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iii
iv PREFAZIONE
Prefazione iii
1 Il principio di relatività 1
1.1 Propagazione delle interazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Intervallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Tempo proprio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.4 Trasformazioni di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.5 Calcolo tensoriale. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.5.1 Vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.5.2 Tensori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
1.6 Tensori nello spazio-tempo di Minkowski . . . . . . . . . . . . 24
1.7 Quadrivelocità e quadriaccelerazione . . . . . . . . . . . . . . 29
2 Meccanica relativistica 33
2.1 Principio di minima azione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.2 Energia ed impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.3 Cinematica dei decadimenti e degli urti . . . . . . . . . . . . 40
2.3.1 Decadimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.3.2 Urti tra particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.4 Particelle in meccanica relativistica . . . . . . . . . . . . . . . 50
4 Campo elettromagnetico 75
4.1 L’azione per il campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
4.2 Quadricorrente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
v
vi INDICE
5 Onde elettromagnetiche 91
5.1 Equazione d’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
5.2 Soluzione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
5.3 Tensore energia-impulso di un’onda piana . . . . . . . . . . . 96
5.4 Effetto Doppler . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
5.5 Soluzioni particolari dell’equazione d’onda . . . . . . . . . . . 100
Appendice 179
.1 L’operatore vettoriale ”nabla” . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
.2 Moto di una carica in un’onda piana . . . . . . . . . . . . . . 180
viii INDICE
Elenco delle figure
ix
x ELENCO DELLE FIGURE
Capitolo 1
Il principio di relatività
1
2 CAPITOLO 1. IL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ
d2 ra X
ma = Fab (|rab |), (1.1)
dt2 b
y y0
6 6
P
*
r’
r
O 0 - x0
O
x
-
=
=
z z0
1.2 Intervallo
Useremo frequentemente nel seguito il concetto di evento definito da tre
coordinate spaziali e da un istante di tempo. Nello spazio a quattro dimen-
sioni, in cui tre assi si riferiscono alle coordinate spaziali e un asse al tempo,
un evento è rappresentato da un punto che chiameremo punto d’universo.
1
Sappiamo infatti che tale limite non è fisicamente corretto ma può essere un’ottima
approssimazione per le velocità con cui abbiamo a che fare tutti i giorni.
1.2. INTERVALLO 5
y y0
6 6
B A C
O0
* -
- - x0
O
x
=
=
z z0
I due eventi possono essere osservati anche nel sistema K 0 dove la velocità
della luce è sempre c e dove l’equazione (1.6) diventa
con la stessa notazione usata sopra per ∆t, ∆x, ∆y, ∆z. Dall’invarianza
della velocità della luce deduciamo che, se l’intervallo fra due eventi è nullo
in un sistema di riferimento, lo sarà anche in qualsiasi altro sistema.
rappresenta anche il quadrato della distanza fra due punti dello spazio-tempo
quadridimensionale, (x, y, z, ct) e (x + dx, y + dy, z + dz, ct + cdt), e definisce
ciò che si chiama una metrica in questo spazio. Nello spazio Euclideo la
metrica è la somma dei quadrati dei differenziali delle coordinate, nello
spazio-tempo della teoria della relatività i quadrati dei differenziali delle
quattro coordinate compaiono nella metrica con segni diversi e la geometria
di questo spazio, introdotta da H. Minkowski, presenta differenze sostanziali
da quella Euclidea. Il quadrato della distanza fra due punti può essere
positiva, negativa o nulla a differenza dello spazio Euclideo dove la distanza
fra due punti non è mai negativa 2 . Chiameremo pseudo-Euclidea, o di
Minkowski, la metrica (1.9) e spazio di Minkowski lo spazio corrispondente.
Mostreremo ora che l’intervallo fra due eventi è lo stesso in tutti i sistemi
di riferimento inerziali e quindi è invariante rispetto alle trasformazioni di
un sistema di riferimento inerziale in qualsiasi altro sistema inerziale. Per
la propagazione di un segnale luminoso, come abbiamo visto, si ha ds = 0
in K e ds0 = 0 anche in un altro sistema K 0 . Ciò implica che ds2 e ds02 ,
dovendo annullarsi contemporaneamente se i due eventi infinitamente vicini
si riferiscono ad un raggio di luce, devono essere proporzionali
ds2 = a ds02 .
e anche
ds21 = a(V12 ) ds22
dove V12 = |V2 − V1 | = [V22 + V12 − 2V1 V2 cos θ]1/2 è il modulo della velocità
relativa di K2 rispetto a K1 e θ è l’angolo fra i vettori V1 e V2 . Da queste
tre relazioni si ottiene
a(V2 )
= a(V12 ). (1.10)
a(V1 )
ds2 = ds02
Abbiamo visto che l’intervallo fra due eventi che si riferiscono alla propa-
gazione di un raggio di luce è nullo in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Diremo che questo intervallo è di genere luce e cerchiamo di classificare i
possibili intervalli in base a loro proprietà assolute, indipendenti cioè dal
sistema di riferimento. Ritorniamo allora all’espressione (1.8) dell’intervallo
in K che riscriviamo nella forma
ct
b 6 d
@ futuro assoluto
@
@
@
@
lontananza @@ lontananza
-
assoluta O@ ass. x
@
@
@
@
@
passato assoluto @
@
c a
Figura 1.3: Relazione fra l’evento O e gli altri punti d’universo. Cono di
luce.
O
x
-
=
z
ovvero
s
ds 1q 2 2 dx2 + dy 2 + dz 2
dt0 = = c dt − dx2 − dy 2 − dz 2 = dt 1 − .
c c c2 dt2
Sappiamo che
dx2 + dy 2 + dz 2
= v2,
dt2
dove v è la velocità istantanea dell’orologio mobile rispetto a K, e quindi
s
ds v2
dt0 = = dt 1 − 2 . (1.13)
c c
Ad un intervallo finito di tempo in K, ∆t = t2 − t1 , corrisponde in K 0
l’integrale s
Z t2
v2
∆t0 = t0 2 − t0 1 = dt 1 − 2 (1.14)
t1 c
1.3. TEMPO PROPRIO 11
1
Z t0 2 Z t2 q
∆t0 = ds = dt 1 − v 2 /c2 (1.15)
c t0 1 t1
µ− → e− ν̄e νµ .
Consideriamo ora gli orologi di due gemelli, uno di essi vive in un sis-
tema di riferimento inerziale mentre l’altro viaggia per molti anni nel cosmo
a bordo di una veloce astronave. Quando si incontrano di nuovo il gemello
esploratore sarà più giovane, il suo orologio sarà in ritardo rispetto a quello
rimasto nel sistema di riferimento inerziale. Questo risultato, che si può
derivare dalla (1.14), coinvolge solo due orologi, uno in K e uno in K 0 , ma
non costituisce un paradosso. Infatti le leggi della natura sono le stesse sola-
mente nei sistemi di riferimento inerziali, l’orologio del gemello esploratore
ha subito certamente delle accelerazioni e i due sistemi di riferimento godono
di proprietà diverse. Il ragionamento per cui anche l’orologio rimasto in un
sistema inerziale dovrebbe ritardare rispetto all’altro non è corretto.
y = y0 e z = z0. (1.18)
δ 2 − λ2 = 1, α2 − γ 2 = 1, γδ = αλ
14 CAPITOLO 1. IL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ
x V λ
= = = tanh Ψ (1.21)
ct c δ
per cui
1 V /c
cosh Ψ = p 2 2
, sinh Ψ = p . (1.22)
1 − V /c 1 − V 2 /c2
Otteniamo cosı̀ le formule di trasformazione di Lorentz
x0 + (V /c)ct0 0 0 ct0 + (V /c)x0
x= p , y = y , z = z , ct = p (1.23)
1 − V 2 /c2 1 − V 2 /c2
V 1
β= , γ=p , (1.24)
c 1 − V 2 /c2
r = r⊥ + rk
si ha
rk = n̂(r · n̂), r⊥ = r − n̂(r · n̂).
16 CAPITOLO 1. IL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ
x0 = ct, x1 = x, x2 = y, x3 = z,
con Λ00 = γ, Λ01 = γβ, Λ10 = γβ, Λ11 = γ, Λ22 = 1, Λ33 = 1 mentre
tutti gli altri elementi Λij , diversi dai precedenti, sono nulli. Ricordiamo che
p
γ = 1/ 1 − β 2 e β = V /c.
x = Λx0 (1.31)
x0 x00
γ γβ 0 0
x1 γβ γ 0 0 x01
= . (1.32)
x2 0 0 1 0 x02
x3 0 0 0 1 x03
∂xi
= Λij ,
∂x0j
è uguale ad uno anche lo Jacobiano della trasformazione, det |∂xi /∂x0j | =
det |∂x0i /∂xj | = 1. Le trasformazioni (1.30), o (1.32), sono lineari perchè i
coefficienti della trasformazione non dipendono dalle coordinate dello spazio-
tempo e questo permette di trovare facilmente le formule che legano le ve-
locità di una particella nei sistemi di riferimento K e K 0 in moto relativo
con velocità V lungo x ≡ x0 . Avremo infatti
3
Λij dx0j
X
dxi = (i = 0, 1, 2, 3) (1.33)
j=0
Adotteremo nel seguito la regola per la quale con ogni indice ripetuto
due volte, in un prodotto di due o più termini, si sottointende la sommatoria
da 0 a 3, ma il segno di somma va omesso. Questo modo di esprimere
una sommatoria su indici ripetuti, detti muti, è molto comodo e semplifica
notevolmente la scrittura delle formule. Per esempio, l’equazione (1.33)
verrebbe scritta nel modo seguente
3
Λij dx0j ⇒ dxi = Λij dx0j ,
X
dxi =
j=0
1.5.1 Vettori
Si dice che un insieme di grandezze A0 , A1 , A2 , A3 rappresenta, nello spazio-
tempo, un vettore controvariante Ai se, per la trasformazione di coordinate
∂xi 0j
Ai = A
∂x0j
Quindi la legge di trasformazione di un vettore controvariante è la stessa di
quella che trasforma i differenziali
∂xi 0j
dxi = dx
∂x0j
3
La somma su j, j = 0, 1, 2, 3, è sottointesa.
20 CAPITOLO 1. IL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ
∂x0i j ∂x0i j
dx0i = dx , A0i = A .
∂xj ∂xj
Si può anche notare che le sole trasformazioni di coordinate che trasformano
un vettore costante in un vettore costante sono le trasformazioni lineari
xi = αji x0j + αi
∂f ∂x0j ∂f
= .
∂xi ∂xi ∂x0j
Si dice che un sistema di quattro funzioni Ai (x0 , . . . , x3 ) costituisce le com-
ponenti di un vettore covariante nello spazio quadridimensionale, rispetto
alle variabili x0 , . . . , x3 , se le componenti A0 i dello stesso vettore, rispetto
alle variabili x0i , sono legate alle Ai dalle relazioni
∂x0r 0
Ai = A r.
∂xi
Si noti che queste formule hanno la stessa forma delle precedenti, ciò ci
dice che le derivate parziali del primo ordine di una funzione, invariante
per trasformazioni di coordinate, costituiscono le componenti di un vettore
covariante. È evidente che esistono anche le formule inverse delle precedenti
∂f ∂xi ∂f ∂xi
= , A0 j = Ai .
∂x0j ∂x0j ∂xi ∂x0j
∂xi 0j ∂x0k 0
ai bi = a b k = a0j b0 j ,
∂x0j ∂xi
1.5. CALCOLO TENSORIALE. GENERALITÀ 21
per la relazione
∂xi ∂x0k
= δjk ,
∂x0j ∂xi
dove δjk , che si chiama anche δ di Kroneker, vale zero se k 6= j e vale uno
se k = j. L’invariante ai ai è chiamato quadrato del quadrivettore ai e può
essere positivo, negativo o nullo. Con la stessa terminologia usata per gli
intervalli, si parlerà allora di quadrivettori di genere tempo (ai ai > 0), di
genere spazio (ai ai < 0) e di genere luce o isotropi (ai ai = 0).
ai Ai , ai Ai ,
1.5.2 Tensori
Date 16 quantità aij , funzioni delle variabili x0 , . . . , x3 , esse costituiscono le
componenti di un tensore covariante di rango due se le aij cambiano, per
una trasformazione delle coordinate, secondo le formule
∂x0r ∂x0s
aij = a0 rs .
∂xi ∂xj
Se si moltiplicano queste formule per dxi δxj , dove dxi e δxj sono due
differenziali delle variabili xi , e si somma, si ottiene facilmente
aij = aji
Se indichiamo con
Aij ...m
rs ...u
Aij ...m
is ...u .
Si dice che questo tensore è stato ottenuto dal tensore dato, per contrazione
o semplificazione. Se abbiamo un tensore misto aij di rango due, si ottiene
per contrazione l’invariante: aii = a0ii . Notiamo una proprità importante
della contrazione completa di due tensori dei quali uno è simmetrico e l’altro
antisimmetrico. Se aij = aji è simmetrico e bij = −bji è antisimmetrico, si
avrà
aij bij = −aji bji = −aij bij = 0
che mostra che aij trasformano secondo le formule (1.39). Infatti, se aij
trasforma come un tensore, allora
∂xi ∂x0s
a0lr a0 rs = δki
∂x0l ∂xk
dove gik sono, in generale, funzioni delle coordinate e possono essere prese
simmetriche rispetto agli indici i e k, gik = gki . Una parte antisimmetrica di
gik non contribuirebbe a ds2 in (1.40), vale infatti la regola che un tensore
di rango due antisimmetrico contratto con un tensore simmetrico dà zero.
∂f 1 ∂f
= , ∇f
∂xi c ∂t
Useremo nel seguito formule in cui compaiono prodotti del tipo eiklm epklm
in cui solo alcuni dei quattro indici sono contratti. Il modo più semplice per
capire come si ottengono risultati del tipo
eiklm epklm = −6δpi (1.45)
è quello di considerare il tensore completamente antisimmetrico di rango due
nello spazio euclideo eab (a, b = 1, 2) con e12 = 1, e21 = −1, e11 = e22 = 0.
Il tensore eab ecd forma un vero tensore di rango quattro in due dimensioni
e perciò deve potersi esprimere tramite il tensore unità bidimensionale δab
(useremo le lettere latine, da a ad h per indicare indici che assumono i
valori 1, 2 e lettere greche, α, β, γ, . . . per indicare indici che assumono i
valori 1, 2, 3). E’ facile vedere che questo prodotto può essere espresso nella
forma
δ
ac δad
eab ecd = = δac δbd − δad δbc
δbc δbd
che ha le stesse proprietà di simmetria e lo stesso valore. Ponendo d = b e
sommando su b si ottiene
2
X
eab ecb = δac .
b=1
In tre dimensioni avremmo ottenuto come risultato della contrazione di due
indici del tensore eαβγ eλµν
3 X
X 3
eαβγ eλβγ = 2δαλ (α, λ = 1, 2, 3). (1.46)
β=1 γ=1
5
Vale la regola generale: ogni tensore completamente antisimmetrico di rango eguale
al numero di dimensioni dello spazio, dove esso è definito, è invariante per rotazioni del
sistema di coordinate in questo spazio.
1.6. TENSORI NELLO SPAZIO-TEMPO DI MINKOWSKI 27
mentre
2
X
ecd eab hac hbd = 2 det(h).
a,b,c,d=1
e
eiklm eprst hip hkr hls hmt = 24 det(h). (1.49)
∂Ai
I Z
i
A dSi = dΩ (1.52)
∂xi
A00 = Λ00 Λ00 A000 + Λ00 Λ01 A001 + Λ01 Λ00 A010 + Λ01 Λ01 A011 =
Se il tensore Aij è simmetrico, Aij = Aji , anche A0kl godrà della stessa proprietà
e avremo, per esempio, dalla (1.53)
e cosı̀ via.
d2 xi dui
wi = = (1.61)
ds2 ds
w2
wi wi = costante = − .
c4
Supponiamo che il moto avvenga lungo l’asse x con velocità ed accelerazione paral-
lele. Nel sistema di riferimento K in cui si osserva la particella in moto con velocità
1.7. QUADRIVELOCITÀ E QUADRIACCELERAZIONE 31
γ2w 2
γ β, 1 + γ 2 β 2
c2
dove la semplificazione è dovuta al fatto che il moto è rettilineo. Calcolando
l’invariante wi wi in K troviamo, notando che d(γv)/dt = γ 3 w,
p γ3w 1 d w
−wi wi = 2 = 2 (γv) = 2
c c dt c
dalla quale si ottiene facilmente
wt
γv = wt ovvero v = q (1.63)
w2 t2
1+ c2
Per wt c queste formule si riducono alle espressioni classiche v ' wt e x ' wt2 /2.
Per t → ∞ la velocità tende al valore costante c.
Meccanica relativistica
δS = S(q 0 ) − S(q) = 0
33
34 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
1
L = mv 2 − U (r)
2
e l’equazione (2.3) fornisce le tre equazioni
mv̇ = −∇U,
e s
v2
L = −mc2 1 − (2.7)
c2
rispettivamente. Queste formule sono applicabili ad ogni corpo costituito da
una gran numero di particelle elementari, m rappresenterà allora la massa
totale e v la velocità del corpo in blocco.
∂L
pα = , (α = 1, 2, 3)
∂vα
e l’energia E dalla
E =p·v−L
ma è preferibile usare la notazione quadridimensionale con la quale affronte-
remo anche il caso della particella interagente con un campo elettromagneti-
co o gravitazionale.
36 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
p
Calcoliamo allora la variazione della (2.6), ricordando che ds = dxi dxi
e che δds = dxi δ(dxi )/ds = dxi d(δxi )/ds = ui d(δdxi ),
Z b Z
δS = −mc δ ds = −mc ui d(δxi ) =
a
b Z b
= − mcui δxi + mc δxi dui , (2.8)
a a
dui
=0 (2.9)
ds
e la quadriaccelerazione di una particella libera è nulla. Le equazioni (2.9)
sono le equazioni del moto di questa particella. Se, invece, fissiamo solo il
punto d’universo a e consideriamo variabile b con le equazioni del moto (2.9)
soddisfatte si ha dalla (2.8)
∂S
pi = − ,
∂xi
è detto quadri-impulso. In generale sono le componenti spaziali controvari-
anti di un quadrivettore che riproducono il corrispondente vettore tridimen-
sionale con il segno corretto (come le componenti spaziali di xi sono colle-
gate a r). Ricordando che p = (∂S/∂x, ∂S/∂y, ∂S/∂z) e che ∂S/∂t = −E,
avremo
E
pi = ,p
c
mentre pi = (E/c, −p). Dalla (2.10) risulta che le componenti del quadri-
impulso di una particella libera sono
pi = mcui (2.11)
pi pi = m2 c2 (2.15)
r2 ϕ̇
mp = J, (2.24)
1 − v 2 /c2
dove J è una costante, e questa soluzione rappresenta la ”legge delle aree” relativi-
stica. Anche l’energia totale si conserva
mc2
p +U =E (2.25)
1 − v 2 /c2
dove E è una costante. E’ ora facile ricavare ϕ̇ dalla (2.24), sostituire le derivate
rispetto al tempo con derivate rispetto a ϕ, per esempio
dr dr
ṙ = = ϕ̇ ,
dt dϕ
e ottenere l’equazione
1 (E − U )U 0 r2
d 1 dr
− + =0
dϕ r2 dϕ r c2 J 2
d2 u
+ u(1 − a) − D = 0 (2.27)
dϕ2
√ √
la cui soluzione è u = D/(1 − a) + C1 exp(−i 1 − a ϕ) + C2 exp(i 1 − a ϕ), ovvero
1 + cos(ηϕ)
u= (2.28)
`
se scegliamo opportunamente le condizioni iniziali. Alcune costanti sono facili da
calcolare: a = µ2 /(c2 J 2 ), D = µE/(c2 J 2 ), η 2 = 1 − a, ` = (1 − a)/D, mentre
trovare la costante è più complesso perchè richiede il calcolo della componente
radiale dell’impulso. La differenza fra la (2.28) e il risultato classico, cioè un’ellisse,
si può capire senza calcolare . Dalla (2.28) i punti absidali dell’orbita (perielio e
40 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
afelio nel caso del moto della terra attorno al sole) sono r = `/(1 + ) e r = `/(1 − )
che si presentano per
2.3.1 Decadimenti
dove E10 e E20 sono le energie dei due frammenti e l’indice 0 indicherà nel
seguito il sistema di riferimento in cui M è in quiete. Poichè E10 > m1 c2
e E20 > m2 c2 , la relazione (2.29) può sussistere solo se M > m1 + m2 . Se
M < m1 +m2 , il corpo di massa M non può decadere spontaneamente, si dice
allora che è stabile e, perchè possa decadere, dovremmo fornirgli un’energia
pari almeno alla sua energia di legame eguale a (m1 + m2 − M )c2 .
p1 , m1
P, M -
@
R
@
p ,m
@ 2 2
@
m21 c4 = E20
2 − m2 c4 . Conviene riscrivere quest’ultima relazione come
2
m21 − m22 2
E10 + E20 = M c2 , E10 − E20 = c
M
con soluzione
M 2 + m21 − m22 M 2 − m21 + m22
E10 = c2 , E20 = c2 (2.32)
2M 2M
2
L’introduzione delle unità di misura in cui c = 1 semplifica di molto le formule.
Nella cinematica degli urti le espressioni che si ottengono possono essere molto lunghe
e complesse, porre eguale ad uno la velocità della luce le rende più leggibili e l’analisi
dimensionale permette facilmente di ritornare alle unità di misura che abbiamo usato
finora. Non porremo c = 1 nel seguito, ma si invita il lettore a fare un confronto fra le due
unità di misura per le formule più importanti. Qualche esempio apparirà negli esercizi.
42 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
da cui
E1
M 2 = m21 + m22 + 2m2 . (2.33)
c2
2.3. CINEMATICA DEI DECADIMENTI E DEGLI URTI 43
con pi1 = (E1 /c, p1 ) e P i = (E/c, P). Quadrando ambo i membri di questa equazione
si trova
m22 c2 = M 2 c2 + m21 c2 − 2Pi pi1
che, ricordando la (2.32), possiamo scrivere nella forma (P = |P|, p1 = |p1 |)
EE1
M E10 + P p1 cos θ =
c2
p
dove θ è l’angolo fra p1 e P. Scrivendo E1 = c p21 + m21 c2 e quadrando questa
espressione si ottiene una equazione di secondo grado in p1 le cui soluzioni sono
1
p1 = (M E10 P cos θ±
E 2 /c2 − P 2 cos2 θ
±[M 2 E10
2
P 2 cos2 θ + (M 2 E10
2
− E 2 m21 )(E 2 /c2 − P 2 cos2 θ)]1/2 (2.36)
Se (M 2 E10
2
−E 2 m21 ) < 0 si avranno due radici possibili, mentre se (M 2 E10
2
−E 2 m21 ) >
0 la (2.36) avrà una sola radice positiva e quindi fisicamente accettabile. Se in-
dichiamo con V la velocità di M , le due possibilità corrispondono a V > v10 e
a V < v10 , rispettivamente. La dimostrazione è facile, basta riconoscere che la
condizione (M 2 E102
− E 2 m21 ) < 0 equivale a
1 1
p
2 /c2
<p
1− v10 1 − V 2 /c2
m21 E 2 − M 2 E10
2
cos2 θmax = 2 2 2
,
m1 p c
ovvero
M p10
sin θmax =
m1 P
che determina l’angolo massimo che l’impulso di uno dei frammenti può formare
con l’impulso della particella che decade, se V > v10 .
E0 + p0 V cos θ0
E= √ (2.38)
1−V2
che è compresa nell’intervallo di valori
E0 − p0 V E0 + p0 V
√ ≤E ≤ √ .
1−V 2 1−V2
che rappresenta, per ciascun tipo di particelle prodotte, il numero di frammenti con
energia compresa fra E e E + dE in un decadimento.
cos θ − V
cos θ0 = .
1 − V cos θ
Avremo allora
1 − V cos θ + V (cos θ − V ) 1−V2
d cos θ0 = 2
d cos θ = d cos θ,
(1 − V cos θ) (1 − V cos θ)2
(1 − V 2 )do
dN = .
4π (1 − V cos θ)2
Vogliamo che m1 , per esempio, possegga l’energia massima possibile. Dalla conser-
vazione del quadri-impulso P i = pi1 + pi2 + pi3 abbiamo che pi2 + pi3 = P i − pi1 . Se
costruiamo l’invariante m223 = (pi2 + pi3 )(p2i + p3i ), nel sistema di riposo di M esso
vale
m223 = (P i − pi1 )(Pi − p1i ) = M 2 + m21 − 2M E1
e l’energia E1 di m1 è massima quando m223 è minimo. Il minimo di m223 si ha, nel
centro di massa di m2 e m3 , per (m223 )min = (m2 + m3 )2 , quadrato dell’energia di
soglia per la produzione delle due particelle. Nel sistema di quiete di M avremo
invece, dalla definizione di quadri-impulso pi = mui ,
m223 = m22 + m23 + 2pi2 p3i = m22 + m23 + 2m2 m3 ui2 u3i
e, se deve essere eguale al valore minimo (m2 + m3 )2 , dovrà essere ui2 u3i = 1, cioè
ui2 = ui3 . Quindi le particelle m2 e m3 devono avere lo stesso vettore velocità e,
muovendosi insieme, ci si riconduce al problema del decadimento in due corpi: m1
e (m2 + m3 ). La soluzione è allora data dalla (2.32)
M 2 + m21 − (m2 + m3 )2
E1max = . (2.39)
2M
p1 , m1 H p3 , m3
HH
j
H
*
HH
j
p2 , m2
*
HH p4 , m4
Figura 2.2: Definizione delle variabili per una reazione a due corpi.
implica che
(p210 c2 + m21 c4 )1/2 + (p210 c2 + m22 c4 )1/2 =
(p230 c2 + m21 c4 )1/2 + (p230 c2 + m22 c4 )1/2 ,
cioè p210 = p220 = p230 = p240 . Quindi E10 = E30 e E20 = E40 come in meccanica
classica.
e, dalla (2.41),
s = m21 c2 + m22 c2 + 2m2 E1lab . (2.48)
L’invariante t determina E4lab , dalla seconda delle eguaglianze (2.42),
L’energia a riposo 4 del mesone π carico è mπ c2 ' 0.14 GeV e, per il protone,
mp c2 ' 0.938 GeV . Se il fascio di pioni ha unq impulso nel laboratorio pari
a pπ lab = 0.7 GeV /c, e un’energia Eπ lab = p2π lab c2 + m2π c4 ' 0.71 GeV ,
√
l’energia nel centro di massa della reazione è c s ' 1.07 GeV e l’impulso di
entrambe le particelle nel c.m. è pπ0 = pp0 ' 0.61 GeV /c.
Problema. Sia γ l’angolo, nel laboratorio, compreso fra gli impulsi delle
particelle finali in un urto elastico di due particelle di egual massa, m1 =
m2 = m. Determinare il valore minimo di γ, γmin . Si ponga c = 1 nella
soluzione di questo problema.
Soluzione
Usando l’equazione (2.48) e la definizione di s, come quadrato della somma dei
quadri-impulsi delle particelle finali, si trova
da cui
E3 E4 − mE1
cos γ = . (2.52)
p3 p4
Per trovare il massimo di cos γ, deriviamo la (2.52) rispetto ad E3 notando che,
dalla conservazione dell’energia E1 + m = E3 + E4 , si ha dE4 /dE3 = −1 (l’energia
E1 si intende fissata), mentre da E 2 = p2 + m2 si ha in generale EdE = p dp e
dp/dE = E/p. Quindi dp3 /dE3 = E3 /p3 e
E3 = E4
è una soluzione che implica p3 = p4 essendo tutte le masse eguali. Le altre soluzioni,
p3 = 0 oppure p4 = 0, non sono accettabili. Sostituendo nella (2.52) la soluzione
4
Nelle tavole delle proprietà delle particelle, dove si pone generalmente c = 1, questa
viene indicata come la massa della particella e espressa in M eV o GeV , unità appropriata
all’energia.
50 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
Supponiamo che
xia = xia (s) i = 0, 1, 2, 3 (2.55)
sia l’equazione parametrica della linea d’universo descritta dalla particella
a. Il parametro s, pari al prodotto del tempo proprio per la velocità della
luce, definisce la distanza percorsa dalla particella sulla sua traiettoria a
partire da un punto dato. Se poniamo i = 0 nella (2.55), dalla x0a = x0a (s)
otteniamo il tempo proprio
s
s v2
Z
= 1− dt
c c2
dove g(x) è una funzione ad un solo valore e bi sono le radici semplici del-
l’equazione g(x) = 0. Possiamo definire anche una distribuzione δ tridimen-
sionale, per esempio δ(r) = δ(x)δ(y)δ(z), tale che integrandola su tutto lo
spazio con una funzione f (r) dia
Z
f (r)δ(r)dV = f (0).
52 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
1 dxi
I
µ dSi = 0.
c dt
x0
6
' - $
& %
V
∂µ
+ ∇ · (µv) = 0. (2.63)
∂t
L’equazione (2.63) è ”l’equazione di conservazione della massa”, o equazione
di continuità, una delle equazioni fondamentali della meccanica dei fluidi.
In relatività essa vale solo in assenza di interazione fra le particelle.
54 CAPITOLO 2. MECCANICA RELATIVISTICA
Carica in un campo
elettromagnetico
55
56 CAPITOLO 3. CARICA IN UN CAMPO ELETTROMAGNETICO
di una costante arbitraria che viene scelta solitamente in modo tale che ϕ
sia nullo all’infinito.
∇ × (B × r) = B(∇ · r) − (B · ∇)r = 2B
e
Z b
Sint. = − Ai dxi (3.4)
c a
dove le funzioni Ai sono calcolate nel punto d’universo occupato dalla par-
ticella nel suo moto. L’integrale è esteso alla linea d’universo compresa fra
i due eventi dati a e b.
e, per trovare l’equazione del moto, dobbiamo imporre che δxi si annulli
nei punti d’universo a e b. Integrando per parti i primi due termini nella
variazione della funzione integranda
!
dxi e e
− mc dδxi + Ai dδxi + δAi dxi
ds c c
dui e
mc = Fik uk , (3.11)
ds c
che possiamo riscrivere nella forma
dui e dpi e
mc = F ik uk , ovvero = F ik uk . (3.12)
ds c ds c
Le (3.11), o le (3.12), sono le equazioni del moto di una carica in forma
quadridimensionale. E’ facile vedere che, delle quattro equazioni (3.12) per
i = 0, 1, 2, 3, solo tre sono indipendenti. E’ sufficiente moltiplicare ambo i
3.2. EQUAZIONI DEL MOTO 59
e
δS = − mcui + Ai δxi
c
da cui
∂S e e
− = mcui + Ai = pi + Ai . (3.13)
∂xi c c
Il quadrivettore −∂S/∂xi è l’impulso generalizzato della particella, Pi , e
dalla (3.13)
Etot E + eϕ e
i
P = ,P = ,p + A (3.14)
c c c
dove abbiamo lasciato la notazione E/c e p per le componenti del quadri-
impulso della particella libera e abbiamo introdotto il simbolo Etot per l’en-
ergia totale della particella nel campo. L’Hamiltoniana della particella nel
campo elettromagnetico è allora
mc2
H= p + eϕ
1 − v 2 /c2
e quindi q
H= m2 c4 + c2 (P − eA/c)2 + eϕ. (3.15)
otteniamo
dp ∂A e
= −e + ∇ϕ + v × (∇ × A). (3.18)
dt c∂t c
La componente temporale dell’equazione (3.11)
dp0 e
= F0α uα
ds c
dà la variazione dell’energia E con il tempo
dE 1 ∂A
= −e + ∇ϕ · v. (3.19)
dt c ∂t
Il secondo membro della (3.18) rappresenta la forza agente sulla particella
in un campo elettromagnetico ed è composta di due parti. La prima non
dipende dalla velocità della particella e, riferita ad una carica unitaria, è
chiamata vettore campo elettrico E
1 ∂A
E=− − ∇ϕ. (3.20)
c ∂t
La seconda parte (l’ultimo termine nella (3.18)) dipende dalla velocità e il
fattore di ev/c è detto vettore campo magnetico B
B = ∇ × A. (3.21)
3.3. INVARIANZA DI GAUGE 61
∂A0 k ∂A0 i
F 0 ik = − =
∂xi ∂xk
∂2f ∂2f
= Fik − + = Fik .
∂xi ∂xk ∂xk ∂xi
Anche l’azione (3.4) cambia, per la sostituzione (3.25), ma il nuovo termine
che si aggiunge
e ∂f e
k
dx = d f
c ∂xk c
è un differenziale totale che non influisce sulle equazioni del moto perchè,
una volta integrato, ha variazione nulla agli estremi dell’intervallo di inte-
grazione.
dp
= eE
dt
che ha come soluzione
p(t) = eEt + p(0), (3.26)
dove p(0) è l’impulso iniziale, per t = 0. L’energia della carica, senza
l’energia potenziale eϕ della carica nel campo, diventa funzione del tempo
q q
E(t) = c m2 c2 + p2 = c m2 c2 + [eEt + p(0)]2 (3.27)
p(t)
Z
2
r(t) = c dt + r0 , (3.29)
E(t)
dui e i k
= F ku . (3.30)
dτ mc
Le equazioni (3.30) permettono di risolvere facilmente qualsiasi problema
relativo al moto di una carica in un campo elettromagnetico uniforme e
costante in termini del tempo proprio (il tempo misurato da un orologio
3
Se poniamo a = e2 E2 , b = 2e[E · p(0)] e d = p(0)2 + m2 c2 , gli integrali che risolvono
completamente il problema sono
Z √ Z
t dt at2 + bt + d b dt
√ = − √ ,
at2 + bt + d a 2a at2 + bt + d
e Z
dt 1 2at + b
√ = √ sinh−1 √
2
at + bt + d a 4ad − b2
dove sinh−1 è l’arcoseno iperbolico.
64 CAPITOLO 3. CARICA IN UN CAMPO ELETTROMAGNETICO
du0 e
= Eu1
dτ mc
du1 e
= Eu0
dτ mc
Definiamo allora le nuove incognite u± = u0 ± u1 e, facendo la somma e la
differenza delle due precedenti equazioni, otteniamo il nuovo sistema
du± e
=± E u± (3.31)
dτ mc
le cui soluzioni conterranno due costanti arbitrarie C± ,
u± = C± exp(±eEτ /(mc))
E0 eEτ
t = sinh
ceE mc
E0 eEτ
x = cosh
eE mc
p0 τ p0 c −1 ceEt
y = = sinh .
m eE E0
E0 eEy
x= cosh . (3.34)
eE cp0
du1 eB 2
= u
dτ mc
du2 eB 1
= − u ,
dτ mc
66 CAPITOLO 3. CARICA IN UN CAMPO ELETTROMAGNETICO
du eB
= −i u (3.35)
dτ mc
e, sottraendole, si ottiene l’equazione complessa coniugata. Le soluzioni
saranno allora
eBτ
u = Ae−i mc (3.36)
e la sua complessa coniugata, u∗ . La costante A è determinata dalle con-
dizioni iniziali per la velocità nel piano x − y
p2⊥
uu∗ = |A|2 = (u1 )2 + (u2 )2 = ,
m2 c2
dove p⊥ è la componente dell’impulso nel piano perpendicolare a B. La
costante A è complessa e avrà anche una fase, α. Le soluzioni si ottengono
prendendo la parte reale ed immaginaria di u e possono essere facilmente
integrate dando
p⊥ eBτ
1
u = cos +α ,
mc mc
p⊥ eBτ
u2 = − sin +α ,
mc mc
cp⊥ eBτ
x = sin + α + x0 ,
eB mc
cp⊥ eBτ
y = cos + α + y0 .
eB mc
du0
= kEu3 ,
dτ
du1
= kBu2 ,
dτ
du2
= −kBu1 ,
dτ
du3
= kEu0 ,
dτ
e la loro soluzione si riconduce ai casi precedenti se consideriamo queste equazioni
a coppie. Troviamo facilmente
u0 ± u3 = A± e±kEτ ,
E0 p0z
A+ = + ,
mc2 mc
E0 p0z
A− = − ,
mc2 mc
da cui possiamo ricavare l’energia al tempo proprio τ e l’impulso lungo z
du0
= kEu2 ,
dτ
du1
= kEu2 ,
dτ
du2
= kE(u0 − u1 ),
dτ
du3
= 0.
dτ
E0 px (0)
u0 − u1 = − ≡ α. (3.37)
mc2 mc
Usando l’equazione (3.37) è facile risolvere la terza equazione,
py (0)
u2 = kEατ +
mc
e, conoscendo u2 , ottenere la soluzione completa per gli integrali primi
py (0)kE k2 E 2 α 2 E0
u0 = τ+ τ + ,
mc 2 mc2
py (0)kE k2 E 2 α 2 px (0)
u1 = τ+ τ + ,
mc 2 mc
pz (0)
u3 = .
mc
Notiamo che la velocità del moto cresce più rapidamente nella direzione perpendi-
colare ad E ed B (asse delle x).
Per completezza diamo anche il risultato per la legge oraria del moto della carica
E0 py (0)kE 2 k 2 E 2 α 3
t = τ + τ + τ ,
mc2 2mc 6
2 2
px (0) py (0)kE 2 ck E α 3
x = τ+ τ + τ + x(0),
m 2m 6
py (0) ckEα 2
y = τ+ τ + y(0),
m 2
pz (0)
z = τ + z(0).
m
Come nei casi precedenti, volendo esprimere la variazione delle coordinate tramite il
tempo coordinato t, bisogna risolvere la prima delle equazioni sopra nella variabile
τ e sostituirla nelle equazioni per x, y, z.
3.5. TRASFORMAZIONI DI LORENTZ PER IL CAMPO 69
V/c E×B
2
= 2 . (3.43)
1+β E + B2
Nello studio del moto di una carica è allora necessario considerare con-
temporaneamente i due campi, campo elettrico e campo magnetico, sola-
mente se essi sono ortogonali e di pari intensità oppure se possono essere
resi paralleli. In tutti gli altri casi si può sempre trovare un sistema di
riferimento in cui uno dei due campi si annulla. Trova cosı̀ una giustifi-
cazione l’esposizione che abbiamo fatto del moto di una carica e la scelta dei
problemi allora proposti.
eR0
E0 = .
R03
3.5. TRASFORMAZIONI DI LORENTZ PER IL CAMPO 71
ex0 ey 0 ez 0
Ex = E 0 x = 03
, Ey = γE 0 y = γ 03 , Ez = γ 03 . (3.44)
R R R
Resta ora da esprimere R0 mediante le coordinate nel sistema K
x0 = γ(x − V t), y 0 = y, z 0 = z
da cui 1/2
y2 + z2
0 2
R = γ (x − V t) + ≡ γR∗ ,
γ2
avendo definito R∗ = [(x − V t)2 + (y 2 + z 2 )/γ 2 ]1/2 . Le componenti del campo E
diventano allora
e(x − V t) ey ez
Ex = 2 ∗3
, Ey = 2 ∗3 , Ez = 2 ∗3
γ R γ R γ R
che possiamo riscrivere nella forma compatta
V 2 eR
E= 1− 2 , (3.45)
c R∗3
V2 V2
∗2 2 2 2 2 2
R = (x − V t) + 1 − 2 (y + z ) = R 1 − 2 sin ϑ .
c c
Per il campo E abbiamo allora
eR 1 − V 2 /c2
E= 3
(3.46)
R 1 − V 2 sin2 ϑ3/2
c2
Per velocità V vicine a quella della luce, il denominatore della (3.46) è piccolo, in uno
stretto intervallo di valori di ϑ attorno al valore ϑ = π/2. Poichè sin2 (π/2 + ∆ϑ) =
cos2 ∆ϑ ∼ 1 − (∆ϑ)2 + . . . e, per V /c ∼ 1,
V2 2 V2
1− sin ϑ ' 1 − + (∆ϑ)2 ,
c2 c2
la larghezza di questo intervallo è dell’ordine di
r
V2
∆ϑ ∼ 1 − 2
c
72 CAPITOLO 3. CARICA IN UN CAMPO ELETTROMAGNETICO
1
B= V×E
c
perpendicolare in ogni punto al campo elettrico.
e lo pseudoscalare
eiklm Fik Flm = invariante. (3.48)
= 2F0α F 0α + Fαβ F αβ .
Dalle tabelle (3.24) troviamo facilmente che F0α F 0α = −2E 2 mentre, ricor-
dando che Fαβ = − γ eαβγ Bγ , si avrà
P
! !
X X X
αβ
Fαβ F = − eαβγ Bγ − eαβδ Bδ =
α, β γ δ
X
=2 Bγ2 = 2B 2
γ
Il calcolo del secondo invariante è reso più semplice dal fatto che il ten-
sore completamente antisimmetrico di rango quattro deve avere, per essere
diverso da zero, un indice 0, temporale, e tre indici spaziali. Tenendo conto
dell’antisimmetria di Fik troviamo
E · B = invariante. (3.50)
B 02 − E 02 = B 2 − E 2 e E0 · B0 = E · B
potranno essere utilmente usate per determinare i campi nel nuovo sistema
di riferimento. L’unico caso in cui non possiamo modificare in alcun modo
i campi si presenta quando entrambi gli invarianti sono nulli. In tal caso E
e B sono di modulo eguale e perpendicolari tra di loro in tutti i sistemi di
riferimento.
Fik F̃ ik = invariante
75
76 CAPITOLO 4. CAMPO ELETTROMAGNETICO
∂ F̃ ik
= 0. (4.4)
∂xk
4.2 Quadricorrente
La seconda coppia delle equazioni di Maxwell, in forma differenziale, lega
le derivate dei campi alla densità di carica e alla densità di corrente. Ciò
significa che la carica che compare in Sint , data nella (4.6), deve essere
espressa mediante la densità di carica ρ definita dalla proprietà che ρdV è la
carica localizzata nel volume dV . In meccanica relativistica, abbiamo risolto
il problema della ”densità di massa” per particelle puntiformi. La densità
di carica di un sistema di cariche puntiformi può essere definita, in analogia
con la (2.59), come X
ρ= ea δ(r − ra ) (4.7)
a
4.2. QUADRICORRENTE 79
dxi
ji = ρ . (4.8)
dt
Indicando con v la velocità della carica nel punto dato e con j = ρv la
densità tridimensionale di corrente, si ha
1 1 dxi
Z Z
i
Sint = − ρAi dx dV = − ρ Ai dV dt
c c dt
dove la sommatoria su tutte le cariche è stata sostituita da un integrale esteso
a tutto il volume. Dalla (4.8) e ricordando che cdV dt = dΩ, otteniamo Sint
come
1
Z
Sint = − 2 Ai j i dΩ (4.10)
c
che ha lo stesso dominio di integrazione della (4.5) per Sem .
dove Λ, densità Lagrangiana, dipende solo dai potenziali e dalle loro derivate
prime: Λ = Λ(Ai , ∂Ai /∂xk ). Per una trasformazione infinitesima dei poten-
ziali, δAi , la variazione dell’azione sarà
1 ∂Λ ∂Λ ∂Ai
Z
δS = dΩ δAi + k
δ
c ∂Ai ∂(∂Ai /∂x ) ∂xk
1 ∂Λ ∂ ∂Λ
Z
δS = dΩ − δAi (4.15)
c ∂Ai ∂xk ∂(∂Ai /∂xk )
∂Λ ∂ ∂Λ
− k =0 (4.16)
∂Ai ∂x ∂(∂Ai /∂xk )
1 1 i 1 ik
Z
δS = − j δAi + F δFik dΩ = 0
c c 8π
∂Ak ∂Ai
Fik = i
− k
∂x ∂x
e notando che
∂ ∂ ∂
F ik δFik = F ik i
δAk − F ik k δAi = −2F ik k δAi
∂x ∂x ∂x
otteniamo
1 1 i 1 ik ∂
Z
δS = − j δAi − F δAi dΩ = 0
c c 4π ∂xk
82 CAPITOLO 4. CAMPO ELETTROMAGNETICO
∂F ik 4π
k
= − ji. (4.17)
∂x c
Se consideriamo l’equazione (4.17) per i = 0, si ha (F 0α = −Eα , j 0 = ρc)
∇ · E = 4πρ, (4.18)
∂F α0 ∂F αβ 4π
0
+ β
= − jα
∂x ∂x c
cioè
1 ∂E 4π
∇×B= + j (4.19)
c ∂t c
ricordando che F αβ = − γ eαβγ Bγ . Riconosciamo nella (4.19) l’equazione
P
∂F ik 4π ∂ F̃ ik
k
= − ji, = 0. (4.20)
∂x c ∂xk
Prendendo la divergenza della (4.17) ritroviamo l’equazione di continuità
∂ 2 F ik 4π ∂j i
= − =0
∂xi ∂xk c ∂xi
perchè, a primo membro, compare un tensore antisimmetrico F ik contratto
con il tensore simmetrico della derivata seconda.
E2 + B2
W = (4.21)
8π
4.4. TENSORE ENERGIA-IMPULSO 83
e il vettore di Poynting S
c
E × B.S= (4.22)
4π
Quanto segue vale in generale per un campo qualsiasi.
R
Partiamo dall’equazione (4.14), S = (1/c) ΛdΩ, con le ipotesi ivi spe-
cificate, e consideriamo una traslazione infinitesima dello spazio-tempo
xi ⇒ xi + i , (4.23)
∂φ i
δφ = φ(x + ) − φ(x) =
∂xi
e
∂φ ∂2φ i
δ = .
∂xk ∂xk ∂xi
Anche la Lagrangiana cambierà per effetto della traslazione ma, dipenden-
do dal punto d’universo solo tramite il campo e il suo gradiente, dovremo
scrivere
i ∂Λ ∂Λ ∂Λ ∂φ
δΛ = = δφ + δ ,
∂xi ∂φ ∂(∂φ/∂xk ) ∂xk
e, usando le variazioni appena calcolate per il campo,
" #
∂Λ i ∂Λ ∂φ ∂Λ ∂2φ
= + i .
∂xi ∂φ ∂xi ∂(∂φ/∂xk ) ∂xk ∂xi
Questa equazione vale per qualsiasi i e, per le equazioni del moto (4.16),
possiamo riscriverla nella forma
∂Λ ∂ ∂Λ ∂φ ∂Λ ∂ ∂φ
δik k
= + =
∂x ∂xk ∂(∂φ/∂xk ) ∂xi ∂(∂φ/∂x ) ∂xk
k ∂xi
∂ ∂Λ ∂φ
= .
∂xk ∂(∂φ/∂xk ) ∂xi
Ponendo
∂φ ∂Λ
Tik = − δik Λ, (4.24)
∂x ∂(∂φ/∂xk )
i
84 CAPITOLO 4. CAMPO ELETTROMAGNETICO
1 ∂T 00 ∂T 0α
+ = 0. (4.28)
c ∂t ∂xα
2
Integrando sull’iperpiano x0 =costante, si ottiene
Z
P 0 = costante T 00 dV.
4.4. TENSORE ENERGIA-IMPULSO 85
1 ∂T α0 ∂T αβ
+ =0
c ∂t ∂xβ
per capire il significato delle componenti T αβ . Procedendo come nel caso
precedente, si ottiene
∂ 1 α0
Z I
T dV = − T αβ dfβ , (4.30)
∂t c
Le componenti T αβ , che formano il tensore degli sforzi indicato anche con
σαβ 4 , costituiscono il tensore tridimensionale della densità di flusso di im-
pulso. Per esempio, T 21 determina l’impulso lungo y che passa, nell’unità
di tempo, attraverso l’unità di superficie perpendicolare all’asse x.
ma, per particelle non interagenti fra loro, vale la conservazione della massa
(2.62) e
∂Tik dui
= µc . (4.32)
∂xk dt
Allora
1 ∂Al kl 1 k
Tik = − F + δ Fjm F jm
4π ∂x i 16π i
ovvero, per le componenti controvarianti,
1 ∂Al k 1 ik
T ik = − F l+ g Fjm F jm . (4.34)
4π ∂xi 16π
Questo tensore non è simmetrico e non è neppure invariante di gauge. Per
una trasformazione di gauge, Al ⇒ Al − ∂f /∂xl ,
1 ∂2f
T ik ⇒ T ik + F kl
4π ∂xl ∂xi
e ciò è spiacevole perchè il tensore energia-impulso è, in linea di princi-
pio, misurabile. La correzione introdotta dalla trasformazione di gauge
suggerisce la scelta ∂f /∂xi = Ai e di aggiungere la correzione stessa a T ik
1 1
ik
T = −F il F k l + g ik Fjm F jm (4.35)
4π 4
Tii = 0. (4.36)
T ik = Aui uk + Bg ik ,
T 00 = A + B = ε, T αα = −B = p
da cui segue
T ik = (p + ε)ui uk − pg ik . (4.40)
Dalla (4.40) discende che
ε + pv 2 /c2 (p + ε)v
T 00 = W = , S= ,
1 − v 2 /c2 1 − v 2 /c2
mentre
(p + ε)vα vβ
σαβ = + pδαβ .
c2 (1 − v 2 /c2 )
La traccia del tensore (4.40) è
Tii = ε − 3p
Onde elettromagnetiche
∂F ik
= 0,
∂xk
∂Ak ∂Ai
F ik = − ,
∂xi ∂xk
otteniamo
∂ 2 Ak ∂ 2 Ai
− = 0. (5.1)
∂xi ∂xk ∂xk ∂xk
Imponiamo ai potenziali la condizione supplementare
∂Ak
=0 (5.2)
∂xk
(questa condizione è detta condizione di Lorentz e i potenziali, che soddis-
fano questa condizione, sono detti potenziali nella gauge di Lorentz). Di
1
R ρ
Per un campo costante, il potenziale φ = R
dV e la media nel tempo del potenziale
1
R j
vettore Ā = c R
dV si annullano identicamente per ρ = 0, j = 0.
91
92 CAPITOLO 5. ONDE ELETTROMAGNETICHE
∂ 2 Ai 2 i
kl ∂ A
= g = 0. (5.3)
∂xk ∂xk ∂xk ∂xl
∂2 1 ∂2
2=− = 4 − ,
∂xi ∂xi c2 ∂t2
2Ai = 0. (5.4)
dove con f si intende una qualsiasi componente dei potenziali o dei vettori
E e B. La soluzione generale di questa equazione è ben nota
cioè risulta dalla sovrapposizione di due onde che si propagano lungo l’asse
x in versi opposti con velocità c. Le onde di questo tipo si chiamano onde
piane, il loro fronte d’onda è un piano perpendicolare all’asse x.
ω2
4f + f =0
c2
2
In alcuni testi l’operatore di D’Alembert 2 è definito con il segno opposto.
5.2. SOLUZIONE GENERALE 93
essendo d2 f /dt2 = −ω 2 f .
Vediamo, dalla (5.10), che f i (k) è nulla ovunque eccetto i punti dove si an-
nulla k 2 (ipercono nello spazio quadridimensionale), quindi si annulla quasi
ovunque. Vediamo perciò che non si tratta di una funzione continua ma di
una distribuzione (o funzione generalizzata). Se poniamo
ki f i (k) = 0,
cioè
ki g i (k) = 0, (5.12)
e questo completa la soluzione delle due condizioni. Il quadripotenziale, ma
questo vale anche per il campo elettrico e magnetico, può essere pensato
come una sovrapposizione di infinite onde elementari
l
g i (k)e−ikl x (k 2 = 0, ki g i = 0), (5.13)
e, per le (5.13),
ki F ij = 0. (5.17)
Dalla relazione
l l
F j l F il = −e−2ikl x (k j gl − kl g j )(k i g l − k l g i ) = −k i k j (gl g l )e−2ikl x ,
96 CAPITOLO 5. ONDE ELETTROMAGNETICHE
e, quindi,
k l
n̂ × E = × E = ik × ge−ikl x
k0
Queste onde elementari sono polarizzate trasversalmente e i campi elettrico
e magnetico, nello stesso punto di universo, sono tra di loro ortogonali ed
eguali in modulo.
1 i j l
T ij = k k (gl g l )e−2ikl x . (5.20)
4π
Essendo
1 0 2 l
T 00 = W = (k ) (gl g l )e−2ikl x ,
4π
con k 0 = ω/c, si può riscrivere l’equazione (5.20) nella forma
c2 W i j
T ij = kk
ω2
ed ottenere il vettore di Poynting
c3 W 0 α
Sα = cT 0α = k k ,
ω2
cioè
S = cW n̂, (5.21)
5.3. TENSORE ENERGIA-IMPULSO DI UN’ONDA PIANA 97
∇·A=0 (5.23)
∂Ak 1 ∂φ
k
= +∇·A=0
∂x c ∂t
risulta vera in qualsiasi sistema di riferimento inerziale. La condizione (5.22)
permette di scrivere il campo elettrico in termini del solo potenziale vettore:
E = −∂A/(c ∂t). Notiamo che quest’ultima relazione non vale in presenza
di cariche perchè, in tal caso, φ non può essere nullo.
Il flusso di impulso del campo è dato dal tensore degli sforzi di Maxwell
σαβ
c2 W α β
σαβ = T αβ = k k . (5.24)
ω2
Scegliendo per direzione di propagazione dell’onda l’asse delle x, troviamo
che l’unica componente non nulla di σαβ è
σxx = W.
Come era logico aspettarsi, il flusso di impulso è diretto nel senso della
propagazione dell’onda e la sua grandezza è uguale alla densità di energia.
La legge di trasformazione delle componenti del tensore energia-impulso è
quella di un tensore simmetrico di rango due.
in rif
dove N è il versore della normale alla superficie della parete e σαβ , σαβ sono le
componenti dei tensori energia-impulso delle onde incidente e riflessa. Indichiamo
con n̂ il versore diretto nel senso di propagazione dell’onda incidente e, con n̂0 , il
versore dell’onda riflessa. Dall’equazione (5.24) si può scrivere, per l’onda incidente
in
σαβ = W n α nβ
FN = F · N = W (1 + R) cos2 θ
e la forza tangenziale
Ft = W (1 − R) sin θ cos θ.
ki xi = k 0 i x0i
e la formula cercata è
ω0
ω= (5.26)
γ(1 − β cos θ)
La relazione fra θ e θ0 è data da
sin θ
tan θ0 =
γ(cos θ − β)
e le equazioni inverse si ottengono scambiando le grandezze in K con quelle
in K 0 e cambiando il segno di β. Se K 0 si muove rispetto a K con velocità
V, non necessariamente diretta lungo l’asse x, gli angoli θ e θ0 saranno gli
angoli formati dai vettori k e k0 con la velocità V.
(1 + β 2 ) cos α1 − 2β 1 − 2β cos α1 + β 2
cos α2 = − , ω 2 = ω 1 . (5.28)
1 − 2β cos α1 + β 2 1 − β2
1 d4 k 0
Z j
i
A (x) = 2
δ(k − |k|) + δ(k 0
+ |k|) g i (k 0 , k)e−ikj x
(2π) 2|k|
1 d3 k ik·x h i
Z i
−i|k|ct i i|k|ct
= e g (|k|, k)e + g (−|k|, k)e (5.32)
(2π)2 2|k|
Se definiamo
i
g± (k) = g i (±|k|, k) (5.33)
5.5. SOLUZIONI PARTICOLARI DELL’EQUAZIONE D’ONDA 101
possiamo scrivere
1 d3 k ik·x h i
Z i
Ai (x) = e g+ (k)e−i|k|ct + g−
i
(k)ei|k|ct (5.34)
(2π)2 2|k|
0 (k) sono determinate dalla condizione k g i = 0.
dove g± i
Radiazione elettromagnetica
∂Ai
= 0,
∂xi
ottenendo
∂ 2 Ai 4π i
k
= j. (6.1)
∂xk ∂x c
1 ∂2A 4π
4A − 2 2
= − j, (6.2)
c ∂t c
1 ∂2ϕ
4ϕ − = −4πρ. (6.3)
c2 ∂t2
Per un campo costante la (6.3) si riduce all’equazione di Poisson. La soluzione
delle equazioni lineari non omogenee (6.2) e (6.3) può essere rappresentata
come somma della soluzione generale delle equazioni omogenee associate,
con le condizioni iniziali, e un integrale particolare delle equazioni stesse.
Per trovare questo integrale particolare dividiamo tutto lo spazio in elemen-
ti di volume infinitesimi e determiniamo il campo generato da una carica
in uno di questi elementi di volume. Per il principio di sovrapposizione il
103
104 CAPITOLO 6. RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
campo reale sarà uguale alla somma dei campi creati da tutti gli elementi
di questo tipo.
1 ∂2ϕ
4ϕ − = −4π de(t) δ(R). (6.4)
c2 ∂t2
Al di fuori dell’origine delle coordinate la δ(R) è nulla e l’equazione (6.4)
coincide con l’omogenea associata, per R 6= 0,
1 ∂2ϕ
4ϕ − = 0. (6.5)
c2 ∂t2
Nel caso considerato, ϕ è dotata di simmetria centrale ed è funzione soltanto
di R e t. Conviene riscrivere l’operatore di Laplace in coordinate sferiche e
la (6.5) diventa
1 ∂ 2 ∂ϕ 1 ∂2ϕ
R − = 0,
R2 ∂R ∂R c2 ∂t2
che può essere risolta facilmente ponendo ϕ = χ(R, t)/R e ottenendo
∂2χ 1 ∂2χ
− = 0,
∂R2 c2 ∂t2
che è l’equazione di D’Alembert in una sola variabile spaziale. Si tratta
quindi di onde sferiche, come è evidente dalla simmetria del problema:
R R
χ = f1 t− + f2 t+ .
c c
Siamo interessati alla radiazione emessa dal sistema che, a grandi distanze,
deve avere l’aspetto di un’onda che si propaga dal sistema verso l’esterno
nella direzione degli R crescenti e quindi, per R 6= 0
R
χ t− c
ϕ= , (6.6)
R
dove χ è per il momento arbitraria e può essere scelta in modo da ottenere
il valore corretto anche nell’origine delle coordinate e quindi soddisfi l’e-
quazione (6.4). Osserviamo che per R → 0 il potenziale tende all’infinito e
che le sue derivate rispetto alle coordinate crescono più velocemente della
derivata rispetto al tempo in questo limite. Perciò, quando R → 0, si può
trascurare nell’equazione (6.4) il termine ∂ 2 ϕ/∂t2 rispetto a 4ϕ. Allora
(6.4) si riduce all’equazione di Poisson e, vicino all’origine delle coordinate,
6.2. POTENZIALI DI LIENARD-WIECHERT 105
E’ ora facile passare alla soluzione dell’equazione (6.2) per una dis-
tribuzione arbitraria delle cariche ρ(x, y, z, t). E’ sufficiente scrivere de come
ρdV ed integrare in tutto lo spazio. Alla soluzione dell’equazione (6.2) cosı̀
ottenuta si può aggiungere una soluzione ϕ0 dell’omogenea associata che
terrà conto delle condizioni iniziali. La soluzione generale è dunque
1 R 3 0
Z
ϕ(r, t) = ρ r0 , t − d r + ϕ0 , (6.7)
R c
dove
R = r − r0 , d3 r0 = dx0 dy 0 dz 0 ,
e r definisce il punto di osservazione mentre R è la distanza fra l’elemento
di volume d3 r0 e il punto di osservazione nel quale vogliamo determinare il
potenziale. In modo analogo si trova per il potenziale vettore
1 1 R 3 0
Z
A(r, t) = j r0 , t − d r + A0 , (6.8)
c R c
ui
Ai = e (6.11)
Rk u k
dove tutte le grandezze nei secondi membri delle uguaglianze debbono essere
prese nell’istante t0 definito dalla (6.9). I potenziali del campo nella forma
(6.12) sono detti potenziali di Lienard-Wiechert.
Ri = xi − x0i
∂Ri ∂s
= δki − ui k
∂xk ∂x
e la condizione che Ri sia di genere luce permette di ottenere ∂s/∂xk . Infatti
∂(Ri Ri ) ∂Ri ∂s
k
= 2R i k
= 2Ri δki − ui k =0
∂x ∂x ∂x
e otteniamo l’importante relazione
∂s Rk
k
= . (6.13)
∂x Ri u i
∂t0 1 Rk
=
∂xk c R − v·R
c
e, prendendo k = 0, si ricava
∂t0 R
= . (6.14)
∂t R − v·R
c
∂t0 R R
= , ∇t0 = − . (6.17)
∂t χ cχ
Per il calcolo del campo elettrico ci servirà anche conoscere
e e v ∂χ
−∇ϕ = 2 ∇χ = 2 R̂ − + 0 ∇t0
χ χ c ∂t
e
∂t0
1 ∂A e a v ∂χ
− =− 2 − ,
c ∂t c χ χ2 ∂t0 ∂t
dove a = ∂v/∂t0 . E’ ora facile calcolare il campo elettrico
1 ∂A
E=− − ∇ϕ,
c ∂t
se, dalla equazione (6.17), calcoliamo prima
∂χ R · v v2 R·a
0
=− + − .
∂t R c c
Otteniamo infine
χ3 v2
Rv R h v i
E= R− 1− 2 + 2 × R−R ×a . (6.18)
e c c c c
Il campo elettrico (6.18), che possiamo riscrivere nella forma più illumi-
nante
e Rv R v
2 2
E= (1 − v /c ) R − + 2 × R−R ×a
(R − R · v/c)3 c c c
(6.19)
è composto di due termini di carattere diverso. Il primo dipende solo dalla
velocità della particella, e non dalla sua accelerazione, e a grandi distanze va
come 1/R2 . Il secondo termine dipende dall’accelerazione e varia come 1/R
per R grandi. Mentre il primo termine è il campo elettrico creato da una
carica in moto uniforme e si ottiene dal campo Coulombiano con una trasfor-
mazione di Lorentz, il secondo termine è legato alle onde elettromagnetiche
irradiate dalla particella.
Quando si prende la media nel tempo del quadrato del campo, per cal-
colare per esempio l’intensità media dell’onda, nel quadrato della somma
(6.20) i prodotti di termini con frequenze diverse si annullano prendendo la
media, e restano solo termini del tipo fn f−n = |fn |2 . La media del quadra-
to del campo sarà quindi rappresentata dalla somma delle intensità delle
componenti monocromatiche
∞ ∞
f¯2 =
X X
|fn |2 = 2 |fn |2 , (6.23)
n=−∞ n=1
6.4. DECOMPOSIZIONE SPETTRALE 111
In altri casi, per esempio per la radiazione emessa negli urti di particelle
cariche, i campi devono essere sviluppati in integrali di Fourier perchè con-
tengono uno spettro continuo di frequenze diverse. Per la funzione f (t), che
in genere si annulla per t → ±∞, lo sviluppo diventa
Z ∞ dω
f (t) = fω e−iωt , (6.24)
−∞ 2π
dove le componenti di Fourier sono determinate dagli integrali
Z ∞
fω = f (t)eiωt dt. (6.25)
−∞
eikR 3 0
Z
ϕω = ρω d r (6.30)
R
112 CAPITOLO 6. RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
1
= Ȧ × n̂, (6.32)
c
dove abbiamo indicato con Ȧ la derivata di A rispetto al tempo ritardato e
Riassumendo, il campo magnetico e il campo elettrico sono espressi tramite
il potenziale vettore dalle equazioni
1 1
B = Ȧ × n̂, E= (Ȧ × n̂) × n. (6.33)
c c
Il problema resta però molto difficile, negli integrali che danno i poten-
ziali ritardati, la densità di carica e di corrente dipendono dal tempo ri-
tardato t − R0 /c + n̂ · r/c ed in r compaiono le variabili di integrazione.
Chiediamoci quindi in quali condizioni il tempo n̂ · r/c possa essere trascu-
rato nelle espressioni integrande dei potenziali ritardati. E’ evidentemente
necessario che la distribuzione di cariche vari di poco in questo intervallo di
tempo e, se T è il periodo della radiazione emessa dal sistema di cariche, T
rappresenta anche l’ordine di grandezza del tempo durante il quale la dis-
tribuzione di cariche varia sensibilmente. Se indichiamo con a la dimensione
del sistema, come ordine di grandezza, allora la condizione cercata diventa
n̂ · r a
∼ T.
c c
Ma cT non è altro che la lunghezza d’onda della radiazione e questa con-
dizione diventa
a λ,
cioè le dimensioni del sistema debbono essere piccole rispetto alla lunghezza
d’onda della radiazione emessa che, a sua volta, deve essere piccola rispetto
alla distanza del punto di osservazione per trovarsi nella zona delle onde.
Se v è la velocità delle cariche, allora T ∼ a/v e possiamo riscrivere questa
condizione nella forma
v c, (6.34)
cioè il moto delle cariche deve essere non relativistico.
1 X
A= ev,
cR0
114 CAPITOLO 6. RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
dove le grandezze nei secondi membri delle uguaglianze, qui e nel seguito,
verranno prese all’istante t − R0 /c. Poichè
X d X
ev = er = ḋ,
dt
dove d è il momento di dipolo elettrico del sistema di cariche, otteniamo
1
A= ḋ. (6.36)
cR0
Le formule (6.33) e (6.36) permettono di calcolare il campo magnetico
1
B= d̈ × n̂ (6.37)
c2 R 0
B2 2
dI = c R do. (6.38)
4π 0
Siccome il campo B è inversamente proporzionale ad R0 , ne segue che la
quantità di energia irradiata dal sistema nell’unità di tempo nell’elemento
di angolo solido do è uguale per tutte le distanze (essendo uguali per queste
distanze le differenze t − R0 /c). E’ ovvio che deve essere proprio cosı̀, poichè
l’energia irradiata dal sistema si propaga nello spazio circostante con la
velocità c, senza pozzi nè sorgenti.
Poichè Z ∞ dω
d̈ = dω (−ω 2 )e−iωt ,
−∞ 2π
avremo d̈ω = −ω 2 dω e otteniamo
4ω 4 dω
dEω = 3
|dω |2 (6.43)
3c 2π
dove Z ∞
dω = deiωt dt.
−∞
4ω04 n4
In = |dn |2 . (6.44)
3c3
1 1
σαβ = [−Eα Eβ − Bα Bβ + δαβ (E 2 + B 2 )]
4π 2
e
E2 + B2 B2
σαβ nβ = nα = nα .
8π 4π
6.6. RADIAZIONE DI DIPOLO 117
dP 1
I
=− n̂(d̈ × n̂)2 do.
dt 4πc4
I I
nα do = 0 e nα nβ nγ = 0,
dP = 0. (6.46)
d 2 Ω4
dI = (1 + cos2 α)do (6.48)
8πc3
e, per l’intensità totale,
2d2 Ω4
I= (6.49)
3c3
La direzione di E è determinata dal vettore (− cos Ωt, sinΩt cos2 α, sin Ωt sin α cos α).
La proiezione di questo vettore sul piano yz ha un modulo pari a sin Ωt cos α, men-
tre la sua componente lungo x ha lunghezza cos Ωt. La polarizzazione è ellittica con
2
L’integrale su tutto l’angolo solido del prodotto delle componenti di un versore non
può dipendere dalla direzione e sarà esprimibile tramite il tensore unità in tre dimensioni
δαβ se il numero di componenti è pari, altrimenti è nullo.
118 CAPITOLO 6. RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
rapporto fra le lunghezze dei semiassi pari a cos α. La radiazione nella direzione
dell’asse z, cos α = 1, è polarizzata circolarmente.
e cosı̀
e4 2
dI = |E0 | sin2 θ do.
8πm2 c3
Il flusso di energia media incidente, per unità di tempo e unità d’area perpen-
dicolare all’onda incidente, è dato dalla media del vettore di Poynting
1 c 2
hSi = |E0 | .
2 4π
Definiamo la sezione d’urto differenziale, dσ/do, come il rapporto fra la potenza
irraggiata per unità di angolo solido e la potenza del flusso incidente per unità
d’area 2 2
dσ dI e
= = sin2 θ. (6.50)
do hSi do mc2
6.6. RADIAZIONE DI DIPOLO 119
c dω
dEnω = |Bω |2 R02 do
2π 2π
ed in essa dobbiamo sostituire la trasformata di Fourier del campo magnetico
Z ∞
Bω = Beiωt dt. (6.51)
−∞
dove δ(t) è la funzione delta di Dirac. Nella zona delle onde, Ȧ dipende solo
dall’accelerazione della carica e, per le (6.51) e (6.52),
1
Bω = (A2 − A1 ) × n̂
c
dove la variazione del potenziale vettore può essere espressa tramite i potenziali di
Lienard-Wiechert (6.12). Otteniamo cosı̀
!2
e2 v2 × n̂ v1 × n̂
dEnω = n̂·v2
− do dω (6.53)
4π 2 c3 1− c 1 − n̂·v
c
1
dove il coefficiente di dω non dipende dalla frequenza. Per velocità piccole rispetto
alla velocità della luce, la (6.53) si riduce alla radiazione di dipolo.
120 CAPITOLO 6. RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
e2
c c+v
= ln − 2 dω.
πc v c−v
Non potremmo però ottenere da queste equazioni l’energia totale irraggiata perchè
l’integrale divergerebbe a grandi frequenze. Ciò è dovuto al fatto che l’ipotesi di
una accelerazione iniziale infinita non è più corretta al tendere all’infinito della
frequenza.
2e2 2 dE
dP 0 = w dt = (v → 0)
3c4 c
v θ2
1− ≈ ,
c 2
e l’intensità sarà grande in un intervallo ristretto di angoli
s
v2
θ∼ 1− .
c2
Problema. Determinare come varia nel tempo l’energia di una carica rela-
tivistica che si muove in un campo magnetico, costante e uniforme, e irraggia
energia.
Soluzione
Dall’equazione (6.54) otteniamo, per i = 0, la dipendenza dal tempo dell’energia
irraggiata
2e2 duk duk 0
dP 0 = − dx
3c ds ds
e, usando le equazioni del moto,
dE 2e4
= − 2 3 F kl ul Fkj uj .
dt 3m c
Se è presente solo un campo magnetico, le componenti non nulle di Fkj uj sono
Fαβ uβ che danno il trivettore −γv × B/c. Analogamente, F kl ul fornisce le compo-
nenti del trivettore γv × B/c e, ricordando che v è sempre perpendicolare a B se
è presente solo un campo magnetico, otteniamo
v2 B 2 B2 2 B2
F kl ul Fkj uj = − = − p = − (E 2 − m2 c4 ).
c2 (1 − v 2 /c2 ) m2 c2 m2 c4
3
Nella zona delle onde E 2 = B 2 .
122 CAPITOLO 6. RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
dE 2e4 B 2
= − 4 7 (E 2 − m2 c4 ),
dt 3m c
otteniamo integrando
E − mc2 4e4 B 2
ln =− t + cost.
E + mc2 3m3 c5
Particella in un campo
gravitazionale
v̇ = −∇φ
123
124 CAPITOLO 7. CAMPO GRAVITAZIONALE
∂xi 0j
Ai = A
∂x0j
Quindi la legge di trasformazione di un vettore controvariante è la stessa di
quella che trasforma i differenziali
∂xi 0j
dxi = dx .”
∂x0j
Questa definizione è corretta qualunque siano la geometria dello spazio e il
sistema di coordinate scelto. Saranno corrette anche le definizioni generali
di un vettore covariante e dei tensori di rango qualsiasi.
dove gik sono funzioni delle coordinate, simmetriche rispetto agli indici i e
k
gik = gki (7.5)
3
La somma su j, j = 0, 1, 2, 3, è sottointesa.
7.2. COORDINATE CURVILINEE 127
√
essere definito 4 , in coordinate curvilinee, come −geiklm . Quindi il duale
di un elemento di ipersuperficie dS ikl deve essere scritto nella forma
√ 1 √
−gdSi = − eiklm dS klm −g.
6
Nel seguito useremo spesso il teorema di Gauss, che non è connesso alle
proprietà tensoriali delle grandezze che vi compaiono e quindi la trasfor-
mazione di un integrale su una ipersuperficie chiusa in un integrale sul
volume quadridimensionale racchiuso è sempre data dalla sostituzione
∂
dSi → dΩ
∂xi
In coordinate curvilinee la sostituzione rimane sempre la stessa però, per
avere un significato, entrambi i membri devono essere divisi per lo Jacobiano
√ √ ∂
−g dSi → −g dΩ . (7.9)
∂xi
si ottiene √
Eiklm = −geiklm .
7.3. DISTANZE E INTERVALLI DI TEMPO 129
che cdτ dove dτ è l’intervallo di tempo reale (o tempo proprio per il punto
dato). Se poniamo dx1 = dx2 = dx3 = 0 nella (7.4), otteniamo
da cui
1√
dτ = g00 dx0 (7.10)
c
e, per un intervallo finito di tempo,
1 √
Z
τ= g00 dx0 . (7.11)
c
E’ importante ricordare che g00 può essere funzione delle coordinate del
punto, in cui calcoliamo il tempo reale, e del tempo coordinato. In relatività
speciale, il tempo scorre in modo diverso per orologi in sistemi di riferimento
diversi, in relatività generale, invece, il tempo reale scorre in modo differente
in punti diversi dello stesso sistema di riferimento.
Affinchè l’equazione (7.10) abbia un senso g00 deve essere positivo. Se g00
fosse negativo il corrispondente sistema di riferimento non potrebbe essere
realizzato da corpi reali. Ciò risulta chiaramente dalla (7.1), i punti del
sistema in rotazione per i quali Ω2 (x02 + y 02 ) > c2 si muovono con velocità
maggiore di c e non possiamo vincolare un corpo materiale a questi punti.
Però, con una trasformazione appropriata delle coordinate, si può sempre
ottenere che g00 diventi positivo.
ds2 = gαβ dxα dxβ + 2g0α dx0 dxα + g00 (dx0 )2 = 0 (7.12)
A B
x0 + dx0 (2)
*
x0
H H
H
H
H
Y
H
x0 + dx0 (1)
H
H
H
H
xα xα + dxα
Figura 7.1: Linea d’universo del segnale (tratteggiata) e linee d’universo dei
due punti (linea continua) fra i quali si vuole determinare la distanza.
che corrispondono alla propagazione del segnale nelle due direzione tra i
punti A e B. Se x0 è l’istante di arrivo del segnale in A, allora x0 + dx0 (1)
è l’istante di partenza del segnale da B e x0 + dx0 (2) l’istante di arrivo
in B. Il tempo totale impiegato dal segnale, dx0 (2) − dx0 (1) , deve essere
√
moltiplicato per g00 /c, per ottenere il tempo reale. Moltiplicando ancora
per c/2, abbiamo la distanza d` fra A e B
√g
00 c
0 (2) 0 (1)
d` = dx − dx ·
c 2
e, sostituendo le radici (7.13), si trova
g0α g0β
2
d` = −gαβ + dxα dxβ .
g00
Se indichiamo con γαβ il tensore metrico tridimensionale, la relazione
g0α g0β
γαβ = −gαβ + (7.14)
g00
stabilisce una legame fra la metrica dello spazio ordinario e la metrica dello
spazio-tempo e il quadrato della distanza diventa
R
in tal caso costante, allora dl su una curva spaziale acquista un significato
preciso.
I determinanti g = det |gik | e γ = det |γαβ | sono legati fra loro dalla
relazione semplice
−g = g00 γ. (7.17)
Questa relazione si ottiene facilmente ricordando che il valore di un deter-
minante non cambia se ad una sua riga (colonna) si aggiungono delle righe
parallele (colonne parallele), anche moltiplicate per dei fattori qualunque.
Se aggiungiamo alla seconda colonna di |gik | la prima colonna moltiplicata
per −g01 /g00 , alla terza colonna la prima moltiplicata per −g02 /g00 e alla
quarta la prima moltiplicata per −g03 /g00 diventa immediato verificare la
(7.17). L’utilità di questa relazione diviene chiara se cerchiamo di calcolare
la quadricorrente dalla (7.16). Moltiplicando ambo i membri della (7.16)
per dxi , otteniamo con l’aiuto della (7.17)
√ ρ √ dxi
de dxi = ρdxi γdV = √ −gdΩ 0 .
g00 dx
√
Il prodotto −gdΩ è l’elemento invariante dello spazio-tempo, cosı̀ la quadri-
corrente in relatività generale sarà definita dall’espressione
ρc dxi
ji = √ (7.18)
g00 dx0
√
e la componente j 0 della quadricorrente, moltiplicata per g00 /c, dà la
densità di carica spaziale.
e, per i = α e l = 0,
g αβ gβ0 + g α0 g00 = 0.
Ricavando g α0 da quest’ultima equazione e sostituendolo nella prima si ha
gβ0 g0 γ
g αβ gβγ − g αβ = δγα
g00
e, ricordando la (7.14)
−g αβ γβγ = δγα .
Si può dire che le gandezze −g αβ formano un tensore controvariante corrispondente
alla metrica (7.14)
γ αβ = −g αβ .
∂x0k 0
Ai = Ak
∂xi
otteniamo
dv dAi − δAi
- -
6 v + dv OC Ai + dAi
C
v Ai + δAi C
C
C
C
6 6
v Ai
(a) (b)
Figura 7.2: Trasporto parallelo nello spazio euclideo (a) e nello spazio curvo
(b).
dove Γikl sono funzioni delle coordinate e vengono chiamati simboli di Christof-
fel o connessioni.
Uno scalare, come il prodotto scalare tra due vettori, non varia per
5
Diremo che lo spazio è curvo se è presente un campo gravitazionale e la metrica non
può essere ridotta alla forma galileiana in tutto lo spazio mentre nello spazio-tempo piatto
questa riduzione è possibile.
7.4. DERIVAZIONE COVARIANTE 135
Per consistenza, il differenziale assoluto del tensore metrico deve essere nullo:
Dgik = 0 e anche la derivata covariante sarà nulla
gik;l = 0. (7.32)
Possiamo riottenere l’equazione (7.42) partendo dal fatto che ogni campo
gravitazionale non è altro che una modificazione della metrica dello spazio-
tempo e pertanto è determinato dalle grandezze gik . L’interazione della
particella con il campo gravitazionale è contenuta nell’intervallo ds e il prin-
cipio di minima azione determinerà il moto della particella come soluzione
del problema variazionale
Z
δS = −mc δ ds = 0 (7.43)
con ds2 = gik dxi dxk . Si può dimostrare che la soluzione della (7.43) è
effettivamente la (7.42). Ora le linee estremali descritte dal punto d’universo
della particella vengono chiamate geodetiche.
dui
− Γk,il uk ul = 0.
ds
Sostituendo in questa equazione i Γk,il ottenuti nella (7.34) e notando che
uk ul forma un tensore simmetrico negli indici k, l, si ha
dui 1 ∂gki ∂gkl ∂gil
− l
+ i
− k uk ul = 0
ds 2 ∂x ∂x ∂x
e, nella parentesi, il primo e terzo termine si annullano. Si ottiene quindi
dui 1 ∂gkl k l
− u u =0 (7.45)
ds 2 ∂xi
equazione importante che mostra come la metrica assuma il ruolo dei ”poten-
ziali” del campo gravitazionale e permette di determinare facilmente le
costanti del moto. Se la metrica non dipende dalla coordinata xj , allora
duj /ds = 0 e uj è costante lungo la traiettoria. In un campo gravitazionale
il quadri-impulso della particella è definito come
pi = mcui , (7.46)
mv 2
L = −mc2 + − mφ (7.48)
2
2φ 2φ
ds = 1 + 2 c2 dt2 − 1 − 2 (dx2 + dy 2 + dz 2 ).
2
c c
ρc dxi
ji = √ .
g00 dx0
dove abbiamo utilizzato l’equazione (7.38). Nella seconda coppia delle equazioni di
Maxwell la stessa sostituzione porta all’equazione generalizzata
4π i
F ik ;k = − j (7.52)
c
e, analogamente, le equazioni del moto di una carica in campi gravitazionale ed
elettromagnetico sarà
Dui e
mc = F ik uk (7.53)
ds c
dove Dui è il differenziale assoluto della quadrivelocità.
e
X ea c dxi
ji = √ δ(r − ra ) 0 .
a
−g dx
Anche un corpo, dotato di simmetria assiale, che ruota con velocità an-
golare uniforme attorno al suo asse, crea un campo gravitazionale costante.
Se però, in questo caso, cambiamo il segno a x0 , cambia di segno anche la
velocità angolare e l’intervallo non deve più essere invariante per inversione
temporale. Chiameremo stazionario questo campo e le componenti g0α del-
la metrica saranno, in generale, diverse da zero. In un campo stazionario,
l’elemento di distanza spaziale ha la forma generale (7.15) e non sarà più
possibile sincronizzare gli orologi lungo una linea chiusa perchè
g0α α
I
0
∆x = − dx
g00
1√
τ= g00 x0 . (7.54)
c
x0 φ
τ= 1+ 2 . (7.55)
c c
Il tempo proprio scorre tanto più lentamente quanto più piccolo è il coeffi-
ciente di x0 . Ricordiamo che φ è negativo e che il suo valore assoluto cresce
avvicinandoci alla sorgente del campo. Se di due orologi identici, uno è stato
per un certo tempo in un campo gravitazionale, questo orologio risulterà in
ritardo rispetto all’altro.
7.7. CAMPO GRAVITAZIONALE COSTANTE 145
dki 1 ∂gjl j l
− k k = 0. (7.56)
dλ 2 ∂xi
In un campo costante, k0 sarà lo stesso in tutti i punti del raggio e la
frequenza ω0 , misurata secondo il tempo universale x0 /c, resterà costante.
La frequenza ω, misurata in tempo proprio, è diversa nei diversi punti dello
spazio e, dalla (7.54), si ha
ω0
ω=√ . (7.57)
g00
Per un campo gravitazionale debole, il limite non relativistico fornisce il
valore approssimato
φ
ω = ω0 1 − 2 (7.58)
c
che mostra come la frequenza della luce aumenti avvicinandosi ai corpi che
creano il campo. Inversamente, se un raggio di luce si allontana dalle sorgenti
del campo, la frequenza della luce diminuisce. Se un raggio luminoso, emesso
in un punto dove il potenziale gravitazionale è φ1 , ha in questo punto la
frequenza ω in tempo proprio (ω0 = ω/(1 − φ1 /c2 ) in tempo universale),
allora, arrivato al punto di potenziale φ2 avrà la frequenza ω0 (1 − φ2 /c2 ) in
tempo proprio, cioè
ω φ2 φ1 − φ2
1− 2 'ω 1+ .
1 − φ1 /c2 c c2
φ1 − φ2
∆ω = ω, (7.59)
c2
dove φ1 e φ2 sono i potenziali del campo nel punto di emissione e nel punto
di osservazione rispettivamente. Se si osserva sulla terra uno spettro emesso
dal sole, allora |φ1 | > |φ2 | e, dalla (7.59), risulta che ∆ω < 0, cioè avviene
uno spostamento verso le frequenze più piccole. Questo fenomeno è chiamato
spostamento verso il rosso o, in inglese, redshift.
dx0 dx0
E0 = mc2 g00 = mc2 g00 p .
ds g00 (dx0 )2 − d`2
146 CAPITOLO 7. CAMPO GRAVITAZIONALE
d` cd`
v= =√ (7.60)
dτ g00 dx0
g0α α g0α α
0 0 0
(x + dx ) − x − dx = dx0 + dx .
g00 g00
cdxα
vα = √ . (7.62)
g0α
g00 dx0 + g00 dx
α
4ΩA
∆T '
c2
dove A è l’area racchiusa dalla traiettoria del segnale. L’intervallo ∆T dà
luogo ad una differenza di fase che può essere misurata mediante un in-
terferometro. La misura permette di rivelare, per esempio, la rotazione di
un satellite rispetto alle stelle fisse e, su questo effetto, sono basati diversi
sensori ottici della rotazione.
7.7. CAMPO GRAVITAZIONALE COSTANTE 147
Ω
@
@
@
(1) 6
z -
P (2)
Soluzione
Utilizziamo coordinate cilindriche nello spazio, con l’asse z diretto come l’asse di
rotazione. In un sistema di riferimento immobile, di coordinate ρ0 , z 0 , ϕ0 , t, il
quadrato dell’intervallo ha la forma
ds2 = c2 dt2 − dρ02 − ρ02 dϕ02 − dz 02
e, per passare al sistema ruotante di coordinate ρ, z, ϕ, t, è sufficiente sostituire
ϕ0 con ϕ + Ωt, dove Ω è la velocità angolare di rotazione. Con questa sostituzione
troviamo
ds2 = (c2 − Ω2 ρ2 )dt − 2Ωρ2 dϕ dt − dz 2 − ρ2 dϕ2 − dρ2 .
Come in ogni campo stazionario, gli orologi non si possono sincronizzare univo-
camente in tutti i punti di un corpo ruotante. Sincronizzando lungo un contorno
chiuso si ha che il tempo segnato dall’ultimo orologio differisce dal tempo iniziale
per I
1 g0α α
∆t = − dx
c g00
2
e, nel nostro caso, l’unica componente g0α non nulla è g0ϕ = − Ωρc , mentre g00 =
1 − Ω2 ρ2 /c2 ∼ 1 se supponiamo che Ωρ c. Otteniamo così
I
1 2Ω
∆t ' 2 Ωρ2 dϕ = ± 2 A (7.63)
c c
dove A è l’area racchiusa dal contorno e si sceglie il segno meno o più a seconda
che il contorno sia descritto in senso orario o antiorario. Per i due raggi luminosi,
la differenza dei tempi di arrivo è il doppio del valore ottenuto nella (7.63)
4ΩA
∆T = .
c2
148 CAPITOLO 7. CAMPO GRAVITAZIONALE
Capitolo 8
con una simbologia leggermente diversa che risulterà chiara dal testo.
Dati i punti P (xi ) e il punto vicino Q(xi +δxi ) si può dire che il punto Q si
ottiene applicando a P l’operatore δ. Sia R(xi +δ̂xi ) un altro punto, ottenuto
applicando a P l’operatore δ̂. Se ora applichiamo al punto Q l’operatore δ̂
e, al punto R, l’operatore δ, otteniamo due altri punti, S e T , che hanno
come coordinate
S[xi + δxi + δ̂(xi + δxi )], T [xi + δ̂xi + δ(xi + δ̂xi )]. (8.2)
149
150 CAPITOLO 8. EQUAZIONI DEL CAMPO GRAVITAZIONALE
e
δ δ̂xi = −Γijk δ̂xj δxk ,
le componenti del vettore T S, ottenute come differenza delle componenti dei
due vettori in (8.2), saranno date dalle equazioni
Q
X δ̂
δ XXXX
X S
PX
δ
XXX
XX
δ̂
R
∂Γijk
Ai δ̂xk δxl + Γm k i m
jk δAm δ̂x + Γjm Ai δ δ̂x . (8.4)
∂xl
E’ ora sufficiente scambiare δ con δ̂ ed esplicitare δAm in (8.4) per ottenere
la differenza (8.3). Notando che l’ultimo termine in (8.4) non contribuisce e
ridefinendo opportunamente gli indici muti, otteniamo
i
∂Γijl ∂Γijk
R jkl = − + Γimk Γm i m
jl − Γml Γjk . (8.6)
∂xk ∂xl
∂Γi,jl ∂Γi,jk
Rijkl = − (8.7)
∂xk ∂xl
ovvero, esplicitando,
!
1 ∂ 2 gil ∂ 2 gjl ∂ 2 gik ∂ 2 gjk
Rijkl = − − + . (8.8)
2 ∂xk ∂xj ∂xk ∂xi ∂xl ∂xj ∂xl ∂xi
e
Rijkl = Rklij (8.10)
cioè il tensore Rijkl è antisimmetrico nella prima coppia e nella seconda
coppia di indici ed è simmetrico per lo scambio delle due coppie. Poichè le
equazioni (8.9) e (8.10) sono equazioni covarianti fra tensori in un sistema
di coordinate, esse sono vere in qualsiasi altro sistema 2 . Dalla (8.7) è facile
ottenere, nel sistema localmente geodetico per il punto dato, la relazione
Le altre relazioni, analoghe alla (8.12) per altre terne di indici, sono una
conseguenza della (8.12) e delle (8.9), (8.10) e possiamo riassumere le con-
seguenze della (8.12) nell’identità
e, quindi,
∂Γkjl ∂Γkjk
Rjl = − + Γkmk Γm k m
jl − Γml Γjk . (8.15)
∂xk ∂xl
Il tensore di Ricci è simmetrico
Rjl = Rlj
k 1 ∂R
Rm;k = . (8.17)
2 ∂xm
che rispetta le proprietà di simmetria del tensore Pαβγδ ; Aαβ è un tensore simme-
trico il cui legame con Pαβ si determina dalle condizioni
da cui
1
Aβδ = Pβδ − P γβδ
4
e infine
P
Pαβγδ = Pαγ γβδ − Pαδ γβγ + Pβδ γαγ − Pβγ γαδ + (γαδ γβγ − γαγ γβδ ) .
2
Tutto ciò non influisce sulla derivazione delle equazioni del campo tramite
il principio di minima azione. La possibilità di far variare tutte le componenti
gik indipendentemente è legata alla richiesta che l’azione abbia un estremo e
non necessariamente un minimo. Le equazioni (8.22) e(8.23) avranno invece
un ruolo importante nella derivazione del tensore energia-impulso della sor-
gente del campo gravitazionale. Ci ricordano anche che, in un dato campo
gravitazionale, una trasformazione di coordinate cambia la metrica.
5
Le equazioni ξ i;k + ξ k;i = 0 definiscono le trasformazioni infinitesime di coordinate che
non cambiano la metrica e vengono dette le equazioni di Killing.
8.4. TENSORE ENERGIA-IMPULSO 157
otteniamo per δS
1 √
Z
δS = Tik δg ik −g dΩ. (8.26)
2c
Evidentemente δS = 0 non significa che Tik = 0, perchè le dieci grandezze
δg ik non sono indipendenti in quanto derivano da una trasformazione delle
coordinate che sono solo quattro.
L’integrale
1 ∂ √
Z
k i
−gT i ξ dΩ
c ∂xk
è nullo perchè, per il teorema di Gauss, può essere trasformato in un integrale
di ipersuperficie e, sulla frontiera di integrazione, δg ik = 0 e quindi ξ i = 0.
Problema 1. Mostrare che l’equazione (8.25) porta alla forma (8.28) per il
tensore energia impulso del campo elettromagnetico.
Soluzione
Nella densità Lagrangiana
1
Λ=− Fik Flm g il g km
16π
8.5. EQUAZIONI DI EINSTEIN 159
dg = −ggik dg ik
e quindi
√
∂ −g 1 dg 1√
ik
=− √ ik
=− −ggik .
∂g 2 −g dg 2
Avremo
√
∂( −gΛ) 1√ 1 √
= − −ggik Λ − −gFim Fk m
∂g ik 2 8π
1√
1 m 1 lm
= −g · −Fim Fk + Flm F gik
2 4π 4
1
u0 = g00 u0 + g0α uα = (g00 dx0 + g0α dxα )
ds
e
1 h α 2
i
u20 − g00 0 2
= g00 dx + g0α dx − g00 ds
ds2
2
1 α β d`
= (g g
0α 0β − g g
00 αβ )dx dx = g 00
ds2 ds
il campo gravitazionale, cioè le grandezze gik , δSm è data dalla (8.26) mentre
la variazione di Sg è, a meno del coefficiente costante,
√ √
Z Z
δ R −gdΩ = δ g ik Rik −gdΩ
√ √ √
Z
= Rik −gδg ik + Rδ −g + g ik −gδRik dΩ.
Ricordando la (7.36) si ha
√ 1 1√
δ −g = − √ δg = − −ggik δg ik
2 −g 2
e quindi
√ 1 √ √
Z Z Z
δ R −gdΩ = Rik − gik R δg ik −gdΩ + g ik δRik −gdΩ. (8.30)
2
c3 1 √
Z
δSg = − Rik − gik R δg ik −gdΩ (8.31)
16πk 2
con il corretto coefficiente introdotto nella (8.19).
c3 1 8πk √
Z
− Rik − gik R − 4 Tik δg ik −gdΩ = 0
16πk 2 c
∂Γl00 ∂Γl0l
R00 = − + Γm l m l
00 Γlm − Γ0l Γ0m
∂xl ∂x0
i termini che sono dell’ordine φ/c2 e trascurare tutti gli altri. I simboli di
Christoffel, che contengono le derivate di g00 e solo queste, presenteranno
un fattore 1/c2 , oppure 1/c3 se la derivata è fatta rispetto ad x0 = ct, e il
loro prodotto è certamente trascurabile. Delle due derivate delle Γikl resta
solo ∂Γl00 /∂xl , per l = α, e
1 ∂g00 1 ∂φ
Γα00 ' − g αα α = 2 α .
2 ∂x c ∂x
Quindi
1 αα ∂ 2 φ 1
R00 ' R00 =2
g α α
= 2 4φ
c ∂x ∂x c
e le equazioni del campo gravitazionale diventano, per la (8.37)
4φ = 4πkµ, (8.38)
Questa sfera ha una circonferenza pari a 2πr e un’area 4πr2 . In uno spazio-
tempo curvo, con simmetria centrale, possiamo riscrivere la (9.2) nella forma
ds2 = h(r, t)dr2 + k(r, t)(dϑ2 + sin2 ϑ dϕ2 ) + l(r, t)dt2 + a(r, t)dr dt
165
166 CAPITOLO 9. CAMPO DEI GRAVI
Rik = g km Rim
Nel caso importante di una campo a simmetria centrale nel vuoto, cioè al
di fuori delle masse che lo generano, le equazioni del campo per le componenti
miste R22 e R33 diventano una conseguenza delle (9.6), (9.7) e (9.8) che sono,
in questo caso, le uniche equazioni da risolvere. All’esterno del corpo che
genera il campo, tutte le componenti del tensore energia-impulso sono nulle
e possiamo riscrivere la (9.6) nella forma
λ0 1 1 ∂(r e−λ )
−λ
e − 2 + = 0 ⇒ = 1, (9.9)
r r r2 ∂r
la differenza delle equazioni (9.6) e (9.7) come
λ0 + ν 0 = 0 (9.10)
e, infine, la (9.8)
λ̇ = 0. (9.11)
L’equazione (9.11) ci dice che λ non dipende dal tempo, λ = λ(r), mentre
l’equazione (9.10) afferma che λ + ν non dipende da r
Scegliendo l’intervallo nella forma (9.5), abbiamo imposto due condizioni che
non determinano però univocamente la coordinata temporale, una trasfor-
mazione arbitraria del tempo, t = g(t0 ), è ancora possibile. Scegliamo g(t0 )
in modo che ν(r, g(t0 )) = ν(r, t0 ) + f (g(t0 )), l’equazione (9.12) diventa allora
λ(r) + ν(r) = 0
perchè ν(r, t0 ) non può più dipendere da t0 . Notiamo che un campo gravi-
tazionale a simmetria centrale nel vuoto diventa automaticamente statico.
C
e−λ = eν = 1 + (9.13)
r
dove C è una costante di integrazione. Quando r tende all’infinito si ha
e−λ = eν = 1, cioè la metrica diventa Galileiana, e a grandi distanze, dove
il campo è debole, imponiamo la legge di Newton
2φ
eν = g00 = 1 +
c2
dove φ è il potenziale Newtoniano, φ = −km/r e la massa m è la massa
totale del corpo che crea il campo. Otteniamo cosı̀ il valore della costante
C = −2km/c2 e
2km rg
g00 = 1 − 2 ≡ 1 − (9.14)
c r r
dove rg = 2km/c2 è detto raggio gravitazionale del corpo 2 . La metrica dello
spazio-tempo è
rg dr2
2
ds = 1 − c2 dt2 − r2 (dϑ2 + sin2 ϑ dϕ2 ) − r (9.15)
r 1 − rg
che la distanza fra due punti r1 e r2 , giacenti sullo stesso raggio, è data
dall’integrale
r2 r2
dr √
Z q
p
q = r(r − rg ) + rg ln[ rg + r − rg ] > r2 − r1 .
r1 1 − rg /r r1
(9.17)
Ciò è dovuto al fatto che eλ = −g11 ≥ 1 e il segno di uguaglianza si ha per
r → ∞.
1√ √
dτ = g00 dx0 = g00 dt
c
che, essendo il campo costante, può essere integrata
r
rg
∆τ = 1− ∆t. (9.18)
r
∆τ ≤ ∆t (9.19)
A grandi distanze dalle masse che generano il campo, ogni campo gra-
vitazionale può essere considerato con buona approssimazione a simmetria
centrale. Se sviluppiamo in serie di rg /r la metrica di Schwarzschild, e ci
arrestiamo al primo termine, troviamo
rg
ds2 = ds20 − (dr2 + c2 dt2 ) (9.20)
r
g = −r4 sin2 ϑ
nella forma
p0 E0 dx0 pϕ L dϕ
u0 = = 2
= g 00 e u3 = =− = gϕϕ
mc mc ds mc mc ds
che danno
dx0 E0 dϕ L
= g 00 2 e = −g ϕϕ (9.22)
ds mc ds mc
dove le costanti E0 e L devono essere determinate dalle condizioni iniziali.
Notiamo che, per la metrica (9.21), g 00 = 1/g00 = (1 − rg /r)−1 e g ϕϕ =
1/gϕϕ = −1/(r2 sin2 θ).
Sia per la particella che per il raggio di luce, non abbiamo ancora de-
terminato la componente pr del quadri-impulso e, nel caso di una particella
di massa m, possiamo ottenerla dalla relazione pi pi = m2 c2 oppure, che è
equivalente, dalla ui ui = 1. La condizione (ricordiamo che u2 = u2 = 0)
u0 u0 − u1 u1 − u3 u3 = 1 dà
−1 2 −1 2 2
rg E0 rg dr 1 L
1− − 1− − =1
r mc2 r ds r2 mc
che può essere risolta per determinare l’equazione fondamentale dell’orbita
2 " 2 #
dr E2 rg 1 L
= 20 4 − 1 − 1+ 2 . (9.24)
ds m c r r mc
1 2 km0 E
T +V =E ⇒ v − = .
2 r m
Nel piano del moto, scriviamo
2 2 2 " 2 #
2 dr 2 dϕ dϕ dr 2
v = +r = +r
dt dt dt dϕ
e, poichè dϕ/dt = J/r2 con J costante (momento angolare per unità di massa), si
ha " 2 #
dr 1
v2 = J 2 + 2 .
r2 dϕ r
e deriviamo rispetto a ϕ
2
du d u 0
J2 + u − km =0
dϕ dϕ2
Se scegliamo la linea ϕ = 0 come l’asse sul quale sono posti il perielio e l’afelio,
cioè i punti in cui r è un minimo o un massimo, otteniamo la condizione
dr 0
= 0 per ϕ =
dϕ π
9.2. TRAIETTORIE NEL CAMPO DI SCHWARZSCHILD 173
(9.21) e che un pianeta possa essere trattato come una particella di prova
in moto geodetico. Se dividiamo l’equazione (9.24) per il quadrato della
seconda delle equazioni (9.22), con g ϕϕ = −1/r2 , otteniamo
2 ( " 2 #)
dr r4 m2 c2 E02 rg 1 L
= − 1− 1+ 2 .
dϕ L2 2
m c 4 r r mc
d2 u rg 3
2
+ u = 2 + rg u 2 (9.30)
dϕ 2` 2
d2 u rg 3rg3
+ u ' + (1 + 2e cos ϕ + e2 cos2 ϕ). (9.32)
dϕ2 2`2 8`4
Poniamo
u = u0 + u1 + u2 ,
dove u0 è dato nella (9.31) e u1 , u2 sono definiti dalle equazioni
2
d2 u1 rg
+ u1 = 3rg e cos ϕ (9.33)
dϕ2 2`2
9.2. TRAIETTORIE NEL CAMPO DI SCHWARZSCHILD 175
e
d2 u2 3rg rg 2
+ u 2 = (1 + e2 cos2 ϕ). (9.34)
dϕ2 2 2`2
e cerchiamo un integrale particolare di queste equazioni. L’integrale partico-
lare della (9.34) è periodico e limitato e quindi causa deformazioni dell’orbita
ma non dà luogo ad una precessione 3 .
3rg2
( " !#)
rg
' 2 1 + e cos ϕ 1 − 2 (9.36)
2` 4`
perchè, se δ = 3rg2 ϕ/(4`2 ) è piccolo, cos(ϕ − δ) ' cos ϕ + δ sin ϕ.
come è facile verificare esplicitamente per sostituzione (x0 è una costante arbitraria). Si
ottiene il risultato dato nel testo, notando che
Z x
x sin x
sin(x − ξ) cos ξ dξ =
0
2
e Z x
1 2 cos x cos(2x)
sin(x − ξ)(1 − cos2 ξ)dξ = − + .
0
2 3 6
176 CAPITOLO 9. CAMPO DEI GRAVI
1 1 rg
= cos ϕ + 2 [3 − cos(2ϕ)] (9.42)
r b 4b
perchè
Z ϕ 3 − cos(2ϕ)
sin(ϕ − t) cos2 t dt = .
6
Il primo termine, a secondo membro dell’equazione (9.42), rappresenta una
traiettoria rettilinea e l’ultimo termine la perturbazione. Le direzioni asin-
totiche del raggio di luce si ottengono ponendo u = 0, cioè considerando
grandi distanze, nella (9.42). A grandi distanze, la deviazione può essere
espressa scrivendo ϕ = ±(π/2 + δ), quindi
1 rg
− sin δ + 2 [3 + cos(2δ)] = 0
b 4b
ϕ=0
PP
PP
PP
PP
P
π
ϕ= 2 +δ ϕ = − π2 − δ
δ rg
− + 2 − O(δ 2 ) = 0
b b
178 CAPITOLO 9. CAMPO DEI GRAVI
da cui si ottiene
rg
δ= .
b
La deflessione del raggio di luce è ∆ϕ = 2δ, cioè
2rg
∆ϕ = (9.43)
b
e, sotto l’influenza del campo di attrazione, il raggio luminoso si incurva
verso la sorgente del campo, come in figura (9.1).
∇ × (∇φ) = 0, ∇ · (∇ × a) = 0
∇ · (φ a) = φ (∇ · a) + (∇φ) · a
∇ × (φ a) = φ (∇ × a) + (∇φ) × a
∇ × (∇ × a) = ∇(∇ · a) − ∇2 a
∇ · (a × b) = (∇ × a) · b − a · (∇ × b)
∇ × (a × b) = a (∇ · b) − (∇ · a) b + (b · ∇) a − (a · ∇)b
∇(a · b) = (a · ∇) b + (b · ∇) a + a × (∇ × b) + b × (∇ × a).
4
Il nome gli è stato dato per la sua forma che ricorda un’arpa, nabla in greco (ν άβλα).
179
180 APPENDICE
k i ki = i ki = 0, i i = −1. (44)
∂Aj ∂Ai
F ij (x) = − = (k i j − k j i )f 0 (ξ).
∂xi ∂xj
Si ha anche
dui e
ki = ki F i k uk = 0,
dτ mc
d(i ui ) e 0
= f (ξ)
dξ mc2
è
e
i ui = ui (0)i +
(f (ξ) − f (0)).
mc2
Possiamo infine riscrivere l’equazione e la sua soluzione nella forma
!
dui e 0 j 2
i j u (0) + e(f (ξ) − f (0))/(mc )
= f (ξ) k − i
dξ mc2 λ
!
e j
i i i j u (0)
u (ξ) = u (0) + (f (ξ) − f (0)) k − i +
mc2 λ
e2 2k
i
+ (f (ξ) − f (0)) .
2m2 c4 λ
E’ interessante notare che, nella soluzione compaiono effetti non lineari nella
perturbazione (termini in f 2 ).
e2 a2 1
+ (ξ − sin(2ξ))k i .
4m2 c4 λ2 2
con l’aiuto degli integrali
Z τ
2
sin(ξ) dτ = sin2 (ξ/2)
0 cλ
e Z τ
1 1
sin2 (ξ) dτ = (ξ − sin(2ξ)).
0 cλ 2
Bisogna ricordare che abbiamo posto ξ = cλτ .
j uj (0) = 0
e2 a2 ω e2 a2 ω
u1 = ux (0) + sin2
ξ = cost. − cos(2ξ),
2m2 c5 λ 2m2 c5 λ
ea
u2 = − 2 sin ξ,
mc
u3 = 0.
e2 a2 ω eaλ
x=− sin 2ξ, y = (cos ξ − 1)) , z = 0. (49)
8m2 c5 mc2
La carica descrive nel piano xy una curva a forma di 8 con l’asse delle y
come asse di simmetria. A un periodo del moto corrisponde la variazione
del parametro ξ da 0 a 2π.
Indice analitico
183
184 INDICE ANALITICO
centrale, 165
sferica, 165
Sincronizzazione degli orologi, 131
Sistema di riferimento, 1
del centro di massa, 42
del laboratorio, 42
inerziale, 1
localmente geodetico, 136
Spostamento Doppler trasverso, 99
Spostamento verso il rosso, 145
Tempo
proprio, 129
reale, 128
universale, 143
Tensore
completamente antisimmetrico,
26
degli sforzi, 85
di Ricci, 153
di Riemann, 151
duale, 27
metrico, 24, 124
Teorema
di Gauss, 28
Trasformazioni di Galileo, 2
Trasporto parallelo, 133
Unità di Gauss, 57
Vettore
d’onda, 95
di Poynting, 83