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Stati Tensionali

Fin ora abbiamo affrontato lo studio delle strutture utilizzando due modelli alla base dei quali vi erano varie
approssimazioni . Ogni modello introduce un nuovo grado di approssimazione e presenta dei limiti ben
definiti , di seguito si riporta una ricapitolazione dei modelli studiati.

Modello di corpo rigido


Il modello di corpo rigido ci ha permesso di pervenire alla scrittura delle ECS. Esso Schematizzava la
struttura come un sistema di corpi infinitamente rigidi vincolati tra loro ed al suolo. L'ipotesi di infinita
rigidezza del singolo corpo ci permetteva di prescindere dalla forma, poiché quando scrivevamo le ECS ci
limitavamo ad assicurare che la distanza tra i punti del corpo rimanesse invariata prima e dopo
l'applicazione del sistema delle sollecitazioni. Tramite le ECS imponevamo l'assenza di atti di moto rigido.
Ricordiamo che ogni singolo moto può essere scomposto nella somma di un atto di moto puramente
traslazionale, un atto di moto puramente rotazionale ed un atto di moto di pura deformazione. In termini
più o meno analitici detto P il vettore posizione del punto prima dell'atto di moto e P' il vettore posizione
dopo l'atto di moto, possiamo vedere l'atto di moto come la somma di dei 3 atti di moto puri.

Il limite del modello sta nel fatto di non poter studiare sistemi iperstatici poiché il sistema delle equazioni
cardinali della statica fornisce infinite alla i soluzioni, con i numero delle incognite iperstatiche.

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Modello di Trave Eulero Bernoulli
Per studiare sistemi iperstatici non possiamo prescindere dalla deformabilità dei corpi, si introduce quindi
il modello di Eulero Bernoulli il quale ci permette di studiare sistemi di Travi. Le ipotesi a base del modello
sono :

- Vincoli lisci;

- Corpi caratterizzati dalla preponderanza di una dimensione rispetto alle altre due (Devono essere travi);

- Conservazione delle sezioni piane (Deformazione dell'asse e χ definiscono la posizione della sezione);

- Piccoli Spostamenti(deformazioni piccole).

La prima ipotesi ci permette di scrivere le ECS; la seconda ci


permette di approssimare la trave al suo asse baricentrico;

La terza ci permette di definire la deformazione della sezione tramite solo la deformazione baricentrica e la
curvatura della trave nell' ascissa della sezione stessa (viene detta anche ipotesi di sezione rigida; la quarta
ipotesi ci permette di assumere che la trave dopo la deformazione non varia la propria sollecitazione
interna. L'insieme di queste ipotesi ci permettono di risolvere il problema elastico tramite la soluzione
dell'equazione differenziale di quarto grado a coefficienti costanti:

E è il modulo di Young del materiale

I è l'inerzia della trave rispetto all'asse ortogonale


al piano della flessione . Ad esempio se consideriamo
il piano di flessione yz dobbiamo considerare l'inerzia
rispetto all' asse x .

E I è detta rigidezza flessionale Kχ .

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Esiste una dimostrazione che lega momento e curvatura, ma domani il sole sorge lo stesso anche se non la
conosciamo.

Integrando successivamente tutte le espressioni ed imponendo le condizioni statiche e cinematiche al


contorno possiamo risolvere il problema delle travi iperstatiche:

Lo spostamento complessivo della trave incastro appoggio è uguale alla somma dello spostamento di una
mensola soggetta al carico q più lo spostamento di una mensola soggetta ad una forza incognita.
Determiniamo le forze incognite scrivendo :

e sono rispettivamente le funzioni spostamento dovute al carico q ed all'incognita x1 valutate nel


punto B. Questo appena esposto è il metodo delle forze, si chiama così perché calcoliamo la soluzione
basandoci sulle forze che sono già equilibrate tra di loro e imponiamo che queste rispettino la congruenza:
Tra le infinite soluzioni equilibrate prendiamo l'unica soluzione che rispetti anche la congruenza (Unica per il
teorema di esistenza e unicità della soluzione elastica per piccoli spostamenti di Kirchhoff ). Esistono anche
altri metodi come il quello degli spostamenti che è anche detto metodo della congruenza, nel quale Tra le
infinite soluzioni congruenti prendiamo l'unica soluzione che rispetti anche l'equilibrio. I metodi ottimali
però per risolvere le strutture di qualsiasi tipo sono i metodi energetici che si basano sul primo principio
della termodinamica, il teorema di Clapeyron .Operativamente si procede con la scrittura di un
funzionale(funzione che restituisce una funzione) e facendo variare dei coefficienti lo minimizzano. Fatta
questa digressione sui METODI di calcolo, possiamo tornare ai nostro caro modello di E-B , questa volta
però per denigrarlo. I limiti del modello stanno nel fatto che quest'ultimo non tiene conto della torsione
della flessione e del taglio nelle altre direzioni ed inoltre risulta molto approssimato anche se più fine del
modello di corpo rigido. Fondamentalmente questo modello è quello che usiamo per determinare gli stati
di sollecitazione interna per gli elementi.

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Modello della patata di Cauchy
Cauchy introduce un modello di corpo che è quello che meglio
schematizza la realtà, tale modello però non è sempre risolvibile
in forma chiusa. Alle domande che si potrebbero insinuare
nella coscienza del lettore sull'utilità del modello rispondiamo
adducendo come motivazione il fatto che questo modello ci prepara
allo studio dei corpi non a livello microscopico ma al livello del RVE
(Elemento Rappresentativo di Volume). L'elemento rappresentativo
deve essere:

1. Sufficientemente piccolo in modo da farci modellare il solido come


una infinità di RVE

2. Sufficientemente grande in modo da mediare le proprietà del materiale

La muratura ad esempio, viene schematizzata come un materiale ortotropo, e l'elemento rappresentativo


di volume deve contenere sia i mattoni che la malta che li unisce.

Cauchy modella un solido di forma qualsiasi (perciò si chiama patata) e ipotizza che questo sia composto da
cubetti infinitesimi che esercitano, ognuno sugli altri delle forze che chiamiamo tensioni. Dal punto di vista
dimensionale una tensione è uguale ad una pressione [F/m²] , vedremo a breve il perché. Prendiamo in
considerazione il solido di Cauchy e sezioniamolo con una superficie regolare, cioè una superficie senza
discontinuità e dotata di derivata in ogni suo punto in modo da poter affermare che la stessa sia dotata di
un versore tangente e un versore normale in tutto il
dominio (questo in un ottica generale, a noi ci
piacciono un sacco le superfici piane dove il versore
normale è sempre lo stesso in ogni punto del dominio
perciò parliamo di piani di sezione). Postuliamo che
sulla faccia della sezione vi sia una infinità di forze
infinitesime che tengono il corpo unito ed in equilibrio
con i carichi esterni che sommate ci forniscono una
forza risultante che chiamiamo vettore tensione t. In
un'altra ottica potremmo dire il corpo è tenuto
insieme da due vettori opposti, ognuno dei quali può
essere spalmato sulla sua sezione di riferimento
questo ci permette di affermare che la tensione è una
forza per unità di superficie. Cauchy culmina la sua
trattazione introducendo il suo teorema ( teorema di Cauchy) il quale afferma che definito un tensore delle
tensioni T e definita la normale uscente dal piano di sezione n, possiamo calcolare il vettore tensione
come:

In tutto questo discorso non è stato ancora detto niente sul tensore delle tensioni T : è esprimibile tramite
una matrice 3x3 e può essere visto come una sorta di matrice di cambiamento di base che varia al variare
del riferimento che scegliamo ma esprime sempre la stessa applicazione lineare, il che tradotto in termini

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terra terra, il tensore delle tensioni ci fa vedere sempre lo stesso vettore da qualunque punto dello spazio
lo osserviamo.

Consideriamo ora un cubetto infinitesimo sul quale agiscono tutte le tensioni possibili σij . I pedici che
scriviamo sono relativi agli assi del sistema di riferimento, ad esempio σzy è quel vettore tensione
ortogonale all'asse z e diretto parallelamente all' asse y.

Le tensioni possono essere suddivise in due gruppi:

- tensioni normali alla faccia del cubetto che vengono espresse simbolicamente con il simbolo σ e sono
tutte quelle per cui . Esse sono le più facili da immaginare, infatti se prendiamo una barra di un
qualsiasi materiale e la tiriamo con uno sforzo di trazione N, possiamo identificare le tensioni normali come
la divisione di N per l'area della sezione della barra in questione. Le SIGMA sono le responsabili delle
contrazioni o dilatazioni del corpo.

- tensioni tangenziali che vengono espresse con il simbolo τ che sono quelle per le quali si ha . Le
tensioni tangenziali sono quelle che si oppongono alle deformazioni per scorrimento del corpo. Per capire
di cosa stiamo parlando potremmo fare l'esempio del mazzo di carte: se assoggettiamo il mazzo ad uno
sforzo di taglio parallelo al piano identificato dalla singola carta, il mazzo si deformerà senza opporre
resistenza. Questo ci dice che il mazzo di carte non può sviluppare delle tensioni tangenziali per equilibrare
lo sforzo tagliante che imponiamo al contorno. Le TAU sono le responsabili delle deformazioni da
scorrimento.

Scrivendo l'equilibrio alla traslazione del cubetto infinitesimo scopriamo che delle sei tensioni normali che
lo assoggettano solo 3 sono linearmente indipendenti così come delle 12 tensioni tangenziali solo 6 sono
linearmente indipendenti. componendo le tensioni normali e tangenziali, possiamo scrivere il tensore delle
tensioni.

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Inoltre, affinché sia soddisfatto l'equilibrio alla rotazione, deve risultare che . Consci di ciò,
possiamo affermare che il tensore delle tensioni T è definito una volta definite le 3 tensioni normali e 3
tensioni tangenziali al di sopra della diagonale.

Cauchy ha fornito solo un modello ma non un metodo per il calcolo delle tensioni e non perché fosse pigro
ma perché semplicemente la soluzione in forma chiusa utilizzando un modello vasto come quello di Cauchy
non è sempre determinabile. A questo punto, presi dal tormento e dalla disperazione ci verrebbe da
domandarci come dobbiamo fare per venire a capo della questione, cioè che modello utilizzare per
calcolare lo stato tensionale all'interno di un corpo. La soluzione ce la da un Francese, un francese che si
chiama De Saint Venant

La trave del De Saint Venant


Il francese in questione ci ha fornito un modello di trave che per quanto rozzo possa sembrare fornisce
risultati accettabili. Vediamo ora le ipotesi del DSV senza troppo dilungarci su quanto grandi siano le
limitazioni che lui impone.

1 Solido tridimensionale nel quale una dimensione prevale rispetto alle altre. Stiamo trattando quindi
esclusivamente travi

2. Solido caricato solo alle basi. Questa ipotesi ci dice che non possiamo caricare la trave del DSV con
sollecitazioni distribuite sul mantello . In parole povere niente carichi distribuiti.

3. Le soluzioni a cui perveniamo col DVS sono valide ad una certa distanza di estinzione. Quando carichiamo
il solido con una forza concentrata in un solo punto tendono a nascere degli effetti locali che vanno
attenuandosi quanto più ci si allontana dalle basi.

4. Sistema di riferimento baricentrico, con assi paralleli alle direzioni principali di inerzia. Questa ipotesi ci
permette di risolvere facilmente il problema delle tensioni normali.

5. Le fibre longitudinali della trave non sviluppano tensioni tangenziali tra di loro. Potremmo quindi
immaginare la trave in questo modello come un fascio di spaghetti che in termini meccanici si traduce in
.

6. Conservazione delle sezioni piane; le sezioni non si ingobbano .

7. Piccoli spostamenti.

8. Sovrapposizione degli effetti.

La faccia del tensore delle tensioni secondo DVS quindi assume la seguente forma:

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Per terminare questa pesante introduzione dobbiamo esporre le soluzioni alle tensioni normali ed alle
tensioni tangenziali.

Soluzione alle tensioni normali


Tutto il problema delle tensioni normali che sono collegate agli stati di sollecitazione di flessione e trazione
si risolve in un colpo solo introducendo la formula di Navier. Formula di Navier si può facilmente dimostrare
grazie all'ipotesi della conservazione delle sezioni
piane, ma questo a noi non interessa quindi ci
prendiamo direttamente la formula e la applichiamo
in maniera caprina. Prima di avventurarci i nun
oceano di conti osserviamo un attimo l'immagine: Le
tensioni variano linearmente nella sezione dalla fibra
più tesa a quella più compressa e si annullano ad una
determinata ascissa. Il fatto che si annullano le
tensioni sta a significare che in una fibra
dell'elemento non vi è alcun tipo di stress e più ci si
allontana da questa più le tensioni crescono .
Potremmo dunque già immaginare da cosa dipendono le tensioni normali:

- Dall'area della sezione perché più area è disponibile più sarà grande l'area sulla quale spalmare la
sollecitazione più saranno basse le tensioni

- Dipende dall'inerzia perché come abbiamo appena detto più ci si allontana dalla fibra non sollecitata più la
tensione aumenta e l'inerzia sta proprio a significare quanto le aree sono centrifugate rispetto al
baricentro.

Fatte queste due osservazioni possiamo scrivere la formula di Navier:

Mx , My e N sono gli enti sollecitanti;


Ix e Iy sono le inerzie rispetto agli assi del sistema di
riferimento;
x e y sono le coordinate del punto nel quale vogliamo
calcolare la tensione.

Introduciamo a questo punto degli enti che ci


permettono di avere già un idea di come svolgere gli
esercizi. Risolvere gli esercizi significa determinare
quanto vale la tensione massima e la tensione minima
all'interno della sezione e dove si trova l'asse neutro
(l'asse dove le tensioni sono nulle).
Per le sollecitazioni che coinvolgono gli sforzi normali si
parla generalmente di:
- asse neutro n che come detto prima è l'asse della sezione dove le tensioni sono nulle;
- asse di flessione f che identifica la direzione nella quale si inflette la trave;

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- l'asse (piano) di sollecitazione s all'interno del quale si applicano le coppie sollecitanti che generano il
momento flettente che stiamo studiando.

Proposizione 1 : l'asse di flessione è coniugato nell'antipolarità con l'asse di sollecitazione (β). questa
affermazione per quanto possa risultare inutile a chi svolge gli esercizi per via analitica è importantissima,
poiché per via grafica ci permette di risolvere molto facilmente e velocemente gli esercizi;

Proposizione 2 : l'asse di sollecitazione è sempre ortogonale all'asse vettore;

Proposizione 3 : L'asse neutro e l'asse di flessione sono sempre ortogonali tra di loro.

I momenti flettenti si indicano sulla sezione con uno


speciale vettore a due punte che viene detto asse vettore
la cui direzione è definita come la retta ortogonale al
piano di sollecitazione e il suo verso è dettato dalla regola
della mano destra.

Quindi l'esercizio può essere risolto in questo modo:

Assegnata la sezione si passa al calcolo delle


caratteristiche geometriche determinando quindi Area ,
baricentro ed inerzie. Dopodiché si calcolano le tensioni
sostituendo nella formula di Navier ad x e y le distanze delle fibre tese più lontane dal baricentro
computate sugli assi principali di inerzia. Infine si calcola l'asse neutro imponendo .
Alle volte può essere richiesto di determinare lo stato di sollecitazione per ogni singolo ente sollecitante e
poi sommarne gli effetti. Quando ci si trova in questa condizione si risolve 3 volte la formula di Navier, ogni
volta annullando due termini del trinomio in modo da ottenere i singoli stati di sollecitazione per ogni ente
sollecitante. Facciamo un esempio: Assumiamo il profilato a T in figura e immaginiamo da dover
determinare lo stato di sollecitazione interna dovuto a due momenti flettenti Mx e My con gli assi vettore
diretti rispettivamente lungo x e y assi principali di inerzia, e ad uno sforzo normale di trazione N.
Supponendo nota la geometria delle aree passiamo alla scrittura della formula trinomia per i singoli enti
sollecitanti. Calcoliamo allora le tensioni massime per ogni stato tensionale scrivendo 3 volte l'equazione di
Navier sostituendo alle variabili x e y le coordinate dei punti nei quali vogliamo calcolare la tensione.
Ovviamente la distanza d1 è una quantità negativa se computata nel sistema di riferimento principale.

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per Mx:

determinate le due ordinate, possiamo


diagrammare l'andamento delle tensioni all'interno della sezione. Il punto definito dall'intersezione tra la
fondamentale di riferimento (che è parallela all'asse di flessione) e la retta che descrive l'andamento delle
tensioni all'interno della sezione, è anche appartenente all'asse neutro. Nel caso di flessioni rette l'asse
neutro è sempre coincidente con la direzione dell' asse vettore del momento che sollecita la sezione.

Per determinare quali siano le fibre compresse e quali le fibre tese, basta utilizzare la regola della mano
destra puntando il pollice nella direzione dell'asse vettore e vedere se le dita si avvicinano o si allontanano
dal foglio di carta. Applicando quanto detto al momento sollecitante disegnato sulla sezione possiamo
facilmente capire che le fibre superiori siano compresse (quindi vanno segnate con un meno).

per My:

essendo il profilo simmetrico rispetto ad y, in


condizioni di flessione retta intorno all'asse di
simmetria stesso possiamo affermare che :

diagrammiamo sempre le tensioni normali come


delle rette nel riferimento formato dall'asse neutro e
l'asse di flessione.

Applicando ancora una volta la regola della mano


destra possiamo osservare che le fibre compresse sono quelle a sinistra.

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per N:

in condizione di sforzo normale centrato nel


baricentro della sezione le tensioni normali sono
costanti e pari a :

Inoltre quando si ha una pure compressione


ovvero pura trazione l'asse neutro non esiste per
cui possiamo diagrammare le tensioni normali in
qualsiasi riferimento vogliamo.

L'asse neutro, studiando in questo modo la


sezione risulta immediato da calcolare in quanto si
ha che in condizione di flessione retta l'asse neutro è sempre ortogonale al'asse di sollecitazione.

Se invece volessimo calcolare le tensioni normali utilizzando direttamente la trinomia di Navier


considerando la coesistenza dei vari enti
sollecitanti bisogna procedere calcolando
per prima cosa l'equazione dell'asse neutro
n annullando la legge e calcolando le
intercette sui due assi principali di inerzia:

Dopo aver calcolato l'equazione dell'asse


neutro si passa a valutare le tensioni
massime e minime da diagrammare su di
una fondamentale che è nient'altro che una
parallela all'asse di flessione .

Alternativamente è possibile calcolare la posizione dell'asse neutro e la sola tensione presente nel
baricentro che in condizioni di flessione deviata è proprio pari allo sforzo sollecitante diviso l'area della
sezione poiché nel baricentro della sezione si annullano i termini lineari della trinomia di Navier.

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Soluzione alle tensioni tangenziali
Le tensioni tangenziali sono leggermente più ostiche in quanto per calcolarle non disponiamo di una
formula semplice come quella di Navier. Le tensioni tangenziali sono le duali agli sforzi di taglio e di
momento torcente che sollecitano gli elementi, in questo caso però il collegamento tra taglio e torsione
non è così esplicito come momento e sforzo normale ma bisogna fare dei discorsi molto più ampi. Bisogna
dire che il taglio è un problema accoppiato sia alla flessione che alla torsione . Accoppiato alla flessione
perché non può esistere solo il taglio all'interno di una trave infatti è necessario un momento flettente che
equilibri i tagli alla base della trave del DSV; accoppiato alla Torsione poiché se il taglio non è diretto nel
centro di taglio della sezione, le che si generano per equilibrare il suddetto taglio generano un momento
torcente che sollecita la trave. In ipotesi di taglio puro, cioè non accompagnato a torsione, la soluzione alle
tensioni tangenziali per quanto riguarda il taglio ci è fornita da un certo Jourawsky, che facendo un ipotesi
sul non svilupparsi di alcune tensioni e tramite un equilibrio alla traslazione di un concio sfettato
orizzontalmente ci fa valutare le come delle funzioni che variano in dipendenza del momento statico
della sezione stessa:

Ty è lo sforzo di taglio orientato lungo y che sollecita la trave;


Sx(s) è il momento statico rispetto all'asse x della sezione per una determinata ascissa curvilinea s;
Ix è l'inerzia rispetto ad x;
è lo spessore del tratto che stiamo considerando.

Ad esempio se stessimo trattando una


sezione a doppio T , riferendoci alla linea
media della sezione possiamo scrivere una
legge di variazione del momento statico
posizionando dei riferimenti per ogni tratto
dell'elemento. Quello che dobbiamo
disegnare è un diagramma del tipo di quello
in figura come farlo è un po' delicato. In linea
di massima conviene sempre disegnare i
sistemi di riferimento per far capire agli altri
come sono stati fatti i conti. Parliamo ora
della faccia di questi diagrammi. i diagrammi
delle tensioni tangenziali hanno alcune
caratteristiche:
1. sono nulli agli estremi della sezione;
2. presentano un massimo in corrispondenza del baricentro (perché li è massimo il momento statico);
3. sono lineari quando i tratti che consideriamo sono paralleli all'asse rispetto al quale computiamo il
momento statico, parabolici in genere altrove.

Noi immaginiamo le come un flusso che scorre


all'interno della sezione, e quando si passa da un
tratto all'altro bisogna fare un equilibrio per
calcolare la uscente dal nodo. Ad esempio per la
sezione in figura bisogna scrivere che le
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provenienti dalle flange moltiplicate per lo spessore sul quale insistono sono uguali alla che esce dal nodo
e entra nell'anima del profilato moltiplicata per il corrispettivo spessore. In simboli:

A questo punto per concludere la trattazione bisogna solo parlare di come calcolare il momento statico in
quanto per la formula di Jourawsky il taglio sollecitante è costante e noto, lo spessore del tratto come
l'inerzia della sezione sono noti a priori , quindi l'unico parametro incognito è il momento statico al variare
dell'ascissa curvilinea.
Il Momento statico al variare dell'ascissa è semplicissimo da calcolare disegnando uno zoom della sezione
per capire bene quali sono le distanze in gioco.

Vediamo ad esempio come calcolare la legge di variazione


del momento statico per il primo tratto di flangia superiore
del profilo a doppio T: l'area che si ha per il valore
dell'ascissa curvilinea s vale

quindi il momento statico rispetto all'asse x, detta ha la


distanza della flangia superiore dal baricentro, vale:

ovvero possiamo esplicitare la dipendenza lineare da s :

Se vogliamo calcolare il momento statico sull'anima possiamo osservare come la legge di variazione diventi
quadratica, infatti si ha che l'areola variabile con s è data
sempre da

questa volta però la distanza dal baricentro del


baricentro dell'area dipende dall'ascissa curvilinea che
avanzando la fa ridurre

si vede facilmente come la legge di variazione del


momento statico a questo punto diventi quadratica:

ovviamente la che otteniamo utilizzando questa funzione di variazione va sommata al valore della
uscente dal nodo. Per cui, il momento statico totale nell'anima del profilo sarà :

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