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Geometria quadratica 1
In questo capitolo iniziamo lo studio della geometria quadratica, cioè della
geometria dei luoghi di punti del piano o dello spazio le cui coordinate soddi-
sfano ad un polinomio di secondo grado. Chiameremo questi luoghi coniche
o quadriche a seconda che siano nel piano o nello spazio rispettivamente. In
questo primo capitolo analizzeremo alcune situazioni particolari per procedere,
nel capitolo seguente, ad uno studio generale.

5.1 Sfere e circonferenze


Sia E3 (E2 ) uno spazio (piano) euclideo, sia C ∈ E3 (C ∈ E2 ) un suo punto e sia
R ∈ R un numero reale positivo. Chiamiamo sfera (circonferenza) di centro
C e raggio R il luogo dei punti P dello spazio (piano) tali che

"P − C"2 = R2 . (5.1)

In altri termini, una sfera è il luogo dei punti dello spazio che hanno distanza R
dal punto C.
Rispetto a delle coordinate cartesiane di E3 la condizione (5.1) diventa

(x − α)2 + (y − β)2 + (z − γ)2 = R2 , (5.2)

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5.1 Sfere e circonferenze 77

o, equivalentemente,

x2 + y2 + z2 − 2αx − 2βy − 2γz + α2 + β2 + γ2 − R2 = 0 (5.3)

dove C = (α, β, γ) e P = (x, y, z). Nel caso della circonferenza si ottengono le


stesse equazioni mancanti dei termini in z.
Se adesso poniamo

a = −2α, b = −2β, c = −2γ, d = α2 + β2 + γ2 − R2

la (5.3) diventa
x2 + y2 + z2 + ax + by + cz + d = 0 (5.4)
che rappresenta una equazione polinomiale di secondo grado. Dato un poli-
nomio della forma (5.4), ci si chiede se questo rappresenti una sfera per ogni
quaterna a, b, c, d di numeri reali non tutti nulli. La risposta merita qualche
riflessione. Se a2 + b2 + c2 − 4d > 0 allora la (5.4) può essere riscritta nella
forma (5.2), mentre se a2 + b2 + c2 − 4d < 0 ciò non è possibile. Per esempio,
x2 + y2 + z2 − 2z + 2 = 0 diventa x2 + y2 + (z − 1)2 = −1 che chiaramente non
ammette soluzioni reali.

Per ovviare a questo problema, da ora in poi, invece di limitarci a considera-


re punti dello spazio le cui coordinate sono numeri reali considereremo anche
il caso in cui le coordinate dei punti possano assumere valori complessi. Dal
punto di vista della definizione di spazio affine questo si traduce nella richie-
sta che la giacitura dello spazio affine sia uno spazio vettoriale su C invece
che su R. Tutto quello che abbiamo fatto sugli spazi affini continua a valere
senza bisogno di modificare la teoria. Possiamo, per esempio, considerare le
rette immaginarie del piano come i punti P le cui coordinate soddisfano ad una
equazione di primo grado ax + by + c = 0 con coefficienti a, b, c ∈ C e tali che
(a, b) ! (0, 0). Allo stesso modo si possono definire i piani immaginari nello
spazio.

Fatta questa osservazione possiamo pensare che un polinomio della forma (5.4)
con a2 + b2 + c2 − 4d < 0 descriva una sfera i cui punti hanno coordinate imma-
ginarie che chiameremo sfera immaginaria. Allo stesso modo definiamo una
circonferenza immaginaria.

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In conclusione, siano a, b, c, d ∈ R (a, b, c ∈ R) quattro (tre) numeri reali non


tutti nulli, allora il luogo dei punti del piano le cui coordinate soddisfano all’e-
quazione (5.4) descrive una sfera (circonferenza)
√ reale o immaginaria di centro
C = (−a/2, −b/2, −c/2) e raggio R = a + b + c2 − 4d/2.
2 2

5.1.1 Circonferenza per tre punti e sfera per quattro punti


L’equazione (5.4) di una circonferenza dipende da tre parametri a, b, c ∈ R
ci si aspetta quindi che siano necessarie tre condizioni “indipendenti” per de-
terminare l’equazione di una circonferenza in modo unico. In fatti si ha la
seguente
Proposizione 5.1. Siano A, B e C tre punti non allineati di un piano euclideo.
Allora esiste un unica circonferenza che li contiene.
Dimostrazione. Dimostriamo questo fatto in due modi.

Primo metodo. Con riferimento alla Figura 5.1, tracciamo gli assi dei seg-
menti AB e BC (ricordiamo che, per definizione, l’asse di un segmento AB
è il luogo di punti del piano equidistanti da A e B; esso coincide con la ret-
ta perpendicolare al segmento, passante per il suo punto medio). Dato che i
tre punti A, B e C non sono allineati, gli assi dei due segmenti non sono pa-
ralleli e quindi si incontrano in un punto che chiamiamo O. Osserviamo che
d(O, A) = d(O, B) in quanto O appartiene all’asse del segmento AB. Analo-
gamente, d(O, B) = d(O, C) . Dunque O è equidistante da A, B e C, per cui la
circonferenza di centro O e raggio R = d(O, A) contiene i tre punti dati, come
richiesto. L’unicità della circonferenza con questa proprietà segue dal fatto che
O è l’unico punto equidistante da A, B e C.

Secondo metodo. Rispetto ad un sistema di coordinate cartesiano del piano,


siano A = (x1 , y1 ), B = (x2 , y2 ) e C = (x3 , y3 ) le coordinate dei tre punti. I punti
A, B, C appartengono ad una circonferenza se le loro coordinate soddisfano
l’equazione x2 + y2 + ax + by + c = 0 per qualche a, b, c ∈ R con a, b, c non tutti
nulli. Sostituendo si perviene al sistema




 x21 + y21 + ax1 + by1 + c = 0

 2

 x2 + y22 + ax2 + by2 + c = 0 (5.5)

 x2 + y2 + ax3 + by3 + c = 0


3 3

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5.1 Sfere e circonferenze 79

nelle incognite a, b, c. La matrice del sistema è


 
 x1 y1 1
 x2 y2 1
 
x3 y3 1

e dalla Proposizione 3.3 segue che se i punti A, B, C non sono allineati il


sistema (5.5) ha rango massimo e quindi ammette un unica soluzione. !

asse di BC

A
O

asse di AB

B
C

Figura 5.1 – Costruzione della circonferenza passante per tre punti non allineati.

In modo analogo si dimostra la

Proposizione 5.2. Siano A, B, C e D quattro punti non complanari di uno


spazio euclideo. Allora esiste un unica sfera che li contiene.

Osservazione 5.3. Usando la teoria dei sistemi lineari è un semplice esercizio


verificare che l’equazione della circonferenza per tre punti non allineati A =
(x1 , y1 ), B = (x2 , y2 ) e C = (x3 , y3 ) è
++ 2
++ x + y2 x y
+
1++
++ x2 + y2 x1 y1 +
1++
++ 12 1
2 + = 0.
++ x2 + y2 x2 y2 1++
+ x2 + y2 x3 y3 1+
+
3 3

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Allo stesso modo l’equazione della sfera per quattro punti non complanari A =
(x1 , y1 , z1 ), B = (x2 , y2 , z2), C = (x3 , y3 , z3) e D = (x4 , y4 , z4 ) è
++ 2
++ x + y2 + z2 x y z 1+++
+
++ x2 + y2 + z2 x1 y1 z1 1++
++ 21 1
2
1
2
++ x2 + y2 + z2 x2 y2 z2 1+++ = 0 .
+
++ x2 + y2 + z2 x3 y3 z3 1++
++ 23 3 3
x4 + y24 + z24 x4 y4 z4 1+
+

5.1.2 Parametrizzazione della circonferenza e della sfera


Sia (O, {i, j}) un riferimento ortogonale del piano euclideo e sia C una circonfe-
renza di centro C = (α, β) e raggio R. Per parametrizzare la circonferenza, sia P
un punto di C e denotiamo con θ l’angolo che il vettore CP forma con la i come
mostrato nella Figura 5.2. Si ha immediatamente che CP = R(cos θi + sin θj)
da cui
OP = OC + CP = (αi + βj) + R(cos θi + sin θj) .
Segue che la circonferenza C può essere parametrizzata da

γ(θ) = P(θ) = (R cos θ + α, R sin θ + β) .

Sia adesso (O, {i, j, k}) un riferimento ortogonale dello spazio euclideo e sia

y
P
j

C i

O x

Figura 5.2 – Parametrizzazione della circonferenza.

S una sfera di centro C = (α, β, γ) e raggio R. Operiamo la traslazione T −C

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5.1 Sfere e circonferenze 81

in modo che il centro coincida con l’origine, parametrizziamo la sfera centrata


nell’origine e di seguito operiamo la traslazione TC per riportare il centro del-
la sfera nella sua posizione originale. Per parametrizzare una sfera di raggio
R con centro nell’origine si opera nel modo seguente. Il vettore OP si può
decomporre nella somma della sua proiezione ortogonale OPi,j sullo spazio
vettoriale generato da {i, j} e della sua proiezione OPk lungo k. Sia ϕ l’angolo
che OP forma con k e sia θ l’angolo che OPi,j forma con i (si veda la Figu-
ra 5.3). Ovviamente se OP ha norma R allora OPi,j ha norma R cos ϕ, da cui
OPi,j = R(cos ϕ cos θi + cos ϕ sin θi). Allo stesso modo OPk = R sin ϕk. Segue
che una parametrizzazione della sfera di centro l’origine e raggio R è
X(θ, ϕ) = OPi,j + OPk = (R cos ϕ cos θ, R cos ϕ sin θ, R sin ϕ) .
Operando, in fine, la taslazione TC si ottiene che una parametrizzazione di una
sfera di raggio R e centro C = (α, β, γ) è
X(θ, ϕ) = OC + OPi,j + OPk = (R cos ϕ cos θ + α, R cos ϕ sin θ + β, R sin ϕ + γ) .
z

P
ϕ
k

i j
O
θ

x y

Figura 5.3 – Parametrizzazione della sfera con centro nell’origine.

5.1.3 Intersezione di una sfera (circonferenza) con una retta


Sia r una retta parametrizzata da P = P0 + tu e sia S una sfera di equazione
"P − C"2 − R2 = 0. I punti di intersezione tra r e S si ottengono determinato per

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quali valori di t i corrispondenti punti della retta appartengono alla sfera, cioè
soddisfano all’equazione della sfera. Per determinare tali punti basta sostituire
il generico punto P della retta nell’equazione della sfera ed imporre che la
soddisfi. Si ottiene la condizione

"(P0 − C) + tu"2 − R2 = 0 ,

che è equivalente alla

"u"2 t2 + 2%(P0 − C), u&t + "P0 − C"2 − R2 = 0 . (5.6)

La (5.6) rappresenta un’equazione di secondo grado in t la quale ammette due


soluzioni reali distinte, due soluzioni reali coincidenti o due soluzioni comples-
se coniugate a seconda che il discriminante ∆ sia maggiore, uguale o minore
di zero. Un calcolo diretto, utilizzando l’identità di Lagrange1 e tenendo in
considerazione la (3.27), mostra che

∆/4 = %(P0 − C), u&2 − "u"2 ("P0 − C"2 − R2 ) (5.7)


= −"(P0 − C) ∧ u"2 + "u"2 R2
"(P0 − C) ∧ u"2
, -
2 2
= "u" R −
"u"2
= "u"2 [R2 − d(C, r)] .

Abbiamo quindi dimostrato che una retta r ha due soluzioni reali distinte, due
soluzioni reali coincidenti o due soluzioni complesse coniugate con una sfera S
a seconda che la distanza della retta con il centro della sfera sia minore, uguale
o maggiore del raggio della sfera.

Le stesse considerazioni fatte sino ad ora e che faremo nel seguito valgono nel
caso di una retta ed una circonferenza in un piano euclideo.

Chiameremo seccante una retta che interseca una sfera in due punti reali di-
stinti, esterna una che incontra la sfera in due punti immaginari. Nel caso
1
Se u, v ∈ V3 l’identità di Lagrange è

"u ∧ v"2 = "u"2 "v"2 − %u, v&2 .

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5.1 Sfere e circonferenze 83

in cui la retta incontra la sfera in due punti reali coincidenti diremo che la
retta è tangente alla sfera nel punto di contatto (il punto doppio ottenuto dal-
l’intersezione). Si osservi che tale definizione di retta tangente è puramente
algebrica.
In ogni caso una retta r tangente ad una sfera in un suo punto P risulta perpen-
dicolare al vettore posizione CP, dove C è il centro della sfera. Tale proprietà
discente direttamente dal fatto che la distanza di P da C è pari al raggio R del-
la sfera e che ogni altro punto della retta ha distanza maggiore di R dal centro C.

Consideriamo adesso, fissato un punto P0 dello spazio, il luogo delle rette per
P0 tangenti ad una data sfera dello spazio. Sia P un punto appartenente ad
una delle rette per P0 tangenti alla sfera S di centro C e raggio R. Allora il
vettore P − P0 ha la direzione della retta tangente. Segue che la retta per P0 con
direzione P − P0 interseca la sfera in due punti reali coincidenti. Dalla (5.7),
sostituendo u con P − P0 , si ottiene
%(P0 − C), (P − P0 )&2 − "P − P0 "2 ("P0 − C"2 − R2 ) = 0 .
Adesso, sostituendo nell’ultima equazione P − P0 = P − C + C − P0 , si ottiene
(dopo qualche conto)
[%(P − C), (P0 − C)& − R2 ]2 − ("P − C"2 − R2 )("P0 − C"2 − R2 ) = 0 . (5.8)
La (5.8) rappresenta l’equazione cartesiana del luogo delle rette per P0 tan-
genti alla sfera di centro C e raggio R. Geometricamente, se il punto P0 non
appartiene alla sfera, questo luogo rappresenta un cono di vertice P0 tangente
(circoscritto) alla sfera (per una definizione generale di cono si veda la sezio-
ne 5.2). Nel caso di una circonferenza il luogo delle rette per un punto P0
tangenti ad una circonferenza è formato da due rette. Si noti che se il punto
P0 è interno alla sfera si ottiene un cono immaginario, nel senso che è un cono
costituito da rette immaginarie. Analogamente, nel caso della circonferenza,
se il punto P0 è interno si ottengono due rette immaginarie.

Un caso notevole e di grande interesse è quando il punto P0 appartiene alla


sfera. In questo caso la (5.8) diventa

%(P − C), (P0 − C)& − R2 = 0 , (5.9)


che rappresenta l’insieme di tutte le rette tangenti alla sfera nel punto P0 , cioè
il piano tangente alla sfera nel punto P0 . Nel caso della circonferenza nel piano

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84 Geometria quadratica 1

la (5.9) rappresenta la retta tangente alla circonferenza nel punto P0 .

Riscrivendo l’equazione cartesiana di una sfera nella forma

%(P − C), (P − C)& − R2 = 0

si nota che, formalmente, l’equazione del piano tangente alla sfera in un suo
punto P0 si ottiene sostituendo ad uno degli argomenti il punto generico P con
il punto P0 . Da un punto di vista operativo, se l’equazione della sfera è

x2 + y2 + z2 + ax + by + cz + d = 0

e P0 = (x0 , y0 , z0), l’equazione del piano tangente (5.9) diventa

a b c
xx0 + yy0 + zz0 + (x + x0 ) + (y + y0 ) + (z + z0 ) + d = 0 .
2 2 2
Questa operazione prende il nome di polarizzazione. Si osservi, inoltre, che da-
to un punto P0 , non necessariamente appartenente alla sfera, i punti di contatto
delle rette per P0 tangenti alla sfera soddisfano sia la (5.1) che la (5.8) e quindi
soddisfano la (5.9). Questo fatto mostra che il il piano descritto dall’equazione
(5.9) ha un ruolo importante anche quando il punto non appartiene alla sfera.
In particolare, data una sfera S ed un punto P0 dello spazio definiamo piano
polare del punto P0 rispetto alla sfera S il piano di equazione (5.9). Ovvia-
mente se P0 ∈ S, allora il piano polare di P0 coincide con il piano tangente alla
sfera in P0 . Inoltre, dalla simmetria della (5.9), discende il seguente fatto che
prende il nome di Teorema di Reciprocità: Se Q0 appartiene al piano polare
di P0 , allora P0 appartiene al piano polare di Q0 .

Nel caso della circonferenza nel piano la polare di un punto P0 è una retta
ed utilizzando il Teorema di Reciprocità si può dare una costruzione grafica
esplicita di tale retta come mostra il seguente esempio.

Esempio 5.4. Data una circonferenza C ed un punto P0 esterno determinare


graficamente la retta polare. Il problema ha una soluzione immediata, basta
considerare le due rette per P0 tangenti alla circonferenza. Infatti, come os-
servato in precedenza, i punti di contatto appartengono alla retta polare di P0 .
Quest’ultima proprietà si può anche verificare utilizzando il Teorema di Re-
ciprocità: sia P1 un punto di tangenza, allora la polare di P1 , essendo la retta

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5.1 Sfere e circonferenze 85

tangente alla circonferenza in P1 , passa per il punto P0 ; dalla reciprocità la pol-


lare di P0 passa per P1 . Si veda la Figura 5.4 (a). Se adesso supponiamo che il
punto P0 sia interno alla circonferenza si può procedere nel modo seguente. Si
prenda una qualsiasi retta r1 per P0 . La retta r1 intersecherà la circonferenza in
due punti Q1 e Q2 . Per il Teorema di Reciprocità il punto di incontro P1 delle
due rette tangenti alla circonferenza nei punti Q1 e Q2 appartiene alla polare di
P0 . Prendendo una seconda retta per P0 e ripetendo lo stesso procedimento si
ottiene un secondo punto appartenente alla polare di P0 . Si veda la Figura 5.4
(b).

P1

P1 Q1

P0 P0

Q2
P2

P2

(a) P0 esterno (b) P0 interno

Figura 5.4 – Costruzione della polare per un punto esterno (a) e per un punto interno (b).

Il procedimento descritto sopra per tracciare la polare di un punto interno ad


una circonferenza fallisce quando P0 coincide con il centro della circonferenza.
In questa situazione le rette tangenti alla circonferenza nei punti Q1 e Q2 sono
parallele. Si verifichi, per esercizio, che se P0 coincide con il centro di una
circonferenza la (5.9) è una relazione impossibile.

5.1.4 Potenza di un punto rispetto ad una sfera (circonferen-


za)
Sia S una sfera nello spazio e sia P0 un punto di E3. Sia r una qualsiasi retta per
P0 , che interseca la sfera in due punti reali distinti P1 e P2 . Definiamo potenza

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del punto P0 rispetto alla sfera S il numero

P(P0 ) = %P0 P1 , P0 P2 & . (5.10)

Mostriamo che la definizione di potenza non dipende dalla retta scelta per P0 .
Sia quindi r una generica retta per P0 che possiamo parametrizzare come P(t) =
P0 + tu con u vettore unitario. I punti di intersezione tra r e la sfera si trovano
risolvendo l’equazione quadratica (5.6) con "u" = 1, cioè

t2 + 2%(P0 − C), u&t + d 2 − R2 = 0 , (5.11)

dove abbiamo indicato con d = d(P0 , C). Siano t1 e t2 le due soluzioni della
(5.11) e siano
P1 = P0 + t 1 u e P2 = P0 + t 2 u
i corrispondenti punti di intersezione della retta r con la circonferenza. Allora

P0 P1 = P1 − P0 = P0 +t1 u − P0 = t1 u e P0 P2 = P2 − P0 = P0 +t2 u − P0 = t2 u

da cui segue che

P(P0 ) = %P0 P1 , P0 P2 & = t1 t2 %u, u& = t1 t2 = d 2 − R2 , (5.12)

dove, nell’ultimo passaggio, abbiamo utilizzato le note proprietà dei polinomi


di secondo grado, cioè che il prodotto delle radici di un polinomio monico di
secondo grado è pari al termine noto. La (5.12), non dipendendo dal vettore u,
mostra che la definizione di potenza non dipende dalla retta scelta.
La (5.12) fornisce un metodo pratico per calcolare la potenza di un punto ed
inoltre mostra che la potenza di un punto interno è negativa, quella di un punto
esterno è positiva, mentre tutti i punti sulla sfera hanno potenza zero.

Il concetto di potenza permette di introdurre il seguente luogo geometrico.


Definizione 5.5. Date due sfere (circonferenze) S1 e S2 non concentriche si
definisce piano radicale (asse radicale nel caso delle circonferenze) il luogo
dei punti dello spazio cha hanno stessa potenza rispetto alle due sfere.
Nel caso di due circonferenze C1 e C2 del piano l’asse radicale può essere trac-
ciato graficamente nel modo seguente. Se le due circonferenze si intersecano
in due punti P1 e P2 , essendo questi appartenenti alle due circonferenze han-
no potenza zero rispetto ad entrambe e quindi appartengono all’asse radicale.

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5.1 Sfere e circonferenze 87

Segue che l’asse radicale è la retta per P1 e P2 (Si veda la Figura 5.5 (a)). Se
invece le due circonferenze non si intersecano si può considerare una terza cir-
conferenza C che intersechi sia C1 che C2 in due punti distinti ed abbia centro
non appartenente alla retta congiungenti i centri delle due circonferenze C1 e
C2 . Denotato con r1 l’asse radicale tra C e C1 e con r2 l’asse radicale tra C e
C2 il punto P12 di intersezione tra r1 e r2 ha chiaramente stessa potenza rispetto
alle tre circonferenze C, C1 e C2 e quindi appartiene all’asse radicale di C1 e
C2 (Si veda la Figura 5.5 (b)). Scegliendo un’altra circonferenza e ripetendo il
procedimento si trova un altro punto dell’asse radicale.

C r2
r1

C1 C2 C1 C2

P12

(a) Circonferenze secanti (b) Circonferenze esterne

Figura 5.5 – Costruzione dell’asse radicale per due circonferenze secanti (a) e per due
esterne (b).

Se l’equazione di una circonferenza C è x2 + y2 + ax + by + c = 0, dalla (5.12)


segue immediatamente che la potenza di un punto P0 = (x0 , y0 ) rispetto a C è
P(P0 ) = x20 + y20 + ax0 + by0 + c.
Si dimostri che l’equazione dell’asse radicale di due circonferenze di equazione
x2 + y2 + ax + by + c = 0 e x2 + y2 + a( x + b( y + c( = 0 è
(a − a( )x + (b − b( )y + c − c( = 0. (5.13)
Si dimostri, inoltre, che la retta congiungente i due centri di due circonferenze
è perpendicolare al corrispondente asse radicale.

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5.1.5 Intersezione di due circonferenze


Siano x2 + y2 + ax + by + c = 0 e x2 + y2 + a( x + b( y + c( = 0 le equazioni di
due circonferenze C1 e C2 . Per determinare i punti di intersezione tra C1 e C2
si risolve il sistema

 x2 + y2 + ax + by + c = 0


 x2 + y2 + a( x + b( y + c( = 0

il quale è equivalente al sistema



 x2 + y2 + ax + by + c = 0


(5.14)
(a − a( )x + (b − b( )y + (c − c( ) = 0 .

Se le circonferenze sono concentriche, cioè se a = a( e b = b( , la seconda equa-


zione del sistema (5.14) implica che non esistono soluzioni (reali o complesse)
se c − c( ! 0 o che le circonferenze sono coincidenti se c − c( = 0.

Se le circonferenze non sono concentriche, allora uno tra a−a( e b−b( è diverso
da zero. Esplicitando, nella seconda equazione del sistema (5.14), la variabile
con coefficiente diverso da zero e sostituendo nella prima equazione si ottiene
un’equazione quadratica con coefficiente del termine di secondo grado sempre
diverso da zero (verificare) la quale, quindi, ammeterà due soluzioni reali di-
stinte, complesse coniugate o coincidenti. La Figura 5.6 mostra la posizione
reciproca delle due circonferenze e i corrispondenti punti di intersezione.

(a) Concentriche (b) Secanti (c) Esterne (d) Tangenti

Figura 5.6 – Posizione reciproca di due circonferenze.

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5.1 Sfere e circonferenze 89

5.1.6 Fasci di circonferenze


Siano C1 e C2 due circonferenze non concentriche di equazione x2 + y2 + ax +
by + c = 0 e x2 + y2 + a( x + b( y + c( = 0. Si consideri per ogni coppia (λ, µ) ∈ R2 ,
(λ, µ) ! (0, 0), l’equazione
F λ,µ = λC1 +µC2 = λ(x2 +y2 +ax+by+c)+µ(x2 +y2 +a( x+b( y+c( ) = 0 . (5.15)
La (5.15) prende il nome di equazione omogenea del fascio di circonferen-
ze generato dalle due circonferenze base C1 e C2 . Il nome è giustificato dal
fatto che per quasi tutti i (λ, µ) ∈ R2 , (λ, µ) ! (0, 0), F λ,µ = 0 è l’equa-
zione di una circonferenza. Esistono infatti due possibilità dove l’equazione
F λ,µ cessa di essere l’equazione di una circonferenza. Il primo caso si ottiene
quando λ + µ = 0 e discuteremo di questa situazione più avanti. Il secon-
do caso si trova quando esiste λ ! 0, 1, tale che (a( , b( , c( ) = λ(a, b, c) (se
λ = 1 le circonferenze base coinciderebbero). Segue che l’elemento del fascio
F λ,−1 = (λ − 1)(x2 + y2 ) = (λ − 1)(x − iy)(x + iy) = 0 non rappresenta più una
circonferenza ma bensì due rette immaginarie incidenti. In questo caso, se le
due circonferenze base del fascio si intersecano in due punti reali, verificare
che necessariamente devono, entrambi, coincidere con l’origine.

I punti P1 e P2 di intersezione di C1 e C2 sono chiamati punti base ed è imme-


diato verificare che tutte le circonferenze del fascio passano per i punti base. Si
noti che i punti base possono avere coordinate complesse od essere coincidenti.

Dimostriamo adesso che, nel caso i punti base siano reali e distinti, una qua-
lunque circonferenza per i punti base appartiene al fascio. Sia quindi C una
circonferenza passante per P1 e P2 e sia P un altro punto di C che non ap-
partiene alle circonferenze C1 e C2 . Se non fosse possibile trovare tale punto
significa che C coincide con C1 o con C2 , da cui la tesi. Siccome P1 , P2 e P non
sono allineati, dalla Proposizione 5.1, esiste un’unica circonferenza che li con-
tiene la quale deve coincidere con la circonferenza C. Ma, essendo C1 (P) ! 0
e C2 (P) ! 0 (P non appartiene a C1 e C2 ), la coppia (λ, µ) = (−C2 (P), C1 (P))
definisce una circonferenza C( del fascio che contiene i punti P1 , P2 e P. Per
l’unicità della circonferenza per tre punti non allineati segue che C( = C.

Se nell’equazione (5.15) si sceglie µ = −λ, si ottiene l’equazione


(a − a( )x + (b − b( )y + c − c( = 0 (5.16)

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90 Geometria quadratica 1

la quale rappresenta una retta. Si osservi che l’equazione del fascio (5.15)
si riduce all’equazione di una retta se e solo se µ = −λ. Dal confronto con
la (5.13) si evince che la retta (5.16) coincide con l’asse radicale delle due
circonferenze base C1 e C2 .
Chiaramente se nella (5.15) si sostituisce una delle due circonferenze base
con una loro combinazione lineare si ottiene lo stesso fascio di circonferen-
ze. Quindi l’equazione del fascio (5.15), con circonferenze base C1 e C2 , può
essere sostituita con l’equazione

λC1 + µr = 0,

dove r = 0 è l’equazione dell’asse radicale.

Se le due circonferenze base C1 e C2 si scelgono concentriche, allora la (5.15)


rappresenta una circonferenza concentrica per ogni coppia (λ, µ) ∈ R2 , (λ, µ) !
(0, 0). Anche in questo caso si può definire il fascio di circonferenze ma non
esistono sia i punti base che l’asse radicale.

Allo stesso modo si possono considerare i fasci di sfere generati dalla combi-
nazione lineare dell’equazione di due sfere non concentriche, chiamate sfere
base. Il lettore dovrebbe ripercorrere quanto fatto in questo paragrafo per il
caso dei fasci di sfere.

Esempio 5.6. Mostriamo, con un esempio, l’utilizzo della nozione di fascio


di circonferenze per determinare la circonferenza passante per tre punti non
allineati del piano. Siano P1 , P2 e P3 tre punti del piano non allineati. Per
determinare la circonferenza passante per i tre punti si può considerare il fascio
di circonferenze con punti base P1 e P2 è determinare l’unica circonferenza del
fascio che passa per P3 . Per determinare il fascio di circonferenze possiamo
considerare la retta passante per P1 e P2 , che rappresenta l’asse radicale di due
date circonferenze del fascio, e una qualsiasi altra circonferenza passante per
P1 e P2 , per esempio si può considerare la circonferenza con centro nel punto
medio tra P1 e P2 e raggio R = d(P1 , P2 )/2.

5.1.7 Circonferenza su un piano qualunque dello spazio


Sia (O, {i, j, k}) un riferimento ortogonale dello spazio euclideo e sia ax + by +
cz + d = 0 l’equazione di un piano α. Sia C ∈ α un punto del piano e sia R un

S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13


5.1 Sfere e circonferenze 91

numero reale. Possiamo considerare la circonferenza del piano α di centro C


e raggio R. Vogliamo determinare l’equazione cartesiana e parametrica di tale
circonferenza.

Per risolvere il problema analizziamo da prima l’intersezione di un piano con


una sfera. Sia quindi "P − C"2 − R2 = 0 l’equazione di una sfera S e sia
P = P0 +su+tv una parametrizzazione di un piano α con {u, v} base ortonormale
della giacitura di α. In questo modo (s, t) sono coordinate cartesiano del piano.
Risolvendo il sistema 
"P − C"2 − R2 = 0


P = P0 + su + tv

si perviene all’equazione in s e t

"(P0 − C) + su + tv"2 − R2 = 0 ,

che è equivalente alla

s2 + t2 + 2%(P0 − C), u&s + 2%(P0 − C), v&t + "P0 − C"2 − R2 = 0

la quale rappresenta, tranne in un caso, una circonferenza del piano α (even-


tualmente immaginaria). Il caso singolare si verifica quando l’equazione del-
l’intersezione diviene s2 +t2 = 0. Questo succede quando P0 è tale che (P0 −C)
è perpendicolare sia u che a v ed inoltre la distanza di P0 da C è pari al rag-
gio della sfera, cioè P0 è un punto della sfera. Non è difficile convincersi che
sotto queste condizioni il piano α risulti tangente alla sfera nel punto P0 . L’in-
tersezione del piano con la sfera contiene il solo punto P0 di coordinate reali
(s, t) = (0, 0). Ciò nonostante, il polinomio s2 + t2 può essere decomposto in
C nella forma (t + is)(t − is) è quindi l’equazione s2 + t2 = (t + is)(t − is) = 0
rappresenta due rete immaginarie incidenti in un punto reale.

Questo fatto suggerisce che l’equazione di una circonferenza di un piano α


possa essere data come intersezione del piano α con una opportuna sfera. Bi-
sogna verificare che dati α e una circonferenza C di α con centro in C esista una
sfera S la cui intersezione con α sia C. La verifica di questo fatto è immediata,
infatti basta prendere un qualsiasi punto C ( sulla retta per C perpendicolare al
piano α e considerare la sfera di centro C ( e raggio pari alla distanza di C ( da
un qualsiasi punto di C.

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92 Geometria quadratica 1

Esercizio costruttivo è il viceversa: data una circonferenza C ottenuta come


intersezione di una sfera di centro C e raggio R con un piano α di equazione
ax + by + cz + d = 0, determinare il centro ed il raggio. L’equazione cartesiana
della circonferenza è 
"(P − C)"2 − R2 = 0


ax + by + cz + d = 0 .

Per determinare il centro C ( della circonferenza basta considerare la retta r


perpendicolare ad α e passante per C, per ovvie ragioni geometriche C ( è
il punto di intersezione della retta r con il piano α. Per determinare il rag-
gio R( della circonferenza basta applicare il teorema di Pitagora al triangolo
di vertici CC ( P dove P è un qualsiasi punto della circonferenza. Segue che
2 ( 2 ( 2 2 ( 2 (2
d(C, P)
. = d(C, C ) + (C , P) , ovvero, R = d(C, C ) + R , da cui segue che
R( = R2 − d(C, C ( )2 .

Se invece si vuole determinare l’equazione parametrica della circonferenza α∩


S si procede nel modo seguente. Sia C ( il centro della circonferenza e sia
P un suo punto. Sia {u, v} una base ortonormale della giacitura del piano α.
Denotiamo con θ l’angolo che C ( P forma con il vettore u, segue che OP =
OC ( + C ( P = OC ( + R( cos θu + R( sin θv. Sostituendo, in quest’ultima, le
componenti di OC ( , u e v rispetto ad una base ortonormale {i, j, k} dello spazio
euclideo si ottiene la parametrizzazione della circonferenza.

5.1.8 Esercizi
1. Determinare l’equazione della circonferenza avente centro nel punto di
intersezione delle rette y = x e x + y + 2 = 0 e passante per l’origine degli
assi .

2. Determinare l’equazione della circonferenza avente per diametro il seg-


mento OA con A = (−6, −4).

3. Determinare l’equazione della circonferenza avente centro nel punto C =


(−3, −2) e tangente all’asse x.

4. Determinare l’equazione della circonferenza di centro C = (−4, −1) e


tangente alla retta di equazione x + y + 1 = 0.

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5.1 Sfere e circonferenze 93

5. Dal centro della circonferenza x2 + y2 = 2ax, a ∈ R, è tracciata la retta


parallela alla retta x + 2y = 0. Detti A e B i punti di intersezione tra la
retta e la circonferenza, determinare l’area del triangolo AOB.

6. Data la circonferenza x2 + y2 − 4y = 0 determinare le rette tangenti alla


circonferenza (se ve ne sono), e passanti per il punto A = (0, 6).

7. Dato il fascio di circonferenze (1 + k)x2 + (1 + k)y2 − 12x − 4(1 + k)y = 0,


k ∈ R, determinare il valore di k per cui si ottiene:

• la circonferenza passante per (−1, −1);


• la circonferenza tangente nell’origine alla retta 3x + 2y = 0;
• la circonferenza che ha il centro sulla retta x + y + 4 = 0;

• la circonferenza che ha il raggio pari a 5.

8. Tra le circonferenze passanti per A = (1, 0) ed ivi tangenti alla retta di


equazione x − y − 1 = 0 si trovino quelle di raggio 2 √1 2

9. Data la circonferenza di equazione x2 + y2 + 2x − 2y − 3 = 0 ed il suo


punto A = (0, 3) determinare:

• centro e raggio;
• l’equazione della retta tangente alla circonferenza in A;
• gli altri vertici del quadrato inscritto nella circonferenza ed avente
un vertice in A;

10. Dati tre punti A = (1, 0), B = (3, 4) e C = (2, 3) determinare:

• l’area del triangolo di vertici ABC;


• l’equazione della circonferenza circoscritta al triangolo ABC.

11. Date le circonferenze x2 +y2 = R21 e (x−α)2 +y2 = R22 con α−R2 > R1 , α >
0, determinare le equazioni delle rette tangenti alle due circonferenze.

12. Dimostrare che l’asse radicale di due circonferenze coincide con il luogo
geometrico dei punti del piano aventi la stessa potenza rispetto alle due
circonferenze.

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94 Geometria quadratica 1

13. Dato il fascio di rette generato dalle rette y − x = 0 e y + 2x − 1 = 0,


determinare l’equazione della circonferenza con centro in C = (2, 0) e
tangente a due rette perpendicolari del fascio.
14. Determinare la circonferenza del fascio x2 + y2 − kx = 0, k ∈ R, tangente
alla retta y − x − 4 = 0.
15. Sia C una circonferenza di centro C e raggio R. Si definisce inversione
per raggi reciproci l’applicazione Inv : R2 \ {C} :→ R2 \ {C} definita
nel modo seguente: per un dato punto P del piano Inv(P) = P( è il punto
di intersezione della retta r per C e P con la polare del punto P. La
circonferenza C è detta circonferenza di inversione.

• Se P = (x, y), dimostrare che


R2 (P − C)
Inv(P) = +C
"P − C"2
• Dimostrare che Inv ◦ Inv(P) = P, cioè Inv ◦ Inv è la applicazione
identità. Un’applicazione con tale proprietà si dice involuzione.
• Dimostrare che l’immagine di una circonferenza contenuta all’in-
terno della circonferenza di inversione non passante per l’origine è
una circonferenza.
• Dimostrare che l’immagine di una circonferenza contenuta all’in-
terno della circonferenza di inversione passante per l’origine è una
retta.
• Cosa si può dire dell’immagine di una circonferenza secante la
circonferenza di inversione?
• Studiare l’immagine di una retta nei tre casi: passante per l’origine,
seccante la circonferenza di inversione e tangente alla circonferenza
di inversione.

16. Sia S2 (1) = {P ∈ E3 : d(O, P) = 1} la sfera centrata nell’origine di


raggio 1 e sia N = (0, 0, 1) il polo nord. Si definisca l’applicazione
prN : S2 (1) \ {N} → R2 nel modo seguente: prN (P) = (x, y), con (x, y)
coordinate del punto di intersezione della retta r, passante per N e P,
con il piano equatoriale z = 0. L’applicazione prN si chiama proiezione
stereografica dal polo nord.

S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13


5.2 Cilindri e Coni 95

• Dimostrare che se P = (x0 , y0 , z0 ), allora


, -
x0 y0
prN (P) = ,
1 − z0 1 − z0

• Dimostrare che l’inversa di prN è data da

x2 + y2 − 1
, -
−1 2x 2y
prN (x, y) = , ,
1 + x2 + y2 1 + x2 + y2 1 + x2 + y2

• Calcolare in modo analogo l’applicazione prS : S2 (1) \ {S } → R2


dove S = (0, 0, −1) è il polo sud.
2 2
• Dimostrare che l’applicazione prN ◦ pr−1 S : R \ {O} :→ R \ {O} è
l’inversione per raggi reciproci rispetto alla circonferenza del piano
centrata nell’origine di raggio 1.

5.2 Cilindri e Coni


Sia L una curva dello spazio euclideo E3 dove abbiamo fissato un riferimento
cartesiano. Si pensi, per esempio, ad una retta o ad una circonferenza di un
piano α. Come abbiamo visto in precedenza sia la retta che la circonferenza si
possono parametrizzare. Pensiamo adesso ad una qualsiasi curva dello spazio L
che si possa parametrizzare, nel senso che si possano indicare in modo esplicito
le coordinate dei punti appartenenti alla curva L in funzione di un parametro t.
Quindi le coordinate dei punti della curva L si possono scrivere nella forma

L(t) = (x(t), y(t), z(t)) , t ∈ (a, b) ⊂ R .

Con riferimento alla Figura 5.7 diamo le seguenti definizioni.

Definizione 5.7. Sia v un vettore della giacitura dello spazio euclideo E3 e sia
L una curva parametrizzata. Definiamo cilindro di direttrice L l’insieme delle
rette (generatrici) dello spazio con direzione v ed incidenti la curva L.

Definizione 5.8. Sia V un punto dello spazio euclideo E3 e sia L una curva para-
metrizzata. Definiamo cono di direttrice L l’insieme delle rette (generatrici)
dello spazio passanti per V ed incidenti la curva L.

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96 Geometria quadratica 1

v
V

L L
(a) (b)

Figura 5.7 – Il cono (a) ed il cilindro (b).

Determiniamo le parametrizzazioni del cilindro e del cono. Sia L(t) = (x(t), y(t), z(t))
e sia v = (v1 , v2 , v3 ), allora un punto P appartiene al cilindro con direttrice L e
generatrici parallele a v se e solo se, per qualche t ∈ (a, b), il vettore P − L(t) è
parallelo a v, cioè se esiste s ∈ R tale che P − L(t) = sv. Segue che i punti del
cilindro sono dati da
P(s, t) = L(t) + sv = (x(t) + sv1 , y(t) + sv2 , z(t) + sv3 ) .

Per determinare la parametrizzazione del cono con vertice in V = (x0 , y0 , z0)


e direttrice L(t) = (x(t), y(t), z(t)) basta osservare che un punto P appartiene al
cono se e solo se, per qualche t ∈ (a, b), il vettore P − V è parallelo al vettore
L(t) − V, cioè se esiste s ∈ R tale che P − V = s(L(t) − V). In questo caso il
cono risulta parametrizzato dalla
P(s, t) = V + s(L(t) − V) = (x0 + s(x(t) − x0 ), y0 + s(y(t) − y0 ), z0 + s(z(t) − z0 ) .
Un cono C si dice rotondo se la direttrice è una circonferenza di un piano α ed
il vertice appartiene alla retta per il centro della circonferenza e perpendicolare
al piano α.

Un cilindro C si dice rotondo se la direttrice è una circonferenza di un piano α


e le generatrici sono perpendicolari ad α.

S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13


5.2 Cilindri e Coni 97

5.2.1 Equazione cartesiana del cilindro e del cono


Per equazione cartesiana del cono (o del cilindro) si intende un’equazione del
tipo F(x, y, z) = 0, con F funzione delle tre variabili x, y, z, le cui soluzioni
determinano le coordinate di tutti i punti del cono (o del cilindro). Determina-
re l’equazione cartesiana di un cono o di un cilindro dipende dall’espressione
della parametrizzazione della direttrice L. Non esiste una procedura standard.
In via teorica il metodo consiste nell’eliminare i parametri s, t dalla parame-
trizzazione. Vediamo alcuni esempi.

Sia C il cilindro con direttrice la circonferenza di raggio R e centro nell’origine


del piano z = 0 e sia v = (0, 0, 1). La parametrizzazione del cilindro C è




 x = R cos t

y = R sin t




z = s

da cui segue immediatamente che x2 + y2 = R2 , che rappresenta l’equazione


cartesiana del cilindro nel senso che un punto P = (x, y, z) appartiene al cilindro
se e solo se le sue coordinate soddisfano alla condizione x2 + y2 = R2 . Si vede
quindi che fissate le prime due coordinate il valore della z, non comparendo
nell’equazione, può assume turi i valori reali. È bene osservare che, come nel
caso dell’equazione di un piano nello spazio, l’equazione x2 + y2 = R2 rappre-
senta un cilindro nello spazio ma nel piano rappresenta una circonferenza.

Sia adesso C il cono con vertice nell’origine e direttrice la circonferenza di


centro C = (0, 0, 1) e raggio R = 1 del piano α di equazione z = 1. La
circonferenza può essere parametrizzata da
L(t) = (cos t, sin t, 1) .
Segue che una parametrizzazione del cono è




 x = s cos t

y = s sin t




z = s .

Eliminando i parametri s e t si ottiene l’equazione cartesiana


x2 + y2 − z2 = 0 .

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98 Geometria quadratica 1

Il lettore più attento avrà subito osservato che il polinomio sopra è un polino-
mio omogeneo di secondo grado. Questo fatto non è una coincidenza ed infattii
si può dimostrare la seguente affermazione (la cui dimostrazione è lasciata per
esercizio): il luogo geometrico dei punti dello spazio le cui coordinate soddi-
sfano una equazione polinomiale omogenea rappresenta un cono con vertice
nell’origine.

Se adesso operiamo una traslazione T P0 , con P0 = (x0 , y0 , z0 ), si conclude im-


mediatamente che un polinomio omogeneo nelle variabili x( = x−x0 , y( = y−y0
e z( = z − z0 rappresenta un cono con vertice in P0 . A titolo di esempio, l’e-
quazione (x − 1)2 + (y + 2)2 − (z − 3)2 = 0 rappresenta un cono con vertice in
P0 = (1, −2, 3).

5.2.2 Cono e cilindro circoscritto ad una sfera


Come già osservato in precedenza il luogo geometrico di tutte le rette per un
punto P0 dello spazio e tangenti ad una data sfera S di centro C e raggio R
forma un cono con vertice in P0 circoscritto alla sfera. In questo caso la (5.8)
fornisce l’equazione cartesiana del cilindro, cioè
[%(P − C), (P0 − C)& − R2 ]2 − ("P − C"2 − R2 )("P0 − C"2 − R2 ) = 0 .
Se adesso consideriamo il luogo geometrico delle rette con una data direzione
v tangenti alla sfera S troviamo un cilindro circoscritto alla sfera. Per determi-
nare l’equazione di tale cilindro basta considerare la (5.7) dove si considera P0
come un punto arbitrario del cilindro mentre v è la direzione delle generatrici
del cilindro. Si ottiene l’equazione
%(P − C), v&2 − "v"2 ("P − C"2 − R2 ) = 0 .

5.2.3 Esercizi
1. Date le rette
 
2x + y + z = 1
 −2x − z + 1 = 0

r( = 
 
r= ,
 x + 2y = −1
 3x + y + z = 0

• Trovare l’equazione cartesiana della sfera S passante per l’origine


e centro nel punto di intersezione tra r e r( .

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5.3 Coniche come luogo geometrico 99

• Scrivere l’equazione cartesiana del cono tangente alla sfera S con


vertice in V = (2, −1, 1).
• Determinare l’equazione parametrica di una direttrice L del cono
che appartenga alla sfera S .
• Scrivere l’equazione parametrica e cartesiana del cilindro con di-
rettrice r e generatrici parallele alla retta r( .
• Scrivere l’equazione del cilindro con direttrice L e generatrici pa-
rallele alla retta r.

5.3 Coniche come luogo geometrico


In questo paragrafo risolveremo alcuni problemi classici che ci porteranno ad
introdurre alcune curve e superfici definite da una equazione polinomiale di 2◦
grado.

Iniziamo con il seguente problema: nel piano euclideo determinare il luogo dei
punti P tali che la somma delle distanze da due dati punti del piano F 1 e F 2
(chiamati fuochi) è una data costante positiva, denotata con 2a.

Questo luogo di punti si chiama ellisse e, rispetto ad un opportuno riferimento


cartesiano del piano (detto riferimento canonico dell’ellisse), la sua equazione
cartesiana è un’equazione polinomiale di secondo grado. Dimostriamo questo
fatto.
Con riferimento alla Figura 5.8, scegliamo come origine del riferimento il pun-
to medio tra i due fuochi F 1 e F 2 , come vettore i quello con direzione e verso
concorde con F 2 F 1 e j in modo tale che la base {i, j} sia orientata positivamen-
te. Segue che se F 1 = (c, 0), c > 0, allora F 2 = (−c, 0). La condizione che
caratterizza i punti appartenenti all’ellisse si scrive quindi:
. .
d(P, F 1) + d(P, F 2 ) = (x − c)2 + y2 + (x + c)2 + y2 = 2a .

Ora, muovendo la seconda radice a destra dell’uguale, quadrando l’equazio-


ne una prima volta, isolando l’unica radice rimasta, quadrando nuovamente e
facendo le dovute semplificazioni si perviene all’equazione

(a2 − c2 )x2 + a2 y2 = a2 (a2 − c2 ) .

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100 Geometria quadratica 1

Adesso, essendo per costruzione a > c, possiamo porre b2 = a2 − c2 , da cui


l’equazione precedente può essere messa nella forma

x2 y2
+ = 1, (5.17)
a2 b2
che prende il nome di equazione canonica dell’ellisse.
y

b
P

−a a
F2 F1 x

−b

Figura 5.8 – L’ellisse in forma canonica.

È istruttivo mostrare che ogni punto P0 = (x0 , y0 ) le cui coordinate soddisfano


la (5.17) è un punto dell’ellisse. Infatti, supponiamo che d(P0 , F 1 )+d(P0 , F 2) =
2a( . Dobbiamo dimostrare che a( = a. Seguendo i calcoli appena visti si trova

x20 y20
+ = 1, (b( )2 = (a( )2 − c2 (5.18)
(a( )2 (b( )2
che, confrontata con la (5.17), implica che
, - , -
2 1 1 2 1 1
x0 2 − ( 2 + y0 2 − ( 2 = 0 .
a (a ) b (b )

Siccome (x0 , y0 ) sono soluzioni della (5.17) non possono essere entrambi nulli.
Segue dalla (5.18) che o a2 = (a( )2 o b2 = (b( )2 ed in ogni caso, per come sono
definiti b e b( , si conclude che a = a( .

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5.3 Coniche come luogo geometrico 101

I numeri a e b sono chiamati semi assi dell’ellisse mentre i punti di intersezione


dell’ellisse con gli assi coordinati sono detti vertici. La parte dell’ellisse del
primo quadrante si può descrivere tramite la funzione
/
x2
y = b 1 − 2 , x ∈ [0, a]
a
la quale indica che il grafico dell’ellisse nel primo quadrante è quello indicato
in Figura (5.8). Le restanti parti dell’ellisse si possono tracciare per simmetria
(il lettore dovrebbe scrivere esplicitamente le funzioni che descrivono il grafico
dell’ellisse nei restanti tre quadranti e convincersi che la Figura (5.8) è corret-
ta).

In modo simile definiamo l’iperbole come: il luogo dei punti P del piano tali
che il valore assoluto della differenza delle distanze da due dati punti del piano
F 1 e F 2 (chiamati fuochi) è una data costante positiva, denotata con 2a.

Introducendo un riferimento cartesiano come nel caso dell’ellisse, un punto


P = (x, y) appartiene all’iperbole se
. .
|d(P, F 1) − d(P, F 2 )| = | (x − c)2 + y2 − (x + c)2 + y2 | = 2a .

Con calcoli simili a quelli svolti nel caso dell’ellisse si perviene all’equazione

x2 y2
− = 1 , b2 = c2 − a2 , (5.19)
a2 b2
che prende il nome di equazione canonica dell’iperbole. Per tracciare l’iper-
bole in forma canonica procediamo nel modo seguente. In questo caso la parte
dell’iperbole del primo quadrante si può descrivere tramite la funzione
/
x2
y=b − 1 , x ∈ [a, +∞) , (5.20)
a2
la quale, utilizzando i metodi dell’analisi matematica, ha come grafico quello
mostrato in Figura 5.9. In particolare, la funzione (5.20) presenta un asintoto
obliquo di equazione y = (b/a)x. In fine, descrivendo la parte dell’iperbole nei
restanti tre quadranti come grafico di opportune funzioni ed evidenziando le
simmetrie tra queste funzioni, si perviene al grafico dell’iperbole mostrato in

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102 Geometria quadratica 1

y=− ba x y= ba x

F2 −a a F1 x

Figura 5.9 – L’iperbole in forma canonica.

Figura 5.9.

Descriviamo adesso l’ellisse e l’iperbole utilizzando un’altra costruzione geo-


metrica la quale ci permeterà di definire una terza curva. Il problema geometri-
co si può formulare nel modo seguente: fissati un punto F, detto fuoco, ed una
retta r nel piano, detta direttrice, (con F " r), determinare il luogo di punti P
del piano tali che
d(P, F)
=e
d(P, r)
dove e è una costante reale positive chiamata eccentricità. Si veda la Figu-
ra 5.10.
Rispetto ad un qualsiasi riferimento cartesiano dove l’asse delle x è la retta per
F perpendicolare ad r, le coordinate del fuoco sono F = (c, 0), c ∈ R, mentre
la direttrice ha equazione x = d, d ∈ R. La condizione
dist(P, F)
=e
dist(P, r)
diventa .
(x − c)2 + y2 = e |x − d| .
Elevando al quadrato si ottiene
(1 − e2 )x2 + y2 + 2(de2 − c)x + (c2 − e2 d 2 ) = 0 . (5.21)

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5.3 Coniche come luogo geometrico 103
r

F
x

Figura 5.10 – Definizione di eccentricità.

Se e ! 1, possiamo scegliere l’origine in modo che de2 − c = 0. L’equazione


diventa
x2 y2
+ =1 (5.22)
d 2 e2 d 2 e2 (1 − e2 )
e si presentano due casi
e < 1 In questo caso i denominatori sono entrambi positivi e si tratta di un
ellisse.
e > 1 In questo caso i denominatori hanno segni opposti e si tratta di un iper-
bole.
Dal confronto delle equazioni (5.22), (5.17) e (5.19), tenendo conto che de2 =
c, si ottiene
a2 c
d= , e= .
c a
Vediamo adesso il caso in cui e = 1. La (5.21) diventa
y2 + 2(d − c)x + (c2 − d 2 ) = 0 .
Scegliendo l’origine in modo che d = −c, come mostra la Figura 5.11, l’equa-
zione diventa
y2 = 2px , p = 2c , (5.23)
che prende il nome di equazione canonica della parabola. La geometria della
parabola è, in questo caso, molto semplice da comprendere visto che la (5.23) si
può pensare come il grafico di una funzione dipendente da y con y ∈ (−∞, +∞).

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104 Geometria quadratica 1
r
y

F
x

Figura 5.11 – La parabola in forma canonica.

5.3.1 Esercizi
x 2 y2
1. Trovare due punti P e Q dell’ellisse 36 + 9
= 1 tali che assieme a A =
(6, 0) formino un triangolo equilatero.
2 2
x y
2. Sia R un rettangolo con vertici nell’ellisse 49 + 24 = 1 e con due lati
perpendicolari all’asse delle ascisse e passanti per i fuochi. Calcolare
l’area di R.

3. Gli estremi A, B di un segmento rettilineo di lunghezza ' si muovono


lungo gli assi coordinati. Determinare il luogo geometrico dei punti M
del segmento tali che
d(A, M)
=k∈R
d(B, M)

4. Trovare l’equazione canonica


√ dell’iperbole con asintoti y = (±1/2)x e
passante per P = (12, 3).

5. Siano F 1 e d1 un fuoco e una direttrice di un’iperbole e sia r un suo


asintoto. Se F 1 P ⊥ r, P ∈ r, dimostrare che P ∈ d1 .

6. Sia P un punto vincolato a muoversi lungo una circonferenza centrata


nell’origine e raggio R. Sia M un punto del segmento OP le cui coordi-

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5.3 Coniche come luogo geometrico 105

nate dividono quelle di P in segmenti di rapporto λ ∈ R. Determinare il


luogo geometrico individuato da M.

7. Trovare il luogo geometrico descritto dai centri di tutte le circonferenze


tangenti a due date circonferenze.

8. Scrivere l’equazione canonica di un’iperbole per la quale il punto P =


(16/5, 12/5) è l’itersezione di un asintoto con una direttrice.

9. Calcolare la lunghezza dei lati di un triangolo equilatero i cui vertici


appartengono alla parabola y2 − 2px = 0.

5.3.2 Parametrizzazioni delle coniche in forma canonica


Ricordando l’identità fondamentale della goniometria, l’ellisse di equazione

x2 y2
+ =1
a2 b2
si può parametrizzare nel modo seguente:

P(θ) = (a cos θ, b sin θ) .

Per l’iperbole è necessario ricorrere alle funzioni iperboliche (come lo stesso


nome avrebbe dovuto suggerire). Si verifica immediatamente che l’iperbole di
equazione
x2 y2
− =1
a2 b2
ammette una parametrizzazione data da

P(θ) = (a cosh θ, b sinh θ) .

Il caso della parabola risulta immediato. Normalmente per una parabola di


equazione
y2 = 2px
si sceglie la parametrizzazione

P(t) = (2pt2 , 2pt) .

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106 Geometria quadratica 1

5.4 Superfici di rivoluzione


Sia r una retta dello spazio euclideo E3 e sia γ una curva arbitraria dello spazio.
Se ruotiamo γ attorno alla retta r (asse di rotazione) ogni punto P ∈ γ, ruotan-
do attorno alla alla retta r, descrive una circonferenza appartenente al piano per
P ortogonale alla retta r e con il centro sulla retta r. L’insieme di tutte queste
circonferenze forma una superficie chiamata superficie di rivoluzione (si veda
la Figura 5.12).

Le circonferenze descritte dalla rotazione dei punti P ∈ γ sono chiamati paral-


leli mentre le curve ottenute dall’intersezione della superficie con piani conte-
nenti l’asse di rotazione sono detti meridiani. Chiaramente se invece di ruo-
tare la curva γ si ruota uno dei suoi meridiani si ottiene la stessa superficie di
rivoluzione.
Per descrivere l’equazione di una superficie di rotazione supponiamo che γ
sia un meridiano e scegliamo un riferimento cartesiano dello spazio in modo
che il meridiano γ appartenga al piano y = 0, come mostrato in Figura 5.12.
Supponiamo inoltre che la curva γ sia descritta dall’equazione

F(x, z) = 0


(5.24)
y = 0 .

Si osservi che se un punto P0 ∈ γ ha coordinate (x0 , 0, z0) allora la distanza


del punto P0 dall’asse di rotazione (l’asse z) è d = |x0 |. Se per un momento
supponiamo che i punti di γ abbiano ascissa non negativa, allora d = x0 . Sia
adesso P = (x, y, z) un punto generico della superficie di rotazione. Siccome il
punto P appartiene ad uno dei paralleli della superficie, esiste un punto P0 ∈
γ appartenente allo stesso parallelo, si veda ancora la Figura 5.12. Sia d il
raggio del parallelo, allora le coordinate del punto P0 sono P0 = (d, 0, z) con
F(d, z) = 0. Adesso, dal fatto
. che la distanza del punto . P dall’asse di rotazione
è pari a d, si ottiene d = x + y . Sostituendo d = x2 + y2 nella condizione
2 2

F(d, z) = 0 si ottiene, essendo P un punto generico della superficie, il seguente


fatto: l’equazione di una superficie di rivoluzione ottenuta ruotando una curva
γ di equazione F(x, z) = 0, y = 0 attorno all’asse z è
.
F( x2 + y2 , z) = 0 . (5.25)

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5.5 Quadriche di rotazione 107

d
d
P0 = (d, 0, z)
P = (x, y, z)
γ

Figura 5.12 – Superficie di rivoluzione.

5.4.1 Equazione parametrica di una superficie di rivoluzione


Se il meridiano γ è descritto in forma parametrica dalla

γ(t) = (x(t), 0, z(t))

la parametrizzazione della superficie di rivoluzione ottenuta dalla rotazione


della curva γ attorno all’asse z si ottiene facendo agire le rotazioni antiora-
rie attorno all’asse z di angolo θ ad un generico punto P della curva γ. Tenendo
conto dell’Osservazione 4.5, si ottiene la parametrizzazione

cos θ − sin θ 0  x(t)


  
X(θ, t) = Rkθ γ/ =  sin θ cos θ 0  0 
  
0 0 1 z(t)
  

= x(t) cos θ, x(t) sin θ, z(t) . (5.26)


0 1

5.5 Quadriche di rotazione


In questo paragrafo consideriamo le superfici di rotazione ottenute facendo
ruotare le conica descritte nel paragrafo 5.3 attorno ad uno degli assi coordinati.

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108 Geometria quadratica 1

5.5.1 Ellissoidi
Si consideri nel piano y = 0 l’ellisse di equazione

x2 z2
+ = 1.
a2 b2
Ruotando l’ellisse attorno all’asse z si ottiene una superficie di rotazione, chia-
mata ellissoide di rotazione, la cui equazione, tenendo conto della (5.25),
è
x2 + y2 z2
+ 2 = 1. (5.27)
a2 b
L’aspetto della superficie, a seconda che a sia maggiore o minore di b, è mo-
strato nelle Figura 5.13 e Figura 5.14. È un esercizio utile descrivere le curve
ottenute intersecando l’ellissoide di rotazione con piani perpendicolari agli assi
coordinati. Per esempio, le intersezioni con piani perpendicolari all’asse delle
z di equazione z = c, c ∈ R, sono circonferenze (eventualmente immaginarie)
di equazione 
z = c


 x2 + y2 = a2 1 − c22 ,
 2 3

b

in accordo con il fatto che la superficie è di rotazione attorno all’asse z. Il let-


tore dovrebbe descrivere i rimanenti casi.

In teoria si potrebbe considerare la superficie ottenuta dalla rotazione dell’el-


lisse attorno all’asse delle x invece che attorno all’asse delle z. Non è dif-
ficile convincersi che il risultato di tale operazione genera una superficie di
equazione
x2 y2 + z2
+ =1
a2 b2
la quale, dopo il cambiamento di coordinate cartesiano x = z( , y = y( e z = x( ,
si trasforma nella (5.27).

Generalizzando quanto visto in questo paragrafo definiamo ellissoide la super-


ficie dello spazio che, rispetto ad un opportuno sistema di riferimento cartesia-
no, ha equazione
x2 y2 z2
+ + = 1. (5.28)
a2 a2 c2

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5.5 Quadriche di rotazione 109

La (5.28) rappresenta una superficie il cui aspetto è simile a quello delle Figu-
re 5.13 e 5.14. L’unica differenza è che nel caso in cui a, b, c siano distinti la
superficie non è di rotazione rispetto ad alcun asse.
z

Figura 5.13 – Ellissoide di rotazione con a > b.

5.5.2 Iperboloidi
Procedendo allo stesso modo del paragrafo precedente si consideri, nel piano
y = 0, l’iperbole di equazione
x2 z2
− = 1.
a2 b2
Ruotando l’iperbole attorno all’asse z si ottiene una superficie di rotazione,
chiamata iperboloide di rotazione ad una falda, la cui equazione, tenendo
conto della (5.25), è
x2 + y2 z2
− 2 = 1. (5.29)
a2 b
L’aspetto della superficie, è mostrato nella Figura 5.15. Anche in questo caso
il lettore dovrebbe studiare le intersezioni dell’iperboloide ad una falda con i
piani perpendicolari agli assi coordinati.

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110 Geometria quadratica 1
z

Figura 5.14 – Ellissoide di rotazione con a < b.

Anche in questo caso l’equazione (5.29) si può generalizzare nella

x2 y2 z2
+ − = 1, (5.30)
a2 b2 c2
la cui superficie corrispondente prende il nome di iperboloide ad una falda.

Diversamente dal caso dell’ellisse se ruotiamo l’iperbole attorno all’asse delle


x la superficie ottenuta è sostanzialmente differente da quella ottenuta ruotando
l’iperbole attorno all’asse delle z. Basti osservare, come mostra la Figura 5.16,
che ruotando l’iperbole attorno all’asse delle x si ottiene una superficie formata
da due componenti (falde). In questo caso la superficie ha equazione

x2 y2 + z2
− = 1, (5.31)
a2 b2

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5.5 Quadriche di rotazione 111

Figura 5.15 – Iperboloide ad una falda.

è prende il nome di iperboloide di rotazione a due falde.

Come negli altri casi la (5.31) si generalizza nella


x2 y2 z2
− − = 1, (5.32)
a2 b2 c2
la cui superficie corrispondente prende il nome di iperboloide a due falde.

5.5.3 Paraboloidi
In questo paragrafo consideriamo il caso in cui si ruota una parabola attorno ad
uno degli assi coordinati. Si consideri quindi, nel piano y = 0, la parabola di
equazione
x2 = 2pz .

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112 Geometria quadratica 1

Figura 5.16 – Iperboloide a due falde.

Se ruotiamo la parabola attorno all’asse delle x si ottiene una superficie di


equazione
.
x2 = 2p y2 + z2
che, quadrando, diventa
x4 = 4p2 (y2 + z2 )
la quale rappresenta una superficie la cui equazione è data da un polinomio di
quarto grado. Siccome il nostro interesse è nelle superficie la cui equazione
è data da un polinomio di secondo grado, questo esempio esula dalla nostra
trattazione e non verrà considerato.

Se invece ruotiamo la parabola attorno all’asse delle z si ottiene la superficie di


equazione
x2 + y2 = 2pz , (5.33)
chiamata paraboloide di rotazione. Una rappresentazione del paraboloide di
rotazione è mostrata in Figura 5.17.

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5.5 Quadriche di rotazione 113

Figura 5.17 – Paraboloide di rotazione.

In fine anche in questo caso si può generalizzare la (5.33) nella

x2 y2
+ = 2z , (5.34)
a2 b2
la cui superficie corrispondente prende il nome di paraboloide ellittico.

Una ulteriore generalizzazione della (5.34) consiste nella

x2 y2
− = 2z . (5.35)
a2 b2
Questa equazione rappresenta una superficie che non ha un corrispondente di
rotazione come nei casi precedenti, cioè se nella (5.35) si pone a = b la cor-
rispondente superficie non è di rotazione rispetto a nessuno degli assi coor-
dinati. Il lettore può verificare questo fatto analizzando le intersezioni con i
piani perpendicolari agli assi coordinati e mostrando che non si ottengono mai
circonferenze.
La superficie rappresentata dalla (5.35) prende il nome di paraboloide iperbo-
lico o paraboloide a sella. Il nome a sella trova giustificazione nella sua forma
che assomiglia, per l’appunto, ad una sella, come mostra la Figura 5.18.

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114 Geometria quadratica 1

Figura 5.18 – Paraboloide iperbolico.

Come mostreremo nel prossimo capitolo le equazioni delle coniche e delle qua-
driche viste in questo paragrafo e riassunte nella Tabella 5.1 sono, in qualche
modo, fondamentali per la comprensione dell’equazione generale di una conica
o di una quadrica e, per questo motivo sono chiamate equazioni canoniche.

5.5.4 Esercizi
1. Dato l’ellissoide Q di equazione x2 + y2 + 4z2 = 1

• Scrivere l’equazione del cono con vertice nell’origine e direttrice L


data come intersezione di Q con il piano z = k.
• Scrivere l’equazione del cono con vertice V = (2, 0, 0) e direttrice
L data come intersezione di Q con il piano x = k.
• Scrivere l’equazione del cilindro con generatrici parallele a k e
tangenti all’ellissoide.

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5.5 Quadriche di rotazione 115

Nome Equazione Di rotazione

x2 y2 z2
Ellissoide + + = 1 se due tra a, b, c sono uguali
a2 b2 c2
x2 y2 z2
Iperboloide ad una falda + − =1 se a = b
a2 b2 c2
x2 y2 z2
Iperboloide a due falde − − =1 se b = c
a2 b2 c2
x2 y2
Paraboloide ellittico + = 2z se a = b
a2 b2
x2 y2
Paraboloide iperbolico − = 2z mai
a2 b2

Tabella 5.1 – Equazioni canoniche delle cinque quadriche incontrate in questo paragrafo.

2. Dimostrare che le ellissi ottenute intersecando l’ellissoide


x2 y2 z2
+ + =1
a2 b2 c2
con i piani x = k = costante hanno la stessa eccentricità.

3. Mostrare che il piano 2x + 3y − 6z − 6 = 0 interseca l’iperboloide

x2 y2
+ − z2 = 1
9 4
lungo due rette.

4. Determinare il fuoco della parabola ottenuta come intersezione del para-


boloide
x2 y2
− =z
16 4
con il piano y = 2.

S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13

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