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Fisica tecnica Gabriele Dubini

Anno Accademico 2008/2009

Note integrative
di Fisica tecnica
per allievi del corso di studi
in Ingegneria biomedica

1.1 Richiami sul primo principio della termodinamica


1.2 I processi spontanei e i limiti del primo principio
1.3 L’entropia e il bilancio entropico per sistemi chiusi

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Fisica tecnica Gabriele Dubini
Anno Accademico 2008/2009

1.1 Richiami sul primo principio della termodinamica

Il primo principio della termodinamica afferma che esiste la proprietà “energia interna” (U) e che
questa grandezza si conserva anche in processi non puramente meccanici. Per far variare
l'energia interna di un sistema si può dunque compiere lavoro su di esso o, in maniera
perfettamente equivalente, fornirgli una adeguata quantità di calore. Cioè dal punto di vista
quantitativo calore e lavoro sono equivalenti:

ΔU = Q − L (1)

dove ΔU rappresenta la variazione del contenuto di energia interna del sistema, Q il calore
assorbito (in senso algebrico) ed L il lavoro fatto. Si ricorda che Q è positivo se assorbito dal
sistema, negativo se ceduto dal sistema all’ambiente esterno, L è positivo se fatto dal sistema
sull’ambiente, negativo se subito. La formula (1) rende evidente il significato fisico delle interazioni
calore e lavoro: si tratta di metodi per trasferire energia da un corpo ad un altro.
L'esistenza della funzione U è dovuta al fatto che mentre Q ed L separatamente dipendono dalla
particolare trasformazione termodinamica che porta il sistema da uno stato iniziale ad uno stato
finale, la somma algebrica Q–L ne è indipendente, risultando funzione solo delle coordinate
termodinamiche iniziali e finali del sistema. In termini rigorosi si dovrebbe dire che l'esistenza di U
é garantita dal fatto che la quantità Q-L é un differenziale esatto, e U ne é una primitiva. La (1) non
definisce univocamente l’energia interna U, ma solo le sue variazioni, cioè definisce U a meno di
una costante additiva arbitraria. Questo fatto non crea problemi perché nelle applicazioni
dell’ingegneria quelle che interessano sono appunto le variazioni di energia interna.
Come è noto si trova poi che U, almeno nel caso dei gas perfetti, è legata alle variabili
termodinamiche dalla formula:

U = mcv ΔT . (2)

Si noti che mentre U é una funzione dello stato del sistema (cioè dipende dalle variabili che
rappresentano lo stato), per cui ha senso parlare di “variazioni” di U, ciò non avviene per Q ed L
(ed in effetti non si è scritto ΔQ e ΔL, ma semplicemente Q ed L). Nel caso di processi infinitesimi
si userà naturalmente dU per le variazioni di U, ma δQ e δL per il calore assorbito e il lavoro fatto,
per rendere evidente che non si tratta di variazioni, ma solo di quantità infinitesime. In termini
precisi δQ e δL rappresentano delle forme differenziali lineari non necessariamente esatte.
La forma di (1) per trasformazioni infinitesime é allora:

dU = δQ − δL . (3)

1.2 I processi spontanei e i limiti del primo principio

Le esperienze della vita comune ci offrono innumerevoli esempi sul fatto che i processi reali
avvengono in un’unica direzione. Si pensi al raffreddamento di una tazza di caffè caldo o alla
liquefazione di un cubetto di ghiaccio a temperatura ambiente, all’inchiostro che diffonde in un
liquido, ad una palla che rimbalza sul pavimento, ad un’onda che si frange in riva al mare, un
blocco che scivola lungo un piano inclinato con attrito, ecc. Questi processi sono denominati
processi spontanei e possono essere definiti come quei processi che non lasciano tracce
sull’ambiente.

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Si definisce processo o trasformazione reversibile quella trasformazione che può essere percorsa
in senso inverso senza che se ne trovi traccia nell’ambiente circostante. Un qualunque sistema
reale può sempre e comunque essere riportato nel suo stato iniziale, ma se la trasformazione è
irreversibile (cioè non reversibile) l’ambiente deve scambiare energia col sistema in esame.
Si noti che se ci fosse mostrato un filmato dei processi spontanei sopra elencati, ma proiettato al
contrario, la nostra esperienza ci segnalerebbe immediatamente che il filmato si svolge al
contrario.

L’esempio numerico seguente illustra appunto come il rispetto del primo principio non sia
condizione sufficiente a garantire che un processo sia anche reale.
Si considerino due masse identiche mA ed mB, inizialmente a temperatura differente, che
B

costituiscono un sistema isolato C:

C = A∪ B
m A = mB = m c A = cB = c C
T A1 = 100 °C TB1 = 0 °C A B
ΔU C = ΔU A + ΔU B = Q C ← − LC → = 0
ΔU A = m A c A ΔTA = mc (TA 2 − TA1 ) = −Q
ΔU B = m B c B ΔTB = mc (TB 2 − TB1 ) = +Q .

Si supponga ora, per assurdo, che le temperature finali siano:


T A 2 = 150 °C TB 2 = −50 °C ,
cioè che il sottosistema più caldo si scaldi ulteriormente a scapito del sottosistema già più freddo;
si otterrà:
ΔU A = mc (150 − 100 ) = 50 mc
ΔU B = mc (− 50 − 0 ) = −50 mc
ΔU C = ΔU A + ΔU B = 0 ,
quindi il primo principio della termodinamica è comunque soddisfatto!

Il primo principio non è, dunque, in grado di fornire indicazioni sulla direzione dell’evoluzione dei
fenomeni reali e delle trasformazioni termodinamiche in particolare. Altre considerazioni portano a
concludere, inoltre, che il primo principio non è in grado di fornire alcuna informazione sullo stato di
equilibrio termodinamico né è in grado di spiegare la diversa qualità dell’energia, cioè non dà
alcuna indicazione sulla possibilità di trasformare integralmente una forma di energia in un’altra.

1.3 L’entropia e il bilancio entropico per sistemi chiusi

L'esperienza ci insegna che:


- tutti i sistemi evolvono naturalmente verso un ben definito stato di equilibrio;
- la direzione naturale delle trasformazioni (in sistemi isolati) tende sempre ad equilibrare i
potenziali meccanici ed energetici (termici, elettrici, ..) e non ad aumentare la loro differenza;
- in tutti i fenomeni spontanei, a causa delle resistenze d'attrito, una parte di energia si trasforma
in energia termica e la riconversione di questa frazione di energia in altre forme di energia è
possibile solo in parte.
In queste note si introduce la grandezza entropia (S) secondo un approccio assiomatico.
L’ entropia S è dunque definita come una proprietà termodinamica estensiva non conservativa
(postulato entropico) che:
1) gode della proprietà additiva;

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2) in un sistema isolato assume il massimo valore possibile alla rimozione di un generico vincolo
interno: il verso delle trasformazioni è tale che l’entropia S cresce fino ad assumere il massimo
valore compatibile con i vincoli del sistema non rimossi;
3) è una funzione continua, derivabile e monotonicamente crescente dell’energia interna U:
⎛ ∂S ⎞
⎜ ⎟ ≥ 0.
⎝ ∂U ⎠V

L’entropia, essendo una grandezza estensiva che gode delle proprietà additiva, è trasferibile da un
sistema ad un altro. Essa viene trasferita tra due sistemi a causa della diversa temperatura alla
quale essi si trovano.
L’entropia è dunque legata all’esistenza di una interazione di tipo calore nel processo considerato
e ad ogni interazione di questo tipo è associato un contributo entropico:

δQ ←
S ←
=∫ ,
T

dove δQ è la quantità infinitesima di energia termica scambiata durante la trasformazione e T la


temperatura assoluta – quindi espressa in kelvin (K) – alla quale l’interazione ha luogo. L’entropia
scambiata 1 S ← si misura dunque nel S.I. in J/K. Essendo l’entropia una grandezza estensiva, è
possibile definire anche un’entropia specifica (per unità di massa m):

δQ ← m δq ←
s← = ∫ =∫
T T

che si misura in J/(kg·K).


Essendo T una temperatura assoluta, il segno del contributo entropico è quello dell’interazione
calore Q: positivo se entrante nel sistema e negativo se uscente dal sistema.

Un ulteriore contributo si rende però necessario per formulare compitamente il bilancio entropico.
Si tratta del termine di generazione (o produzione) entropica Sgen. Essa è legata a due distinte
fenomenologie:
- il trasferimento di energia tramite una interazione calore tra sistema e ambiente per effetto di
differenze di temperatura finite (definita come produzione entropica “esterna” al sistema);
- l’esistenza di fenomeni dissipativi interni al sistema come attriti, turbolenze, ecc. (definita come
produzione entropica “interna” al sistema).
Questo contributo è sempre positivo o nullo:

S gen ≥ 0 .

Combinando l’additività della grandezza entropia (proprietà 1) e il principio di non decrescita


dell’entropia (proprietà 2), il bilancio di entropia per un sistema chiuso che subisce una
trasformazione passando dallo stato termodinamico 1 allo stato 2 viene quindi espresso come
segue (sostituendo l’integrale lungo la trasformazione con una sommatoria):

1
Si noti che nel libro di testo questa quantità è indicata col simbolo Scal.
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Qk←
ΔS = S 2 − S1 = ∑ + S gen
k Tk

dove la sommatoria su k è da intendersi come somma algebrica di contributi positivi e negativi.


Si noti che la presenza di eventuali interazioni di tipo lavoro tra sistema ed ambiente non dà alcun
contributo al bilancio entropico.
Se la trasformazione è poi reversibile, il bilancio entropico assume la forma:

Qk←
ΔS = S 2 − S1 = ∑ .
k Tk

Se, invece, il sistema è isolato (cioè non ha interazioni con l’ambiente esterno), il bilancio diventa:

ΔS = S 2 − S1 = S gen

e solo questo è il caso che corrisponde alla comune affermazione “l’entropia aumenta sempre”.
Volendo formulare il bilancio di entropia nella sua forma più generale in termini di quantità
infinitesime, si scrive:

δQk←
dS = ∑ + δS gen
k Tk

o, nel caso di grandezze per unità di massa:

δq k←
ds = ∑ + δs gen .
k Tk

Entrambe le notazioni matematiche ribadiscono il fatto che solo al primo membro compare una
grandezza di stato (differenziale esatto).
Si noti, infine, che solo in un processo che sia allo stesso tempo adiabatico (Qk = 0) e reversibile
(Sgen = 0) avviene che:

Δ S = S 2 − S1 = 0 ,

cioè S 2 = S1 , e in termini differenziali:

dS = 0 .

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