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Riassunto Vita e dottrina di kant -Cassirer

Estetica (Università di Bologna)

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RIASSUNTI: “VITA E DOTTRINA DI KANT”- ERNST CASSIERER


CRITICA DELLA RAGION PURA
- Nelle opere antecedenti alla prima critica emergeva il libero movimento della fantasia ora, invece,
prende il posto il rigore dell’ analisi concettuale astratta e una greve serietà accademica in cui regna
la capacità di Kant di rendere in un unico colpo in immagini caratteristiche e in frasi
epigrammatiche il risultato di una lunga deduzione e analisi dei concetti (impressione dell’opera
purtroppo molto scolastica con aria di arida rimuginazione).
- Kant sostiene un tipo di pensiero completamente nuovo rispetto al suo stesso passato e alla
filosofia illuministica: c’è una progressiva costruzione sistematica dell’insieme dove via via tutti i
particolari vengono a compiersi in un tutto; nella sua riflessione metafisica Kant mostra un’umiltà
rispetto ai suoi ascoltatori tentando di suscitare riflessioni filosofiche sull’oggetto come fosse egli
stesso agli inizi. Il tema principale della prima critica è lo studio del concetto di metafisica e il tuo
sviluppo nei secoli in cui è sorta una contraddizione: pretesa di valere come verità assoluta per
risolvere il problema dell’essere. Kant non nega che la metafisica sia necessaria come disposizione
naturale dell’uomo.
- Critica della Ragion Pura: obbiettivo non di illuminare le ragioni a noi sconosciute al di la del mondo
sensibile ma anzi il nostro stesso intelletto. Non è dunque lo “studio dell’oggetto” ad essere al
centro dell’esame di questa critica ma anzi, siamo noi stessi a doverci domandare le origini che la
metafisica ha nel nostro intelletto.

LO STUDIO DELLA METAFISICA E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA

- Vecchia metafisica: ontologia. Cominciava col determinare condizioni generali sull’ essere e da li
cercava di dare sale alla conoscenza delle determinazioni cosali.
- Kant inaugura una semplice analitica dell’ intelletto puro che si domanda che cosa significhi in
generale il quesito intorno all’ essere: se prima nella metafisica l’ essere era il punto di partenza
ora, per Kant figura come problema.
- Di qui si deve cominciare con lo spiegare cosa significhi il concetto di realtà effettuale e cosa voglia
dire determinare un’oggettività. Un’oggettività di cui la possibilità non è esclusa a pieno ma del cui
senso si deve comunque poter rendersi conto; è una richiesta della ragione; la domanda che sorge
per dischiudere il segreto della metafisica è la seguente: quale fondamento ha il rapporto fra
rappresentazione e oggetto?
- Questa questione generale dell’oggetto della conoscenza non è tanto domanda della metafisica ma
piuttosto della logica; il contrasto che si pone tra rappresentazione e oggetto è una determinata
qualità del giudizio e non due caratteri diversi dell’ essere assoluto.
- Rivoluzione copernicana in Kant: fino ad ora si era ammesso che ogni conoscenza dovesse regolarsi
sugli oggetti ma ogni tentativo di stabilire intorno ad essi qualcosa a priori non riuscì a nulla ed è
proprio per questo che Kant pone l’ ipotesi che sono gli oggetti che debbono regolarsi sulla nostra
conoscenza ( prima che essi ci siano dati) e non viceversa.
- La rivoluzione del modo di pensare sta nel fatto che ora cominciamo con la riflessione della ragione
su se stessa, sui suoi principi fondamentali: la riflessione sugli oggetti seguirà in secondo tempo,
solo dopo aver compiuto il passaggio precedete.
- Soggettività: designa il partire non dall’oggetto ma da una legalità specifica della conoscenza
riconducibile ad una forma determinata di oggettività.

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- Trascendentale: termine inaugurato da Kant per iniziare una nuova filosofia che tratta ogni
conoscenza che non si occupi tanto di oggetti quanto del nostro modo di conoscerli in generale a
priori.
- Metafisica: scienza dei principi di ogni conoscenza a priori; per essere scienza deve essere dottrina
dei principi della matematica e della conoscenza della natura ma anche dei costumi, del diritto e
della religione …
- Filosofia: unica disciplina in cui è possibile cogliere la relazione delle funzioni spirituali fondamentali
nella loro vera universalità ad un livello non accessibile a quelle scienze precedenti.

I GIUDIZI SINTETICI A PRIORI E I CONCETTI DI SPAZIO E TEMPO

- Kant coglie dalla geometria e dall’aritmetica e fissa grazie ad esse la pietra di paragone del mutato
metodo del modo di pensare: che noi delle cose (natura) non conosciamo a priori se non quello che
noi stessi vi mettiamo con l’ intelletto.
- Ai concetti di soggettività e trascendentale si affianca un altro concetto chiave: la sintesi a priori
cioè si parte da un determinato nesso costruttivo la cui forma universale condiziona l’ infinità di
elementi particolari che ci si presentano dinnanzi; ne viene che ogni sintesi a priori è
indissolubilmente congiunta alla forma dell’intuizione pura su cui essa si regge.
- Tutti i giudizi sintetici della conoscenza teoretica si configurano completamente all’unico modetto
prototipico di spazio e tempo il cui rapporto intercorre in ogni conoscenza sintetica a priori fra
l’universale e il particolare.
- Tutte le singole grandezze spazio temporali sono possibili grazie all’illimitata rappresentazione
unitaria del tempo infatti i singoli istanti temporali si possono porre solo mediante una sintesi in cui
ci sorge originariamente il concetto di successione di momenti e dunque noi non inseriamo tali
costrutti in uno spazio e in un tempo già predefiniti ma li produciamo solamente mediante lo spazio
e il tempo in fieri dove possiamo coglierli come atti costruttivi da parte dell’intuizione.
- È la ragione che deve entrare innanzi e costringere la natura a rispondere alle proprie domande e
non lasciarsi guidare da lei ciecamente.

LA POSSIBILE ESPERIENZA DELLA NATURA

- Il compito che la critica trascendentale si pone è quello di comprendere l’unità della teoria
scientifica della natura e spiegarla come l’unità della matematica pura a partire da un principio
universale di fondo. La sintesi a priori rendeva comprensibile il tutto della forma dell’intuizione, la
totalità dello spazio e del tempo puri che stava alla base di tutti i costrutti spaziali e temporali.
- Natura: esserci delle cose in quanto determinato secondo leggi universali; l’intero oggetto di ogni
possibile esperienza. Da qui il compito generale della critica riceve un’altra forma: non domanda
più come siano possibili gli oggetti come cose dell’esperienza ma come sia possibile e lecita l’
esperienza stessa in rapporto ai suoi oggetti; perciò Kant intuisce che l’ esperienza stessa è un
modo di conoscere che richiede il concorso dell’intelletto, ossia un giudicare e un argomentare
basati su determinate condizioni logiche a priori.
- Prima di poter essere osservata, la natura deve necessariamente essere pensata come un sistema,
così facendo, attraverso le categorie di spazio e tempo tutte le leggi di natura particolari appaiono
solo come “specificazioni” di principi universali dell’intelletto.
- Intelletto: esso stesso è fonte delle leggi della natura e quindi dell’unità formale di essa.

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LA SINTESI DEI CONCETTI PURI DELL’INTELLETTO

- Il concetto puro :svolge la sua funzione non dove descrive il dato dell’esperienza ma dove
costituisce la forma pura di essa. Il concetto puro ha sede nell’intelletto e ne determina l’intuizione.
Ciò che contrassegna e definisce il concetto è la necessità del prevalervi di leggi oggettive.

CLASSIFICAZIONE DEI CONCETTI PURI

- I Giudizi si suddividono nelle quattro classi di: quantità (unità, pluralità, totalità); qualità
(realtà,negazione, limitazione); relazione (sostanza,causalità,reciprocità); modalità (possibilità,
esistenza, necessità).
- Noi conosciamo l’ oggetto quando abbiamo prodotto un’unità sintetica nel molteplice
dell’intuizione.
- Il principio sintetico nasce quando la funzione designata da una determinata categoria si rapporta
alla forma dell’intuizione pura compenetrandosi con essa in un’unità sistematica.

IL CONCETTO DI CAUSALITA’

- Sistema della natura: sistema di leggi che non riguarda l’oggetto isolato ma il collegamento
universale dei fenomeni e la forma di dipendenza reciproca in cui essi stanno fra loro e dunque solo
col porre sotto il concetto di causalità un rapporto tra fenomeni abbiamo veramente fissato in
modo univoco un ordine dei suoi membri; questo rapporto non fa altro che rendere necessaria la
connessione delle rappresentazioni e sottometterle ad una regola.
- Causa : concetto che dimostra come di ciò che accade si possa primariamente formare un
determinato concetto empirico.

IL POSTULATO DELLA REALTA’

- È solo la sensazione a contenere in se la possibilità di porre il singolare. La regola per conoscere la


realtà delle cose è la percezione (sensazione) cioè non l’ immediata conoscenza dell’oggetto in se
ma la connessione della sua rappresentazione a una percezione reale data che chiamiamo causalità
empirica.

IL POSTULATO DELLA NECESSITA’

- Noi diciamo necessario un determinato fatto in quanto vediamo e proviamo la comparsa di questa
fatticità come la conseguenza derivante da una legge universale che non ha significato logico-
formale bensì valore conoscitivo fondato nel pensiero empirico.
- Mentre il postulato della realtà va dal particolare all’universale (caso singolo, senso-percezione), il
postulato della necessità va dall’universale al particolare (dalla legge al caso singolo).

CRITICA DEL CONCETTO DI IO

- L’ essere delle cose nello spazio dipende dal fatto fondamentale dell’io.
- L’io è l’unica realtà effettiva costituita dall’anima spirito divino.

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- L’unico contenuto di ciò che chiamiamo esistenza è da intendersi solo come contenuto psichico,
percepito.
- Il pensiero dell’ Io nasce dall’unificazione del molteplice mediante cui contenuto sensoriale diviene
contenuto dell’esperienza (dall’ impressione a oggetto).
- Senza la coscienza i concetti e la conoscenza degli oggetti sono impossibili; senza la coscienza ogni
riproduzione delle rappresentazioni è inutile infatti è proprio essa che unifica il molteplice e che poi
riproduce una rappresentazione.
- L’ Io costituisce il “correlato delle nostre rappresentazioni” non appena si è coscienti, insomma,
costituisce il presupposto perché qualcosa si possa designare come percezione.
- Solo mediante la proposizione “Io penso” le nostre rappresentazioni si possono intendere spettanti
ad un’unica autocoscienza; fuori dal concetto di Io non possiamo avere conoscenza del soggetto in
se che come sostrato a fondamento di tutti i pensieri.
- Io: appercezione trascendentale costante, immutabile, semplice e indivisibile. O si pensa tutto
intero (nel molteplice) o non si può pensare affatto. Io e oggetto sono espressione dell’ esperienza
in generale mediante i quali si danno i contenuti esterni e interni.
- Esperienza: insieme di relazioni in progresso e non in una totalità di assoluto. La ragione si riferisce
però solo all’uso dell’intelletto non in quanto principio di esperienza possibile;a noi il tutto dell’
esperienza è dato come un divenire e come una meta; essa non può infatti definire cosa sia l’
oggetto ma come vada compiuto il raggiungimento del concetto completo dell’oggetto.

ANALISI DELL’IDEA DI DIO


- Accanto all’idea di mondo e di anima si affianca l’analisi dell’idea di Dio che la prova ontologica
tenta di risolvere.
- Sia la prova ontologica sia le prove che ne conseguono, cioè quella cosmologica e fisico-teologica,
vengono smentite e rimandate alla prima (che è anch’essa considerata errata) in quanto Kant gli
rimprovera la non connessione tra esperienza e pensiero; soltanto così dal piano dell’essere a
quello metafisico, senza fare tappa appunto al pensiero e all’esperienza (che sono propri del
fenomeno, cioè dell’unica cosa di cui io posso pensare e su cui posso costituire esperienza).
- Per Kant insomma, la ragione non ha bisogno di un ente superiore e assoluto, l’ideale è il modello
di tutte le cose insieme. Non possiamo fissare un oggetto empirico se non fissandogli un posto
entro gli oggetti dell’esperienza e pensarla in relazione a tutti gli elementi insieme.

FENOMENO E NOUMENO

- Fenomeno: oggetto di un’esperienza possibile, oggetto che non viene pensato in se, ma è
trasmesso dalle forme di intuizione del pensiero puro e che non può essere dato se non per mezzo
di esse.
- Noumeno: non è una contraddizione ma il puro nulla in quanto al di fuori di ogni rapporto con le
leggi formali della conoscenza non si può più mostrare il minimo fondamento. Cosa che non va
pensata come oggetto dei sensi ma esclusivamente dall’intelletto (cosa in se stessa)
- Il pensiero è si possibile in senso analitico, regolato dalla logica formale ma non è valido come
contenuto reale della conoscenza.
- Ciò che ci è dato conoscere con l’esperienza è unicamente fondato sull’intervento di due fattori
fondamentali cioè sensibilità e intelletto.
- Esperienza: relazione fra intelletto e intuizione, non presi come elementi singoli assoluti.

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PRIMI EFFETTI DELLA FILOSOFIA CRITICA


I PROLEGOMENI
- A seguito delle critiche ricevute sulla prima edizione della Critica della Ragion Pura Kant scrive
un’altra opera in cui esprime e chiarisce la sua concezione di storia e società: I Prolegomeni.
- Per Kant il compito dell’autocoscienza morale può trovare adempimento solo nel medium della
società.
- Comprendendo che la via della vera unità ideale del genere umano può passare solo attraverso
lotte e contrasti, solo così si riesce a giustificare la storia. La natura ha creato l’uomo più debole
degli altri esseri affinché proprio questa indigenza gli facesse da stimolo a uscire dalla sua
limitatezza. Senza la insocievolezza, da cui emergono pretese egoistiche, i talenti rimarrebbero
chiusi e così regnerebbe solo amore e armonia. Il male dunque, deduciamo essere il progresso
stesso della storia e la fonte del bene che ne deriva; è solo a partire dalla discordia dunque che si
raggiunge la vera concordia etica.
- Considerando la storia come l’attuazione di un ‘’disegno della natura’’ è non solo possibile ma
anche assolutamente giovevole.
- Storia: per Kant in conclusione, si dà per noi solo la dove consideriamo una determinata serie di
eventi, non guardando solo alla successione temporale o a singoli momenti ma riferendosi all’unità
di un fine immanente.
- Evoluzione storico-culturale: progresso e approfondimento dell’idea di libertà.
- Sapere aude: motto della storia umana.

LE IDEEN DI HERDER

- Herder di contrasto a Kant mostra tesi e dà definizioni diverse di storia e società. Per Herder
cogliamo il vero senso della storia quando lasciamo agire su di noi la diversità dei tratti singoli.
- Mentre per Kant il senso della storia ha bisogno di un postulato morale, e mentre egli vede
l’adempimento sempre meno perfetto di un compito infinito, Herder pensa che mentre l’uno deve
proiettare su un dovere intellegibile, l’altro si arresta sul piano del divenire. Herder passa da
intuizione a concetto e viceversa.

LA COSTRUZIONE DELL’ETICA CRITICA


E GLI IMPERATIVI
- L’intento di Kant nella Critica della Ragion Pratica è quello di attuare ciò che aveva teorizzato nella
pura per creare i concetti base di moralità ed eticità.
- Kant distingue un imperativo ipotetico da uno categorico e ne aggiunge poi uno pratico.
- IMPERATIVO IPOTETICO: indica quale mezzo si deve usare o volere affinchè si realizzi un qualcosa
posto come fine.
- IMPERATIVO CATEGORICO: richiesta incondizionata che non ha da mutare la propria validità da
quella di un altro scopo ma la possiede in se stessa nell’istituzione di un valore ultimo.
- IMPERATIVO PRATICO: agisci sempre da trattare l’altro come fine e mai come mezzo.

LA LIBERTA’
- Kant introduce la libertà come una ‘’peculiare specie di causalità’’. La libertà sebbene non sia una
proprietà della volontà conformantesi a leggi naturali, non è per questo fuori da ogni legge; deve
agire secondo leggi immutabili di speciale natura.

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FENOMENO TEORETICO E PRATICO


- Quello che prima veniva indicato con l’ espressione di fenomeno ora, in questa nuova
considerazione, decade il valore di semplice ‘’cosa’’ per dare spazio a quello di ‘’persona’’,
comunità certa di se stessa; solo nella persona si compie infatti l’idea di fine che rimanda poi
all’imperativo pratico (di cui già abbiamo parlato).

RAPPORTO TRA VOLONTA’ E CONOSCENZA


- Adesso per Kant è necessario trovare il momento determinante che gli conferisca il carattere di
validità oggettiva; riuscendo a esibire un tale momento passiamo dalla sfera dell’arbitrio a quella
del volere.
- Volontà e conoscenza sussistono solo nella misura in cui si possa stabilire una regola costante che
ne costituisca identità e unità.

PIACERE E DOLORE
- Piacere e dolore sono caduti come principi morali; il piacere sta adesso sul piano della sensazione e
varia secondo lo stimolo che sul soggetto agisce da fuori, mutando al mutare di questi elementi; ciò
si sgretola in quanto ognuno tende al suo piacere.

LA CRITICA DEL GIUDIZIO


INTRODUZIONE ALLA CRITICA
- Uno dei temi più importanti della terza critica e che a Kant sta molto a cuore è il fondamento della
critica del gusto. Nell’opera si coglie l’articolarsi della facoltà del giudizio nella sua determinazione
concettuale intesa come una meditazione che connette in una nuova unità, in se stessa, ragione
teoretica e pratica; inoltre natura e libertà, essere e dovere nel loro reciproco rapporto sono un
altro dei temi fondamentali qui toccati di cui Kant focalizza il nesso armonico come di un mezzo di
collegamento delle due parti della filosofia in tutto.
- I concetti della natura contenenti il fondamento di ogni conoscenza a priori riposano sulla
legislazione dell’intelletto, al contrario il concetto della libertà riposa sulla legislazione della ragione:
fra queste due facoltà conoscitive il critico coglie un termine medio, un principio proprio di
ricercare secondo leggi e che necessariamente sarebbe un principio a priori puramente soggettivo
che avrà un suo dominio e una sua legislazione. Questo termine medio è il giudizio.
- Da qui si sviluppa l’ estetica kantiana in cui Kant avrebbe proceduto attraversando la sua
predilezione per la strutturazione artistica e artificiale del sistema e per la classificazione delle
facoltà conoscitive in ‘’famiglie’’.
- Proprio nell’estetica critica troviamo le opere dell’arte e della natura sullo stesso piano dove
giudizio estetico e teleologico si illuminano a vicenda. Inoltre c’è uno studio attento per l’ oggetto e
la sua fenomenicità che, se nella prima critica si dava nella forma e struttura di matematica e fisica
e se per la seconda il punto di partenza, per lo studio di essa, era la ragione umana e la valutazione
morale, qui la questione che Kant affronta è nella determinazione di un concetto unitario di facoltà
del giudizio.

GIUDIZIO DETERMINANTE E RIFLETTENTE E LA FACOLTA’ DI GIUDIZIO


- La prima definizione che Kant da al giudizio come facoltà legislatrice a priori indica un problema
della logica formale generale: ‘’il giudizio in genere, spiega Kant, è la facoltà di pensare il particolare
come contenuto nell’universale’’.

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- GIUDIZIO DETERMINANTE: quando è dato l’universale, in esso si ricerca il particolare.


- GIUDIZIO RIFLETTENTE: se è dato il particolare e si deve cercare l’universale.
- Il rapporto tra universale e particolare è al centro dell’indagine della critica. La relazione fra
problema estetico e teleologico, fra l’idea di bello ed organismo si articola nelle due parti principali
dell’opera che ad un’attenta lettura si integrano a vicenda.
- Ad attirare l’ attenzione di Kant non è la natura delle cose ma la direzione che la nostra conoscenza
prende quando giudica un essere come finalistico.
- Il termine ‘’facoltà del giudicare’’ riceve un nuovo significato muovendosi totalmente all’interno
della prospettiva trascendentale; la problematica che prende le mosse dall’analisi del giudizio non
può che apparire soggettivistica: il giudicare sembra lontano (addirittura contrapposto) dal partire
dall’oggetto.

IL CONCETTO DI FINALITA’
- Kant prende il concetto di finalità in senso più ampio: vi vede l’ espressione generica di ogni
concordare delle parti di un molteplice in un’unità. Un tutto si dice finalistico quando vi ha luogo
un’articolazione nelle parti tale che ogni parte non si limita a stare accanto all’altra, ma è in totale
concordanza con l’altra.
- La finalità per Kant è formale infatti riguarda i concetti e la loro connessione nel nostro spirito,
inoltre si può dire oggettiva nel senso che su di essa si fonda l’ esistenza e l’ indirizzo dell’indagine
empirica (scienza).

LA TECNICA DELLA NATURA


- La tecnica per Kant significa la teoria e la sua attuazione in un determinato caso; il critico denota
una tecnica della natura stessa : per quanto riguarda il nostro osservare la natura come se la sua
possibilità si fondasse su un’arte, come se essa fosse espressione di una volontà.
- Il giudizio della finalità formale della natura in essa colta, non deve dimenticare che non avanza e
non fonda né una conoscenza teoretica né un principio pratico della libertà ma si limita a dare una
direttiva all’indagine kantiana.
- Per Kant passo necessario richiesto dalla ragione stessa è quello di soffermarsi su un’illusione della
ragione stessa, che è di noi proprio, cioè di riferirsi all’ordine dei fenomeni come un tutto
finalisticamente conforme al nostro intelletto e consonante con le esigenze di questo; di fatti per
Kant si può intendere la totalità delle leggi empiriche particolari operanti nella natura come se
l’avesse prodotta un intelletto estraneo a noi (che in verità è il nostro) al fine di trarne un beneficio
per la nostra facoltà conoscitiva, così da rendere possibile un’esperienza della natura (e delle sue
leggi): con ciò, il giudizio non fa che dare una legge a se stesso (non alla natura), tracciando una via
per la propria autodeterminazione. Dunque si ha per certo che il giudizio ha in se un principio a
priori per la possibilità della natura ( solamente da punto di vista soggettivo) con cui esso non
prescrive una legge alla natura come autonomia, ma a se stesso come eutonomia.
[Si scoprirà successivamente che questo principio a priori è la conformità a scopi della natura].
- Kant riprende la distinzione dei giudizi focalizzandosi sul giudizio riflettente in quanto in esso
consideriamo la natura come se essa raccogliesse insieme, in un generale ordinamento le sue leggi
universali in modo da essere a noi comprensibili, in ciò appunto la natura viene vista come arte:
questa è la logica tecnica della natura.
- Ravvisando nella natura quest’ordine dei fenomeni viene suscitata in noi l’ espressione soggettiva
di ogni finalità che è più semplicemente denominabile come ‘’sentimento del piacere che le si
associa’’. Dovunque si scorga una concordanza armonica,per la quale nelle leggi universali

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dell’intelletto non si può trovare alcuna ragione sufficiente ma che si dimostra a noi e alle nostre
facoltà conoscitive ( e al loro uso combinato) giovevole e quindi che riceviamo, come quasi
spontaneo un sentimento di piacere.
- Ma che l’ ordine della natura nelle sue leggi particolari sia realmente conforme alle nostre facoltà è
qualcosa di contingente, infatti la scoperta di tale ordine è un’impresa dell’intelletto mirante un fine
necessario dell’intelletto stesso e cioè l’unificazione dei principi della natura, dunque la chiara e
possibile comprensione di essa. Il conseguimento di un qualunque scopo è accompagnato dal
sentimento di piacere e se la condizione dello scopo stesso è una rappresentazione a priori (come
in questo caso) è un principio per il giudizio riflettente in generale: il sentimento di piacere è
anch’esso determinato mediante un principio a priori e valido per ognuno.
- Kant è giunto alle soglie dell’estetica critica. Egli dà una forma finalistica ai fenomeni e dunque
siamo qui immediatamente condotti al punto in cui il senso metaforico dell’arte ( incontrato
precedentemente nel concetto di tecnica della natura) trapassa nel vero senso del termine arte e in
cui dunque il sistema della teleologia generale accoglie in se, come componente di massimo rilievo,
la critica del giudizio estetico.

IL GIUDIZIO ESTETICO
- In questa parte della critica Kant prende le mosse nel delineare un nuovo tipo di giudizio: il giudizio
estetico.
- Innanzitutto Kant cerca di differenziarlo da tutte le altre sintesi della coscienza; ogni giudizio è per
egli un atto della spontaneità pura che non si limita a rappresentare una situazione di oggetti dati
ma è un momento dell’atto stesso del porre oggetti; perciò Kant, muovendosi nella direzione
opposta dell’estetica tedesca, non vuole astrarre le regole da oggetti dati ma anzi ricerca quella
legalità originaria della coscienza su cui fondare ogni interpretazione estetica:qualificazione di un
contenuto della natura o dell’arte stessa come bello o brutto. È infatti l’ oggetto in se dotato di
forma ad essere il punto di partenza per la ricerca della sua stessa autodeterminazione e del suo
prendere forma; qui si tratta di prendere le parti tutte insieme e di chiuderle in una prospettiva
globale per la nostra facoltà dell’immaginazione.
- Nella pura contemplazione estetica, diversamente da quella pratica, ogni qual scomposizione del
contenuto in parti correlative e contrapposte viene a cadere. Il contenuto qui figura come in una
perfezione e pienezza qualitativa che non necessita di alcuna integrazione esterna e neppure di un
principio o un fine (che siano al di fuori di esso). La coscienza estetica ha in se quella forma di
compimento concreto con cui essa coglie non un rapporto di causalità a un elemento di un
significato assolutamente intemporale. Difatti qualifichiamo bello ciò che piace nella semplice e
pura contemplazione.
- L’ oggetticità del contenuto estetico è diversa dalla realtà effettuale con cui si pone nel giudizio
empirico. Perciò la soddisfazione che caratterizza il giudizio di gusto è priva di ogni interesse
(interesse intero come ciò che si riferisce alla reale esistenza della cosa in questione). Ci si chiede se
questa semplice rappresentazione dell’oggetto, che in me è accompagnata dal sentimento di
piacere, per quanto possa io essere indifferente circa l’ esistenza del suo oggetto, possa essere
considerata come un reale giudizio di gusto e cioè se si possa dire, dal solo mio apprezzamento di
questa rappresentazione, che quell’oggetto sia bello e che io provi con ciò di aver gusto. Si deve
riconoscere, prendendo le mosse da ciò che si è detto precedentemente, che in quel giudizio sulla
bellezza in cui si mescola il minimo interesse è parziale e non è un giudizio di gusto puro. Qui si
enfatizza la caratteristica spontaneità estetica e la soggettività del giudizio estetico stesso.

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- Il mondo estetico è un mondo dell’apparenza. Il concetto di apparenza sta ad indicare la lontananza


da una realtà effettuale da esso e serve a togliere il bello dall’ambito della causalità per
subordinarlo soltanto alla regola della configurazione interiore. Che la rappresentazione estetica
prescinda dall’esistenza della cosa è per l’appunto la sua oggettività caratteristica e peculiare; essa
diviene infatti intuizione della pura forma proprio astraendo da tutte le condizioni e conseguenze
concomitanti che inevitabilmente ineriscono alla cosa. A questo punto Kant analizza il concetto di
‘’finalità senza un fine’’ che caratterizza e delimita il campo complessivo dell’estetica.
- Finalità: formazione, dare e prendere forma che una forma complessiva esibisce in se medesima e
nella sua struttura;’’ fine ‘’invece vuol dire la destinazione esteriore che le si assegna.
- Essendo il giudizio di gusto puro privo di ogni interesse, lascia libero spazio all’immaginazione
(fantasia) respingendo dalla soglia dell’estetico ogni qual movimento di volontà e desiderio
(sensibile). È proprio in questo che Kant focalizza la sua attenzione; infatti coglie che gli elementi in
gioco del giudizio estetico sono quelle funzioni fondamentali della coscienza (funzioni conoscitive)
che solitamente sono in gioco in un qualsiasi altro giudizio conoscitivo: intelletto e immaginazione,
che sono sì attivate dall’esigenza di esprimere questo giudizio di gusto ma che d’altro canto non
svolgono la loro funzione solita di facoltà della conoscenza ma che stanno, in questo particolare
tipo di giudizio, in un sentimento di libero gioco fra loro e in cui l’una intrattiene l’altra.

L’ESIGENZA DELL’UNIVERSALITA’ RICHIESTA DAL GIUDIZIO DI BELLO


- Quando si dà per bella una cosa si pretende dagli altri lo stesso piacere: non si giudica solo per se
stessi ma per tutti e quindi si parla della bellezza come se fosse una qualità della cosa. Questo è uno
dei punti peculiari del giudizio di gusto che Kant analizza: la comunicabilità universale da soggetto a
soggetto riguardo al giudizio di bello.
- Nel fenomeno del bello ogni soggetto permane in se stesso ed è puramente assorto nel proprio
stato interiore mentre incomprensibilmente, al tempo stesso, si sa staccato da ogni particolarità
accidentale e portatore di un sentimento generale che non gli appartiene più. L’ universalità
soggettiva è l’ asserzione e la richiesta di un’universalità della soggettività stessa.
- Il sentimento artistico resta sentimento dell’io ma in ciò, per l’appunto, esso è ad un tempo
sentimento di un cosmo e di un vivere universali. In tale universo l’ io trova inclusi vuoi se stesso,
vuoi l’ individualità di tutti gli altri. In questo modo la coscienza estetica riesce a superare un che di
paradossale portando a buon fine il tentativo di porre un’universale che non è antitesi
dell’individuale ma anzi il suo puro correlato: poiché si tratta di un’universale che trova il proprio
compimento unicamente nell’ individuale.
- Il giudizio di gusto non postula il consenso di tutti (come può fare solo un giudizio logico, che è poi
la forma in cui il giudizio estetico appare) ma esso esige soltanto il consenso da ognuno rispetto al
quale esso attende la conferma non da concetti ma tramite l’ adesione altrui.

IL GENIO, L’ ARTE E LA SUA REGOLA


- Esiste una legge concettualmente fissabile della creazione artistica dalla quale questa non può
uscire quando non vuole fallire il suo scopo? La lotta tra il genio e la regola non ha motivo di
esistere poiché il creare del genio non riceve alcuna regola da fuori ma è esso stesso questa regola.
- GENIO: talento che dà la regola all’arte.
- Ogni arte presuppone delle regole sul fondamento delle quali ogni produzione che debba essere
chiamata artistica è rappresentata come possibile. Ma il concetto dell’arte bella non permette che il
giudizio sulla bellezza del suo prodotto sia derivato da qualche regola che abbia a fondamento un
concetto. Proprio per questo l’ arte bella non può trovare da se stessa la regola secondo cui

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realizzare i propri prodotti. Poiché senza una regola anteriore un prodotto non può chiamarsi arte,
bisogna che la natura dia la regola all’arte nel soggetto; vale a dire che l’ arte bella è possibile
soltanto come prodotto del genio.
- Dall’opera d’arte la regola va necessariamente astratta (posta fuori dall’opera) la quale serve da
modello non all’imitazione ma al creare successivo.

L’ANALITICA DEL SUBLIME


- Nel concetto stesso di sublime l’ interesse estetico e quello etico si connettono in modo nuovo.
- Il fenomeno del bello scaturisce da un libero gioco dell’immaginazione dell’intelletto che nel caso
del sublime però significa la facoltà del semplice delimitare (non del giudicare e dell’intendere).
- Chiamiamo sublime quello che è semplicemente grande, sia che si tratti della grandezza, della
semplice estensione( sublime matematico) oppure di quella della forza (sublime dinamico).
- Sublime: ciò al cui confronto ogni altra cosa è piccola. È da chiamarsi sublime non l’ oggetto ma la
disposizione d’animo la quale risulta da una certa rappresentazione che occupa il giudizio
riflettente, perciò si ha una nuova definizione (che si integra alla precedente) di sublime che ora è:
tutto ciò che per il fatto di poterlo anche solo pensare attesta una facoltà dell’animo superiore ad
ogni misura dei sensi.
- Nel fenomeno del sublime riconosciamo quella mescolanza di piacere e dispiacere che costituisce il
vero e proprio carattere del sentimento di rispetto. In esso noi ci sentiamo ad un tempo schiacciati
dalla grandezza dell’oggetto, dall’altra parte ci sentiamo invece elevati al di sopra di tutto l’ esserci
finito e condizionato.

IL GIUDIZIO LEGATO AL SOVRASENSIBILE


- Il giudizio si vede legato a qualche cosa che è nel soggetto stesso e fuori di esso, che non è natura
né libertà ma è congiunto col principio di quest’ultima, vale a dire col sovrasensibile nel quale la
facoltà teoretica e pratica si uniscono in una maniera comune.
- L’ idea di libertà e quella dell’autodeterminazione della ragione si rapportano necessariamente l’
una a l’ altra: infatti il mondo della libertà deve agire su quello della natura, deve attuare le sue
richieste nel mondo empirico degli uomini e delle cose. Perciò è necessario che la natura possa
essere anche pensata così: che la conformità alle leggi costituenti la sua forma possa almeno
accordarsi con la possibilità dei fini che in essa devono agire secondo le leggi della libertà. La natura
ci appare come fosse un’opera della libertà, come se si forgiasse secondo una finalità immanente
insita in essa e a partire da questa prendesse forma, mentre sull’altro verso il liberamente creato.
L’opera del genio artistico, ci dà l’ impressione di un qualcosa di necessario e al contempo di un
prodotto della natura.
- Il sostrato sovrasensibile a cui ci chiama il giudizio di gusto ha la sua garanzia immediata in un
peculiare atteggiamento della coscienza stessa quanto da quello della determinazione pura del
volere. È il gioco armonico delle facoltà dell’animo a dare alla natura stessa il tenore della vita: il
giudizio estetico trapassa in quello teleologico.

LA FINALITA’ FORMALE
- FINE: principio connettivo spirituale che porta la nostra valutazione dei fenomeni.
- Finalità formale: costituisce un accordarsi dei fenomeni con le esigenze del nostro intelletto.
- Il pensiero della finalità dà il via all’affermarsi di un nuovo tipo di ‘’unità del molteplice’’. Un nuovo
rapporto fra un tutto dotato di forma ed i suoi singoli momenti parziali. Nel concetto di un’ “unità
formale” l’ insieme delle leggi di natura rappresentava un sistema che specifica se stesso secondo

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una determinata regola. Interpretiamo questa finalità come un tutto di forme di vita, in cui il
concetto di vita ammette un’attività che va dalla unità alla pluralità. Un accadere naturale diviene
un processo vivente quando per noi tutte queste particolarità sono le espressioni di un unico
accadere e di un’unica essenza. Un tutto però non si forma a partire dalle parti, ma è contenuto in
esse da un principio direzionante.
- È da questa connessione che designiamo il concetto di organismo in quanto nell’organismo le parti
sono possibili solo mediante il tutto. Ogni parte però è pensata come esistente solo in funzione
delle altre e dev’essere pensata come un organo che produce le altre; ciò è possibile solo nella
natura (non nell’arte) in quanto essere organizzato e che si organizza da se, con ciò appunto
definiamo ‘’un fine della natura’’.
- Un essere organizzato, non dunque una semplice macchina, è una forza motrice che non può
essere spiegata con la sola facoltà del movimento (il meccanismo).
- I singoli fenomeni della natura qui acquistano dunque una finalità senza un fine, in quanto è un
arricchimento del suo contenuto senza fini posti fuori di se. Capiamo bene che vi è un rinvio proprio
alla struttura della natura stessa: struttura finalistica.
- Per Kant il fine come principio dei fenomeni naturali non si può prendere in considerazione; la
spiegazione della natura è definita solo dal principio della fisica-matematica.

GIUDIZIO TELEOLOGICO
- La Critica del Giudizio Teleologico comincia con la considerazione che nell’idea generale della
natura è come insieme degli oggetti dei sensi. La sua possibilità è comprensibile solo mediante
causalità.
- Il principio di causalità è pensabile solo per mediazione dello stesso concetto causale avendo
rapporto indipendente con l’ esperienza.
- La valutazione teleologica viene inserita come indagine della natura: se supponessimo nella natura
e quindi a fondamento della teleologia, non un principio regolativo dei fenomeni ma un principio
costitutivo della derivazione dei suoi prodotti dalle sue cause, il concetto di uno scopo naturale
apparterrebbe al giudizio determinante, anzi non propriamente al giudizio.
- Come massima del giudizio riflettente ci serve solo imparare a conoscere la natura secondo le sue
leggi empiriche; è certo però che noi non possiamo imparare a conoscere e spiegare gli esseri
organizzati secondo solo principi meccanici.
- La chiave sta nell’unione del principio finalistico e quello causale considerati in quanto giudizio
riflettente: in ciò stabiliamo i concetti imprescindibili per intendere il tutto dei fenomeni con
un’unità ordinata; non possiamo infatti considerare finalistico un prodotto senza conoscere le cause
del suo formarsi.
- La sintesi del principio finalistico e di quello meccanico si presentano mediante il concetto dello
sviluppo in cui definiamo sviluppo uno stesso concetto finalistico, un soggetto unitario dei fenomeni
vitali.

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