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Analisi Matematica I

Appunti delle lezioni tenute dal Prof. A. Fonda


Universita di Trieste, CdL Fisica e Matematica, a.a. 2018/2019

I numeri naturali e il principio di induzione


Nel 1898 il matematico torinese Giuseppe Peano (1858{1932), nel suo
articolo fondamentale Arithmetices principia: nova methodo exposita
enuncio i seguenti assiomi per l'insieme N dei numeri naturali.
I) Esiste un elemento, chiamato \zero", indicato con 0.
0
II) Ogni elemento n ha un \successivo" n .
III) 0 non e il successivo di alcun elmento.
IV) Elementi diversi hanno successivi diversi.
V) (Principio di induzione) Se S e un sottoinsieme di N tale che i)
02S,
0
ii) n 2 S ) n 2 S ,
allora S = N. 2

E sottinteso che la condizione ii) deve valere per n N qualsiasi. Possiamo


quindi leggerla in questo modo:
0
ii) se per un certo n si ha che n 2 S, ne consegue che anche n 2 S .
0 0 0
Si introducono i simboli 0 = 1, 1 = 2, 2 = 3, ecc.
Da questi pochi assiomi, facendo uso della teoria degli insiemi, si posso-
no ricavare tutte le proprieta dei numeri naturali. In particolare, si possono de
nire le operazioni di somma e di moltiplicazione, ricavando l'uguaglianza
0
n =n+1:
Il principio di induzione puo essere usato per de nire una successione di oggetti

A0; A1; A2; A3; : : :

Si procede in questo modo (de nizione per ricorrenza):


j) si de nisce A0 ;
jj ) supponendo di aver de nito An per un certo n, si de nisce An+1 .
In tal modo, se indichiamo con S l'insieme degli n per cui A n e de nita, si ha
che S veri ca i) e ii). Quindi S coincide con N, ossia tutti gli A n sono de niti.

1
Ad esempio, possiamo de nire le \potenze" a n ponendo, per a 6=
0; j) a0 = 1 ,
n+1 n 1
jj) a =a a . a a a0 a 1 = a; a2 a a1 a a;
Si vede in questo modo che =
Se a = 0, si pone 0
= n
=
= 0 per ogni n
= e 1; mentre di solito resta non

cos via. 0
de nito 0 :
In ne, de niamo il \fattoriale" n! ponendo
j) 0! = 1 ,
jj ) (n + 1)! = (n + 1) n! .
De niamo in ne una \relazione d'ordine": scriveremo m n se esiste un p 2
N tale che m + p = n.
Supporremo ben note tutte le proprieta delle operazioni (associativa,
com-mutativa, distributiva), delle potenze e della relazione d'ordine sopra
introdot-te.
Il principio di induzione puo inoltre essere usato per dimostrare una
suc-cessione di proposizioni
P0; P1; P2; P3; : : :
Si procede in questo modo (dimostrazione per induzione):
j) si veri ca P0 ;
jj ) supponendo vera Pn per un certo n, si veri ca Pn+1 .
Se indichiamo con S l'insieme degli n per cui P n e dimostrata, si ha che S
veri ca i) e ii). Quindi S coincide con N, ossia tutte le P n sono dimostrate.
In questo modo si possono dimostrare le varie proprieta delle operazioni di
addizione, moltiplicazione e delle potenze, che supporremo da ora in poi note.
Esempio 1. Dimostriamo la seguente uguaglianza: se a 6= 1;
1
n
k
Pn : a = an+1 1 :
a 1
X
k
=0

Vediamo P0:
X0 1
ak = a 1;
a 1
k=0
0
essa equivale all'identit a = 1 e pertanto e vera. Supponiamo ora che P n
sia vera, per un certo n 2 N; allora
n+1 n
Xk X
k
a = ak + an+1
=0 k=0
= an+1 1
+ an+1
a a 1
n +2
= 1;
a 1
1 0
Si supporra qui che sia a = 1 anche qualora a = 0.

2
per cui anche Pn+1 e vera. Abbiamo quindi dimostrato che P n e vera per
ogni n 2 N.
La formula dimostrata nell'Esempio 1 si puo generalizzare nella seguente:
2
n :
an+1 bn+1 = (a b) k=0
akbn k

La dimostrazione e analoga. In particolare, si ha:


2 2
a b = (a b)(a + b) ;
3 3 2 2
a b = (a b)(a + ab + b ) ;
4 4 3 2 2 3
a b = (a b)(a + a b + ab + b ) ;
5 5 4 3 2 2 3 4
a b = (a b)(a + a b + a b + ab + b ) ;
:::

Esempio 2. Vogliamo dimostrare che, presi due numeri naturali a e n, si ha


la seguente disuguaglianza di Bernoulli:
n
Pn : (1 + a) 1 + na :
0
Vediamo che vale P0, essendo sicuramente (1 + a) 1 + 0 a. Supponiamo
ora vera Pn per un certo n e veri chiamo Pn+1:
n+1 n 2
(1+a) = (1+a) (1+a) (1+na)(1+a) = 1+(n+1)a+na 1+(n+1)a ;

per cui anche Pn+1 e vera. Quindi, Pn e vera per ogni n 2 N.


In alcuni casi potrebbe essere comodo iniziare la successione delle
proposi-zioni, ad esempio, da P 1 invece che da P0, o da una qualsiasi altra di
esse. Il principio di dimostrazione resta naturalmente lo stesso: se ne veri ca
la prima e si dimostra che da una qualsiasi di esse segue la successiva.
Altri esempi ed esercizi. Si possono dimostrare per induzione le seguenti
formule:
n(n + 1)
1+2+3+:::+n= ;
n(n + 1)(2n + 1)
12 + 2 2 + 3 2 + : : : + n2 = ;
6
n2(n + 1)2
13 + 2 3 + 3 3 + : : : + n3 = :
4
Si noti l'uguaglianza
3 3 3 3 2
1 + 2 + 3 + : : : + n = (1 + 2 + 3 + : : : + n) :
2 0
Analogamente a quanto detto nella nota precedente, anche qui si supporra che a =
0 0
1, b = 1 anche nei casi in cui risultino del tipo 0 :

3
De niamo ora, per ogni coppia di numeri naturali n; k tali che k n; i \coe
cienti binomiali"
n = n! :
k k!(n k)!
Veri chiamo che, per 1 k n, vale la formula
k 1 + k = k ;
n n n+1

abbiamo infatti:

n + n = n! + n!
k 1 k (k 1)!(n k + 1)! k!(n k)!
=n!k + n!(n k + 1)
k!(n k + 1)!
= n!(n + 1)
k!(n k + 1)!
(n + 1)!
= :
k!((n + 1) k)!
Dimostreremo ora che, per ogni n 2 N; vale la seguente formula del binomio (di Newton):
3
n
Pn : n
(a + b) = k=0
k an kbk :
n

Iniziamo con il veri care che la formula vale per n = 0:


0
(a + b) = 0a0 0b0 :
0

Per n 1, procediamo per induzione. Vediamo che vale per n = 1:


1
(a + b) = 0a1 0b0 + 1a1 1b1 :
1 1

Ora, supponendo vera Pn, per un certo n 1; vediamo che vale anche Pn+1 :
n+1 n
(a + b) = (a + b)(a + b) !
= (a + b) n k an kbk
k=0 n

X ! !
+b k an kbk
n n
= a k an kb k

k=0 n
k=0 n

X X

3 0 0 0
Anche in questa formula si supporra che a = 1, b = 1 e (a + b) = 1 anche nei casi
0
in cui risultino del tipo 0 :

4
n n

=
k=0 k an b + k=0
k+1 k
n
k an kbk+1
n

X n n X n 1 n
an kbk+1 + bn+1
n+1 n k+1 k
k k

1
=a + k=1 a b + k=0

X X
k k
n n
= an+1 + k=1 an k+1 k
b + k=1 an (k 1)b(k 1)+1 + bn+1

X n X n
n
k + k 1 an k+1bk + bn+1
n n
n+1
=a + k=1

=a
n+1
+ k=1
n k1 an k+1bk + bn+1
n+

n+1 X
an+1 kbk :
=
k=0 k
n+1
X

Abbiamo cos dimostrato che Pn e vera per ogni n 2 N.


Ricordiamo che risulta talvolta utile rappresentare i coe cienti binomiali
nel cosiddetto \triangolo di Tartaglia (o di Pascal)"

1
1 1
1 2 1
1 3 3 1
1 4 6 4 1
1 5 10 10 5 1
...

Come casi particolari della formula del binomio, abbiamo quindi:


2 2 2
(a + b) = a + 2ab + b ;
3 3 2 2 3
(a + b) = a + 3a b + 3ab + b ;
4 4 3 2 2 3 4
(a + b) = a + 4a b + 6a b + 4ab + b ;
5 5 4 3 2 2 3 4 5
(a + b) = a + 5a b + 10a b + 10a b + 5ab + b ;
:::

5
I numeri reali
Non ci so ermeremo sulle ragioni di carattere algebrico che portano, a
partire dall'insieme dei numeri naturali

N = f0; 1; 2; 3; : : :g ;

alla costruzione dell'insieme dei numeri interi relativi

Z = f: : : ; 3; 2; 1; 0; 1; 2; 3; : : :g ;

e dell'insieme dei numeri razionali


nm o
Q= : m 2 Z; n 2 N; n 6= 0 :
n

Ci interessa pero far notare che l'insieme dei numeri razionali non e su
ciente a trattare questioni geometriche elementari, quali ad esempio la
misurazione della diagonale di un quadrato di lato 1.
2
Teorema. Non esiste alcun numero razionale x tale che x = 2.
4
Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo che esistano m; n 2 N non nulli
tali che
m2
=2;
n
ossia m2 = 2n2. Allora m deve essere pari, per cui esiste un m 1 2 N non nullo tale
che m = 2m1. Ne segue che 4m21 = 2n2, ossia 2m21 = n2. Pertanto anche n deve
essere pari, per cui esiste un n1 2 N non nullo tale che 2n1 = n. Quindi
n = n1 e n1 2
=2:

m m1 m1

Possiamo ora ripetere lo stesso ragionamento quante volte vogliamo,


conti-nuando a dividere per 2 numeratore e denominatore:
m =m1 =m2 =m3 = : : : =mk = : : :
n n1 n2 n3 nk
k k
dove mk e nk sono numeri naturali non nulli tali che m = 2 mk, n = 2 nk.
k
Quindi, essendo nk 1, si ha che n 2 , per ogni numero naturale k 1. In
n n n
particolare, n 2 : Ma la disuguaglianza di Bernoulli ci dice che 2 = (1 + 1)
1 + n, e ne consegue che n 1 + n, il che e palesemente falso.
Si rende pertanto necessario estendere ulteriormente l'insieme dei
numeri razionali.
E possibile costruire l'insieme dei numeri reali R a partire dai razionali.
Es-sendo pero tale costruzione piuttosto laboriosa, ci limiteremo qui ad
enunciare le principali proprieta di R.
4 Dimostrazione vista durante il Precorso.

6
1) E de nita una \relazione d'ordine" con le seguenti proprieta:
per ogni scelta di x; y; z in R,
a) x x ,
b) [x y e y x] ) x = y ,
c) [x y e y z] ) x z;
inoltre, tale relazione d'ordine e \totale":
d) x y o y x .
Se x y, scriveremo anche y x. Se x y e y 6= x, scriveremo x < y oppure y >
x.
2) E de nita un'operazione di addizione + con le seguenti proprieta:
per ogni scelta di x; y; z in R,
a) (associativa) x + (y + z) = (x + y) + z ;
b) esiste un \elemento neutro" 0 : si ha x + 0 = x = 0 + x ;
c) ogni elemento x ha un \opposto" x : si ha x + ( x) = 0 = ( x) + x ; d)
(commutativa) x + y = y + x ;
e) se x y, allora x + z y + z .

3) E de nita un'operazione di moltiplicazione con le seguenti proprieta:


per ogni scelta di x; y; z in R,
a) (associativa) x (y z) = (x y) z ;
b) esiste un \elemento neutro" 1: si ha x 1 = x = 1 x ;
1 1 1
c) ogni elemento x 6= 0 ha un \reciproco" x : si ha x x = 1 = x x ;
d) (commutativa) x y = y x ;
e) se x y e z 0, allora x z y z ;
e una proprieta che coivolge entrambe le operazioni:
f) (distributiva) x (y + z) = (x y) + (x z) ;
4) (Proprieta di separazione) Dati due sottoinsiemi non vuoti A; B tali che
8a 2 A 8b 2 B a b;

esiste un elemento c 2 R tale che


8a 2 A 8b 2 B a c b:

Dalle proprieta elencate qui sopra si possono ricavare tutte le proprieta


algebriche dei numeri reali, che supporremo gia note.
Ritroviamo l'insieme N dei numeri naturali come sottoinsieme di R: 0 e
1 sono gli elementi neutri di addizione e moltiplicazione, dopodiche si ha 2
= 1 + 1, 3 = 2 + 1 e cos via, per ricorrenza.
Nel seguito, ometteremo quasi sempre il nella moltiplicazione. Scriveremo,
y
come e noto, z = y x se z+x = y, e z = x se zx = y, con x 6= 0: In particolare,
1 1
x =x .
n
Le potenze a si de niscono come nella Sezione 1 per ogni a 2 R e, se
a 6= 1; continua a valere la formula per la somma delle potenze ivi
dimostrata (Esempio 1 e sua generalizzazione). La disuguaglianza di
Bernoulli risulta valida per ogni a > 1 e la formula del binomio di Newton
continua a valere se a; b sono numeri reali qualsiasi.

7
Un sottoinsieme E di R si dice \limitato superiormente" se esiste un 2 R
tale che, per ogni x 2 E, si ha x ; un tale e allora una \limitazione
superiore" di E. Se in piu si ha che 2 E; si dira che e il \massimo" di E e si
scrivera = max E.
Analogamente, E si dice \limitato inferiormente" se esiste un 2 R tale
che, per ogni x 2 E, si ha x ; un tale e allora una \limitazione inferiore" di E.
Se in piu si ha che 2 E; si dira che e il \minimo" di E e si scrivera
= min E.
Diremo che E e \limitato" se e sia limitato superiormente che limitato
inferiormente.
Teorema. Se E e un sottoinisieme non vuoto di R limitato superiormente,
l'insieme delle limitazioni superiori di E ha sempre un minimo.
Dimostrazione. Sia B l'insieme delle limitazioni superiori di E. Allora

8a 2 E 8b 2 B a b;

e per la proprieta di separazione esiste un elemento c 2 R tale che

8a 2 E 8b 2 B a c b:

Cio signi ca che c e una limitazione superiore di E, e quindi c 2 B, ed e


anche una limitazione inferiore di B. Pertanto, c = min B.
Se E e limitato superiormente, la minima limitazione superiore di E si
chiama \estremo superiore" di E: e un numero reale s 2 R e si scrive s =
sup E. Esso e caratterizzato dalle seguenti proprieta:
i) 8x 2 E x s ,
0 0
ii) 8s < s 9x 2 E : x > s .
Se l'estremo superiore s appartiene ad E, si ha che s = max E; succede
spes-so, pero, che E, pur essendo limitato superiormente, non abbia un
massimo. Talvolta le due proprieta si scrivono nella forma equivalente
i) 8x 2 E x s ,
ii) 8" > 0 9x 2 E : x > s " .
Nella seconda, si capisce che il numero " > 0 puo essere preso
arbitrariamente piccolo.
Analogamente a quanto sopra, si puo dimostrare il seguente
Teorema. Se E e un sottoinsieme non vuoto di R limitato inferiormente,
l'insieme delle limitazioni inferiori di E ha sempre un massimo.
Se E e limitato inferiormente, la massima limitazione inferiore di E si
chiama \estremo inferiore" di E: e un numero reale i 2 R e si scrive i = inf
E. Esso e caratterizzato dalle seguenti proprieta:
j) 8x 2 E x i ,
0 0
jj) 8i > i 9x 2 E : x<i .

8
Se l'estremo inferiore i appartiene ad E, si ha che i = min E; non e detto,
pero, che E, pur essendo limitato inferiormente, abbia un minimo. Le due
proprieta si possono scrivere equivalentemente come
j) 8x 2 E x i ,
jj) 8" > 0 9x 2 E : x < i + " .
Nel caso in cui E non sia limitato superiormente, useremo la scrittura

sup E = +1 :

Teorema. sup N = +1.


Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che N sia limitato superiormente,
e sia s = sup N. Per le proprieta dell'estremo superiore, esiste un n 2 N
1
tale che n > s 2 . Ma allora n + 1 2 N e
1
n+1>s 2 +1 >s;

in contraddizione col fatto che s e una limitazione superiore per N.


Nel caso in cui E non sia limitato inferiormente, useremo la scrittura

inf E = 1 :

Ad esempio, si ha che inf Z = 1:

Ci sar utile, anche in seguito, la seguente proprieta dei numeri reali.


2 2
Lemma. Se 0 < ; allora < .
2 2
Dimostrazione. Se 0 < ; si ha = < = :
2
Dimostreremo ora che esiste un numero reale c > 0 tale che c = 2.
De niamo gli insiemi

A = fx 2 R : x 0 e x2 < 2g ;
B = fx 2 R : x 0 e x2 > 2g :

Si puo vedere che


8a 2 A 8b 2 B a b;

2 2 2
(altrimenti avremmo 0 b < a; quindi, per il Lemma, b < a ; mentre e a < 2
2
e b > 2, impossibile). Usando la proprieta di separazione, esiste un
elemento c 2 R tale che
8a 2 A 8b 2 B a c b:

Si noti che, essendo 1 2 A, sicuramente c 1. Vogliamo ora mostrare che si


2
ha proprio c = 2.

9
2
Per assurdo, se c > 2, allora, per n 1,
1 2 c 1 2 c
c n
2
= c2 n + n 2 c2 n ;

2 1 1 2
quindi, se n > 2c=(c 2), si puo veri care che c n > 0 e (c n ) > 2, e
1 1
pertanto c n 2 B. Ma allora deve essere c c n , il che e impossibile.
2
Supponiamo ora, sempre per assurdo, che c < 2. Allora, se n 1;
1 2 2 2c 1 c2 2c 1 = c2 + 2c + 1
=c
c+ + + + + ;
n n n n n
n2
2 1 2 1
quindi, se n > (2c + 1)=(2 c ), si ha che (c + ) < 2, e pertanto c + 2 A. n n

2 2 2
Non potendo essere ne c > 2 ne c < 2, deve quindi essere c = 2.
Il Lemma ci assicura inoltre che non ci possono essere altre soluzioni
positive dell'equazione
2
x =2;
la quale pertanto ha esattamente due soluzioni, c e c.
Lo stesso tipo di procedimento puo essere usato per dimostrare che, qualun-
que sia il numero reale positivo r, esiste un unico numero reale positivo c tale p
2
che c = r. Questo si chiama \radice quadrata" di r e si scrive c = r: Si noti
2 p p
che l'equazione x = r ha due soluzioni: x = r e x = r. Si pone inoltre p
0 = 0, mentre la radice quadrata di un numero negativo resta non de nita.

Studieremo ora la \densita" degli insiemi Q e RnQ nell'insieme dei


numeri reali R:
Teorema. Dati due numeri reali ; , con < , esiste un numero razionale tra
essi compreso.
Dimostrazione. Consideriamo tre casi distinti.
Primo caso: 0 < . Scegliamo n 2 N tale che
1
n> ;

e sia m 2 N il piu grande numero naturale tale


che m < n :
m m m
Quindi n < ; e resta da vedere che n > . Per assurdo, sia n ; allora
m +1 1
n +n < +( )= ;

ossia m + 1 < n , in contraddizione col fatto che m e il piu grande numero


naturale minore di n .

10
Secondo caso: < 0 < . Basta scegliere il numero 0, che e razionale.

Terzo caso: < 0. Ci si puo ricondurre al primo caso cambiando i segni: 0


m m m
< , per cui esiste un razionale n tale che < n < . Allora < n < .

Teorema. Dati due numeri reali ; , con < , esiste un numero irrazionale tra
essi compreso.
Dimostrazione. Per il teorema precedente, esiste un numero razionale m tale
n
che p m p
+ 2< < + 2 :
n
Ne segue che m p
< 2< ;
p n
m
con n
2 62Q:
Scopriremo ora una sostanziale di erenza tra gli insiemi Q e R n Q.
Con-sideriamo la seguente successione di numeri razionali non negativi:
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 : : :
# # # # # # # # # # # # # # # #
0 1 1 2 1 2 3 1 2 3 4 1 2 3 4 5
1 1 2 1 3 2 1 4 3 2 1 5 4 3 2 1 :::

Come si vede, essa e costruita elencando i numeri razionali in cui la


somma tra numeratore e denominatore e 1, poi 2, poi 3 e cos via. Essa e
sicuramente suriettiva, in quanto tutti i numeri razionali non negativi
compaiono prima o poi nella lista. Possiamo ora modi carla per trovarne
una biiettiva, eliminando i numeri che compaiono gia in precedenza:
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 : : :
#3 #4 #5 #6 : : :
#0 # #4
1
#5 #1 #2
#1 #1 #2 #3 #1 #2 #3 #1
1 1 2 1 3 1 4 3 2 1 5 1 6 5 4 3 2 1
A questo punto, e facile modi carla ancora per ottenere tutti i numeri razionali:

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 : : :
#
0
# 1 # 1 # 1 # 1 # 2 # 2 #1 # 1 # 3 # 3 # 1 #1 #2 #2
1 1 -1 2 -2 1 -1 3 -3 1 -1 4 -4 3 -3 : : :
In questo modo, abbiamo costruito una funzione ' : N ! Q biiettiva. Diremo
quindi che Q e un insieme \numerabile".
Vediamo ora che R non e un insieme numerabile, ossia che non esiste
una funzione ' : N ! R biiettiva. Infatti, se per assurdo esistesse una tale
fun-zione, potrei elencare i numeri reali in una successione e, scrivendoli
in forma decimale, avrei
= ; :::
0 ! 0 0;0 0;1 0;2 0;3 0;4
1 = ; :::
! 1 1;0 1;1 1;2 1;3 1;4

11
! = ; :::
23 =
2
;
2;0 2;1 2;2 2;3 2;4
:::
! 3 3;0 3;1 3;2 3;3 3;4
4 = ; :::
! 4 4;0 4;1 4;2 4;3 4;4
:::
(qui tutti gli i;j sono numeri naturali e, se j 1; sono cifre comprese tra 0 e 9).
Posso ora costruire un numero reale diverso da tutti gli i della lista. Basta
prendere gli elementi della diagonale 0;0 ; 1;1 ; 2;2 ; 3;3 ; 4;4 ; : : : e modi carli
uno a uno: scelgo un numero naturale 0; tra 1 e 9, diverso da 0;0, poi un 1;
tra 1 e 9, diverso da 1;1, poi ancora un 2, sempre tra 1 e 9, diverso da 2;2, e
cos via, con l'accortezza di non prenderli tutti uguali a 9, da un certo punto
in poi. A questo punto, il numero reale avente forma decimale
=0; 1 2 3 4 :::

non puo essere uguale ad alcuno dei numeri i. La funzione ' non puo
pertanto essere suriettiva.
Avendo visto che Q e numerabile e che R non lo e, possiamo dedurne
che nemmeno R n Q puo essere numerabile.
Chiamiamo \intervallo" un sottoinsieme non vuoto I di R con la
seguente proprieta: comunque presi due suoi elementi ; , l'insieme I
contiene anche tutti i numeri tra essi compresi.
Si puo dimostrare che gli intervalli sono di uno dei seguenti tipi, con le
rispettive notazioni:
[a; b] = fx : a x bg ;
]a; b[ = fx : a < x < bg ;
[a; b[ = fx : a x < bg ;
]a; b] = fx : a < x bg ;
[a; +1[ = fx : x ag ;
]a; +1[ = fx : x > ag ;
] 1; b] = fx : x bg ;
] 1; b[ = fx : x < bg ;
R ; talvolta denotato con ] 1; +1[ :
I primi quattro sono limitati (sia superiormente che inferiormente), gli altri
no. Nella lista si possono anche includere gli insiemi costituiti da un unico
punto, cioe del tipo [a; a]. In tal caso, si tratta di un intervallo degenere. Gli
intervalli del tipo [a; b] si dicono \chiusi e limitati", quelli del tipo ]a; b[
\aperti e limitati".
Teorema (di Cantor). Consideriamo una successione di intervalli chiusi e
limitati In = [an; bn], con an bn, tali che
I0 I1 I2 I3 :::

Allora esiste un elemento c 2 R che appartiene a tutti gli I n.

12
Dimostrazione. De niamo gli insiemi

A = fan : n 2 Ng ;
B = fbn : n 2 Ng :
Preso un elemento an di A e un elemento bm di B (non necessariamente
con lo stesso indice), vediamo che an bm. Infatti, se n m, allora In Im, per
cui an am bm bn. Se invece n m; si ha Im In, per cui am an bn bm. In ogni
caso, an bm. Possiamo quindi usare la proprieta di separazione, e troviamo
un c 2 R tale che
8a 2 A 8b 2 B a c b:

In particolare, an c bn, cioe c 2 In, per ogni n 2 N.

I numeri complessi
Consideriamo l'insieme

R R = f(a; b) : a 2 R; b 2 Rg ;
2
che spesso si indica con R . De niamo un'operazione di \addizione":
0 0 0 0
(a; b) + (a ; b ) = (a + a ; b + b ) :
Si veri cano le seguenti proprieta:
0 0 00 00 0 0 00 00
a) (associativa) (a; b) + ((a ; b ) + (a ; b )) = ((a; b) + (a ; b )) + (a ; b ) ;
b) esiste un \elemento neutro" (0; 0): si ha (a; b) + (0; 0) = (a; b) ;
c) ogni elemento (a; b) ha un \opposto" (a; b) = ( a; b): si ha

(a; b) + ( a; b) = (0; 0) ;
0 0 0 0
d) (commutativa) (a; b) + (a ; b ) = (a ; b ) + (a; b) ;
De niamo un'operazione di \moltiplicazione":
0 0 0 0 0 0
(a; b) (a ; b ) = (aa bb ; ab + ba ) :

Si puo veri care che valgono le seguenti proprieta:


0 0 00 00 0 0 00 00
a) (associativa) (a; b) ((a ; b ) (a ; b )) = ((a; b) (a ; b )) (a ; b ) ;
b) esiste un \elemento neutro" (1; 0): si ha (a; b) (1; 0) = (a; b) ;
1 a b
c) ogni elemento (a; b) 6= (0; 0) ha un \reciproco" (a; b) = (a2+ b2 ; a2+ b2 ): si
ha
a ; b
a2 + b2 a2 + b2

(a; b) = (1; 0) ;

0 0 0 0
d) (commutativa) (a; b) (a ; b ) = (a ; b ) (a; b) ;
0 0 00 00 0 0 00 00
e) (distributiva) (a; b) ((a ; b ) + (a ; b )) = ((a; b) (a ; b )) + ((a; b) (a ; b )) .

13
2
(Nel seguito, ometteremo spesso di scrivere il \ "). In questo modo, (R ;
+; ) risulta essere un campo, che verra indicato con C e si dira il \campo
com-plesso". I suoi elementi si chiameranno \numeri complessi".
Si puo pensare C come un'estensione di R in questo modo: si identi
cano tutti gli elementi della forma (a; 0) con il corrispondente numero reale
a: Le operazioni di somma e moltiplicazione indotte su R sono e
ettivamente quelle preesistenti:

(a; 0) + (b; 0) = (a + b; 0) ;
(a; 0) (b; 0) = (ab; 0) :

Notiamo che vale la seguente uguaglianza:

(a; b) = (a; 0) + (0; 1)(b; 0) :

E allora conveniente introdurre un nuovo simbolo per indicare l'elemento


(0; 1). Scriveremo
(0; 1) = i :
In questo modo, avendo identi cato (a; 0) con a e (b; 0) con b, possiamo scrivere

(a; b) = a + ib :

Posto z = a + ib, il numero a si dice \parte reale" di z e si scrive a = Re(z):


Il numero b si dice \parte immaginaria" di z e si scrive b = Im(z):
Osserviamo ora che si ha
2
i = (0; 1)(0; 1) = ( 1; 0) = 1:

Usando questa semplice informazione, possiamo veri care che valgono le


usuali proprieta simboliche formali: ad esempio,
0 0 0 0
(a + ib) + (a + ib ) = (a + a ) + i(b + b ) :
0 0 0 0 0 0
(a + ib)(a + ib ) = (aa bb ) + i(ab + ba ) :
Sia z = a + ib un numero complesso ssato. Cerchiamo le soluzioni in C
dell'equazione
2
u =z:
Queste vengono talvolta dette \radici quadrate" del numero complesso z
(at-tenzione pero a non confonderle con la radice quadrata di un numero
reale non negativo). Se b = 0; ho
se a < 0 .
p
se a 0 ;
ip a

u= a

Se invece b 6= 0; scriviamo u = x + iy: Allora


2 2
x y =a; 2xy = b :

14
b
Essendo b 6= 0; si ha x 6= 0 e y 6= 0: Posso quindi scrivere y = 2 x ; e ottengo
b2
x4 ax2 =0 ;
4
da cui p
2 a+ a2 + b2
x = :
2
Determinati cos x e y; abbiamo due soluzioni della nostra equazione:
u=
2s + +i
3:
a p
2 +

a2 b2 b
4 q 5
pa2 + b2 )
2 (a +
Possiamo ora considerare un'equazione del secondo grado
2
Au + Bu + C = 0 ;

dove A; B; C sono numeri complessi ssati, con A 6= 0: Come facilmente si


vede, l'equazione e equivalente a
u+ B 2
B 4AC :
2 =
2A 2
(2A)
Ponendo v = u + B e z = B2 4AC
; ci si riconduce al problema delle radici
2
2A (2A)
quadrate che abbiamo gia risolto.
Per concludere, consideriamo l'equazione polinomiale piu generale
n n 1
Anu + An 1u + ::: + A1u + A0 = 0 ;

dove A0; A1; :::; An sono numeri complessi ssati, con A n 6= 0: In altri ter-
mini, vogliamo trovare le radici di un polinomio a coe cienti complessi. Il
seguente teorema, che enunciamo senza dimostrazione, e noto come
teorema fondamentale dell'algebra.

Teorema. Ogni equazione polinomiale ha, nel campo complesso, almeno


una soluzione.
Il problema di trovare una formula generale che fornisca le soluzioni e
pero tutt'altro che facile. Lo abbiamo a rontato nel caso n = 2 e si puo
risolvere anche se n = 3 o 4. Se n 5, pero, e stato dimostrato che non esiste
alcuna formula algebrica generale che fornisca una radice del polinomio.
Introduciamo ora alcune nozioni associate ai numeri complessi. Se z =
a + ib; si de nisce il \modulo" di z:
p
jzj = a2 + b2 ;

15
Si noti che, se z = a 2 R, ritroviamo il \valore assoluto"
jj p a se a < 0 .
= 2 = a se a 0 ,
a a

Dati due numeri complessi z1 e z2; veri chiamo che

jz1z2j = jz1j jz2j :


Infatti, se z1 = a1 + ib1 e z2 = a2 + ib2, si ha
2 2 2
jz1z2j = (a1a2 b1b2) (a1b2 + b1a2)
2 2 2 2 2 2 2 2
= a 1a 2 2a1a2b1b2 + b 1b 2 + a 1b 2 + 2a1b2b1a2 + b 1a 2
2 2 2 2 2 2 2 2
= a 1a 2 + b 1b 2 + a 1b 2 + b 1a 2
2 2 2 2
= (a 1 + b 1)(a 2 + b 2)
2 2
= jz1j jz2j :
In particolare, sei due numeri coincidono, si ha
2 2
jz j = jzj :
Ne segue per induzione che, per n 2 N;
n n
jz j = jzj :
1
Inoltre, se z 6= 0; essendo jz zj = 1; si ha
1 1
jz j = jzj :
Dato un numero complesso z = a + ib; si introduce il numero z = a ib;
detto il \complesso coniugato" di z: Valgono le seguenti proprieta:

(z1 + z2) = z1 + z2 ;
(z z ) = z z ;
1 2 1 2

jz j = jzj ;
2
zz = jzj ;
1 1
Re(z) = 2(z + z ) ; Im(z) = 2 i(z z);

jRe(z)j jzj ; jIm(z)j jzj :

Se z 6= 0; e z
1
z = :
jzj2
Dimostriamo ora che vale la seguente \disuguaglianza triangolare":

jz1 + z2j jz1j + jz2j :

16
Infatti, si ha che
2
jz1 + z2j = (z1 + z2)(z1 + z2)
= (z1 + z2)(z1 + z2 )
= z1z1 + z1z2 + z2z1 + z2z2
2 2
= jz1j + z1z2 + (z1z2 ) + jz2j
2 2
= jz1j + 2Re(z1z2 ) + jz2j
2 2
jz1j + 2jz1z2 j + jz2j
2
= jz1j + 2jz1j jz2 j +
2 2
jz2j = jz1j + 2jz1j jz2j +
2 2
jz2j = (jz1j + jz2j) ;
e la disuguaglianza cercata segue dal Lemma di pagina 9.
Sar utile introdurre la forma trigonometrica di un numero complesso z = a
+ ib. Si tratta essenzialmente di scrivere il punto (a; b) in coordinate polari:

(a; b) = ( cos ; sin ) :


p
2 2
Qui = a + b e il modulo di z, mentre l'angolo e l'argomento di z,
determinato a meno di un multiplo intero di 2 . (Si osservi pero che, se z =
0, l'argomento non e univocamente de nito.) Scriveremo quindi

z = (cos ; sin ) ; oppure z = (cos + i sin ) :

Notiamo che, se scriviamo due numeri complessi come

z1 = ( 1 cos 1; 1 sin 1) ; z2 = ( 2 cos 2; 2 sin 2) ;

allora il loro prodotto si ottiene come

z1z2 = ( 1 2 cos 1 cos 2 sin 1 sin 2 ; cos 1 sin 2 + sin 1 sin 2)


=(1 2 cos( 1 + 2); 1 2 sin( 1 + 2)):

Vediamo quindi che il modulo di z1z2 e il prodotto dei due moduli (cosa che
sapevamo gia), mentre il suo argomento e la somma dei due argomenti.
In particolare, se z = (cos + i sin ), allora
2 2
z = (cos(2 ) + i sin(2 )) ;

e si puo dimostrare per induzione che


n n
z = (cos(n ) + i sin(n )) ; per ogni n 2 N :

In particolare, vale la Formula di De Moivre:


n
(cos + i sin ) = cos(n ) + i sin(n ) ; per ogni n 2 N :

17
Ora a rontiamo il seguente problema: dato un numero complesso z,
trovare le soluzioni u dell'equazione
2
u =z:
2 2
Se z = 0, l'unica soluzione e u = 0, in quanto juj = ju j = jzj = 0.
Supponiamo ora z =6 0 ecriviamo u e z in forma trigonometrica:
u = r(cos ' + i sin ') ; z = (cos + i sin ) ;

per cui l'equazione diventa


n n
r (cos ' + i sin ') = (cos + i sin ) ;
ossia, facendo uso della formula di De Moivre,
n
r (cos(n') + i sin(n')) = (cos + i sin ) :
Uguagliando i moduli e gli argomenti, otteniamo
n
r = ; n' 2 f2 k : k 2 Zg :
Pertanto, otteniamo n soluzioni distinte, con
p 2 k ; k = 0; 1; : : : ; n 1 ;
r= ; '=n + n

per cui cos + i sin ; k = 0; 1; : : : ; n 1 :


u=
p
n+ n n+ n
2k 2k
n

R come spazio metrico


De niamo la distanza euclidea tra due numeri reali e come

d( ; ) = j j:

Valgono le seguenti proprieta:


a) d( ; ) 0;
b) d( ; )=0 , = ;
c) d( ; ) = d( ; ) ;
d) d( ; ) d( ; ) + d( ; ) :
Quest'ultima viene spesso chiamata \disuguaglianza triangolare"; la dimo-
striamo:
j j = j( ) + ( )j j j+j j
Dati x0 2 R e un numero > 0, chiameremo \intorno centrato" in x 0 un
insieme del tipo
I(x0; ) = fx 2 R : d(x; x0) < g ;
dove e un numero positivo, ossia > 0.

18
Un insieme U R si dice \intorno" di un punto x0 se esiste un > 0 tale che
I(x0; ) U; in tal caso, il punto x0 si dice \interno" ad U. L'insieme dei
punti interni ad U si chiama \l'interno" di U e si denota con U. Chiaramente,
si ha sempre U U: Si dice che U e un \insieme aperto" se coincide con il suo
interno, ossia se U = U. Vediamo alcuni esempi.
1. Se U = [a; b[ , si puo dimostrare che U =]a; b[.

2. Un intervallo del tipo ]a; b[ e un insieme aperto. Lo stesso vale per gli
intervalli del tipo ]a; +1[ , oppure ] 1; b[ .
3. e un insieme aperto, in quanto , essendo contenuto in , non puo che
essere vuoto: = .
4. R e un insieme aperto. Infatti, ogni punto di R e interno all'insieme R stesso, in
quanto ogni intorno centrato e per de nizione contenuto in R. Quindi,
l'interno di R coincide con tutto R, ossia R = R.
5. Se U = Q, allora U = . E una conseguenza della \densita" di R n Q in R.

Teorema. L'interno di un insieme e un insieme aperto.


Dimostrazione. Se U e vuoto, la tesi e sicuramente vera. Supponiamo allora
che U sia non vuoto. Sia x1 2 U. Allora esiste un > 0 tale che I(x1; ) U.
Vogliamo vedere che I(x1; ) U. Preso x 2 I(x1; ); essendo I(x1; ) un insieme
aperto, esso e un intorno di x; siccome U contiene I(x1; ); anche U e
un intorno di x, per cui x 2 U. Cio dimostra che I(x1; ) U e pertanto ogni
punto x1 di U e interno a U:

Si puo dimostrare la seguente implicazione:

U1 U2 ) U1 U2 :

Da essa segue che U e il piu grande insieme aperto contenuto in U: se A e un


aperto e A U, allora A U:
Si puo dimostrare che l'unione e l'intersezione di due insiemi aperti sono insiemi aperti. Lo
stesso vale per un numero nito di insiemi aperti: lo si dimostra per induzione. Se invece si
considera un numero in nito di insiemi, la cosa cambia. L'unione di un numero in nito di insiemi
aperti e un insieme aperto, l'intersezione in generale non lo e. Ad esempio, prendendo gli aperti
An = n+1; n+1 ;
1 1

con n 2 N; la loro intersezione e f0g; che non e un aperto.


Introduciamo ora un altra serie di de nizioni.

19
Diremo che il punto x0 e \aderente" all'insieme U se per ogni > 0 si ha
che I(x0; )\U 6= : L'insieme dei punti aderenti ad U si chiama \la chiusura"
di U e si denota con U : Chiaramente, si ha sempre U U. Si dice che U e
un \insieme chiuso" se coincide con la sua chiusura, ossia se U = U :
Vediamo alcuni esempi.
1. Se U = [a; b[ , si puo dimostrare che U = [a; b].
2. Un intervallo del tipo [a; b] e un insieme chiuso. Lo stesso vale per gli
intervalli del tipo [a; +1[ , oppure ] 1; b] .
3. R e un insieme chiuso, in quanto R deve essere contenuto in R, il
nostro insieme universo, per cui R = R.
4. Anche e un insieme chiuso. Vediamo infatti che non puo avere punti
aderenti: se un certo x0 fosse un punto aderente, per ogni > 0 dovrebbe
essere I(x0; ) \ 6= , il che e sicuramente falso. Quindi, l'insieme dei punti
aderenti e vuoto, ossia = .
5. Se U = Q, allora U = R. E una conseguenza della \densita" di Q in R.
6. L'insieme U = fx0g, costituito da un unico punto, e sempre un insieme
chiuso. Infatti, preso un x1 2= U, scegliendo > 0 tale che < d(x 0; x1) si ha
che I(x1; ) \ U = , per cui x1 non e aderente ad U.
Teorema. La chiusura di un insieme e un insieme chiuso.
Dimostrazione. Se U = R, la tesi e veri cata. Supponiamo quindi che sia
U 6= R. Sia x1 62U. Allora esiste un > 0 tale che I(x 1; ) \ U = : Vediamo
che anche I(x1; )\U = : (con lo stesso > 0). Infatti, se per assurdo ci fosse
un x 2 I(x1; ) \ U ; essendo I(x1; ) un insieme aperto, esisterebbe un r > 0
tale che I(x; r) I(x1; ): Siccome x 2 U ; dovrebbe essere I(x; r) \ U 6= e
quindi anche I(x1; ) \ U 6= ; in contraddizione con quanto sopra. Quindi,
nessun punto x1 al di fuori di U puo essere aderente a U. In altri termini, U
contiene tutti i punti ad esso aderenti.

Si puo dimostrare la seguente implicazione:

U1 U2 ) U1 U2 :

Da questa segue che U e il piu piccolo insieme chiuso che contiene U: se


C e un chiuso e C U, allora C U :
Si puo dimostrare che l'unione e l'intersezione di due insiemi chiusi
sono insiemi chiusi, e lo stesso vale per un numero nito di insiemi chiusi.
Se invece si considera un numero in nito di insiemi chiusi, la loro
intersezione e un insieme chiuso, mentre la loro unione in generale non lo
e. Ad esempio, prendendo i chiusi
1
C = 0; 1 ;
n n+1
con n 2 N; la loro unione e [0; 1[ ; che non e un aperto.

20
Cercheremo ora di capire le analogie incontrate tra le nozioni di interno
e chiusura di un insieme, e quelle di insieme aperto e chiuso.
5
Teorema. Valgono le seguenti relazioni:

CU = CU ; (CU) = CU :
Dimostrazione . Vediamo la prima uguaglianza. Se U = R, allora CU = ,

per cui CU = ; d'altra parte, U = R, per cui CU = . L'uguaglianza e cos veri


cata in questo caso. Supponiamo ora che sia U 6= R, per cui CU 6= . Si
ha:

x 2 CU , 8 > 0 I(x; ) \ CU 6=
, 8 > 0 I(x; ) 6 U
, x 62U
, x 2 CU:

Questo dimostra la prima uguaglianza. Possiamo ora usarla per dedurne


la seguente:
C(CU) = C(CU) = U :
Passando ai complementari, si ottiene la seconda uguaglianza.
Abbiamo quindi che

U = C(CU) = C(CU); U = C(CU) = C(CU) :

Come immediato corollario, abbiamo il seguente.


Teorema. Un insieme e aperto [chiuso] se e solo se il suo complementare
e chiuso [aperto].
Si de nisce la \frontiera" di un insieme U come di erenza tra la sua
chiusura e il suo interno:
@U = U n U :
Ad esempio, se U e uno degli intervalli ]a; b[ , ]a; b], [a; b[ , o [a; b], allora la
frontiera di U e costituita da solo due punti: @U = fa; bg. Si noti invece che

@Q = Q n Q = R n = R :

Introduciamo un'ulteriore importante de nizione. Diremo che il punto x 0


e \di accumulazione" per l'insieme U se per ogni > 0 si ha che I(x 0; )
contiene in niti elementi di U.

Teorema. Sia U un sottoinsieme limitato di R. Se U ha in niti elementi,


allora esiste almeno un punto di accumulazione per U.
5
Denotiamo con CU il complementare di U in R, ossia l'insieme R n U.

21
Dimostrazione. Sia I0 = [a; b] un intervallo che contiene U. Consideriamo il
a+ b a+ b a+ b
punto medio 2 di I0. Chiamiamo I1 uno dei due intervalli [a; 2 ] e [ 2 ;
b] che contenga in niti punti di U. Consideriamo ora il punto medio di I 1,
procediamo in modo analogo per de nire I 2, e cos via, per ricorrenza.
Abbiamo cos una successione di intervalli In = [an; bn] tali che
I0 I1 I2 I3 :::

e, per ogni n, l'intervallo In contiene in niti punti di U. Per il teorema di


Cantor, esiste un c 2 R appartenente a tutti gli intervalli. Dimostriamo che
c e di accumulazione per U. Fissiamo un > 0: Siccome b n c bn an e, per n
b a b a b a
1; bn an = 2n < n , prendendo n > si ha che bn 2 [c; c + [ .
Analogamente si vede che a n 2 ]c ; c], per cui I n = [an; bn] ]c ; c + [ . Ne
segue che ci sono in niti punti di U in ]c ; c + [ :

Limiti e continuita
Chiameremo \spazio metrico" un insieme E su cui sia de nita una \di-
0
stanza", ossia una funzione che a ogni coppia x; x di elementi di E associ
0
un numero reale d(x; x ), con le seguenti proprieta:
0
a) d(x; x ) 0 ;
b) d(x; x0) = 0 0
, x=x ;
0 0
c) d(x; x ) = d(x ; x) ;
00 0 0 00
d) d(x; x ) d(x; x ) + d(x ; x ) :
Ci proponiamo di introdurre i concetti di \limite" e di \continuita" in un
contesto del tutto astratto, per funzioni tra spazi metrici. Questi concetti
verranno poi particolarizzati nell'ambito delle funzioni tra insiemi di numeri
reali.
Siano E e F due spazi metrici, con le loro distanze d E e dF ,
rispettivamente. Sia x0 un elemento di E e ` un elemento di F . Avremo a
che fare con una funzione f, de nita su E o su E n fx 0g, a valori in F .
Si noti che f potrebbe anche non essere de nita in x 0. Per non dover
distinguere ogni volta i due casi supporremo, per ora, che sia f : E nfx 0g !
F . Pertanto, quando scriveremo f(x), sar sottinteso che x appratenga al
dominio di f, ossia x 2 E n fx0g, per cui x 6= x0.
Ci proponiamo di rispondere a questa
Domanda: cosa signi ca lim f(x) = ` ?
x!x0

(Si legge \limite di f(x) per x che tende a x 0 e uguale a `.) Procediamo a
tentativi.
Primo tentativo. Diremo che il limite di f(x) per x che tende a x 0 e uguale a
` quando si veri ca la cosa seguente:
se x e vicino a x0, allora f(x) e vicino a `.

22
Osserviamo subito che, sebbene l'idea vi sia gia abbastanza ben
formulata, la proposizione precedente non e una de nizione accettabile,
perch la parola \vicino", che vi compare due volte, non ha un signi cato
preciso. Innanzitutto, per poter misurare quanto vicino sia x a x 0 e quanto
vicino sia f(x) a `, faremo uso delle distanze su E e su F , rispettivamente.
Secondo tentativo. Diremo che il limite di f(x) per x che tende a x 0 e
uguale a ` quando si veri ca la cosa seguente:
se la distanza dE(x; x0) e piccola, allora la distanza dF (f(x); `) e piccola.
Ci rendiamo subito conto che il problema riscontrato nel primo tentativo
non e stato a atto risolto con questo secondo tentativo, in quanto vi compare
ora per due volte la parola \piccola", che non ha un signi cato preciso.
Notiamo tra l'altro che sarebbe bene che e ettivamente esistano degli
x, nel dominio della funzione, con distanza \piccola" da x 0. Per essere
sicuri di cio, chiederemo che x 0 sia un punto di accumulazione per E: ogni
intorno di x0 conterra pertanto in niti punti di E.
Per poter rendere rigorosa la nostra de nizione ci chiediamo, in primo
luo-go: quanto piccola vogliamo che sia la distanza d F (f(x); `)? L'idea che
abbia-mo in mente e che questa distanza possa essere resa piccola
quanto si voglia (purche la distanza d E(x; x0) sia su cientemente piccola,
s'intende). Per po-terla misurare, introdurremo quindi un numero reale
positivo, che chiameremo ", e chiederemo che sia d F (f(x); `) < ", qualora
dE(x; x0) sia su cientemente piccola. L'arbitrariet di tale " ci permettera di
prenderlo piccolo quanto si voglia.
Terzo tentativo. Diremo che il limite di f(x) per x che tende a x 0 e uguale a
` quando si veri ca la cosa seguente: preso un qualsiasi numero " > 0,
se la distanza dE(x; x0) e piccola, allora dF (f(x); `) < " .
Adesso la parola \piccola" compare una sola volta, mentre la distanza d F
(f(x); `) viene semplicemente controllata dal numero ". Quindi, almeno la
seconda parte della proposizione ha ora un signi cato ben preciso. Potremmo
allora cercare di fare altrettanto con la distanza d E(x; x0), introducendo un
nuovo numero reale positivo, che chiameremo , che la controlli.
Quarto tentativo (quello buono!). Diremo che il limite di f(x) per x che tende
a x0 e uguale a ` quando si veri ca la cosa seguente: preso un qualsiasi
numero " > 0, e possibile trovare un numero > 0 per cui,
se dE(x; x0) < , allora dF (f(x); `) < ".
Quest'ultima proposizione, a di erenza delle precedenti, non presenta
alcun termine impreciso. Le distanze dE(x; x0) e dF (f(x); `) sono
semplicemente controllate da due numeri positivi e ", rispettivamente.
Riscriviamola quindi in modo formale.
De nizione. Diremo che il limite di f(x) per x che tende a x 0 e uguale a ` e
scriveremo
lim f(x) = `
x!x0

23
se, comunque preso un numero positivo ", e possibile trovare un numero
posi-tivo tale che, se x e un qualsiasi elemento del dominio E n fx 0g che
disti da x0 per meno di , allora f(x) dista da ` per meno di ". In simboli:

8" > 0 9 > 0 : 8x 2 E 0 < dE(x; x0) < ) dF (f(x); `) < " :

In questa formulazione, spesso la scrittura \8x 2 E" verra sottintesa.


Vediamo subito, con un esempio, che il limite potrebbe anche non
esistere. Sia f : R n f0g ! R de nita da
1
f(x) = sin x :

Qui E = R, F = R e x 0 = 0. Osserviamo che si possono trovare valori di x


arbitrariamente vicini a 0 per cui la funzione vale 1, ma anche per cui la
funzione vale 1. Infatti, prendendo
1
xn = ;
2 +2 n
con n 2 N, si ha che f(xn) = 1, mentre se prendiamo
1
xn = ;
32 + 2n
allora f(xn) = 1. Al crescere di n, i valori di x n si avvicinano arbitrariamente
1
a 0. Piu precisamente, comunque ssato un > 0, prendendo n > 2 si ha che
0 < d(xn; 0) < . Pertanto, si vede che non e possibile trovare un ` 2 R che
soddis alla de nizione di limite data sopra.
Vediamo ora un esempio in cui il limite esiste. Sia f : R n f0g ! R de nita
da f(x) = 1 + x sin x :
1
Qui, di nuovo, E = R, F = R e x0 = 0. In questo caso possiamo osservare

che, per ogni x 6= 0, x sin = jxj jxj :


jf(x) 1j =
x sin x
1 1

Ecco allora che, prendendo ` = 1, la denizione di limite risulta soddisfatta:

per ogni " > 0, baster prendere = " per avere che

0 < d(x; 0) < ) d(f(x); 1) < " :

Nel caso in cui la funzione sia de nita anche nel punto x 0, possiamo
chie-derci se il valore f(x0) coincida o meno con l'eventuale valore del
limite. Se cio accade, abbiamo la \continuita".

24
De nizione. Diremo che f : E ! F e \continua" in x 0 se
lim f(x) = f(x0) ;
x!x0
ossia se

8" > 0 9 > 0 : 8x 2 E dE(x; x0) < ) dF (f(x); f(x0)) < " :
Si dira che \f e continua" se lo e in ogni punto del suo dominio.
Esempi. 1. La funzione f : R ! R de nita da f(x) = ax + b e continua (qui a e
b sono due numeri reali ssati). Infatti, osserviamo che, presi x 0 e x
qualsiasi, si ha

jf(x) f(x0)j = j(ax + b) (ax0 + b)j = ja(x x0)j = jaj jx x0j :

Fissato " > 0, abbiamo due casi: se a = 0, qualsiasi scelta di > 0 va bene
(in questo caso, la funzione e costante); se a 6= 0, basta prendere = "=jaj.
2. La funzione \valore assoluto" f(x) = jxj e continua. Lo si vede come
conseguenza della disuguaglianza

jxj jx0j jx x0j :

Vedremo in seguito che tutte le funzioni \elementari" sono continue: si


trat-ta delle funzioni ottenibili con operazioni di somma, di erenza,
prodotto, quo-ziente e composizione di funzioni polinomiali,
trigonometriche, esponenziali, ed eventuali loro inverse.
Intuitivamente, una funzione f e continua in x 0 se f(x) varia
gradualmente al variare di x nelle vicinanze di x 0, cioe quando non si veri
cano variazioni brusche nei valori della funzione. Possiamo riprendere in
mano e modi care i due esempi visti sopra.
Sia f : R ! R de nita da 8 se x 6= 0 ,
f(x) = sin x

1
>

<
se x = 0 .
>

In questo caso, prendendo x0 = 0, siccome il limite di f(x) per x che tende a


0 non esiste, sicuramente f non puo essere continua in 0,
indipendentemente dalla scelta del valore di 2 R .
Sia ora f : R ! R de nita da se x 6= 0 ,
8
f(x) = 1 + x sin x
1
>

<
se x = 0 .

In questo caso, siccome il limite> di f(x) per x che tende a 0 e uguale a 1, la


:
funzione f sar continua in 0 se e solo se = 1.

25
Osservazioni generali
Consideriamo due spazi metrici E, F , un punto x 0 di E e una funzione
f:E!F; oppure f : E n fx0g ! F ;
non necessariamente de nita in x0. Ricordiamo la de nizione di limite:
lim f(x) = ` , 8 " > 0 9> 0 : 0 < d x; x 0) < ) dF ( f x ; ` ) < " :
(
x x0 E ()

Talvolta si scrive anche f(x) ! ` per x ! x0.


Si puo osservare che, nella de nizione di limite, una o entrambe le
disugua-glianze dE(x; x0) < e dF (f(x); `) < " possono essere sostituite da
d(x; x0) e dF (f(x); `) ", ottenendo de nizioni che sono tutte tra loro
equivalenti. Questo e dovuto al fatto, da un lato, che " e un qualunque
numero positivo e, dall'altro lato, che se l'implicazione della de nizione vale
per un certo nu-mero positivo , essa vale a maggior ragione prendendo al
posto di quel un qualsiasi numero positivo piu piccolo.
Una rilettura della de nizione ci mostra che il limite di f(x) per x che
tende a x0 e uguale a ` se e solo se:
8" > 0 9 > 0 : f(I(x0; ) n fx0g) I(`; ") :
Potrebbe inoltre essere utile considerare intorni generici invece dei soli intorni
centrati, ed esprimere la proposizione precedente nel seguente modo:
per ogni intorno V di ` esiste un intorno U di x 0 tale che f(U n fx0g) V:
Si tratta di una de nizione equivalente, in quanto ogni intorno centrato e ov-
viamente un intorno, mentre ogni intorno contiene sempre un intorno centrato.
Si puo notare che, nel caso in cui x 0 risultasse essere un punto isolato
dell'insieme E, qualsiasi valore ` veri cherebbe la de nizione di limite, cos
come qualsiasi funzione sarebbe continua in x 0. Per evitare simili
situazioni poco signi cative, chiederemo sempre che x 0 sia un punto di
accumulazione. In questo caso, possiamo veri care l'unicita del limite.
Teorema. Sia x0 un punto di accumulazione per E. Se esiste, il limite di f
in x0 e unico.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che ce ne siano due diversi, ` e
0 1 0
` . Prendiamo " = 2 d(`; ` ). Allora esiste un > 0 tale che
0 < d(x; x0) < ) d(f(x); `) < " ; ed
0
esiste un > 0 tale che
0 0
0 < d(x; x0) < ) d(f(x); ` ) < " :
0
Sia x 6= x0 tale che d(x; x0) < e d(x; x0) < (tale x esiste perch x0 e di
accumulazione). Allora
0 0 0
d(` ; `) d(`; f(x)) + d(f(x); ` ) < 2" = d(` ; `) ;
una contraddizione.

26
Osservazioni. 1) Sulla notazione: la lettera x che compare nell'espressione

lim f(x)
x!x0

puo essere sostituita da una qualsiasi altra lettera o simbolo, senza


cambiarne il signi cato. Potremo scrivere pertanto, equivalentemente,

lim f(t) ; lim f( ) ; lim f(y) ; lim f(?) ; : : :


t!x0 !x0 y!x0 ?!x0
2) Si noti che
lim f(x) = ` , lim d(f(x); `) = 0 :
x!x0 x!x0
~
3) Sia f : E ! F la funzione de nita da
(
f(x) = ` se x = x0 .
~ f(x) se x 6= x0 ,
Si vede che ~ x :
f

x x0
lim f(x) = ` , e continua in 0
!

Due teoremi sui limiti


Nei due teoremi seguenti, le funzioni coinvolte sono de nite su E o su E
n fx0g, indi erentemente, e hanno valori in F = R.
Teorema (della permanenza del segno). Se

lim f(x) = ` > 0 ;


x!x0

allora esiste un > 0 tale che

0 < d(x; x0) < ) f(x) > 0 :

Se invece
lim f(x) = ` < 0 ;
x!x0
allora esiste un > 0 tale che

0 < d(x; x0) < ) f(x) < 0 :

Dimostrazione. Consideriamo il primo caso (il secondo e analogo), in cui si


1
suppone che il limite esista e sia un numero positivo `. Fissiamo " = 2 ` e
implementiamo la de nizione di limite: esiste pertanto un > 0 tale che
1
0 < d(x; x0) < )` " < f(x) < ` + " ) f(x) > 2 `>0;

come volevasi dimostrare.

27
Se ne deduce direttamente il seguente
Corollario. Se f(x) 0 per ogni x in un intorno di x 0, allora, qualora il limite
esista, si ha
lim f(x) 0:
x!x0
Se invece f(x) 0 per ogni x in un intorno di x0, allora, qualora il limite esista,
si ha
lim f(x) 0:
x!x0

Risultera talvolta utile il seguente \teorema dei due carabinieri".


Teorema. Supponiamo di avere due funzioni f 1; f2 per cui
lim f1(x) = lim f2(x) = ` :
x!x0 x!x0

Se, per ogni x in un intorno di x0, con x 6= x0,


f1(x) f(x) f2(x) ;
allora
lim f(x) = ` :
x!x0
Dimostrazione. Fissato " > 0, esistono 1 >0e 2 > 0 tali che
0 < d(x; x0) < 1 ) ` " < f1(x) < ` + " ;
0 < d(x; x0) < 2 ) ` " < f2(x) < ` + " :
Se = minf 1; 2g, allora
0 < d(x; x0) < ) ` " < f1(x) f(x) f2(x) < ` + " ;
il che dimostra la tesi.
Anche qui abbiamo un
Corollario. Se
lim f(x) = 0 ;
x!x0
ed esiste un C > 0 tale che jg(x)j C per ogni x, allora
lim f(x)g(x) = 0 :
x!x0

Dimostrazione. Si ha
Cjf(x)j f(x)g(x) Cjf(x)j ;
e il risultato segue dal teorema precedente.
Esempio. Si ha che
x!0 x
2 =0: 1
lim x sin
2 1
In e etti, se f(x) = x e g(x) = sin x , si puo applicare il precedente corol-lario,
2
con C = 1, poiche lim x = 0.
x!0

28
Operazioni con i limiti

x!x0

x!x0

x!x0

Consideriamo due funzioni f1; f2, de nite su uno spazio metrico E o su


E n fx0g, dove x0 e un punto di accumulazione, a valori in F = R.
Teorema. Se
lim f1(x) = `1 ; lim f2(x) = `2 ;
x!x0 x!x0
allora
lim [f1(x) + f2(x)] = `1 + `2 ;
lim [f1(x) f2(x)] = `1 `2 ;

lim [f1(x)f2(x)] = `1`2 ;

se `2 6= 0, f1(x) `
1
lim = :
x!x0 f2(x) `2

Dimostrazione. Fissiamo " > 0. Esistono 1 >0e 2 > 0 tali che

0 < d(x; x0) < 1 ) jf1(x) `1)j < " ;


0 < d(x; x0) < 2 ) jf2(x) `2)j < " :
Quindi, se = minf 1; 2g; si ha

0 < d(x; x0) < ) j[f1(x)+f2(x)] [`1 +`2]j jf1(x) `1j+jf2(x) `2j < 2" :
6
Data l'arbitrariet di ", cio dimostra che il limite di f1 + f2 e uguale a `1 + `2.
Analoga dimostrazione per il limite di f 1 f2.
Vediamo ora il prodotto: non e restrittivo supporre " 1, in quanto pos-
0 0
siamo sempre porre " = minf"; 1g e procedere con " al posto di ".
Pertanto, da jf1(x) `1j < " segue che jf1(x)j < j`1j + 1. Quindi, se = minf 1; 2g;
si ha

0 < d(x; x0) < ) jf1(x)f2(x) `1`2j =


= jf1(x)f2(x) f1(x)`2 + f1(x)`2 `1`2j jf1(x)j
jf2(x) `2j + j`2j jf1(x) `1j (j`1j + 1) jf2(x) `2j +
j`2j jf1(x) `1j < (j`1j + j`2j + 1)" :

Data l'arbitrariet di ", cio dimostra che il limite di f 1 f2 e uguale a `1`2.

6 In e etti, ogni qualvolta si riesca a giungere a dimostrare che d(f(x); `) < C", per una certa
0 "
costante C > 0, il gioco e fatto, in quanto l'arbitrariet di " permette di de nire un nuovo " = C e,
0
procedendo con questo, si otterra che d(f(x); `) < C" = ".

29
Vediamo ora il quoziente: si noti innanzitutto che, per la proprieta di
permanenza del segno, esiste un intorno U di x0 tale che, per ogni x 2 U nfx0g,
f1(x)
il rapporto risulta ben de nito, in quanto il denominatore non si annulla.
f2(x)
f1 (x) 1
Essendo f (x) = f1(x) , baster dimostrare che
2
f2(x)

lim 1 =1 :
x!x0 f2(x) `
2
j` 2j
Possiamo supporre senza perdita di generalit che " < 2 . Esiste un > 0
tale che
0 < d(x; x0) < ) jf2(x) `2j < " :
j` 2j
Ma allora, essendo " < 2 , anche
0 < d(x; x ) < ) f (x) j > ` 2j " > j`2j :
0
j2 j 2
Ne segue che `2 f2
(x)
0
)
j f2(x)`2 `2 2
0 < d(x; x )< 1 1 = `2 f2(x)j j j
< 2 ":
j j

Per l'arbitrariet de ", questo dimostra che il limite di 1 e uguale a 1 .

f `
2 2

Ne segue direttamente un corollario per la continuita.


Corollario. Se f1 : E ! R e f2 : E ! R sono continue in x0, allora anche f1 + f2 , f1 f2 ,
f
f1f2 lo sono. Idem per 1 , purche f2(x0) 6= 0.
f2

Come conseguenza di cio, sapendo che le funzioni del tipo ax + b sono


continue, abbiamo che tutte le funzioni polinomiali lo sono, cos come tutte
le funzioni razionali (rapporto di funzioni polinomiali).

Consideriamo ora una funzione composta g f. Abbiamo due possibili


situazioni, che enunceremo in due teoremi distinti.
Teorema 1. Sia f : E ! F , oppure f : E n fx0g ! F , tale che

lim f(x) = l :
x!x0

Se g : F ! G e continua in l, allora

lim g(f(x)) = g(l) :


x!x0

In altri termini,
lim g(f(x)) = g( lim f(x)) :
x!x0 x!x0

30
Dimostrazione. Usiamo la de nizione di limite che fa uso degli intorni. Sia
W un intorno di g(l). Essendo g continua in l, esiste un intorno V di l tale
che g(V ) W . Allora, essendo l il limite di f(x) per x che tende a x 0, esiste
un intorno U di x0 tale che f(U n fx0g) V . Ne segue che [g f](U n fx 0g) W , e
la dimostrazione e completa.
Dal teorema precedente segue direttamente un corollario sulla continuita.
Corollario Se f : E ! F e continua in x 0 e g : F ! G e continua in f(x0), allora g
f e continua in x0.
Vediamo ora il secondo teorema.
Teorema 2. Sia f : E ! F , oppure f : E n fx0g ! F , tale che

lim f(x) = l :
x!x0

Supponiamo che l sia un punto di accumulazione di F e che la funzione

g:F!G; oppure g : F n flg ! G ;

non necessariamente de nita in l, sia tale che

lim g(y) = L :
y!l

Se f(x) 6= l per ogni x 2 E n fx0g, allora

lim g(f(x)) = L :
x!x0

Dimostrazione. E una variante della precedente. Sia W un intorno di L. Es-


sendo L il limite di g(y) per y che tende a l, esiste un intorno V di l tale che
g(V n flg) W . Allora, essendo l il limite di f(x) per x che tende a x 0, esiste
un intorno U di x0 tale che f(U n fx0g) V . Ma, allo stesso tempo, f(x) 6= l
per ogni x 2 E n fx0g, per cui f(U n fx0g) V n flg. Ne segue che [g f](U n
fx0g) W , e la dimostrazione e completa.
Alcune considerazioni sull'ultimo teorema dimostrato. Si noti che la sua
conclusione si riassume con la formula

lim g(f(x)) = lim g(y) :


x!x0 y! lim f(x)
x!x0

Spesso si dice che si e operato il \cambio di variabile y = f(x)".


Riguardando inoltre le ipotesi dello stesso teorema, si vede subito che e
su ciente richiedere che sia f(x) 6= l per gli x tali che 0 < d(x; x 0) < . Cio e
dovuto al fatto che la nozione di limite e, in un certo senso, di tipo \locale".
Questa osservazione vale in generale e verra spesso usata in seguito.

31
Esempi. 1. Sapendo che la funzione coseno e continua, dimostriamo che
1
lim cos x sin =1:
x!0 x
In e etti, se f : R n f0g ! R e de nita da f(x) = x sin(1=x) e g : R ! R e de nita
da g(y) = cos(y), sappiamo che lim x!0 f(x) = 0, e che g e continua. Per il
Teorema 1,

lim g(f(x)) = g lim f(x) = g(0) = 1 :


x!0 x!0

2. Sia ora f come nell'esempio precedente, e sia g : R ! R de nita da


1 se y 6= 0 ,
g(y) =
2 se y = 0 .

Si puo vedere che, in ogni intorno di x 0 = 0, la funzione g(f(x)) assume in


nite volte il valore 1 e in nite volte il valore 2. Pertanto, in questo caso,

il limite lim g(f(x)) non esiste.


x!0

Restrizioni di funzioni
Finora abbiamo considerato due spazi metrici E, F; un punto x 0 di
accu-mulazione per E e una funzione f : E ! F , oppure f : E nfx 0 g ! F .
Siccome l'eventuale valore di f in x0 e inin uente ai ni dell'esistenza o
meno del limite, nonche del suo e ettivo valore, da ora in poi per semplicita
considereremo solo il caso f : E n fx 0g ! F .
Si puo veri care che tutte le considerazioni fatte continuano a valere
per una funzione f : Eb n fx 0g ! F , con Eb E, purche x0 sia di
accumulazione per Eb: ogni intorno di x0 deve contenere in niti punti di Eb.
Sia ora f : E n fx0g ! F , e sia Eb E. Possiamo considerare la restrizione
^
di f a Eb n fx0g: e la funzione f : Eb n fx0g ! F i cui valori coincidono con
^ ^
quelli di f: si ha f (x) = f(x) per ogni x 2 Ebnfx0g. Talvolta si scrive f = fjEb.
Teorema. Se esiste il limite di f in x 0 e x0 e di accumulazione anche per
^
Eb, allora esiste anche il limite di f in x0 e ha lo stesso valore:
^
lim f (x) = lim f(x) :
x!x0 x!x0

^
Dimostrazione. Segue immediatamente dalla de nizione di f .
Il teorema precedente viene spesso usato per stabilire la non esistenza
del limite per la funzione f: a tal scopo, e su ciente trovare due diverse
restrizioni lungo le quali i valori del limite di eriscono.

32
^ ^
Sia ora E R. Possiamo considerare le due restrizioni f 1 e f 2 agli insiemi Eb1
= E\ ] 1; x0] e Eb2 = E \ [x0 + 1[ . Se x0 e di accumulazione per Eb1;
^
chiameremo \limite sinistro" di f, quando esiste, il limite di f 1(x) per x che tende a
x0; lo denoteremo con
lim f(x) :
x!x0

Analogamente, se x0 e di accumulazione per Eb2; chiameremo \limite destro"


^
di f, quando esiste, il limite di f 2(x) per x che tende a x0; lo denoteremo con
lim f(x) :
+
x!x 0

Teorema. Se x0 e di accumulazione per E1 e per E2; il limite di f(x) per


x che tende a x0 esiste se e solo se esistono sia il limite sinistro che il limite
destro e hanno lo stesso valore. b b

Dimostrazione. Sappiamo gia che, se esiste il limite, tutte le restrizioni


devono avere lo stesso limite. Viceversa, supponiamo che esistano e
coincidano i limiti sinistro e destro, e sia ` il loro valore. Fissiamo un " > 0.
Allora esistono 1 > 0 e 2 > 0 tali che, se x 2 E;
x0 1 < x < x0 ) d(f(x); `) < " ;
x0 < x < x0 + 2 ) d(f(x); `) < " :
Preso = minf 1; 2g; abbiamo quindi che, se x 6= x0;
x0 < x < x0 + ) d(f(x); `) < " ;
per cui il limite di f in x0 esiste ed e uguale a `.

Esempio. La funzione \segno", ossia f : R ! R de nita da


8
1 se x > 0
<
f(x) = 0 se x = 0
: -1 se x < 0
non ha limite in x0 = 0, essendo che lim f(x) = 1 e lim f(x) = 1.
+
x!0 x!0

La retta ampliata
Consideriamo la funzione ' : R ! ] 1; 1[ ; de nita da
x

'(x) = 1 + jxj :
1
Si tratta di una funzione invertibile, con inversa ' :] 1; 1[ ! R, de nita da
1 y :
' (y) =
1 jyj
1
Inoltre, ' e continua, e anche ' e continua.

33
Possiamo de nire una nuova distanza su R:
~ 0 0)j :
d(x; x ) = j'(x) '(x
In e etti, si possono facilmente veri care le quattro proprieta che devono essere
soddisfatte da una distanza. E importante notare che gli intorni di un punto x 0
2 R rimangono gli stessi di quelli de niti dalla distanza usuale in R. Infatti, per
la nuova distanza, un intorno centrato in x0 2 R di raggio e dato da
I(x0; ) = fx : j'(x) '(x0)j < g :

Essendo ' continua in x0; per ogni 1 > 0 esiste un 2 > 0 per cui

jx x0j < 2 ) j'(x) '(x0)j < 1 ;

ossia
]x0 2; x0 + 2[ I(x0; 1) :
1
Viceversa, essendo ' continua in y0 = '(x0) 2 ] 1; 1[ ; per ogni 1 > 0 esiste
un 2 > 0 per cui
1 1
j'(x) '(x0)j < 2 ) '(x) 2 ] 1; 1[ e j' ('(x)) ' ('(x0))j < 1 ;

ossia
I(x0; 2) ]x0 1 ; x0 + 1[ :
Da quanto visto, si deduce che ogni intorno per la nuova distanza e anche
intorno per la vecchia distanza, e viceversa.
Introduciamo ora il nuovo insieme Re, de nito come unione di R e di
due nuovi elementi, che indicheremo con 1 e +1:
Re = R [ f 1; +1g :

L'insieme Re risulta totalmente ordinato se si mantiene l'ordine esistente


tra coppie di numeri reali e si pone inoltre, per ogni x 2 R;
1 < x < +1 :
Consideriamo la funzione '~ : Re ! [ 1; 1], de nita da
8
1 se x = 1 ,
<
'~(x) = '(x) se x 2 R ,
:1 se x = +1 .

Essa e invertibile, con inversa '~ 1 : [ 1; 1] ! Re de nita da


8
'~ 1(y) = ' 1(y) se y 2 ] 1; 1[ ,
< 1 se y = 1 ,
+ se y = 1 .
1
:

34
0
De niamo, per x; x 2 Re;
~ 0 0 )j ;
d(x; x ) = j'~(x) '~(x
si veri ca facilmente che d e una distanza su
~ : In questo modo, risulta uno
Re Re
spazio metrico. Vediamo ad esempio cos'e un intorno centrato in +1:
I(+1; ) = fx 2 Re : j'~(x) 1j < g = fx 2 Re : '~(x) > 1 g ;

e quindi 8
(+ ; ) =
]R ;+ ] se = 2 ,
se > 2 ,
< e
1(1); +1]
I 1
] ' se < 2 ,

1 1
dove abbiamo usato le notazioni
:
]a; +1] = fx 2 Re : x > ag = ]a; +1[ [ f+1g :
Possiamo quindi a ermare che un intorno di +1 e un insieme che contiene,
oltre al punto +1, un intervallo del tipo ] ; +1[ ; per un certo 2 R.
Analogamente, un intorno di 1 e un insieme che contiene, oltre a 1, un
intervallo del tipo ] 1; [ ; per un certo 2 R.
Vediamo ora come si traduce la de nizione di limite in alcuni casi in cui
compaiono gli elementi +1 o 1. Ad esempio, sia E R, F uno spazio metrico
e f : E ! F una funzione. Considerando E come sottoinsieme di Re; si ha
che +1 e punto di accumulazione per E se e solo se E non e limitato
superiormente. In tal caso, si ha:
lim f x ` 2F , 8V ` U intorno di + 1 :
x!+1 ()= intorno di 9
f(U \ E) V

, 8" > 0 9 2 R : x > ) dF (f(x); `) < " :


Analogamente, se E non e limitato inferiormente, si ha:
lim f(x) = ` 2 F , 8" > 0 9 2 R : x< ) dF (f(x); `) < " :
x! 1

Si noti che
lim f(x) = ` , lim f( x) = ` :
x!+1 x! 1

Vediamo ora il caso in cui E sia uno spazio metrico e F = R; considerato


come sottoinsieme di Re: Supponiamo che x 0 sia di accumulazione per E
e consideriamo una funzione f : E ! R; o f : E n fx 0g ! R: Si ha:
lim f(x) = + V intorno di + U intorno di x :
x!x 0 1 , 8 19 0

f(U n fx0g) V

, 8 2R 9>0: 0 < d(x; x0) < ) f(x) > ;

35
analogamente, 2R 9 )
x!x0 1 , 8 0) < f(x) < :
lim f(x) = > 0 : 0 < d(x; x
Si noti che lim f(x) = +1 , lim ( f(x)) = 1 :

x!x0 x!x0

Le situazioni considerate in precedenza possono talvolta presentarsi


as-sieme. Ad esempio, se E R non e limitato superiormente e F = R; si avr

lim f x , 8V U
x!+1 ( ) = +1 intorno di + 1 9 intorno di + 1 :
f(U \ E) V
0 0 ) f(x) > ;
, 8 2R 9 2R: x>

analogamente, 1 , 8 2R 9 2R: )
x!+1 x> f(x) < :
lim f(x) =
0
Se invece E R non e limitato inferiormente ed E = R; si avr

x lim f(x) = +1 , 8 2R 9 2 R : x < ) f(x) > ;


!1

analogamente,
lim f(x) = 1 , 8 2R 0 0 ) f(x) < :
9 2R: x<
x! 1

Nel caso in cui sia E = N, l'insieme dei numeri naturali, una funzione f :
N ! F si chiama \successione" in F . Di solito, in questo caso, invece di f(n)
si usa scrivere fn. Il simbolo per la funzione anch'esso spesso e diverso,
invece della lettera f si preferisce, ad esempio, scrivere s (per
\successione", o qualche altra lettera, a seconda dei casi). In tal caso, la
successione stessa si indica con il simbolo (sn)n.
Sia dunque F uno spazio metrico, e (sn)n una succesione in F . Consideran-
do N come sottoinsieme di Re; si vede che l'unico suo punto di accumulazione e
+1. Pertanto, spesso il limite di una successione si denota semplicemente con
lim sn, sottintendendo che n ! +1. Adattando la de nizione di limite a
n
questo caso, possiamo scrivere: 9 2N
n n = ` 2 F , 8 n : n
lim s ">0 n ) dF (an; `) < " :
Come casi particolare, abbiamo 2 R 9 2 N
n n 1 , 8 n : n n ) an > ;
lim s = +
e 1 , 8 2R 92N:
n n = n n ) an < :
lim s n

36
Operazioni con i limiti +1 e 1
Qualora i limiti siano +1 o 1, non si possono usare i teoremi sulle
operazioni con i limiti. A titolo illustrativo, enunciamo alcuni teoremi validi in
questi casi. Nel seguito, tutte le funzioni saranno de nite in uno spazio metrico
E, oppure in E n fx0g, con x0 di accumulazione. Iniziamo con l'addizione:
Teorema. Se
lim f(x) = +1
x!x0

ed esiste un 2 R tale che, per ogni x in un intorno di x0,


g(x) ;
allora
lim [f(x) + g(x)] = +1 :
x!x0

0
Dimostrazione. Fissiamo 2 R. Considerato = , esiste un > 0 tale che
0
0 < d(x; x0) < ) f(x) > :
Quindi,
0
0 < d(x; x0) < ) f(x) + g(x) > + = :
Corollario. Se

lim f(x) = + 1 e lim g(x) = ` 2 R ( o + 1 );


x x0 x x0

! !

allora
lim [f(x) + g(x)] = + :
x!x0 1
Dimostrazione. Se il limite di g e ` 2 R, esiste un > 0 tale che
0 < d(x; x0) < ) g(x) > ` 1:

Se invece il limite e +1, esiste un > 0 tale che


0 < d(x; x0) < ) g(x) > 0 :
In ogni caso, si puo applicare il teorema precedente per concludere.
Come regola mnemonica, scriveremo brevemente
(+1) + ` = +1 ; se ` e un numero reale ;
(+1) + (+1) = +1 :
In modo del tutto analogo, si possono enunciare un teorema e il
relativo corollario nel caso in cui il limite di f sia 1. Come regola
mnemonica, scriveremo allora
( 1) + ` = 1 ; se ` e un numero reale ;
( 1) + ( 1) = 1:
Similmente per quanto riguarda il prodotto:

37
Teorema. Se
lim f(x) = +1
x!x0

ed esiste un > 0 tale che, per ogni x in un intorno di x0,


g(x) ;
allora
lim [f(x)g(x)] = + 1 :
!
x x0
2R
Dimostrazione. Fissiamo . Possiamo supporre che sia > 0. Posto
0 , esiste un > 0 tale che
=
0
0 < d(x; x0) < ) f(x) > :
Quindi, 0 < d(x; x0) < ) f(x)g(x) >
0
= :

Corollario. Se

lim f(x) = + lim g(x) = ` > 0 ( o + 1) ;


x!x0 1 e x!x0

allora
lim [f(x)g(x)] = + 1 :
!
x x0

Dimostrazione. Se il limite di g e un numero reale ` > 0, esiste un > 0 tale


che
`
0 < d(x; x0) < ) g(x) > 2 :
Se invece il limite e +1, esiste un > 0 tale che
0 < d(x; x0) < ) g(x) > 1 :
In ogni caso, si puo applicare il teorema precedente per concludere.
Come sopra, scriveremo brevemente
(+1) ` = +1 ; se ` > 0 e un numero reale ;
(+1) (+1) = +1 ;
con tutte le varianti del caso:
(+1) ` = 1 ; se ` < 0 e un numero reale ;
( 1) `= 1 ; se ` > 0 e un numero reale ;
( 1) ` = +1 ; se ` < 0 e un numero reale ;
(+1) ( 1) = 1;
( 1) ( 1) = +1 :
Passiamo ora a un altro tipo di risultati.

38
Teorema. Se
lim jf(x)j = +1 ;
x!x0
allora
1
lim =0:
x!x0 f(x)

1
Dimostrazione. Fissiamo un " > 0. Posto = " , esiste un > 0 tale che
0 < d(x; x0) < ) jf(x)j > :

Quindi, 1 1
< =" :

1
0 < d(x; x ) < ) f( x)
0 0 = f( x)

j j

Teorema. Se
lim f(x) = 0
x!x0

e f(x) > 0 per ogni x in un intorno di x0, allora


1
lim = +1 :
x!x0 f(x)

Se invece f(x) < 0 per ogni x in un intorno di x 0, allora


1
lim = 1:
x!x0 f(x)

Dimostrazione. Vediamo solo il primo caso, essendo il secondo analogo.


1
Fis-siamo 2 R; possiamo supporre > 0. Posto " = , esiste un > 0 tale che

0 < d(x; x0) < ) 0 < f(x) < " :


Allora,
1 1
0 < d(x; x0) < ) > = :
f(x) "

Il \teorema dei due carabinieri" ha delle varianti: nel caso in cui il limite
vale +1, si ha il seguente
Teorema. Sia f1 tale che

lim f1(x) = +1 :
x!x0

Se f e tale che, per ogni x in un intorno di x 0,

f1(x) f(x) ;

39
allora
lim f(x) = +1 :
x!x0

Dimostrazione. Ponendo g(x) = f(x) f1(x); si ha che g(x) 0 per ogni x in un


intorno di x0 e f(x) = f1(x) + g(x). Il risultato segue quindi direttamente dal
primo teorema visto a lezione.
Nel caso in cui il limite sia 1, si ha l'analogo
Teorema. Sia f2 tale che

lim f2(x) = 1 :
x!x0

Se f e tale che, per ogni x in un intorno di x 0,

f(x) f2(x) ;

allora
lim f(x) = 1 :
x!x0

Alcuni limiti a 1
Calcoleremo ora alcuni limiti elementari per x che tende a +1 o 1.
Consideriamo la funzione
n
f(x) = x ;
dove n e un numero intero. Si puo veri care per induzione che, se n 1,
n
x 1 ) x x:

Siccome chiaramente lim x = +1, ne segue che


x!+1 8
x + = +1 se n 1 ,
! 1xn <
lim
:1 se n = 0 ,
0 se n1 .

Tenendo poi conto che


n n n n
( x) = x se n e pari ; ( x) = x se n e dispari ;
si vede che
x > +1 se n 1 e pari ,
!1 n
lim x =
>
8 1 se n 1 e dispari ,

<
>
>

: 0se n1 .
Consideriamo ora la funzione polinomiale
n n 1 2
f(x) = anx + an 1x + : : : + a2x + a1x + a0 ;

40
dove n 1 e an 6= 0. Scrivendo
a a a
a 2 1 0
n +:::+ + +
n 1

f(x) = x an + x x
n
xn 2 xn 1
e usando il fatto che
lim a + a +:::+ a + a + a =a ;
n 1 2 1 0
x!+1 n x x
n n
xn 2 x n 1

si vede che x!+1 1 se an <0,


lim f(x) = +1 se an > 0 ,
mentre 1 se [n e pari e an < 0], oppure [n e dispari e an > 0] .
x! 1

lim f(x) = +1 se [n e pari e an > 0], oppure [n e dispari e an < 0] ,

Consideriamo ora una funzione razionale


a xn + a xn 1 + : : : + a x2 + a x + a
f(x) = n n 1 2 1 0 ;
m m 1 2
bmx + bm 1x + : : : + b2x + b1x + b0
dove n; m 1 e an; bm 6= 0. Similmente a quanto sopra, scrivendo
a n + an 1 + : : : + a2 + a1 + a0
n m x xn 2 xn 1 x
n

f(x) = x b
bm
+
1
+:::+
b
+
b
+
b0 ;
m
2 1

m
x x
xm 2 xm 1

0 se
n<
m.

Puo risultare utile


lim osservare che
x!+1

an b
xn m : m

possiamo concludere che


lim f(x)
8 +1 se n > m e a ; b
>
>
n m = lim
x!+1 x!
>

> 1 se n > m e an; bm > +1


<
f(x) = an
>
> se n = m , bm
>
>
>
:
hanno lo stesso segno ,
hanno segno opposto ,

In modo analogo si vede che


lim f(x) = lim an xn m ;
x! 1
x! 1 bm

con tutta la casistica che ne consegue.

41
Limiti delle funzioni monotone
Diremo che una funzione f e:
\crescente" se [ x1 < x2 ) f(x1) f(x2) ]; \decrescente" se [ x1
< x2 ) f(x1) f(x2) ]; \strettamente crescente" se [ x1 < x2 )
f(x1) < f(x2) ]; \strettamente decrescente" se [ x1 < x2 )
f(x1) > f(x2) ].
Diremo che e \monotona" se e crescente o decrescente; \strettamente
mono-tona" se e strettamente crescente o strettamente decrescente.
n
Esempio. La funzione f : [0; +1[! R de nita da f(x) = x e strettamente
crescente. Il caso n = 2 e stato stabilito nel Lemma della Lezione 5. Il caso
generale si vede per induzione.
Vedremo ora che la monotonia di una funzione f permette di stabilire
l'esistenza del limite sinistro e del limite destro. Vediamo dapprima il caso
di una funzione crescente. Qui E e un sottoinsieme di R.
Teorema. Sia f : E \ ] 1; x 0[ ! R una funzione crescente e x 0 un punto di
accumulazione per E \ ] 1; x0[ . Allora
lim f(x) = sup f(E \ ] 1; x0[) :
x!x0

Dimostrazione. Sia s = sup f(E \ ] 1; x 0[). Se s 2 R, ssiamo " > 0. Per le


proprieta dell'estremo superiore, esiste un y 2 f(E \ ] 1; x 0[) tale che y > s ".
Quindi, preso x 2 E \ ] 1; x0[ tale che f(x) = y, per la crescenza di f abbiamo
x < x < x0 ) s " < f(x) s ; il che
completa la dimostrazione in questo caso.
Se invece s = +1, ssiamo un 2 R. Allora esiste un x 2 E \ ] 1; x 0[ tale
che f(x) > . Per la crescenza di f,
x < x < x0 ) f(x) > ;
per cui limx!x0 f(x) = +1. Si osservi che il teorema precedente include
anche il caso in cui x0 = +1.
Se f e decrescente, si ha un teorema analogo in cui \sup" viene sostituito
da \inf". Analoghi enunciati si hanno per il limite destro, includendo anche
il caso in cui x0 = 1.
Come caso particolare, abbiamo il seguente
Corollario. Ogni successione monotona di numeri reali ha limite.
Dimostrazione. Se (an)n e crescente, allora
lim an = supfan : n 2 Ng ;
n

e questo limite puo essere un numero reale o +1: Similmente, se (a n)n e


decrescente, il limite sar un numero reale o 1:

42
Il numero di Nepero
Consideriamo la successione (an)n, cos de nita per n 1:
1 n :
an =
1+
n
Vediamo che e crescente:
a 1+1 n+1
n+1
n n+1
=
1 + n1 n

+2
a

n +1
= n n+1 n+1 n
n+1 n+1 n
2
n + 2n n+ 1
= n+1
2 n
(n + 1)
1 n+1
= 1+ n+1 ;
2 n
(n + 1)
quindi, per la disuguaglianza di Bernoulli,
2
an (n + 1) n
a
n+1 1 + (n + 1) 1 n+1=1:
Analogamente, consideriamo la successione

1 n+1
bn =
1+ :
n
Si ha che an < bn, per ogni n 1: Vediamo che (bn)n e decrescente:
b 1
n = 1+n n+1

b 1 n+2
n+1
1+
n+1

n n + 1 n+2 n + 1 n+2
=
n+1 n n+2
n (n + 1)2 n+2
= n+1 n2 + 2n
= 1+ n+2
n+1 n2 + 2n
n 1
n+1 1 + (n + 2)n2 + 2n
n 1

=1:

Pertanto, le successioni (an)n e (bn)n hanno entrambe limite nito. Essendo

lim bn = lim 1 +1 =1;


n ann n

43
possiamo concludere che le due successioni hanno lo stesso limite, un numero
reale. Esso si chiama \numero di Nepero" e si denota con e. Scriveremo

e = lim 1+ 1 n
:
n n

Si puo dimostrare che e un numero irrazionale:

e = 2:7182818284590452353602874713526624977572470936999595 : : : : : :

Dimostriamo ora che, al variare di x in R;

lim 1+ 1 x
= e:
x!+1 x

Consideriamo, per x 0; il numero naturale n(x) tale che

n(x) x < n(x) + 1

(detto \parte intera di x"). Allora, per x 1;


1 n(x) 1 n(x)

1+ < 1+
n(x) + 1 x
1 x

<
1 +

x
< 1 n(x)+1 1 n(x)+1

1+ 1+ :
x n(x)
Notiamo che lim n(x) = +1; quindi
x!+1
x!+1 1 n(x)+1 = n 1 n+1

lim 1+
n(x)

lim 1+
n

1 n 1
= n
n n

lim 1 + 1+
=e 1=e:

e analogamente
x!+1 1 n(x) = n 1 n 1

n(x) + 1 n

lim 1+ lim 1+
1 n 1 1
= n
n n

lim 1 + 1+
=e 1=e

Per il \teorema dei due carabinieri", si ha che anche il limite cercato vale e.

44
Dimostriamo ora che si ha anche
lim 1 +1 x =e:

x! 1 x

Infatti, usando la formula x lim f (x ) = lim f(


x +
x), abbiamo che
! !1
1
1 x 1 x 1 x

lim 1+ = lim = lim


x! 1 x x!+1 1+
1 x x!+1 x1
y+1 y
= lim 1 lim 1 1 e e:
=
y!+1 = 1=
1+y y!+1 1 + y1 + y
Possiamo ora enunciare il seguente importante
Teorema. Si ha
lim loga(1 + x) = loga(e) ; lim ax 1 = 1 :

x x!0 x!0 x loga(e)


Dimostrazione. Abbiamo che
y
loga(1 + x) 1 1
lim = lim y log 1+ = lim log 1+ = log (e) ;
x!0
+ x y!+1 a y y!+1
a
y a

e lo stesso vale per il limite sinistro. Inoltre,


lim ax 1 = lim y = 1 :

x
x!0 y!0
loga(1 + y) loga(e)
Si noti che la scelta della base a = e sempli ca le espressioni: si ha

lim loge(1 + x) = 1 ; lim ex 1 = 1 :

x!0 x x!0 x

E per questo motivo che, da ora in poi, sceglieremo come base dell'esponenziale
e del logaritmo il numero di Nepero e, che viene anche chiamato la \base na-
turale". Scriveremo exp(x) (o anche exp x) invece di exp e(x) e ln(x) (o anche ln x)
invece di loge(x): Potrebbero essere utili le formule seguenti:

loga(x) = ln(x) :
ax = ex ln(a) ;
ln(a)

Anche le funzioni iperboliche verra sempre scelta la base e, e scriveremo cosh(x)


(o anche cosh x) invece di coshe(x) e sinh(x) (o anche sinh x) invece di sinhe(x):

45
Il numero
De niamo la successione (`n)n in questo modo:
q p

l1 = 2 ; `n+1 = 2 4 2
` n :

(Geometricamente, si puo vedere che `n corrisponde alla lunghezza del lato di


un poligono regolare di 2n lati inscritto ad una circonferenza di raggio 1.) Si
ha:
2= p 2
`

p 2
`3 = p 2 p
`4 = q 2p 2+ 2
r

q
p p
`5 = 2 2+ 2+ 2

Poniamo
n 1
an = 2 `n :
(Geometricamente, an corrisponde al semiperimetro di tale poligono.) In
modo analogo, de niamo, per n 2;
bn = 2
n ` :
n

p 4 `n2

(Geometricamente, si puo vedere che b n corrisponde al semiperimetro di


un poligono regolare di 2n lati circoscritto alla circonferenza di lato 1.) Si ha
che an < bn per ogni n 2. Ecco come si sviluppano le due successioni:
p
a2 = 2 2 p b2 = 4
p
2 p2
p b3 = 8 p p2
a3 = 4 22 2+
q p
p b4 = 16 2 p
a4 =8 2 2+ 2 p
2+ 2
2+ 2+p2

q p

r p
2 2+ p 2+ p
2
a5 = 16 22 + 2 + 2 b5 = 32 2+ q
2+ 2+p 2
q p r q p

Vediamo che la successione (an)n e strettamente crescente:


q
a = 2 `n+1 = 2 2 = 2 > 2 =1:
n+1 24 `n
q
n p 2+p 2+2
an
2
4 `n

` `n p

46
Inoltre, la successione (bn)n e strettamente decrescente:
b
n = 1 `n p 4 `n2+1
b 2 2 `
n+1 4 `n n+1

p
q 2+ 4 2
= 1 `n `n
2 2
2 4 `n q 2 p 4 `
n
p 2
p
1 2+ 4 `n
=
2 4 `
2
p n

= 1 p 2 +1 !
2 p 4 `n2
1
> 2 (1 + 1) = 1 :

Pertanto, le successioni (an)n e (bn)n hanno entrambe limite nito. Essendo quindi
lim `n = lim an = 0 ;
n n
2n 1
si ha b 2
n
lim = lim =1;
4 n a n
p `n
2
n
per cui possiamo concludere che le due successioni hanno lo stesso
limite, un numero reale, che chiameremo \pi greco" e denoteremo con . Si
puo dimostrare che e un numero irrazionale:

= 3:1415926535897932384626433832795028841971693993751 : : : : : :

Osserviamo ora che, ponendo


2
x = ;
n 2n
7
si ha che `n e la distanza tra i punti del piano (cos(xn); sin(xn)) e (1; 0).
Quindi
` =p 2 2
n n 1 (cos(xn) 1) + (sin(xn) 0) = p 2 2 cos(xn) :

Essendo limn 2 `n = ; possiamo scrivere


2
n
n p xn = n 2

2 cos(xn) 2n
Inoltre, lim lim ` =1:

n xn n p
2
1
xn

lim sin(xn) = lim (cos(xn))

7
Qui e importante notare che misuriamo gli angoli in radianti.

47
p p n
= n
1
xn

cos(xn)
lim 1 + cos(x )
n p n )
= p2 xn
1 + cos( n
1 2 2 cos(xn)
lim lim p x
1 p

= p 1 2=1:
2
Questi fatti ci portano a congetturare il seguente
Teorema. Si ha
lim cos x 1 = 1 ; lim sin x = 1 :
x 0
x2 2 x 0
x

! !

A lezione abbiamo giusti cato questo teorema con considerazioni


intuitive di tipo geometrico. La dimostrazione vera e propria richiederebbe
ulteriori approfondimenti, e pertanto verra omessa.

Alcuni limiti che possono risultare utili


1. Ricordando che sin x
=1 lim
x x!0

e che la funzione coseno e continua in 0, abbiamo


lim tan x = lim 1 lim sin x = 1 1=1:

x!0 x x!0 cos x x!0 x cos(0)


2. Sono interessanti le \funzioni iperboliche":
cosh(x) = ex + e x ; sinh(x) = ex e x ;

2 2
con a > 0 ssato. Esse soddisfano le seguenti proprieta, di facile veri ca:
2 2
a) (cosh(x)) (sinh(x)) = 1 ;
b) cosh(x1 + x2) = cosh(x1) cosh(x2) + sinh(x1) sinh(x2) ;
c) sinh(x1 + x2) = sinh(x1) cosh(x2) + cosh(x1) sinh(x2) :
Ricordiamo qui le analoghe proprieta delle funzioni trigonometriche:
2 2
a) (cos(x)) + (sin(x)) = 1 ;
b) cos(x1 + x2) = cos(x1) cos(x2) sin(x1) sin(x2) ;
c) sin(x1 + x2) = sin(x1) cos(x2) + cos(x1) sin(x2) :

Le funzioni iperboliche presentano proprieta simili a quelle trigonometriche


anche per quanto riguarda i limiti. Si possono dimostrare le seguenti ugua-
glianze:

lim sinh x = 1 ; lim cosh x 1 =1 ; lim tanh x = 1 :


x!0 x x!0 2 2 x!0 x
x
48
3. Usando le proprieta della funzione esponenziale, vediamo che
x + 8 +1 se a > 1 ,
!1 x <
lim a = 1 se a = 1 ,
0 se a < 1 ,

:
mentre
+1 se a > 1 ,
lim log (x) =
a 1 se a < 1 .
x!+1

Scrivendo x = exp(ln x ) = exp( ln x), si vede che


8
+1 se > 0 , <

lim x = 1 se = 0 ,
x!+1
:0 se < 0 .

3. Vogliamo ora calcolare


ax
lim ;
x!+1 x
con a > 0 e 2 R.
Ci interessa dapprima il caso indeterminato a > 1 e > 0. Cominciamo
con il dimostrare che
an
lim = +1 :
n n

Infatti, scrivendo a = 1 + b, con b > 0, si ha che


n(n 1) n(n 1)
an = (1 + b)n = 1 + nb + b2 + : : : + bn > b2 :
2 2
Quindi,
an n 1
> b2 ;
n 2
da cui segue il risultato.
Vediamo ora che, per ogni numero intero k 1, si ha che
lim an =+ :
n
1
nk
Infatti, scrivendo = pk
n k k
a an=k ( a)
n

k = ;
n n n
p
( k a)n
si puo usare il fatto che lim = +1 e concludere.
n n

Siccome siamo interessati a calcolare un limite per x ! +1, supporremo


ora x 1. Siano n(x) e n( ) i numeri naturali tali che

n(x) x < n(x) + 1 ; n( ) < n( ) + 1 :

49
Ponendo k = n( ) + 1, per x 1 si ha
x x x
a a a an(x)
= k :
x x (n(x) + 1)
k
xn( )+1
Inoltre,
n 1 1 m
an(x) a an+1 a
lim = lim = lim = lim =+ :
x!+1 k n k a n k a m k
(n(x) + 1) (n + 1) (n + 1) m 1
Ne segue che, se a > 1 e > 0,
ax
lim = +1 :
x!+1 x

A maggior ragione, il risultato continua a valere anche per 0. In partico-lare,


lim ex = +1 ; per ogni 2R:
x!+1 x
Lasciando ora da parte il caso semplice in cui a = 1, notiamo che, se a < 1,
x
a
1 a> lim a^ = + ; e quindi
ponendo ^ = a e^= , si ha che ^ 1, per cui x!+1 1
x^
x x!+1 x 1
a a^
x!+1 x x!+1 a^x
x^ x ^
lim = lim = lim =0:
4. Dimostriamo che

lim ln x = 0 ; per ogni > 0 :

x!+1 x

(Se 0, tale limite vale +1, in quanto il numeratore tende a +1.) Con il
cambio di variabile \y = ln x", si ha
ln x y
x
y!+1 (e y)
y!+1 y1=
ey
y!+1 ey
lim = lim = lim = lim =0:
x!+1 y1=

5. Dimostriamo ora che


an
lim =0:
n n!
Possiamo assumere n > n(a) e scrivere
a a a a a a
n a
0< =
n! 1 2 n(a) (n(a) + 1) (n(a) + 2) n
=C a a a
(n(a) + 1) (n(a) + 2) n
C a ;
n
da cui segue il risultato, usando il \teorema dei due carabinieri".

50
6. Vediamo in ne che
n!
lim =0:
n
n n
A tal scopo dimostriamo per induzione che, per ogni n 1, si ha
n! 1
0< ;
nn n
dopodiche il risultato segue di nuovo usando il \teorema dei due
carabinieri". Se n = 1, la proposizione e sicuramente vera. Supponiamola
ora vera per un certo n 1. Allora
0 < (n + 1)! n= n! = n! n n

(n + 1)
n+1
(n + 1)
n n
n nn+1 1 n+1 n 1 ;
n n +1 =
nn+1 n +1 = n+ 1
n+1
1 n 1 n n 1 n 1

per cui la proposizione risulta vera anche per n + 1.

Successioni e sottosuccessioni
Utilizzeremo le successioni e i loro limiti per caratterizzare vari concetti
introdotti in precedenza. A tal ne, riscriviamo la de nizione di limite per una
successione in uno spazio metrico E in questo modo:
n n =` , 8 9n 2 N : n n ) n ; `) < " :
lim a ">0 d(a

Consideriamo ora due spazi metrici E, F e una funzione f : E ! F .


Vogliamo caratterizzare la continuita di f in un punto x 0 2 E, facendo uso
delle successioni.
Teorema. La funzione f e continua in x0 se e solo se, presa una
successione (an)n in E, si ha
lim a = x ) lim f(a ) = f(x) :
n n 0 n n 0

Dimostrazione. Supponiamo che f sia continua in x 0, e sia (an)n una


succes-sione in E tale che limn an = x0. Per il Teorema 1 sul limite di una
funzione composta,
lim f(an) = f(lim an) = f(x0) ;
n n

cosicche una delle due implicazioni e dimostrata.


Ragioniamo ora per contrapposizione, e supponiamo che f non sia
continua in x0. Questo signi ca che esiste un " > 0 tale che, per ogni > 0,
esiste almeno un x 2 E per cui d(x; x0) < e d(f(x); f(x0)) ". Prendendo
1 1
= n+1 , per ogni n 2 N esiste pertanto un a n in E tale che d(an; x0) < n+1 e
d(f(an); f(x0)) ". Ne segue che limn an = x0, ma sicuramente non puo
essere che limn f(an) = f(x0).

51
Sia ora U un sottoinsieme dello spazio metrico E. Possiamo caratterizzare
la nozione di punto aderente a U facendo uso delle successioni.
Teorema. Un punto x 2 E e aderente a U se e solo se esiste una
successione (an)n in U tale che limn an = x.
Dimostrazione. Se x e aderente a U, allora, per ogni n 2 N, l'intersezione I(x;
1
n+1 ) \ U e non vuota, per cui posso sceglierne un elemento, che chiamo a n.
In questo modo, ho costruito una successione (a n)n in U, ed e facile vedere
che essa ha limite x. Una delle due implicazioni e cos dimostrata.
Supponiamo ora che esista una successione (a n)n in U tale che limn an
= x. Allora, ssato > 0, esiste un n 2 N tale che
n n ) d(an; x) < ;
ossia an 2 I(x; ). Quindi, I(x; ) \ U e non vuoto, e questo dimostra che x e
aderente a U.
Data che sia una successione (a n)n, una sua \sottosuccessione" si
ottiene selezionando una successione strettamente crescente di indici
(nk)k e conside-rando la funzione composta
k 7!nk 7!ank :
Teorema. Se una successione ha limite, allora tutte le sue
sottosuccessioni hanno lo stesso limite.
Dimostrazione. Essendo gli indici nk in N, dalla nk+1 > nk si deduce che nk+1
nk + 1 e, per induzione, che n k k; per ogni k: Ne segue che lim k nk = +1:
Pertanto,
lim ank = lim an = lim an :
k!+1 n ! lim nk n!+1
k!+1

Ricordiamo ora che, se U e sottoinsieme di uno spazio metrico E, si


dice che x0 2 E e un punto di accumulazione per U se ogni intorno di x 0
contiene in niti elementi di U. Dimostriamo una importante proprieta
nell'ambito della retta reale R.
Enunciamo ora la seguente proprieta degli intervalli chiusi e limitati di R.
Teorema (di Bolzano{Weierstrass). Ogni successione (a n)n in [a; b] pos-
siede una sottosuccessione (ank )k che ha limite in [a; b].
Dimostrazione. Se la successione (an)n assume uno stesso valore x in nite volte,
basta prendere la sottosuccessione costantemente uguale a x. Altrimenti,
l'insieme fan : n 2 Ng; contenuto in [a; b]; ha in niti elementi ed e limitato, per cui
ha un punto di accumulazione c 2 R : esso e un punto aderente ad [a; b]; che e
un insieme chiuso. Quindi, c 2 [a; b]: Ora pongo n 0 = 0 e, per induzione,
supponendo di aver scelto nk, per un certo k 2 N; scelgo nk+1 in
1 1
modo che nk+1 > nk e ank+1 2 c k+1 ; c + k+1 . Cio e possibile in quanto,
1 1
essendo c di accumulazione, per ogni k l'insieme c k+1 ; c + k+1 contiene
in niti elementi di fan : n 2 Ng: Chiaramente, si ha che lim k ank = c; e la
proprieta di Bolzano{Weierstrass e cos dimostrata.

52
In uno spazio metrico E, diremo che un sottoinsieme U e \compatto" se ogni
successione (an)n in U possiede una sottosuccessione (ank )k che ha limite in U.
La proprieta di Bolzano{Weierstrass a erma quindi che, se E = R; gli intervalli del
tipo U = [a; b] sono compatti. Piu in generale, si puo dimostrare che un
sottoinsieme di R e compatto se e solo se e chiuso e limitato.
Nel seguito, diremo che una funzione f : U ! R e \limitata superiormente"
se lo e la sua immagine f(U). Analogamente dicasi per espressioni del tipo \f e
limitata inferiormente", \f e limitata", \f ha massimo", \f ha minimo". Nel caso in
cui f abbia massimo, chiameremo \punto di massimo" ogni x per cui f(x) =
max f(U); analoga de nizione per \punto di minimo".
Teorema (di Weierstrass). Se U e un insieme compatto e f : U ! R e una
funzione continua, allora f ha massimo e minimo.
Dimostrazione. Sia s = sup f(U). Dimostreremo che esiste un punto di
massimo, ossia un x 2 U tale che f(x) = s.
Notiamo che e possibile trovare una successione (y n)n in f(U) tale che lim yn =
s: se s 2 R, per ogni n 1 possiamo trovare un yn 2 f(U) per cui
n
1
s n < yn s; se invece s = +1, per ogni n esiste un yn 2 f(U) tale che yn > n.

In corrispondenza, possiamo trovare una successione (x n)n in U tale che


f(xn) = yn. Essendo U limitato, esiste un intervallo compatto [a; b] che lo
contiene. Per il teorema di Bolzano{Weierstrass esiste una sottosuccessione
(xnk )k che ha un limite x 2 [a; b]: Essendo U e chiuso, deve essere x 2 U.
Siccome lim yn = s e ynk = f(xnk ), la sottosuccessione (ynk )k ha anch'essa
n
limite s e, per la continuita di f,
f(x) = f(lim xnk ) = lim f(xnk ) = lim ynk = s :
k k k

Il teorema e cos dimostrato, per quanto riguarda l'esistenza del massimo.


Per il minimo, si procede in modo analogo (oppure, si considera la
funzione continua g = f e si usa il fatto che g ha massimo).
Introduciamo ora il concetto di \completezza" per uno spazio metrico E.
Diremo che (an)n e una \successione di Cauchy" in E se
8" > 0 9n : [m n e n n ] ) d(am; an) < " :
Lo spazio metrico E si dira \completo" se ogni successione di Cauchy ha
un limite in E.
Si vede facilmente che, se (a n)n ha un limite ` 2 E, allora e di Cauchy.
Infatti, ssato " > 0, per m e n grandi si avr che

d(am; an) d(am; `) + d(`; an) < 2" :

Il viceversa non e sempre vero (ad esempio, Q non e completo). Abbiamo


pero il seguente

53
Teorema. R e completo.
Dimostrazione. Sia (an)n una successione di Cauchy in R. Prendendo nella
de nizione " = 1; si ha che esiste un n 1 tale che, scegliendo m = n 1, per
ogni n n1 si ha
d(an; an1 ) < 1 :
Se ne deduce che la successione (a n)n e limitata (gli indici che precedono n 1
sono in numero nito). Quindi (an)n e contenuta in un intervallo del tipo [a; b]:
Per la proprieta di Bolzano{Weierstrass, esiste una sottosuccessione (a nk )k
che ha un limite c 2 [a; b]: Vogliamo dimostrare che
lim an = c :
n

Fissiamo " > 0. Essendo la successione (an)n di Cauchy,


9n : m nen n ) d(am; an) < " :
Inoltre, essendo limk ank = c e limk nk = +1;
9k : k k ) d(ank ; c) < " e nk n :
Allora, per n n; si ha
d(an; c) d(an; an ) + d(an ; c) < " + " = 2" ;
k k

il che pone ne alla dimostrazione.

Alcune proprieta delle funzioni continue


Riscriviamo il teorema della permanenza del segno per una funzione
continua in un punto x0.
Teorema (della permanenza del segno). Sia f : E ! R una funzione
continua in x0 2 E. Se f(x0) > 0, allora esiste un intorno U di x 0 tale che f(x)
> 0 per ogni x 2 U. Viceversa, se f(x 0) < 0, allora esiste un intorno U di x 0
tale che f(x) < 0 per ogni x 2 U.
Risulta molto importante la seguente proprieta delle funzioni continue.
Teorema (degli zeri). Se f : [a; b] ! R e una funzione continua tale che
f(a) < 0 < f(b) oppure f(a) > 0 > f(b) ; allora
esiste un c 2 ]a; b[ tale che f(c) = 0.
Dimostrazione. Considereremo il caso f(a) < 0 < f(b), essendo l'altro del tutto
a+ b
analogo. Scriviamo I0 = [a; b] e consideriamo il punto medio 2 dell'intervallo I0.
Se f si annulla in esso, abbiamo trovato il punto c cercato. Altrimenti,
a+ b a+ b a+ b a+ b
f( 2 ) < 0 o f( 2 ) > 0. Se f( 2 ) < 0, chiamiamo I1 l'intervallo [ 2 ; b]; se
a+ b a+ b
f( 2 ) > 0, chiamiamo invece I1 l'intervallo [a; 2 ]. Prendendo ora il punto
medio di I1 e ripetendo il ragionamento, possiamo de nire un intervallo I 2 e,
per ricorrenza, una successione di intervalli I n = [an; bn] tali che
I0 I1 I2 I3 :::

e, per ogni n, f(a n) < 0 < f(bn). Per il teorema di Cantor, esiste un c 2 R
appartenente a tutti gli intervalli. Dimostriamo che f(c) = 0.

54
Per assurdo, se f(c) < 0, per la permanenza del segno esiste un > 0 tale
b a
che f(x) < 0 per ogni x 2 ]c ; c+ [ . Siccome b n c bn an = 2n , si ha che limn
bn = c, per cui esiste un n 2 N tale che, se n n, allora bn 2 ]c ; c + [ .
Ma allora dovrebbe essere f(bn) < 0, in contraddizione con quanto sopra.
Se invece f(c) > 0, si usa un argomento analogo: per la permanenza del
segno esiste un > 0 tale che f(x) > 0 per ogni x 2 ]c ; c+ [ . Si vede poi che
limn an = c, per cui esiste un n 2 N tale che, se n n, allora a n 2 ]c ; c + [ . Ma
allora dovrebbe essere f(an) > 0, in contraddizione con quanto sopra.
Come conseguenza del teorema degli zeri, abbiamo che una funzione
con-tinua \manda intervalli in intervalli":
Corollario. Sia E un sottoinsieme di R e f : E ! R una funzione continua.
Se I E e un intervallo, allora anche f(I) e un intervallo.
Dimostrazione. Escludendo i casi banali in cui I o f(I) consistono di un
unico punto, prendiamo ; 2 f(I), con < e sia tale che < < . Vogliamo vedere
che 2 f(I). Consideriamo la funzione g : E ! R de nita da
g(x) = f(x) :

Siano a; b in I tali che f(a) = e f(b) = . Essendo I un intervallo, la funzione g


e de nita su [a; b] (o [b; a], nel caso in cui b < a) ed e ivi continua. Inoltre,
g(a) < 0 < g(b) e quindi, per il teorema degli zeri, esiste un c 2 ]a; b[ tale
che g(c) = 0, ossia f(c) = .
Vediamo ora un teorema sulla continuita delle funzioni invertibili.
Teorema. Siano I e J due intervalli e f : I ! J una funzione invertibile. Allora

f e continua , f e strettamente monotona :


In tal caso, anche f
1 :J ! I e strettamente monotona e continua.
Dimostrazione. Supponiamo f continua e, per assurdo, non strettamente
mo-notona. Allora esistono x1 < x2 < x3 in I tali che

f(x1) < f(x2) e f(x2) > f(x3) ;

oppure
f(x1) > f(x2) e f(x2) < f(x3) :
(Le uguaglianze non possono valere, essendo la funzione f iniettiva.) Con-
sideriamo il primo caso, l'altro essendo analogo. Scegliendo 2 R tale che
f(x1) < < f(x2) e f(x2) > > f(x3); per il corollario al teorema degli zeri si trova
che esistono a 2 ]x1; x2[ e b 2 ]x2; x3[ tali che f(a) = = f(b); in contraddizione
con l'iniettivita di f.
Supponiamo ora f strettamente monotona, ad esempio crescente:
l'altro caso e del tutto analogo. Preso x 0 2 I, vogliamo dimostrare che f e
continua in x0. Considereremo due casi distinti.

55
Supponiamo dapprima che x0 non sia un estremo di I, e pertanto y 0 =
f(x0) non sia un estremo di J. Fissiamo " > 0; possiamo supporre senza
1 1
perdita di generalit che [y0 "; y0 +"] J. Poniamo x1 = f (y0 ") e x2 = f (y0
+"), per cui x1 < x0 < x2. Essendo f(x1) = f(x0) " e f(x2) = f(x0)+"; prendendo
= minfx0 x1; x2 x0g, si ha
d(x; x0) < ) x1 < x < x2 ) f(x1) < f(x) < f(x2) ) d(f(x); f(x0)) < " ; per cui f e
continua in x0.
Consideriamo ora l'eventualit che x0 = min I e quindi y0 = min J. Fissia-
mo " > 0; possiamo supporre senza perdita di generalit che [y 0; y0 + "] J.
1
Poniamo come sopra x2 = f (y0 + "). Essendo f(x2) = f(x0) + "; prendendo
= x2 x0, si ha (per ogni x 2 I)
d(x; x0) < ) x0 < x < x2 ) f(x0) < f(x) < f(x2) ) d(f(x); f(x0)) < " ;
per cui f e continua in x0. Il caso eventuale in cui x0 = max I si tratta in
modo analogo.
In ne, si puo vedere che
1
f strettamente crescente ) f strettamente crescente ,
1
f strettamente decrescente ) f strettamente decrescente .
1
Quindi, se f e strettamente monotona, anche f lo e, e pertanto e anche
continua.
Per curiosita, introduciamo una funzione davvero sorprendente:
8
0 se x 2= Q ,
>
<
f(x) =
1 m
> se x = .
:

n n
m
(Qui e in seguito la frazione n si suppone non sempli cabile.)
Dimostriamo che la funzione f e continua in tutti i punti x 0 irrazionali,
mentre non e continua se x0 e razionale.
Se x0 e razionale, allora f(x 0) > 0. Se per assurdo f fosse continua in x 0,
per il teorema della permanenza del segno essa dovrebbe essere positiva
su tutto un intorno di x0, il che non e vero perch in ogni intorno di x 0 ci
sono degli x irrazionali in cui f(x) = 0.
Se x0 e irrazionale, allora f(x 0) = 0. Fissiamo un " > 0 e troviamo un intero
n" > 1=" . Consideriamo ora tutti i numeri razionali aventi denominatore uguale
a 1; 2; : : : ; n" 1. Per ciascuno di questi denominatori, c'e un razionale che
precede x0 e uno che lo segue. In altre parole, per ogni n 2 f1; 2; : : : ; n " 1g
esiste un m per cui m=n < x0 < (m + 1)=n. Pertanto, per ciascuno di questi
c'e una distanza minima da x0, ossia
m m+1
n ;
min x0 n n x0 o
:
56
Prendiamo uguale alla piu piccola di tutte queste distanze, che sono in nu-
mero nito. Se d(x; x0) < , allora o x e irrazionale, per cui f(x) = 0, oppure x
e razionale, ossia x = m=n, e deve essere n n" ; in ogni caso, si ha che
1
0 f(x) <":

Questo dimostra che f e continua in x0.

La nozione di derivata
Introdurremo ora il concetto di \derivata" di una funzione de nita su un
sottoinsieme di R, a valori in R.
Sia E un sottoinsieme di R, dominio di una funzione f : E ! R, e x 0 2 E
un punto di accumulazione per E. Se x e un punto di E diverso da x 0,
possiamo considerare il \rapporto incrementale"
f(x) f(x0) ;
x x0
si tratta del coe ciente angolare della retta nel piano passante per i punti
(x0; f(x0)) e (x; f(x)).
De nizione. Qualora esso esista, chiameremo il limite
lim f(x) f(x0)
x!x0 x x0
\derivata" di f nel punto x0, e lo denoteremo con uno dei seguenti simboli:
0 df (x0) :
f (x0) ; Df(x0) ;
dx
Si dice invece che f e \derivabile" in x 0 qualora la derivata sia un numero
reale (e non +1 o 1). In tal caso, la retta nel piano passante per il punto
0
(x0; f(x0)) con coe ciente angolare f (x0), di equazione
0
y = f(x0) + f (x0)(x x0) ;
si chiama \retta tangente" al gra co di f nel punto (x 0; f(x0)):
Si noti che, in alcuni casi, la derivata di f in x 0 potrebbe essere solo un
limite destro o un limite sinistro. Questo si veri ca tipicamente quando E e
un intervallo e x0 coincide con uno degli estremi.
Osserviamo inoltre che si ha
0
f (x0) = lim f(x) f(x0) = lim f(x0 + h) f(x0) :
x!x0 x x0 h!0 h
Esempi. 1) Sia f : R ! R de nita da f(x) = mx + q. Allora
0 (mx + q) (mx0 + q) = m :
f (x0) = lim
x!x0 x x0
La retta tangente, in questo caso, coincide con il gra co della funzione. Il
caso particolare in cui m = 0 ci mostra che la derivata di una funzione
costante e sempre nulla.

57
2) Sia f(x) = xn. Allora
0 n n n 1
f x x x
lim 0 = lim xkxn 1 k = nxn 1 :
0)=
( x!x0 x x0 x!x0 =0
0 ! 0
Xk
Lo vediamo anche in un altro modo:
0 n n
f (x0) = lim(x0 + h) x0
h!0 h
n
1 n n
= lim xn khk x !
h 0h k 0
! k=0

X !
n
n
= lim xn khk 1
h 0 k 0
! k=1

X
n 1
= nx0 :
x
3) Sia f(x) = e . Allora
0 x h x
f (x0) = lim x +h x = lim e e 1 =e 0:
e0 e0 0

h!0 h h!0 h
4) Sia f(x) = cos x. Allora
0
f (x0) = lim cos(x0 + h) cos(x0)
h!0 h
= lim cos(x0) cos(h) sin(x0) sin(h) cos(x0)
h!0 h
1 cos(h) sin(h)
= cos(x0) lim h h2
sin(x0) lim
h!0 h!0 h
= sin(x0) :
5) Sia g(x) = sin x. Allora
sin(x0 + h) sin(x0)
g0(x0) = lim
h!0 h
= lim sin(x0) cos(h) + cos(x0) sin(h) sin(x0)
h!0 h
= sin(x) lim h 1 cos(h) + cos(x) lim sin(h)
0 h!0 2 0 h!0 h
h
= cos(x0) :
Il seguente teorema ci fornisce una caratterizzazione della derivabilit
. Teorema. La funzione f e derivabile in x0 se e solo se esiste un
numero reale
` per cui si possa scrivere
f(x) = f(x0) + `(x x0) + r(x) ; dove
r e una funzione tale che
r(x )
lim =0:
x!x0 x x0
0
In tal caso, si ha ` = f (x0):

58
Dimostrazione. Supponiamo che f sia derivabile in x0. Allora

x!x0 x!x0

lim 0 =0:
f(x) f(x0) f (x0)(x x0)
x!x0 x x0
0
Quindi, ponendo r(x) = f(x) f(x0) f (x0)(x x0); essa veri ca le proprieta
0
richieste, con ` = f (x0):
Viceversa, supponiamo che f(x) = f(x0) + `(x x0) + r(x), con
r(x )
lim =0:
x!x0 x x0
Allora
lim f(x) f(x0) `(x x0) =0;
x!x0 x x0
da cui f(x) f(x0)
lim =`:
x!x0 x x0

Vediamo ora che la derivabilit implica la continuita.


Teorema. Se f e derivabile in x0, allora f e continua in x0.
Dimostrazione. Si ha

f(x) f(x0)
lim f(x) = lim f(x0) + (x x )
0
x x0
0
= f(x0) + f (x0) 0 = f(x0) ;
il che e equivalente a dire che f e continua in x 0.

Alcune formule di derivazione


Vediamo ora alcune regole che si usano abitualmente.
Teorema. Se f; g : E ! R sono derivabili in x0, anche f + g lo e, e si ha (f

0 0 0
+ g) (x0) = f (x0) + g (x0) :

Dimostrazione. Si ha:
lim (f + g)(x) (f + g)(x0) lim f(x) f(x0) + g(x) g(x0)
x!x0 x x0 = x!x0 x x0 x x0

= lim f(x) f(x0) + lim g(x) g(x0)


x!x0 x x0 x!x0 x x0
0 0
= f (x0) + g (x0) ;
per cui la formula e dimostrata.

59
Teorema. Se f; g : E ! R sono derivabili in x 0, anche f g lo e, e si ha (f

0 0 0
g) (x0) = f (x0)g(x0) + f(x0)g (x0) :

Dimostrazione. Si ha
x x
x!x0 x x0 x!x0 x x0 0 0

lim (f g)(x) (f g)(x0) = lim f(x) f(x0) g(x) + f(x) g(x) g(x0)

= lim f(x) f(x0) g(x0) + lim f(x) lim g(x) g(x0) ;


x!x0 x x0 x!x0 x!x0 x x0
e si conclude, ricordando che lim f(x) = f(x0); essendo f continua in x0:
x!x0
Il caso particolare in cui g e costante con valore 2 R ci fornisce la
formula seguente:
0 0
( f) (x0) = f (x0) :
Inoltre, scrivendo f g = f + ( 1)g, si ha:
0 0 0
(f g) (x0) = f (x0) g (x0) :

Teorema. Se f; g : E ! R sono derivabili in x0 e g(x0) 6= 0, anche fg lo e, e


si ha 0 0 0
f (x0)g(x0) f(x0)g (x0)
f (x ) = :
0 2
g [g(x0)]
Dimostrazione . Si ha che f =f 1 1
g g
, per cui dimostreremo dapprima che g e
derivabile in x0:
1 1 0
(x) (x0) = lim g(x0) g(x) g (x0)
lim g g = :
2
x!x0 x x0 x!x0 (x x0)g(x)g(x0) [g(x0)]
Quindi,
f 0 1 10 f0(x0) g0(x0)
(x0) = f0(x0) (x0) + f(x0) (x0) = f(x0) 2;

gggg(x0)[g(x0)]
da cui la tesi.
Esempi. 1) Consideriamo la funzione \tangente":
F (x) = tan x = sin x :

cos x
Prendendo f(x) = sin x e g(x) = cos x, si ha
0 0 0 = cos2(x0) + sin2(x0) = 1 :
F (x0) = f (x0)g(x0) f(x0)g (x0)

2 2 2
[g(x0)] cos (x0) cos (x0)

60
2) Calcoliamo la derivata delle funzioni iperboliche. Sia

1
ex + e x

F (x) = cosh(x) = ex + e x = 1 ;

2 2
allora 1 1 x x
= e e
0 0 0
F (x )= e = sinh(x ) :
x
0
0 2 ex0 2 0

Analogamente si vede che, se F (x) = sinh(x), allora F 0(x0) = cosh(x0).


Inoltre, se F (x) = tanh(x), allora, essendo F (x) = f(x)=g(x), si ha
0 0 0 = cosh2(x0) sinh2(x0) = 1 :
F (x0) = f (x0)g(x0) f(x0)g (x0)
2
[g(x0)]
2
cosh (x0)
2 cosh (x0)
3) Sono derivabili tutte le funzioni polinomiali
n n 1 2
F (x) = anx + an 1x + : : : + a2x + a1x + a0 ;
con derivata
n 1 n 1
F (x ) = na x + (n 1)a x + : : : + 2a x + a :
0 n 0 n 2 0 2 0 1

p(x)
F (x) = ;

dove p(x) e q(x) sono polinomi, con l'accortezza di scegliere un punto x 0 in


cui q(x0) 6= 0.
Vediamo ora come si calcola la derivata di una funzione composta.
0
Teorema. Se f : E ! R e derivabile in x 0, e g : E ! R e derivabile in f(x0),
0
dove E e un sottoinsieme di R, contenente f(E), per cui f(x 0) e di
accumulazione, allora g f e derivabile in x0, e si ha
0 0 0
(g f) (x0) = g (f(x0))f (x0) :

Dimostrazione. Ponendo y0 = f(x0); si ha


0 0
f(x) = f(x0) + f (x0)(x x0) + r1(x) ; g(y) = g(y0) + g (y0)(y y0) + r2(y) ;
con r1(x) r2(y)
lim =0; lim =0:
x x0 x!x0 y!y0 y y0
0
Introduciamo la funzione ausiliaria R2 : E ! R cos de nita:
8 r2(y) se y 6= y0 ,
R(y) = y y0
2 >
>
<

> 0
>
se y = y0 .
:

61
Si noti che R2 e continua in y0, e che
0
r2(y) = R2(y)(y y0) ; per ogni y 2 E :
Allora
0
g(f(x)) = g(f(x0)) + g (f(x0))[f(x) f(x0)] + r2(f(x))
0 0
= g(f(x0)) + g (f(x0))[f (x0)(x x0) + r1(x)] + r2(f(x))
0 0
= g(f(x0)) + g (f(x0))f (x0)(x x0) + r3(x) ;
dove
0
r3(x) = g (f(x0))r1(x) + r2(f(x))
0
= g (f(x0))r1(x) + R2(f(x))(f(x) f(x0)) :
Quindi, essendo f continua in x0 e R2 continua in y0 = f(x0), abbiamo che
R2 f e continua in x0, con valore R2(f(x0)) = R2(y0) = 0, per cui
lim r3(x) = g0(f(x0)) lim r1(x) + lim R2 (f(x)) lim f(x) f(x0) =0:
x!x0 x x0 x!x0 x x0 x!x0 x!x0 x x0
0 0
Ne segue che g f e derivabile in x0 con derivata g (f(x0))f (x0).
x
Esempi. 1) Sia h : R ! R de nita da h(x) = cos(e ). Si ha che h = g f, con
x 0 x
f(x) = e e g(y) = cos y. Fissato x0 2 R, si ha che f (x0) = e 0 . Se y0 = f(x0),
0
abbiamo che g (y0) = sin y0. Pertanto, la derivata di h in x0 e
0 0 0 x x
h (x0) = g (f(x0))f (x0) = sin(e 0 ) e 0 :
cos x
2) Sia ora h : R ! R de nita da h(x) = e . Allora h = g f, con
y 0
f(x) = cos x e g(y) = e . Fissato x0 2 R, si ha che f (x0) = sin x0. Se
0 y
y0 = f(x0), abbiamo che g (y0) = e 0 . Pertanto, la derivata di h in x0 e
0 0 0 cos x
h (x0) = g (f(x0))f (x0) = e 0 ( sin x0) :
Vedremo ora come calcolare la derivata dell'inversa di una funzione inver-
tibile.
Teorema. Siano I; J due intervalli e f : I ! J una funzione invertibile
0 1
0 0 6

strettamente monotona. Se f e derivabile in x e f (x ) = 0; allora f e


derivabile in y0 = f(x0) e
1 0 1 :
(f ) (y0) =
0
f (x0)

Dimostrazione. Applicando il teorema del limite di una funzione composta, abbiamo


lim 1 1 x x0
f (y) f (y0) = lim ;
1
y y0
!
y y 0 x !
y y0
lim f (y) f(x) f(x )0

!
1 1 1
Essendo f continua, si ha che lim f (y) = f (y0) = x0; da cui la tesi.
y!y0

62
x 1 x
Esempio. Se f(x) = e ; si ha che f (y) = ln y; per cui, essendo y0 = e 0 ;
1 0 = 1 =1 : 1
(f ) (y0) =
0
f (x0) x y
e0 0
Sia ora un numero reale e h : ]0; +1[ ! R la funzione de nita da h(x) =
x : Essendo
x = e ln x ;
y
si ha che h = g f, con f(x) = ln x e g(y) = e . Allora
0 0 0 ln x0 1 1 1
h (x ) = g
0 (f(x ))f (x ) = e
0 0 =x = x : 0 0

x0
x0
Quindi, la stessa formula trovata per un esponente n naturale continua a
valere anche per un esponente non intero.

La funzione derivata
8
Consideriamo una funzione f : I ! R, dove I R e un intervallo. Diremo
che \f e derivabile" se lo n ogni punto di I. In tal caso, ad ogni x 2 I resta
0 0
associato il numero reale f (x), per cui e ben de nita una funzione f : I ! R;
detta \funzione derivata". Abbiamo la seguente tabella:
f(x) 0
f (x)
x
x 1
x x
e e
ln x 1
x
cos x sin x

sin x cos x
tan x 1
2
cos x
cosh x sinh x
sinh x cosh x

tanh x 1
2
cosh x

Ci si puo ora chiedere se la funzione derivata sia a sua volta derivabile


in qualche punto di I. Se f0 e derivabile in un punto x0, chiameremo la sua
derivata (f0)0(x0) \derivata seconda" di f in x0 e la denoteremo con uno dei
seguenti simboli: 2
d f
00 2
f (x0) ; D f(x0) ; (x0) :
2
dx
8 Nel seguito considereremo solo intervalli non degeneri, ossia non ridotti ad un solo punto.

63
Si puo procedere per induzione e de nire, in generale, la derivata n-esima
di f in x0, che denoteremo con uno dei seguenti simboli:
dn f
(n)
f (x0) ;
n
D f(x0) ; (x ) ;
0
n
dx
(n) (n 1) 0
si ha f (x0) = (f ) (x0).
Se una funzione f possiede derivata n-esima in un punto x 0 per ogni n 1, si
dice che essa e \derivabile in nite volte" in x 0. Ad esempio, la funzione
x
esponenziale f(x) = e lo e, in ogni punto x0 2 R. In questo caso, si ha
n x x
D e =e ; per ogni n 1:

Consideriamo ora, a titolo di esempio, la funzione f : R ! R de nita da


f(x) = 8 x2 sin 1 se x 6= 0 ,
x

>

<
> 0 se x = 0 ,
:

e calcoliamone la derivata. Se x 6= 0, abbiamo x


x x x2

x sin 1 1 + x cos 1 1
0 2 = 2x sin 2
f (x) = D
1 1
= 2x sin cos
x x;
mentre, se x = 0,
2 1
f(x) f(0) x sin( ) = lim x sin 1
0
f (0) = lim = lim x =0:
x!0 x 0 x!0 x x!0 x
0
La funzione e quindi derivabile. Notiamo che non esiste il lim x!0 f (x), per
0
cui la funzione f non e continua (e pertanto nemmeno derivabile) in 0. La
00
derivata seconda f (0) quindi non esiste.
Passiamo ora alle funzioni iperboliche. La funzione sinh : R ! R e
strettamente crescente e invertibile. Si vede infatti che
p
1 2
sinh (y) = ln(y + y +1):

La derivata si puo calcolare direttamente, oppure usando la formula della


funzione inversa: se y = sinh(x), si ha
1 1 = 1 = 1 = 1 :
D sinh (y) =
D sinh(x) cosh(x) q 1 + sinh2(x) p 1 + y2

La funzione cosh : R ! R non e ne iniettiva (e una funzione pari) ne suriettiva:


si ha cosh x 1 per ogni x 2 R. D'altra parte, la funzione F : [0; +1[ !

64
[1; +1[ , de nita da F (x) = cosh x; e strettamente crescente, invertibile e la
sua inversa F 1 : [1; +1[ ! [0; +1[ e data da
p 1

1 2 1):
F (y) = ln(y + y
Essa si denota spesso, impropriamente, con cosh . Calcoliamone la
derivata:
ponendo y = cosh(x), con x 0, si ha
1 1 1 1
1
D cosh (y) = D cosh(x) = = = :
sinh(x) q cosh2(x) 1 p y2 1

La funzione tanh : R ! R, de nita da


tanh x = sinh x = ex e x ;
cosh x
ex + e x
non e suriettiva: si ha 1 < tanh x < 1 per ogni x 2 R. D'altra parte,
la funzione H : R ! ] 1; 1[ , de nita da H(x) = tanh x; e strettamente
1
crescente, invertibile e la sua inversa H : ] 1; 1[ ! R e data da
H 1(y) = 2 ln 1 y :
1 1+y

1
Essa si denota spesso, impropriamente, con tanh . Ne calcoliamo la derivata:
ponendo y = tanh(x), si ha
1 1 2 1 1
D tanh = cosh (x) =
(y) = 2 = :
D tanh(x) 1 tanh (x) 1 y2

Proprieta notevoli della funzione derivata


Diremo che x0 2 I e un \punto di massimo locale" per la funzione f : I ! R se
esiste un intormo U di x0 per cui x0 e punto di massimo della restrizione di
f a U \ I. Equivalentemente, se
9 > 0 : 8x 2 I x0 < x < x0 + ) f(x) f(x0) :
Analogamente per \punto di minimo locale".
Calcoliamo ora la derivata nei punti di massimo o di minimo locale, che
siano interni ad I.
Teorema (di Fermat). Sia x0 un punto interno ad I, e sia f : I ! R derivabile
in x0. Se inoltre x0 e un punto di massimo o di minimo locale per f, allora
0
f (x0) = 0:
Dimostrazione. Se x0 e punto di massimo locale, per x in un intorno di x 0
contenuto in I si ha che
(
( x x0 0 0 se x > x0 .
f x) f(x ) 0 se x < x0 ,

65
Siccome f e derivabile in x 0; abbiamo che esiste il limite del rapporto incre-
mentale e coincide con i limiti destro e sinistro:
0
f (x0) = lim f(x) f(x0) = lim f(x) f(x0) :
+
x!x0 x x0 x!x0 x x0
Da quanto sopra, per il corollario al teorema della permanenza del segno,
lim f(x) f(x0) 0 lim f(x) f(x0) ;
+
x!x0 x x0 x!x0 x x0
0
e quindi deve essere f (x0) = 0: Nel caso in cui x0 sia un punto di minimo
locale, si procede in modo analogo.
Normalmente la derivata, essendo un limite, ci da un'informazione di
tipo locale sul comportamento della funzione. Il seguente teorema, invece,
con la generalizzazione che ne seguira, ci portera all'uso della derivata per
avere informazioni generali sull'andamento del gra co di una funzione.
Teorema (di Rolle). Se f : [a; b] ! R e una funzione continua, derivabile su ]
a; b[ e tale che
f(a) = f(b) ;
0
allora esiste un punto 2 ]a; b[ tale che f ( ) = 0.
Dimostrazione. Se la funzione e costante, allora la sua derivata si annulla
in tutti i punti, e la conclusione e banalmente vera. Supponiamo ora che f
non sia costante. Esiste quindi un x 2 ]a; b[ tale che
f(x) < f(a) = f(b) ; oppure f(x) > f(a) = f(b) :

Supponiamo valga il primo caso. Per il teorema di Weierstrass, f ha


minimo in [a; b], e nel caso considerato un punto di minimo deve
necessariamente essere in ]a; b[ . Sia 2 ]a; b[ un tale punto. Per il teorema
0
di Fermat, avremo che f ( ) = 0.
La situazione e analoga nel secondo caso. Per il teorema di
Weierstrass, f ha massimo in [a; b], e in questo caso un punto di massimo
deve necessariamente essere in ]a; b[ . Se 2 ]a; b[ e un tale punto, per il
0
teorema di Fermat avremo che f ( ) = 0.
Enunciamo ora una generalizzazione del teorema di Rolle.
Teorema (di Lagrange). Se f : [a; b] ! R e una funzione continua, deri-
vabile su ]a; b[ , allora esiste un punto 2 ]a; b[ tale che
f(b) f(a)
f0 ( ) = :
b a

Dimostrazione. De niamo la funzione


f(b) f(a)
g(x) = f(x) (x a) f(a) :
b a

66
Si ha che g : [a; b] ! R e una funzione continua, derivabile su ]a; b[ e tale che

g(a) = 0 = g(b) :

Per il teorema di Rolle, esiste un punto 2 ]a; b[ tale che


f(b) f(a)
g0( ) = f0( ) =0 ;
b a

da cui la tesi.

Corollario. Sia I un intervallo e f : I ! R una funzione continua, derivabile


su I . Si ha che:
0
a) se f (x) 0 per ogni x 2 I , allora f e crescente;
0
b) se f (x) > 0 per ogni x 2 I , allora f e strettamente crescente;
0
c) se f (x) 0 per ogni x 2 I , allora f e decrescente;
0
d) se f (x) < 0 per ogni x 2 I , allora f e strettamente decrescente;
0
e) se f (x) = 0 per ogni x 2 I , allora f e costante.
Dimostrazione. Dimostriamo a): siano x1 < x2 in I. Per il teorema di
Lagrange, esiste un 2 ]x1; x2[ tale che
f(x2) f(x1)
f0 ( ) = :
x2 x1
0
Quindi, essendo f ( ) 0; si deve avere che f(x 1) f(x2). Questo dimostra che f
e crescente.
Le altre si dimostrano in modo analogo.
Si noti che, se f e crescente, allora ogni rapporto incrementale di f e sempre
0
maggiore o uguale a zero e quindi f (x) 0 per ogni x 2 I Quindi in a), e cos
anche in c) ed e), vale anche l'implicazione opposta. Ma cos non e per b) e
0
d): se f e strettamente crescente, in generale non e vero che f (x) > 0 per
ogni x 2 I : la derivata potrebbe annullarsi in qualche punto (vedi ad
3
esempio f(x) = x ).

Funzioni trigonometriche inverse


Tenuto conto della formula per la derivata e delle proprieta di segno
delle funzioni trigonometriche, abbiamo che
8
strettamente decrescente su [0; ] ;
<
cos x e
: strettamente crescente su [ ; 2 ] ;
8 h
sin x e <
strettamente crescente su ; i; 2 2

> h2 2 i
strettamente decrescente su ; 3 :

>

67
Consideriamo le funzioni F : [0; ] ! [ 1; 1] e G : [ 2 ; 2 ] ! [ 1; 1] de nite
da F (x) = cos x e G(x) = sin x: Sono strettamente monotone, quindi iniettive.
Inoltre, essendo continue, la loro immagine e un intervallo e, siccome F ( ) = 1
= G( 2 ) e F (0) = 1 = G( 2 ), deve coincidere con [ 1; 1]. Esse sono pertanto
1 1
biiettive. Chiameremo le due funzioni F : [ 1; 1] ! [0; ] e G : [ 1; 1] ! [ 2 ; 2 ]
rispettivamente \arco coseno" e \arco seno" e scriveremo
1 1
F (y) = arccos y ; G (y) = arcsin y :

La prima e strettamente decrescente, la seconda strettamente crescente.


Cal-coliamone le derivate: ponendo y = F (x); per x 2 ]0; [ si ha
1 1 1 1
1 0
(F ) (y) = F 0(x) = = p = ;
sin x 1 cos x
2 p 1 y2

mentre ponendo y = G(x); per x 2 ] 2 2


; [ si ha
1 1 1 1
(G ) (y) = G0(x) = cos x
1 0 = = :
p 1 sin2 x p 1 y2

Si puo notare che la funzione arccos + arcsin ha derivata nulla e pertanto


e costante. Calcolandola in 0, si trova quindi che

arccos y + arcsin y = ; per ogni y 2 [ 1; 1] :


2

Consideriamo ora la funzione H : ] 2 ; 2 [ ! R de nita da H(x) = tan x: Per


lo stesso tipo di considerazioni, essa risulta invertibile. Chiameremo la
1
funzione H : R ! ] 2 ; 2 [ \arco tangente" e scriveremo
1
H (y) = arctan y :

Essa e strettamente crescente e si ha:


lim arctan y = ; lim arctan y = :
y 2 y + 2

!1 ! 1

Calcoliamone la derivata: ponendo y = H(x); per x 2 ] 2; 2 [ si ha

1 0 1 2 1 = 1 :
(H ) (y) = = cos x =
0 2 2
H (x) 1 + tan x 1+y

Riassumiamo nella tabella sottostante le derivate delle funzioni elementari


n qui trovate.

68
f(x) 0 f(x) 0
f (x) f (x)
x 1
x 1
x x arccos x p 1 x2
e e
1 1
arcsin x
ln x x p 1 x2
cos x sin x arctan x 1
2
1+x
sin x cos x cosh x
1 p 1
1 2
tan x cos x 2
1 x1 1
sinh x
cosh x sinh x p 2
x +1
sinh x cosh x tanh x
1 1
2
tanh x 1 1 x
cosh2 x

Una strana proprieta della funzione derivata


E interessante il seguente teorema in cui si a erma che la derivata di
una funzione derivabile ha una proprieta analoga a quella vista, per le
funzioni continue, nell'enunciato del teorema degli zeri.
Teorema (di Darboux). Se f : [a; b] ! R e una funzione derivabile tale che
0 0 0 0
f (a) < 0 < f (b) oppure f (a) > 0 > f (b) ;
0
allora esiste un c 2 ]a; b[ tale che f (c) = 0.
Dimostrazione. Consideriamo il primo caso. Sia c un punto di minimo di f,
0
la cui esistenza e garantita dal teorema di Weierstrass. Essendo f (a) < 0
0
< f (b), si vede che il punto c deve essere interno a [a; b], e il teorema di
0 0 0
Fermat ci dice che f (c) = 0. Se invece f (a) > 0 > f (b), si ragiona in
maniera analoga, considerando un punto di massimo anziche di minimo.
Come conseguenza del teorema di Darboux, abbiamo che la derivata
di una funzione derivabile \manda intervalli in intervalli".
Corollario. Sia E un intervallo in R e f : E ! R una funzione derivabile. Se
0
I E e un intervallo, allora anche f (I) e un intervallo.
0
Dimostrazione. Escludendo i casi banali in cui I o f (I) consistono di un
0
unico punto, prendiamo ; 2 f (I), con < e sia tale che < < . Vogliamo vedere
0
che 2 f (I). Consideriamo la funzione g : E ! R de nita da
g(x) = f(x) x:
0 0
Siano a; b in I tali che f (a) = e f (b) = . Essendo I un intervallo, la funzione
g e de nita su [a; b] (o [b; a], nel caso in cui b < a) ed e ivi derivabile.

69
0 0
Inoltre, g (a) < 0 < g (b) e quindi, per il teorema di Darboux, esiste un c 2 ]
0 0 0 0
a; b[ tale che g (c) = 0. Essendo g (x) = f (x) , si ha che f (c) = .

Convessita e concavit
Sia I un intervallo non degenere e f : I ! R una funzione.
De nizione. Diremo che f e \convessa" se, comunque presi tre punti x 1 < x2
< x3 in I, si ha che
(a) f(x2) f(x1) f(x3) f(x2) :
x2 x1 x3 x2

Vediamo che sono equivalenti ad (a) le seguenti:

(b) f(x2) f(x1) f(x3) f(x1) ;


x2 x1 x3 x1
(c) f(x3) f(x1) f(x3) f(x2) :

x3 x1 x3 x2
Infatti,
f(x2) f(x1) f(x3) f(x2) ,

x2 x1 x3 x2
, (f(x2) f(x1))(x3 x2) (f(x3) f(x2))(x2 x1)
, (f(x2) f(x1))(x3 x1 + x1 x2) (f(x3) f(x1) + f(x1) f(x2))(x2 x1)
, (f(x2) f(x1))(x3 x1) (f(x3) f(x1))(x2 x1)
, f(x2) f(x1) f(x3) f(x1) ;
x2 x1 x3 x1
per cui (a) , (b); analogamente si vede che (a) , (c).
Osserviamo che f : I ! R e convessa se e solo se, per ogni x 0 in I, la
funzione \rapporto incrementale" F : I n fx 0g ! R, de nita da
f(x) f(x )
F (x) = 0 ;

x x0
0 0 0
e crescente. Infatti, presi x; x in I n fx0g tali che x < x , si ha F (x) F (x ), e
0 0
questo accade in tutti e tre i casi possibili: x < x < x0, oppure x < x0 < x ,
0
oppure x0 < x < x . A questo punto, diventa naturale la seguente
caratterizzazione della convessita.
Teorema. Se f : I ! R e continua, derivabile su I ; allora f e convessa se e
0
solo se f e crescente su I .

70
Dimostrazione. Supponiamo che f sia convessa. Siano < due punti in I .
Se < x < ; per (b) si ha

f(x) f( ) f( ) f( ) ;
x
da cui, essendo f derivabile in ,
0 f(x) f( ) f( ) f( ) :
f ( ) = lim
x!
+ x

Analogamente, per (c) si ha


f( ) f( ) f( ) f(x) :

x
da cui, essendo f derivabile in ,
0 f( ) f(x) f( ) f( ) :
f ( ) = lim
x! x
0 0 0
Ne segue che f ( ) f ( ), il che dimostra che f e crescente.
0
Viceversa, supponiamo f crescente. Presi x1 < x2 < x3; per il teorema
di Lagrange abbiamo che
f(x2) f(x1)
9 1 2 ]x1; x2[ : f0( 1) = x2
x1
f(x3) f(x2)
9 2 2 ]x2; x3[ : f0( 2) = : x3 x2

0 0
Essendo f crescente, si ha che f ( 1) f0( 2); ne segue (a).
Diremo che f e \strettamente convessa" se, comunque presi tre punti x 1
< x2 < x3 in I, si ha
0 < f(x3) f(x2) :
(a ) f(x2) f(x1)
x2 x1 x3 x2
Equivalentemente, possiamo scrivere le analoghe
0 < f(x3) f(x1) ;
(b ) f(x2) f(x1)
x2 x1 x3 x1
0 < f(x3) f(x2) :
(c ) f(x3) f(x1)
x3 x1 x3 x2
Vale la seguente caratterizzazione.
Teorema. Se f : I ! R e continua, derivabile su I ; allora f e strettamente
0
convessa se e solo se f e strettamente crescente su I .

71
Dimostrazione. Dovremo modi care un pochino la dimostrazione del teorema
precedente. Supponiamo che f sia strettamente convessa e siano < due
1 0
punti in I . Se <x< 2 ( + ), per (b ) si ha
f(x) f( ) <f( + ) f( ) < f( ) f( ) ;
2
+
x 2

da cui
f(x) f( ) f( + ) f( ) < f( ) f( )
0
f ( ) = lim 2
+
:
x!
+ x 2
0
Analogamente, se 1
( + ) < x < , per (c ) si ha
2 <

f( ) f( ) < f( ) f( + ) f( ) f(x) :
2
+
2
x
da cui
f( ) f(x) f( ) f( + ) > f( ) f( )
0
f ( ) = lim
+
2 :
x! x 2

0 0 0
Ne segue che f ( ) < f ( ), il che dimostra che f e strettamente crescente.
0
Viceversa, supponiamo f crescente. Presi x1 < x2 < x3; usando il teore-
ma di Lagrange, esattamente come per il teorema precedente si dimostra
0
che vale (a ).
Diremo che f e \concava" se la funzione ( f) e convessa o, equivalente-mente,
se vale (a) ma con il segno di disugualianza invertito. Diremo che f e
\strettamente concava" se la funzione ( f) e strettamente convessa o, equiva-
0
lentemente, se vale (a ) ma con il segno di disugualianza invertito. Si possono
scrivere, naturalmente, gli analoghi teoremi che caratterizzano la concavit (o la
0
stretta concavita) di f con la decrescenza (o la stretta decrescenza) di f .
Arriviamo quindi al seguente corollario, che trova spesso applicazione
in situazioni pratiche.
Corollario. Sia I un intervallo e f : I ! R una funzione continua, derivabile
due volte su I . Si ha che:
00
a) se f (x) 0 per ogni x 2 I , allora f e convessa;
00
b) se f (x) > 0 per ogni x 2 I , allora f e strettamente convessa;
00
c) se f (x) 0 per ogni x 2 I , allora f e concava;
00
d) se f (x) < 0 per ogni x 2 I , allora f e strettamente concava.
Analogamente a quanto gia osservato per le funzioni monotone, anche qui in
00
a) e c) valgono anche le implicazioni opposte: se f e convessa, allora f (x) 0
per ogni x 2 I , e similmente se f e concava. Ma cos non e per b) e d) (vedi
4
ad esempio f(x) = x ).

72
x
Esempi. 1) La funzione esponenziale f(x) = e e strettamente convessa: si
ha
00 x
f (x) = e > 0 ;
per ogni x 2 R: La sua inversa ln(x); il logaritmo naturale, e una funzione
strettamente concava.
2) Tenuto conto delle derivate delle funzioni trigonometriche, si ha che:
cos x e 8 h
> strettamente concava su 2 ;
i
2 , 3

>

< h
> strettamente convessa su
> 2; 2i,
:

8 strettamente concava su [0; ] ,

sin x e <
: strettamente convessa su [ ; 2 ] .

I punti che separano un intervallo in cui si ha convessita da un altro in cui


si ha concavit si chiamano \punti di esso".
Analoghe considerazioni si possono fare per le altre funzioni
elementari n qui studiate.
Sar utile la seguente proprieta delle funzioni convesse derivabili: in breve,
essa dice che il loro gra co sta sempre al di sopra delle rette ad esso tangenti.
Teorema. Se f : I ! R e convessa e derivabile in un punto x 0 2 I, allora
0
f(x) f (x0)(x x0) + f(x0) ;

per ogni x 2 I.
Dimostrazione. La disguaglianza e sicuramente veri cata se x = x 0. Se x >
x0, preso h > 0 tale che h < x x0, per la convessita si ha
f(x) f(x0) f(x0 + h) f(x0) :
x x0 h
Passando al limite per h ! 0, si ha
0
f(x) f(x0) f (x ) ;
0
x x0
da cui la disuguaglianza cercata.
Se x < x0, preso h < 0 tale che jhj < x0 x, per la convessita si ha
f(x0) f(x) f(x0) f(x0 + h) ;
x0 x h
e si conclude analogamente.

73
Le regole di de l'H^opital

=
f0( ) f(b) f(a) g0( ) g(b) g(a)
:

Iniziamo con l'introdurre la seguente generalizzazione del teorema di Lagrange.


Teorema (di Cauchy). Se f; g : [a; b] ! R sono due funzioni continue, deri-vabili su ]a;
0
b[ , con g (x) 6= 0 per ogni x 2 ]a; b[ , allora esiste un punto 2 ]a; b[
tale che

Dimostrazione. Consideriamo la funzione h : [a; b] ! R de nita da

h(x) = (g(b) g(a))f(x) (f(b) f(a))g(x) :

Si vede che essa e continua, derivabile su ]a; b[ , e h(a) = h(b). Per il teorema
0
di Rolle, esiste un punto 2 ]a; b[ tale che h ( ) = 0: Ne segue la tesi.
Il seguente risultato e noto come \regola di de l'H^opital" nel caso
0
indeter-minato del tipo 0 .
Teorema. Sia I un intervallo e f; g : I n fx0g ! R due funzioni derivabili, con
0
g (x) 6= 0 per ogni x 2 I n fx0g, tali che
lim f(x) = lim g(x) = 0 :
x!x0 x!x0

Se esiste il limite 0
lim f (x) ;
0
x!x0 g (x)
allora esiste anche il limite f(x)
lim ;
x!x0 g(x)
e i due coincidono. 0
f (x)
Dimostrazione. Sia l = lim 0

x!x0
g (x) (possibilmente l = +1 o 1); estendiamo
le due funzioni anche al punto x0 ponendo f(x0) = g(x0) = 0: In questo modo
f e g saranno continue su tutto I. Per il teorema di Cauchy, per ogni x 6=
x0 esiste un punto x 2 ]x0; x[ (che dipende da x) 9 tale che
0
f ( x) =f(x) f(x0) =f(x) :
0
g ( x) g(x) g(x0) g(x)

Se x ! x0; si ha che anche x ! x0, per cui, usando il teorema sul limite di una
funzione composta,
lim f(x) = lim f0( x) = lim 0
f (y) = l :
x 0 x
g(x) x x0
0
g ( x) y x0
g0(y)
! ! !

9
Qui e nel seguito, nel caso in cui x sia minore di x0; con il simbolo ]x0; x[ si intende
indicare l'intervallo ]x; x0[ :

74
Il teorema precedente non esclude la possibilita che x 0 sia un estremo
dell'intervallo I, nel qual caso si parler di limite destro o limite sinistro.
La regola di de l'H^opital si estende anche ai casi in cui x 0 = +1 o 1.
Vediamo qui il primo caso.
Teorema. Sia I un intervallo non limitato superiormente e f; g : I ! R due
funzioni derivabili, con g0(x) 6= 0 per ogni x 2 I, tali che
lim f(x) = lim g(x) = 0 :
x!+1 x!+1

Se esiste il limite 0
f (x)
lim ;
0
x!+1 g (x)
allora esiste anche il limite f(x)
lim ;
x!+1 g(x)
e i due coincidono.
Dimostrazione. Sia l = lim 0 1
f (x) ; de nendo le due funzioni F (x) = f(x ) e
0
x!+1 g (x)
1 0
G(x) = g(x ), si ha che G (x) 6= 0 per ogni x e
lim F (x) = lim G(x) = 0 :
+ +
x!0 x!0
Inoltre,
lim F 0(x) = lim 0 1 2
f (x )( x ) = lim
0 1 0
f (x ) = lim f (y) = l :

+ 0 0 1 2 0 1 0
x!0 G (x) x!0+ g (x )( x ) x!0+ g (x ) y!+1 g (y)
Per il teorema precedente, si ha che anche lim F (x) = l; pertanto,
+ G(x)
x!0

lim f(x) = lim f(u 1) = lim F (u) = l :


x!+1 g(x) 1 +
G(u)
u!0+ g(u ) u!0

Risulta talvolta utile il seguente


Teorema. Sia I un intervallo contenente x 0 e f : I ! R una funzione, continua
in x0, e derivabile in ogni x 6= x0. Se esiste il limite
0
l = lim f (x) ;
x!x0
0
allora esiste anche la derivata di f in x0 e si ha f (x0) = l.
Dimostrazione. Siano F (x) = f(x) f(x0) e G(x) = x x0. Abbiamo che

lim F (x) = lim G(x) = 0 ;


x!x0 x!x0

75
e
0
lim F (x) = lim f0(x) = l :
0
x!x0 G (x) x!x0

La regola di de l'H^opital ci dice quindi che


lim f(x) f(x0) = lim F (x) = l ;
x!x0 x x0 x!x0 G(x)
0
ossia f (x0) = l.
Vediamo ora che le regole di de l'H^opital continuano a valere anche
1
nei casi indeterminati del tipo 1 , dove 1 puo essere +1 o 1. Ad esempio,
nel caso in cui x0 sia un numero reale, si ha il seguente
Teorema. Sia I un intervallo contenente x 0 e f; g : I n fx0g ! R due funzioni
derivabili, con g0(x) 6= 0 per ogni x 2 I n fx0g, tali che
lim f(x) = 1; lim g(x) = 1 :
x!x0 x!x0
Se esiste il limite 0
f (x)
lim ;
0
x!x0 g (x)
allora esiste anche il limite f(x)
lim ;
x!x0 g(x)
e i due coincidono.
Dimostrazione. Sia l = lim 0
f (x) . Supponiamo dapprima l 2 R , e che x 0
0
non
x!x0 g (x)
sia l'estremo destro dell'intervallo I. Fissiamo " > 0. Allora esiste un 1 tale > 0
che x 0 < x < x0 + 1 ) g00(x) l 2:

f (x) "

Per il teorema di Cauchy, per ogni x 2 ]x 0; x0 + 1[ , esiste un x 2 ]x; x0 + 1[ tale


che
0
f ( x) = f(x0 + 1) f(x) ;
0
g ( x) g(x0 + 1) g(x)
<x<x +
per cui 0 1 ) g(x0 + 1) g(x) l 2:
"
x0

f(x0 + 1) f(x)

Possiamo inoltre supporre che 1 sia tale che

x0 < x < x0 + 1 ) f(x) 6= 0 e g(x) 6= 0 :


Scriviamo f(x0 + 1) f(x) f(x)
= (x) ;
g(x0 + 1) g(x) g(x)

76
e osserviamo che
lim (x) = lim 1 f(x0 + 1)=f(x) = 1 :
x!x0 x!x0 1 g(x0 + 1)=g(x)
Pertanto, esiste un 2 ]0; 1[ tale che, se x0 < x < x0 + , allora
" "
(x) > 0 ; (x)(l + ") l + e (x)(l ") l :
2 2
Quindi, se x0 < x < x0 + , si ha
l " 1 l " 1 f(x0 + 1) f(x) 1 l+ " l+";

(x) 2 (x) g(x0 + 1) g(x) (x) 2


da cui

f(x)
l ":
g(x)

Abbiamo cos dimostrato che


f(x)
lim =l:
+
x!x 0 g(x)
In modo del tutto analogo si dimostra che, se x 0 non e l'estremo sinistro
dell'intervallo I, allora
f(x)
lim =l;
g(x)x!x0
per cui il teorema e dimostrato, nel caso in cui l 2 R.
Supponiamo ora l = +1 e che x0 non sia l'estremo destro dell'intervallo
I. Fissiamo > 0. Allora esiste un 1 > 0 tale che
0
f (x)
x <x<x + 2 : )
0 g0(x)
0 1

Procedendo come sopra, possiamo dedurre che


f(x + ) f(x)
0 1

x0 < x < x0 + 1 ) 2 :

Possiamo inoltre supporre che 1 sia tale che

x0 < x < x0 + 1 ) f(x) 6= 0 e g(x) 6= 0 :


De niamo (x) come sopra. Esiste un 2 ]0; 1[ tale che

x0 < x < x0 + ) (x) 2 :

Quindi, se x0 < x < x0 + , si ha


1 f(x0 + 1) f(x) 1 2 ;

(x) g(x0 + 1) g(x) (x)

77
da cui
f(x) :
g(x)
Abbiamo cos dimostrato che
f(x)
lim = +1 :
+
g(x) x!x 0

In modo del tutto analogo si dimostra che, se x 0 non e l'estremo sinistro


dell'intervallo I, allora
f(x)
lim = +1 ;
g(x)
x!x0
per cui il teorema e dimostrato, nel caso in cui l = +1. Il caso l = 1 e del
tutto analogo al precedente.
1
Anche nel caso indeterminato del tipo 1 si possono scrivere gli
analoghi teoremi se x0 = +1 o 1. Vediamo il primo caso.
Teorema. Sia I un intervallo non limitato superiormente e f; g : I ! R due
funzioni derivabili, con g (x) = 0 per ogni x I, tali che
6 2

lim f(x) = ; lim g(x) = :


x + 1 x + 1

!1 !1

Se esiste il limite 0
f (x)
lim ;
0
x!+1 g (x)
allora esiste anche il limite
f(x)
lim ;
x!+1 g(x)
e i due coincidono.
0
La dimostrazione e analoga a quella del caso 0 .

La formula di Taylor
Il seguente teorema ci fornisce la cosiddetta \formula di Taylor con
resto di Lagrange".
Teorema. Siano x 6= x0 due punti di un intervallo I e f : I ! R una funzione
derivabile n + 1 volte su I. Allora esiste un 2 ]x0; x[ tale che
f(x) = pn(x) + rn(x) ;
dove
0 1 00 2 1 (n)
pn(x) = f(x0) + f (x0)(x x0) + 2! f (x0)(x x0) + : : : + n !f (x0)(x x0)n
e il \polinomio di Taylor di grado n associato alla funzione f nel punto x 0" e
1
rn(x) = (n+1) n+1
(n + 1)!f ( )(x x0)
e il \resto di Lagrange".

78
Dimostrazione. Osserviamo che il polinomio pn soddisfa alle seguenti proprieta:
8
>00pn(x0) = f(x0) ;
>
pn (x0 ) = f 00
(x 0) ;

> p n0 (x0) = f 0
(x0) ;

> .

> .
< .
> pn(n)(x0) = f(n)(x0) :

>
>

>

> 2

Applicando il teorema di :
Cauchy, troviamo un ]x ; x[ tale che

1 0

0 0
f(x) pn(x) = (f(x) pn(x)) (f(x0) pn(x0)) = f ( 1) pn ( 1) :
n+1 n+1 n+1 n
(x x0) (x x0) (x0 x0) (n + 1)( 1 x0)
Applicando di nuovo il teorema di Cauchy, troviamo un 2 2 ]x0; 1[ tale che
0 0 = (f0( 1) pn0( 1)) (f0(x0) pn0(x0)) = f00( 2) pn00( 2) :
f ( 1) pn ( 1)
n n n n 1
(n + 1)( 1 x0) (n + 1)( 1 x0) (n + 1)(x0 x0) (n + 1)n( 2 x0)
Procedendo per induzione, troviamo n + 1 elementi 1; 2; : : : ; n+1 tali che
f(x) pn(x) = f0( 1) pn0( 1)
n+1 n
(x x0) (n + 1)( 1 x0)
= 00 00
f ( 2) pn ( 2)
n 1
(n + 1)n( 2 x 0)
..
.
= f(n+1)( n+1) pn(n+1)( n+1) :
0
(n + 1)!( n+1 x0)
Se x > x0; si ha
x0 < n+1 < n < : : : < 2 < 1 < x ;
x<x la derivata (n + 1) esima

mentre se si ha l'ordine opposto. Essendo (n+1)


0

di un polinomio di grado n sempre nulla, si ha che p n ( n+1) = 0 e ponendo


= n+1 si ottiene la tesi.
Si noti che il polinomio di Taylor pn potrebbe in realt avere un grado
inferiore a n; ci sono addirittura delle funzioni non costanti per cui esso risulta
di grado 0 (cioe pn e una funzione costante) per ogni scelta di n.
Esempi. Determiniamo il polinomio di Taylor di alcune funzioni considerando
per semplicita il caso x0 = 0.
x
1) Sia f(x) = e : Si ha:
x2 x3 xn
pn(x) = 1 + x + 2! : + +:::+
3! n!
2) Sia f(x) = cos x: Allora, se n = 2m o n = 2m + 1;
2m
x2 x4 x6 m x
pn(x) = 1 2! + 4! 6! + : : : + ( 1) (2m)! :

79
3) Sia f(x) = sin x: Allora, se n = 2m + 1 o n = 2m + 2 ;
3 5 7
x x x
m x2m+1
pn(x) = x 3! + 5! 7! + : : : + ( 1) (2m + 1)! :
Teorema. Per ogni x 2 R; si ha che
x n +x2 3 n
e = 1+
+
x + +
x
2! 3! n!

lim x ::: :

Dimostrazione. La formula e chiaramente vera se x = 0. Se x 6= 0; per la


formula di Taylor con resto di Lagrange, esiste un 2 ]0; x[ tale che f(x) =
pn(x) + rn(x); con
xn+1

r (x) = e :
n (n + 1)!
Vogliamo dimostrare che lim rn(x) = 0: Osserviamo che
n

jxjn+1
jrn(x)j ejxj ;
(n + 1)!
n
a
e sappiamo che, per ogni a > 0, si ha lim = 0. Ne segue la tesi.
n n!
Scriveremo brevemente x
n
1
x
X

e = n! ;
n=0

la \serie di Taylor" associata alla funzione esponenziale nel punto x 0 = 0:


Con analoga dimostrazione, si ha pure il
seguente Teorema. Per ogni x 2 R; si ha che
cos = m 1 x2 +
x4!
4
x +
6
+ ( 1) x2m (2m)!

x lim ::: ;
2! 6!

sin = m
x3 x5 x7
+ ( 1) m
x2m+1
+ +
5! (2m + 1)!

x lim x ::: :
3! 7!

Scriveremo brevemente: 1 m
1 2m
m x x2m+1
( 1) ( 1)
X X

cos x = (2m)! ; sin x = (2m + 1)! :


m=0 m=0

Calcoliamo ancora i polinomi di Taylor associati ad alcune funzioni


elemen-tari, nel punto x0 = 0. Iniziamo con la funzione
1
f(x) = 1 x :
80
Si dimostra per induzione che la sua derivata n-esima ha la seguente
espres-sione:
(n) n! :
f (x) =
(1 x) n+1

(n)
Pertanto, f (0) = n! e il polinomio cercato e

2 3 n
pn(x) = 1 + x + x + x + : : : + x :

1
Si procede similmente per la funzione f(x) = 1+ x , per la quale troviamo

2
pn(x) = 1 x + x x3 + : : : + ( 1)nxn :

Consideriamo ora la funzione f(x) = ln(1 + x). La sua derivata coincide con
la funzione precedente, per cui si ricava rapidamente

2 3 4 n
x x x x
pn(x) = x + n 1 :
2 3 4 + : : : + ( 1) n

Un altro esempio per cui e facile calcolare il polinomio di Taylor e la


1
funzione f(x) = 1+ x2 , per cui si ha che, se n = 2m o n = 2m + 1,

2 4
pn(x) = 1 x + x x6 + : : : + ( 1)mx2m :

A questo punto risulta agevole trattare la funzione f(x) = arctan x, la cui


derivata coincide con la funzione precedente, per cui si ha che, se n = 2m
+ 1 o n = 2m + 2,
3 5 7
pn(x) = x x x x
m x2m+1
3 + 5 7 + : : : + ( 1) 2m + 1 :

Da quanto visto nora, non sar di cile trovare le espressioni generali dei
polinomi di Taylor delle funzioni iperboliche cosh x, sinh x, nonche di tanh
1
x. Non risulta invece elementare la formula del polinomio di Taylor per le
funzioni tan x e tanh x, di cui riporteremo solo i primi termini, nella
seguente tabella riassuntiva.

81
f(x) pn(x) nel punto x0 = 0
2 3 n
x x x
e x 1+x+ + +:::+
2! 3 3! 4 n!
x2 x x ( 1)n 1xn
ln(1 + x) x + +:::+
2 3 4 n
2 4 6 2m
x x x m x
cos x 1 2! + 4! 6! + : : : + ( 1) (2m)!
3 5 7
x x x m x2m+1
sin x x 3 + 5! 7! + : : : + ( 1) (2m + 1)!
!
x3 2x5 17x7
tan x x+ + + +:::
3 15 315
3 5 7
x x x m x2m+1
arctan x x 3 +5 7 + : : : + ( 1) 2m + 1
x2 x4 x6 x2m
cosh x 1+ + + +:::+
2! 4! 6! (2m)!
3 5 7
x x x x2m+1
sinh x x+ + + +:::+
3! 5! 7! (2m + 1)!
3 5 7
x 2x 17x
tanh x x + +:::
3 15 315
3 5 7
1 x x x
tanh x x+ + + +:::+
x2m+1

3 5 7 2m + 1

82
La teoria dell'integrale
Sia f : [a; b] ! R una funzione limitata. Questo signi ca che esistono due
costanti c; C tali che

c f(x) C ; per ogni x 2 [a; b] :

Consideriamo una suddivisione dell'intervallo [a; b]: si tratta di un insieme


nito di punti
D = fx0; x1; x2; : : : ; xng ;
tali che
a = x 0 < x1 < x2 < : : : < x n 1 < xn = b :
De niamo i numeri reali
0 00
` k = infff(x) : x 2 [xk 1; xk]g ; ` k = supff(x) : x 2 [xk 1; xk]g ;

(si ricordi che f e limitata) e le corrispondenti somme


n n
Xk X

0 0 00 00
S (f; D) = `k (xk xk 1) ; S (f; D) = `k (xk xk 1) ;
=1 k=1

che chiameremo somma inferiore e somma superiore, rispettivamente. Si


0 00
noti che S (f; D) S (f; D), per ogni suddivisione D di [a; b].
Lemma. Valgono le seguenti proprieta di monotonia:
0 0
D1 D2 ) S (f; D1) S (f; D2) ;
00 00
D1 D2 ) S (f; D1) S (f; D2) :

Inoltre, se D e De sono due suddivisioni qualiasi di [a; b], allora

0 00
S (f; D) S (f; De) :

Dimostrazione. Per quanto riguarda le proprieta di monotonia, baster


dimo-strare che esse valgono qualora D 2 abbia un unico punto in piu di
D1, per poi iterare il ragionamento nel caso generale. Siano quindi

D1 = fx0; x1; : : : ; xng ; D2 = fx0; x1; : : : ; xm 1; x;^ xm; : : : ; xng ;

dove x^ e il punto aggiuntivo. Allora, posto


0 0
` m;1 = infff(x) : x 2 [xm 1; x^]g ; ` m;2 = infff(x) : x 2 [^x; xm]g ;
0 0 0 0
si vede che ` m ` m;1 e` m ` m;2, per cui
0 0 0 0 0
S (f; D2) S (f; D1) = ` m;1(^x xm 1) + ` m;2(xm x^) ` m(xm xm 1)
0 0 0
` m(^x xm 1) + ` m(xm x^) ` m(xm xm 1) = 0 :

83
In modo analogo, posto
00 00
`m;
1 = supff(x) : x 2 [xm 1; x^]g ; `m; 2 = supff(x) : x 2 [^x; xm]g ;

00 00 00 00
si vede che `m `m; 1 e `m `m; 2, per cui
00 00 00 00 00
S (f; D2) S (f; D1) = `m; 1(^x xm 1) + `m; 2(xm x^) `m (xm xm 1)
00 00 00
` m(^x xm 1) + ` m(xm x^) ` m(xm xm 1) = 0 :
Siano ora D e De due suddivisioni qualiasi di [a; b]. Allora D [ De e
anch'essa una suddivisione di [a; b], e si ha
0 0 00
S (f; D) S (f; D [ De) S (f; D [ De) S00(f; De) ;
per cui il lemma e dimostrato.
Ricordando che f e una funzione limitata, possiamo dare la
seguente De nizione. Se il numero reale
0 0
(f) = supfS (f; D) : D e una suddivisione di [a; b]g
coincide con
00 00
(f) = inffS (f; D) : D e una suddivisione di [a; b]g ;
tale numero reale si chiama integrale di f su [a; b], e si indica con uno dei
simboli
Zb Zb
f; f(x) dx :
a a

In tal caso si dice che la funzione f e integrabile (secondo Riemann) su [a; b].
Quindi, l'integrale di f su [a; b], se esiste, e quel 2 R con questa proprieta:

per ogni " > 0 esistono due suddivisioni D 1 e D2 di [a; b] per cui
0 00
" S (f; D1) S (f; D2)+ " :

Equivalentemente, tenendo conto delle proprieta di monotonia viste


sopra, per ogni " > 0 esiste una suddivisione D di [a; b] per cui
0 00
" S (f; D) S (f; D)+ " :
Esempio 1. Sia f : [a; b] ! R la funzione costante di valore 2 R. Si veri ca
0 0
rapidamente che, per ogni suddivisione D di [a; b], si ha S (f; D) = S (f; D)
R b
= (b a). Ne segue quindi che a f = (b a), ossia che
Z b

dx = (b a) :
a

84
Esempio 2. Sia f : [a; b] ! R la funzione de nita da f(x) = x. Vogliamo
dimostrare che e integrabile e calcolarne l'integrale. Considerata una qua-
lunque suddivisione D, si vede subito che, essendo f strettamente
crescente, `0k = f(xk 1) = xk 1 e `00k = f(xk) = xk. Pertanto,
n n
X X
k

0 00
S (f; D) = xk 1(xk xk 1) ; S (f; D) = xk(xk xk 1) :
k=1 =1
1
Notiamo ora che, prendendo k = (xk 1 + xk),
2
n n n
X X
(x
Xk
1 1 2 2 1 2 2
k(xk xk 1) = 2 k 1 +xk)(xk xk 1) = 2 (xk xk 1) = 2 (b a );
k=1 =1 k=1

essendo quest'ultima una somma telescopica. Questo ci porta a


R b 1 2 2
congetturare che a f sia proprio uguale a 2 (b a ), ossia che
Z b
1 2
x dx = 2 (b a2) :
a

Dimostriamolo. Fissato " > 0, sia D una suddivisione costituita da punti


equidistanti, ossia

xk = a + b a k ; con k = 1; 2; : : : ; n :
n
Allora, per n su cientemente grande,
n n
X Xk
1
2 2 0
2 (b a ) S (f; D) =k(xk x k 1) xk 1 (xk xk 1)
k=1 =1
n
X
= ( k xk 1)(xk xk 1)
k=1
n
Xb a
= (x x )
2n k k 1
k=1

b a
= 2n (b a) < " :
Analogamente si vede che
00 1 2 2
S (f; D) 2 (b a ) < " ;
per cui
1 2 2 0 00 1 2 2
2 (b a ) " S (f; D) S (f; D) 2 (b a ) + " ;
e la nostra congettura risulta dimostrata.
Sar molto utile il seguente

85
Criterio di integrabilit . La funzione f e integrabile su [a; b] se e solo se per
ogni " > 0 esiste una suddivisione D di [a; b] per cui

00 00 00 "
(f) S (f; D2) (f) + 2 :

00 0
S (f; D) S (f; D) ":

Dimostrazione. Se f e integrabile su [a; b], ssato " > 0, per le proprieta


dell'estremo superiore esiste una suddivisione D 1 di [a; b] per cui
0 " 0 0
(f) 2 S (f; D1) (f) ;
e per le proprieta dell'estremo inferiore esiste una suddivisione D 2 di [a; b] per cui

0 00 R b
Prendendo D = D1 [ D2, essendo (f) = (f) = a f, si ha
" Zb "
Z b
f 2 S0(f; D1) S0(f; D) S00(f; D) S00(f; D2) f + 2 ;aa

00 0
e quindi S (f; D) S (f; D) ".
Viceversa, supponiamo che valga la proprieta dell'enunciato. Allora,
00 0
per ogni " > 0, esiste una suddivisione D di [a; b] per cui S (f; D) S (f; D)
". Se D1 e D2 e sono due suddivisioni contenenti D, dalle proprieta di
monotonia segue che
00 0 00 0
S (f; D2) S (f; D1) S (f; D) S (f; D) ";
da cui
00 0
0 (f) (f) ":
0 00
Essendo " > 0 aribitrario, deve necessariamente essere che (f) = (f).

Proprieta elementari delle funzioni integrabili


Passiamo ora a enunciare alcune proprieta elementari dell'integrale.
Teorema. Se f; g sono funzioni integrabili su [a; b], anche f + g lo e, e in tal
caso
Zb Zb Zb
(f + g) = f+ g:
a a a
Dimostrazione. Fissato " > 0, esistono una suddivisione D1 di [a; b] per cui
Zb "
S0(f; D1) f ;
2
a

e una suddivisione D2 di [a; b] per cui


Zb "
S0(g; D2) g :
2
a

86
Sia D = D1 [ D2; essendo

infff(x) + g(x) : x 2 [xk 1; xk]g


infff(x) : x 2 [xk 1; xk]g + inffg(x) : x 2 [xk 1; xk]g ;
abbiamo che
0 0 0
S (f + g; D) S (f; D) + S (g; D)
0 0
S (f; D1) + S (g; D2)
Zb Zb
f + g" :
a a

Analogamente, esistono una suddivisione De 1 di [a; b] per cui


00 Zb "
S (f; De1) f + ;
a 2

e una suddivisione De2 di [a; b] per cui


00 Zb "
S (g; De2) g + :
2
a

Sia De = De1 [ De2; essendo

supff(x) + g(x) : x 2 [xk 1; xk]g


supff(x) : x 2 [xk 1; xk]g + supfg(x) : x 2 [xk 1; xk]g ;
abbiamo che
00
S (f + g; De)S00(f; De) + S00(g; De)
00 00
S (f; De1) + S (g; De2)
Zb Zb
f+ g +":
a a

Ne segue la tesi.

Teorema. Se f e una funzione integrabile su [a; b], anche f lo e, per ogni


numero reale , e in tal caso
Zb Zb
( f) = f:
a a

Dimostrazione. Se = 0, l'enunciato e chiaramente vero. Supponiamo quindi


6= 0. Fissato " > 0, esiste una suddivisione D di [a; b] per cui
b 00 b
Za f j j S0 (f; D) S (f; D) Za f + j j :
" "

87
Si noti che, se0,
0 0 00 00
S ( f; D) = S (f; D) ; S ( f; D) = S (f; D) ;
mentre se < 0,
0 00 00 0
S ( f; D) = S (f; D) ; S ( f; D) = S (f; D) :

Quindi, in ogni caso,


Zb 0 00 Zb
a f " S ( f; D) S ( f; D) a f + ";

da cui la tesi.
Teorema. Se f +
e una funzione integrabile su [a; b], anche f = maxff; 0g,

, f e f2 lo sono.
f g j j

f = max f; 0
+
Dimostrazione. Osserviamo che f = f f . Si puo veri care che
00 + 0 + 00 0
S (f ; D) S (f ; D) S (f; D) S (f; D) ;
+
da cui segue che f e integrabile, per il criterio di integrabilit . Quindi anche
+ +
f = f f e integrabile, e cos pure jfj = f + f .
2 2
Siccome f = jfj , possiamo supporre senza perdita di generalit che sia f
0. Osserviamo che, in tal caso,
2 2 0 2
infff (x) : x 2 [xk 1; xk]g = (infff(x) : x 2 [xk 1; xk]g) = (` k) ;

e
supff2(x) : x 2 [x ; x ]g = (supff(x) : x 2 [x ; x ]g)2 = (`00)2 :
k 1 k k 1 k k

n
00 2 0 2 00 2 0 2
X

S (f ; D) S (f ; D) = ((` k) (` k) )(xk xk 1)
k=1
n
X

00 0 00 0
= (` k + ` k)(` k ` k)(xk xk 1)
k=1
n
X

00 0
2(` k ` k)(xk xk 1)
k=1
00 0
= 2 (S (f; D) S (f; D)) ;

dove = C c e una costante, determinata dal fatto che f e limitata. Dal


2
criterio di integrabilit segue allora che f e integrabile su [a; b].

Teorema. Se f; g sono funzioni integrabili su [a; b], anche f g lo e.

88
Dimostrazione. Segue dalla relazione
1 2 2 2
fg= 2 ((f + g) f g );

e dai teoremi precedentemente dimostrati.


Vediamo ora una stima sulla \media integrale".
Teorema. Se f e una funzione integrabile su [a; b], allora
1 Z b
a
f(x) dx sup f([a; b]) :
inf f([a; b]) b a
Dimostrazione. Siano c = inf f([a; b]) e C = sup f([a; b]). Se D e una
suddivi-sione di [a; b], allora
0 00
c ` k ` k C; per ogni k = 1; 2; : : : ; n ;
per cui
n n
X
X
0
k

S (f; D) = 0
`k (xk xk 1)c(xk xk 1) = c(b a) ;
k=1 =1
mentre
n n
X Xk
00
S (f; D) = 00
`k (xk xk 1)C(xk xk 1) = C(b a) :
k=1 =1
Pertanto, 1 1
0 00
c S (f; D) S (f; D) C ;
b a b a
e ne segue che c0(f) 00
(f) C, da cui la tesi.

Corollario. Se f e una funzione integrabile su [a; b] e f 0, allora


Z b
f 0:
a

Dimostrazione. E una conseguenza immediata del teorema precedente,


essendo inf f([a; b]) 0.

Corollario. Se f; g sono funzioni integrabili su [a; b] e f g, allora


Zb Zb
f g:
a a

Dimostrazione. Siccome g f 0, usando la linearit e il corollario precedente,


abbiamo che
Zb Zb Zb
g f= (g f) 0;
a a a

da cui la tesi.

89
Corollario. Se f e integrabile su [a; b] , allora
b b
Z
a f a jfj :
Z

Dimostrazione. Si ha che f f f per cui, dal corollario precedente,


j j j j

Zb Zb Zb
jfj f jfj ;
a a a

e ne segue la tesi.
Abbiamo il seguente teorema di additivit dell'integrale.
Teorema. Siano dati a < c < b. Una funzione f : [a; b] ! R e integrabile su
[a; b] se e solo se lo e su [a; c] e su [c; b]. In tal caso,
Zb Zc Zb
f= f+ f:
a a c

Dimostrazione. Supponiamo che f sia integrabile su [a; b]. Fissato " > 0,
esiste una suddivisione D di [a; b] tale che
00 0
S (f; D) S (f; D) ":
Per tale suddivisione D = fx0; x1; : : : ; xng ci sar un certo m per cui si ha che
xm 1 < c x m. De niamo quindi D = fx0; x1; : : : ; xm 1; cg, suddivisione di
[a; c]. Allora e
S00(f; D) S0(f; D) S00(f; D) S0(f; D) " ;
per cui f e e e
integrabile su [a; c]. Analogamente si vede che f e integrabile su
[c; b].
Supponiamo ora che f sia integrabile su [a; c] e su [c; b]. Fissato " > 0,
esistono una suddivisione D1 = fx0; x1; : : : ; cg di [a; c] e una suddivisione D2 =
fc; x~1; : : : ; x~ng di [c; b] tali che
" Zc "
Z c
f S0(f; D1) S00(f; D1) f+ ;
2a2a
" Zb "
Z b
f S0(f; D2) S00(f; D2) f+ :
2c2c
Sia D = D1 [ D2. Si ha che D e una suddivisione di [a; b], e
0 0 0 00 00 00
S (f; D) = S (f; D1) + S (f; D2) ; S (f; D) = S (f; D1) + S (f; D2) ;
per cui
Zc Zb Zc Zb
0 00
f+ f " S (f; D) S (f; D) f+ f +":
a c a c
R c R b
Abbiamo quindi che l'integrale di f su [a; b] e proprio uguale a a f+ c f.

90
R b
Sar conveniente de nire a f anche nel caso in cui a b, ponendo
Zb Za Za
f= f; f=0:
a b a

Vale allora il seguente


Corollario. Se f : [a; b] ! R e integrabile e u; v; w sono tre punti qualsiasi di
[a; b], allora
Zw Zv Zw
f= f+ f:
u u v

Dimostrazione. Il caso u < v < w segue immediatamente dal teorema


prece-dente. Gli altri casi si ottengono facilmente tenendo conto delle
convenzioni adottate per gli integrali con estremi uguali o scambiati.

Funzioni monotone e funzioni continue


Possiamo ora dimostrare l'integrabilit delle funzioni monotone e delle
funzioni continue.
Teorema. Se f : [a; b] ! R e monotona, allora essa e integrabile.
Dimostrazione. Supponiamo ad esempio f crescente. Innanzitutto notiamo
che f e limitata, essendo

f(a) f(x) f(b) ; per ogni x 2 [a; b] :

Prendiamo ora una suddivisione D con i punti equidistanti, ossia con


b a
xk = a + k n ; k = 0; 1; 2; : : : ; n :

Allora
n n
X Xk

00 0 00 0
S (f; D) S (f; D) = `k (xk xk 1)`k (xk xk 1)
k=1 =1
n
X 00 0 b a
= (` k ` k) n
k=1
n
Xk
b a
= (f(xk) f(xk 1)) n
=1
n
baX
= (f(xk) f(xk 1)) n
k=1

b a
= n (f(b) f(a)) :
00
Fissato " > 0, basta prendere n su cientemente grande per avere che S (f;
0
D) S (f; D) ", e il criterio di integrabilit permette di concludere.
91
Ricordo ora che una funzione f : E ! F si dice \continua" se e continua
in ogni punto x0 2 E. In altri termini, se
8x0 2 E 8" > 0 9 > 0 : 8x 2 E d(x; x0) < ) d(f(x); f(x0)) < " :

Si noti che, in generale, la scelta di dipende sia da " che da x 0. Nel caso in
cui tale non dipenda da x 0, diremo che la funzione e \uniformemente
continua": In tal caso, si ha che

8" > 0 9 > 0 : 8x0 2 E 8x 2 E d(x; x0) < ) d(f(x); f(x0)) < " :

Vediamo ora un teorema che ci servira per dimostrare l'integrabilit delle


funzioni continue.
Teorema (di Heine). Se U e un insieme compatto e f : U ! R e una funzione
continua, allora f e uniformemente continua.
Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo che f non sia uniformemente
conti-nua. Allora

9" > 0 : 8 > 0 9x0 2 E 9x 2 E : d(x; x0) < e d(f(x); f(x0)) " :
1
Prendiamo un tale " > 0 e scegliamo = n+1 , con n 2 N. In corrispondenza,
10 0
esistono x n e xn tali che
0 1 0
d(xn; xn ) < e d(f(xn); f(xn )) " :
n+1
Abbiamo cos due successioni (x n)n e (x0n)n in U. Essendo U compatto,
esiste una sottosuccessione (xnk )k che ha un limite x 2 U: Prendiamo ora
la sotto-successione (x0nk )k, con gli stessi indici nk. Siccome d(xnk ; x0nk )
tende a zero, anche questa sottosuccessione ha lo stesso limite x. Per la
continuita di f, deve essere
0
lim f(xnk ) = f(x) e lim f(xn k ) = f(x) ;

e pertanto
0
lim d(f(xnk ); f(xn k )) = 0 ;
k
0 )) " > 0 per ogni k 2 N.
in contraddizione con il fatto che d(f(x nk ); f(xn k

Possiamo ora enunciare il teorema che ci interessa.


Teorema. Se f : [a; b] ! R e continua, allora essa e integrabile.
Dimostrazione. Per il teorema di Weierstrass, f e limitata. Inoltre,
sappiamo (per il teorema di Heine) che f e uniformemente continua su [a;
b]. Pertanto, ssato " > 0, esiste un > 0 tale che
"
0 0
jx x j) jf(x) f(x )j :
b a
10
Qui l'indice 0 viene spostato in apice per non avere una notazione con doppio indice.

92
Sia D una suddivisione di [a; b] avente tutti i punti equidistanti, con
0
distanza xk xk 1 . Per il Teorema di Weierstrass, esisteranno dei k 2 [xk 1;
0 0 00 00 00
xk] per cui f( k ) = ` k e dei k 2 [xk 1; xk] per cui f( k ) = ` k . Allora
00 0 n 00 0 n b a
(f; ) (f; ) = b a (f( ) f( )) b a n " =";
Xk
S D S D n =1
kk

e il criterio di integrabilit permette di concludere.


Proponiamo ora un esempio di funzione non integrabile: la funzione di
Dirichlet, f : [a; b] ! R de nita da
(
1 , se x 2 Q ,
f(x) =
0 , se x 2= Q .
0
Si vede infatti che, qualsiasi sia la suddivisione D di [a; b], si ha ` k =0e
00
` k = 1, per ogni k, per cui

0 00
S (f; D) = 0 ; S (f; D) = b a:

Il criterio di integrazione non e pertanto veri cato.

Il teorema fondamentale
Notiamo che se f : I ! R e una funzione continua, essa e integrabile su
ogni intervallo [a; x] I: Fissato che sia a 2 I; si puo pertanto de nire la
funzione
Zx
x 7! f;
a

che chiameremo funzione integrale o integrale inde nito di f; e indiche-


remo con uno dei simboli seguenti:
Z Z
f; f(t) dt
a a

(si noti che qui e conveniente usare una lettera diversa da x per indicare la
variabile di f; ad esempio, qui abbiamo scelto la lettera t).
Introduciamo il concetto di funzione primitiva di una data funzione. Indi-
chiamo con I un intervallo di R.
De nizione. Una funzione f : I ! R si dice primitivabile su I se esiste
0
una funzione derivabile F : I ! R tale che F (x) = f(x) per ogni x 2 I: Una
tale funzione F si chiama primitiva di f su I:
E chiaro che una funzione primitivabile avr sempre un numero in nito di
primitive, in quanto, trovatane una, baster aggiungere una costante
arbitraria per trovarne delle altre. La seguente proposizione ci dice che,
oltre a quelle ottenibili in questo modo, non ce ne sono altre.

93
Proposizione. Sia f : I ! R una funzione primitivabile, e sia F una sua
primitiva. Allora una funzione G : I ! R e primitiva di f se e solo se F G e
una funzione costante su I:

Dimostrazione. Se F G e costante, si ha
0 0 0 0
G (x) = F (x) + (G F ) (x) = F (x) = f(x) ;
per ogni x 2 I; e percio G e una primitiva di f: Viceversa, se G e una
primitiva di f su I; si ha
0 0 0
(F G) (x) = F (x) G (x) = f(x) f(x) = 0 ;
per ogni x 2 I: Ne segue che F G e costante su I:

Il Teorema fondamentale del calcolo di erenziale e integrale sta-bilisce


che tutte le funzioni continue su un intervallo [a; b] sono primitivabili, e che
il loro integrale si puo calcolare facilmente, nota che sia una loro primitiva.
Ecco l'enunciato.
Teorema Fondamentale. Sia f : [a; b] ! R una funzione continua. Allora f e
primitivabile e, se F e una qualunque sua primitiva, allora
Zb
f = F (b) F (a) :
a
Dimostrazione. Faremo vedere che f, la funzione integrale, e una primitiva
R a
di f. Poniamo quindi G(x) = ax f e, preso un punto x0 in [a; b]; andiamo a
G 0 x f x : Consideriamo dapprima il caso in cui x ]a; b[:

dimostrare che ( 0) = (
0) R 02
Vogliamo dimostrare che
lim G(x0 + h) G(x0) = f(x0) :
h!0 h
Si noti che
Gx + h) G(x ) f(x0) = 1 x0+h x0 ff(x0)
( 0 h 0 h a f a
Z x0 +h
Z
1
= (f(x) f(x0)) dx :
h x0

Z
Fissiamo " > 0: Essendo f continua in x0; esiste un > 0 tale che, per ogni

x 2 [a; b], jx x0j) jf(x) f(x0)j " :

Prendendo h tale che 0 < h ; abbiamo che


Z x0+h (f(x) f(x0)) dx Z x0+h

h x0 h x0
jf(x) f(x0)j dx
1 1
x0+h
1
" dx = " :
Z
h x0
94
Se invece h < 0, allora
Z x0+h 1 Z x
0

(f(x) f(x0)) dx = (f(x) f(x )) dx


h x0 h x0+h 0
1 x
0
1
f(x) f(x0) dx
Z j
h x0+h j
Zx
1 0

" dx = " :
h x0+h

Abbiamo quindi dimostrato che, ssato " > 0, esiste un > 0 tale che
0 < jhj) ( 0+ h 0) f(x0) "
;
Gx h) G(x

che e quanto volevasi provare. Nel caso in cui x 0 = a o x0 = b; si proce-de


in modo analogo, considerando la derivata destra o la derivata sinistra,
rispettivamente.
Sia ora F una qualunque primitiva di f. Allora esiste una costante c 2 R
per cui F (x) = G(x) + c, e pertanto
Zb Za Zb
F (b) F (a) = f+c f+c = f;
a a a

che e quanto volevasi dimostrare.


Talvolta e comodo indicare la di erenza F (b) F (a) con i simboli
b
[F ] a ; [F (x)] x = a ;
x = b

b b
o con varianti di questi, come ad esempio [F (x)] a ; oppure F (x)j a ;
qualora non ci siano ambiguit . Notiamo, se F e una qualunque primitiva
della funzione f, la di erenza F (b) F (a) non dipende dalla primitiva in
questione. Infatti, se G e un'altra primitiva di F , necessariamente esiste
una costante per cui G(x) = F (x) + c, per ogni x, e pertanto
G(b) G(a) = (F (b) + c) (F (a) + c) = F (b) F (a) :
n

Esempio. Consideriamo la funzione f(x) = x : E facile vedere che F (x ) =


1 n+1
n+1 x ne e una primitiva. Il teorema fondamentale ci assicura quindi che
b b
xn+1 bn+1 an+1
Za xn dx = a = :
n+1 n+1 n+1
Notiamo che la scelta del punto a nella de nizione di f non e deter-
a
R ! f:
minante. Si potrebbe prendere un qualsiasi punto ! 2 I e considerare
Il teorema fondamentale ci assicura che, se e una primitiva della
F funzione

R
continua f; allora, per ogni x 2 I;
Zx
f = F (x) F (!) ;
!
95
R
e pertanto ! f e una primitiva di f. Le convenzioni fatte sull'integrale con
estremi scambiati ci assicurano inoltre che tale formula continua a valere
anche se x < !, in quanto

(x)
(x)

Zx Z!
f =f = (F (!) F (x)) = F (x) F (!) :
! x

Possiamo scrivere, usando la notazione di Leibniz,


Z xf = f(x) ; oppure Z x
dx dx !
d d
! f(t) dt = f(x) :

Questa formula si puo generalizzare: se ; : I ! R sono due funzioni

derivabili, allora
Z (x) 0 0
dx f(t) dt = f( (x)) (x) f( (x)) (x) :
d
(x)

Infatti, se F e una primitiva di f, si ottiene la formula cercata derivando


R
l'espressione f(t) dt = F ( (x)) F ( (x)).

Indicheremo l'insieme di tutte le primitive di f con uno dei seguenti simboli:


Z Z
f; f(x) dx :

Per quanto riguarda l'uso della x; vale un'osservazione analoga a quella


fatta per l'integrale: essa puo essere rimpiazzata da una qualunque altra
lettera o simbolo, con le dovute precauzioni. Nella pratica, pero, se F e
una primitiva di f; invece della scrittura corretta
Z
f = fF + c : c 2 Rg ;
si usa spesso scrivere impropriamente espressioni del tipo
Z
f(x) dx = F (x) + c ;

dove c 2 R indica una costante arbitraria; ci adegueremo anche noi a questa


prassi. Elenchiamo ad esempio le primitive di alcune funzioni elementari:

Z
x x
e dx = e + c
Z
sin x dx = cos x + c
Z
cos x dx = sin x + c

96
Z x dx =
x +1
Z
+ 1 + c ( 6= 1)
1
Z
x dx = ln jxj + c
1

dx = arcsin x + c

1 + x2 dx = arctan x + c
Z
1
p
2
1 x
Le formule scritte sopra vanno considerate sugli opportuni intervalli di de ni-zione. Ad esempio, la
terz'ultima formula va cos interpretata:
( 1
Z x dx = ln( x) , se x 2] ;0[ :
1 ln x , se x ]0; + [,
2 1

Esempio. Usando il teorema fondamentale, troviamo:


Z
sin x dx = [ cos x]0 = cos + cos 0 = 2 :
0

Notiamo che la presenza della costante arbitraria c puo talvolta portare a


risultati in apparenza diversi. Ad esempio, si veri ca facilmente che si ha anche
Z p 1 dx = arccos x + c :
2
1 x

Cio si spiega con il fatto che arcsin x = 2 arccos x per ogni x 2 [ 1; 1]; e non
bisogna pensare che qui c indichi la stessa costante che appare nell'ultima
formula dell'elenco scritto sopra.
La notazione introdotta per le primitive assomiglia a quella
dell'integrale, anche se i due concetti sono completamente diversi. Essi
sono pero legati tra loro dal teorema fondamentale: si ha
Z f2 Z f;
!

con ! 2 I qualsiasi, e fb
Z b Z :
a f= ! a

Si potrebbe essere tentati di scrivere


b
Z Z
ab f = f(x) dx a ;
in realt il termine di sinistra e un numero reale, mentre quello di destra e
qualcosa di non ben de nito (potrebbe essere un insieme il cui unico
R b
elemento e a f). Nella pratica si abusa pero spesso di queste notazioni.
97
Alcune regole di primitivazione
Dalle note proprieta delle derivate si possono facilmente dimostrare le
se-guenti proposizioni.

Proposizione. Siano f e g due funzioni primitivabili e siano F e G primitive


di f e g; rispettivamente. Allora f + g e primitivabile e F + G ne e una
primitiva; scriveremo brevemente:
Z Z Z
(f + g) = f+ g:

Proposizione. Sia f una funzione primitivabile e sia F una sua primitiva. Sia
2 R arbitrario. Allora f e primitivabile e F ne e una primitiva; scriveremo
brevemente:
Z Z
( f) =f :

Introduciamo ora due metodi spesso usati per determinare le primitive


di alcune funzioni. Il primo e noto come metodo di primitivazione per parti.
Nel seguito, I R sar sempre un intervallo.
Proposizione. Siano F; G : I ! R due funzioni derivabili, e siano f; g le
rispettive derivate. Si ha che f G e primitivabile su I se e solo se F g lo e,
nel qual caso una primitiva di f G e ottenuta sottraendo da F G una
primitiva di F g; scriveremo brevemente:
Z Z
fG=FG Fg:

Dimostrazione. Essendo F e G derivabili, anche F G lo e, e si ha

0
(F G) = f G + F g :
0
Essendo (F G) primitivabile su I con primitiva F G; la tesi segue dalla
propo-sizione precedente.

x
Esempio. Si voglia trovare una primitiva della funzione h(x) = xe : De niamo
x x
le seguenti funzioni: f(x) = e ; G(x) = x; e conseguentemente F (x) = e ;
g(x) = 1: Applicando la formula della proposizione, si ha:
Z Z
x x x x x
e x dx = e x e dx = xe e +c;

dove c indica, come sempre, una costante arbitraria.

98
Come immediata conseguenza della proposizione precedente, nel
caso in cui f e g siano continue, il Teorema Fondamentale ci fornisce la
regola di integrazione per parti:
Zb Zb
f G = F (b)G(b) F (a)G(a) Fg:
a a
x
Esempi. Applicando la formula direttamente alla funzione h(x) = xe dell'e-
sempio precedente, otteniamo
1 1
Z0 Z0
x 1 0 x x 1 1 0
e x dx = e 1 e 0 e dx = e [e ]0 = e (e e )=1:

Notiamo che si puo giungere allo stesso risultato usando il teorema fonda-
x
mentale, avendo gia trovato che una primitiva di h e data da H(x) = xe
x
e :
Z 1
x
e x dx = H(1) H(0) = (e e) (0 1) = 1 :
0
Vediamo ancora un paio di esempi. Sia h(x) = sin 2 x: Con l'ovvia scelta
delle funzioni f e G; troviamo
Z 2 Z cos2 x dx
sin x dx = cos x sin x +
Z (1 sin2 x) dx
= cos x sin x +
Z 2
sin x dx ;
= x cos x sin x

da cui si ricava Z sin2 x dx = 2(x cos x sin x) + c :


1

Consideriamo ora il caso della funzione h(x) = ln x; con x > 0: Per


applicare la formula di primitivazione per parti, scegliamo le funzioni f(x) =
1; G(x) = ln x: In questo modo, si trova
Z Z Z
1
ln x dx = x ln x xx dx = x ln x 1 dx = x ln x x+c:

Il secondo metodo che vogliamo studiare e noto come metodo di


primitiva-zione per sostituzione.
Proposizione. Siano ' : I ! R una funzione derivabile, J R un intervallo
contenente '(I), e f : J ! R, una funzione primitivabile, con primitiva F: Allora
0
la funzione (f ')' e primitivabile su I; e una sua primitiva e data da F ':
Scriveremo brevemente:

Z Z
0
(f ')' = f ':

99
Dimostrazione. Il teorema di derivazione delle funzioni composte assicura
che la funzione F ' e derivabile su I e
0 0 0 0
(F') = (F ')' = (f ')' :
0
Ne segue che (f ')' e primitivabile con primitiva F ':
x
Ad esempio, cerchiamo una primitiva della funzione h(x) = xe 2 : De
2 1 t
nendo '(x) = x ; f(t) = 2 e (e consigliabile usare lettere diverse per indicare
0
le variabili di ' e di f), si ha che h = (f ')' : Essendo una primitiva di f data da
1 t
F (t) = 2 e ; si ha che una primitiva di h e F '; ossia
Z
x 1 x
xe 2 dx = F ('(x)) + c = 2e 2 + c :

Come conseguenza, se f e continua, abbiamo la regola di integrazione


per sostituzione:
'(b)
Z
ab
0 Z f(t) dt :
f('(x))' (x) dx = '(a)

Infatti, se F e una primitiva di f su '(I); per il Teorema Fondamentale, si ha


'(b)
Z
ab
0 Z f:
(f ')' = (F ')(b) (F ')(a) = F ('(b)) F ('(a)) = '(a)

x2
Esempio. Prendendo la funzione h(x) = xe de nita sopra, si ha
Z41 1 e4 1
Z 2
xex2 dx =
0
et dt = [et]4 = :
022 20
Chiaramente, lo stesso risultato si ottiene con il teorema fondamentale,
1 x
una volta noto che una primitiva di h e data da H(x) = 2 e 2 : Infatti, si ha
1 1 e4 1
Z 2
xex2 dx = H(2) H(0) = e4 e0 = :
0222

Nota. La formula di primitivazione per sostituzione si trova spesso scritta


nella forma
Z Z
f('(x))' 0 ;
(x) dx = f(t) dt t='(x)

dove, se F e una primitiva di f; il termine di destra si legge


Z
f(t) dt = F ('(x)) + c ;
t='(x)

con c 2 R arbitraria. Formalmente, si opera il cambiamento di variabile t =


0 dt
'(x); e il simbolo dt viene a rimpiazzare ' (x) dx (la notazione di Leibniz dx
0
= ' (x) puo essere usata come regola mnemonica).
100
ln x
Esempio. Per trovare una primitiva della funzione h(x) = x ; possiamo
scegliere '(x) = ln x; applicare la formula
Z x dx = Z t dtt=ln x ;
ln x

1 2
e trovare cos 2 (ln x) +c (in questo caso, scrivendo t = ln x; si ha che il
1
simbolo dt rimpiazza x dx).
Nel caso in cui la funzione ' : I ! '(I) sia invertibile, si puo anche scrivere
Z f(t) dt = f('(x))'0(x) dx x='
1
(t)
;
Z

con la corrispondente formula per l'integrale:


Z Z ' 1( )
0
f(t) dt = f('(x))' (x) dx :
' 1( )

2
p
Esempi. 1. Volendo trovare una primitiva di f(t) = 1 t ; con t 2 ] 1; 1[ ;
si puo considerare la funzione '(x) = cos x; e si ha:
Zp 2
Z p 1 t2 dt = 1 cos x ( sin x) dx x=arccos t

Z
= sin2 x dx x=arccos t
= 2 (x sin x cos x) x=arccos t + c
1

1
p 2
= (arccos t
t 1 t )+c

2
(ponendo t = cos x; il simbolo dt e rimpiazzato da sin x dx).
2. Se ' : [a; b] ! [ ; ] e una funzione derivabile, strettamente crescente e
1
invertibile, allora, essendo = '(a), = '(b), prendendo f = ' si ha
Z Zb Zb
1 0
' (t) dt = x' (x) dx = b'(b) a'(a) '(x) dx :
a a

Vediamo ora un esempio di funzione integrabile ma non primitivabile. Sia


f : [a; b] ! R de nita da
(
se x = ,
f(x) =
0 altrimenti.

Qui e un punto di [a; b] e e una costante positiva (se < 0 il ragionamento e


analogo). Si vede allora che, presa una suddivisione D di [a; b], con
a = x0 < x1 < x2 < : : : < x n 1 < xn = b ;

101
si ha che
0
` k = infff(x) : x 2 [xk 1; xk]g = 0 ;
per cui
X
n
0 0
S (f; D) = ` k(xk xk 1) = 0 ;
k=1
0 00
e quindi (f) = 0. D'altra parte, ` k = supff(x) : x 2 [x k 1; xk]g e non nulla per
00 Pn 00
uno o al piu due valori di k, per cui la somma S (f; D) = k=1 ` k(xk xk 1) ha
solamente uno o due addendi non nulli: possiamo scrivere
00 00
S
(f; D) = (xk xk 1) ; oppure S (f; D) = (xk xk 1) + (xk+1 xk) ;
2 f1; 2; : : : ; ng. Siccome le lunghezze xk xk 1 e xk+1 xk
per un certo k
00
possono essere prese arbitrariamente piccole, otteniamo che (f) = 0. In
conclusione, abbiamo dimostrato che f e integrabile e
Zb
f =0:
a

Chiaramente questo ragionamento puo essere fatto anche per una


funzione che sia diversa da zero solo su un numero nito di punti.
L'integrale \non vede" questi punti. Naturalmente, se l'insieme di punti
diventa in nito, le cose cambiano.
Vediamo ora un esempio come si tratta una funzione de nita a tratti. Sia
f : [0; 7] ! R avente i seguenti valori:
(
2 se 0 x < 4 ,
f(x) =
5 se 4 x 7 .
R 7 R 4 R 7
Useremo la formula 0 f= 0 f+ 4 f. Notiamo che f e costante su [4;
R 7
7], per cui f = 5(7 4) = 15: D'altra parte, sull'intervallo [0; 4] abbiamo
4
che f e \quasi costante", nel senso che di erisce dalla costante 2 su un
unico punto; in altri termini, (

0 se x 2 [0; 4[ ,
f(x) 2=
3 se x = 4 .
R 4 R 4 R 4 R 7
Allora 0 f= 0 (f 2)+ 0 2 = 0+2(4 0) = 8. Pertanto, 0 f = 15+8 = 23.
Si potra procedere in modo analogo qualora una funzione sia de nita a
tratti su un intervallo [a; b]: se ad esempio f 1 : [a; c] ! R e f2 : [c; b] ! R sono
due funzioni continue, con a < c < b, e f : [a; b] ! R e de nita da
( (
f(x) = f2(x) se c x b, oppure f(x) = f2(x) se c < x b ,

f1(x) se a x < c , f1(x) se a x c ,


R b
c f2 .
R b R c
possiamo scrivere a f= a f1 +

102

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