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Guida
CEI 31-56
Data Pubblicazione Edizione
2007-10 Prima
GUIDA
Classificazione Fascicolo
31-56 9049 C
Titolo
Title
DESCRITTORI / DESCRIPTORS
Luoghi pericolosi - Hazardous areas; Polvere combustibile - Combustible dust
INFORMAZIONI EDITORIALI
Norma Italiana CEI 31-56 Pubblicazioni Guida Carattere Doc.
Stato Edizione In vigore Data Validità 2007-11-1 Ambito Validità Nazionale
In data
In data
Varianti Nessuna
Ed. Prec. Fasc. Nessuna
Premessa ....................................................................................................................... 1
1 Generalita’ ........................................................................................................................................ 3
1.1 Scopo .................................................................................................................................... 3
1.2 Campo di applicazione.......................................................................................................... 3
1.3 Principi di sicurezza contro le esplosioni .............................................................................. 4
2 Riferimenti legislativi e normativi...................................................................................................... 8
2.1 Disposizioni legislative .......................................................................................................... 8
2.2 Norme e Guide tecniche ..................................................................................................... 10
3 Definizioni....................................................................................................................................... 11
3.1 Ambiente ............................................................................................................................. 11
3.2 Atmosfera esplosiva (UNI EN 1127-1)................................................................................ 11
3.3 Combustione ....................................................................................................................... 11
3.4 Condizioni atmosferiche...................................................................................................... 11
3.5 Deflagrazione (UNI EN 1127-1) .......................................................................................... 11
3.6 Detonazione (UNI EN 1127-1) ............................................................................................ 11
3.7 Esplosione (UNI EN 1127-1)............................................................................................... 11
3.8 Funzionamento di un impianto o di un Prodotto ................................................................. 12
3.9 Impianto e sue caratteristiche ............................................................................................. 12
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5.10 Determinazione dei tipi e delle estensioni delle singole zone pericolose originate
da strati di polvere al di fuori dei sistemi di contenimento .................................................. 48
5.11 Aperture interessate da zone pericolose ............................................................................ 50
5.12 Valutazione della possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la
formazione di atmosfere esplosive e limitare le zone più pericolose (zone 20 e 21) ......... 50
5.13 Inviluppo delle zone pericolose originate dalle singole sorgenti di emissione (SE) ........... 51
5.14 Altre informazioni per la definizione dei requisiti dei Prodotti ............................................. 51
6 Documentazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione......................... 54
6.1 Livelli di preparazione della documentazione di classificazione dei luoghi ........................ 54
6.2 Tipi di documenti ................................................................................................................. 54
6.3 Disposizioni legislative, norme e guide tecniche di riferimento .......................................... 59
7 Opere esistenti e loro trasformazione ............................................................................................ 59
Appendice GA – Elenco di polveri combustibili e valori orientativi delle loro caratteristiche
significative 61
Appendice GB – Caratteristiche delle polveri e loro influenza sulle esplosioni [1] [2] .................. 71
Appendice GC – Sistemi o provvedimenti di bonifica ................................................................... 77
Appendice GD – Elementi per la definizione delle estensioni delle zone pericolose ................. 101
Appendice GE – Aperture ........................................................................................................... 107
Appendice GF – Dati statistici ambientali nel territorio italiano [5]............................................. 109
Appendice GG – Esempi di classificazione dei luoghi ................................................................ 111
Appendice GH – Luoghi particolari ............................................................................................. 112
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Premessa
La classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di esplosivi, fluidi
infiammabili e polveri combustibili è stata in passato oggetto della norma CEI 64-2 e della
sua relativa appendice 64-2/A.
La suddetta norma aveva origine nazionale, non era né armonizzata né unificata a livello
europeo in quanto fino al 1996 non esistevano Documenti di armonizzazione (HD) o Norme
(EN) CENELEC sull’argomento.
La Norma CEI EN 50281-3 (CEI 31-52) ha introdotto una nuova filosofia (nuovi termini e nuovi
concetti) che ha reso superata la terminologia e i metodi di classificazione dei luoghi utilizzati
nella Norma CEI 64-2. In particolare la definizione di luogo di Classe 2 (per polveri
infiammabili) e il termine Centro di pericolo della Norma CEI 64-2 non vi compaiono e sono
stati introdotti i tipi di zone 20, 21, 22, non presenti nella Norma CEI 64-2, in analogia con le
zone 0, 1, 2 previste per i gas, i vapori e le nebbie infiammabili.
Si ricorda che la Norma CEI EN 50281-3 (CEI 31-52) per le polveri combustibili e la Norma
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CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) per i gas, i vapori e le nebbie infiammabili sono indicate come
riferimento per la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione dal D.Lgs. 233/03,
Allegato XV-bis, ultimo capoverso, decreto integrato nel Titolo VIII-bis del D.Lgs. 626/94, che
recepisce nell’ordinamento legislativo italiano in materia di sicurezza dei lavoratori che
possono essere esposti al rischio d’esplosione, il contenuto della Direttiva 1999/92/CE.
Per rispettare i tempi della Direttiva 1999/92/CE e del D.Lgs. 233/03 è stato abrogato, il
30 giugno 2003, il Capitolo IV LUOGHI DI CLASSE 2 (C2) della Norma CEI 64-2 quarta edizione.
Nel luglio 2004 il CENELEC ha pubblicato la Norma EN 61241-10 “Electrical apparatus for
use in the presence of combustible dust Part 10: Classification of areas where combustible
dusts are or may be present” che il CEI ha recepito come Norma Nazionale CEI EN 61241-10
(CEI 31-66) “Costruzioni elettriche destinate ad essere utilizzate in presenza di polveri
combustibili - Parte 10: Classificazione delle aree dove sono o possono essere presenti
polveri combustibili”, prima edizione, fascicolo 8290, del maggio 2006.
Il presente fascicolo contiene il testo della Guida CEI 31-56;V1 e della Guida CEI 31-56;V2
(quest’ultima pubblicata solo mediante comunicazione su CEINFORMA)
La presente Guida di applicazione della Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66), prima edizione,
vuole essere un aiuto per i tecnici incaricati della classificazione dei luoghi con pericolo
d’esplosione per la presenza di polveri combustibili, per i costruttori di Prodotti, per i datori di
lavoro, per i progettisti degli impianti elettrici e non elettrici, per gli addetti alla sicurezza, per i
verificatori e per quanti altri siano interessati alla salvaguardia e al miglioramento della salute
e della sicurezza dei lavoratori che possono essere esposti al rischio d’esplosione, nonché
alla salvaguardia delle opere; essa deve essere utilizzata congiuntamente alla Norma
CEI EN 61241-10 (CEI 31-66).
La classificazione dei luoghi deve essere eseguita in linea con il dettato della Norma
CEI EN 61241-10 (CEI 31-66), prima edizione e per questo è possibile utilizzare tutti gli
strumenti informativi che il progettista ritiene utili, purché siano idonei, applicabili al caso
specifico ed in sintonia con la norma stessa; la presente Guida deve quindi essere intesa
come uno di detti strumenti informativi.
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Le caratteristiche significative delle polveri ai fini della classificazione dei luoghi con pericolo
d’esplosione sono fondamentali: ad esse è dedicata l’Appendice GA dove ne sono elencate
oltre 130 considerate le più comuni. Un elenco di oltre 4000 polveri combustibili con le loro
caratteristiche di combustibilità ed esplodibilità è riportato nel documento BIA-Report 13/97
“Combustion and explosion characteristics of dusts” [1], che costituisce un valido aiuto in
proposito; tuttavia le informazioni contenute, come quelle dell’Appendice GA, non devono
essere applicate in modo acritico, ma devono essere correlate alla situazione reale che si
presenta caso per caso, considerando le caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze
effettivamente presenti nel luogo considerato.
Come evidenziato nella Norma CEI EN 61240-10 (CEI 31-66), grande importanza assume la
bonifica degli ambienti ed in particolare la loro pulizia con rimozione degli strati di polveri
combustibili. Ai diversi provvedimenti di bonifica degli ambienti è dedicata l’Appendice GC.
I numeri tra parentesi quadra nei titoli ed in corrispondenza di formule o disegni sono i
riferimenti alla bibliografia riportata nell’Appendice GI.
A seguito della pubblicazione della Norma CEI EN 61241-10, si fa presente che la Guida 31-56, prima
dedicata all’applicazione della Norma CEI EN 50281-3, si applica senza modifiche tecniche,
anche come guida di applicazione alla Norma CEI EN 61241-10.
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Per questo motivo nella presente edizione sono stati sostituiti i riferimenti alla Norma CEI EN 50281-3
con quelli alla Norma CEI EN 61241-10
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1 Generalità
1.1 Scopo
La presente Guida ha lo scopo di approfondire il tema della classificazione dei luoghi con
pericolo d’esplosione per la presenza di polveri combustibili, relativa ad opere di nuova
realizzazione e alle trasformazioni o ampliamenti di quelle esistenti, nel rispetto della Norma
CEI EN 61241-10 (CEI 31-66), prima edizione.
La classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri combustibili
deve essere eseguita in linea con il dettato normativo e per questo è possibile utilizzare tutti
gli strumenti informativi che il progettista ritiene utili, purché siano idonei, applicabili al caso
specifico ed in sintonia con la Norma stessa; la presente Guida deve quindi essere intesa
come uno di detti strumenti informativi.
La classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione non fa parte del progetto elettrico, ma
dei dati necessari per lo sviluppo del progetto stesso (dati di progetto), nonché per lo sviluppo
di altri tipi di impianti i cui componenti possono essere causa d’innesco di esplosioni, quindi
deve essere redatta contestualmente al progetto dell'opera nel suo insieme, e comunque
prima della scelta dei requisiti di sicurezza dei prodotti che compongono gli impianti
(apparecchi, sistemi di protezione, componenti).
Nella presente Guida è trattato solo il pericolo d’esplosione per la presenza di polveri
combustibili. Per gli effetti dell’esplosione, quali la presenza di fiamme, onde di pressione,
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tossicità dei gas di combustione, ecc. si rimanda alla valutazione dei rischi di cui al
D.Lgs 626/94.
In alcuni casi si possono presentare nell’atmosfera miscele esplosive per la presenza di gas,
vapori, nebbie e polveri combustibili (miscele ibride). Anche se detti casi sono fuori dal campo
di applicazione della Norma (v. 1.2), nella presente Guida si dà qualche indicazione al
riguardo (v. 4.2.4).
Nel seguito della presente Guida, quando è indicato semplicemente “la Norma”, si deve
intendere la Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66).
Per gli altri campi di attività (es. artigianali, del terziario, agricole, ecc.), i principi normativi
della Norma sono comunque validi e, in assenza di norme tecniche armonizzate specifiche, la
Norma stessa e la presente Guida si applicano integralmente.
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Anche se non detto esplicitamente nella Norma, si considerano esclusi anche:
I suddetti vincoli probabilistici posti dalla legislazione europea sono contenuti nella Direttiva
94/9/CE del 23 marzo 1994, recepita nella legislazione italiana con il DPR 126/98, ed i vincoli
impiantistici sono contenuti nella Direttiva 1999/92/CE recepita nella legislazione italiana
relativa alla Sicurezza sul Lavoro con il D.Lgs. 233/03.
Per prevenire le esplosioni sono possibili misure di sicurezza che si possono distinguere in
due diverse categorie: misure di prevenzione e misure di protezione.
Le misure di protezione si adottano con i sistemi appositamente predisposti per bloccare sul
nascere le esplosioni e/o circoscrivere la zona da esse colpita (es. parafiamma, barriere di
contenimento ad acqua, in muratura, o altro, dischi di rottura, portelle di sfiato, barriere di
soffocamento, ecc.).
Si fa presente che:
Nei suddetti luoghi la valutazione della coincidenza (spaziale e temporale) di eventi che
comportano pericolo di esplosione è probabilistica, basata sul criterio di considerare, ai fini
della sicurezza, solo gli eventi di inefficacia (non idoneità) di più mezzi di protezione (ad es.
per guasti) che coincidono casualmente e non deterministicamente, ossia non associati tra
loro da una causa comune di inefficacia.
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1.3.3 Grado di sicurezza equivalente
Il grado di sicurezza di un mezzo di protezione ammesso indica il suo livello di efficacia
contro il manifestarsi di un evento pericoloso (per es. presenza di una polvere combustibile,
accumulazione nell'ambiente, miscelazione con aria, sia il suo contatto con fenomeni
innescanti).
Il grado di sicurezza equivalente di più mezzi di protezione in serie, tra di loro indipendenti da
cause comuni di inefficacia, ne indica il livello di efficacia contro il manifestarsi dell'evento
pericoloso ed è la somma dei gradi di sicurezza dei singoli mezzi di protezione.
Con le condizioni di volta in volta specificate nelle norme, le soluzioni impiantistiche nel loro
insieme, per il contenimento delle polveri combustibili, per la dispersione di loro emissioni e
per l'applicazione di mezzi di protezione contro gli inneschi, hanno grado di sicurezza
equivalente almeno 3, tenuto conto sia della probabilità di atmosfera esplosiva (zone) sia
della probabilità di inefficacia dei mezzi di protezione ivi ammessi (qualità del livello di
protezione richiesto), v. la Tabella 1.3-A.
Per gli apparecchi e per i sistemi di protezione, la qualità e le particolarità in esercizio del
livello di protezione richiesto sono prescritte nel DPR 126/98 (Direttiva 94/9/CE), articolo 1,
allegati I e II.
Per la classificazione dei luoghi, le zone sono definite nel D.Lgs 233/03 (Direttiva
1999/92/CE), Allegato XV-bis
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Se si vuole conseguire un grado di sicurezza "n" si devono disporre in serie "n" mezzi di
protezione normali, indipendenti da cause comuni di inefficacia, in modo che solo la loro
casuale contemporanea inefficacia consenta il manifestarsi dell'evento pericoloso.
Nel caso di più mezzi di protezione in serie, ragionevolmente indipendenti da cause comuni di
inefficacia, la probabilità di loro contemporanea casuale inefficacia è data dal prodotto delle
singole probabilità di inefficacia; perciò se la possibilità di inefficacia di un singolo mezzo di
protezione normale è bassa, quella di due mezzi di protezione normali è molto bassa e quella
di n (> 2 ) mezzi di protezione normali è il prodotto di "n" fattori molto minori di uno, ossia è
una probabilità estremamente bassa (di ordine n), da potersi considerare praticamente
trascurabile.
Data la rara comparsa delle sollecitazioni anormali ne deriva un aumento operativo del grado
di sicurezza, come se si avessero 2 mezzi di protezione normali (cioè come se il mezzo di
protezione sovradimensionato conferisse un grado di sicurezza 2).
Nella realtà questi due mezzi di protezione normali sono generalmente uno solo e diventano
inefficaci contemporaneamente; esempio tipico sono i Prodotti con grado di protezione IP6X,
ammessi in zona 21, la cui protezione aumentata riguarda la custodia, ma la cui inefficienza
totale può essere conseguenza di un unico evento da prevenire, sia dal modo di costruzione e
verifica da parte del fabbricante, sia dalle verifiche dopo l’installazione e manutenzione
preventiva (es. eventuale sostituzione della guarnizione eseguita a seguito di verifiche che
permettano l’individuazione dell’insorgere di possibili guasti e nel rispetto delle istruzioni del
fabbricante).
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Un mezzo di protezione si considera avere l'efficacia attesa:
x escludere la possibilità di assenza di barriere per colpa o dolo o per manutenzione trascurata;
x conoscere le cause che debbono coesistere perché in un dato luogo si manifesti l'evento
pericoloso;
x conoscere quali mezzi di protezione sono possibili ed efficaci contro i singoli eventi non voluti
di cui sopra (la tipologia dei mezzi di protezione dipende dalla natura di detti eventi).
Tabella 1.3-A
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Tabella 1.3-B – Riepilogo relativo al grado di sicurezza equivalente
Requisiti supplementari per i Prodotti richiesti dal DPR 126/98 D.Lgs. 233/03
(Direttiva 94/9/CE) (Direttiva 1999/92/CE)
Mezzi di protezione
Probabilità di
Gruppo Categoria (apprestamenti di difesa o barriere di sicurezza) presenza di Zona d’uso
atmosfera esplosiva
Qualità Adempimenti di protezione Quantità
NOTA 1 Si ricorda che nella Direttiva 94/9/CE è ammesso anche il livello di protezione assicurato da almeno un
secondo mezzo indipendente in caso di guasto di uno dei mezzi di protezione, come se l'indipendenza dei mezzi
ne aumentasse la qualità del primo.
NOTA 2 Le due anomalie possono avvenire anche nello stesso apparecchio.
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1.3.5 Casi particolari
Per particolari esigenze di impianto o di Prodotto (apparecchio, sistema di protezione,
componente e relative combinazioni), i datori di lavoro e/o i fabbricanti possono, a ragion
veduta, adottare soluzioni diverse da quelle generali previste dalle norme tecniche, purché ne
rispettino i requisiti essenziali di sicurezza.
La necessità del rispetto costante nel tempo della sicurezza impone ai datori di lavoro e/o ai
fabbricanti di precisare, con documenti da rendere disponibili anche a terzi (installatori,
verificatori, esercenti d’impianto, manutentori, autorità ispettive), le ragioni e le conseguenze
delle loro decisioni (es. procedure di lavoro, istruzioni per l’uso).
Nel caso di incertezza nella conoscenza (pratica o scientifica) di fattori che interessano la
sicurezza si devono stabilire ridondanze di mezzi di protezione in serie, ossia margini nella
sicurezza tali da compensare convenzionalmente l'incertezza.
In molti casi si deve ricorrere ad un'analisi operativa per indagare qualitativamente i fenomeni
(specie in insiemi complessi) perché essi raramente per mancanza di dati tecnici o scientifici
hanno la disponibilità di dati quantitativi probabilistici che esprimano con dati omogenei il
comportamento statistico nel tempo.
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x l'esistenza di un numero sufficiente di mezzi di protezione per le sole parti considerate fallibili
con specifici parametri operativi, ciascuna almeno normalmente efficace (ossia dimensionata
almeno per i parametri normali di progetto) e tutte ragionevolmente indipendenti da cause
comuni di inefficacia salvo l'eccezione operativa ammessa per i mezzi di protezione aumentati
in cui 2 mezzi di protezione sono inefficaci contemporaneamente;
x l'esistenza dei necessari tempi di ripristino dell'efficacia dei mezzi di protezione in funzione
della sorveglianza e degli interventi manuali o automatici conseguenti.
Si deve ricordare che se si vogliono attuare delle valutazioni probabilistiche quantitative di
atmosfera esplosiva vi è l'ulteriore difficoltà di dovere stabilire la durata temporale dell'evento
di breve durata ammesso nella zona 22 specifico di ogni impianto e che costituisce l'unità di
misura per determinare la probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva (il numeratore ed il
denominatore della probabilità).
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– D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233 “Attuazione della direttiva 1999/92/CE relativa alle
prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei
lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive” (compresa la relativa rettifica
pubblicata sulla GUCE L 134 del 7 giugno 2000 riguardante il cartello di cui alla Fig. 1-1),
che costituisce il Titolo VIII-bis del D.Lgs. 626/94;
– D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195 “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, per l’individuazione delle capacità e dei requisiti professionali
richiesti per gli addetti ed i responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei
lavoratori, a norma dell’articolo 21 della legge 1° marzo 2002, n. 39”.
NOTA Il Decreto legislativo innova l'intera materia della prevenzione e protezione dai rischi. Il datore di lavoro è
obbligato ad adottare una serie di provvedimenti dal punto di vista organizzativo, formativo e informativo, nonché
sotto il profilo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale. Nelle aziende, il datore di
lavoro deve istituire il servizio di prevenzione e protezione ai sensi del Titolo I, capo II, art. 8 del D.Lgs. 626/94.
Il D.Lgs. 626/94, per quanto con più di 200 dipendenti o 50 per le aziende estrattive attiene alla materia oggetto
della presente Guida, abroga il DPR 547/55, il DM M.L. 22 dicembre 1958 e il DPR 303/56.
Nel D.Lgs. 233/03 è detto tra l’altro che il datore di lavoro deve adottare le misure tecniche
e/o organizzative adeguate alla natura dell’attività per:
inoltre, per ogni tipo di zona, deve indicare il gruppo e la categoria dei Prodotti (es. Gruppo II,
Categoria 2 D), nonché le altre informazioni necessarie per la definizione dei requisiti dei
Prodotti stessi, v. 3.20 e 5.13.2.
La valutazione del rischio e quindi la classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per
le sostanze e le sorgenti di emissione a bordo di un Prodotto fornito (v. 3.15) è compito del
fabbricante del Prodotto stesso che, nell’esecuzione, deve tenere conto delle condizioni di
utilizzazione e ambientali del luogo d’installazione. La documentazione relativa alla
classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione (istruzioni per l’uso) deve essere fornita
all’acquirente (datore di lavoro o chi per esso) perché ne tenga conto per gli impianti al
contorno.
Il D.Lgs. 626/94, art. 88-octies, prevede tra le misure organizzative di protezione, il segnale di
avvertimento riportato nella Fig. 2.1-1 per indicare le zone con pericolo d'esplosione, da
utilizzare se necessario.
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L’uso potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire i lavoratori del pericolo,
particolarmente nei luoghi dove non ci si aspetta la presenza di zone con pericolo di
esplosione, es. un filtro di separazione polveri in un reparto di lavorazione metalli, una singola
tramoggia di svuotamento sacchi in un reparto di impasto e lavorazione Prodotti alimentari,
ecc.
Il segnale di pericolo (triangolare) deve essere realizzato con lettere in nero su sfondo giallo,
bordo nero (il colore giallo deve costituire almeno il 50% della superficie del segnale)
La dicitura “Luogo con pericolo di esplosione” non è prevista nel Decreto, ma potrebbe
essere utile quando possono sussistere dubbi sull’interpretazione del segnale di pericolo,
particolarmente in questo periodo iniziale di applicazione del D.Lgs. 233/03 in cui detto
segnale è nuovo.
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Fig. 2.1-1 – Segnale di pericolo per indicare le zone con pericolo di esplosione
E’ una norma generale di sicurezza (di Tipo A), applicabile a tutte le opere.
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3 Definizioni
Per gli scopi della presente Guida si applicano le definizioni seguenti, alcune delle quali sono
tratte dalla Norma UNI EN 1127-1 e dalla Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66), Capitolo 3.
3.1 Ambiente
Parte di un luogo nella quale esistono condizioni ambientali omogenee (es. ambiente aperto,
ambiente chiuso).
In uno stesso luogo possono esistere più ambienti quando nelle diverse sue parti esistono
condizioni ambientali diverse (es. una fossa può essere un ambiente diverso dal volume
libero del luogo dove l'aria di ventilazione può circolare liberamente o solo con qualche
impedimento).
3.3 Combustione
Reazione esotermica di ossidazione di una sostanza con un comburente (detto anche
ossidante e comunemente costituito dall’ossigeno dell’aria), generalmente accompagnata da
sviluppo di fiamme e/o di incandescenze e/o di fumo.
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NOTA Definizione sintetizzata da una serie di definizioni contenute nella Guida ISO/IEC 52/89.
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3.8 Funzionamento di un impianto o di un Prodotto
3.8.1 Funzionamento normale e funzionamento ordinario
Funzionamento normale è quello in cui un impianto o un Prodotto funziona entro le grandezze
caratteristiche di progetto; esso include tutte le possibili condizioni operative, compresa la
messa in servizio e fuori servizio (avvio e fermata).
A fini della presente Guida, il termine “funzionamento ordinario” rientra nell’ambito del “funzionamento
normale”.
3.8.2 Funzionamento anormale
Malfunzionamento previsto e legato al processo suscettibile di verificarsi poco
frequentemente.
Si devono considerare esclusi dal funzionamento anormale i guasti catastrofici, intesi come
eventi non prevedibili, nonché le avarie, i guasti e gli stati difettosi che possono verificarsi per
dolo; devono inoltre considerarsi generalmente esclusi anche le avarie, i guasti e gli stati
difettosi che possono verificarsi per colpa e per manutenzione trascurata.
Prima di stabilire che un evento è catastrofico, occorre considerare sia le cause specifiche di
guasto o comunque di emissione, sia le cause comuni di guasto; tipiche cause comuni di
guasto sono le vibrazioni, le temperature elevate, l’irraggiamento solare, la corrosione da
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3.8.3 Manutenzione
Combinazione di tutte le azioni tecniche e di quelle corrispondenti amministrative, intese a
conservare o ripristinare un Prodotto o un impianto in uno stato nel quale può adempiere alle
funzioni richieste.
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3.9.4 Ampliamento di un impianto esistente
Espansione di un impianto esistente con aggiunta di uno o più linee di produzione,
apparecchi, dispositivi, componenti o sistemi di protezione per aumento delle prestazioni e/o
della produzione.
I termini luogo pericoloso e area pericolosa sono considerati equivalenti, da preferirsi luogo
pericoloso.
3.11 Nube
Dispersione in aria di polvere combustibile con grandezza delle particelle e concentrazione
adatte a formare un’atmosfera esplosiva.
3.12 Opera
Ogni tipologia di manufatto dell'uomo (es. edificio, immobile, impianto, applicazione,
intervento, lavoro, ecc.).
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3.13 Pericolo
Proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità (es. impianto, Prodotto o attrezzatura
di lavoro, metodo e pratica di lavoro) avente attitudine di causare danni.
I termini “polvere esplosiva” e “polvere esplodibile” dovrebbero essere evitati per non
confondere le polveri oggetto della presente Guida con le polveri esplosive propriamente
dette e considerate tali da specifiche disposizioni di legge.
NOTA La Norma CEI 64-2 le chiamava infiammabili, privilegiando la caratteristica di formare nubi esplosive; le
nuove norme (IEC, CENELEC e CEI) le chiamano combustibili, privilegiando la caratteristica di formare strati che
possono bruciare per lenta combustione.
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3.15 Prodotto (Guida alla Direttiva 94/9/CE, cap. 3)
Apparecchio, sistema di protezione, dispositivo, componente e relative combinazioni, come
definiti nel DPR 126/98, art. 1.
Il sistema di contenimento può quindi riferirsi sia alle polveri, sia a materiali suscettibili di
produrre polveri.
NOTA Le possibili sorgenti di accensione di esplosioni non risiedono solo negli impianti elettrici, ma in gran parte
degli impianti di altro tipo (es. termici, di lavorazione, convogliamento, deposito, ecc.).
Vedere al riguardo l’Allegato II, art. 1.3, della direttiva 94/9/CE.
3.21.2 Uso non corretto per dolo (con riferimento al Codice Penale, Titolo II, Capo I art. 43)
Azione od omissione non corretta (errata) nell’uso di un impianto o di un Prodotto attuata
secondo l’intenzione (volontaria) di provocare un evento dannoso o pericoloso (es. emissione
di polvere combustibile, esplosione).
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4 Pericoli da polveri combustibili [2]
4.1 Generalità
Per la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione da polveri combustibili si
considerano i luoghi (aree) nei quali sia prevedibile la presenza di polveri combustibili come
prodotti o sottoprodotti indesiderati (es. polvere di carbone, polvere di grano, ecc.), sia
all’interno dei sistemi di contenimento, sia all'esterno di detti sistemi, dai quali potrebbero
fuoriuscire, sia durante il funzionamento normale dell'impianto, sia in caso di funzionamento
anormale, sia in caso di manutenzione.
Il pericolo di esplosione dovuto alle polveri è spesso sottovalutato rispetto a quello dovuto ai
liquidi e ai gas infiammabili, sebbene i danni che ne derivano possano essere anche
maggiori. Molti sono stati nel passato gli incidenti in cui la polvere combustibile ha avuto un
ruolo determinante.
Nei casi particolari in cui le emissioni siano maggiori, sarà necessario procedere ad una
classificazione dei luoghi specifica, considerando il fatto che, maggiori estensioni o aggravio
dei tipi di zone possono coinvolgere, oltre alle attrezzature di lavoro, anche impianti che non
hanno i requisiti adatti per essere installati in zone con pericolo di esplosione.
Le attività di manutenzione in luoghi con pericolo di esplosione devono essere definite con
procedure scritte ed il personale addetto deve essere adeguatamente addestrato.
In ogni caso, si devono considerare escluse dalla classificazione dei luoghi le emissioni di
polveri combustibili che possono avvenire per manutenzione trascurata (v. 3.8 e 3.21). Una
valutazione a parte deve essere fatta in caso di incidenti rilevanti.
Le emissioni di polveri combustibili che avvengono o possono avvenire per l’uso non corretto di
un impianto o di un Prodotto per colpa, non vengono generalmente considerate nella
classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione in quanto dovrebbero essere evitate mediante
misure tecniche e/o organizzative di protezione (es. ridondanza di barriere di sicurezza,
organizzazione del lavoro, regolamenti, istruzioni scritte, formazione dei lavoratori, ecc.).
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Nei casi particolari in cui dette emissioni rientrino almeno nella definizione di emissione di
secondo grado come stabilito nella Norma, esse dovranno essere considerate nella
classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione (es. in corridoi di passaggio di carrelli con
sacchi di polvere).
Si devono considerare in ogni caso escluse dalla classificazione dei luoghi le emissioni di
polveri combustibili che possono avvenire per dolo (v. 3.8 e 3.21).
Nel caso di polveri che emettano gas infiammabili si applicano anche le prescrizioni per le
sostanze infiammabili (CEI EN 60079-10).
a) restare disperse nell’aria per un certo periodo di tempo e creare atmosfere esplosive
pericolose (nubi), quindi depositarsi per effetto della propria massa formando strati;
oppure,
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b) formare strati che, in presenza di turbolenze o azione meccanica, possono essere dispersi
nell’aria creando atmosfere esplosive pericolose, fungendo così da sorgenti di emissione;
oppure,
c) formare strati di polvere che NON si prevede possano essere dispersi creando atmosfere
esplosive pericolose e che presentano solo pericolo d’incendio dovuto a lenta
combustione per ossidazione o per decomposizione della polvere sottoposta a
surriscaldamento.
Per la classificazione dei luoghi occorre valutare sia la probabilità di formazione delle
atmosfere esplosive pericolose, sia la probabilità di formazione di strati.
E’ necessario limitare quanto più è possibile l’estensione degli strati di polvere in quanto è
tipico il fenomeno di una prima piccola esplosione (detta primaria), determinata
dall’accensione di polvere in strato che solleva, per azione dell’onda di pressione, una
quantità molto maggiore di polvere con una seconda esplosione (esplosione secondaria)
molto maggiore della prima (effetto domino).
La perturbazione dovuta ad un’esplosione primaria da uno strato (caso b), quando prevista,
deve essere considerata compresa tra i disturbi che provocano la dispersione nell’aria
creando atmosfere esplosive pericolose.
Gli strati di polvere dovrebbero essere sempre limitati, sia come probabilità di presenza, sia
come estensione, per evitare che un’esplosione primaria, anche di piccola entità, possa
sollevarli e creare esplosioni secondarie di entità molto maggiori della prima (effetto domino).
Si deve considerare che emissioni diluite nel tempo o continue di polvere in piccole quantità,
che non determinano zone pericolose nelle immediate vicinanze della sorgente di emissione
(SE), ad esempio le emissioni strutturali (v. 5.7.4.1), possono, nel tempo, creare al suolo e
sulle superfici piane o poco inclinate strati di polvere pericolosi.
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Perché la nube sia esplosiva occorre che la polvere sia combustibile e presente in
concentrazione all’interno del campo di esplodibilità (g/m 3 ), v. 5.5.5.
Per la incoerenza e la irregolarità delle particelle che costituiscono le polveri, queste vengono
caratterizzate dalle seguenti grandezze fisiche:
– densità (apparente) degli accumuli (quantità statistica di polvere per volume specifico,
considerando gli interstizi tra le particelle);
– grandezza media delle particelle;
– concentrazione della dispersione (quantità di polvere dispersa per volume d’aria).
Delle grandezze fisiche elencate, la concentrazione della dispersione, che rappresenta un
suo valore medio statistico, assume grande importanza; essa è soggetta a variazioni
temporali e spaziali per diverse cause (disturbi, ostacoli, diversa velocità di caduta libera
delle particelle) che alterano le caratteristiche esplosive della miscela stessa.
1) La polvere è combustibile.
2) La polvere è dispersa in aria con modalità tali da formare una nube nell’atmosfera
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Se manca una sola di queste condizioni da 1) a 6) l’esplosione non può avvenire. Tutte le
misure di prevenzione si basano quindi sull’eliminazione di una o più di queste condizioni.
Uno strato di polvere depositata sopra componenti che producono calore (es. componenti
elettrici) peggiora il loro raffreddamento, con conseguente aumento della temperatura. Se la
temperatura superficiale del componente dell'impianto supera la temperatura di accensione
della polvere in strato, questa si innesca (lenta combustione per ossidazione o per
decomposizione della polvere); dopo l'innesco, in funzione della sua granulometria sarà
anche possibile sollevarne le frazioni più leggere formando un’atmosfera esplosiva.
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Non è esclusa la possibilità di presenza di polveri in strato incapaci di sollevarsi e, quindi di
formare nubi esplosive. In tale caso sussiste solo il pericolo d’incendio ( lenta combustione).
Per i problemi legati al pericolo d’incendio e alle temperature massime superficiali dei
Prodotti, v. 5.13.2.
Lo strato di polvere può essere evitato o mantenuto a spessori trascurabili mediante interventi
di bonifica degli ambienti (v. 3.18); l’ideale sarebbe pulire continuamente il luogo, in modo da
evitare l’accumulo della polvere, ma questo non è sempre è possibile, v. Appendice GC.
I limiti inferiori di esplodibilità (LEL) di miscele di più gas e/o vapori, sono valutabili
applicando semplici relazioni di proporzionalità. Lo stesso dicasi per alcune miscele di gas (o
vapori) e polveri, ad esempio per il sistema etilene-polietilene-aria, anche se esistono casi in
cui si evidenziano effetti sinergici, nel senso che il limite inferiore di esplodibilità (LEL) risulta
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Per concentrazioni superiori al LEL l'aggiunta di gas ad una miscela contenente una data
concentrazione di polvere in aria aumenta la la sovrapressione massima di esplosione p emax ;
il fenomeno contrario è verificato se si aggiunge polvere ad una miscela contenente una data
percentuale di gas.
Il limite superiore di esplodibilità UEL delle miscele in aria, sia di soli componenti gassosi sia
di gas e polveri, non è deducibile da una relazione di proporzionalità.
Per il rispetto dei principi di sicurezza della Norma, gli impianti dove vengono lavorate o
depositate polveri combustibili dovrebbero essere progettati, eserciti e mantenuti in modo da
ridurre al minimo il numero e l'estensione delle zone 20 e 21. In altre parole, gli impianti e le
installazioni dovrebbero originare principalmente zone 22 o luoghi non pericolosi; questo è più
facilmente raggiungibile se l’attività di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione si
sviluppa, fin dalle fasi iniziali della progettazione (progetto preliminare), parallelamente ed in
modo interattivo con quella delle altre discipline tecniche coinvolte nel progetto dell’opera nel
suo insieme.
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Il procedimento di classificazione dei luoghi è il seguente, analogo a quello previsto per i
luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili.
Si segnala l’opportunità di reperire i dati generali di progetto prima di dare inizio all’attività di
classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, per evitare errori e/o omissioni.
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d) Ubicazione, indicare l’indirizzo relativo all’ubicazione dell’opera (Via, numero civico,
Comune, CAP, Provincia).
e) Scopo del lavoro (il tipo d'intervento richiesto deve essere chiaramente indicato e serve a
definire correttamente i limiti di competenza del tecnico incaricato della classificazione dei
luoghi con pericolo di esplosione). L’intervento può consistere nella realizzazione di un
nuovo impianto e nella trasformazione o ampliamento di un impianto esistente, può
riferirsi ad un livello di classificazione preliminare o definitivo, v. 6.1.
f) Descrizione schematica delle parti o unità di impianto oggetto dell’incarico che ne
consenta l’identificazione ai fini della pericolosità, con la data di messa in servizio, una
breve descrizione del tipo di produzione, della loro potenzialità, delle eventuali
particolarità, facendo riferimento a disposizioni planimetriche (es. planimetria generale,
altri disegni con piante e sezioni) ed eventualmente a schemi; le informazioni relative alla
manipolazione, deposito, accumulo e utilizzo di polveri combustibili, la descrizione dei
sistemi di sicurezza e relative modalità d’intervento.
g) Vincoli posti dal committente e/o da Enti che ne hanno la facoltà.
h) Altre informazioni ritenute utili.
Quando il luogo non rientra nel campo di applicazione della Norma non significa che non
presenti pericoli di esplosione, ma che l’identificazione del pericolo, la determinazione della
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Devono essere individuate le sostanze in qualunque stato fisico, generalmente quello solido
compatto o di polvere che, sotto forma di polvere combustibile (v. 3.14), possono formare con
l’aria atmosfere esplosive.
– combustibilità, v. 5.5.1;
– esplodibilità, v. 5.5.2;
– grandezza media delle particelle di polvere e granulometria, v. 5.5.3;
– il contenuto di umidità e di altre sostanze inertizzanti, v. 5.5.4;
– campo di esplodibilità (LEL – UEL), v. 5.5.5;
– temperatura di accensione della nube e dello strato, v. 5.5.6;
– energia minima di accensione, v. 5.5.7;
– resistività elettrica, v. 5.5.8;
– densità (massa volumica) e densità apparente, v. 5.5.9;
– concentrazione limite di ossigeno nell’atmosfera, v. 5.5.10;
– pressione nel punto di emissione, v. 5.5.11;
– altre caratteristiche, v. 5.5.12.
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Le caratteristiche delle polveri sono stabilite mediante prove. In generale le prove sono fatte
in laboratori specializzati.
Si ricorda che non sempre è necessario reperire tutte le caratteristiche per fornire
informazioni sufficienti.
5.5.1 Combustibilità
L’attitudine di una polvere a bruciare in strato (combustibilità) viene verificata mediante esami
a vista in laboratorio e, se la polvere non è combustibile lo strato di polvere non presenta
pericoli d’incendio.
Se tutte le polveri non sono combustibili il luogo non presenta pericoli d’incendio da strati di
polvere.
5.5.2 Esplodibilità
La seconda proprietà da verificare per individuare una polvere combustibile, oltre la
combustibilità in strato, è la sua esplodibilità in nube.
Se la polvere non è esplodibile l’esplosione non può avvenire. Se tutte le polveri presenti non
sono esplodibili il luogo non presenta pericoli d’esplosione da polveri.
Per l’influenza delle caratteristiche delle polveri sulla loro esplodibilità vedere l’Appendice GB.
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Granulometria
SOSTANZA da … m da … m maggiore
fino a …. m Grandezza media
a … m a … m di …. m
% m
% % %
…………….
…………….
…………….
Fig. 5.5-1 – Granulometria di un campione di polvere - Indicazione in forma tabellare
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La grandezza delle particelle di una polvere è determinante per l’esplodibilità della polvere e
per la possibilità di formare la nube esplosiva e per la persistenza di questa, prima che tutta
la polvere sia depositata.
E’ difficile indicare la grandezza massima delle particelle al di sopra della quale non si ha più
l’esplosione; tuttavia, con una certa cautela, si può ritenere che particelle di grandezza
maggiore di 500 m (non grandezza media) non possano determinare una nube esplosiva.
Si vedano al riguardo i diagrammi delle Fig. GB.1-1 e GB.1-2.
La grandezza (dimensioni) non può generalmente essere considerata uguale per tutte le
particelle di una polvere data, per cui, in genere, essa è rappresentabile con distribuzioni
statistiche (granulometria). È dunque difficile determinare l’esatta influenza della grandezza
delle particelle sulla propensione della polvere ad esplodere essendo sempre possibile
trovare, nella massa del materiale, ancorché in pezzatura grossolana, una frazione
granulometricamente adatta alla formazione di atmosfere esplosive.
La granulometria di una polvere è poco utilizzata nella pratica corrente, più utilizzata è la
grandezza media delle particelle; tuttavia essa può permettere di escludere a priori
l’esplodibilità della polvere quando, considerate tutte le condizioni di manipolazione e/o
deposito, le frazioni al di sotto di 500 m sono in quantità trascurabile o assenti. La ricerca
della granulometria (distribuzione granulometrica) è quindi particolarmente utile quando la
grandezza media delle particelle è maggiore di 500 m.
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Quando la polvere non è esplodibile, cioè non può creare nubi esplosive, rimane il pericolo di
incendio dallo strato (v. 4.2.3).
Come è stato detto, le particelle più fini sono più facilmente disperdibili e saranno queste le
frazioni che andranno a depositarsi più lontano dalla SE: si deve concludere quindi che, le
esplosioni di nubi lontane dalle SE possono essere più severe di quelle di nubi emesse o
sollevate in prossimità delle SE stesse.
Esistono particelle talmente fini e leggere da avere un comportamento analogo a quello dei
gas, esse si allontanano molto dalla sorgente di emissione e possono depositarsi anche su
superfici più alte della sorgente di emissione; per queste polveri occorrono particolari
considerazioni.
L’umidificazione della polvere con acqua dà luogo ad agglomerati più difficili da disperdere, si
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riduce quindi la possibilità per la polvere di essere sollevata nell’aria e formare un’atmosfera
esplosiva ed aumenta la temperatura di accensione della nube.
L’umidificazione non è sempre praticabile, per esigenze di qualità del Prodotto o per
incompatibilità; infatti ci sono alcuni casi in cui l’acqua idrolizza la polvere e sviluppando
calore ne facilità l’accensione. In altri casi l’acqua reagendo violentemente con la polvere
sviluppa idrogeno che aumenta il pericolo d’esplodibilità della stessa polvere anidra (es.
alluminio, magnesio)
Percentuali di umidità fino al 12% contenute nelle polveri sono considerate non influenti per il
comportamento delle stesse.
In generale si osserva che il LEL aumenta con l’aumentare del tenore di umidità; con
percentuali di umidità superiori al 30%-50% la maggior parte delle polveri è inerte (v. Nota).
I limiti di esplodibilità delle polveri (LEL e UEL) sono espressi in termini di massa di polvere
per unità di volume di aria, generalmente in g/m 3 .
Al disopra dell’UEL la fiamma non può propagarsi per mancanza di ossigeno nelle immediate
vicinanze delle particelle. La determinazione sperimentale dell’UEL di una polvere presenta
notevoli difficoltà, in quanto bisogna essere certi che la nube costituente il sistema
eterogeneo polvere-aria abbia composizione uniforme e che non si formino zone in cui la
concentrazione della polvere sia inferiore a quella corrispondente al limite superiore di
infiammabilità. Poiché è estremamente raro che negli impianti industriali nubi di polvere
possano essere mantenute in concentrazioni sopra il limite superiore di esplodibilità,
l’interesse per questo limite è piuttosto scarso e la misura dell’UEL non viene quasi mai
effettuata.
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In prima approssimazione, l’andamento della sovrapressione di esplosione in funzione della
concentrazione della miscela aria-polvere ha un tipico andamento a campana: cresce a
partire da entrambi i limiti di esplodibilità inferiore e superiore, e raggiunge il suo valore
massimo in corrispondenza della concentrazione stechiometrica, valore compreso tra i limiti
suddetti. I limiti di esplodibilità, particolarmente quello superiore, variano al variare della
concentrazione di ossigeno nell’atmosfera. La Norma e la presente Guida si applicano ai
luoghi nei quali vi possono essere dei pericoli di esplosione dovuti alla presenza di polveri
combustibili in miscela con l’aria in condizioni atmosferiche, pertanto il LEL (e l’UEL) è inteso
riferito a dette condizioni (v. 3.4).
Per diverse polveri il LEL in aria è compreso tra 20 g/m 3 e 100 g/m 3 (ossia a valori inferiori a
quelli di molte miscele gas-aria). Tuttavia, e particolarmente per le polveri organiche, si
riscontrano valori di LEL anche superiori.
Il LEL dipende tra l’altro dalla grandezza media delle particelle di polvere; nell’Appendice GA
sono forniti alcuni esempi.
Di grande interesse e utilità pratica risulta la determinazione sperimentale del LEL, che
rappresenta la più piccola quantità di polvere sospesa in un’unità di volume di aria capace di
accendersi e di propagare la fiamma. In concentrazioni inferiori al LEL le particelle della
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stessa polvere sono più lontane tra di loro e, a tale distanza, il calore liberato dall’ossidazione
delle singole particelle non è sufficiente ad accendere quelle adiacenti.
NOTA Con miscele ibride gas-polvere la determinazione sperimentale del LEL è particolarmente complessa. La via
delle prove deve essere considerata quando si è in presenza di notevoli quantità di miscele e quando sia
prevedibile un risultato attendibile dalla prova stessa. In alternativa si può ricorrere ad una valutazione del
contributo energetico di ciascuna sostanza costituente la miscela e la somma deve risultare inferiore al contributo
energetico di ciascuna sostanza in concentrazione pari al suo LEL; in ogni caso, è opportuno essere prudenti,
quindi assumere un LEL più basso di quello che risulta da una valutazione anche puntuale.
In pratica, i limiti di esplodibilità per le polveri non sono utilizzabili nella stessa misura di quelli
per i gas e i vapori, in quanto la concentrazione di polveri può essere notevolmente alterata
localmente da condizioni ambientali specifiche, ad esempio, è possibile che si formi
un'atmosfera esplosiva a causa di vortici di polveri.
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5.5.7 Energia minima di accensione
L’energia minima di accensione MIE (in inglese = minimum ignition energy) delle polveri é
espressa in mJ.
Tutte le polveri combustibili, come i gas e i vapori infiammabili, richiedono un'energia minima
per avviare e sostenere il processo di combustione di una miscela compresa entro i limiti di
esplodibilità: tale energia dipende dalla natura chimica della polvere, dalla sua granulometria
(l’energia minima di innesco è tanto minore quanto più fine è la polvere), dall’uniformità della
nube, dalla turbolenza e può essere fornita da sorgenti di vario tipo (scintilla meccanica, arco
elettrico, filo caldo, elettricità statica, ecc.).
I valori della minima energia di accensione in aria MIE per alcune polveri sono riportati
nell’Appendice GA
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NOTA L’energia elettrostatica accumulata da una persona può arrivare fino a 135 mJ.
La densità (assoluta) dei corpi incoerenti (es. polvere) è la massa dell’unità di volume
assoluto occupato dalle sole particelle, senza considerare vacuoli interni, cavità e quant’altro
non effettivamente occupato dalla sostanza stessa.
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5.5.10 Concentrazione limite di ossigeno nell’atmosfera (UNI EN 1127-1)
La concentrazione limite di ossigeno nell’atmosfera (LOC) è la concentrazione massima
ammessa di ossigeno in una miscela di aria, gas inerte e polvere combustibile, fino alla quale
non può avvenire alcuna esplosione in determinate condizioni di prova; essa è espressa in %
volume.
La pressione nei diversi punti dell’impianto può non essere la stessa; in questi casi essa deve
essere riferita alle singole SE.
Quando considerata, la temperatura T deve essere attribuita alle singole SE in quanto, nelle
diverse parti dell’impianto potrebbe non essere la stessa. La temperatura T è generalmente
espressa in °C.
A volte può essere opportuno indicare le quantità di polvere distinte tra lavorazione (o anche
manipolazione) e deposito. I valori indicati possono essere approssimati, considerando che
sono richiesti per consentire la valutazione del carico d’incendio ai fini della valutazione del
rischio d’incendio.
– aperto;
– chiuso.
NOTA Un ambiente coperto da una tettoia, ma aperto lateralmente per tutta la sua altezza e per almeno il 60% del
suo perimetro, può essere considerato come aperto, purché non contenga al suo interno ostacoli rilevanti, atti a
provocare accumulazione delle polveri.
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Ciascuno di questi due tipi di ambienti può essere provvisto o meno di sistemi di bonifica,
v. 3.18 e l’Appendice GC.
La valutazione delle condizioni ambientali, della loro influenza sulla dispersione delle polveri
nell’atmosfera e, più in generale, sulla classificazione dei luoghi deve essere eseguita caso
per caso, coinvolgendo gli specialisti dei sistemi di contenimento, della sicurezza e dei
costruttori di apparecchiature e componenti.
I movimenti delle polveri nell’aria all’esterno dei sistemi di contenimento, sono poco
prevedibili. Agli effetti della dispersione delle polveri è importante la velocità dell’aria e la
presenza di sue perturbazioni e turbolenze, sia quelle dovute ai movimenti propri dell’aria,
naturali o artificiali, sia quelle dovute ad azioni di elementi esterni, quali macchine, veicoli e
persone.
Nei limiti del possibile, tali disturbi e turbolenze devono essere evitati.
Per contro, la carenza di movimenti dell’aria, generalizzata o locale, per effetto di ostacoli,
attenua il fenomeno di formazioni di nubi, ma accentua quello di formazione di strati di
polvere.
La perturbazione dovuta ad un’esplosione primaria da uno strato (v. 4.2.1.b), quando prevista,
deve essere considerata compresa tra i disturbi che provocano la dispersione nell’aria
creando atmosfere esplosive pericolose.
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5.6.6 Concentrazione di ossigeno nell’atmosfera (solo per ambienti inertizzati)
Per l’atmosfera degli ambienti inertizzati deve essere indicata la concentrazione di ossigeno,
per confrontarla con la concentrazione limite di ossigeno LOC , v. GC.6.
Le SE possono emettere polveri, sia nel funzionamento normale dell’impianto, sia nel
funzionamento anormale, sia in caso di manutenzione (v. 3.8).
Nella Norma sono previsti tre gradi di emissione dalle SE, continuo, primo, secondo, in ordine
decrescente di probabilità di emissione di polvere combustibile nell’ambiente:
x formazione continua di una nube di polvere – luoghi nei quali una nube di polvere può essere
presente continuamente o per lunghi periodi, oppure per brevi periodi a intervalli frequenti.
x emissione di primo grado – sorgente che si prevede possa rilasciare polveri combustibili
occasionalmente durante il funzionamento ordinario;
x emissione di secondo grado – sorgente che si prevede non possa rilasciare polveri
combustibili occasionalmente durante il funzionamento ordinario ma se avviene è possibile
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Un'emissione che avviene sia pure poco frequentemente e per brevi periodi, ma durante il
funzionamento normale (ordinario) non può generalmente essere considerata di secondo
grado; essa deve essere generalmente considerata di primo grado.
Le emissioni di secondo grado non sono previste durante il funzionamento normale, esse
sono generalmente riconducibili solo ad eventi non voluti, quali ad esempio: le avarie e gli
stati difettosi prevedibili, l’uso non corretto ragionevolmente prevedibile; pertanto, per definire
la loro durata e frequenza, è necessario fare riferimento alle modalità di sorveglianza
(esercizio) e manutenzione dei sistemi di contenimento delle sostanze infiammabili e dei
relativi componenti.
Gli eventi non voluti devono essere presi in considerazione o meno in relazione ai criteri
adottati di progettazione e manutenzione dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili
e dei relativi componenti, nonché in relazione all’efficacia ed efficienza dei mezzi (barriere)
attuati per prevenire tali eventi e per limitarne la durata.
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Per la maggior parte delle polveri combustibili è già sufficiente il deposito di uno strato di
spessore di 0,3 mm regolarmente distribuito al suolo, per occupare totalmente, quando
disturbato, uno spazio considerevole con formazione di un’atmosfera esplosiva polvere/aria.
Possono essere considerate ad esempio emissioni di grado continuo quelle che avvengono
dai seguenti punti o parti d’impianto in funzionamento normale (v. 3.8.1):
x gli strati di polvere combustibile in recipienti aperti, v. Fig. 5.9-12., Fig. 5.9-13 e Fig.5.9-16;
x gli strati di polvere combustibile (v. 3.20) all’interno dei sistemi di contenimento, introdotti, o
formatisi come prodotto o sottoprodotto indesiderato (es. in recipienti, apparecchi, mulini,
frantumatrici, essiccatoi, cicloni, filtri, tramogge, mescolatori, condutture per il trasporto,
coclee, nastri trasportatori, insaccatrici, sili, ecc) che possono essere disturbati
frequentemente e formare nubi esplosive, v. Figure.
x gli strati di polvere all’esterno dei sistemi di contenimento che possono essere disturbati
frequentemente e formare nubi esplosive, con il livello di mantenimento della pulizia “scarsa”
(v. GC.5.2); in genere si tratta di luoghi in cui non si svolgono operazioni di pulizia.
NOTA 2 I punti di discontinuità da apparecchiature e tubazioni con portate di emissione tanto piccole da non creare
zone pericolose nell’intorno immediato ma che possono contribuire a formare strati di polvere nel tempo (emissioni
strutturali) sono assimilabili alle emissioni di grado continuo.
Possono essere considerate ad esempio emissioni di primo grado quelle che avvengono dai
seguenti punti o parti d’impianto in funzionamento normale (v. 3.8.1):
x le aperture verso l’ambiente di macchinari aperti, atti a produrre polveri combustibili (ad
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x i distributori di polveri combustibili, esclusi i raccoglitori interamente chiusi, v. Fig. 5.9-20;
x le bocche di caricamento o di scarico chiuse e le tramogge chiuse;
x i trasportatori e gli elevatori chiusi, particolarmente in corrispondenza delle estremità,
v. Fig. 5.9-10 e Fig. 5.9-11;
NOTA I trasportatori e gli elevatori chiusi non provvisti di sistemi di controllo dell’efficienza possono dare
origine ad emissioni di notevoli quantità di polvere.
pertanto si suggerisce di utilizzare il seguente approccio più generale che riduce l’onere
senza inficiare minimamente la sicurezza.
Una sostanza può essere rappresentativa di altre sostanze nelle valutazioni, quando essa è
quella che prevede le zone più estese e determina la temperatura superficiale massima T max
dei Prodotti.
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Ai fini della definizione degli intervalli di pulizia degli ambienti, la contemporaneità è da
intendersi quella relativa alla durata degli stessi.
La contemporaneità delle emissioni di primo grado deve essere valutata caso per caso sulla
base di un’analisi operativa, considerando che, generalmente, si dovrebbe considerare
l’emissione contemporanea solo di una parte di esse, tra le quali devono essere comprese
certamente tutte quelle dipendenti da cause comuni di emissione e quelle più gravose. Nei
casi in cui non sia possibile definire la contemporaneità delle emissioni di primo grado, si può
fare riferimento, a discrezione del tecnico preposto alla classificazione dei luoghi, alla Tabella
5.7-A dove il numero di emissioni di primo grado contemporanee è stabilito considerando la
probabilità del singolo evento P = 10 -1 e la probabilità minima di contemporaneità degli eventi
P = 10 -3 .
1 1
2 2
3a5 3
6a9 4
10 a 13 5
14 a 18 6
19 a 23 7
24 a 27 8
28 a 33 9
34 a 39 10
40 a 45 11
46 a 51 12
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5.7.4.3 Contemporaneità delle emissioni di secondo grado
In presenza di emissioni continue, di primo grado e di secondo grado, per definire la
concentrazione massima di polvere nell’atmosfera (g/m 3 ) e la possibilità di formazione di
strati di polvere, nonché il loro spessore, si considerano tutte le emissioni continue di cui in
5.7.4.1, più quelle di primo grado considerate contemporanee di cui in 5.7.4.2, più ciascuna
emissione di secondo grado considerata singolarmente. Ovviamente, l’emissione
determinante sarà quella più gravosa presente nell’ambiente considerato.
sono depositati e/o movimentati con modalità tali da considerare ragionevolmente non
prevedibili cadute che possano provocare l’apertura del coperchio o il
danneggiamento con fuoriuscita significativa di sostanze contenute;
è attuata in sito ogni ordinaria cautela contro la formazione di strati di polvere e vi è
una costante presenza dei mezzi per la loro neutralizzazione (indicativamente, durata
complessiva di presenza di strati inferiore a 1 h in 365 giorni).
b) la struttura principale degli involucri di recipienti in pressione, compresi gli ugelli e i passi
d’uomo chiusi;
c) i tubi, i condotti e le relative derivazioni senza giunti;
d) i tubi e i condotti in depressione con adeguata continuità della sua efficienza e quelle
prive di giunzioni a flangia e simili (le saldature ed i manicotti non si considerano
giunzioni);
e) i sacchi ed i contenitori (di materiali idonei) chiusi e rispondenti alla normativa per il
trasporto su strada e/o ferrovia;
f) le tenute di valvole e giunti flangiati, purché nella loro progettazione e costruzione siano
state ritenute adeguate in considerazione della prevenzione di perdite di polvere.
NOTA I giunti flangiati delle tubazioni per il trasporto pneumatico delle polveri devono essere considerati SE solo
se rispondono alla definizione di SE di cui all’art. 5.7.1; essi sono dispositivi di giunzione a tenuta che possono non
essere considerati SE quando sono dimensionati ed installati tenendo conto che non debbano avvenire emissioni
significative, sia in tutte le possibili condizioni operative del funzionamento normale dell’impianto. Per non essere
considerati SE, i giunti flangiati devono essere eseguiti mediante dispositivi aventi caratteristiche di non
emissione, dimostrate sottoponendoli allo scopo a prove in tutte le situazioni di esercizio ragionevolmente
prevedibili sopra riportate e nel tempo (durata); inoltre, in dipendenza delle influenze esterne e delle condizioni di
esercizio, i componenti "usurabili" devono essere sostituiti nel rispetto delle indicazioni del costruttore e
comunque, con periodicità tale da assicurare nel tempo il mantenimento delle condizioni previste di sicurezza.
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Per ciascun grado di emissione si definisce il tipo o i tipi di zone pericolose.
I tipi di zone pericolose sono così definiti nell’art. 6.1 della Norma, graduate in ordine di
probabilità (frequenza e durata) di presenza di atmosfera esplosiva:
Zona 20: Luogo in cui un’atmosfera esplosiva, sotto forma di una nube di polvere
combustibile nell’aria, è presente in modo continuo, per lunghi periodi, o
frequentemente.
Zona 21: Luogo in cui è probabile sia presente un'atmosfera esplosiva, sotto forma di nube
di polvere combustibile nell'aria, sporadicamente (occasionalmente) durante il
funzionamento normale.
Zona 22: Luogo in cui è improbabile sia presente un'atmosfera esplosiva, sotto forma di
nube di polvere combustibile nell'aria, durante il funzionamento normale o, se ciò
avviene, è possibile sia presente solo poco frequentemente e per breve periodo.
NOTA Nell’edizione originale CENELEC di Zona 22 non è indicato: “poco frequentemente”. E’ stato introdotto nella
traduzione italiana come dovuta precisazione, nello spirito della Norma.
l’ambiente con la conseguenza di creare una SE di grado continuo costituita dallo strato
stesso, in quanto non asportato, ed una zona 20 invece di una zona 21.
La valutazione dell’efficacia della bonifica degli ambienti è agevolata con l’introduzione nella
Norma dei livelli di mantenimento della pulizia, v. l’Allegato C della Norma stessa.
Qualora si disponga di dati attendibili rilevati da luoghi con presenza delle stesse polveri
combustibili o di altre con pari caratteristiche, ivi soggette a lavorazione o deposito con
modalità e in condizioni ambientali che non siano diverse da quelle previste nel luogo
considerato, tali dati possono essere utilizzati per rettificare la qualifica e l'estensione delle
zone pericolose. I dati suddetti e i metodi di rilevamento degli stessi devono consentire una
corretta valutazione in uno dei modi seguenti:
– con analisi operativa del grado di sicurezza equivalente contro la presenza di atmosfera
esplosiva determinata dalle SE e dalle condizioni ambientali, v. 1.3;
– con calcolo probabilistico, in base a dati statistici idonei, della probabilità di atmosfera
esplosiva; il numero e la durata dei rilievi devono essere tali che la previsione formulata
abbia un adeguato grado di attendibilità; in relazione ai valori della probabilità, il tipo di
zona può essere definito facendo riferimento alla Tabella 5.8-A.
Tabella 5.8-A
Probabilità di atmosfera
Zona
esplosiva in 365 d (un anno)
-1
Zona 20 P > 10
10 < P d 10
-3 -1
Zona 21
10 < P d 10
-5 -3
Zona 22
NOTA Quando non sono disponibili valori attendibili dei ratei di guasto (accadimento), può essere generalmente
considerato almeno un evento ogni 365 d.
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5.8.2 Esempi di tipi di zone pericolose
5.8.2.1 Esempi di zona 20
Le condizioni che conducono alla formazione di zone 20 si possono presentare,
generalmente, solo all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, quali ad
esempio: recipienti, apparecchi, mulini, frantumatrici, essiccatoi, cicloni, filtri, tramogge,
mescolatori, condutture per il trasporto, coclee, nastri trasportatori, insaccatrici, sili, ecc.,
qualora si possano formare in permanenza, per lunghi periodi o spesso, miscele esplosive di
polveri in quantità pericolose, v. 5.7.1.
Tuttavia, la zona 20 può essere presente anche all'esterno dei sistemi di contenimento delle
polveri combustibili, con emissioni di grado continuo nell’ambiente, quali possono essere ad
esempio quelle da recipienti aperti, da depositi all’aperto, da strati di polvere di spessore
incontrollato perché non è attuata un’adeguata bonifica (in genere si tratta di luoghi in cui non
si svolgono operazioni di pulizia), v. 3.18 e Appendice GC.
NOTA 1 Le condizioni che conducono alla formazione di zone 20 sono proibite nelle aree di lavoro.
NOTA 2 Con un’analisi specifica delle procedure di lavorazione o deposito è possibile, in determinati casi,
giungere a classificare zona 21 l'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, quali ad esempio i
sili riempiti o vuotati poco frequentemente. I Prodotti (v. 3.18) installati all’interno dei sistemi di contenimento delle
polveri combustibili utilizzati quando questi sono in fase di riempimento o svuotamento, devono essere selezionati
considerando che la nube di polvere può essere presente durante il loro funzionamento normale.
In ambienti chiusi la zona 22 deve essere prevista nell’intorno delle zone 21 non confinate o
limitate da ostacoli rigidi.
Per ciascun grado di emissione si determina l’estensione della zona o zone pericolose.
5.9.1 Estensione delle zone pericolose all'interno dei sistemi di contenimento delle
polveri combustibili
Le zone pericolose all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili,
generalmente zone 20 (v. 5.8.2.1), si estendono a tutto il volume interno dei sistemi di
contenimento delle polveri combustibili, quali ad esempio: recipienti, apparecchi, mulini,
frantumatrici, essiccatoi, cicloni, filtri, tramogge, mescolatori, condutture per il trasporto,
coclee, nastri trasportatori, insaccatrici, sili, ecc.
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5.9.2 Estensione delle zone pericolose all'esterno dei sistemi di contenimento delle
polveri combustibili
5.9.2.1 Caratteristiche che condizionano l’estensione delle zone pericolose
L’estensione delle zone pericolose all’esterno dei sistemi di contenimento delle polveri
combustibili deve essere stabilita considerando principalmente le seguenti caratteristiche
delle polveri, del sistema di contenimento e dell’ambiente.
La quota “a” richiamata nei paragrafi seguenti per la definizione dell’estensione delle zone
pericolose all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, rappresenta
l’effettiva estensione assunta della zona pericolosa nella direzione di emissione e di più
probabile dispersione della nube esplosiva, che il tecnico incaricato della classificazione dei
luoghi pericolosi, assume per il progetto, con criteri cautelativi, partendo, se del caso, dal
valore di d z definito come indicato nell’Appendice GD.
In generale le zone pericolose si estendono in verticale verso il basso fino alla superficie di
deposito (es. suolo, pavimento, o superficie che delimita inferiormente la caduta della
polvere).
Deve essere considerato che la polvere fine può essere trasportata lontano dalla SE dai
movimenti dell’aria.
L’estensione delle zone può essere definita in modo diverso a seconda che l’emissione di
polvere avvenga in ambiente aperto o ambiente chiuso.
Negli ambienti aperti, quando la portata di emissione Q d è piccola, l’emissione avviene ad una
notevole altezza dalla superficie di deposito (es. h t 10 m) e si prevedono vento/turbolenze
sufficienti a diluire la nube in caduta, è ragionevole considerare l’estensione verticale verso il
basso non maggiore di ( 5 “a” ), v. 5.9 e GD.2.
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In ambienti chiusi si hanno ancora uno o più tipi di zone pericolose nell’intorno della SE, ma
queste possono interessare solo una parte dell’ambiente considerato (campo vicino) o tutto il
suo volume V a , compreso il campo lontano, in considerazione della presenza o meno di stati
di polvere e/o di tante SE.
La limitazione dell’estensione delle zone pericolose ad una sola parte dell’ambiente chiuso
dovrebbe essere considerata solo quando risulti utile ai fini della scelta, dell’installazione e
dell’uso dei Prodotti previsti nell’ambiente, si abbia la certezza dell’ubicazione delle sorgenti
di emissione, delle portate di emissione e delle condizioni ambientali.
Dove la dispersione della polvere è limitata da un ostacolo (es. una parete, una struttura)
questo può essere considerato generalmente come limite dell’estensione della zona; tuttavia,
quando detto ostacolo è di estensione limitata, esso può essere superato e la zona più
estendersi oltre con la regola del filo teso, v. 5.6.1.
La determinazione dell'estensione della zona può essere trattata in due fasi: definizione della
forma e definizione delle dimensioni.
La forma delle zone può essere definita tenendo conto di quanto sopra indicato, facendo
riferimento all’Allegato A della Norma o a guide e raccomandazioni relative a specifiche
industrie o applicazioni, valutandone l’applicabilità al caso in esame ed il rispetto della
Norma.
a a
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a1
a1 a
NOTA Questa figura, come la Fig. A.1 della Norma, non può essere applicata generalmente in ambienti chiusi
(v. 6.4 ultimo capoverso della Norma). L’eventuale applicazione in detti ambienti deve essere derivata da una
valutazione specifica.
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a
a
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Zona 20 Zona 22
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a
Superficie di deposito
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Zona 20 Zona 22
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 22
Fig. 5.9-7 – Esempio di zona pericolosa originata dallo scarico in ambiente chiuso
(o anche aperto) di un filtro dove la polvere può essere emessa
solo per malfunzionamento o rottura del filtro stesso [3]
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a
Saccone
(Big-Bag)
Aspirazione
Superficie di deposito
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Zona 20 Zona 22
Fig. 5.9-8 – Esempio di zona pericolosa originata dallo svuotamento in sistema chiuso
di un ”Saccone” (in inglese Big-Bag o FIBC) provvisto di aspirazione polveri,
sito in ambiente chiuso o aperto [3]
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 22
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Carico
Zona 20
a
Scarico
Superficie di deposito
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Zona 20 Zona 22
Superficie di deposito
a
Zona 20
a
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 22
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Scarico polvere
Recipiente aperto
a1
a
Superficie di deposito
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Fig. 5.9-12 – Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso,
continuo o frequente di polvere in grande quantità, in un recipiente aperto con bocca di
scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente chiuso [3]
Scarico polvere
Recipiente aperto
a a
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 21
Fig. 5.9-13 – Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso,
continuo o frequente di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa
sotto il bordo del contenitore sito in ambiente aperto [3]
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Scarico polvere
Recipiente aperto
a a
Superficie di deposito
Zona 21 Zona 22
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Fig. 5.9-14 – Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso,
occasionale di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa
sotto il bordo del contenitore sito in ambiente chiuso o aperto [3]
Scarico polvere
Recipiente aperto
Superficie di deposito
Zona 21
Fig. 5.9-15 – Esempio di zona pericolosa originata dallo scarico, o anche travaso,
occasionale di piccole quantità di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico
bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente chiuso o aperto [3]
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Scarico polvere
Recipiente aperto
a1
a
Superficie di deposito
Fig. 5.9-16 – Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso,
continuo di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico alta
al di sopra del contenitore sito in ambiente chiuso o aperto [3] (v. Nota)
NOTA Queste modalità di travaso dovrebbero essere evitate
a a
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 22
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a
Superficie di deposito
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Zona 20 Zona 22
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 22
Fig. 5.9-19 – Esempio di zona pericolosa originata da una valvola rotativa (rotocella)
sita in ambiente chiuso o aperto [3]
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a a
Superficie di deposito
Zona 20 Zona 22
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Superficie di deposito
Zona 21 Zona 22
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5.9.2.2 Zone 20
Le zone 20 all’esterno dei sistemi di contenimento dovrebbero essere evitate, o comunque
dovrebbero essere di piccola estensione, generalmente la quota “a” (v. 5.9.1) è compresa tra
0,1 m e 1 m nell’intorno della SE, con estensione verticale verso il basso fino alla superficie
di deposito (es. suolo, pavimento, o superficie che delimita inferiormente la caduta della
polvere), anche in considerazione del fatto che le condizioni che conducono ad una zona 20
sono proibite nei luoghi di lavoro. Le estensioni sono comunque da definire caso per caso.
Nei casi particolari in cui si abbiano emissioni di notevoli quantità di polvere, tali da non
consentire l’applicazione di quanto sopra indicato, l’estensione della zona deve essere
definita con altri criteri, quale ad esempio quello riportato nell’Appendice GD.
5.9.2.3 Zone 21
L’estensione delle zone 21 deve essere definita caso per caso; essa dovrebbe essere di
piccola estensione, generalmente è sufficiente una quota “a” di 1 m nell’intorno della SE, con
estensione verticale verso il basso fino alla superficie di deposito (es. suolo, pavimento, o
superficie che delimita inferiormente la caduta della polvere).
Nei casi particolari in cui si abbiano emissioni di notevoli quantità di polvere, tali da non
consentire l’applicazione di quanto sopra indicato, l’estensione della zona deve essere
definita con altri criteri, quale ad esempio quello riportato nell’Appendice GD.
Quando le emissioni di primo grado sono tante e/o uno strato di polvere si può depositare
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all’esterno della zona 21 determinata dall’emissione dal sistema di contenimento delle polveri,
può essere a volte opportuno considerare zona 21 tutto l’ambiente.
5.9.2.4 Zone 22
L’estensione delle zone 22 deve essere definita caso per caso; generalmente la quota “a”
deve essere definita considerando le caratteristiche di cui in 5.9.2.1, con estensione verticale
verso il basso fino alla superficie di deposito (es. suolo, pavimento, o superficie che delimita
inferiormente la caduta della polvere).
Negli ambienti chiusi, devono essere previste zone 22 circostanti alle zone 21 non confinate o
limitate da ostacoli rigidi; esse sono di piccola estensione; generalmente una quota “a” di 1 m
nell’intorno della zona 21 è sufficiente, con estensione verticale verso il basso fino alla
superficie di deposito (es. suolo, pavimento, o superficie che delimita inferiormente la caduta
della polvere).
Negli ambienti chiusi, quando le emissioni di secondo grado e/o le zone 22 sono tante e/o
strati di polvere si possono depositare all’esterno delle zona 22, come nel caso di polveri
molto fini, può essere a volte opportuno considerare zona 22 tutto l’ambiente.
Negli ambienti chiusi, quando le emissioni di secondo grado nell’ambiente dipendono da modi
comportamentali (es. nel caso di travasi con o senza sistemi di aspirazione aria) e sussistono
dubbi sulla correttezza di detti modi (es. velocità di travaso), può essere a volte opportuno
considerare zona 22 tutto l’ambiente (v. Fig. 5.9-1e Fig. 5.9-2) .
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5.10 Determinazione dei tipi e delle estensioni delle singole zone pericolose originate
da strati di polvere al di fuori dei sistemi di contenimento
5.10.1 Formazione degli strati
Facendo riferimento a quanto indicato in. 4.2, occorre stabilire se possono formarsi strati di
polvere e definirne le caratteristiche, che sono:
a) la grandezza media delle particelle (v. 5.5.3), utilizzata per stabilire se la polvere può
determinare pericoli di esplosione, fungendo così da sorgenti di emissione (SE), o solo
pericolo di incendio, v. 4.2;
b) L’estensione (dimensioni in pianta), utilizzata per definire l’estensione delle zone con
pericolo di esplosione e/o incendio e per individuare i Prodotti per i quali devono essere
definite le temperature massime superficiali;
c) lo spessore, utilizzato per definire le temperature massime superficiali dei Prodotti, v. 5.13
e le dimensioni delle zone pericolose;
d) la durata di presenza, utilizzata per stabilire il grado di emissione dello strato di polvere
considerato una SE; (v. 4.2.2 e GC.5).
Per la definizione dell’estensione (dimensioni in pianta) degli strati occorre considerare che le
polveri emesse dai sistemi di contenimento ricadono generalmente verso il basso fino alla
superficie di deposito (es. suolo, pavimento, o superficie che delimita inferiormente la caduta
della polvere), v. 5.9, per cui, in questi casi, uno strato di polvere avrà estensione almeno
corrispondente all’estensione in pianta della zona pericolosa originata dall’emissione dal
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e) quando lo strato non è disturbato, cioè nell’ambiente non sono presenti disturbi o
turbolenze, v. 5.6.4, da verificare attentamente caso per caso, l’estensione (dimensioni in
pianta) dello strato può corrispondere all’estensione in pianta della zona pericolosa
originata dall’emissione dal sistema di contenimento, v. 5.9;
f ) quando lo strato è disturbato, cioè nell’ambiente sono presenti disturbi o turbolenze, v.
5.6.4, l’estensione (dimensioni in pianta) dello strato dipende, sia dalle all’estensione in
pianta della zona pericolosa originata dall’emissione dal sistema di contenimento, v. 5.9,
sia dalle condizioni ambientali:
f 1) negli ambienti aperti possono essere considerati solo gli strati nell’intorno delle SE
e la loro estensione sarà valutata caso per caso considerando anche la direzione
prevalente dell’aria, v. Appendice GF; in generale, in questi ambienti le piccole
emissioni continue (emissioni strutturali) di cui in 5.7.4.1 possono essere
trascurate;
f 2) negli ambienti chiusi devono essere considerati sia gli strati nell’intorno delle SE,
sia quelli che si possono formare per disturbi o turbolenze e la loro estensione,
salvo casi particolari da considerare caso per caso tenuto conto delle quantità di
polvere e del volume degli ambienti stessi, corrisponderà generalmente a tutto
l’ambiente; in questi ambienti le piccole emissioni continue (missioni strutturali) di
cui in 5.7.4.1 non possono essere trascurate senza una valutazione caso per caso.
Se, nel corso dell’attività dell’opera, si riscontrasse l’accumulo di strati di polvere all’esterno
dei limiti definiti nella documentazione di classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione,
questa deve essere modificata comprendendo, nell’estensione (dimensioni in pianta) degli
strati, quelli riscontrati.
5.10.2 Gradi di emissione e tipi di zone pericolose originate da strati di polveri combustibili
Quando lo strato non è disturbato, v. 5.10.1.e), la polvere non può essere sollevata nell’aria
e, se si escludono fenomeni di lenta combustione che potrebbero sollevarne una parte
nell’atmosfera, esso non origina zone con pericolo d’esplosione e presenta solo pericolo
d’incendio.
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In ogni caso, in una più ampia valutazione, si deve anche considerare la possibilità che gli
strati possono contribuire alle esplosioni secondarie.
Quando lo strato è disturbato, v. 5.10.1.f), la polvere può essere sollevata nell’aria e creare
atmosfere esplosive, per cui esso è una SE con grado di emissione (continuo, primo,
secondo) dipendente dalla frequenza del disturbo e stabilito facendo riferimento alle
definizioni di cui in 5.7.1. (v. 4.2.1.b).
Negli ambienti chiusi, per stabilire se la zona pericolosa determinata dall’emissione da uno
strato si estende o meno a tutto l’ambiente, occorre definirne la concentrazione sulla base
della quantità di polvere sollevata contemporaneamente e delle dimensioni dell’ambiente, per
cui:
a) se la concentrazione della nube (g/m 3 ) è maggiore del 50% LEL tutto l’ambiente è zona
pericolosa;
b) se la concentrazione della nube (g/m 3 ) è uguale o minore del 50% LEL la zona può non
estendersi a tutto l’ambiente ma solo nell’intorno della SE; nei casi dubbi è opportuno
considerare che la zona pericolosa si estenda a tutto l’ambiente.
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La relazione che lega la concentrazione di una nube di polvere che si origina in un ambiente
chiuso a seguito della perturbazione di uno strato di superficie unitaria (1 m 2 ), per tutto lo
spazio che insiste sulla stessa superficie unitaria fino all’altezza H considerata, è la seguente
[2]:
C = Uapp s / H (5.10.a)
dove:
Ad esempio, presa una polvere con densità apparente di 500 kg/ m 3 e con LEL di 20 g/ m 3 ,
depositata in strato di spessore 0,3 mm, se questa venisse dispersa omogeneamente in un
ambiente di altezza 5 m, si avrebbe una concentrazione pari a:
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5.11 Aperture interessate da zone pericolose
5.11.1 Tipi di zone nell’ambiente a valle dell’apertura
Devono essere individuate le zone che interessano aperture verso altri ambienti; quindi, in
funzione: del tipo di zona presente a monte dell’apertura, del tipo di apertura e della
differenza di pressione atmosferica tra i due ambienti, si definisce il tipo di zona che, tramite
l’apertura si estende nell’ambiente a valle, v. la Tabella 5.11-A.
L’esperienza ha dimostrato che già valori di 5 Pa evitano il migrare della polvere tra i vari
ambienti.
Tabella 5.11-A
Ambiente a valle
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Chiuso Aperto
Zona Tipo
nell’ambiente a di Pressione Pressione Pressione Pressione Pressione Pressione Note
monte apertura ambiente ambiente ambiente ambiente ambiente ambiente
uguale a minore di maggiore di uguale a minore di maggiore di
quella a quella a quella a quella a quella a quella a
monte monte monte monte monte monte
5.12 Valutazione della possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la
formazione di atmosfere esplosive e limitare le zone più pericolose (zone 20 e 21)
La sicurezza integrata di cui al D.Lgs 626/94 e al D.Lgs 233/03 richiede che le opere
(impianti) dove le polveri combustibili di qualunque natura sono presenti o possono formarsi
(luoghi di lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito), devono essere progettate,
esercite e mantenute in modo da evitare innanzi tutto, per quanto possibile, la presenza di
atmosfere esplosive pericolose.
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Per raggiungere lo scopo di poter valutare la possibilità di eseguire interventi atti a rendere
poco probabile la formazione di atmosfere esplosive, limitare in numero e in estensione le
zone più pericolose (zone 20 e 21) e consentire interventi mirati quali ad esempio la
limitazione in numero e in portata delle emissioni continue e di primo grado, nonché la
bonifica come indicato nell’Appendice GC, la classificazione dei luoghi dovrebbe essere
eseguita in due fasi distinte (livelli): una edizione preliminare e una edizione definitiva, v. 6.1.
5.13 Inviluppo delle zone pericolose originate dalle singole sorgenti di emissione (SE)
La classificazione del luogo pericoloso si ottiene dall’inviluppo delle singole zone pericolose,
determinate come indicato nei punti precedenti. Ovviamente nei punti di sovrapposizione la
zona più pericolosa prevale su quella di minore pericolosità (la zona 20 sulle zone 21 e 22, la
zona 21 sulla zona 22).
Dove dall’inviluppo risultano piccole zone non pericolose circondate e/o incuneate tra zone
pericolose, può essere opportuno considerare anch’esse pericolose.
Parimenti se nelle immediate vicinanze dell’inviluppo così risultante ci sono altre zone
classificate, specie di piccola dimensione, può essere opportuno raccordarsi con esse e
inglobarle.
polveri necessarie per definire i requisiti dei Prodotti come ad esempio riportate nella Tabella
GA. 1-A.
Ove necessario, le caratteristiche di cui sopra devono essere raggruppate per evitare
diversificazioni insignificanti ai fini dei requisiti e dei costi dei Prodotti, ma onerose come
scorte di magazzino.
I raggruppamenti devono essere previsti almeno per ciascun ambiente e facendo prevalere i
valori più severi su quelli meno severi.
Gli eventuali raggruppamenti delle temperature massime superficiali T max devono essere
attuati facendo prevalere la temperatura massima superficiale più alta su quelle più basse.
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b) Luoghi con presenza di soli depositi in strato
La temperatura massima superficiale T max dei Prodotti non deve superare il valore stabilito
applicando le Regole 1, o 2, o 3, o 4 seguenti, riportate dalla Norma, che fanno riferimento
alla temperatura di accensione dello strato di polvere (o di lenta combustione) T l .
c) Luoghi con presenza sia di nubi esplosive sia di depositi in strato
La temperatura massima superficiale T max dei Prodotti non deve superare il valore più
basso fra quello stabilito in a) e quello stabilito in b).
Regola 1: Spessore dello strato di polvere fino a 5 mm (CEI EN 50281-1-2, art. 6.2.1)
– sul Prodotto (sulla sommità) possono formarsi strati di polvere di spessore non maggiore
di 5 mm;
– si prevede che possano formarsi strati di polvere di spessore non maggiore di 5 mm
attorno al Prodotto (sui lati o sul fondo, almeno un lato deve essere libero);
la temperatura superficiale massima ammessa dei Prodotti (v. 3.15) deve essere uguale o
inferiore alla temperatura minima di accensione relativa ad uno spessore 5 mm dello strato di
polvere interessato T 5 mm , ridotto di 75 K:
Tmax = T5 mm – 75 K (5.14.b)
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Ad esempio, per T 5 mm = 400 °C si ha T max = (400 –75) = 325 °C, v. Fig. 5.14-1.
Questa regola si applica generalmente all’esterno dei sistemi di contenimento delle polveri,
ma è possibile applicarlo anche all’interno a ragion veduta, quando lo spessore dello strato di
polvere è:
– controllato e rimosso di frequente, prima del verificarsi di effetti termici, v. Appendice GC,
oppure
– limitato dalla progettazione del prodotto e/o dell’impianto.
Regola 2: Spessore dello strato di polvere tra 5 mm e 50 mm (CEI EN 50281-1-2, art. 6.2.1,
6.2.2)
– sul Prodotto (sulla sommità) possono formarsi strati di polvere di spessore maggiore di 5
mm e fino a 50 mm;
– si prevede che possa formarsi uno strato di polvere di spessore non maggiore di 5 mm
attorno al Prodotto (sui lati o sul fondo, almeno un lato deve essere libero);
– il Prodotto non è completamente sommerso dalla polvere;
– la temperature minima di accensione è pari o superiori a 250°C riferita ad uno strato di
polvere di 5 mm (T 5 mm );
la temperatura superficiale massima ammessa dei Prodotti T max (v. 3.15) deve essere ridotta
di conseguenza, secondo il grafico seguente.
Il grafico della Fig. 5.14-1 fornisce esempi di riduzione della temperatura superficiale massima
ammessa Tmax dei Prodotti, partendo dalla temperatura Tmax stabilita secondo la Regola 1 ed in
funzione dell’incremento dello spessore dello strato di polvere da 5 mm a 50 mm, da utilizzarsi
come guida semi-qualitativa per evitare l’accensione degli strati di polvere.
Per temperature minime di accensione inferiori a 250°C ed in ogni caso dubbio o in cui sia
richiesta una maggiore precisione, la temperatura minima di accensione, in funzione dello
spessore dello strato di polvere, deve essere definita mediante indagine di laboratorio (Regola 4)
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Fig. 5.14-1 – Riduzione della massima temperatura superficiale ammessa
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Regola 3: Spessore dello strato di polvere in eccesso (CEI EN 50281-1-2, art. 6.2.1, 6.2.2, 6.2.3)
Quando sul Prodotto (sulla sommità), (v. 3.15), non può essere evitata la formazione di uno
spessore di polvere di spessore maggiore di 50 mm o non controllabile,o si prevede che
attorno al Prodotto (sui lati e sul fondo) si possa formarsi uno strato di polvere di spessore
maggiore di 5 mm, o quando il Prodotto è completamente sommerso dalla polvere, la
temperatura superficiale massima T max deve essere ulteriormente limitata, in funzione dello
spessore dello strato, per tener conto dell’effetto isolante dello stesso.
Tale prescrizione speciale può essere soddisfatta da un sistema di limitazione di potenza, che
può essere determinato sperimentalmente (simulazione delle condizioni di lavoro) o calcolata
utilizzando metodi di calcolo riconosciuti.
I tipici Prodotti per questa situazione sono quelli di misura e controllo a bassissima energia (es.
strumentazione, sensori, comandi).
Deve essere evitata l’installazione di Prodotti che producono calore (es. motori, apparecchi
d’illuminazione, prese a spina, ecc.), oppure, se utilizzati, devono essere sottoposti ad indagini
specifiche.
Le prove di laboratorio devono essere condotte per Prodotti (v. 3.15) e/o polveri quando si
presenta uno qualsiasi di questi casi:
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5.14.3 Aspirazione delle polveri all’interno dei Prodotti
Quando i Prodotti (v. 3.15), anche se installati all’esterno delle zone pericolose, in ragione
della loro ubicazione e delle loro caratteristiche, possono aspirare le polveri dall’atmosfera
ambiente, ad esempio per ventilazione artificiale o per differenza di temperatura tra interno ed
esterno (effetto camino), come può avvenire nei quadri elettrici di potenza, nelle macchine,
nei convertitori, ecc., occorre considerare anche il pericolo di esplosione e/o di incendio al
loro interno.
a) una edizione preliminare, da preparare nelle fasi iniziali della progettazione (progetto
preliminare e/o definitivo secondo la Guida CEI 0-2) in concomitanza con la definizione
della planimetria dell'opera, delle caratteristiche dei componenti che costituiscono i
sistemi di contenimento delle sostanze infiammabili (impianti di processo) e degli edifici;
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– relazione tecnica;
– fogli dati; (eventuali);
– relazione illustrativa dei calcoli eseguiti (eventuale);
– disegni.
Nei documenti sopra indicati devono essere riportate, tra l’altro, le informazioni per la
definizione dei requisiti dei Prodotti di cui in 5.14.
Per i casi più semplici la documentazione può essere semplificata di conseguenza, purché
contenga tutte le informazioni necessarie.
Essa può costituire un documento a se stante od anche far parte della documentazione sulla
valutazione dei rischi di esplosione in conformità al Titolo VIII-bis del D.Lgs. 626/96
(D.Lgs. 12-06-2003, n. 233).
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Quando il luogo (opera) considerato è grande e costituito da tante parti o unità, può essere
utile preparare una relazione tecnica generale e tante relazioni tecniche particolari quante
sono le parti o unità di cui si effettua la classificazione dei luoghi.
d) descrizione degli ambienti considerati e dei dati ambientali, sia interni, sia esterni e delle
condizioni ambientali, compresi gli eventuali sistemi di bonifica, v. 5.6;
e) per ciascun ambiente, elenco delle sorgenti di emissione (SE), con indicazione della loro
ubicazione, dei relativi gradi e modalità di emissione, nonché l’individuazione delle
sorgenti di emissione (SE) considerate rappresentative (utilizzate per le valutazioni) e dei
punti o parti di impianto non considerati sorgenti di emissione, v. 5.7;
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NOTA Quando le sorgenti di emissione sono numerose, può essere opportuno predisporre dei Fogli dati con le
relative informazioni.
f) per ciascun ambiente, determinazione dei tipi ed estensione delle singole zone pericolose
(riferite a ciascuna emissione), v. 5.8 e 5.9;
g) per ciascun ambiente, informazioni riguardanti la possibilità di formazione di strati di
polvere al di fuori dei sistemi di contenimento e loro caratteristiche, v. 5.10;
h) per ciascun ambiente, indicazioni delle aperture interessate da zone pericolose e dei tipi
ed estensioni delle zone pericolose a valle, v. 5.11;
i) per ciascun ambiente, indicazioni degli interventi attuati per rendere poco probabile la
formazione di atmosfere esplosive e limitare le zone più pericolose (zone 20 e 21), v.
5.12;
l) tipi ed estensioni delle zone pericolose risultanti (inviluppo) e informazioni per la
definizione dei requisiti dei Prodotti, v. 5.13.1;
m) dati per la definizione dei requisiti dei Prodotti, v. 5.14;
n) elenco dei documenti di classificazione dei luoghi e dei documenti allegati;
o) disposizioni riguardanti la progettazione, la costruzione, l’esercizio e manutenzione dei
sistemi di contenimento delle polveri combustibili (di processo delle sostanze).
NOTA Riassumono le implicazioni che le scelte fatte riguardanti la classificazione dei luoghi, come detto nei
punti precedenti, comportano nella progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione degli impianti e dei
relativi componenti coinvolti nella realizzazione della sicurezza oggetto della Norma .
Tali elementi devono essere travasati nelle istruzioni o disposizioni di progettazione, di costruzione, di
esercizio e di manutenzione dei sistemi.
“Gli impianti in cui sono prodotte, manipolate, convogliate o depositate polveri combustibili
(impianti tecnologici) devono essere progettati, eserciti e mantenuti in modo da minimizzare,
sia la probabilità di emissione, sia la quantità di polveri emesse nell’ambiente.
In particolare, le zone dove il pericolo può essere presente in funzionamento normale (es.
zone 20 e 21) devono essere limitate sia in numero sia in estensione.
NOTA A tale proposito si deve ricordare che gli interventi di bonifica influenzano sia la qualifica, sia l’estensione
delle zone pericolose per cui occorre attuarli nel rispetto delle procedure stabilite .
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La classificazione dei luoghi si può basare su procedure operative (di esercizio) quali ad
esempio:
Quando il luogo con pericolo d’esplosione è stato classificato e tutti i dati di riferimento sono
riportati nella documentazione relativa, è importante che nessuna trasformazione (modifica o
ampliamento) dell’opera (impianto tecnologico, comprendente l’impianto di processo, di
manipolazione, di convogliamento o deposito di sostanze infiammabili) che ha determinato la
classificazione stessa, sia eseguita senza che venga interessato e si ottenga l’accordo del
responsabile di detta classificazione, in quanto, azioni non concordate possono invalidarla.
Questa relazione può far parte della Relazione tecnica; tuttavia, essa è particolarmente utile
per alleggerire la Relazione tecnica quando per i calcoli è utilizzato un applicativo software
che fornisce un elaborato di stampa specifico.
6.2.4 Disegni
Nei disegni saranno riportate:
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b) il tipo e l’estensione delle zone pericolose, utilizzando la simbologia indicata in Fig. 6.2-2,
con l’indicazione del Gruppo e della Categoria dei Prodotti di cui in 5.14.1, della
temperatura massima superficiale T max dei Prodotti di cui in 5.14.2, nonché degli strati di
polvere presenti, in particolare quando di spessore maggiore di 5 mm;
c) quando negli ambienti considerati sono presenti aperture (porte, finestre, aperture di
ventilazione, passaggi di servizi, ecc.) è opportuno preparare un disegno preliminare per
accertare quali siano quelle interessate da zone pericolose a monte, al fine di stabilire i
tipi e le estensioni delle zone pericolose a valle delle stesse; nei disegni saranno riportate:
l’ubicazione e l’identificazione delle aperture degli edifici mediante codici o numeri, per
facilitare i riferimenti incrociati con gli altri documenti in analogia con le SE (es. porte,
finestre, aperture d’ingresso aria, ecc.), Fig. 6.2-1;
Per gli ambienti esterni, i disegni saranno generalmente costituiti da piante, per le quali
saranno utilizzate come base quelle dell’impianto tecnologico con riportati:
La classificazione del luogo o dei luoghi pericolosi risulterà dall’inviluppo delle zone originate
dalla singole SE, inglobando le eventuali zone non pericolose di piccola estensione che si
incuneano in essa o ne sono circondate.
Per gli ambienti interni può essere necessario preparare prospetti e/o sezioni nonché
planimetrie piano per piano.
La simbologia di identificazione dei diversi tipi di zone pericolose da utilizzare nei disegni di
classificazione è riportata nella Fig. 6.2-2; si tratta di una simbologia universalmente
riconosciuta ma non obbligatoria nella Norma; tuttavia, si raccomanda vivamente di utilizzarla;
in ogni caso, non è ammesso invertire il significato dei simboli riportati.
Nei disegni devono essere evidenziate le zone con polveri diverse e spessori degli strati
diversi; un metodo adatto è quello di utilizzare tratteggi con diverse densità delle righe,
completato da una legenda dove sarà indicato il tipo di polvere e lo spessore dello strato per i
diversi tratteggi.
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Sorgente di emissione SE,
valido per tutti i gradi di emissione
Apertura di tipo A
Apertura di tipo B
Apertura di tipo C
A-B
Esempio:
12
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Zona 20
Zona 21
Zona 22
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Figura 6.2-2 – Simboli di identificazione dei diversi tipi di zone pericolose sui disegni
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La Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) e la presente Guida si applicano alla classificazione
dei luoghi pericolosi relativi ad opere nuove e trasformazioni radicali di quelli esistenti;
quando le trasformazioni (modifiche o ampliamenti) dell'opera, i cui luoghi sono stati
classificati applicando la Norma CEI 64-2, non sono radicali, è possibile eseguire la
classificazione di luoghi secondo la Norma CEI EN 61241-10 della sola parte modificata.
Tuttavia, si ricorda che il D. Lgs 626/94 al Titolo VIII-bis (D.Lgs. 233/03), art. 88-decies,
comma 4 dice:
I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive già
utilizzati prima del 30 giugno 2003 devono soddisfare il 30 giugno 2006 le prescrizioni minime
stabilite dal presente titolo.
Le aree a rischio di esplosione sono ripartite in zone in base alla frequenza e alla durata della
presenza di atmosfere esplosive.
Il decreto prosegue stabilendo che, per i luoghi in cui possono formarsi atmosfere esplosive
sotto forma di nube di polvere combustibile nell’aria, le zone sono: zona 20, 21 e 22.
La Norma CEI 64-2 non prevedeva i diversi tipi di zone, ma soltanto zone AD e zone non AD,
questo comporta che, ferma restando la responsabilità e discrezionalità del datore di lavoro,
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nella generalità dei casi, i luoghi classificati di Classe 2 con la Norma CEI 64-2 devono
essere riclassificati.
Quando sia eseguita una nuova classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione in
conformità alla Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) per avvenute trasformazioni radicali
dell'opera esistente, o per adeguamento alle nuove disposizioni legislative, gli impianti
elettrici eseguiti a suo tempo secondo la Norma CEI 64-2 e non modificati, devono essere
verificati per accertare la loro rispondenza alle prescrizioni minime stabilite dal D. Lgs 233/03,
nell’ambito della valutazione dei rischi di esplosione.
Era possibile fino al 1/07/2007 eseguire la classificazione dei luoghi pericolosi secondo la
Norma CEI EN 50281-3; a partire da quella data si applica la Norma CEI EN 61241-10.
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Appendici
Appendice GA
Nella Tabella GA.1-A sono elencate sostanze che, sotto forma di polvere combustibile,
possono determinare pericoli di esplosione e/o di incendio, v. 4.2.
Per ciascuna polvere sono riportati i valori delle caratteristiche significative ai fini della
classificazione dei luoghi pericolosi; le composizioni delle sostanze possono essere
sensibilmente variabili in funzione della produzione specifica; il tecnico preposto alla
classificazione dei luoghi deve accertarne la effettiva corrispondenza con quelle della Tabella
GA.1-A, avvalendosi della eventuale collaborazione di persone a conoscenza delle loro
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La Tabella GA.1-A non è esaustiva; nella realtà impiantistica possono esistere numerose polveri
combustibili e loro miscele non ivi incluse; anche in questo caso, il tecnico preposto alla
classificazione dei luoghi deve individuarne le caratteristiche, con la eventuale collaborazione di
persone esperte (es. chimico). Per ulteriori informazioni sulle caratteristiche delle polveri può essere
fatto riferimento alla letteratura tecnica, es, BIA-Report 13/97 [1].
Si ricorda che la Stazione Sperimentale per i combustibili - Viale De Gasperi, 3 - San Donato Milanese
(MI) ha competenze specifiche per le polveri combustibili.
I valori delle caratteristiche fisico-chimiche riportate nella tabella sono riferite ad una
determinata polvere con definita composizione, granulometria e umidità; dato che non sono
sempre note o citate tali proprietà e opportuno porre attenzione prima di utilizzarle per la
polvere presente nell’impianto in esame, pertanto in caso di incertezza si consiglia di
procedere alla loro determinazione sperimentale.
La temperatura di accensione dello strato Tl è stabilita considerando che l'innesco si verifica quando
nella polvere è iniziata una combustione ardente o un'incandescenza; tuttavia, la Norma,
convenzionalmente, considera che l'innesco sia avvenuto o possa avvenire anche quando la
temperatura sulla superficie calda è uguale o superiore a 450 °C, oppure è uguale o superiore
di 250 K rispetto alla temperatura prestabilita della superficie calda in assenza di strati di polvere.
GUIDA
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Tabella GA.1-A – Elenco di sostanze che, sotto forma di polvere combustibile, possono determinare pericoli
di esplosione e/o di incendio e valori orientativi delle loro caratteristiche significative [1] [4] (Nota 5)
GUIDA
Contenuto
Grandezza in LEL Sovrappressione Indice di Classe di Concentrazione Energia Temp. di Conducibilità Densità
Temp. di
media delle massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
accensione
particelle umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
della nube
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N. Sostanza nella spessore (Nota 3) incoerenti
CEI 31-56:2007-10
Tcl
polvere pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[Pm] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
[%]
SOSTANZE INORGANICHE
Metalli, leghe
1 Alluminio 23 60 12,40 620 St 3 5 10 560 450 C 2 700 BZ 4
Alluminio
2 90 500 8,40 46 St 1 850 450 C
atomizzato
Alluminio
3 35 20 645 585 C
stampato
4 Antimonio 39 200 St 1 C 6 700
5 Bronzo 18 750 4,10 31 St 1 390 260 C BZ 4
6 Cadmio 570 250 C 8 600
7 Cromo 230 3,90 140 580 C 7 150
8 Ferro 12 500 5,20 50 St 1 580 450 C
9 Fosforo (rosso) 18 7,90 526 St 3 400 340 C BZ 5
10 Grafite 7 30 5,90 71 St 1 600 680 C 2 090 BZ 1
11 Magnesio 28 30 17,50 St 3 120 600 490 C 1 700
12 Magnesio 240 50 7,00 12 St 1 760 450 C 1 700
Magnesio
13 890 0,60 St 1 C 1 740 BZ 5
laminato
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Grandezza
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media Temp. di
massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
delle accensione
umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
particelle della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
[Pm]
21 Vanadio 220 4,00 60 500 C
22 Zinco 10 250 6,70 125 St 1 650 570 440 C 7 104 BZ 3
23 Zirconio 40 15 360 305 C 1 650
24 Zolfo 20 30 6,80 151 St 1 35 280 NC 2 100 BZ 5
Plastiche, resine, gomme
25 ABS (Nota 1) 200 60 9,20 147 St 1 480 450 NC
Acetato di
26 19 30 9,80 180 St 1 520 450 NC
cellulosa
Acetato di
27 20 60 8,70 86 St 1 660 NC fonde
polivinile
Acetobutirrato
28 25 30 370 NC
di cellulosa
Alcool
30 26 60 8,90 128 St 1 460 NC fonde
polivinilico
Cera dura
31 75 10 NC
(cera montana)
fonde a
32 Ceralacca 122 15 8,30 96 St 1 10 370 NC
circa 100°C
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Grandezza Contenuto in LEL Sovrappressione Indice di Classe di Concentrazione Energia Temp. di Conducibilità Densità
Temp. di
media delle massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
accensione
particelle umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
GUIDA
T5mm U
[°C]
[Pm] [%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
Cumorone
34 15 10 520 NC
indene
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35 Cumorone 135 15 8,20 161 St 1 480 NC fonde
36 Entilcellulosa 25 10 320 NC
Gomma
37 80 15 8,60 145 St 1 450 220 NC
sintetica
Gomma grezza
38 63 100 St 1 NC
dura
fonde
42 Polietilene 10 15 8,00 156 St 1 420 NC 910
BZ 2
43 Polimetil-metacrilato 98 30 NC
Resina
46 12 100 NC BZ 4
fenol-formaldeide
Resina
47 46 100 St 1 NC
urea-formaldeide
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Grandezza
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media Temp. di
massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
delle accensione
umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
particelle della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
[Pm]
48 Resine epossidiche 55 100 St 1 NC
Resine
50 60 30 St 1 NC
fenolo-formaldeide
Resine
51 18 125 10,20 110 St 1 840 485 NC BZ 2
melamminiche
Resine
52 290 30 8,40 83 St 1 550 NC
poliestere
SOSTANZE ORGANICHE
Legno, prodotti di legno, fibre
53 Carta 80 4,10 125 5,10 21 St 1 580 360 NC
54 Cellulosa 51 60 9,30 66 St 1 11 100 500 380 NC BZ 5
Cellulosa
55 (93% legno dolce 14 15 8,50 99 St 1 420 NC
e 6% legno duro)
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Grandezza
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media Temp. di
massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
delle accensione
umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
GUIDA
particelle della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
[Pm]
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62 Lignina 18 15 8,70 208 St 2 470 450 NC BZ 5
Propionato
65 25 6,10 45 460 NC
di cellulosa
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Temp. di
media delle massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
accensione
particelle umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[Pm] [%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
81 Destrina 50 6,30 40 410 NC
82 Destrosio 80 60 4,30 18 St 1 500 570 NC 1 560
Farina di
83 57 60 8,30 87 St 1 430 450 NC
frumento
Farina di
84 33 6,40 St 1 NC
pesce
96 Pomodoro 65 125 NC
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Grandezza
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media Temp. di
massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
delle accensione
umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
GUIDA
particelle della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
[Pm]
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98 Scorza di limone 65 45 490 NC
Semola
100 (semilavorato di 130 7.50 60 7.80 31 10 500 NC
grano duro)
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Temp. di
media delle massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
accensione
particelle umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
della nube
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[Pm] [%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
Altri prodotti organici
Acido
114 39 60 9,50 258 St 2 10 510 NC 1 400
acetilsalicilico
Acido fonde
115 10 60 8,00 97 St 1 580 NC 1 360
adipico BZ 2
Acido
116 63 15 St 2 NC 1 300 BZ 2
benzoico
Acido
117 63 30 7,10 St 2 35 520 NC 1 630
fumarico
Acido
118 63 30 8,80 260 St 2 NC 1 510
tereftalico
Anidride
119 22 15 St 2 NC
ftalica
Anidride fonde a
120 63 30 St 2 NC
ftalica (grezza) circa 130°C
Anidride
121 150 30 9,90 207 St 2 550 450 NC 1500
maleica (grezza)
Antracene fonde
123 115 15 8,40 188 St 1 10 510 NC 1 2800
(5% di solventi) BZ 5
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Grandezza Contenuto in LEL Sovrappressione Indice di Classe di Concentrazione Energia Temp. di Conducibilità Densità
Temp. di
media delle massa di massima esplosione esplodibilità limite di minima di accensione della assoluta
accensione
particelle umidità di esplosione ossigeno accensione strato di polvere dei corpi Note
della nube
GUIDA
N. Sostanza nella polvere spessore (Nota 3) incoerenti
Tcl
pemax KSt LOC MIE 5 mm (polveri) (Nota 4)
T5mm U
[°C]
[Pm] [%] [g/m³] [bar] [bar×m/s] St [%] [mJ] [°C] (C/NC) [kg/m³]
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125 Benzoato di sodio 63 30 St 1 NC 1 440
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126 Caprolattame 19 1 NC 1 020
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Appendice GB
Perché una polvere sia classificata come combustibile, si deve in primo luogo verificare la sua
attitudine a bruciare in strato (combustibilità) mediante prove di laboratorio, attraverso cui
viene determinata la temperatura minima di accensione in strato (T l ).
Per la prevenzione degli incendi, può risultare utile conoscere il comportamento qualitativo
O
(innesco e propagazione) della combustione in strato delle polveri. I criteri di valutazione sono
dei più diversi e uno di questi è il metodo delle Classe di combustibilità BZ, riportato nella
Tabella GB.1-A.
N
Se la polvere non è combustibile (BZ 1) lo strato di polvere non presenta pericoli d’incendio.
Se tutte le polveri non sono combustibili il luogo non presenta pericoli d’incendio da strati di
polvere.
A
GB.1.2 Esplodibilità
Verificata la combustibilità, ai fini della presente Guida, è necessario stabilire la capacità di
una polvere di esplodere in nube (esplodibilità).
Z
Anche questa caratteristica deve essere verificata mediante prove di laboratorio con cui si
misurano, in un contenitore chiuso, la sovrapressione massima di esplosione p emax e velocità
massima di aumento della pressione di esplosione (dp/dt) max , grandezze che sono
rappresentative della violenza dell’esplosione di una nube in ambiente confinato: in generale,
Z
sono considerate esplodibili le polveri che, alle prove di laboratorio, producono pressioni di
esplosione superiori a 666 Pa (0,0066 bar), in quanto, generalmente, si ritiene che pressioni
inferiori non creino danni permanenti alle persone, agli animali e alle cose.
O
GUIDA
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Dalla velocità massima di aumento della pressione di esplosione (dp/dt) max si determina una
costante caratteristica della polvere, attraverso la cosiddetta legge cubica, di seguito
riportata, che esprime la dipendenza della velocità massima di aumento della pressione di
esplosione (dp/dt) max dal volume dell’ambiente in cui avviene l’esplosione: tale costante
caratteristica, detta indice di esplosione K St , dipende dalle condizioni di prova e viene
determinata con una prova di esplosione in un reattore sferico con volume unitario (1 m 3 ).
A
M A
A seconda del valore del valore del K St , alla polvere viene attribuita una Classe di esplosione
St, come, riportato nella Tabella GB.1-B.
NOTA Nel caso la classe della polvere sia St 0 , è necessario approfondire le indagini di laboratorio prima di
dichiarare non esplosiva la polvere [1].
In considerazione della grandezza media delle particelle si possono fare alcune osservazioni:
a) la dispersione e la loro permanenza in aria è tanto maggiore quanto più bassa è la massa
volumica della polvere e la coesione delle particelle (la coesione è influenzata dall’umidità
e dalla forma delle particelle stesse);
D
b) la combustibilità e l’esplodibilità delle polveri sono influenzate molto dalle dimensioni delle
particelle; in particolare, al diminuire delle dimensioni delle particelle si osserverà:
aumento della sovrapressione massima di esplosione p emax ;
aumento della velocità massima di aumento della pressione di esplosione (dp/dt) max ;
diminuzione delle energie minime di accensione MIE;
A
O ZZ ZZ A
Come già detto, data una polvere e, quindi, la forma delle sue particelle, le caratteristiche di
esplodibilità dipenderanno fortemente dalla granulometria, cioè dalla distribuzione delle
dimensioni delle particelle.
Tuttavia, per le valutazioni di carattere pratico, invece di riferirsi alla granulometria, cosa poco
agevole, si può considerare, in prima approssimazione, che le caratteristiche della polvere
dipendano dalla sua grandezza media.
B O
Come si può vedere dalle Fig. GB.1-1 e GB.1-2, all’aumentare della grandezza media delle
particelle, diminuisce la severità dell’esplosione e, superati i 500 Pm, la polvere perde del
tutto le proprietà di esplodibilità.
B
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A
M
R
O
I
D
Fig. GB.1-2 – Velocità massima di aumento della pressione di esplosione (dp/dt) max
A
situazioni reali può essere diversa da quella determinata secondo il metodo di prova di cui
alla Norma CEI EN 50281-2-1 (CEI 31-38) perché influenzata dalle condizioni locali, quali:
una sorgente di accensione diversa da quella di prova, la presenza di strati di polvere in
eccesso o la completa copertura del Prodotto (v. 3.15), una diversa temperatura ambiente, la
Z
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Qui di seguito sono riportati tipici esempi di fenomeni di esplosioni da instabilità termica.
ad causare l'esplosione di eventuali nubi della polvere, la cui formazione è anche favorita
M A
2) Fermentazione
La fermentazione del fieno produce calore e gas combustibili che, se accumulati
R M
sufficientemente in sacche, possono essere innescati una volta raggiunta una temperatura
locale sufficiente.
Si tratta, dunque, di fenomeni insidiosi per la loro spontaneità che possono però essere
O R
Il provvedimento più semplice da adottare consiste nel migliorare l’aerazione dei depositi,
anche riducendo gli accatastamenti.
N O
Il carbone di legna, per esempio, quando posto a deposito per lunghi periodi, viene
conservato in piccoli mucchi o in strati leggeri o in confezioni non superiori a 25 kg.
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GB.1.8 Quantità di polvere innescata
All’aumentare delle quantità innescate, si osserva:
– diminuzione della velocità massima di aumento della pressione di esplosione (dp/dt) max ;
– aumento dei danni causati per aumento dell’energia liberata.
A
Si deve osservare che la sovrapressione massima di esplosione non dipende dalla quantità di
sostanza innescata ma dalla concentrazione ottimale in atmosfera.
Alcuni dati sull’energia minima di accensione MIE (minimum ignition energy) sono riportati in
5.5.7 ed i valori per alcune polveri sono indicati nell'Appendice GA.
Al suo aumentare, accresce l’aggregazione delle particelle con un primo effetto di impedire la
formazione di nubi e, se comunque formate, di rendere disponibile meno ossigeno
atmosferico, diminuendone gli effetti della combustione.
La dispersione e la permanenza in aria di una polvere è tanto maggiore quanto più bassa è la
densità (massa volumica) della sostanza.
Z
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GB.2 Caratteristiche ambientali
GB.2.1 Disturbi e turbolenze
All’aumentare della turbolenza della nube, si osserva:
– aumento della velocità massima di aumento della pressione di esplosione (dp/dt) max ;
– aumento della velocità di propagazione di fiamma;
– scorrimento verso fenomeni di detonazione.
R M
–
O R
Negli ambienti aperti, prevalgono fenomeni di fiamma (incendi non stazionari o sfere di fuoco,
detti, nella terminologia inglese, rispettivamente, flash fire e fireball) con modeste o lievi
sovrappressioni.
D II
D A
O ZZ ZZ A
B O
B
GUIDA
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Appendice GC
I sistemi o provvedimenti di bonifica (v. 3.18) possono essere previsti per tutte le polveri
comunque emesse nell’ambiente, o solo per allontanare o neutralizzare le polveri emesse in
determinate condizioni o da singole SE.
M
In generale, sono da considerare bonificati gli ambienti nei quali le polveri combustibili
disperse nell’aria sono mantenute in concentrazione inferiore al LEL con un discreto margine
di sicurezza (v. 5.5.5) e gli strati di polvere sono mantenuti di spessore trascurabile (v. 4.2.3)
considerando tutte le SE e tutte le possibili condizioni di emissione.
R
Possono rientrare fra gli ambienti bonificati anche quelli nei quali le condizioni sopra indicate
sono realizzate per proteggere le persone contro la tossicità delle polveri senza ricorrere a
mezzi protettivi individuali.
O
I provvedimenti di bonifica, per loro natura e/o per il modo con cui sono realizzati e mantenuti,
devono poter essere considerati con disponibilità buona o adeguata, come definito in
GC.3.2.3, cioè attivi in pratica con continuità, o almeno durante il funzionamento normale per
tutto il tempo in cui la polvere combustibile può essere immessa nell'ambiente (le SE sono
attive); sono ammesse delle interruzioni purché siano poco frequenti e per brevi periodi.
N
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a) asportazione continua delle polveri combustibili disperse nell’aria con sistemi di ricambio
dell’aria ambiente;
b) asportazione delle polveri combustibili emesse da singole SE;
c) contenimento in depressione delle polveri combustibili;
I
nell’ambiente; tuttavia, essi possono escludere la formazione di strati di polvere dovuti alle
piccole emissioni continue (emissioni strutturali) che non determinano zone pericolose
nell’intorno delle singole SE, se correttamente dimensionati e l’asportazione è attiva durante il
funzionamento normale. Sono ammesse delle interruzioni purché siano poco frequenti e per
Z
brevi periodi, compatibilmente con la portata totale di emissione di polvere dalle SE.
d’aria).
Con questi sistemi, occorre prestare particolare attenzione ai pericoli che possono insorgere
nei filtri, nei punti di raccolta delle polveri e nell’immediato intorno del punto di scarico di
queste dal sistema di asportazione.
B
La velocità dell’aria deve essere contenuta entro valori accettabili stabiliti dalle norme o dalle
disposizioni legislative ai fini del benessere delle persone (entro 0,1 m/s a 15 °C e fino a 0,3 m/s
a 25 °C).
GUIDA
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Per evitare velocità più elevate possono essere previsti più sistemi di ventilazione artificiale
locale (estrazione) mediante cappe, tettucci, bocche di aspirazione.
5.5.5)
Sono allo studio metodi di calcolo; nel frattempo fare riferimento a specialisti della
ventilazione.
R M
di grado continuo e/o primo, sono efficaci soltanto se consistono in sistemi artificiali di
aspirazione (con ventilatori o estrattori) con bocche di aspirazione poste nelle immediate
vicinanze di ciascuna SE, in modo da impedire che la polvere si diffonda e si depositi
nell’ambiente.
N O
capacità di aspirazione nel volume interessato dall’emissione della polvere, cioè il volume
compreso tra la SE e la bocca di aspirazione; (il fattore di efficacia della ventilazione, così
come definito nella Guida CEI 31-35, deve essere f = 1); in generale, essendo i sistemi
artificiali appositamente predisposti, non esistono impedimenti o ostacoli;
D
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In ogni caso il sistema deve essere capace di catturare tutta la polvere emessa dalla SE,
considerando il grado di emissione per il quale il sistema stesso è stato dimensionato.
Nei due casi sopra elencati la portata di aspirazione minima richiesta è diversa.
ventilazione.
L'efficacia dei provvedimenti di asportazione della polvere, emessa da singole SE, nel
controllarne la dispersione e la persistenza dell'atmosfera esplosiva, dipende dal loro grado e
dalla loro disponibilità e dalle caratteristiche del sistema. Per esempio, l’asportazione può non
N
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Alto (EH)
Ne risulta una zona potenzialmente esplosiva di estensione trascurabile nell’intorno della SE,
nessuna zona pericolosa all’interno del sistema di captazione e aspirazione e nessuna zona
pericolosa nell’immediato intorno del punto di scarico del sistema.
Medio (EM)
A
Ne risulta una zona pericolosa che si estende a tutto il volume compreso tra la SE e la bocca
di aspirazione del sistema, una zona pericolosa all’interno del sistema di captazione e
Z
aspirazione e una zona pericolosa nell’immediato intorno del punto di scarico del sistema.
NOTA Nei casi in cui la SE abbia due gradi di emissione, es. grado primo e grado secondo, ciascuno con modalità
e/o portata diversa, il sistema di captazione ed asportazione delle polveri può essere dimensionato solo per
O
l’emissione di grado primo ma non per il grado secondo, oppure per entrambi.
Il tipo e l’estensione della zona sono condizionati dalle grandezze caratteristiche di progetto.
B
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Basso (EL)
Quando il sistema artificiale di asportazione delle polveri non è in grado di ridurre la
concentrazione di polvere nell’aria al di sotto del LEL nell’intorno della SE e all’interno del
sistema di aspirazione e non è capace di catturare tutta la polvere emessa dalla SE,
considerando il grado di emissione per il quale il sistema è stato dimensionato e/o dove
l'atmosfera esplosiva persiste eccessivamente dopo l'arresto dell'emissione.
A
M A
Ne risulta una zona pericolosa che si estende a tutto il volume compreso tra la SE e la bocca
di aspirazione del sistema ed oltre questo, una zona pericolosa all’interno del sistema di
captazione e aspirazione e una zona pericolosa nell’immediato intorno del punto di scarico
R M
del sistema.
NOTA In pratica un sistema di captazione e asportazione polveri con grado BASSO non ha nessuna efficacia di
captazione ed asportazione delle polveri.
tutto la conoscenza della massima portata di emissione di polvere combustibile dalla SE,
ricavata da una esperienza accertata, o calcoli idonei, o ipotesi fondate.
La disponibilità dei sistemi artificiali di asportazione delle polveri ha influenza sulla presenza
o formazione di atmosfere esplosive; pertanto, la disponibilità (come pure il grado) deve
essere presa in considerazione per determinare il tipo o i tipi di zone pericolose.
N
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Buona
Quando l’asportazione è presente in pratica con continuità.
Adeguata
Quando l’asportazione è presente durante il funzionamento normale. Sono ammesse delle
interruzioni purché siano poco frequenti e per brevi periodi.
D II
Scarsa
Quando l’asportazione non risponde ai requisiti di adeguata o buona, anche se non sono
previste interruzioni per lunghi periodi.
D
NOTA In pratica un sistema artificiale di asportazione delle polveri con disponibilità Scarsa non dovrebbe essere
considerato ai fini della sicurezza contro le esplosioni.
Un sistema artificiale di asportazione delle polveri che non risponde neanche ai requisiti
previsti dalla scarsa disponibilità non deve essere considerato.
GC.3.2.4 Influenza dei sistemi artificiali di asportazione delle polveri sui tipi di zone
L' influenza dei sistemi artificiali di asportazione delle polveri sui tipi di zone è riassunto nella
Tabella GC.3.2- A.
B O
B
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Tabella GC.3.2-A – Influenza dei sistemi artificiali di asportazione
delle polveri sui tipi di zone
Grado della
emissione Disponibilità della captazione e asportazione della polvere
Buona,
Buona Adeguata Scarsa Buona Adeguata Scarsa Adeguata
M
o Scarsa
Zona 20 Zona 20
(Zona 20 NE) (Zona 20 NE) (Zona 20 NE)
+ + Non
Continuo Zona non Zona 22 (1) Zona 21 (1) Zona 20
Zona 22 Zona 21 considerato
R
pericolosa (1)
(3)
(1) Zona 20 NE, 21 NE o 22 NE indicano una zona teorica dove, in condizioni normali, l'estensione è trascurabile.
Il Grado BASSO non è stato considerato in quanto, in queste condizioni, le zone pericolose devono essere definite
considerando l'assenza del sistema di captazione e asportazione della polvere.
(3) E’ prevista la formazione di strati di polvere di spessore generalmente inferiore di 5 mm.
(4) E’ prevista la formazione di strati di polvere di spessore generalmente maggiore di 5 mm, da valutare caso per
I
caso.
NOTA - "+" significa "circondata da". I secondo tipo di zona deve essere definito considerando la ventilazione
residua, cioè considerando l'assenza del sistema di captazione e asportazione della polvere.
D
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Tabella GC.3.2-B – Provvedimenti da adottare in caso di interruzione
del servizio di asportazione delle polveri
(adatti per Zona 21) (adatti per Zona 22) Zone pericolose
M A
più
Messa fuori servizio programmata Messa fuori servizio automatica dei
Messa fuori servizio
dei Prodotti il più presto Prodotti il più presto possibile (4)
programmata dei Prodotti (2)
possibile (3)
Allarme (1), più
Allarme (1), più
O R
(4) Il tempo deve essere generalmente non maggiore di 15 s); il tempo può anche essere prolungato purché si accerti l’assenza di
atmosfera esplosiva pericolosa.
Nelle zone pericolose stabilite in assenza del servizio di asportazione delle polveri, v. la
Tabella GC.3-1, prima di mettere in servizio per la prima volta i Prodotti non rispondenti al
D
DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE) ed i relativi sistemi e prima di rimetterli in servizio dopo la
messa fuori servizio automatica o programmata come indicato nella Tabella GC.3.2-B, si
deve:
– assicurarsi che l’atmosfera non sia pericolosa, v. nota (1), oppure procedere a un lavaggio
di durata sufficiente a rendere non pericolosa l’atmosfera stessa, v. nota (2);
A
– provvedere, con sistema adeguato (anche manuale), alla rimozione della polvere
O ZZ ZZ A
Tutti i Prodotti installati nelle zone pericolose esterne al sistema di asportazione delle polveri
B O
combustibili stabilite in assenza della depressione, che devono rimanere o essere messi in
tensione in assenza della depressione, (particolarmente quelli che assicurano la
depressurizzazione, l’illuminazione e le telecomunicazioni essenziali) devono essere
rispondenti al DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE); essi ed i relativi sistemi devono essere adatti
B
all’utilizzo nella zona che corrisponde alla qualifica in assenza di depressurizzazione come
indicati nella Tabella GC 3.2-A.
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L’allarme ottico e/o acustico deve essere installato in luogo sempre presidiato, in posizione
immediatamente percettibile dal personale addetto, che eseguirà le azioni necessarie.
Il buon funzionamento del sistema di asportazione delle polveri deve essere controllato
mediante almeno un dispositivo di controllo della pressione (es. pressostato differenziale)
eventualmente coadiuvato da un dispositivo di controllo della portata di aria (ma questo da
A
Nei casi in cui si voglia mantenere la continuità del servizio dei Prodotti installati nelle zone
pericolose stabilite in assenza della depressione, può essere consigliabile prevedere due
sorgenti di aria di protezione, una di riserva all’altra. In questo caso, ogni sorgente deve
essere in grado di mantenere da sola la sovrapressione necessaria.
R
GC.3.2.6 Verifiche
Prima di mettere in servizio un sistema di asportazione delle polveri combustibili, si deve
esaminare la documentazione tecnica e, se necessario, effettuare una prova.
O
GC.3.2.7 Segnalazioni
In prossimità della bocca di aspirazione deve essere posta una segnalazione con
l’indicazione seguente o un’altra equivalente:
N
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GC.3.2.8 Istruzioni
Devono essere predisposte apposite Istruzioni per l’uso e la manutenzione.
GC.4.1 Generalità
I provvedimenti di contenimento in depressione delle polveri sono sistemi chiusi mantenuti in
D
La depressione consente di evitare l’emissione di polveri anche in caso di non perfetta tenuta
del sistema.
Sono tali ad esempio i sistemi chiusi di trasporto (es. coclee, tubazioni, nastri trasportatori,
ecc.) di polveri o di parti solide con polveri (es. cereali) mantenuti in depressione.
A
– deve essere accertata l’assenza di impedimenti ed ostacoli che possono ridurne l’effettiva
capacità di contenimento in depressione del sistema;
– devono essere eseguite verifiche e interventi di manutenzione volti a mantenere i requisiti
di tenuta del sistema;
O
NOTA Si ricorda che l’usura è nella natura delle cose, ma ad essa si sopperisce con una buona
manutenzione. Un sistema di contenimento in depressione che non viene riparato non deve essere
considerato un sistema di sicurezza contro le esplosioni.
depressione.
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GC.4.2 Requisiti dei sistemi di contenimento in depressione delle polveri
combustibili
I requisiti dei sistemi di contenimento in depressione delle polveri combustibili sono della
massima importanza nel controllo della dispersione delle polveri nell’ambiente.
A
In ogni caso il sistema deve essere capace di catturare tutta la polvere emessa, considerando
il servizio per il quale il sistema stesso è stato dimensionato.
Sono allo studio metodi di calcolo; nel frattempo fare riferimento a specialisti della
N
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ventilazione.
L'efficacia dei sistemi di contenimento in depressione delle polveri combustibili nel controllare
la dispersione della polvere nell’ambiente circostante dipende dalla loro disponibilità e dalle
loro caratteristiche.
Buona
Quando è disponibile in pratica con continuità.
Adeguata
A
O ZZ ZZ A
Scarsa
Quando non risponde ai requisiti di adeguata o buona, anche se non sono previste
interruzioni per lunghi periodi.
NOTA In pratica un sistema di contenimento in depressione delle polveri con disponibilità Scarsa non dovrebbe
essere considerato ai fini della sicurezza contro le esplosioni.
Un sistema artificiale di asportazione delle polveri che non risponde neanche ai requisiti
previsti dalla scarsa disponibilità non deve essere considerato.
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La disponibilità buona richiede normalmente, in caso di interruzione del servizio, la partenza
automatica dei ventilatori di riserva. Tuttavia se vengono presi dei provvedimenti per
prevenire l'emissione della polvere combustibile quando viene meno la ventilazione (per
esempio mediante arresto automatico del processo), non è necessario modificare la
classificazione determinata con il contenimento in depressione in funzione, cioè la
disponibilità può essere assunta come buona.
A
GC.4.2.3 Influenza dei sistemi di contenimento in depressione delle polveri combustibili sui
tipi di zone
L'influenza dei sistemi di contenimento in depressione delle polveri combustibili sui tipi di
M
L'influenza dei sistemi di contenimento in depressione delle polveri combustibili sui tipi di
zone nell’ambiente circostante è riassunto nella Tabella GC.4.2-A.
R
(1) Zona 20 NE, 21 NE o 22 NE indicano una zona teorica dove, in condizioni normali, l'estensione è trascurabile.
(2) Il grado dell’emissione deve essere considerato come emissione dal sistema di contenimento in assenza della depressione.
(3) E’ prevista la formazione di strati di polvere di spessore generalmente inferiore di 5 mm.
(4) E’ prevista la formazione di strati di polvere di spessore generalmente maggiore di 5 mm, da valutare caso per caso.
94/9/CE).
Z
O
B
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Tabella GC.4.2-B – Provvedimenti da adottare in caso di interruzione del servizio di
contenimento in depressione delle polveri combustibili
Tipo di Zona in assenza Classificazione dei Prodotti secondo il DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE)
di contenimento in
depressione delle Prodotti II 2D Prodotti II 3D Prodotti non adatti per Zone
A
polveri (adatti per Zona 21) (adatti per Zona 22) pericolose
M A
servizio di contenimento in
Zona 22 Nessun provvedimento Nessun provvedimento depressione, più
Messa fuori servizio programmata
dei Prodotti il più presto possibile
(2)
N O
– provvedere, con sistema adeguato (anche manuale), alla rimozione della polvere
eventualmente depositata, con i criteri indicati in GC.5 ed all'interno dei Prodotti, se
questi non hanno grado di protezione (IP) almeno pari a quello prescritto per la zona
indicata nella Tabella GC.4.2-A considerando il tipo di polvere presente.
– depressurizzare il sistema.
NOTA 1 Un’atmosfera è considerata non pericolosa quando, in tutti i punti del locale, delle custodie e dei condotti
A
annessi, la concentrazione di polvere combustibile non raggiunge il limite inferiore di esplodibilità con un discreto
O ZZ ZZ A
margine di sicurezza compreso tra il 25% e il 50% del LEL (v. 4.2.2). L’ubicazione dei punti di misura deve essere
scelta attentamente per rilevare la più alta concentrazione di polveri combustibili.
NOTA 2 L’immissione dell’aria deve essere effettuata in modo da favorire l’uniforme diluizione delle polveri
eventualmente presenti, tenendo conto della loro granulometria. In generale, il volume di aria di protezione
necessario per il lavaggio è calcolato in almeno 5 volte il volume interno del locale e dei condotti annessi.
Nei locali o edifici riscaldati o contenenti sorgenti di calore (le quali possono essere anche i
componenti elettrici), al termine di ogni periodo di esercizio si deve mantenere attivo il
sistema di contenimento in depressione delle polveri combustibili fino a quando la differenza
tra la temperatura interna e quella esterna sia diventata trascurabile, in modo da evitare
aspirazioni significative di atmosfera dall’interno durante il raffreddamento.
depressione delle polveri combustibili stabilite in assenza della depressione, che devono
rimanere o essere messi in tensione in assenza della depressione, (particolarmente quelli che
assicurano la depressurizzazione, l’illuminazione e le telecomunicazioni essenziali) devono
essere rispondenti al DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE); essi ed i relativi sistemi devono essere
adatti all’utilizzo nella zona che corrisponde alla qualifica del locale in assenza di
B
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L’allarme ottico e/o acustico deve essere installato in luogo sempre presidiato, in posizione
immediatamente percettibile dal personale addetto, che eseguirà le azioni necessarie.
ubicati opportunamente.
NOTA La segnalazione di blocco del motore del ventilatore non è sufficiente per segnalare una mancanza di
depressurizzazione. Tale segnalazione non indica, per esempio, né l’ostruzione, anche parziale, dei condotti
dell’aria, né lo slittamento della cinghia del ventilatore, né la sua inversione di rotazione.
M
Nei casi in cui si voglia mantenere la continuità del servizio dei Prodotti installati nelle zone
pericolose esterne al sistema di contenimento in depressione delle polveri combustibili
stabilite in assenza della depressione, può essere consigliabile prevedere due sorgenti di aria
di protezione, una di riserva all’altra. In questo caso, ogni sorgente deve essere in grado di
mantenere da sola la sovrapressione necessaria.
R
dei condotti annessi in cui possono verificarsi perdite di aria di polvere deve essere
mantenuta una depressione minima di 5 Pa (0,05 mbar) rispetto all’atmosfera esterna.
L’aria di protezione può essere usata anche per altri scopi, quali la climatizzazione, ecc.
– la struttura del locale e le misure di protezione siano tali che si possa effettuare il
A
lavaggio;
– la depressione minima (v. GC.4.2.5) possa essere mantenuta con la portata minima del
sistema di depressurizzazione, con tutte le aperture chiuse in condizioni normali di
funzionamento.
Z
GC.4.2.7 Contrassegni
Tutte le aperture di acceso al sistema di contenimento in depressione delle polveri
combustibili devono essere segnalate all’esterno con l’indicazione seguente o un’altra
Z
equivalente:
GC.4.2.8 Istruzioni
O
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GC.5 Rimozione degli strati di polveri combustibili presenti nell’ambiente
GC.5.1 Generalità
La formazione di pericolosi strati (cumuli o mucchi) di polveri combustibili all’esterno dei
sistemi di contenimento è favorita dalla presenza di superfici orizzontali o leggermente
inclinate e da movimenti dell’aria; essa può essere evitata con un adeguato mantenimento
A
M A
della pulizia che consenta di escludere la presenza delle SE costituite dagli strati stessi, con
grande vantaggio per la sicurezza.
Per evitare la formazione di pericolosi strati di polveri combustibili e per la loro eliminazione,
R M
possono essere adottati appositi procedimenti di aspirazione o di pulizia per via umida.
Devono essere evitati i procedimenti di pulizia che prevedono la formazione di vortici; inoltre
si deve evitare di soffiare sulla polvere depositata.
Al momento di utilizzare procedimenti di pulizia per via umida va considerato che potrebbero
O R
Si considerano i seguenti tre LIVELLI di mantenimento della pulizia come definiti nell’allegato
C della Norma e qui di seguito riportati.
Buono
Quando gli strati di polvere sono mantenuti a spessori trascurabili, oppure sono assenti,
indipendentemente dal grado o dai gradi delle emissioni, oppure sono rimossi rapidamente in
caso si formino poco frequentemente.
D II
In questo caso, il pericolo che si verifichino nubi di polveri esplosive dagli strati, e il pericolo
d’incendio dovuto agli strati è escluso.
Adeguato
D
Quando gli strati di polvere non sono trascurabili ma sono di breve durata, meno di un turno
di lavoro, da intendersi di 8 h circa, comunque da definire sulla base dei fattori che
contribuiscono alla formazione dello strato e della nube (es. portata complessiva di
emissione, velocità di sedimentazione, velocità dell’aria, disturbi e turbolenze, ecc.).
A seconda della stabilità termica della polvere e della temperatura superficiale del Prodotto
(v. 3.15), la polvere può essere rimossa prima dell’avvio di qualunque incendio. In questo
A
O ZZ ZZ A
In questo caso, il pericolo che si verifichino nubi di polveri esplosive dagli strati, e il pericolo
d’incendio dovuto agli strati non è escluso.
Scarso
Quando gli strati di polvere non sono trascurabili e perdurano per oltre un turno di lavoro. Il
pericolo d’incendio può essere controllato selezionando le apparecchiature in funzione dello
spessore degli strati di polvere, da definire caso per caso, v. 5.14.1.
In questo caso, il pericolo che si verifichino nubi di polveri esplosive dagli strati, e il pericolo
B O
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GC.5.3 Procedure di lavoro per il mantenimento della pulizia degli ambienti
GC.5.3.1 Generalità
Per i criteri da seguire nella rimozione degli strati di polvere e la definizione dei livello di
efficacia dei provvedimenti di pulizia degli ambienti è necessario che il datore di lavoro
disponga ed applichi procedure di lavoro scritte facenti parte delle disposizioni aziendali
A
riferite alla manipolazione delle sostanze infiammabili e delle sostanze che possono produrre
polveri combustibili.
Nelle procedure deve essere evidenziato che negli ambienti dove potrebbero essere presenti
M
o formarsi strati di polvere combustibile, la pulizia non ha solo uno scopo di igiene, ma anche
di sicurezza contro gli incendi e le esplosioni.
La pulizia deve riguardare i pavimenti e tutte le superfici dove possono depositarsi le polveri;
particolare attenzione deve essere posta alle superfici difficilmente visibili (es. quelle poste in
R
alto) o poco accessibili, sulle quali, nel corso del tempo, possono depositarsi notevoli quantità
di polveri (ad esempio al di sotto dei carter di protezione).
Lo scopo della pulizia deve essere reso noto agli incaricati siano essi dipendenti del datore di
O
In considerazione dei pericoli d’esplosione e/o d’incendio da polveri, la pulizia deve essere
eseguita preferibilmente con sistema di aspirazione centralizzato o, in alternativa, con
aspiratori industriali mobili privi di sorgenti di accensione o in esecuzione di sicurezza
N
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Il piano deve essere definito considerando il livello di efficacia dei provvedimenti di pulizia
che si vuole raggiungere per i diversi ambienti. Deve essere preferita la scelta di un piano che
D
Il piano deve tenere conto che la stratificazione della polvere sulle apparecchiature e sulle
superfici in genere dei diversi ambienti può avvenire con velocità e frequenze diverse per cui
le modalità di pulizia e le periodicità previste potranno essere diverse.
A
apparecchi e/o componenti che richiedono un’attenzione particolare nella pulizia, di superfici
calde, di sostanze o preparati esposti all’atmosfera e all’azione delle sostanze utilizzate per
la pulizia, ecc.
Il piano di mantenimento della pulizia degli ambienti deve prevedere la pulizia periodica e
Z
interventi di emergenza per asportare, il più presto possibile, depositi di polvere dovuti a
guasti o rotture (es. danneggiamenti o fessure nei recipienti, dispersioni, ecc.)
La periodicità della pulizia dei diversi ambienti deve essere stabilita per assicurare il livello di
O
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La periodicità può essere definita in un primo momento sulla base dell’esperienza ed
eventualmente modificata, anche per singoli ambienti, diminuendo la frequenza (aumento
dell’intervallo) qualora risulti possibile; la frequenza deve essere invece assolutamente
aumentata (diminuzione dell’intervallo) qualora quella definita in prima istanza non risulti
efficace come richiesto.
A
Pulizia periodica
M A
Interventi di emergenza
Il piano di mantenimento della pulizia degli ambienti deve prevedere interventi tempestivi
ogniqualvolta si presentano emissioni dovute a guasti e rotture occasionali.
D II
le modalità d’intervento;
– i mezzi e le sostanze utilizzate da utilizzare per l’intervento.
GC.5.3.3 Responsabilità
Il datore di lavoro è responsabile dell’applicazione della procedura e della sicurezza del
personale che si occupa della pulizia; deve pertanto:
A
GC.6.1 Generalità
L’inertizzazione è la tecnica con la quale avviene la sostituzione parziale o totale del
comburente (di solito l’ossigeno dell’aria) presente nell’atmosfera di un ambiente, sia esso un
B
locale o un contenitore di polveri, con un gas inerte (es. azoto, biossido di carbonio, elio e
argo), o con vapore acqueo. Quando l’atmosfera è inerte il comburente è insufficiente o
manca del tutto, cioè manca una delle cause necessarie per la formazione di atmosfere
esplosive pericolose.
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L’atmosfera normale contiene il 21 % circa di ossigeno, ad essa è fatto riferimento per la
definizione dei limiti di esplodibilità in aria di un gas o un vapore infiammabile o una polvere
combustibile (LEL e UEL). Quando la percentuale di ossigeno nell’atmosfera scende
progressivamente a valori inferiori, il limite inferiore d’infiammabilità (LEL) si alza (solo un
poco), ed il limite superiore (UEL) si abbassa progressivamente fino ad incontrare la curva del
limite inferiore, ad un valore al di sotto del quale l’atmosfera non è più esplosiva, si dice allora
A
linea dell'aria
O
limite superiore di
campo di esplodibilità esplodibilità in aria
N
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controllata e sorvegliata;
– deve essere presa in considerazione la classificazione immediatamente al di fuori del
punto di scarico del sistema di aspirazione;
– devono essere eseguite verifiche e interventi di manutenzione volti a mantenere i requisiti
B
di inertizzazione;
NOTA Si ricorda che l’usura è nella natura delle cose, ma ad essa si sopperisce con una buona
manutenzione. Un sistema di inertizzazione che non viene sottoposto a verifiche e manutenzione non deve
essere considerato un sistema di sicurezza contro le esplosioni.
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GC.6.2 Requisiti dell’inertizzazione
L’inertizzazione dell’atmosfera di un ambiente, es. un reattore o un serbatoio, può essere
attuata con un flusso continuo di gas inerte o con il ricambio dell’atmosfera interna.
Generalmente, il volume di gas inerte necessario per l’inertizzazione è pari a 4-5 volte il
volume libero interno.
A
M A
Per la definizione della disponibilità può essere fatto riferimento per analogia a quanto
indicato in GC.4.2.2.
Come sostanze gassose inerti si impiegano normalmente azoto, biossido di carbonio, gas
inerti, gas di combustione e vapore acqueo. Quando si utilizza il vapore acqueo per
O R
La scelta della sostanza inerte deve essere eseguita considerando che essa non deve reagire
con la polvere combustibile (ad esempio, l'alluminio può reagire con il biossido di carbonio).
N O
NOTA I depositi di polveri con basse concentrazioni di ossigeno possono anche formare combustioni con bagliori o
senza fiamme. Queste concentrazioni di ossigeno possono trovarsi molto al di sotto di quelle che sono sufficienti a
prevenire efficacemente un'esplosione. Così, ad esempio, una miscela composta dal 95% in massa di pietra
calcarea e dal 5% in massa di carbone può reagire in modo ancora fortemente esotermico.
N
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L'inertizzazione con gas di solito può essere effettuata solo in ambienti chiusi (locali o
contenitori) non accessibili alle persone, in cui sia possibile solo uno scambio di volume
gassoso relativamente ridotto per unità di tempo. Se il gas inerte fuoriesce dall'ambiente chiuso
attraverso aperture previste dalle attività svolte o non volute, vi possono essere dei rischi per i
lavoratori, dovuti alla mancanza di ossigeno (pericolo di soffocamento). Se come gas inerti si
usano gas di scarico di combustione, in caso di fuoriuscita dall'ambiente inertizzato si può
verificare un avvelenamento dei lavoratori. Fra le aperture previste vi sono ad esempio i punti di
D II
carico manuale; quando questi ultimi vengono aperti si verifica l'uscita di gas inerte con
contemporanea entrata dell'ossigeno presente nell'aria.
dell’inertizzazione
Nelle zone circostanti all’ambiente o contenitore, prima di mettere in servizio per la prima
volta i Prodotti non rispondenti al DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE) ed i relativi sistemi e prima
di rimetterli in servizio dopo la messa fuori servizio automatica o programmata, si deve:
– assicurarsi che l’atmosfera esterna all’ambiente inertizzato non sia pericolosa, v. nota (1),
A
Tutti i Prodotti installati nelle zone pericolose esterne all’ambiente inertizzato stabilite in
assenza dell’inertizzazione, che devono rimanere o essere messi in tensione in assenza
dell’inertizzazione, (particolarmente quelli che assicurano l’inertizzazione, l’illuminazione e le
telecomunicazioni essenziali) devono essere rispondenti al DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE);
B
essi ed i relativi sistemi devono essere adatti all’utilizzo nella zona stabilita in assenza
dell’inertizzazione, come indicato nella Tabella GC.4.2-B.
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L’allarme ottico e/o acustico deve essere installato in luogo sempre presidiato, in posizione
immediatamente percettibile dal personale addetto, che eseguirà le azioni necessarie.
Il buon funzionamento dell’inertizzazione deve essere controllato mediante uno o più dispositivi di
controllo della concentrazione massima ammissibile di ossigeno.
Nei casi in cui si voglia mantenere la continuità del servizio dei Prodotti installati nelle zone pericolose esterne
A
all’ambiente inertizzato stabilite in assenza dell’inertizzazione, può essere consigliabile prevedere due
sorgenti di gas inerte, una di riserva all’altra. In questo caso, ogni sorgente deve essere in grado di mantenere
da sola la concentrazione di ossigeno al di sotto della concentrazione massima ammissibile di ossigeno.
M
GC.6.4 Verifiche
Prima di mettere in servizio un sistema di inertizzazione, si deve esaminare, se necessario, la
documentazione tecnica ed effettuare verifiche e prove secondo le istruzioni del fabbricante e dell’esperienza.
R
GC.6.5 Contrassegni
Tutti gli ambienti inertizzati devono essere segnalati con l’indicazione seguente o un’altra equivalente:
GC.6.6 Istruzioni
Devono essere predisposte apposite Istruzioni per l’uso e la manutenzione.
N
La concentrazione volumetrica massima di ossigeno per prevenire l’innesco di atmosfere con polveri
combustibili di alcune sostanze, utilizzando azoto come inertizzante, è riportata nella Tabella GC.6.7-A.
ossigeno ossigeno
Pm Pm
Mais 17 9
Metil cellulosa 29 15
49 14
70 10
B
Metionina 10 12
NOTA Le concentrazioni di ossigeno nell’atmosfera riportate nella tabella sono tratte dalla letteratura tecnica e non
sono garantite. Inoltre, esse possono variare in considerazione della purezza dell’azoto, della granulometria della
polvere e della temperatura ambiente.
Nei casi dubbi, ridurre ulteriormente la percentuale di ossigeno (es. 75% del valore indicato).
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GC.7 Inertizzazione delle polveri combustibili
GC.7.1 Generalità
La bonifica dell'ambiente può essere ottenuta con provvedimenti compatibili con le esigenze
dell'impianto di lavorazione o deposito, come, ad esempio sistemi di inertizzazione delle
A
M A
L'efficacia dei sistemi di inertizzazione delle polveri combustibili per evitare la loro
dispersione nell’ambiente dipende dalla loro disponibilità e dalle loro caratteristiche.
R M
Per la definizione della disponibilità può essere fatto riferimento per analogia a quanto
indicato in GC.4.2.2.
– aumento della grandezza delle particelle (es. maggiore di 500 Pm), v. 4.2.2 e 5.5.3;
NOTA Si ricorda che l’inertizzazione attraverso l’aumento della granulometria dovrebbe essere adottata con
molta prudenza, verificando anche la possibilità di accumulo di polveri fini nel corso della vita dell’impianto,
ricordando sempre che le polveri generano polveri sempre più fini.
N O
acqua riduce la sua possibilità di essere sollevata nell’aria e formare un’atmosfera esplosiva; in questo caso,
il pericolo di un’esplosione secondaria (conseguente) può non esistere; rimane invece il pericolo d’incendio
dello strato.
– miscelazione con altre polveri inerti, che non sono combustibili e che agiscono come
inibitori dell’esplosione, o sottraendo il calore di combustione o interferendo con i processi
di accensione e di propagazione della fiamma; le polveri inerti più comunemente usate
sono, il carbonato di calcio, il cloruro di sodio, il solfato di calcio, il fosfato di ammonio, il
D II
miscelazione è compatibile con il processo e la qualità del prodotto (es. nelle miniere di
carbone).
Per l'esatta definizione di questa misura di protezione deve essere nota la concentrazione
massima ammissibile di combustibile con la quale non può più avvenire alcuna esplosione
(concentrazione limite).
La scelta della sostanza inerte deve essere eseguita considerando che essa non deve reagire
con la polvere combustibile.
GC.8.1 Generalità
La pressurizzazione dei locali o edifici è un modo di protezione con il quale la penetrazione di
nubi esplosive è impedita mantenendo, all’interno del locale o edificio, una pressione
B
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La pressurizzazione permette di installare all’interno di un locale o edificio comunicante con
un altro o con l’esterno attraverso aperture dalle quali la polvere potrebbe entrare e renderlo
pericoloso, Prodotti senza i particolari requisiti di sicurezza stabiliti dal DPR 126/98 (direttiva
94/9/CE).
solo per i locali o edifici all’interno dei quali non sono presenti SE. Per la pressurizzazione e il
lavaggio dei locali o edifici deve essere utilizzata aria priva di gas, vapori o nebbie
infiammabili e di polveri combustibili.
mantenere costante la pressurizzazione del locale o edificio e dei condotti associati mediante
l’introduzione di una quantità di aria sufficiente a compensare le fughe dal locale e dai
condotti associati, quando tutte le aperture sono chiuse.
O
evitare per diluizione, in ogni punto del locale o edificio e nei condotti associati, la formazione
di atmosfere esplosive.
Le aperture (serramenti) devono essere tenute ordinariamente chiuse (es. con dispositivo di
autochiusura), aperte poco frequentemente e devono avere una buona tenuta su tutto il
perimetro.
Z
Tuttavia esse possono non essere provviste di dispositivo di autochiusura quando siano
installati dispositivi (quali pressostati differenziali o finecorsa) per segnalare con opportuno
allarme se un’apertura viene lasciata aperta troppo a lungo.
Z
Il numero di porte e finestre apribili deve essere il minimo possibile per minimizzare le perdite
d’aria di pressurizzazione.
Quando le porte e le finestre sono provviste di parti trasparenti, queste devono essere
O
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GC.8.2.2 Controsoffitti e pavimenti rialzati (flottanti)
Devono essere evitati o sigillati i controsoffitti e i pavimenti rialzati (flottanti) ma, se necessari o
esistenti, si deve curare che la pressurizzazione e l’aria di lavaggio interessino in maniera
appropriata anche gli spazi da essi creati.
NOTA Si ricorda che in assenza prolungata della pressurizzazione, la polvere combustibile può penetrare nel locale o edificio e
A
M A
Essi devono possedere un altro grado di tenuta ed essere sottoposti ad accurate e frequenti
verifiche.
Essi non debbono attraversare zone 0 o 20; inoltre, quando attraversano zone 1 o 21 devono
N O
I materiali usati per i condotti dell’aria di protezione e i loro elementi di raccordo devono
essere adatti alle sollecitazioni ambientali previste.
I condotti e gli elementi di raccordo devono poter resistere ad una sovrapressione 1,5 volte
quella massima stabilita per il funzionamento normale, con un minimo di 200 Pa (2 mbar); tale
resistenza può essere stabilita anche mediante calcoli, tabelle dimensionali, ecc.
D II
Devono essere installati appropriati dispositivi di sicurezza per evitare sovrapressioni tali da
provocare gravi deformazioni di condotti o raccordi.
GC.8.2.6 Ventilatori
O ZZ ZZ A
I ventilatori, ordinariamente, devono essere installati fuori dalle zone pericolose. Quando
sono installati in zona pericolosa, così classificata in mancanza di pressurizzazione, devono
avere i requisiti di sicurezza stabiliti per i Prodotti dal DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE).
– il tipo di zona (20, 21, 22) esterno che interessa il locale o edificio;
– l’uso di eventuali sistemi di controllo di esplodibilità dell’atmosfera interna
I concetti illustrati, sono sintetizzati nella Tabella GC.8.3-A.
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GC.8.3.1 Valutazione della sovrapressione minima richiesta
Il sistema di pressurizzazione di locali o edifici deve essere dimensionato per assicurare una
minima sovrapressione, rispetto all’ambiente circostante, dei punti interni dai quali potrebbero
avvenire l’ingresso di polveri, considerando il servizio per il quale il sistema stesso è stato
dimensionato.
A
Sono allo studio metodi di calcolo; nel frattempo fare riferimento a specialisti della
ventilazione.
L'efficacia dei sistemi di sovrapressione dei locali o edifici nel controllare la penetrazione
M
della polvere nell’ambiente chiuso, dipende dalla loro disponibilità e dalle loro caratteristiche.
determinare il tipo o i tipi di zone pericolose che possono essere presenti all’interno dei locali
o edifici.
Buona
Quando è attiva in pratica con continuità.
Adeguata
N
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Quando è attiva durante il funzionamento normale. Sono ammesse delle interruzioni purché
siano poco frequenti e per brevi periodi.
Scarsa
Quando non risponde ai requisiti di adeguata o buona, anche se non sono previste
interruzioni per lunghi periodi.
I
NOTA In pratica un sistema di pressurizzazione con disponibilità Scarsa non dovrebbe essere considerato ai fini
della sicurezza contro le esplosioni.
Un sistema artificiale di pressurizzazione che non risponde neanche ai requisiti previsti dalla
scarsa disponibilità non deve essere considerato.
D
Nel valutare la disponibilità dei sistemi di pressurizzazione dei locali o edifici, deve essere
considerata l'affidabilità delle apparecchiature e, per esempio, la disponibilità di ventilatori di
riserva. La disponibilità buona richiede normalmente, in caso di interruzione del servizio, la
partenza automatica dei ventilatori di riserva. Tuttavia se vengono presi dei provvedimenti per
prevenire l'emissione della polvere combustibile quando viene meno la ventilazione (per
esempio mediante arresto automatico del processo), non è necessario modificare la
A
GC.8.3.3 Influenza dei sistemi di pressurizzazione sui tipi di zone all’interno dei locali o edifici
Z
L' influenza dei sistemi di pressurizzazione sui tipi di zone all’interno dei locali o edifici è
riassunto nella Tabella GC.8.3-A.
Z
O
B
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Tabella GC.8.3-A – Influenza dei sistemi di pressurizzazione sui tipi di zone
all’interno dei locali o edifici
(2) Quando la zona 20 circonda tutto il locale o edificio la zona 22 interna si estende a tutto il locale o edificio;
quando la zona 20 non circonda tutto il locale o edificio la zona 22 interna si estende a partire dai limiti della
zona 20 secondo la regola generale (v. 5.9.2).
(3) E’ prevista la formazione di strati di polvere di spessore generalmente inferiore di 5 mm.
N O
(4) E’ prevista la formazione di strati di polvere di spessore generalmente maggiore di 5 mm, da valutare caso per caso.
Tipo di Zona in assenza Classificazione dei Prodotti secondo il DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE)
di contenimento in
Prodotti II 2D Prodotti II 3D
D
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Prima di mettere in servizio per la prima volta i Prodotti non rispondenti al DPR 126/98
(direttiva 94/9/CE) ed i relativi sistemi e prima di rimetterli in servizio dopo la messa fuori
servizio automatica o programmata come indicato nella Tabella GC.8.3-B occorre:
– assicurarsi che l’atmosfera interna non sia pericolosa, v. nota (1), oppure procedere a un
lavaggio di durata sufficiente a rendere non pericolosa l’atmosfera interna, v. nota (2);
A
– provvedere, con sistema adeguato (anche manuale), alla rimozione della polvere
eventualmente depositata nel locale o edificio, con i criteri indicati in GC.5 ed all'interno
dei Prodotti, se questi non hanno grado di protezione (IP) almeno pari a quello prescritto
per la zona 22 ed il tipo di polvere presente.
M
NOTA 2 L’immissione dell’aria deve essere effettuata in modo da favorire l’uniforme diluizione delle polveri
eventualmente presenti, tenendo conto della loro granulometria. In generale, il volume di aria di protezione
necessario per il lavaggio è calcolato in almeno 5 volte il volume interno del locale e dei condotti annessi.
Nei locali o edifici riscaldati o contenenti sorgenti di calore (le quali possono essere anche i
O
L’allarme ottico e/o acustico deve essere installato in luogo sempre presidiato, in posizione
I
Nei casi in cui si voglia mantenere la continuità del servizio dei Prodotti installati nel locale o
edificio, può essere consigliabile prevedere due sorgenti di aria di protezione, una di riserva
all’altra. In questo caso, ogni sorgente deve essere in grado di mantenere da sola la
sovrapressione necessaria.
Z
(0,05 mbar) rispetto all’atmosfera esterna, con tutte le porte e le finestre chiuse.
Se esistono apparecchi che consumano aria all’interno del locale o edificio pressurizzato, la
portata del sistema di pressurizzazione deve essere in grado di coprire tutte le necessità; in
O
caso contrario, la maggiore quantità di aria richiesta per compensare tale consumo deve
essere fornita da un sistema separato.
L’aria di protezione può essere usata anche per altri scopi, quali il raffreddamento delle
apparecchiature.
GUIDA
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La progettazione di un locale pressurizzato deve anche tener conto del:
– numero di persone che si prevede siano presenti nel locale, per assicurare il necessario
ricambio dell’aria;
– tipo di apparecchi installati nel locale o edificio e loro fabbisogno di aria di
raffreddamento.
A
M A
contemporaneamente.
La velocità deve essere superiore a quella delle correnti d’aria esterne, ma non deve
determinare una pressione così elevata all’interno da rendere difficile la manovra delle porte.
O R
NOTA La verifica di questa condizione deve essere eseguita tenendo chiusi quei serramenti che sono provvisti di
un efficiente congegno di richiusura automatica.
causa di prodotti chimici o di impurità (gas o vapori infiammabili, polveri o corpi estranei),
perciò quando esistono dubbi sulle caratteristiche dell’aria, si raccomanda che essa venga
adeguatamente depurata.
N
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GC.8.3.7 Verifiche
D II
– la struttura del locale e le misure di protezione siano tali che si possa effettuare il
lavaggio;
– la sovrapressione minima (v. GC.8.3.5) possa essere mantenuta con la portata minima del
sistema di pressurizzazione, con tutte le aperture chiuse in condizioni normali di
funzionamento.
GC.8.3.8 Contrassegni
A
O ZZ ZZ A
Tutte le uscite del locale o edificio pressurizzato devono essere segnalate all’esterno con
l’indicazione seguente o un’altra equivalente:
All’interno del locale, si deve apporre l’indicazione della “Sovrapressione minima richiesta, o
portata dell’aria di protezione”.
“Attenzione: far funzionare il ventilatore di pressurizzazione per “t” minuti prima di mettere in
servizio i Prodotti non rispondenti al DPR 126/98 (direttiva 94/9/CE) ed i relativi sistemi e
B O
prima, per essere sicuri che l’atmosfera nel locale non sia pericolosa”.
NOTA “t” è il tempo necessario per effettuare l’asportazione di eventuale polvere presente nell’atmosfera del locale
o edificio (lavaggio), considerando la portata minima di pressurizzazione.
B
GC.8.3.9 Istruzioni
Devono essere predisposte apposite Istruzioni per l’uso e la manutenzione.
GUIDA
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Appendice GD
I contenuti della presente appendice non devono essere applicati in modo acritico, ma devono
essere correlati alla situazione reale che si presenta caso per caso; il tecnico preposto alla
classificazione dei luoghi deve valutarne l’applicabilità al caso specifico ed assicurare il
rispetto della Norma in base ai fattori che ne condizionano l'applicabilità.
M
La distanza pericolosa d z è la distanza dalla SE, calcolata con metodi matematici, nella
direzione di emissione e di più probabile dispersione della nube esplosiva, a partire dalla
quale la concentrazione delle polveri combustibili nell’aria è inferiore al LEL. Tale distanza si
O
calcola come indicato in GD.3 e può essere utilizzata per individuare l'ordine di grandezza
delle dimensioni della zona pericolosa e non le dimensioni vere e proprie.
La quota “a” (v. 5.9.2.1) deve essere almeno uguale alla distanza pericolosa d z, meglio se
maggiore, per:
N
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Quando la distanza pericolosa d z calcolata risulta minore di 1 m, la quota “a” è bene che sia
assunta almeno di 1 m.
Nel paragrafo GD.3 è riportato un metodo di calcolo che fornisce valori cautelativi della
distanza pericolosa d z adatti allo scopo della classificazione dei luoghi pericolosi.
d z = (d o + d h ) (k d k u k ta k w ) (GD.3.a)
Z
dove:
d z distanza pericolosa dalla SE calcolata con metodi matematici, nella direzione di emissione
e di più probabile dispersione della nube esplosiva [m];
d 0 distanza di riferimento [m];
O
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Per la definizione della distanza di riferimento d 0 devono essere distinte due situazioni:
Negli altri casi la distanza di riferimento d 0 può essere ricavato dai grafici delle Fig. GD.3.1-1
e GD.3.1-2, i quali indicano la distanza, in metri, cui può pervenire la polvere, considerando
una SE in prossimità (fino a 3 m) della superficie di deposito (es. suolo, pavimento, o
R M
superficie che delimita inferiormente la caduta della polvere), in funzione della grandezza
media delle particelle d m [Pm] e della densità (assoluta) della polvere considerata (v. 5.5.9.1).
10
9
N O
7
Densità 1000 kg/m³
N
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6
Densità 500 kg/m³
do [m]
2
D
0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500
diametro medio particelle [Pm]
A
GUIDA
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distanza do (emissione a alta velocità - w = 2 m/s)
10
7
Densità 500 kg/m³
M
6
Densità 200 kg/m³
do [m]
5
R
3
O
0
N
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pavimento, o superficie che delimita inferiormente la caduta della polvere), alla distanza di
riferimento d o deve essere aggiunta la distanza d h dipendente dall’altezza della SE, che può
essere ricavata dalla Tabella GD.3.2-A
1 Se h t 20 m 1,0
dove:
h altezza della SE dalla superficie di deposito (es. suolo, pavimento, o superficie che
Z
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La velocità di sedimentazione è espressa dalla seguente relazione:
U d m 10 6 g
2
ut (GD.3.b)
18 P
A
dove:
M A
h
tt (GD.3.c)
N O
ut
dove:
GD.3.3.2 Coefficiente k d
Il coefficiente k d dipende dal rapporto tra la portata di emissione Q d della SE e il LEL della
D II
sostanza considerata, tenuto conto della velocità di sedimentazione u t ; esso può essere
ricavato dalla Tabella GD.3.3-A.
Pos. Condizione kd
LEL 10 3 u t d 02
Se > 10 0,5
1 2 Qd
LEL 10 3 u t d 02
A
O ZZ ZZ A
Se d 10 1
2 2 Qd
dove:
Il coefficiente relativo al contenuto di umidità della polvere k u può essere ricavato dalla
Tabella GD.3.3-B.
B
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Tabella GD.3.3-B – Coefficiente k u
GD.3.4.2 Coefficiente k w
Il coefficiente k w dipende dalla velocità dell’aria di ventilazione w nell’intorno della SE e dalla
velocità di sedimentazione u t ; esso può essere ricavato dalla Tabella GD.3.4-B.
Pos. Condizione kW
D
w
1 Se >5 3
ut
w
2 Se 5 > >3 2
ut
A
w
3 Se d3 1
ut
dove:
Z
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GD.3.5 Portata di emissione di polvere Q d
GD.3.5.1 Stima delle dimensioni dei fori di emissione dovuti a guasti
La stima delle dimensioni dei fori di emissione che si determinano in caso di guasto di
componenti del sistema di contenimento delle polveri combustibili (es. di processo), da
utilizzare per definire la portata di emissione e l’estensione delle zone pericolose è di difficile
A
valutazione.
M A
Per esempio:
– per l’emissione da una flangia si potrebbe fare riferimento alla dimensione del foro
ragionevolmente prevedibile che si manifesta più frequentemente considerando le sue
O R
La portata di emissione Q d di emissioni di secondo grado può essere valutata sulla base
dell’esperienza pratica e su considerazioni ingegneristiche, considerando, se del caso, la
D
Nei casi in cui non sia possibile definire il valore della portata di emissione Q d in modo più
approssimato, si può fare riferimento, a discrezione del tecnico preposto alla classificazione
dei luoghi, a quanto indicato nella Tabella GD.3.5-A, facendo riferimento alla portata totale P p
di processo in corrispondenza della SE .
GUIDA
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Appendice GE
Aperture
GE.1 Generalità
A
Le aperture sono classificate dei tipi A, B, C, in relazione alla frequenza e durata dei periodi
di apertura e dall’efficacia delle tenute o delle battute dei serramenti, tenuto anche conto della
differenza di pressione tra i luoghi interessati.
R
Tipo A – Aperture con caratteristiche che non rientrano tra quelle previste per le aperture
O
dei tipi B, C.
Tipo B – Aperture normalmente chiuse (es. con dispositivo di autochiusura), aperte poco
frequentemente e che hanno un interstizio molto ridotto su tutto il perimetro (senza
dispositivi di tenuta, es. una guarnizione).
N
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B.1 Porta per il passaggio di persone, mezzi di trasporto e simili, con serramento
avente un efficiente dispositivo di autochiusura, una buona tenuta su tutto il
perimetro e normalmente chiusa.
Z
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GE.4 Esempi di aperture di tipo C
C.1 Porta per il passaggio di persone, mezzi di trasporto e simili, con serramento
provvisto di un efficiente dispositivo di autochiusura, di dispositivo di tenuta (es.
A
frequentemente.
C.2 Apertura di ventilazione autochiudente, attraversata normalmente da aria pulita,
avente una buona tenuta su tutto il perimetro e soggetta raramente a mancanza del
flusso di aria.
R M
C.3 Combinazione di due porte in serie tra loro (di tipo B + B), per il passaggio di
persone, mezzi di trasporto e simili, ciascuna con serramento avente un efficiente
dispositivo di autochiusura, una buona tenuta su tutto il perimetro e normalmente
chiusa.
O R
N O
N
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D II
D A
O ZZ ZZ A
B O
B
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Appendice GF
La presente Appendice deve essere intesa come guida, pertanto, i suoi contenuti non sono
destinati ad essere applicati in modo acritico. Pur essendo un valido riferimento nella
generalità dei casi, essa non è esauriente; nella realtà impiantistica possono esistere
condizioni locali particolari per le quali potrà risultare necessario e utile ricorrere a misure
M
Per località non comprese nell’elenco della Tabella è possibile fare riferimento alla località più
vicina compresa nella Tabella.
R
Per ulteriori informazioni che si rendessero necessarie, quali quelle riguardanti la temperatura
e la pressione ambiente si rimanda alla Guida CEI 31-35.
I dati indicati nella Tabella GF-1 si riferiscono ad ambienti aperti senza edifici od ostacoli al
O
movimento dell’aria, ad alcuni metri dal suolo. Per definire la velocità dell’aria w in prossimità
del suolo (fino a 3 m), sarà opportuno ridurre i valori riportati in tabella moltiplicandoli per un
fattore compreso tra 0,5 e 0,25 in relazione alle condizioni specifiche dell’ambiente.
La direzioni di provenienza del vento, può essere utilizzata per individuare la direzione di più
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probabile dispersione della nube esplosiva (v. 3.11) e definire la forma delle zone pericolose.
NOTA ESPLICATIVA
I
Temperatura massima assoluta, è il massimo valore registrato nel periodo considerato dalla
statistica ISTAT.
D
Per Calma di vento si intendono tutte le velocità inferiori ad un nodo; per la valutazione della
ventilazione di ambienti all’aperto la calma di vento è convenzionalmente assunta nella
generalità dei casi pari a 0,5 m/s.
Frequenza della calma di vento, è la frequenza con la quale essa si è presentata nel periodo
considerato dalla statistica ANAV.
Velocità presente con la massima frequenza, è la velocità del vento che, ad esclusione della
A
Sotto l’indicazione della velocità dei venti (es. 4-6 nodi) è riportata la frequenza relativa,
espressa nella percentuale di presenza rispetto al tempo totale di indagine statistica (es.
STAZIONE DI BOLZANO - la velocità presente con la massima frequenza, esclusa la calma di
Z
vento, è quella compresa tra 4 e 6 nodi, presente per il 7,43 % del tempo).
Le direzioni sono quelle di provenienza del vento, espresse in gradi rispetto alla direzione
Nord (es. 80° - 100° significa che la direzione di provenienza del vento è da Est, che si trova
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Altitu- Tempe- Velocità presente Frequen-
Frequenza
Latitu- Longitu- dine ratura con la massima za della Direzione prevalente di
LOCALITA’ della calma
dine dine massima frequenza esclusa velocità provenienza del vento
s.l.m. di vento
assoluta la calma di vento 1-3 nodi
Bolzano 46°28' 11°20' 241 36,3 76,68% 4-6 7,43% 5,67% 170-190° 8,81%
Udine 45°59' 13°02' 53 36,8 50,88% 4-6 18,87% 13,61% 20-40° 10,50%
Trieste 45°39' 13°45' 20 36,0 46,09% 1-3 15,48% 15,48% 50-70° 18,20%
R M
Milano Malpensa 45°37' 08°44' 211 36,4 67,11% 4-6 13,99% 12,71% 230-250° 7,04%
Vicenza 45°34' 11°31' 53 36,6 69,80% 4-6 11,06% 10,76% 80-100° 5,89%
O R
Venezia Tessera 45°30' 12°20' 6 34,6 40,22% 4-6 20,51% 18,77% 50-70° 13,00%
Brescia 45°25' 10°17' 97 36,1 63,89% 4-6 14,29% 8,97% 80-100° 7,03%
Torino Caselle 45°13' 07°39' 287 34,6 78,33% 1-3 9,18% 9,18% Varie ---
N O
Piacenza 44°55' 09°44' 138 35,2 63,89% 4-6 15,89% 7,79% 230-280° 11,41%
Bologna B. Panigale 44°32' 11°18' 49 38,3 52,5% 4-6 18,31% 14,48% 200-220° 7,36%
Genova Sestri
Rimini 44°02' 12°37' 13 38,4 40,97% 4-6 18,90% 11,39% 290-310° 10,59%
Firenze Peretola 43°48' 11°12' 38 40,0 66,72% 4-6 10.97% 6,80% Varie ----
Falconara (AN) 43°37' 13°22' 10 37,6 46,71% 4-6 24,42% 3,51% Varie ----
43°05' 12°30' 213 37,5 50,90% 1-3 15,90% 15,90% 20-40° 14,33%
D II
Perugia
Grosseto 42°45' 11°04' 7 38,0 37,28% 4-6 18,15% 15,84% 20-40° 12,91
Pescara 42°26' 14°12' 11 40,0 54,02% 4-6 17,95% 9,21% 200-220° 8,78%
D
Roma Urbe 41°57' 12°30' 24 39,3 66,96% 4-6 10,61% 6,39% Varie ----
Frosinone 41°38' 13°18' 181 39,2 56,35% 1-3 14,13% 14,13% Varie ----
Foggia 41°32' 15°43' 81 43,0 26,09% 4-6 23,65% 9,62% 290-310° 22,96%
Bari 41°08' 16°47' 49 44,8 22,16% 4-6 29,77% 7,30% 260-280° 12,61%
A
O ZZ ZZ A
Napoli Capodichino 40°51' 14°18' 72 38,8 42,39% 4-6 18,43% 13,48% 200-220° 10,99%
Brindisi 40°39' 17°57' 10 43,8 18,86% 7-10 24,08% 4,11% 320-340° 17,03%
Potenza 40°38' 15°48' 843 36,8 41,66% 4-6 15,61% 2,88% 230-250° 16,92%
Alghero 40°38' 08°17' 40 40,1 30,31% 7-10 21,53% 7,25% 290-310° 13,06%
S.M.di Leuca 39°49' 18°21' 112 39,6 12,82% 7-10 24,61% 8,76% 350-10° 18,59%
Cagliari 39°15' 09°03' 18 40,8 23,99% 7-10 21,44% 9,81% 320-340° 23,66%
Crotone 39°00' 17°04' 161 42,2 27,24% 4-7 20,79% 6,25% 200-220° 14,91%
B O
Palermo 38°11' 13°06' 21 40,8 25,11% 7-10 20,13% 6,28% 50-70° 12,55%
Reggio Calabria 38°04' 15°39' 21 42,4 19,98% 7-10 23,03% 6,67% 20-40° 21,89%
Catania 37°28' 15°03' 17 44,4 31,58% 4-6 26,81% 7,91% 260-280° 14,93%
B
Gela (CL) 37°05' 14°13' 33 36,0 33,49% 4-6 20,01% 11,53% 50-70° 10,64%
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Appendice GH
Luoghi particolari
(Allo studio)
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Appendice GI
Riferimenti bibliografici
[1] Combustion and explosion characteristics of dusts (BIA-Report 13/97)
A
HVBG (Federation of the Statutory Acident Insurance Institutions of the Industrial Sector),
Alte Heerstrasse 111, D-53757 Sankt Augustin, Germany
Tel.: + 49-2241 /231 – 01; Fax: +49-2241 / 231 – 1333; http: //www.hvbg.de
R
November 1997
[3] Figure ricavate da documento interno della VALCOM S.r.l. Engineering Consulting
Company – Via Gramsci, 31 - 20019 SETTIMO MILANESE (MI)
[4] Norma CEI 64-2 Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione (1990);
[6] Guida di buona prassi a carattere non vincolante per l’attuazione della direttiva
1999/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle prescrizioni minime per il
miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere
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Editore CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, Milano – Stampa in proprio
Autorizzazione del Tribunale di Milano N. 4093 del 24 Luglio 1956
Responsabile: Ing. R. Bacci
CEI 31-35
Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas - Guida all’applicazione della Norma CEI EN
60079-10 (CEI 31-30) - Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie
infiammabili
CEI 31-35/A
Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas - Guida all’applicazione della Norma CEI EN
60079-10 (CEI 31-30) - Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie
infiammabili: esempi di applicazione
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