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dove
• {x (t)} e {f (t)} sono i vettori di ordine N degli spostamenti e delle forze agenti, entrambi funzione
del tempo.
Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti, ovvero calcolando le forze che agiscono sul
sistema prima per x1 6= 0, x2 = 0 e poi quelle per x1 = 0, x2 6= 0 si possono facilmente determinare le
equazioni di equilibrio dinamico delle due masse, ovvero
con
12-1
12-2 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ
• la matrice di massa
m1 0
[M ] = (12.6)
0 m2
• la matrice di rigidezza
k1 + k 2 −k2
[K] = (12.7)
−k2 k2 + k 3
dove {X} è un vettore di ordine X di ampiezze indipendenti dal tempo. Imponendo la soluzione
all’equazione differenziale otteniamo
λ2 [M ] + [K] {X} eλt = {0} (12.11)
la cui unica soluzione non banale, ovvero per {X} 6= {0}, è data da
2
λ m1 + k 1 + k 2 −k2
det λ2 [M ] + [K] = det =0 (12.12)
−k2 λ2 m 2 + k 2 + k 3
Dal momento che per definizione le masse e le rigidezze sono positive, si ha sempre λ2i < 0, quindi i
singoli autovalori sono a due a due immaginari e coniugati:
e
[K] − ω22 [M ] {X}2 = [0] (12.22)
che permettono di calcolare, a meno di una costante arbitraria, dipendente dalle condizioni iniziali, le
forme modali {X}i , o modi, del sistema associate a ogni frequenza propria ωi .
Nel caso in esame,
−ω12 m1 + k1 + k2 −k2 1 X1 0
= (12.23)
−k2 −ω12 m2 + k2 + k3 1 X2 1
0
è singolare qualora a λ si sostituisca un qualsiasi autovalore del problema; ne consegue che una 1 equazione
del sistema è combinazione lineare delle altre.
Nel caso, ad esempio, che m1 = m2 = m e k1 = k2 = k3 = k, abbiamo che
s
k
ω1 = (12.28)
m
s
k
ω2 = 3 (12.29)
m
a cui corrispondono
1
{X}1 = X (12.30)
1 1 1
1
{X}2 = X (12.31)
−1 2 1
12-4 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ
Figura 12.2: Forme modali e risposta del sistema dinamico a 2 gradi di libertà.
12.1. SISTEMI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ NON SMORZATI 12-5
La figura 12.2 mostra come al primo modo corrisponda un movimento in cui la molla di mezzo non
viene deformata; infatti, le due componenti dell’autovettore sono identiche. Di conseguenza, il sistema si
comporta come se le due masse fossero collegate rigidamente. Il secondo modo, al contrario, vede le due
masse muoversi in opposizione, per cui la molla centrale è deformata esattamente il doppio di quelle di
estremità. Di conseguenza, è come se le due masse fossero disaccoppiate, e la molla centrale fosse messa
a terra nel suo punto medio. Il moto generico avviene come √ combinazione di due movimenti armonici a
frequenze tra loro incommensurabili (il loro rapporto è 3, quindi un numero trascendente).
Ritornando all’equazione (12.11) di partenza, se la si premoltiplica per l’inversa della matrice di massa
[M ] si ottiene
−1
λ2 [I] + [M ] [K] {X} eλt = {0} (12.32)
ovvero ad un problema agli autovalori in forma canonica, ove γ sono gli autovalori della matrice [A] e
{V } sono i corrispondenti autovettori, posto γ = −λ2 , [A] = [M ]−1 [K] e {V } = {X}.
Nell’esempio iniziale si ha
−1 1/m 0
[M ] = (12.34)
0 1/m
e quindi la matrice
−1 2k/m −k/m
[A] = [M ] [K] = (12.35)
−k/m 2k/m
che ne risulta è simmetrica; questo in generale non è più vero per matrici [M ] e [K] meno banali, anche
se, al costo di un cambio di base per le incognite, è possibile ottenere un problema agli autovalori nella
forma canonica della (12.33) con la matrice simmetrica2 .
Gli autovalori della matrice (12.35) sono
k
3
{γ} = m (12.40)
k
m
mentre gli autovettori, a meno di una costante, sono
−1
{V }1 = (12.41)
1
1
{V }2 = (12.42)
1
1 Si suppone che le radici del polinomio caratteristico abbiano molteplicità pari esattamente a 1; questa ipotesi può
essere rimossa, come verrà illustrato nel seguito. Si veda in particolare la nota 3.
2 Dal momento che si assume che la matrice di massa sia simmetrica e definita positiva, è possibile decomporla nel
prodotto di una matrice triangolare inferiore per la sua trasposta secondo Cholesky
[M ] = [L] [L]T (12.36)
quindi, operando il cambio di variabili
{z} = [L]T {x} (12.37)
il problema
[M ] ẍ + [K] {x} = {0} (12.38)
diventa
{z̈} + [L]−1 [K] [L]−T {z} = {0} (12.39)
−1 −T
e quindi, assumendo che la matrice [K] sia simmetrica, anche la matrice [L] [K] [L] rimane simmetrica.
12-6 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ
e
−ω22 [M ] + [K] {X}2 = {0} (12.44)
T
L’equazione (12.43) può essere liberamente premoltiplicata per {X}2 senza alterarne il valore:
T
{X}2 −ω12 [M ] + [K] {X}1 = 0 (12.45)
da cui si ricava
T T
{X}2 [K] {X}1 = ω12 {X}2 [M ] {X}1 (12.46)
Allo stesso modo, si può moltiplicare la trasposta dell’equazione (12.44) per {X}1 :
{X}T2 −ω22 [M ]T + [K]T {X}1 = 0 (12.47)
Quindi, per l’uguaglianza dei termini a primo membro delle (12.46) e (12.48)
T T
ω12 {X}2 [M ] {X}1 = ω22 {X}2 [M ] {X}1 (12.49)
ovvero
ω22 − ω12 {X}T2 [M ] {X}1 = 0 (12.50)
e, di consequenza
T
{X}2 [K] {X}1 = 0 (12.52)
quando i 6= j; ovvero, i modi propri vibrare, associati a frequenze proprie distinte, sono ortogonali
rispetto alla matrice di massa e rigidezza4 .
3 Nel caso in cui due o più autovalori siano uguali, se è possibile individuare un numero di autovettori indipendenti pari
alla molteplicità degli autovalori coincidenti, come sempre avviene nei casi di interesse pratico per lo studio delle vibrazioni
dei sistemi meccanici, in cui le matrici di massa sono simmetriche e definite positive, o al più semidefinite, gli autovettori,
per la loro arbitrarietà, possono essere ortogonalizzati proprio imponendo le condizioni (12.51) e (12.52). Un tipico esempio
in cui ciò avviene è dato dai sistemi non vincolati, come i velivoli, che ammettono i sei spostamenti rigidi, ai quali è associato
l’autovalore nullo con molteplicità 6. Un altro esempio è dato dai modi associati al movimento delle superfici di comando
nel caso si consideri il velivolo a comandi liberi.
4 Attenzione: i modi propri non sono ortogonali fra loro; dall’analisi si ottiene che {X} T {X} = 0 se i 6= j per il
i j
problema in forma canonica, in cui la matrice che moltiplica l’autovalore è l’identità, [I]. Ma il problema meccanico non è
in forma canonica, quindi gli autovalori che ne risultano non sono in generale ortogonali rispetto a loro stessi.
12.2. APPROCCIO MODALE 12-7
dove mi e ki sono chiamate rispettivamente massa e rigidezza generalizzata, o massa e rigidezza modale
associate al modo i-esimo.
Nell’esempio iniziale,
T
1 m 0 1
m1 = = 2m (12.57)
1 0 m 1
m2 = 2m (12.58)
k1 = 2k (12.59)
k2 = 6k (12.60)
con {q (t)} detto vettore delle coordinate principali, il problema (12.1) diventa
dove [diag (mi )] e [diag (ki )] sono matrici diagonali, ovvero tali per cui mij e kij sono nulli se i 6= j,
mentre mi e ki sono rispettivamente la massa e la rigidezza associate al modo i-esimo.
5 Questa operazione può apparire un artifizio, ma ha una giustificazione più profonda se si considera che l’equazione (12.1)
può essere ricondotta ad un principio variazionale e quindi ad una relazione del tipo
X
δ {x}T {F ({x})} = 0 (12.64)
per cui la trasformazione (12.62) viene applicata sia alle incognite da cui dipendono le forze {F } che alle loro variazioni
virtuali, ovvero
X
δ {q}T [ψ]T {F ([ψ] {q})} = 0 (12.65)
12-8 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ
Nell’esempio iniziale, si ha
2m 0
[diag (mi )] = (12.69)
0 2m
2k 0
[diag (ki )] = (12.70)
0 6k
Si noti che le due equazioni sono disaccoppiate, ovvero ogni equazione dipende solo dalla propria inco-
gnita; l’accoppiamento tra i gradi di libertà fisici si è tradotto, a livello modale, in accoppiamento tra i
corrispondenti termini noti.
Sostituendo uno ad uno gli autovalori ed i corrispondenti autovettori, l’equazione omogenea (12.11)
risulta soddisfatta; ne consegue che, cosı̀ come sono stati accostati gli autovettori a dare la matrice
modale [ψ], è possibile accostare gli autovalori a dare la matrice diagonale dei quadrati delle frequenze
proprie
2
2
ω1 0
diag ωi = (12.72)
0 ω22
ovvero
[diag (ki )] − [diag (mi )] diag ωi2 = [0] (12.75)
Se la matrice di massa modale [diag (mi )] è definita positiva7 , la sua inversa esiste; quindi la (12.75) può
essere riscritta, previa premoltiplicazione per l’inversa della matrice di massa modale, come
[diag (mi )]−1 [diag (ki )] = diag ωi2 (12.79)
6 Si noti l’odine in cui vengono eseguiti i prodotti di matrici, essenziale perché ogni autovettore venga moltiplicato per
il proprio autovalore.
7 L’unico motivo per cui la matrice di massa, anziché essere definita positiva, può essere semidefinita, è che ad un grado
di libertà non sia associata inerzia. Questa eventualità viene scartata nella presente trattazione perché in tale caso il grado
di libertà privo di massa può essere eliminato staticamente, rendendo la nuova matrice di massa strettamente definita
positiva. Ad esempio: dato il problema
m 0 ẍ1 k11 k12 x1 f1
+ = (12.76)
0 0 ẍ2 k21 k22 x2 f2
la cui matrice di massa è chiaramente semidefinita positiva in quanto tutti i minori principali sono positivi tranne uno che è
nullo, a condizione che la matrice [K] non sia singolare la seconda equazione può essere usata per esplicitare x 2 in funzione
di x1
f2 − k21 x1
x2 = (12.77)
k22
che, sostituito nella prima equazione, dà
k21 k12
mẍ1 + k11 − k12 x1 = f 1 − f2 (12.78)
k22 k22
ovvero dal problema iniziale se ne ottiene uno di dimensioni inferiori ma con la matrice di massa definita positiva.
12.2. APPROCCIO MODALE 12-9
Questo suggerisce una scelta interessante per la normalizzazione dei modi propri, detta a massa unitaria;
√
se si dividono i coefficienti del modo i-esimo per il valore mi , si ottiene:
√ −1
[ψI ] = [ψ] [diag ( mi )] (12.81)
A questo punto, le relazioni (12.67) e (12.68), attraverso la nuova matrice modale [ψ I ], diventano
T √ −1 T √ −1
[ψI ] [M ] [ψI ] = [diag ( mi )] [ψ] [M ] [ψ] [diag ( mi )]
√ −1 √ −1
= [diag ( mi )] [diag (m)] diag m = [I] (12.82)
T √ −1 T √ −1
[ψI ] [K] [ψI ] = [diag ( mi )] [ψ] [K] [ψ] [diag ( mi )]
√ −1 √ −1
= [diag ( mi )] [diag (ki )] [diag ( mi )]
−1
= [diag (mi )] [diag (ki )] = diag ωi2 (12.83)
√ −T √ −1
ove si è sfruttato il fatto che diag mi = diag mi in quanto la matrice è diagonale; allo
stesso modo, l’ultimo passaggio che porta alla matrice di rigidezza modale è lecito perché il prodotto di
matrici diagonali è commutativo.
Analizziamo, ora, la risposta a forzanti armoniche
ovvero
−1
{x} = [K] − ω 2 [M ] {f } (12.87)
dove [H (ω)] è la matrice dell’ammettenza meccanica (in inglese, receptance matrix ) del sistema; è
quadrata, di ordine N , e ne costituisce il modello della risposta in frequenza. La sua inversa,
è detta matrice dell’impedenza meccanica, e descrive la forza che il sistema oppone ad un dato movimento.
Dalla definizione, si ricava
−1
[H (ω)] = [K] − ω 2 [M ] (12.90)
e quindi
−1 T
[H (ω)] = [ψ] [diag (ki )] − ω 2 [diag (mi )] [ψ] (12.92)
12-10 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ
Dalla (12.92) si evince che la matrice [H (ω)] è simmetrica; se si utilizza la normalizzazione a massa
unitaria dei modi, ovvero la matrice (12.81), la (12.92) diventa
−1 T
[H (ω)] = [ψI ] diag ωi2 − ω 2 [I] [ψI ] (12.93)
ed il generico coefficiente è dato da
N
xj (ω) xk (ω) X r Xj · r Xk
hjk (ω) = = hkj (ω) = = (12.94)
fk (ω) fj (ω) r=1
ωr2 − ω2
da cui si nota come il sistema possa andare in risonanza, qualora la pulsazione della forzante ω uguagli
una delle N frequenze ωr proprie del sistema vibrante.
Ritornando al sistema vibrante iniziale, risulta che risolvendo il sistema di equazioni lineari
−2k + ω 2 m 2k − ω 2 m
h11 (ω) = = (12.95)
3k 2 − 4kmω 2 + ω 4 m2 m2 (k/m − ω 2 ) (3k/m − ω 2 )
k k
h21 (ω) = 2 = 2 (12.96)
3k − 4kmω 2 + ω 4 m2 m (k/m − ω 2 ) (3k/m − ω 2 )
mentre, in termini modali, si ottiene
1 1 2k − ω 2 m
h11 (ω) = 2
+ 2
= 2 (12.97)
2m (k/m − ω ) 2m (3k/m − ω ) m (k/m − ω 2 ) (3k/m − ω 2 )
1 1 k
h21 (ω) = 2
− 2
= 2 (12.98)
2m (k/m − ω ) 2m (3k/m − ω ) m (k/m − ω ) (3k/m − ω 2 )
2
Come si vede dalla figura 12.3, ove è mostrato l’andamento del modulo di h11 , non si commette un
grande errore se studiamo la risposta del sistema nell’intorno della prima frequenza propria considerando
la risposta di un sistema ad un solo grado di libertà che abbia massa pari a m1 e rigidezza pari a k1 .
Analogo discorso si può fare considerando la sola risposta dovuta alla seconda frequenza propria se la
pulsazione della forzante è di valore non troppo dissimile da questa. Ovvero abbiamo verificato empiri-
camente che pur essendo i sistemi fisici continui, poiché le loro frequenze proprie sono ragionevolmente
separate nel dominio delle frequenze, è lecito, nell’ipotesi che lo spettro della forzante sia limitato nello
stesso dominio, considerare il contributo di un numero limitato di modi le cui frequenze proprie associate
stanno nel dominio dello spettro della forzante. Ovvero: è possibile studiare la risposta dinamica a
regime di un sistema continuo con un modello matematico caratterizzato da un numero discreto di gradi
di libertà. Ne consegue, inoltre, che misurando sperimentalmente la receptance matrix, dalla risposta
misurata nell’intorno di una risonanza possiamo ricavare i parametri modali (massa modale o massa
generalizzata mi e rigidezza modale o rigidezza generalizzata ki ) cosı̀ come il modo di vibrare.
Le considerazioni che stanno alla base dell’utilizzo pratico dell’approccio modale si basano principal-
mente su aspetti computazionali:
12.2. APPROCCIO MODALE 12-11
1. la risposta a forzante armonica utilizzando la base di coordinate fisiche richiede l’inversione della
matrice di impedenza meccanica
−1
[H (ω)] = [K] − ω 2 [M ] (12.99)
Se occorre calcolare la risposta a più armoniche, ad esempio perché una forzante periodica è stata
decomposta nella sommatoria di forzanti armoniche mediante sviluppo in serie di Fourier arrestato
ad un certo ordine, si devono invertire tante matrici quante sono le armoniche, con un costo
computazionale che può essere elevato; viceversa, l’approccio modale non richiede alcuna inversione,
ma solo prodotti di matrici: si veda la (12.93);
2. se si usano tecniche esplicite di integrazione numerica, in genere il calcolo delle incognite (in questo
caso le velocità) ad un dato istante di tempo è funzione delle loro derivate ad un tempo antecedente
secondo una formula del tipo8
che invece viene evitata se si usa l’approccio modale, in quanto senza particolari normalizzazioni
dei modi l’accelerazione è
T
{q̈ (t)} = [diag (1/mi )] [ψ] {f } − [diag (ki )] {q (t)} (12.102)
Si noti che questi vantaggi si pagano in qualche modo, perché l’approccio modale richiede comunque
l’estrazione di autovalori ed autovettori, operazione in generale relativamente costosa. Occorre verificare
quale strada è più conveniente in funzione del tipo di risultato che si vuole ottenere.
per questioni di stabilità dell’algoritmo; viene qui utilizzata al solo fine di illustrare senza eccessivi tecnicismi le operazioni
richieste per l’integrazione esplicita di sistemi dinamici.
12-12 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ
ω12 = 0 (12.107)
k
ω22 = 2 (12.108)
m
Si ricavi ora lo spostamento della seconda massa in funzione di quello della prima, alternativamente con
il primo ed il secondo autovalore; si ottiene:
x1 1 X1 1
= q1 = q1 (12.109)
x2 1 X2 1
1
x1 2 X1 1
= q2 = q2 (12.110)
x2 2 2 X2 −1
Ora occorre ridurre le matrici di massa e di rigidezza, secondo le (12.67), (12.68), e il termine noto in
base modale:
2m 0
[diag (mi )] = [ψ]T [M ] [ψ] = (12.112)
0 2m
T 0 0
[diag (ki )] = [ψ] [K] [ψ] = (12.113)
0 4k
F
[ψ]T {F } = (12.114)
F
2mq̈1 = F (12.115)
2mq̈2 + 4kq2 = F (12.116)
ovvero si ottengono due equazioni disaccoppiate di cui la prima descrive un moto uniformemente accele-
rato, associato alla traslazione rigida dell’intero sistema, mentre la seconda descrive un tipico oscillatore
armonico non smorzato, associato alla vibrazione delle due masse attorno al baricentro.
Si calcoli, infatti, la posizione del baricentro relativa ai due modi (12.109) e (12.110):
P
mi1 Xi q1
xCG1 = P = q1 (12.117)
mi
P
mi2 Xi q2
xCG2 = P =0 (12.118)
mi
dalla (12.117) si deduce che la coordinata modale q1 esprime naturalmente il moto del baricentro del
sistema; per l’ortogonalità dei modi propri attraverso la matrice di massa ne risulta la necessità che il
baricentro non si sposti in conseguenza del moto secondo l’altro modo proprio.
È interessante notare come l’approccio modale abbia portato direttamente ed in modo naturale alla
scrittura delle due equazioni (5.41) e (5.50), ove si ponga q1 = xCG e q2 = ∆x, che nel paragrafo 5.3.1
erano state dedotte attraverso una serie di ragionamenti all’apparenza specifici per il particolare problema
in esame.
12.3. ASSORBITORE DINAMICO 12-13
Il concetto su cui si basa l’assorbitore dinamico è quello di dissipare tutta l’energia introdotta da un
campo di forze in un sistema vibrante mandandone volutamente in una sorta di risonanza un particolare
e preservando il resto.
Nella figura è rappresentata la sospensione di una linea elettrica ad alta tensione. Ovvi problemi
impediscono di collegare il cavo a terra, ad esempio con un elemento dissipativo. D’altronde il basso
smorzamento del cavo e l’ampio spettro del vento incidente, oltre al fenomeno delle vibrazioni indotte
per distacco di vortici, rendono molto probabile l’eccitazione in risonanza della campata.
Consideriamo il comportamento del cavo con l’assorbitore dinamico, considerando quest’ultimo, per
semplicità, a un solo grado di libertà anzichá a quattro, ovvero ci si riconduca allo schema seguente dove
m1 e k1 sono rispettivamente la massa e la rigidezza a flessione del cavo, mentre m2 e k2 sono quelle di
uno dei due contrappesi. Essendo il sistema lineare, o come tale approssimabile, la forzante armonica è
una delle componenti dello sviluppo in serie di Fourier dell’azione del vento.
otterremo
!2
k2 ω k2
1 + − X1 − X2 = X 0 (12.126)
k1 ω11 k1
!2
ω
−X1 + 1 − X2 = 0 (12.127)
ω22
ovvero
!2
ω
1−
X1 ω22
= !2 !2 (12.128)
X0 k ω ω k
1 + 2 − 1 − − 2
k1 ω11 ω22 k1
X2 1
= !2 !2 (12.129)
X0 k ω ω k
1 + 2 − 1 − − 2
k1 ω11 ω22 k1
Si nota immediatamente che per ω = ω22 , pari alla frequenza propria del solo assorbitore dinamico messo
12.4. VIBRAZIONI FORZATE SMORZATE 12-15
[ψ]T [C] [ψ] = [ψ]T (α [M ] + β [K]) [ψ] = α [diag (mi )] + β [diag (ki )] = [diag (ci )] (12.135)
che rappresenta un set di N equazioni disaccoppiate, tante quante sono i gradi di libertà del sistema, del
tipo
T
mi q̈i + ci q̇i + ki qi = {X}i {f } (12.137)
Il modello di smorzamento proporzionale viene essenzialmente introdotto perchè, per strutture debol-
mente smorzate, consente di utilizzare le forme modali ottenute per il sistema conservativo ad un costo
computazionale decisamente inferiore a quello necessario nel caso di smorzamento generico, illustrato nel
seguito.
Un’analisi puramente qualitativa di questo modello mostra che se l’idea di forze dissipative pro-
porzionali alle forze elastiche può essere plausibile, in quanto le forze elastiche sono proporzionali alla
deformazione e quindi a movimenti relativi, l’idea di forze dissipative proporzionali alle forze d’inerzia
lascia abbastanza perplessi, in quanto le forze d’inerzia sono proporzionali alle accelerazioni assolute, e
quindi a movimenti assoluti. Per cui si arriva all’assurdo che su di un sistema non vincolato, sottoposto
ad un movimento rigido, agisce uno smorzamento strutturale di tipo viscoso.
In conclusione, la scelta di questo tipo di smorzamento va vista soprattutto come un espediente per
introdurre in modo computazionalmente vantaggioso una dissipazione che di caso in caso deve essere
tarata per risultare globalmente equivalente a quella rilevata sperimentalmente per un dato sistema
debolmente smorzato.
12.4. VIBRAZIONI FORZATE SMORZATE 12-17
(12.151)
Sostituendo
x1 = z 1 (12.152)
x2 = z 2 (12.153)
ẋ1 = ż1 = z3 (12.154)
ẋ2 = ż2 = z4 (12.155)
ẍ1 = ż3 (12.156)
ẍ2 = ż4 (12.157)
otteniamo
0 0 m1 0
ż3
−m1 0 0 0 z3
0
z4
0 0 0 m2 ż4 0 −m2 0 0 0
+ =
m1 0 c1 + c2 −c2 ż1
0 0 k 1 + k2 −k2 z1
f1
0 m2 −c2 c2 + c 3 ż2 0 0 −k2 k2 + k 3 z2 f2
(12.158)
ovvero
con
[0] [M ]
[A] = (12.160)
[M ] [C]
− [M ] [0]
[B] = (12.161)
[0] [K]
{0}
{g} = (12.162)
{f }
Si noti che le matrici [A] e [B] sono simmetriche, ancorché non più definite positive; gli autovalori del
problema omogeneo associato sono direttamente gli autovalori del problema meccanico, e sono in generale
o reali o complessi coniugati.
Si consideri ancora il problema di figura 12.7, con m1 = m2 = m, c1 = c2 = c3 = c, k1 = k2 = k3 = k.
In questo caso particolare di smorzamento proporzionale si ottiene, dal calcolo degli autovalori e degli
autovettori
√
3c + 9c2 − 12mk
0 0 0
2m √
2
3c − 9c − 12mk
0 0 0
[diag (ωi )] = 2m √
(12.163)
c + c2 − 4mk
0 0 0
2m √
c − c2 − 4mk
0 0 0
2m
e
√ √ √ √
3c + 9c2 − 12mk 3c − 9c2 − 12mk c+ c2 − 4mk c− c2 − 4mk
− −
√ 2m √ 2m √ 2m √ 2m
3c + 9c2 − 12mk 3c − 9c2 − 12mk c + c2 − 4mk c − c2 − 4mk
[ψ] = (12.164)
2m 2m 2m 2m
−1 −1 1 1
1 1 1 1
12.5. DAL CONTINUO AL DISCRETO 12-19
Si noti che gli autovalori sono o reali, se i radicandi sono positivi, o complessi coniugati, se i radicandi
sono negativi; inoltre, le prime e le ultime due righe della matrice degli autovettori soddisfano la relazione
ψ1|2 = ψ3|4 [diag (ωi )] (12.165)
x1 = z 1 (12.166)
ẋ1 = ż1 = z3 = ωi x1 (12.167)
x2 = z 2 (12.168)
ẋ2 = ż2 = z4 = ωi x2 (12.169)
(12.170)
mentre le ultime due righe della matrice degli autovettori contengono gli autovettori del sistema conser-
vativo di partenza, come atteso dal momento che la matrice di smorzamento è proporzionale.
Nel caso invece generale, di smorzamento non proporzionale, i modi propri smorzati esistono, ma
non sono più identici a quelli del sistema conservativo e vi sono differenze di fase (non più 0 o π) tra le
componenti delle coordinate libere. I modi sono quindi complessi e in generale non sono più definibili
punti nodali (aventi componente nulla dello spostamento).
di inerzia distribuita,
quindi l’equazione differenziale alle derivate parziali che governa le piccole perturbazioni della torsione
di una trave uniforme rispetto alla posizione di equilibrio è
GJθ00 + Jp θ̈ = 0 (12.174)
Senza presentare i dettagli della soluzione analitica del problema, lo studio delle vibrazioni del continuo,
una volta applicate le condizioni al contorno di rotazione nulla all’estremo incastrato, θ (0) = 0, e
momento torcente nullo all’estremo libero, GJθ 0 (L) = 0, ci dice che le sue pulsazioni proprie sono
s
π GJ
ωk = + kπ (12.175)
2 Jp L 2
Jp L GJ
θ̈L + θL = 0 (12.179)
2 L
la cui costante caratteristica è
s
√ GJ √
ω= 2 2
= 2φ (12.180)
Jp L
Figura 12.9: Modello ad un grado di libertà per la torsione di una trave omogenea incastrata.
12.5. DAL CONTINUO AL DISCRETO 12-21
Figura 12.10: Modello a due gradi di libertà per la torsione di una trave omogenea incastrata.
mentre la forma associata è una variazione lineare dell’angolo θ da 0 a θ L . Dal momento che il problema
è stato approssimato in maniera piuttosto grossolana, non ci aspettiamo una particolare accuratezza,
soprattutto in virtù del fatto che la differenza tra √ la forma corretta e quella approssimata del modo è
cosı̀ notevole; tuttavia, si nota che il rapporto tra 2 ∼ = 1.41 e π/2 ∼
= 1.57 è pari a 0.90, quindi l’errore
commesso è solo del 10% rispetto alla soluzione analitica (12.178).
Si consideri ora un modello leggermente più raffinato, come illustrato in figura 12.10, in cui la trave è
divisa in tre parti, e si considerino, come incognite, la rotazione di mezzeria e quella dell’estremo libero.
L’inerzia associata alla rotazione di mezzeria sarà la metà dell’inerzia polare della trave, mentre quella
associata alla rotazione di estremità sarà pari ad un quarto. La rigidezza delle molle torsionali sarà invece
il doppio della rigidezza iniziale, in quanto la lunghezza degli spezzoni di trave è la metà della lunghezza
originaria.
Si ottengono le equazioni
Jp L
GJ GJ
0 θ̈ 2 −
2 L/2
L/2 L/2 θL/2 0
+ = (12.181)
Jp L θ̈L GJ GJ θL 0
0 −
4 L/2 L/2
ovvero
Jp L 2 0 θ̈L/2 GJ 2 −1 θL/2 0
+ = (12.182)
4 0 1 θ̈L L/2 −1 1 θL 0
e, infine,
2 0 θ̈L/2 2 −1 θL/2 0
+ 8φ = (12.183)
0 1 θ̈L −1 1 θL 0
di cui la minore è pari a circa 1.53φ, con un errore rispetto alla soluzione analitica (12.178) inferiore al
3%. La forma modale è data da una spezzata, ovvero da una funzione che varia linearmente da 0 a θ L/2
e quindi a θL , in cui
1
θL/2 = √ θL (12.185)
2
che, caso fortuito, posta unitaria la rotazione√all’estremo libero per entrambe le forme, è esattamente
uguale alla soluzione analitica: sin (π/4) = 1/ 2.
L’altra radice dà una stima della pulsazione del secondo modo di vibrare, che sarà decisamente più
grossolana rispetto a quella del primo (circa il 22% di errore). Al raffinarsi della suddivisione, e quindi al
crescere del numero dei gradi di libertà del modello discreto approssimato, la stima della prima pulsazione
propria, e via via di quelle immediatamente successive, diventa sempre più accurata.
12-22 CAPITOLO 12. SISTEMI VIBRANTI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ