multipli è possibile iniziare senza preriscaldo se si può raggiungere e mantenere
una temperatura fra le passate sufficientemente elevata, adottando una sequenza di saldatura
opportuna.
65
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Il comportamento alla criccabilità a freddo dei giunti saldati è influenzato dalla composizione chi-
mica del metallo base e del metallo depositato, dallo spessore della lamiera, dal tenore di idroge-
no del metallo depositato, dall'apporto termico specifico du-
Elemento Validità rante la saldatura e dal livello delle tensioni. Se aumentano il
Carbonio da 0,05 a 0,32 tenore di lega, lo spessore della lamiera ed il tenore di idro-
Silicio ≤ 0,8 geno, aumenta il rischio di formazione di cricche a freddo.
Manganese da 0,5 a 1,9 Un aumento dell'apporto termico specifico diminuisce invece
Cromo ≤ 1,5 tale rischio.
Rame ≤ 0,7 L'influenza della composizione chimica sul comportamento
Molibdeno ≤ 0,75 alla criccabilità a freddo degli acciai è caratterizzato nel me-
Niobio ≤ 0,06 todo B mediante il carbonio equivalente (CET). La formula
Nichel ≤ 2,5 seguente fornisce informazioni sull'effetto dei singoli elemen-
Vanadio ≤ 0,18
nio.
CET = C+ [(Mn+Mo)/10] + [(Cr+Cu)/20] + (Ni/40)
Boro ≤ 0,005
La formula si applica agli intervalli di concentrazioni di cui
Tabella A.5 - Campo di validità per
il metodo “B” alla tabella A.5.
66
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
La figura A.4 mostra la relazione tra lo spessore della lamiera d e la temperatura di preriscaldo
Tpd. Si può vedere che per materiali più sottili, ad un cambiamento dello spessore della lamiera
corrisponde un cambiamento maggiore della temperatura di preriscaldo.
Comunque, all'aumentare dello spessore del materiale l'effetto si riduce e sopra 60 mm esso ri-
sulta assai limitato.
L'andamento rappresentato in figura può essere espresso anche mediante la relazione analitica:
TPd = 160 *tanh (d/35) -110 (°C)
67
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
L'effetto del tenore di idrogeno HD del metallo depositato, determinato in conformità alla norma
ISO 3690, sulla temperatura di preriscaldo è illustrato nella figura A.5. Si può vedere che un au-
mento del tenore di idrogeno richiede un aumento della temperatura di preriscaldo.
Un cambiamento del tenore di idrogeno ha un effetto maggiore sulla temperatura di preriscaldo
per concentrazioni più basse piuttosto che per concentrazioni più alte.
L'andamento rappresentato in figura può essere espresso anche mediante la relazione analitica:
TPHD = 62* HD0,35 -100 (°C)
L'influenza dell'apporto termico specifico Q sulla temperatura di preriscaldo può essere osservata
nella figura A.6. Si può vedere che un aumento dell'apporto termico specifico durante la saldatura
permette una riduzione della temperatura di preriscaldo. Inoltre, tale influenza dipende dal tenore
di lega ed è più pronunciata per un basso carbonio equivalente piuttosto che per uno alto.
L'andamento rappresentato in figura può essere espresso anche mediante la relazione analitica:
TPQ = (53*CET-32) * Q - 53 * CET + 32 (°C)
68
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
Tensioni residue
Attualmente la relazione tra il livello delle tensioni interne e la temperatura di preriscaldo è nota
solo qualitativamente fino ad un certo limite. Un aumento delle tensioni interne e della triassialità
dello stato tensionale richiede un aumento della temperatura di preriscaldo. Utilizzando questo
metodo per il calcolo della temperatura di preriscaldo, si è supposto che le tensioni interne pre-
senti nella zona di saldatura siano uguali rispettivamente al carico di snervamento del metallo
base e del metallo depositato con saldatura.
Gli effetti della composizione chimica, caratterizzata dal carbonio equivalente CET, dello spessore
della lamiera d, del tenore di idrogeno nel metallo depositato HD e dell'apporto termico specifico
Q possono essere combinati nella formula qui sotto riportata per calcolare la temperatura di preri-
scaldo TP .
TP = TPCET + TPd + TPHD + TPQ (°C)
Questa relazione è valida per gli acciai strutturali aventi un carico di snervamento fino a 1000
N/mm2. I singoli termini dell'espressione hanno i valori seguenti:
− CET =da 0,2% a 0,5%
− d =da 10 a 90 mm
− HD =da 1 ml/100 g a 20 ml/100 g
− Q =da 0,5 a 4,0 kJ/mm
In base all'esperienza si applicano le temperature di preriscaldo calcolate con la relazione prece-
dente purché siano soddisfatte le condizioni seguenti:
− Il carbonio equivalente CET del metallo base superi quello del metallo depositato di almeno
lo 0,03%. Altrimenti, il calcolo della temperatura di preriscaldo deve essere basato sul CET
del metallo depositato aumentato dello 0,03%.
− Le saldature d'angolo a cordone singolo, le saldature di puntatura e quelle al vertice abbia-
no una lunghezza minima di 50 mm. Se lo spessore della lamiera è maggiore di 25 mm, le
passate di puntatura e quelle al vertice vengano depositate in due strati utilizzando un me-
tallo di saldatura dolce e duttile.
− Nel caso di saldatura di passate di riempimento, comprendendo anche le saldature d'ango-
lo a passate multiple, non venga effettuato il raffreddamento fra le passate finché lo spes-
sore della saldatura non abbia raggiunto un terzo dello spessore della lamiera. Altrimenti è
necessario ridurre il tenore di idrogeno mediante un trattamento di post-riscaldo.
− La sequenza di saldatura deve essere scelta in modo tale da evitare le forti deformazioni
plastiche delle saldature riempite solo parzialmente.
I digrammi riportati nella figura A.7 (basati sulla relazione analitica), forniscono la relazione fra la
temperatura di preriscaldo TP e lo spessore della lamiera d per combinazioni scelte del carbonio
equivalente CET e dell'apporto termico specifico Q. Le curve tracciate nei singoli diagrammi si
applicano in ciascun caso a differenti concentrazioni di idrogeno nel metallo depositato.
69
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Se la temperatura di preriscaldo deve essere determinata per un certo acciaio e per un certo me-
tallo depositato, caratterizzato dal suo carbonio equivalente CET, si deve scegliere il diagramma
con i valori più prossimi del CET e dell'apporto termico specifico.
Da questo diagramma la temperatura di preriscaldo si ottiene in base allo spessore della lamiera
e del tenore di idrogeno considerati.
Se il carbonio equivalente e l'apporto termico specifico di un diagramma non corrispondono ai
valori reali, si deve correggere la temperatura di preriscaldo proposta. Si deve fare una correzione
di 7,5 °C per ogni differenza di 0,01% del CET. La correzione riguardante l'apporto termico speci-
fico può essere ricavata dalla figura A.6.
Se si effettua la saldatura a passate multiple, si può evitare il preriscaldo mantenendo una tempe-
ratura fra le passate Ti sufficientemente alta mediante una appropriata sequenza di saldatura. La
possibilità di evitare l'utilizzo del preriscaldo mantenendo un'alta temperatura fra le passate dipen-
de non solo dalle condizioni di vincolo nella fabbricazione, ma anche dalla composizione chimica
dell'acciaio da saldare, cioè dal CET e dalla temperatura di preriscaldo. Si dovrebbe anche osser-
vare che la valutazione degli elementi in confronto con il carbonio è notevolmente differente tra il
CE e il CET. Perciò non è consigliabile convertire i valori CET in valori CE e viceversa.
70
Appendice A: Prevenzione della criccabilità da idrogeno (a freddo)
71
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
72
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Gli acciai sono le leghe metalliche maggiormente impiegate nel campo delle costruzioni saldate.
Questo capitolo ne tratta le modalità di fabbricazione ad un livello di dettaglio adeguato allo studio
del comportamento degli stessi in saldatura; per maggiori approfondimenti si rimanda a testi
specialistici di siderurgiaB1.
Con le operazioni metallurgiche primarie i metalli vengono estratti dai relativi minerali, succes-
sivamente, attraverso opportuni trattamenti termochimici, si producono leghe di composizione
chimica e caratteristiche controllate.
L’elaborazione del metallo si svolge dunque in due momenti distinti:
− estrazione del metallo dal minerale;
− affinazione del prodotto greggio ottenuto.
B1
La siderurgia è la disciplina che si occupa della produzione delle ferroleghe.
73
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Con le operazioni metallurgiche secondarie, invece, le leghe metalliche sono prodotte a partire
dal rottame (scrap), cioè da una materia prima parzialmente o totalmente ridotta; dunque l’elabo-
razione del metallo consta dei soli processi di affinazione del greggio fuso. La produzione indu-
striale di acciaio a partire dal rottame di ferro avviene nelle acciaierie elettriche; in esse si procede
alla sola fusione ed alla messa a punto compositiva della colata, mentre non è necessario effet-
tuare procedure di riduzione.
Fonte di rottame sono le cadute nuove (cioè sfridi di lavorazione e scarti di produzione relativi
all’impianto o ad altri impianti siderurgici), le demolizioni di impianti (industria ferroviaria, navale,
automobilistica ecc), ferro puro.
Le acciaierie elettriche sono invece destinate alle produzioni specializzate (acciai di qualità, spe-
ciali, legati), sono di dimensioni più contenute e non soffrono dei problemi logistici del ciclo inte-
grale.
Una problematica rilevante è costituita dalla presenza di elementi inquinanti, di costosa separa-
zione, provenienti dalle strutture riciclate (basti pensare allo zinco ed allo stagno impiegati nei
rivestimenti anticorrosivi della carrozzeria delle automobili).
L’affinazione termica (ciclo integrale ed acciaieria elettrica) per reazione selettiva del metallo allo
stato liquido è uno dei processi di affinazione di maggior interesse in campo siderurgico; consiste
nell’impegnare gli elementi che si desiderano eliminare dal metallo in una serie di reazioni chimi-
che, i cui prodotti di reazione siano insolubili e si separino dal metallo tipicamente in una fase sco-
ria che galleggia sul fuso stesso per decantazione, o si eliminano per gorgogliamento se gassosi.
Altra importante tecnica di affinazione è quella basata sull’assorbimento, da parte di una fase sco-
ria, degli elementi indesiderati presenti nel bagno metallico. Se la scoria possiede adeguate carat-
teristiche chimico-fisiche è in grado di fissare le impurezze indesiderate (caso delle scorie basiche
per la desolforazione e la defosforazione dell’acciaio, caso delle scorie riducenti per la disossida-
zione per diffusione).
In Italia l’acciaio viene prodotto industrialmente per il 40% negli stabilimenti a ciclo integrale, per il
60% nelle acciaierie elettriche.
74
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
B2
Considerando per semplicità tutti i minerali dei metalli sotto forma di ossido.
75
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Il ferro è il quarto elemento, in ordine di abbondanza, presente sulla crosta terrestre (5,1% in pe-
so), dopo l’ossigeno (47%), il silicio (25,75%), l’alluminio (7,5%).
Le specie mineralogiche contenenti ferro sono numerose ma solo poche di esse hanno importan-
za industriale; in alcuni minerali il tenore in ferro è troppo basso affinché ne sia economicamente
(benché tecnologicamente possibile) conveniente l’utilizzazione nei processi estrattivi.
I minerali più utili per l’estrazione sono soprattutto gli ossidi:
− Fe2O3: ossido ferrico (Fe+3), detto ematite;
− Fe3O4: ossido ferroso-ferrico (Fe+2/+3), detto magnetite;
a questi vanno aggiunti minerali meno ricchi in ferro, e caratterizzati da maggiori variazioni nella
composizione chimica, come gli idrossidi, gli ossidi idrati ed i carbonati sotto riportati:
− Fe(OH), detto goethite;
− Fe2O3·nH2O, detto limonite;
− FeCO3, detto siderite.
I minerali sono rocce a composizione chimica e struttura essenzialmente eterogenee, la presenza
di ossidi accompagnatori di ganga ne determina una forte diluizione del tenore in ferro. Tali ossidi
sono tipicamente: silice (SiO2), allumina (Al2O3), calce (CaO), magnesia (MgO), che non vengono
ridotti in altoforno (ad eccezione di parte della silice) e concorrono alla formazione delle scorie.
I minerali di ferro subiscono opportuni pretrattamenti prima di essere impiegati come materia pri-
ma di alimentazione dell’altoforno; in particolare vengono svolti processi di arricchimento per se-
parare la parte utile (ferrifera) dallo sterile, e di pellettizzazione dei fini ed agglomerazione per
l’ottenimento di una materia prima di adeguata forma, distribuzione granulometrica, consistenza
meccanica ed uniformità di composizione chimica.
76
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Il carbonio svolge tre importanti funzioni nei processi d’altoforno: la prima (essenziale) è quella di
agire da riducente del minerale di ferro (sia allo stato gassoso sotto forma di CO, sia allo stato
solido), la seconda è quella di fornire (per combustione) il calore necessario ai processi di riduzio-
ne e di fusione, la terza è quella di carburare il ferro metallico liquido e condurre alla formazione
della ghisa.
Per il ruolo fisico che gioca in altoforno è importante la sua pezzatura, porosità, distribuzione gra-
nulometrica, e resistenza meccanica, dovendo garantire una certa permeabilità al gas riducente
ad ogni altezza: sia nelle parti alte (dove la carica è solida), ma soprattutto nelle parti basse del-
l’altoforno (dove per l’elevata temperatura il minerale è allo stato pastoso mentre il coke deve ri-
manere allo stato solido).
Il carbon coke viene prodotto in cokeriaB3 come residuo solido della distillazione di carboni fossili
bituminosi, il processo di cokefazione è costoso ed inquinante. Impiantisticamente si cerca di ri-
durre il consumo di coke ricorrendo all’iniezione di carbone polverizzato a livello delle tubiere dell’-
altoforno, anche se non è possibile una sua totale sostituzione.
Il materiale di carica dell’altoforno, oltre ai minerali di ferro ed al carbon coke, è costituito da fon-
denti e correttivi destinati a “regolare” la composizione chimica delle scorie liquide (loppa d’altofor-
no) che si formano nella fase terminale del processo. Il calcare è il principale fondente impiegato
nel processo basico per portare la composizione chimica della loppa all’indice di basicità deside-
rato, data la natura tendenzialmente acida della ganga di molti minerali ferriferi.
GAS D I A LTOFORN O
GAS D I A LTOFORN O
LIN EA GHISA
AR IA FR ESC A
C AR RO SILU RO
C OND OTTA V ENTO CA LD O LINE A LOP PA
B3
La cokeria esiste in genere (ma non sempre) nello stabilimento siderurgico a ciclo integrale.
77
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
B.3.3 L’altoforno
Figura B.5 - Altoforno di Genova (in l’aria comburente preriscaldata e pressurizzata (vento
fase di demolizione) caldo), più gli eventuali ugelli iniettori per l’introduzione
di polverino di carbonio e/o olii combustibili. Al livello inferiore vi sono i fori per l’evacuazione della
loppa ed in prossimità della zona più bassa del crogiolo si trovano i fori per la colata della ghisa:
ghisa e loppa vengono fatte defluire attraverso i canali di colata, ad una decina di metri dal piano
di campagna. Un sistema di sifoni provvede alla separazione della loppa (meno densa) trascinata
dalla ghisa liquida, prima di convogliarle in paiole e nel carro-siluro, rispettivamente.
L’altoforno ha un funzionamento continuo, le materie prime di alimentazione (minerali di ferro,
carbon coke, fondenti) vengono caricate a temperatura ambiente dalla bocca e, discendendo len-
tamente lungo il tino, vengono permeate dal gas caldo riducente in controcorrente. Il gas riducen-
te è prodotto all’altezza delle tubiere per combustione del coke con l’aria preriscaldataB5. La cari-
ca solida scende con continuità verso le parti basse del forno; durante la sua discesa subisce i
processi di riscaldamento e riduzione, giungendo infine allo stato liquido nel crogiolo dove avviene
la separazione dalla scoria.
In condizioni di funzionamento regolare si stabilisce uno stato di regime termico quasi stazionario,
sia per i materiali di carica sia per la fase gassosa: si determinano livelli termici abbastanza stabili
e crescenti dall’alto verso il basso mentre le condizioni ambiente divengono sempre più riducenti.
La descrizione dei processi d’altoforno può essere condotta sulla base dei livelli termici riportati in
figura B6B6.
B4
In virtù delle costruzioni accessorie e di rivestimento, lo sviluppo esterno dell’intera costruzione ha dimensioni quasi
doppie.
B5
Il vento caldo, alla temperatura di circa 1200°C e fornito da un impianto di soffianti, viene preriscaldato in appositi
scambiatori di calore, denominati Cowper, funzionanti con il calore di recupero del gas d’altoforno.
B6
Ad ogni quota il gas ascendente possiede sempre una temperatura maggiore della carica discendente.
78
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
I minerali di carica, introdotti dalla bocca, vengono a contatto con i gas ascendenti (alla bocca tali
gas posseggono una temperatura di circa 250÷300°C) provocando l’essicazione dall’acqua e dal-
l’umidità. Quando nella discesa la carica supera i 400°C, nella zona superiore del tino, si manife-
stano i primi processi di riduzione indiretta degli ossidi di ferro ad opera dell’ossido di carbonio
con formazione di anidride carbonica. A temperature crescenti prosegue la graduale riduzione
degli ossidi di ferro fino al ferro metallico.
Nella parte inferiore del tino, a temperature prossime agli 800°C, ha inizio la decomposizione dei
carbonati presenti nelle materie prime (che si completa intorno ai 1000°C); si ha anche l’elimina-
zione dell’acqua combinata presente negli stessi ed, in tale zona (a temperature superiori ai 900°
C), l’anidride carbonica è praticamente assente (almeno termodinamicamente).
Più in basso, all’altezza della sacca, i materiali di carica, ad eccezione del carbon coke, giungono
al rammollimento ed ha inizio la formazione delle prime scorie liquide. Si completa la riduzione
degli ossidi di ferro attraverso reazioni di riduzione diretta con gassificazione del carbonio e for-
mazione di CO.
Alle temperature più alte della sacca si verifica una parziale riduzione degli ossidi meno riducibili
quali quelli del fosforo, del manganese e del silicio. Il ferro metallico (completamente ridotto) viene
carburato, passa allo stato liquido portando in soluzione gli altri elementi ridotti, dando luogo alla
formazione della ghisa liquida che gocciola verso il basso attraverso il cumulo di coke solido.
Ghisa e scoria liquide scorrono intimamente verso il crogiolo, nella cui parte alta si verificano le
reazioni legate agli equilibri metallo-scoria, con separazione per differenza di peso specifico.
L’elevata temperatura, le condizioni fortemente riducenti e le reazioni metallo-scoria, permettono
l’eliminazione dell’ossigeno residuo a valori molto bassi e favoriscono le reazioni di desolforazio-
ne.
79
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
La ghisa liquida in uscita dall’altoforno possiede una temperatura di circa 1450÷1500°C ed una
composizione media tipica di circa: 4% C; 1% Mn; 1% Si; 0,1% P; 0,1%SB7.
Figura B.7 - Carro siluro per il trasferimento della ghisa liquida pro-
dotta in altoforno
B7
La composizione della ghisa spillata dipende da quella delle materie prime impiegate e dalle condizioni operative dell’-
altoforno; conseguentemente ogni stabilimento avrà una sua composizione chimica standardizzata.
B8
La capacità di carico di un carro-siluro può raggiungere le centinaia di tonnellate.
80
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Tutti questi trattamenti sulla ghisa liquida ed il trasferimento in acciaieria debbono essere svolti
con una certa velocità per evitare eccessivi raffreddamenti della carica.
Il processo di conversione Linz Donawitz (LD) è quello maggiormente diffuso, ed il primo ad esse-
re stato ideatoB9; esso impiega ghisa liquida ma è comunque possibile trattare una parte di “carica
fredda” (rottame e/o spugna di ferro, ghisa solida); la conduzione della conversione avviene con
ossigeno puro.
Il convertitore LD è un recipiente realizzato in carpenteria metallica tipicamente saldata o bullona-
taB10, internamente rivestito con un doppio strato refrattario basico: quello di lavoro (soggetto ad
B9
I primi sviluppi risalgono al 1952 presso le acciaierie “Voest” in Linz ed “Omag” in Donawitz, da cui il nome.
B10
Le dimensioni caratteristiche di un convertitore da 300 t sono: 8 m di diametro, 12 m in altezza.
81
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
B11
Tipicamente in uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale è sempre presente una centralina di distillazione frazio-
nata dell’aria liquida per la produzione di ossigeno ad elevato grado di purezza.
B12
In uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale “l’acciaieria” è quella sezione d’impianto dove viene eseguita la con-
versione della ghisa in acciaio, da non confondere con l’acciaieria elettrica che è invece lo stabilimento siderurgico di
produzione dell’acciaio a partire da rottame di ferro.
B13
La siviera è un contenitore metallico a forma di tazza, dotato di un beccuccio di colata, rivestito internamente in refrat-
tario. La capacità di carico di una siviera può raggiungere anche le 400 tonnellate.
82
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
ELEMENTI IN SOLUZIONE
sato in soluzione nella massa metallica allo 4 1600
mente ad una marginale ossidazione del manganese, comporta un incremento forte di temperatu-
ra (dai 1600° verrebbero superati facilmente i 1800°C, con conseguente eccessivo consumo del
refrattario del convertitore). Tale eccesso termico viene compensato impiegando una parte di cari-
ca solida (rottame e/o spugna di ferro) che assorbe il calore in esubero e fissa la temperatura me-
dia dell’acciaio liquido a fine processo a circa 1600°C.
Si campiona a tal punto l’acciaio e, qualora il tenore di carbonio fosse tropo alto, si procede ad un
eventuale risoffiaggio (se troppo alto). Se invece la percentuale di carbonio risulta corretta esso
viene spillato da un foro presente nel convertitore ed inviato in una siviera sul piano di campagna,
evitando il trascinamento della scoria che galleggia sul metallo. La scoria viene versata alla fine
dello spillaggio in un contenitore opportuno denominato paiola.
Il processo di conversione ha una durata di 15÷20 minuti, mentre il complesso delle operazioni
(dalla carica della ghisa allo spillaggio dell’acciaio) può durare dai 30 ai 50 minuti.
In conversione, gli interventi desolforanti e defosforanti si riducono fondamentalmente alla forma-
zione di una scoria sufficientemente basica, impiegando calceB14 in quantità desiderata.
Le condizioni finali dell’acciaio, principalmente il contenuto di carbonio e la temperatura, rivestono
una grande importanza nella fabbricazione dell’acciaio.
Il controllo del processo di conversione, complicato dall’elevata velocità di svolgimento, viene ese-
guito tramite una serie di misure (sulle quali non si entrerà in dettaglio nella presente trattazione):
l’insieme di queste misure, opportunamente TEMPERATURA DEL BAGNO
DECARBURAZIONE
B14
La calce può venir insufflata in polvere dalla stessa lancia di soffiaggio dell’ossigeno.
83
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
valore di stazionarietà, si mantiene pressoché costante per poi decrescere verso la fine del pro-
cesso, quando il tenore di carbonio diviene sufficientemente basso ed iniziano i fenomeni ossida-
tivi del ferro (che debbono essere evitati).
I primi tentativi di fusione del ferro mediante il calore sviluppato ed irradiato ad alta temperatura
dall’arco elettrico risalgono al 1800. Nei primi anni del secolo successivo vennero ideati i primi
prototipi di forno elettrico per la produzione industriale di acciaio.
In origine tale tipo di forno fu considerato solamente sotto il suo aspetto fusorio; le sue doti di fles-
sibilità metallurgica furono comprese ed utilizzate solo in un secondo momento, è per questo che
la metallurgia della fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico ha avuto sviluppi più lenti del forno
stesso.
Le doti di flessibilità metallurgica, riferite al controllo dell’ossigeno ed alla flessibilità tecnologica
nella somministrazione del calore, fanno oggi del forno elettrico uno strumento insostituibile nella
produzione degli acciai di qualità, speciali e legati.
84
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
asse orizzontale, poggia su guide a settore circolare, ed il movimento è realizzato mediante ser-
vomeccanismi di tipo elettromeccanico o idraulico. Il basculamento del crogiolo serve, oltre che
per spillare la colata e versarla in siviera (attraverso un foro ed un canale di colata), anche per
agevolare le operazioni di scorifica, effettuate attraverso le porte.
I forni ad arco sono normalmente di tipo trifase, quindi muniti di tre elettrodi di grafite che penetra-
no entro il crogiolo attraverso aperture di passaggio circolari ricavate nella volta.
Per quanto concerne il refrattario, la maggior parte dei forni elettrici ad arco è a doppio rivestimen-
to basico: quello di sicurezza (generalmente due corsi di mattoni in magnesite), quello di lavoro
(pigiata in dolomite cotta in granulometria fine che sinterizza a contatto con l’acciaio liquido duran-
te la prima colata). Il rivestimento delle pareti, compresa la zona esposta all’attacco delle scorie, è
generalmente costruito con blocchi in dolomite di grandi dimensioni, legati con catrame o fissati
con armature in ferro.
La volta del forno, severamente sollecitata dall’irraggiamento diretto dell’arco, viene rivestita con
blocchi refrattari alluminosi (fino al 90% di Al2O3) per sopportare gli sbalzi termici durante le fasi di
carica del fornoB16.
Il forno è un grosso utente di energia elettrica e ciò pone alcuni problemi per il suo inserimento
alla rete di alimentazione. Nonostante l’utilizzazione dell’energia avvenga con un fattore di poten-
za abbastanza elevato, c’è l’inconveniente della discontinuità del prelievo in virtù delle frequenti
disinserzioni e delle forti punte di assorbimento istantaneo che si verificano all’inizio della fusione
a causa dei frequenti cortocircuiti dovuti all’instabilità dell’arco ed al franamento del rottame. L’im-
piego di forti potenzeB17, nella fase di fusione, tende a peggiorare l’utilizzazione dell’impianto in
relazione al costo del trasformatore e determina un maggior costo per l’energia. Le esigenze me-
tallurgiche dell’affinazione richiedono un periodo di tempo variabile, a seconda della qualità dell’
acciaio prodotto, con esercizio del trasformatore a carico ridotto. Vi è dunque un notevole interes-
se economico all’accelerazione dei processi di affinazione in forno (affinazione veloce) ed al ricor-
so ad appropriati trattamenti di affinazione fuori forno successivi alla colata (trattamenti fuori for-
no).
SUPPORTO DEGLI
ELETTRODI PER
L’ARCO
B16
Le tecnologie costruttive odierne si stanno orientando verso l’impiego di sistemi di raffreddamento a circolazione d’ac-
qua nelle zone maggiormente sollecitate: la volta e le pareti.
B17
Forni fusori di elevata capacità (100÷150 t) vengono alimentati con trasformatori da 60 MVA
85
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Il processo di fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico prevede quattro fasi fondamentali (figura
B.14):
− il caricamento;
− la fusione;
− l’affinazione;
− il colaggio.
Tra queste quella più significativa dal punto di vista metallurgico è sicuramente l’affinazione che
ha inizio subito dopo l’eliminazione delle scorie di fusione.
Nel caso di processo basico, l’affinazione ossidante richiede la formazione di scorie di composi-
zione chimica e viscosità controllate con aggiunte di calce, calcare e spatofluore. Viene condotta
l’ossidazione del carbonio (fino a raggiungerne la concentrazione necessaria per l’arresto) tramite
aggiunte ponderate di minerale di ferro e scaglie di laminazione (mandando in soluzione nel me-
tallo l’ossigeno richiesto per la decarburazione); qualora si faccia invece utilizzo di ossigeno gas-
soso, si procede al soffiaggio per una veloce decarburazione.
Nel corso dell’affinazione ossidante si ha come obiettivo (oltre la voluta decarburazione ed una
ridotta desolforazione per ripartizione metallo-scoria dello zolfo, limitata dalle condizioni ossidanti)
la defosforazione.
Portato il carbonio al livello desiderato per l’acciaio da fabbricare si arresta la decarburazione, si
eliminano le scorie ossidanti con una scorifica, rinnovandole con aggiunta di calce, ed eventual-
mente viene avviata la disossidazione in forno con alluminio o con leghe Fe-Si-Mn. Nel caso di
acciai semplici al carbonio, o basso legati, e comunque quando non sia prevista una successiva
affinazione riducente, si procede subito alla colata in siviera dove si effettuano le aggiunte corretti-
ve ed i disossidanti finali.
ROTTAME
1 2 3
4 5 6
86
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Nel caso di lavorazione a doppia scoria si fa seguire all’affinazione ossidante una scorifica com-
pleta, si rinnovano le scorie per aggiunta di calce e spatofluore, e si procede all’affinazione ridu-
cente andando a disossidare la scoria con aggiunta di elementi riducenti in polvere come ferrosili-
cio, coke, ed eventualmente alluminio in gocce. I disossidanti svolgono la riduzione dell’ossido di
ferro e degli altri ossidi metallici presenti nelle scorie, ne abbassano il potere ossidante effettuan-
do una parziale disossidazione per ripartizione metallo-scoria dell’ossigeno. Nella fase riducente è
possibile desolforare efficacemente l’acciaio, mentre è praticamente impossibile la defosforazio-
ne.
Il ricorso all’affinazione con scorie riducenti è indispensabile quando si debbano produrre acciai
ad alto tenore di elementi ossidabili, come il cromo ed il manganese. Le forti aggiunte di lega, che
sono in questo caso necessarie, possono essere fatte solo in forno, dato che occorre fornire una
notevole quantità di calore per la loro fusione ed evitare disomogeneità analitiche dell’acciaio in
siviera. Le aggiunte degli elementi di lega (Fe-Mn, Fe-Cr, etc) possono venir fatte con una resa
elevata in elementi ossidabili, quando si siano formate e si mantengono scorie riducenti a tenore
in ossido di ferro molto basso.
Gli schemi di affinazione sopra esposti possono subire numerose varianti in relazione al tipo di
acciaio da fabbricare, alle materie prime impiegate, ed a considerazioni di carattere metallurgico
ed economico.
87
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
B18
Tali processi non verranno sviluppati nella presente trattazione. Tra essi è possibile menzionare il processo di rifusio-
ne sotto vuoto (VAR: Vacum Arc Remelting) e quello di rifusione con elettroscoria (ESR: Electro-Slag Remelting).
88
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
B19
Il gorgogliamento di gas inerte possiede l’indubbio vantaggio di favorire il mescolamento della massa di metallo liqui-
do, promuovendone l’uniformità di temperatura e della composizione chimica. Altra tecnica utilizzata per omogeneiz-
zare, chimicamente e termicamente l’acciaio liquido, ma non attiva ai fini del degasaggio è lo stirring elettromagnetico
(induction stirring).
B20
La metallurgia fuori forno adotta livelli di pressione di medio vuoto (10-1-105 Pa), generalmente raggiunti impiegando
eiettori di vapore.
89
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
ne la colata diretta dal forno elettrico ad una siviera di destinazione, dotata di un coperchio per
mantenere il vuoto al suo interno, per mezzo di una paniera intermedia. Queste tecniche, che co-
munque consentono risultati molto parziali per la rapidità di esecuzione, comportano non trascu-
rabili cadute di temperatura dell’acciaio durante il travaso, che debbono essere compensate co-
lando da una temperatura sensibilmente superiore.
I processi in siviera (2) sono sostanzialmente metodi statici. In quelli senza apporto termico la
siviera di colata viene posta in una camera stagna, nella quale si effettua rapidamente il vuoto che
causa un ribollimento dell’acciaio per il rapido sviluppo di gas. Il rimescolamento della massa da
elaborare può essere favorito anche con agitazione artificiale (gorgogliamento di gas inerte o in-
duzione elettromagnetica). Quelli con apporto termico permettono una somministrazione di calore
(al fine di compensare le cadute di temperatura) per via chimica (grazie a reazioni esotermiche in
seno al metallo in elaborazione), o per via fisica (arco elettrico o induzione elettromagnetica).
90
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
I processi di degasaggio di più recente concezione, e maggiormente impiegati, sono quelli in ca-
mera da vuoto per ricircolazione (3), di cui esistono due versioni: il sistema DH (Dortmund Hör-
der) ed il sistema RH (Rheinstahl Heraeus). Il sistema DH impiega una camera da vuoto, disposta
al di sopra della siviera di colata contenete l’acciaio liquido, con una “proboscide” in materiale re-
frattario (tipicamente allumina) che pesca nel metallo fuso.
Per effetto del vuoto praticato, e mantenuto nella camera, l’acciaio risale di un’altezza equivalente
alla pressione ferrostaticaB21. Successivamente la camera viene alzata (facendo sempre pescare
la proboscide nel metallo liquido sottostante) e parzialmente svuotata.
Tale procedura viene ripetuta per circa 50 cicli (con una durata complessiva di trattamento di
15÷20 minuti), sufficienti ad elaborare almeno 3 volte il contenuto della siviera e a garantire un
efficace degasaggio dell’acciaio. Anche il sistema RH è un sistema dinamico, ad oggi, rappresen-
ta la soluzione di maggior efficacia e diffusione.
Concettualmente è simile al precedente, ma adotta due “proboscidi” sommerse e fisse, tra le quali
rifluisce con continuità il metallo liquido: quella di mandata, dove il flusso è attivato dall’immissio-
ne di argon in pressione, e quella di discesa dalla quale l’acciaio rifluisce in siviera.
I sistemi a ricircolazione sono muniti di una serie di tramogge, dosatori e bilance, posti al di sopra
della camera da vuoto, attraverso i quali è possibile effettuare aggiunte di disossidanti, correttivi di
analisi, elementi di lega, in ottimali condizioni di intensa agitazione meccanica.
E’ importante osservare che, nei sistemi DH ed RH, la tenuta del sistema da vuoto è offerta dall’-
acciaio liquido stesso, sul quale viene mantenuto uno strato di scoria per evitare la contaminazio-
ne atmosferica.
B21
Nell’ipotesi di vuoto assoluto l’altezza di risalita dell’acciaio sarebbe pari ad 1,45 m. Tenendo conto della capacità e
delle perdite dei sistemi da vuoto industriali, un’altezza di risalita caratteristica è pari a circa 1,25-1,30 m.
91
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Come descritto al paragrafo precedente i trattamenti fuori forno costituiscono gli ultimi interventi
attraverso i quali è possibile condizionare molte qualità metallurgiche dell’acciaio, che verrà suc-
cessivamente solidificato.
In questo capitolo ci si è riferiti principalmente alle tecniche di produzione di acciai non legati, a
basso tenore quindi di elementi di lega ossidabili. L’alligazione finale viene effettuata successiva-
mente ad un accurato trattamento di disossidazione (esigenza particolarmente sentita soprattutto
nella produzione di acciai a basso tenore di carbonio).
Il trattamento finale di disossidazione viene svolto impiegando fili di Ca-Si dotati consistenza mec-
canica, per immersione nell’acciaio liquido, capaci di reagire con l’ossigeno ancora presente in
soluzione ed allontanarlo in scoria sottoforma di ossido di calcio.
Tale intervento risulta benefico anche nel condizionamento di eventuali inclusioni non metalliche
che possono formarsi e rimanere intrappolate nella massa metallica in via di solidificazione. Il
calcio tende a formare infatti piccole inclusioni tondeggianti a basso effetto d’intaglioB22.
L’impiego di calcio mostra favorevoli risultati anche dal punto di vista della desolforazione.
Nella fabbricazione di clean steel, importanti risultati di disossidazione finale sono possibili impie-
gando bassi tenori di elementi delle terre rare come cerio (Ce) e lantanio (La).
B22
Altro elemento impiegato nella disossidazione finale dell’acciaio è lo zirconio (Zr)
92
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Ai fini dell'economia e della produttività, la tendenza moderna è quella di eliminare la fase di lami-
nazione primaria dei lingotti ed il loro taglio e riduzione in bramme e billette.
La possibilità di uso della colata continua dipende dalle dimensioni massime dei semiprodotti che
essa permette di ottenere, in relazione anche allo spessore finale richiesto per il prodotto finito. Si
tende, infatti, ad assicurare sempre una riduzione di spessore al laminatoio pari ad almeno da 6 a
1 per avere una buona omogeneità nel prodotto finito (lamiera, nastro, profilato, ecc.).
Attualmente, oltre il 90% dell'acciaio prodotto in Italia è colato in impianti di colata continua.
La colata in pressione è un procedimento di colata per la produzione diretta di bramme, senza
passare attraverso la colata continua. Si tratta in pratica di una colata in sorgente (dal basso) di
bramme, di dimensioni variabili (con un massimo di 400 mm di spessore), alimentata da una si-
viera posta in pressione con aria.
Tale procedimento, adatto per piccole acciaierie e fino a pochi anni fa usato in Italia, ha maggiore
elasticità di produzione trattando l'acciaio contenuto in una sola siviera ed eliminando i difetti tipici
della colata continua. Non essendo, però, tale sistema di colaggio ancora consolidato, appare
oggi prematuro trattarlo in modo approfondito.
93
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
94
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
di estrazione conseguibili. Infatti, il percorso che compie la barra prima di solidificare è tanto mag-
giore, a parità di altre condizioni, quanto più elevata la velocità di estrazione. Poiché il taglio della
barra deve essere fatto quando essa è tutta solidificata, le macchine verticali, per spessori rile-
vanti, dovrebbero avere altezze proibitive.
Allo scopo di ridurre l'altezza complessiva
della costruzione e di poter ottenere una più
vasta gamma di lunghezze di prodotto è sta-
ta introdotta la macchina verticale con in-
curvamento della bramma (in figura B.24,
nella quale le lettere da A ad E hanno lo
stesso significato indicato precedentemen-
te).
In questa macchina la barra, piegata al ter-
mine della solidificazione, percorre un quarto
di cerchio, viene nuovamente raddrizzata dai
rulli raddrizzatori "I", ed esce su un piano
orizzontale dove viene tagliata. L'altezza
totale dell'impianto risulta così diminuita ma
a questi vantaggi si contrappongono possibili
difficoltà derivanti dalle operazioni di piegatu-
ra e raffreddamento che potrebbero determi-
nare lo sviluppo di difetti (cricche e ripiegatu-
Figura B.24 - Schema di una macchina verticale
re) sul prodotto. con incurvamento della bramma
95
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Il tipo di impianto che, da ultimo, ha avuto il maggior sviluppo è quello a lingottiera curva, che
consente una grande economia in virtù della riduzione dell'altezza, considerevolmente ridotta ri-
spetto agli impianti verticali o verticali con successiva curvatura (figura B.25)
Le macchine curve servono per la produzione di sezioni di qualsiasi forma e possono avere lin-
gottiera diritta o lingottiera curva: nel primo caso la barra è piegata ad arco di cerchio all'uscita
della lingottiera; nel secondo la barra nasce curva e segue un percorso a raggio costante.
Attualmente, le macchine utilizzate presentano altezze ancora più ridotte in quanto alla barra par-
zialmente solidificata si fa subire una deformazione in più stadi; ciò si ottiene con un percorso del-
la barra a curva parabolica o "policentrica". In pratica, tale curva é composta da un certo numero
di archi aventi raggi di curvatura crescenti. La barra, percorrendo un arco di forma ovale, è sotto-
posta ad una raddrizzatura continua e graduale.
96
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
mente raffreddate della lingottiera. La quantità di calore sottratta deve essere tale da per-
mettere la formazione di un mantello di acciaio solidificato di spessore tale da compensare
la pressione ferrostatica esercitata dall'acciaio liquido durante il colaggio e permettere l'a-
zione dei rulli per l'estrazione della barra dalla lingottiera.
− Zona intermedia, a cristallizzazione colonnare, il cui spessore è variabile a seconda del tipo
di acciaio e delle condizioni di raffreddamento. La zona colonnare (o dendritica), prende
origine dalla crescita competitiva di alcuni cristalli della prima zona, favorevolmente orienta-
ti per una crescita nella direzione del flusso termico (intanto, la parete della lingottiera si è
riscaldata, per cui viene a mancare il sottoraffreddamento).
− Zona centrale globulare, che è formata da cristalli equiassici. L'estensione di questa zona è
funzione dello sviluppo di cristalli colonnari e diventa notevole quando la temperatura di
colaggio è molto bassa.
In termini generali, il livello di segregazione appare minore di quello ottenibile con il colaggio in
lingotti; si osserva, in particolare, una assai limitata macrosegregazione nella zona assiale.
Questa segregazione, dovuta all'espulsione di elementi da parte del liquido che solidifica per ef-
fetto della loro diminuita solubilità, viene favorita quando il contenuto di carbonio è maggiore e la
velocità di colaggio elevata.
La macrosegregazione è causata dal trasporto di liquido arricchito in soluto lontano dal fronte di
solidificazione; esso è causato da:
− forze convettive dovute a differenze di concentrazione e di temperatura nell'acciaio liquido;
− moto del liquido prodotto dall'alimentazione in lingottiera;
− azione della forza di gravità sui cristalli in crescita nell'acciaio liquido.
La macrosegregazione può dar luogo ad inconvenienti nelle parti che debbono essere saldate
aumentando, ad esempio, la suscettibilità alla formazione di cricche a caldo, a causa della possi-
bile concentrazione indesiderata di elementi di lega ed impurezze nelle zone centrali, dove per
spessori medio alti (ed in caso di accessibilità ad entrambi i lati) sono frequentemente eseguite le
prime passate di saldatura (ad esempio, preparazione ad X simmetrica). Per evitare questa condi-
zione è stata introdotta l'agitazione elettromagnetica (stirring) in lingottiera, utilizzando un avvolgi-
mento elettrico posto attorno alla stessa. In tal modo è stata ottenuta una più omogenea distribu-
zione dei nuclei di cristallizzazione con conseguente riduzione della macrosegregazione e con la
presenza di una struttura sostanzialmente equiassica nella maggior parte dello spessore.
Dal punto di vista qualitativo, l'acciaio colato in colata continua risulta uguale, e spesso migliore,
di quello colato con il metodo in lingottiera che veniva precedentemente usato.
Il vantaggio più importante consiste nella uniformità della composizione chimica (la barra solidifica
in pochi minuti, mentre un lingotto può richiedere diverse ore) per cui la segregazione nel semi-
prodotto risulta ridotta. Inoltre la composizione molto uniforme comporta una maggiore uniformità
delle proprietà meccaniche del prodotto laminato.
97
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Tuttavia, se le operazioni di colaggio non sono condotte correttamente, possono comparire difetti;
quelli più vistosi e pericolosi sono le cricche superficiali.
Nel colaggio in continuo, la pelle di acciaio solidificato che si forma a contatto della lingottiera sot-
to il livello del metallo liquido è molto sottile; la pressione ferrostatica esercitata dall'acciaio liquido
su tale spessore di pelle è però debole ed essendo esso appoggiato alla lingottiera, la pressione
si scarica su quest'ultima.
Al procedere della solidificazione lo spessore della pelle aumenta con legge parabolica, la tempe-
ratura media della pelle diminuisce e pertanto la sua resistenza meccanica aumenta; nello stesso
tempo, avviene però una contrazione termica per cui si giunge al distacco della pelle dalle pareti
della lingottiera.
A partire da questo momento si determina sulla pelle uno stato tensionale provocato dalla pres-
sione ferrostatica esercitata dalla colonna di acciaio liquido all'interno della barra e dagli sforzi
esercitati dai rulli di estrazione e di curvatura; solamente se la pelle è sufficientemente resistente
la barra risulta esente da cricche.
L'acciaio che esce dal convertitore o dal forno elettrico contiene ancora gas disciolti (ossigeno,
azoto ed idrogeno) che debbono essere eliminati o ridotti al di sotto di determinati tenori; il dega-
saggio sotto vuoto riduce essenzialmente l'idrogeno.
La reazione principale da controllare è la disossidazione; essa avviene in siviera per mezzo di
elementi quali il manganese, il silicio e l'alluminio. La loro azione si esplica mediante la formazio-
ne di ossidi che precipitano nella matrice metallica.
Il carbonio è il principale disossidante e controlla il livello di ossigeno presente nel bagno; la rea-
zione presenta il notevole vantaggio che il prodotto della disossidazione è gassoso e, quindi, non
forma inclusioni solide.
Purtroppo questa disossidazione trova un limite nella prescrizione analitica, richiesta per ogni tipo
di acciaio, del tenore di carbonio e, perciò, occorre procedere con altre sostanze alla disossida-
zione rimanente.
Secondo il grado di disossidazione, cioè del tenore crescente di ossigeno rimasto in soluzione nel
liquido, gli acciai sono, pertanto, suddivisi tipicamente in calmati, semicalmati ed effervescenti
(Figura B.28, rispettivamente a sinistra, centro e destra).
Gli acciai effervescenti, non essendo stati aggiunti disossidanti, hanno il contenuto di ossigeno in
proporzione maggiore e presentano quindi, durante la colata e la successiva solidificazione, un
forte sviluppo di gas.
Il lingotto in acciaio effervescente presenta uno strato continuo di soffiature distribuite nelle zone
periferiche e in particolare in quelle alte (figura B. 28, immagine a destra); inoltre, presenta nello
strato superficiale un tenore di carbonio inferiore. Per tale reazione di effervescenza, che, talvolta,
risulta difficile da controllare, gli acciai di questo tipo (come quasi tutti gli acciai semicalmati) non
possono essere colati nell'impianto di colata continua.
Durante la laminazione, la maggior parte delle soffiature formatesi (non avendo le pareti ossidate)
si chiudono e si saldano; rimane, però, al centro del laminato una zona a contenuto di carbonio o
impurezze più elevato che può provocare inconvenienti in saldatura, particolarmente con procedi-
menti automatici a forte penetrazione. L'uso eventuale di acciai effervescenti in costruzioni salda-
te richiede, pertanto, particolari cautele nella tecnica operativa dei giunti testa a testa; inoltre la
tenacità di questi acciai appare alquanto limitata. Dato il loro attuale maggior costo, dovuto al fatto
che essi possono essere prodotti solo con colata in lingottiera, questi acciai sono oggi di assai
limitata produzione per costruzioni saldate e riservati ad applicazioni particolari ove sia possibile
sfruttare il vantaggio presentato dalla loro pelle assai liscia e pura.
99
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
Gli acciai semicalmati, come dice il termine, non hanno subito una disossidazione tale da blocca-
re la reazione carbonio - ossigeno. Si ottiene così una struttura con porosità e soffiature, anche se
limitate rispetto agli acciai effervescenti (figura B.28, immagine al centro), che vengono saldate
durante la laminazione; inoltre la segregazione centrale risulta ridotta. La produzione di tale tipo di
acciaio, che pure non può essere colato nell'impianto di colata continua, è attualmente scomparsa
in Italia e limitata a situazioni specifiche per cui è ancora usato il colaggio in lingotti; l'uso è co-
munque limitato ad applicazioni di qualità secondaria.
Gli acciai calmati subiscono il processo di disossidazione più spinto con aggiunta, prima del co-
laggio, di elementi disossidanti quali il silicio e l'alluminio. Questi acciai presentano, dopo solidifi-
cazione, (figura B.28, immagine a sinistra) una struttura compatta esente da soffiature provocate
dallo sviluppo di monossido di carbonio; presentano però nella parte superiore un cono di ritiro e,
pertanto, al di sopra della lingottiera in cui sono colati viene posta una parte supplementare di
lingottiera denominata materozza che é, di regola, coibentata. Questa ha la funzione di isolare
termicamente la parte alta del lingotto rallentandone il raffreddamento. Poiché la solidificazione
avviene con diminuzione di volume, l'acciaio, ritirandosi, fa abbassare la superficie del metallo
ancora liquido; la contrazione avviene dal centro alla superficie del lingotto stesso che solidifica
per prima formando una zona conica detta cono di ritiro. Pertanto, la materozza, che viene aspor-
tata alla fine della solidificazione, rallentando la velocità di solidificazione della zona alta, provoca
una conseguente minore profondità del cono di ritiro (figura B.28). In tale zona si raccoglie inoltre
la maggior parte degli ossidi di calmatura ed una buona parte delle impurezze.
Pertanto gli acciai calmati, se colati in lingottiera, risultano più costosi degli acciai effervescenti e
semicalmati, soprattutto per la riduzione di resa dovuta alla asportazione della materozza (detta in
gergo messa al mille); essi per cui risultano più puri ed omogenei degli altri due tipi.
Per la loro ridotta effervescenza gli acciai calmati sono praticamente gli unici a poter essere usati
sugli impianti di colata continua, ove non esiste più perdita di resa dovuta al cono di ritiro; pertan-
to, con questo impianto di colata, gli acciai calmati risultano più economici di quelli non calmati.
Un inconveniente, per gli acciai calmati, può essere rappresentato dalla presenza di inclusioni di
Figura B.29 - Colata in lingottiera presso ACME Steel Riverdale (OH)- Impianto e dettaglio della
colata (Cortesia Pullman State Historic Site)
100
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Al2O3 sulla parte superficiale del semiprodotto, derivate dall'aggiunta dell'alluminio come disossi-
dante; esse si formano per reazione dell'alluminio con l'atmosfera durante la fase di colaggio e
sono la causa di cricche superficiali.
101
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
B.6. La laminazione
FOR NO DI
R ISCALDO
TRENO
SBOZZATORE
RU LLI PER LA
MOVIMENTAZIONE
DEI PRODOTTI
TRENO DI
LAMINAZIONE
La temperatura non uniforme del pezzo, oltre a generare sforzi di laminazione anomali, dà luogo
a difetti molto gravi nella geometria del pezzo finito quali ondulazioni, centinature, irregolarità delle
testate e dei bordi che possono condurre allo scarto della lamiera.
Alla base di una buona laminazione vi è pertanto il controllo accurato della temperatura e, quindi,
un'attenta conduzione dei forni di riscaldo e dei tempi di laminazione e di attesa.
I tubi attualmente utilizzati in tutte le applicazioni possono essere realizzati con o senza saldatura.
I tubi senza saldatura possono inoltre essere suddivisi tubi di qualità e commerciali:
− ai tubi di qualità appartengono, ad esempio, i prodotti destinati all'industria chimica e pe-
trolchimica e per le centrali termiche, in particolare per impieghi ad alta temperatura e pres-
sione;
− i tubi commerciali trovano applicazioni tecnologicamente più modeste, come trasporto di
fluidi per lunghe distanze in condizioni non severe (semplici pipelines), costruzioni di car-
penteria e simili.
104
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
Foratura
Il materiale, in uscita del forno, passa attraverso un collettore anulare; con una serie di ugelli che
spruzzano acqua ad una pressione di circa 200 bar, per eliminare lo strato di ossido (scaglia) for-
matosi sulla superficie durante il riscaldo. Il distacco della scaglia per contrazione della stessa è
105
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
106
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
A B
C D
Figura B.36 - Sezione schematica dei cilindri del
"pellegrino" e di un forato
La laminazione al pellegrino consente di ottenere un'estesa gamma di prodotti tubolari con diame-
tri, spessori e lunghezze diverse; data la relativa facilità di sostituzione dei calibri e di regolazione,
questo laminatoio si presta alla laminazione di piccole commesse. La sua produttività non è però
molto elevata.
B23
In certi casi, dopo laminazione, si procede direttamente a un veloce raffreddamento (tempra diretta) che può essere o
no seguito da rinvenimento: il risultato può essere equivalente alla bonifica.
107
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
108
Appendice B: La fabbricazione degli acciai
B24
Laminando alla temperatura di non ricristallizzazione o anche nel campo gamma-alfa.
109
Metallurgia e saldabilità degli acciai al carbonio e microlegati
110