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PARTE PRATICA
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CAPITOLO I
Le misure lineari erano per alcune regioni il braccio, per altre il piede, ecc.
ecc., e queste erano diverse per le stoffe, per le lane, per le sete e per
l’architettura. Per i pesi erano: la libbra grossa e piccola, suddivise in 12, in 18,
in 30 once; e queste, ancora suddivise in alter parti per i pesi minori, ma di
una diversità fra di loro che difficilmente si poteva conoscere precisa una
quantità.
In Italia le misure lineari o di lunghezza, quelle che per ora a noi qui solo
interessano, erano:
il braccio, di tre palmi e due spanne; ed era in uso negli stati e regioni di
Modena - Venezia - Milano - Mantova - Bologna - Piacenza - Brescia -
Cremona - Bergamo - Parma - Padova - Firenze e Lucca; e corrispondeva alla
lunghezza del braccio umano teso ed allungato;
il piede, p, di 12 once, pure in uso in quasi tutte le regioni italiane.
Questo piede di antica origine romana, era diviso in 12 pollici inglesi, ed ogni
pollice comprendeva lo spazio di tre grani d’orzo in lunghezza;
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il digito lo usarono i geometri che dividevano il piede in 10 digiti, ed il
digito, che corrispondeva alla larghezza del dito indice, era di 5/4 di pollice, ed
equivaleva a 4 grani di orzo disposti per largo in modo che si toccassero l’uno
coll’altro;
la linea (mm. 20,25), il digito veniva ancora diviso in 10 linee,
ed era questa la misura lineare più piccola (mm. 2,025);
la canna, a Napoli ed a Palermo; e conteneva 6 piedi, 10 pollici e 2
linee inglesi (cm. 221,80);
il raso, a Torino e Piemonte, e conteneva un piede parigino, 9 pollici e
10 linee inglesi (mm. 600);
la spanna o palmo, a Genova e Liguria, ed era una misura presa dallo
spazio fra l’estremità del dito grosso e la punta del dito mignolo quando
ambedue sono tesi in fuori, ed era calcolata 3 larghezze di meno (mm. 250);
il palmo romano grande, che corrispondeva alla spanna e conteneva 12
digiti o larghezze di dita, ossia 9 pollici od once romane;
il palmo piccolo, che corrispondeva alla larghezza della mano,
contenente 4 dita o digiti, uguali circa a 2 pollici e 9/10 inglesi;
l’oncia, che era la 12ª parte del piede e del braccio;
il punto, che era la 12ª parte dell’oncia, e la 144ª parte del braccio;
l’atomo, che era la 12ª parte del punto;
l’oncia ed il punto, ancora si dividevano, in metà, in quarti, in ottavi,
in dodicesimi ed in sedicesimi.
Con questo sistema di misure lineari si venne sino alla fine del XVIII
secolo, quando, e ciò nel 1790 e 1791, l’assemblea nazionale francese e
l’accademia delle scienze, stabilivano una nuova unità di misura di lunghezza,
più semplice ed uniforme, dalla quale ne derivassero tutte le altre misure
maggiori e minori, uguali per tutte le nazioni. Questa misura fu chiamata
Metro, e corrispondeva alla quaranta-milionesima parte del meridiano terrestre.
Nel 1799 questo metro ebbe anche i suoi multipli e sottomultipli e si chiamò
allora Sistèma Metrico Decimale. Attualmente in tutti gli stati civili l’unità di
misura è il metro (per misure lineare). Quella di superficie è il metro quadrato,
cioè un quadrato che ha un metro di lato. Quella di volume è il metro cubico, e
cioè un cubo che ha un metro di spigolo, quella di capacità è il litro, che
equivale al decimetro cubo; e quella di peso è il grammo che corrisponde al
peso di un centimetro cubo di acqua distillata alla temperatura di 4° del
termometro centigrado. In Italia il sistema metrico decimale venne adottato dal
mese di luglio 1861.
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Daremo qui una tavola di ragguaglio delle misure lineari italiane antiche al
sistema metrico moderno, e per non dilungarci, solo quelle delle regioni di
maggiore interesse nostro.
Misure lineari antiche cremonesi misura decimale moderna
P piede di 12 oncie . . . . metri 0,435
Ʒ oncia di 12 punti . . . . . . » 0,03625
P punto . . . . . . . . » 0,00302
B braccio da legname, o commune in 12 oncie . . » 0,595
Ʒ oncia in 12 punti . . » 0,0495
p punto . . . . . . . » 0,004125
braccio architettonico in 12 oncie . . » 0,6624
oncia in 12 punti. . » 0,0552
punto in 12 otomi . . . . . . » 0,0046
braccio mencantile in 12 onci . . » 0,71136
oncia in 12 punti. . . » 0,5928
punto in 12 atomi . . » 0,00494
atomo . . . .. . . . . » 0,00041
piede liprando . . . . . . . » 0,357
Misure lineare bresciane
Braccio da terra o piede in 12 oncie metri 0,475
Braccio da seta in 12 oncie. . » 0,640
Oncia da seta in 12 punti. . . » 0,040
Braccio da panno in 17 ancie . . . » 0,674
Oncia . . . . . . . . . » 0,0396
Punto . . . . . . . . . . . » 0,0033
Braccio mercantile (come a Cremona) . . . . . » 0,71136
Oncia in 12 punti . . . » 0,05928
Punto in 12 otomi. . . » 0,00494
Atomo . . . . . . . . . . » 0,00041
Oltre alle suddette regionali misure italiane, gli antichi liutai usavano il
piede, il pollice e la linea francese.
Nella parte teorica dello studio fisico-acustico della cassa armonica degli
strumenti musicali ad arco da noi esposto, abbiamo trattato di curvature, di
angoli, di gradi, di circoli inseriti in angoli, di settori e di altri termini
geometrici, cose tutte essenziali per la dimostrazione di quelle teorie. Dovendo
ora qui trattare della costruzione con artigiani, i quali, salvo rare eccezioni, in
generale poche cognizioni hanno di discipline geometriche, matematiche e
fisiche; non hanno quindi conoscenza di certi strumenti necessari per
determinare le figure da usarsi operando in detta costruzione. È necessario una
breve spiegazione dei principali termini geometrici a cui queste si riferiscono;
ed in modo speciale, alle figure degli angoli, delle circonferenze e loro
divisioni in irradi.
Sorvoliamo quindi le definizioni elementari della estensione dei corpi,
forma e grandezza, e cioè la lunghezza, larghezza ed altezza o profondità o
spessore o grossezza; ed i tre limiti in questi, e cioè superficie, linea e punto; né
accenneremo a definizioni della retta, semiretta, segmento; della linea curva,
delle varie specie, e cioè verticale, orizzontale, perpendicolare o normale,
inclinate divergenti e convergenti e delle parallele. Ci fermeremo quindi e
diremo quanto solo a noi necessario circa gli angoli, la circonferenza o circoli,
ed i crudi in cui essa si divide. Àngolo secondo i geometri è lo spazio che
lasciano in mezzo due rette che partono da un medesimo punto. Le due rette
che formano l'angolo si chiamano lati, ed il loro punto comune diccsi vertice
dell’angolo. Fig. 1 a fi). L’angolo si enuncia con tre lettere scritte, una accanto
ad un lato, l’altra al vertice, l’altra accanto all’altro lato, e quindi l’angolo alla
figura I si indica l’angolo BAC. L’angolo può anche accennarsi con una sola
lettera scritta accanto al vertice, ed allora si dice, l’angolo A. Quando due o più
angoli hanno comune il vertice, si indicano con tre lettere scritte nell’interno di
ciascun angolo (II». Un angolo ha più o meno ampiezza (apertura) a secondo
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che i suoi lati sono più o meno distanti tra loro. La grandezza di ogni angolo
dipende quindi dalla sua ampiezza di apertura, e non dalla lunghezza dei suoi
lati. Quindi gli angoli hanno un’apertura eguale sono chiamati angoli eguali.
Sono chiamati angoli adiacenti due angoli posti uno accanto all’altro in modo
da avere comune il vertice ed un lato (III). Un angolo può essere retto, o acuto,
od ottuso. È retto quando i lati sono perpendicolari tra loro e questo sempre 90
gradi. È acuto quando è più piccolo del retto, ottuso quando è più grande di uno
retto (IV-V- VI). Due angoli che uniti assieme uguagliano 90 gradi, e che
equivalgono quindi ad un angolo retto, si dicono complementari (VII). Due
angoli non contigui, formati da due rette che si intersecano a vicenda, diconsi
angoli opposti al vertice, e questi sono eguali (Vili).
La semiretta che partendo dal vertice dell’angolo lo divide in due parti eguali
dicesi bisettrice (IX). Una porzione di un piano limitata da tre o più segmenti
rettilinei, si dice poligono, e questi si enunciano con lettere ai loro vertici. Di
questi poligoni a noi solo interessa il triangolo che è un poligono di tre lati. I
suoi tre lati assieme ai suoi tre angoli sono detti i sei elementi del triangolo. Un
triangolo può essere: equilatero, se ha uguali i suoi tre lati; isoscele, se ne ha
solo due eguali; rettangolo, se uno dei suoi lati è retto, e il lato opposto a
quest’angolo si chiama ipotenusa (X-XI-XII). Per costruire un triangolo
equilatero, si fa centro prima nell'uno e poi nell’altro estremo di un lato con
raggio uguale alla lunghezza del lato, e si descrivono due archi che si
incrocieranno in un punto C. Si congiunga questo punto C con gli estremi del
lato AB (X).
Il circolo o cerchio, è una figura piana di forma geometricamente rotonda,
limitata da una linea curva detta circonferenza; i cui punti sono tutti
equidistanti da un punto interno O, detto centro. Le due voci si usano
indistintamente, e si dice circonferenza in luogo di Circolo e viceversa. Nel
circolo sono considerati: il raggio, che/fè il segmento o linea retta condotta dal
centro ad un punto qualunque della circonferenza, e quindi i raggi di un cerchio
sono tutti uguali; il diametro, che è quella retta che passando per il centro
termina alle due opposte parti della circonferenza, ogni diametro equivale a due
raggi, perciò anche i diametri di un cerchio sono tutti eguali. Un diametro
qualunque divide la circonferenza in due parti uguali, dette semicirconferenze.
La corda è una retta che congiunge due punti qualunque della circonferenza.
Secante è una linea che attraversa il circolo e taglia in due punti la
circonferenza. Tangente viene chiamata qualunque retta la quale per quanto
prolungata, tocca la circonferenza in un solo punto, detto punto di contatto.
Freccia, è il segmento perpendicolare condotto dal punto di mezzo di una corda
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Fig. 1.
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e termina all'arco (XIII). Arco, è una porzione qualsiasi della circonferenza.
Quando questo è di un quarto di circonferenza chiamasi quadrante. Quando è
di mezza circonferenza dicesi semicirconferenza. Segmento di cerchio o di
circonferenza, è la porzione di un cerchio limitata ad un arco e da una corda,
aventi in comune gli estremi. Angolo al centro è chiamato un’angolo che ha il
vertice nel centro del cerchio, e formato da due raggi. Settore circolare è
chiamata una porzione di cerchio limitata ad un arco e da due raggi che fanno
capo agli estremi delParco (XIV). Concentriche sono chiamate due o più
circonferenze che hanno un medesimo punto per centro, per quanto una sia più
grande delPaltra (XV). Cerchi tangenti, sono chiamati due circoli che hanno un
solo punto di contatto. Essi possono essere tangenti esternamente ed
internamente, ed il loro punto di contatto è sulla linea dei loro centri (XVI). I
cerchi o le circonferenze di uguale raggio sono eguali, ed in un medesimo
cerchio ad angoli al centro eguali corrispondono archi eguali, e ad archi eguali
sono sottese corde eguali.
Fig. 1 b.
Fig. 2.
Fig. 3.
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Come si conduce una retta normale ad una perpendicolare
Sia AB la retta data. Si disponga una riga R in modo che un suo spigolo
coincida colla retta AB. Appoggiamo ora una squadretta S contro la riga in
modo che uno dei suoi cateti sia a contatto dello spigolo della riga e l’altro
cateto rimanga perpendicolare alla AB. Segnamo con lapis lungo questo cateto
una retta DC, e questa sarà la perpendicolare alla retta AB data. Potremo quindi
condurre parallele a questa CD e perpendicolari alla AB, altre retti in punti
diversi sulla AB, come in DVD", facendo scorrere la squadretta lungo la riga.
Fig. 6. Volendo si può anche sostituire la riga con altra squadretta.
Con la squadretta e la riga si possono ancora condurre per punti dati delle rette
parallele ad una retta data, e normali ad una data perpendicolare. Sia AB la
retta data e CD la perpendicolare a questa. Collochiamo la squadretta e la riga
una appoggiata all'altra in modo che un cateto sia appoggiato contro lo spigolo
della riga e l’altro coincida colla retta data AB. Facciamo ora scorrere la
squadretta lungo la riga tenendo quest'ultima ben ferma, segnando
successivamente dai punti sulla perpendicolare CD, per quel punto dato le
parallele E, F, C, H, I, L, alla AB, retta data. Fig. 6.
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Fig. 4. Fig. 5.
Fig. 6. Fig. 7.
Come si trova il centro Ji un'arca circolare o di una circonferenza
201
Fig. 8. Fig. 9.
Fig. 10.
A complemento daremo qui le antiche abbreviazioni, segni convenzionali
geometrici che sovente si riscontrano in antichi documenti:
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x moltiplicazione divisione
Nozioni di acustica-fisica
Come per le altre discipline delle quali abbiamo dato elementari nozioni, così
faremo per l’acustica-fisica, limitandoci a semplici definizioni generali e di
pura attinenza al nostro studio. E come fatto nella parte teorica, così sulle
costruzioni seguiremo trattando dei singoli fenomeni che interessano i vari
punti sulla costruzione, sia per non creare ripetizioni, sia per poter, trattando
con artigiani, dimostrare praticamente e quindi di maggiore comprensibilità che
dimostrandoli con sole definizioni.
L'acustica è la scienza dei suoni, cioè quella scienza che allorquando si
produce un suono, osserva quanto accade, e cerca quali fenomeni, quali leggi
sono necessarie alla formazione di questo suono, e secondo quali leggi questo
suono giunge al nostro orecchio.
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Il suono ed il rumore sono percezioni dell’udito di natura speciale alla stessa
guisa che l'occhio percepisce i colori. Un moto di un corpo sonoro è necessario
per la formazione e propagazione del suono. La qualità di movimento che
proprio ha la capacità di dare la vera sensazione del suono è il moto
oscillatorio, il quale è il moto del pendolo. Esso partendo da un punto,
attraversa la sua posizione normale, oltrepassa di tanto quanto è il punto da
dove è partito, ritorna, ripassando sempre per lo stesso punto sino al punto di
partenza, e nuòvamente fa uh continuo e regolare va e vieni, ripassando sempre
al medesimo luogo, e colla medesima velocità. Ciò per forza di gravità, cioè
agisce per il peso dei proprio corpo. Un altro moto, che è dovuto ad un’altra
forza detta di elasticità, uguale e simile a quello che compiono i corpi sonori.
Questa e una proprietà dei corpi naturali elastici, per le quali essi rimettono alla
loro figura ed estensione che per qualche causa esterna avevano perduta.
Le vibrazioni del pendolo non sono perfettamente isocrone, mentre
l’isocronismo dei corpi elastici è rigoroso. Il moto in un corpo sonoro che e
l'immediata causa del suono, può essere prodotto da differenti cause, cioè,
dulPurtarc che fa il corpo sonoro coll'aria, per collisione, per percussione tra
detto corpo ed altri corpi duri. Nel primo caso succede negli strumenti a fiato,
negli altri casi, negli strumenti a corda, nelle campane, nei tamburi, ma sia in
un caso come nell’altro, il moto che ne succede è tremolo, ondeggiante e
succede nelle particelle o molecole del corpo. I corpi essendo composti di
particelle piccolissime ed elastiche, quando queste venissero smosse dalla loro
posizione, vibrano tendendo al riposo e comunicano il loro moto alle altre
particelle producendo il suono.
Vibrazioni di una campana. Strofinando con un archetto il lembo di una
campana, questa vibra durante tutto il tempo per cui dura il suono; e se
appoggiamo leggermente la mano su di essa, ne sentiamo il caratteristico
fremito delle vibrazioni; ma se premiamo con una data forza ecco che il moto
vibratorio cessa, e con esso il suono.
Vibrazioni di una lamina. Una lamina di acciaio fermata da una sola parte
esterna e fatta a mezzo di colpi sopra oscillare, produce per un dato tempo
oscillazioni che sono come quelle di un pendolo. Se sulla superficie spargiamo
della sabbia finissima, e quindi sfregiamo con un archetto un lembo di essa,
vedremo la sabbia saltellare, sfuggire da certe parti e riunirsi sopra linee.
Queste linee chiamati nodali hanno attorno a se i movimenti vibratorii.
Vibrazioni di una corda musicale. Corda musicale è quella minugia o filo
metallico, che tesa, eccitata si vibra e ci dà la sensazione del suono. Quando
una corda tesa si scuote in modo da farla suonare, la si pone in uno stato
vibratorio, reso sensibile dall’apparenza di un fuso allungato, ed i suoi contorni
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ci appaiono indecisi e confusi. Questa apparenza proviene dalla persistenza
delle impressioni luminose sulla retina, e dalla velocità del movimento
vibratorio, l’occhio scorge la corda in tutte le posizioni ad una volta, giacché la
durata di una vibrazione è minore del tempo per il quale dura l’impressione
luminosa. Il moto di una corda sonora è vibratorio, segue le leggi del pendolo,
e comunque siano le vibrazioni, sono tutte eseguite in tempi uguali, e cioè sono
isocrone. Le vibrazioni di una corda eccitata sono trasversali, e si propagano
lungo la stessa corda producendo onde sonore. Le vibrazioni sonore sono
veloci e di piccola durata. Esse sono sensibili quando la loro durata non è non
troppo grande né troppo piccola, e così pure la loro ampiezza; quando invece la
loro durala è troppo lenta o troppo veloce, e naturalmente anche così la loro
ampiezza, allora non è più percettibile al nostro udito. Fisicamentc chiamiamo
onda una cavità di un’oscillazione nella sua superficie dell'acqua, dell’aria o di
un’altro fluido formata dall’agitazione e di una elevazione a piano di essa. Fig.
11.
Fig. 11.
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secca, ed una di esse batte con la capocchia di uno spillo alcuni colpi secchi su
di essa, l’altra persona, applicata l’orecchio contro la trave ne udirà
distintamente il rumore, mentre questo non sarebbe percettibile se l’orecchio
fosse nell’aria.
Fig.12.
intensità di questa. Due punti distanti tra di loro di una lunghezza d’onda, si
dicono in concordanza di fase, e dalla loro posizione sulla curva alla retta
presentano uno spostamento uguale. Due punti distanti invece mezza lunghezza
d’onda, si dicono in opposizione di fase, presentando essi spostamenti eguali
ma dalle due parti opposte e di segno contrario.
Chiamasi superficie d’onda la zona dal punto o corda che partonole
vibrazioni e formano l’onda susseguendosi in cavità e sollevamenti. Raggio
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d'onda, è la retta supposta che unisce il punto da dove parte l’onda al punto
massimo che la consideriamo giunta. Fig. 12.
Fig. 13.
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Fig. 14. Fig. 15.
Questi circoli dei quali è piena la superficie dell'acqua del catino, sono le
onde vive e moventisi per la forza impressa dal tremore dalla tavola.
All’occhio sembra che tutti questi circoli vadano a morire al centro, e che qui
tutti finiscano, si dileguino in nulla. La cosa però non è così.
I circoli giunti al punto di mezzo proseguono in avanti, trascorrono, e
trapassato il centro vanno incontro alla parte opposta della circonferenza del
catino. Tanto corrono solo sino al centro quei circoletti dell’acqua se il tremore
del catino è debole e l’impeto è poco, quanto sia gagliardo; ma allora alza onde
più ardite e la caccia con maggiore forza; ma, sia l’impeto debole che il
gagliardo non produrranno che effetti uguali. Dalla circonferenza del catino
tremolante si formano sensibilmente raggi d’acqua, tutti tesi e diretti ad
imbroccarne il centro, onde non è fuori di ragione il considerare l’impeto che
forma i circoli come scoccato da qualsivoglia punto della circonferenza al
centro per linee dirette le quali sono tutte semidiametri.
Sia ABED la linea del catino pieno d’acqua; C il suo centro. Dividiamo la
circonferenza nei quadranti AB, BE, ED, DA; consideriamo due opposti, cioè
BE-DA, come due coni opposti al vertice C, e si descrivano le onde che si
formano tremando il vaso. Consideriamo ora, come del resto lo sono, un corso
di linee ad onde serpeggianti, quale la FG, che spiccata da quanti sono i punti
degli archi AD-BE, corrono in C, e se ne vedrà l’unirsi e il non confondersi,
il trapassare il centro, il giungere sino alla parte contraria della circonferenza.
Le onde, partendo dalla circonferenza AD, passato il centro C, si incrociano, si
riversano e divengono le onde EB; si vanno incontro le une alle altre, non si
contrastano, non si permischiano, non si confondono, e non solamente le une
non disformano le altre, ma si riformano le une con le altre il doppio in meglio.
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L’acqua nel catino si rimane ferma quanto al non muoversi di dove era, e
solamente si alza e si abbassa in sù ed in giù della medesima linea
perpendicolare. La linea d’impeto che da AD, passa per C, e va a BE, e così
tutte le altre, fa come le altre che da BE, corre in C, e cioè, inalza le sue
ondicelle. Adunque, l’aggiungersi al suo impeto della ABC, trapassata non
scompiglia i circoli delle onde BCE, ma operando come essa, viene quasi ad
esserne raddoppiato l’effetto. Figg. 15 e 16.
Fig. 16.
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non si confondono, non si permischiano né perdono il loro impeto, ma col
medesimo ordine che erano venuti, si volgono in dietro, e col convesso in
avanti tornano verso il loro centro, e rinnovano tante andate e ritorni sino a
consumare l’impeto del sassolino che le smosse.
I circoli dei ritorni o ripercuotimenti sono sempre di convessità maggiori
di quelli di andata, più spianati, perché l’impeto coll’andare si indebolisce
e.manca, e quindi anche la forza per sollevare in alto le onde. Questo
movimento chiamasi riflessione d’onda. L’urtare che fa l’onda contro
l’ostacolo non la deforma, poiché quello è un tocco che la rimanda intera e non
una percossa che la dissipi.
Dimostriamo seguendo i giri dell’acqua nella nostra peschiera come succede
il fenomeno della riflessione. La superfici d’onda E, G, F, H, se il muro della
peschiera AB, non la interrompesse si estenderebbe divenendo la superficie
d’onda C, D, O, C', ma invece il muro AB, a cui giunge il moto dell’onda F
diventa come pure il centro di vibrazione, ed il moto allora viene propagato in
causa alla legge di incidenza dell’angolo di riflessione, nel senso contrario di
prima. Quindi, il punto F, che avrebbe dovuto continuare in sino a D, viene
invece riflesso in K, che è la distanza da F, quanto la lunghezza d’onda sarebbe
stata se non avesse incontrato l’ostacolo AB, e quindi da D; mentre invece dal
punto G, che in quel tempo l’onda avrà percorso il tratto che la separava dal
muro AB, e quindi da G, e giunto in i riflesso indietro al punto M, eguale in
distanza da i, quanto lo è da O, e con raggio iM di riflessione regolata dalla
legge generale di detti fenomeni di riflessione. In complesso la riflessione che
ne risulta, è una superficie di onde uguale a NKNT, cioè la precisa onda in
senso contrario che ne sarebbe stata se il muro della peschiera non la avesse
ostacolata. L’onda riflessa ha posizione o forma come se provenisse dal centro
di scuotimento P', identico a quello di P, e collocato dietro il muro sulla
normale PD. Fig. 17. Se l’ostacolo contro cui vanno a ferire i circoli dell’acqua
è obliquo, torcono allora il loro ritorno con quella obliquità regolata che è
propria della luce quando riverbera dagli specchi e non fa con essi angolo retto,
ma volta obliquamente per modo che gli archi delle onde diretti e ripercossi
dall ostacolo facciano su esso con le proporzioni del loro diametro, un angolo
di riflessione pari a quello d’incidenza. Cosi del suono, che qualora si
ripercuota ad un muro che lo riceve in traverso, ne rimbalza dalla parte
contraria della venuta, salvo in tutto o quasi in tutto l’egualità degli angoli fatta
col piano.
211
Fig. 17.
Ciò detto, facile è il trovare ed ottenere la direzione del raggio riflesso avuta
la direzione di quello incidente, perché, questa legge avendo luogo per ogni
sorta di corpi, deve per conseguenza valere in quella delle vibrazioni sonore.
Supponiamo adunque essere DC, un raggio sia semplice, pure la di lui
determinazione nella linea DC, essendo obliqua rispetto all’ostacolo, è
realmente composta di due determinazioni, una lungo DE, l’altra lungo DG. La
forza lungo DC, è perciò uguale alle due forze DG e DH. Ma l’ostacolo GF
solamente si oppone ad una delle determinazioni, cioè quella lunga DG (perché
non può opporsi ad una determinazione parallela a se stessa come DE), perciò
solamente la forza lungo DC si perderà coll’urto rimanendo intera quella lungo
DH o GC. Ma un corpo perfettamente elastico, quale, supponiamo un raggio di
luce od una vibrazione sonora, ricupererà per mezzo della sua elasticità la forza
che ha perduto per l’urto.
212
Il raggio pertanto ricupererà la forza DC o CII, e così ritenendo anche le
sue forze e insieme la sua prima determinazione HC e CF dopo la percussione
sarà spinto lungo CF e CH dalle stesse forze come prima lungo DH e DG. Per
il suo moto composto perciò, egli descriverà la linea retta CE, e quella nello
stesso tempo che DC, ed HE e DH saranno uguali come essendo descritte per
la stessa forza.
Ora i due triangoli DCH e HCE sono uguali e per conseguenza i loro angoli
similari eguali. Poiché adunque HCA = HCF, DCA l’angolo di incidenza è
uguale a ECF, l’angolo di riflessione. Fig. 18. L'onda riflessa si presenta
rispetto all’onda incidente come spostata di mezza lunghezza d’onda, e la
riflessione si compie con cambiamento di fase.
Fig. 18.
213
che una parte di superficie d’onda arriverà alPostacolo e verrà da questo
riflessa. Perché questa eco succeda, occorre che Tonda sonora vibrando
incontri l'ostacolo e ritorni riflessa al punto da cui è partita; che il suo raggio
arrivi all'ostacolo, urti e ritorni perpendicolare; che l'ostacolo sia di fronte alla
emissione della vibrazione, e che la distanza fra questa e l'ostacolo sia almeno
di 30 metri, tale che occorre un dato tempo perché la riflessione ci giunga. In
questo caso l'ostacolo rifletterà il suono nel preciso punto da cui fu emesso.
Fig. 19. Ma se invece l'ostacolo fosse leggermente inclinato, succederà che la
vibrazione incontrandolo, in causa alla legge generale di riflessione, la
superficie d'onda sarà riflessa in altra direzione. Fig. 20.
Fig. 19.
214
Se i due ostacoli fossero tra di loro molto vicini, e la vibrazione partisse
sempre dal loro mezzo, le onde incontrando le pareti verranno da queste più
volte riflesse e così presto (data la vicinanza minima degli ostacoli) che invece
di ripetersi, il suono si rifletterà colla vibrazione emessa, l’intensità sarà più
forte, non si ode più eco, ma il suono forma tutt’uno e rimane rinforzato.
Esistono echi tonici, i quali hanno la curiosità e proprietà di modificare il
timbro del suono.
L'eco va equabilissimamente e non ha accelerazione di sorta alcuna;
rimanda le vibrazioni ricevuta come corpo fatto sonoro movendosi dell’altrui
moto. Secondo alcuni per produrre una eco di intensità grande sembrerebbe
necessaria una certa concavazione. La cagione dell’ingrandirsi che fa il suono
in questa formazione sarà forse perché il suono sparso si aduna, e, come
vedremo, la luce per riflessione da specchi concavi e parabolici unisce tutti i
raggi in un sol punto o piccolissimo giro, e questa vale per intensione di tanta
luce quanta né qui adunata. In modo simile pel suono il raccoglierlo è
moltiplicarlo, e raccoglierlo è proprietà della figura concava che ne rende il
corpo sonoro atto a rifletterlo sotto tal misura di angoli determinati, che le sue
linee concorrano ad unirsi in più piccolo spazio, e quanto elle sono più in
numero e più riflesse insieme, tanto il suono che elle formano si farà sentire più
intenso.
215
sugli strumenti ad arco.
Sia l’arco di cerchio KM, ed il raggio LI, parallelo all’asse AB, sotto
un’inclinazione di 60°. Il raggio riflesso IB concorrerà coll’asse AB nel polo B.
Se l'inclinazione e minore di 60 gradi, come il raggio EH, allora il raggio
riflesso HF concorrerà sull'asse AB, nella distanza BF, che è minore di una
quarta parte del diametro del raggio CB. Ed in generale la distanza del punto F,
in cui il raggio HE concorre coll’asse del centro C, è alla metà del radius CH,
nella ragione dell’intero raggio sino al confine d’inclinazione. Fig. 22.
Quindi col calcolo si trova per l’arco minore di 6 gradi, i raggi paralleli
all’asse si incontrano dopo la riflessione in una parte dell’asse minore della
1457a parte del radius; se la lunghezza dell’arco è di 6, 9, 12, 15, 18 gradi, la
parte dell’asse in cui i raggi paralleli si incontrano dopo la riflessione è minore
di 1/363 - 1/160 - 1/189 - 1/56 - /36 del radius. E poiché i raggi diffusi per tutta
la superficie dello specchio concavo dopo la riflessione sono contratti in un
piccolo circuito, la luce ed il calore dei raggi paralleli debbono essere perciò
prodigiosamente accresciuti, e cioè, in ragione dupplicata della larghezza dello
specchio e del diametro del circolo in cui tutti i raggi sono raccolti.
Collocando un corpo lucido nel foco F di uno specchio concavo EI, i raggi
dopo la riflessione diventeranno paralleli; e siccome raggi paralleli
corrispondoo ad una superficie d’onda piana che non cresce come invece
crescerebbe una regolare superficie d’onda sferica, quindi una luce intensa può
essere proiettata ad una vasta distanza da una candela accesa collocata nel
fuoco di uno specchio concavo. Se questi raggi paralleli sono ricevuti da
un’altro specchio concavo, essi concorreranno di nuovo nel di lui fuoco e
brucieranno. Fig. 23. Se un corpo lucido D viene collocato tra il foco F e lo
specchio HBC, i raggi dopo la riflessione divergeranno dall’asse AB in K, e ne
segue che la luce verrà indebolita dalla riflessione. Fig. 24. Se un corpo lucido
I viene collocato tra il foco F e il centro G i raggi dopo la riflessione
s’incontreranno nell’asse AB, al di là del centro G in L (foco coniugato), Fig.
25. Quindi se mettiamo una candela in I, la sua immagine comparirà in L, e se
si mette in L, la sua immagine comparirà in I, e nei punti intermedii tra L ed I,
la sezione della luce sarà un circolo tanto più grande quanto più egli è vicina al
centro G.
216
Fig. 23. Fig. 24.
Se si colloca un corpo luminoso nel centro G di uno specchio, tutti i raggi
verranno riflessi in dietro sopra se stessi. Fig. 26.
In uno specchio semicilindrico cavo, il suo foco anziché essere un foco di
punto come negli specchi concavi, i raggi saranno riflessi convergenti in una
linea lucida parallela alla sua asse, ad una distanza eguale dal polo che negli
specchi concavi.
Cassette di risonanza
Le corde musicali per se sole danno suoni deboli. Per ottenere maggiore
intensità sonora si montano su speciali casse di risonanza, praticando in esse
regolari aperture per ottenere la emissione del suono in esso rinforzato. I
fenomeni che si producono quando un suono viene prodotto in un ambiente
chiuso, sono molto complessi. Esso infatti deve riflettersi sulle pareti
deH’ambiente, e ciò per più volte. L’orecchio non potendo distinguere il suono
riflesso dal suono diretto al quale in parte si sovrappone, riceverà Pimpressione
di un suono più intenso ma alquanto confuso. Il suono fa più sonante il luogo
ove è ripetuto più volte, perché la medesima vibrazione è ripetuta tante volte
quante sono le ripercussioni che ella fa in se stessa. È noto il fatto che la voce
di‘chi parla nella pubblica via meglio si intende da chi stà dentro una camera
con la finestra aperta, che non affacciandosi alla finestra in modo da ricevere la
voce più da vicino; ciò è dovuto perché nella camera ode la medesima voce,
ma ripetuta airorecchio, per dire così, tante volte quante sono le ripercussioni
che ella fa in essa.
Smisurato sarà il rimbombo (risonanza) che renderà un suono fra due
ostacoli concavi regolari, vicinissimi tra di loro, ma smisurato in confronto
della piccola misura del suono che ha ricevuto e per la pochissima distanza
dell’ostacolo a cui il suono batte e ne rimbalza dall’uno all’altro, tornerà a farsi
udire con tanta velocità che non si potrà distinguere il suono riflesso dal
naturale. Così le cassette biconcave ed i cilindri cavi sono per la loro
condizione atti a fare ed a ricevere in quella stessa maniera riflessioni per
incrociamento di linee sonore, per circoli e per centri, e tanto valgono a
moltiplicarne il suono. Per ottenere grande intensità in un suono, vi è arte di
raccoglierne i raggi sonori per ripercuotimento di riflessioni aggiustate per
linee, e queste dove si troveranno adunate ed appuntite, uniscono tanta virtù da
218
far udire quanta era quella che avevano sparsa per tutto lo spazio dal quale
vengono adunate, e fare sì, che i suoni sommessi e con tono appena sensibile
possano farsi udire ingranditi per molto.
Una concavità circolare più di qualunque altra figura è atta a moltiplicare
angoli e riflessioni a cagione degli innumerevoli ripercuotimenti che un suono
fa in quella; se poi fosse molto stretta, molte sarebbero le linee di
ripercuotimento; si formerebbero così più unite e ne uscirebbe intero e maggior
suono. Il riflettersi ed il moltiplicarsi del suono è proprietà della figura
concava, e tutta cosa dell’estrinseco che riflette e non dell’intrinseco che
risuona; della superficie e non della profondità o grossezza dell’ostacolo.
219
durata e dall’ampiezza delle vibrazioni.
Concordanze e discordanze
Sappiamo che una corda tesa tra due punti AB e posta in vibrazione
presenta la forma allungata di un fuso. Gli estremi AB che non vibrano, si
dicono nodi, e nella curva, in cui il moto è massimo si chiama ventre. Fig. 27.
Altri nodi e ventri si possono formare in una corda vibrante, ponendo un dito
sulla metà D; allora la corda formerà due centri e un nuovo nodo, e la corda
così vibrante darà un'onda di lunghezza dell’ottava superiore, il cui numero
delle vibrazioni sarà il doppio di prima. Fig. 28 a.
220
Così, se poniamo il dito ad un terzo della corda si avranno tre ventri e
quattro nodi, il numero delle vibrazioni sarà il triplo del primo, ed il suono sarà
la quinta dell’ottava suddetta. Fig. 28 b. Il suono di una corda tesa dipende
dalla sua materia, dalla sua lunghezza o diametro e dalla sua tensione. Senza
entrare in disquisizioni matematiche o riprodurre formole, non sempre
intelligibili ai comuni artigiani, daremo le leggi fondamentali solamente.
1) Il numero delle vibrazioni compiute da una corda è in ragione
inversa della sua lunghezza.
2) In ragione inversa del diametro della corda.
3) In ragione diretta della radice quadrata del peso tensore; cioè, si
richiede un peso quadruplo per inalzare la nota fondamentale nelTintervallo di
ottava.
4) È in ragione inversa della radice quadrata della densità.
222
Velocità di propagazione del suono nei corpi solidi
Sappiamo che un corpo sonoro emette un suono diverso dal modo in cui si
eccita ut suono. Così una corda emette suono diverso se eccitata a vibrare
coll’archetto ovvero pizzicata col dito. Sappiamo pure che ogni legno percosso
emetie un suono diverso, secondo la sua forma, densità, stagionatura; se le libre
che vibrano sono disposte per lunghezza o trasversalmente. Si sa per esperienza
che il moto vibratorio delle corde eccitate dal l'archetto non solo si trasmettono
ad esso, ma pure alla mano cd al braccio clic lo tiene e lo trascina. In generale,
ogni corpo che suona, se tocca un'altro corpo sonoro, muta suono, e se due
corpi sonori e suonanti si toccano uno coll'altro, se ne permischiano i suoni.
Due diversità di tremori che da se suonerebbero diversamente, se si
uniscono a formare un sol corpo sonoro, produrranno un suono che non sarà
nessun suono dei loro proprii, ma una cosa di tutti, una vibrazione comune ed
un suono solo. Un’osservatore, per accertarsi quale legno meglio vibrasse,
prese un pezzo di legno di parecchie specie di alberi, li ridusse ad una stessa
misura in lunghezza e grossezza e spessore, in tutto eguali, e battendoli ad uno
ad uno, riuscì a stabilire per ciascuno il suo vero e naturale suono fisico che
ognuno di loro rendeva, e non solo da ognuno di loro, ma anche paragonandoli
per vederne la differenza. Da quel minuto esame riscontrò:
223
L’abete, suona più acuto degli alrti, ed essere come il soprano della sinfonia
di quei musici di legno.
Per dimostrare come dalla corda vibrante si trasfonde il tremore nel corpo
dello strumento a cui è collegata, ponetevi su di una mano aperta un regolo di
legno abete sul quale sia teso da capo a capo una corda, e toccatela in modo
che ella suoni un po’ gagliardo. Sentirete subito rispondervi nella mano il
tremore del legno tanto sensibilmente che non avrete bisogno di tanta
224
attenzione per avvedervene; e continuerete a sentirne il tremore quanto il suono
della corda, il quale va sempre più assottigliandosi ed indebolirsi. Ritoccate la
medesima corda, e nel suo meglio che essa suonerà e tremerà il legno, con due
dita dell’altra mano toccate e fermate la corda. Subito sentirete cessare il suono
e nella mano il tremore, e ciò perché, fermato il guizzare delia corda non vi è
più suono nell’aria e tremore nel legno.
Provate ancora a collocare sulla mano un po’ staccato uno dall’altro due di
questi regoli di abete, con sopra ognuno tesa come detto la corda; però in uno
di essi una corda lunga 40 cm. e nell’altro una di 80 cm., e che non siano di
uguale grossezza, ma una la più corta sia una seconda da violino e l’altra una
seconda da violoncello. Toccate ora la prima corda corta e sottile ed allorché
sarà quieta suonate la grossa e più lunga ed ascoltate con attenzione i due
tremori impressi nella vostra mano dall’una e dall’altra. Avete notato che il
primo tremore sarà stato più trito e brulicare, più minuto; e l’altro più lento.
Ciò perché cosi vanno i tremori come le vibrazioni in ispessezza come le corde
in lunghezza. Questo è il materiale del tremore armonico, ed il tremore
impresso dalla corda allo strumento.
225
Capitolo II
COSTRUZIONE
226
Fig. 29.
227
Il violino secondo di tono meno acuto aveva tavole di once 6, p 72, mm.
355,68. Del violino primo sono conosciuti ancora molti esemplari. Essi però
sono poco apprezzati. Oltre a dette misure si costruivano violini di soli p 70,
mm. 345,80 conosciuti come violini di piccolo formato; di parti 71 e p 71 ½,
mm. 350,74 e 353,2; e da A.Stradivari di p 72 5/8, mm. 358,33, di p 73 3/12,
mm. 361,85; e nel 1690 dallo stesso di p 73 5/8, mm. 363,62 chiamati violini di
grande formato. Fu infine adottata quale vera misura della cassa del violino
secondo, per la sua tonalità di soprano il grande formato di Nicilò Amati del
1648 di once 6, p 72, mm. 355,68, misura riconosciuta regolare, usata
definitivamente anche dllo Stradivari e mantenuta constante nella sua scuola
dall’inizio circa del sec. XVIII. Abiamo accennato a questi violini di varie
misure perchè essi entrano a far parte nelle dimensioni delle varie viole
contralto e tenore, e nelle fusioni di violino e viola per le dimensioni del
violoncello. La lunghezza totale del regolare violino è di mm. 592,80;
equivalente alla antica misura lineare del braccio mercantile bresciano e
cremonese in once 10 o p 120. La lunghezza della sola cassa misurata sull’asse
longitudinale della tavola, di mm. 255,68 ossia di once 6 o p 120 (mezzo
braccio mercantile). La lunghezza del manico da tavola a ciglietto o capotasto
di mm. 130,91, once 2 3/16, p 26 ½. La lunghezza della chiocciola con voluta
di mm. 106,21, once 1 13/16, p 21 ½.
Per le altre determinazioni, larghezza di tavola sia al basso che al mezzo ed
in alto, spessore di massima elevazione esterna della tavola e della cassa,
dell’altezza delle fasce, questi, come vedremo, ci saranno dati dalla
proporzione della lunghezza della tavola dallo sviluppo delle curvature
policentriche perimetrali, dalla curvatura trasversale interna e dalla
disposizione sulle fasce di queste tavole.
Nella parte teorica abbiamo dimostrato come le dimensioni date alla cassa
armonica del violino e strumenti derivanti, nella loro lunghezza e nelle loro
larghezze non furono assegnate per solo principio estetico ne per sola comodità
di maneggio (tecnica) ma studiate nella qualità di legnami, nel loro suono
fisico, nella disposizione di fibra, nelle dimensioni, nella qualità di materia e
nella loro superficie, dovendo esse rispondere singolarmente al caratteristico
tono di soprano, contralto, tenore e basso. Non riteniamo qui necessaria una
disquisizione delle varie parti formanti la cassa armonica, sia perché già ne
abbiamo trattato, sia perché durante la costruzione dovremo di ognuno di
queste enumerarne le qualità costruttive. Delle due tavole che compongono
colle fasce la cassa, una, la superiore è chiamata armonica, e fondo la inferiore.
228
Per la tavola armonica fu sempre usato, anche nelle antiche viole da braccio,
Pabies picea excelsa, e l’acero campestris per la tavola di fondo.
Le loro qualità organoletiche già in antico tempo riconosciute saranno da
noi in altro punto considerate. A noi per ora occorre considerarne la sola loro
struttura e la disposizione di fibra per poter in base alle leggi della velocità di
propagazione del suono nell’abete trovare le proporzioni di massima larghezza
da stabilire per le tavole in relazione alla loro lunghezza. A conoscenza che nel
senso longitudinale della fibra i legnami aumentando nella misura in lunghezza
cambiano in modo sensibile il loro suono fisico diminuendo in tonalità verso il
grave di mano in mano che aumenta la loro lunghezza, dagli antichi liutai ci fu
stabilita la lunghezza della tavola armonica di abete del violino per la tonalità
di soprano in p 72 mm. 355,68. Così, mentre l’aumento nella lunghezza della
tavola armonica da 1/5 ad 1/8 in più del violino, ci diede la viola
corrispondente alla tonalità di contralto; l’aumento della stessa tavola di ⅓ o di
¼ in più di detto violino ci diede la viola tenore, di tonalità tra il contralto ed il
tenore.
La corrispondenza alla vera voce di tenore del violoncello fu ottenuta colla
fusione della misura in lunghezza della tavola della viola contralto e di quella
del violino. Con la fusione nelle due misure delle due tavole del violino e
violoncello e della viola contralta e violoncello si ottenne la corrispondenza
alle tonalità di basso e controbasso. Ecco il perché della diversità nella
lunghezza della tavola armonica fra i quattro strumenti; ed il perché.la
lunghezza nelle tavole di ogni singolo strumento debba in riguardo al tono
essere scrupolosamente osservata. Ma, se nel senso longitudinale delle fibre,
una minima variazione in più od in meno produce sensibile differenza di tono,
in senso normale alle fibre, e quindi nella larghezza nessun mutamento di tono
avviene sino a raggiungere nella larghezza la metà circa della misura in
lunghezza della tavola. Di qui la nessuna differenza nella minore misura di
larghezza nelle parti nella tavola al mezzo ed all’alto nella linea perimetrale.
Dal lato acustico dobbiamo quindi considerare che la disposizione di fibre
nell’abete della tavola armonica in direzione longitudinale è continua, mentre
in senso normale alla fibra esse sono divise dallo sclerogeno più molle e
poroso, quindi meno unite. Data la struttura semplice e regolare della tavola
armonica e la disposizione delle fibre in direzione longitudinale, parallele
all’asse per necessità di tono e di elasticità, a conoscenza che nel legno abete,
in senso della fibra la velocità di propagazione del moto vibratorio fu
riscontrato in senso normale alle fibre la metà che nel senso longitudinale ad
esse; occorre, proporzionare la larghezza in rapporto alla lunghezza in modo
che le vibrazioni delle corde comunicate dal ponticello al centro di gravità della
tavola abbiano a propagarsi nel medesimo tempo sia longitudinalmente che
trasversalmente a tutta la superficie sua. Questa velocità di propagazione in
229
senso trasversale però non è assoluta ma relativa inquantoché la più o meno
fittezza delle fibre e dello sclerogeno poroso produce lieve diversità in questa
velocità propagativa. Questa misura adunque è passibile di lieve
modificazione.
Ora, essendo la lunghezza della tavola once 6, mm. 355,68, e la velocità di
propagazione in quel senso doppia che in senso trasversale, la larghezza che
questa tavola dovrebbe avere in rapporto alla sua lunghezza la misura di once
3, mm. 177,84, cioè la metà della sua lunghezza, e quindi essere di figura
rettangolare. Fig. 30. Così, come nel violino, per la viola contralto di mm.
414,65 la sua proporzione in larghezza sarà di mm. 207,48; per la viola tenore
di mm. 479,18 sarà di mm. 239,56; per il violoncello di mm. 758,2 sarà di mm.
379,1; per il controbasso di gran formato di mm. 1170,78 sarà di mm. 528,92.
Alla parte teorica abbiamo dimostrato il perché la parte superiore della cassa
nella larghezza di tavola venne per necessità fisiche lievemente diminuita. La
parte al basso della tavola invece venne lievemente ingrandita causa
l’adattamento delle curvature di maggior raggio che dovremo dare alla linea
perimetrale alla cassa in rapporto alle altre di raggio minore nella parte
superiore. DÌ qui la figura trapezioidale che nel complessivo assieme assume la
tavola; ed in modo da portare la sua massima larghezza al basso in once 3½ , p
42, mm. 207,48; ed anche p 42¾ mm. 211,18 e nella parte alta invece ad once
2¾ p 33 mm. 163,2 ed anche p 34½ mm. 170,4. Fig. 31. Questo lieve
aumento della tavola al basso e diminuzione all'alto verrà dimostrato mentre
tracceremo la linea perimetrale interna della cassa e spiegata la differenza tra
strumento e strumento quando tratteremo della gravità delle tavole.
230
Sempre alla parte teorica in «parti vitali» trattando della posizione
dell'anima, abbiamo dimostrato il modo di stabilire nelle tavole la linea di foco
e quella di foco coniugato, punti di riferimento acustici ed assi delle
semicalotte sferiche che raccordano colla parte centrale le due parti in alto ed
in basso gli estremi delle tavole. In quella parte abbiamo anche trattato della
gravità e della linea di gravità della tavola armonica. Questa dobbiamo per ora
calcolarla sul p 40° normale all’asse longitudinale della tavola. A suo tempo
spiegheremo della sua vera posizione e relativo spostamento.
Nella parte teorica abbiamo dimostrato come in base alle leggi della
riflessione su ostacoli concavi elastici abbiamo potuto trovare tutti i principali e
necessari punti acustici di riferimento delle tavole e della cassa. Sempre in base
a dette leggi partendo dalla sola misura in lunghezza della tavola vediamo ora
di costruire la irregolare linea perimetrale interna della cassa, e da questa il
completo contorno esterno della tavola.
231
Fig. 32 a.
232
Nella parte preliminari alla costruzione, alle nozioni di acustica fisica abbiamo
spiegato il succedersi nello specchio d'acqua quieta di una peschiera, dei circoli
prodotti sii quella da un sassolino buttato a romperne la superficie. Ciò per
dimostrare il prodursi e l’andamento del moto vibratorio nell’aria.
Abbiamo pure dimostrato come queste onde corrono, come si accavallano,
si incrociano senza distruggersi, senza permischiarsi, senza confondersi; e
come non solo esse non si deformano, ma accavallandosi si riformano gli uni
con gli altri in meglio, e come in tal modo se ne radoppi l’effetto di potenza.
Abbiamo anche dimostrato ciò che succede nelle onde allorché incontrando un
ostacolo, e cioè come e perché si riflettono; ed in base alla legge generale di
riflessione in quale direzione questa riflessione succeda a seconda della figura
dell’ostacolo in cui le onde si incontrino. Vediamo ora nella costruzione della
linea perimetrale interna della cassa in base a dette leggi ottenere, con gli archi
delle varie curvature policentriche date ad arte, fra l’aria all’interno della cassa
un grande movimento ondulatorio per il rinforzo del suono.
Fig. 32 b.
233
disposizione di queste curve policentriche e controcurve, le quali sono tutte
segmenti delle varie circonferenze il cui angolo al centro è in tutte minore di 60
gradi.
Riferendoci ora alle dimensioni in lunghezza della cassa, tracciamo la sua
linea perimetrale interna in base ai fenomeni della sua riflessione contro
ostacoli concavi, e da questa, l’esterna della tavola, ritenendo erronea, almeno
per il tracciamento di quella, la quasi generale convinzione del disegno a mano
libera. Sia adunque AB l’asse nella lunghezza della tavola ed E la sua metà.
Centro in E descriviamo una circonferenza che passi sui punti 1 e 71, e
consideriamo la AB diametro di questa. (Ved. anche fig. 33). L’interno della
cassa nella lunghezza di tavole viene quindi limitata a 70 punti, essendo i due p
lasciati necessari per la distanza dalla parte interna al limite esterno della tavola
per lo spessore occupato dalla fascia e la distanza per la sporgenza del bordo.
Per non creare confusione di numeri prolunghiamo le rette passanti per i
punti O e 72 sino ad oltrepassare il limite della circonferenza in M; inalziamo
una perpendicolare MM' e su questa faremo le suddivisioni in lunghezza
dovute alla AB in once, l/l once ed in punti (p). Dal centro E verso il basso
costruiamo un triangolo isoscele B'-B" sulla curva di fondo, inscritto con
angolo di 36° al vertice; e così pure dal centro E un altro eguale verso l’alto
EA'-A", con angolo di 20°
Questa diversità di gradi fra i due triangoli isoscele EB'-B" e EA'-A" è
necessaria per ottenere la rastremazione verso l’alto della cassa. Sul p 42, linea
del foco, tiriamo una retta normale alla AB in NN', e così pure sul p 25, in
prossimità del foco coniugato inVV'. Lo spazio tra NN' e VV' sarà l’altezza
della parte centrale della cassa. Portiamo quindi sulla normale alla AB sul
punto 42 NN' a distanza dall’asse p 12 per parte (mm. 59,28), sia destra che a
sinistra in GH; inalziamo due perpendicolari e parallele sino all’incontro della
W' sul p 25 in G'H', e questa sarà il limite della larghezza obbligata della parte
centrale.
Ecco la cassa divisa in tre parti nella sua altezza, e stabilita anche la sua
larghezza centrale. Fig. 32 b. Continuamo ora a tracciare il contorno interno in
basso, in alto ed al centro. Tiriamo normale alla AB dal p 57 (metà in altezza
della parte in basso) la retta KK', che taglierà i lati dell’angolo di 36° nei punti
II'. Centro in I, con raggio IB' tracciamo la curva B'K", massima larghezza
interna della parte al basso della cassa. Centro sul punto 57 e raggio 57 K",
tracciamo la curva K"M, fino ad incontrare la NN' sul p 42. Operando
ugualmente dalla parte destra otterremo la linea di contorno interna della parte
in basso della cassa. Per il p 13½ (metà circa in altezza della parte in alto)
tiriamo la qq\ normale alla AB. All’intersecazione di detta coi lati del triangolo
234
di 20”, sul lato A'E, segnamo i punti QO'*PP'. Centro in O, raggio OA',
tracciamo la curva A'U, massima larghezza interna della parte in alto della
cassa. Centro P' sulla stessa normale qq', e con raggio P'U, tracciamo la curva
UR fino alla normale all’asse AB in VV' passante per il p 25.
Operando ugualmente dalla parte destra otterremo la linea di contorno
interna della parte in alto della cassa. Descriviamo ora la controcurva della
rientranza delle due X al mezzo. Pel p 40, normale alla AB tiriamo la linea di
gravità della tavola. Benché la vera gravità della tavola non sia sul p 40,
calcoliamola ora su questo punto. A suo tempo spiegheremo come già fatto alla
parte teorica il modo di trovarla ed il perché del suo spostamento. Dal p 32½
tiriamo la SS' normale alla AB. Sopra la SS' partendo dall’asse si porti a destra
ed a sinistra p 26 mm. 128,44 in TT'. Centro T, con raggio p 15 mm. 79,04
raccordiamo le curve della parte al basso ed all’alto in MR. Ed operando
egualmente dalla parte destra otterremo la linea di contorno interna delle due
X; e così la completa linea perimetrale interna della cassa definitivamente
segnata. Fig. 33. Ecco come la linea convessa nelle controcurve delle
rientranze centrali, intersecando in ZZ' il limite obbligato nella larghezza
interna della cassa sulla linea di gravità della tavola, viene in tal modo
mantenuta. Fig. 33.
L’interno della cassa venne limitato a soli p 70, mm. 345,80. Per ottenere la
linea esterna di contorno della tavola non abbiamo che ad operare ugualmente
nella completa misura di p 72, mm. 355,68 di cui questa fu diminuita per lo
spessore della fascia in un quarto di p, mm. 1,23 e per l’avanzamento di bordo
in ¾ di p mm. 3,70 al contorno. Le rientranze o controcurve centrali nella linea
perimetrale della cassa sono esternamente determinate da quattro tasselli ad
angolo. Essi sono dovuti per necessità di costruzione onde mantenere costanti
le curvature alle fasce assegnate. La cuspide di detti angoli deve trovarsi sulle
normali W'-NN'.
Le loro proporzioni sia per la lunghezza della cuspide, per la grossezza, per
le linee raccordanti alle curvature esterne del contorno non avendo funzioni
acustiche, dipendendo queste dall’estro, dal gusto estetico dell’artigiano
caratterizzano colle diverse scuole i diversi loro artefici. La linea di contorno al
nostro grafico ottenuta è quella dello Stradivari del 1716 circa.
Questa fu però dallo stesso variata leggermente in altre epoche, forse per
tentare maggiori effetti acustici pure conservandone le proporzioni. Essa
differisce sensibilmente dalle sue anteriori al 1700, e da quelle del maestro
Nicolò Amati, come da questa differiscono pure quelle di alcuni suoi allievi ed
in modo speciale fra essi quella del G. A. Guarneri del Gesù. Volendo costruire
geometricamente per il moderno che ci siamo qui proposti, gli angoli colle loro
235
curvature di raccordo colle tavole, procediamo cosi: Dai punti PP', passando
sul p 15, tiriamo due rette sino ad oltrepassare il contorno della tavola. Con
altre due rette congiungiamo IT con il p 54 dell’asse sino ad oltrepassare il
contorno della tavola. Congiungiamo ancora i punti TT' con il p 49½ in basso.
Sopra la linea P e P', partendo dal contorno esterno prendiamo la distanza di p
3⅓ mm. 16,47 e segnamo X. Fatto centro in X e raggio 3⅓, raccordiamo sino
all'incontro della VV'; e cosi sulla linea al basso T-F, a distanza dal contorno
stesso di p 3½ mm. 17,29 segnamo X'. Con centro X', raggio 3½ p,
raccordiamo sino all'incontro della NN'.
Ora, dal punto T, sulla T 49½ a p 11½ mm. 55,825 segnamo Z, e da T
sulla T 24, a p 12⅓ mm. 60,93 segnamo Z'. Uniamo i punti X con Z' e X' con Z
ed otterremo la lunghezza degli angoli con la loro inclinazione. Centro in Z con
raggio p 3⅓ mm. 61,47 raccordiamo le curve delle due X al basso con la retta
ZX' sino ad A'; e centro in Z' e raggio p 2¾ mm. 13,58 raccordiamo le curve
delle X all'alto sino ad A. Operando così sull’altra parte, avremo anche gli
angoli della X geometricamente segnati. Fig. 34.
Ecco perché noi mai abbiamo ritenuti il contorno della cassa del violino
tracciato a mano libera come tanti studiosi vorrebbero. Dovendo la linea
esterna della tavola seguire l'andamento di
quella interna delle fasce onde mantenere
parallela la distanza nell’avanzamento del
bordo, era pure naturale che questa dovesse
seguire le curvature dei diversi raggi che ad
arte furono così mantenute per il regolare
succedersi delle riflessioni multiple interne.
Forse gli angoli esterni nelle loro dimensioni
e raccordo colle curve delle fasce furono a
mano libera tracciate. Di qui l’estetica
caratteristica nella complessa linea dello
strumento e lo stile facilmente
riconoscibile di ogni singolo caposcuola, cioè
di Gasparo - Maggini - Amati - Stradivari -
Guarneri. E mentre nel 1782 il musico e
liutaio A. Bagatella dimostrava regole per il
tracciamento geometrico della linea interna
del violino, non spiegando però a quale fenomeno acustico questa dovesse
rispondere, possiamo oggidì osservare in documenti autentici di quei tempi il
contorno geometrico di detto strumento, nei quali si riscontrano gli scopi delle
varie curve che danno attinenza a questo nostro studio. Qui nella costruzione
adotteremo la linea di contorno col nostro grafico ottenuta ed espressa con la
tavola fig. 33 perché da confronti ritenuta perfetta.
236
Le onde prodotte nell’aria della cassa dalle vibrazioni trasversali della
colonna vibratoria F' (anima) alla linea di foco, incidendo sugli archi delle
varie curvature policentriche sia nella parte al basso che all’alto della cassa, in
base alla legge generale del fenomeno di riflessione verranno riflesse incidenti
su archi di cerchio di diversi centri di scuotimento. Tra questi anche sulle
controcurve o convessità centrali in modo da formare linee di ripercuotimenti,
incrociamenti multipli in tutti i sensi a seconda del centro di scuotimento,
creando così grande movimento ondulatorio nell’aria di questa. La tavola
matematicamente studiata e condotta nelle sue incidenze e riflessioni darà
schematicamente un’idea delle riflessioni ed incrociamenti multipli da sole
nove supposte linee di incidenze di vibrazioni trasversali della colonna
vibratoria sulle curvature policentriche e sulle convessità centrali perimetrali
della cassa.
Ecco l’errore in cui incorrono certi competenti nel ritenere la linea
perimetrale della cassa dovuta al solo occhio, alla perfezione dell’abile mano
del costruttore. Con tali loro opinioni essi dimostrano che non dal punto di
vista acustico, ma solo dal lato estetico sono in grado di giudicare questo
strumento.
237
Nelle campane, in modo speciale, riscontriamo nella qualità del laro metallo
il tono ed il timbro del loro suono. Il metallo da campane, più o meno denso,
fragile e sonoro, è comunemente composto di una lega di rame chimicamente
puro e stagno. Più rame (metallo meno denso e debole) è impiegato nella lega,
più il suono sarà grave, mentre con aggiunta di stagno, di zinco, di ferro (più
densiì si ottengono toni più acuti. Spesse volte tale lega non riesce
perfettamente omogenea, sia per la diversa densità dei componenti, sia per il
diverso punto di solidificazione. Questo fatto produce in una parte della
campana una vibrazione lievemente differente dalle altre parti e quindi, quel
fenomeno caratteristico di propagazioni ad onde come a scosse, detto
battimenti. Ma mentre per la materia metallo delle campane, ogni fonditore ha
una sua formola speciale per variare il tono ed il timbro, per la materia legno
che compone le nostre tavole, poco omogenea, e come si disse variante di
densità fra pezzo e pezzo anche della medesima pianta di una medesima specie,
nella scelta di essa pet le nostre tavole più di ogni altra cosa, vale e serve la
pratica e l’esperienza.
L’abete usato dagli antichi liutai per il piano armonico degli strumenti
musicali ad arco, il migliore per il rinforzo del suono, riconosciuto anche in
quei tempi come il soprano per tono dei legni, è la Picea (abies picea excelsa,
abete rosso o pezzo). La qualità migliore usata dai maestri del XVII secolo era
quella detta picea nocciola che si riconosce per le marezzature ondulate che
presenta allorché è piallata. Essa differisce dall’abete bianco, abes pectinata,
per i frequenti canali resiniferi nel senso della lunghezza e del raggio del fusto i
quali conferiscono al legno la qualità sonora e l’elasticità. La struttura della
picea è semplice; le sue fibre dritte nervóse e resistenti sono molto sensibili alle
vibrazioni. La Val Fiemme nella Venezia Tridentina (le alpi dolomitiche), ce
ne fornisce una qualità pregiata, a fibra dritta, regolare e parallela, con tessuto
omogeneo, vasi midollari disposti in modo uniforme, adatto alla migliore
elasticità e resistenza. È di colore giallognolo chiaro. I tronchi cresciuti in
terreni poveri ed in climi rigidi, il cui crescimento annuale è poco, sono i più
adatti; e quelli che hanno anelli, fibre, equidistanti tra loro da mm. 1,5 a mm. 2,
sono migliori di quelli che hanno distanze minori, e quindi più strette. Dovrà
sempre scegliersi quello di eguale e dritta venatura e che abbia fibre legnose
regolari, perché quello in cui le fibre legnose sono sottili e magre, è sempre
costantemente più debole e meno resistente. La scelta del tronco viene fatta
mediante taglio trasversale per vedere come sono disposti nella pianta i circoli
annuali. Fig. 35.
238
Fig. 35.
242
Fig. 36. Fig. 37.
In tale modo, ecco che la parte esterna più giovane della pianta e quindi meno
resistente, viene a trovarsi nella parte centrale interna della tavola, ove verrà
mantenuta maggiore spessore; mentre la parte esterna e quindi la più vecchia
della pianta, più nervosa e più resistente, verrà così a trovarsi ai lati dove
saranno tenuti gli spessori a cadenza minori, e la tavola dovrà avere maggiore
resistenza alla spinta.
Eguale trattamento useremo per la tavola di fondo in acer campestris o in
pseudo platano. A differenza del piano armonico, in questa tavola di fondo
poco interessa la disposizione di fibre parallele o meno ai piani di essa. E
mentre dal lato acustico la regolarità di fibre nel piano armonico è di massima
importanza e la disposizione di queste e la forma concava della sua superficie
interna; in questa tavola di fondo è di capitale importanza la sola forma
concava della sua superficie interna ai sensi della riflessione.
Se nella struttura dell’abete picea causa la differenza grande nella densità tra
fibra e sclerogeno, la regolarità tra le fibre è indispensabile per ottenere colla
regolare cadenza di spessori l’elasticità regolare su tutta la superficie della
tavola, nell’acero invece che la differenza tra questi è minore, questa regolare
elasticità nella superficie è più facile ottenerla, e quindi in questa tavola di
acero, sia il taglio a strato che quello a spicco, ha minore importanza di quella
della picea del piano armonico. Difatti, dai migliori liutai antichi, mentre
furono generalmente usate tavole di fondo in acero in due pezzi tagliato a
spico, furono pure usate, e non eccezionalmente, anche tavole in un solo pezzo
tagliate a strato, per quanto dalla disposizione delle diverse ondeggiature di
questo legno, esteticamente se ne ottenga dal lato decorativo un notevole
effetto. Meraviglioso effetto estetico decorativo fu ottenuto in esemplari di
243
strumenti le cui tavole di fondo ricavate dalla parte bassa del fusto presso le
radici della pianta hanno ondeggiature contorte ed intricate; ma, queste data
l’intricazione e l’irregolarità di densità nelle diverse parti, sono da sconsigliare
per la difficoltà maggiore di ottenere un’eguale elasticità in tutta la loro
superficie.
Quando la tavola di fondo è formata da un sol pezzo, occorre curare anche
l’effetto estetico; effetto puramente decorativo ma che deve essere tenuto in
considerazione. Occorre allora dare un’inclinazione a dette, sia verso destra che
verso sinistra, a piacimento, se queste sono parallele tra di loro. Se sono
contorte od intrecciate occorre disporle in modo da ottenere un effetto
soddisfacente. Quando invece la tavola di fondo è in due pezzi, è bene che le
ondeggiature dell’acero siano disposte lievemente convergenti a spina di pesce
sia dall’alto al basso dell’asse della tavola come generalmente vengono
disposte, o viceversa dal basso verso l’alto come eccezionalmente usarono
alcuni maestri; evitandone in tutti i casi la disposizione in linea orizzontale che
non risponde a buon effetto estetico. La disposizione a spina pesce nei due casi
dà snellezza, eleganza alla linea della tavola; mentre la linea inclinata a destra
od a sinistra della tavola in un sol pezzo lasciano questa un pochino tozza. A
volte è splendido invece l’effetto delle tavole tigrate intricate e contorte. Per
tali inclinazioni di ondeggiatura, tavola di fondo, di due pezzi, dovrà essere
preparata prima dell’incollaggio di detti togliendone l’alburno. Spesso nello
stesso fusto l’ondeggiatura già si presenta inclinata. Gli antichi liutai bresciani
ed i cremonesi sino all’epoca di Nicolò Amati, usarono sempre piano armonico
nei loro violini in un sol pezzo, e generalmente anche in un sol pezzo le tavole
di fondo.
Fu dall’Amati Nicola che venne usato pel piano armonico il taglio a spico,
ma non sempre. Antonio Stradivari usò anche lui prima del 1690 piani
armonici in un sol pezzo, mentre dopo quell’epoca anche da lui questi furono
sempre usati in due pezzi, e di piani di fondo, sia in un pezzo che in due.
Eccezionalmente furono usate per violini e viole piani armonici in tre pezzi, e
comunemente furono combinate tavole armoniche in tre ed in quattro pezzi per
strumenti di maggiore mole, quali viole, violoncelli e contrabbasso, ciò perché,
per la loro maggiore dimensione in larghezza, era necessario sia per la
difficoltà di trovare che per avere le fibre della picea di regolare distanza fra di
loro.
Poste ora le due parti del cuneo colie quali dovremo formare la tavola, su di
un piano perfetto, incolliamone la costola della loro parte che dovrà
connettersi, con una buona e fresca colla da ebanisti, chiara, ben calda e non
troppo densa, scaldando magari i due pezzi prima di incollarli se la stagione è
244
fredda, e con due buone morse serriamo bene le due parti unite affinché la colla
assorbita dalle due parti dallo sclerogeno si combini, ed aderiscono rimanendo
perfettamente connesse. Fig. 38. Detta incollatura riuscirà bene se fatta in un
locale a buona temperatura, perché la colla si lascerà comprimere aderendo
perfettamente, e non succede poi durante la lavorazione che le due parti si
stacchino. Togliamo l’eccesso di colla e lasciamo asciugare.
Fig. 38.
Sulla parte interna della tavola che già preparata piallata e perfettamente
piana, dovrà appoggiare sulle fasce, segniamo sulla precisa giunta dei due
pezzi, che rappresenterà in detta l’asse longitudinale di simmetria un punto in
alto G. Da questo, disponiamo il modello già a parte ottenuto col sistema del
grafico della tavola e completato coll’aumento del bordo e degli angoli
secondo la descrizione del grafico della figura, in modo, che, coincidano le
due linee assiali; e con matita o punta aguzza di acciaio tracciamo il contorno
seguendone la sagoma.
Con una sega a lama stretta chiamate comunemente voltino, tagliamo il
contorno esterno della tavola, conservando ben visibile il tracciato del disegno
fatto, togliendone il legno esuberante. Liberata la tavola, con qucll’arnese usato
dagli ebanisti e chiamato comunemente graffietto, segniamo nel fianco della
tavola, sempre considerando come partenza la parte piana interna di essa, lo
spessore in p l¼ mm. 6,17 da lasciare a questa per il bordo, segnandola ben
visibile sul fianco. Nel segnare col graffietto quoto spessore, occorre prestare
attenzione di lasciare la cuspide esterna desili angoli delle X in due mm. in più
di spessore dovendo questi essere tenuti più salienti ed anche perche
rimangono più resistenti. Per la tavola di fondo occorre nella sua lunghezza
lasciare in più la sporgenza sul mezzo in alto nella linea per il tallone o tacco
covino per l’attacco di detta col manico. Questo tallone deve essere di eguale
spessore che alla cuspide degli angoli, e sempre lievemente tagliato ad angoli
245
retti, perché la sua linea semicircolare le sarà assegnata allorché la tavola sarà
ultimata e dovremo colla cassa unirla al manico. Figg. 41 a, b.
246
elevazione esterna stabilita a seconda del criterio dell’epoca che intendessero
seguire nella costruzione, su tutta l’estensione centrale di esse, lungo Tasse
longitudinale, piallandole in bb. Occorre tener presente di lasciare mm. 3 in più
per la eventuale modificazione a farsi a seconda la densità del legno usato e per
la regolare pulitura esterna. Fig. 42.
Fig. 42.
Sulla superficie esterna del piano armonico dobbiamo anche qui segnare dal
mezzo E verso il basso a p 4 mm. 19,76 sul p 40 in G, la supposta linea di
gravità della tavola armonica. Per dette misure lineari nelle tavole del violino
dovremo servirci come abbiamo detto del regolo colla sola estensione del
mezzo braccio cremonese diviso in 72 p, misura lineare di questi regoli; e per
qualsiasi di queste misure longitudinali sull'asse, partire sempre dal mezzo E.*
_______________________________________
* Per la misura proporzionale al violino nelle dimensioni delle viole,
violoncello e contrabasso la suddivisione in 72 parti sarà rappresentata dalla
completa parola parte.
CAPITOLO III
248
ABBOZZAMENTO APPROSSIMATIVO
DELLA PARTE CONVESSA ESTERNA DELLE TAVOLE
Sulla superficie della parte esterna della tavola sia in quella armonica che in
quella di fondo dai punti BB', a p 3 mm. 13,82 segnamo verso il basso e verso
l’alto sull’asse 00' e sul contorno di essa nei punti di maggiore larghezza o
sporgenza laterale, alla parte in alto segnamo AA' nelle due parti, e così al
basso, sempre nel punto di maggior sporgenza, segnamo B"B"'. Dal punto O'
segnamo con due rette O'A-O'A' l’angolo AO'A'; e con un pialletto,
diminuiamo la tavola da O' a C sul bordo sino al segno del graffino, e cioè
entro l’angolo AO'A'; e così da O e C' nella parte al basso entro l'angolo
B"OB"'. Otterremo così sulla tavola alle due parti all’alto ed al basso la
diminuzione a cadenza sull’asse longitudinale che darà poi la sua parabola
esterna.
Senso trasversale
249
Fig. 45.
250
Il diagramma figg. 46 e 47 dimostrano chiaramente queste operazioni.
Dividiamo ancora in tre parti la distanza dall’asse longitudinale della tavola
alla massima rientranza delle due X; ed a due terzi di essa per parte dall’asse
segnamo E'". Pel punto E"', facciamo passare un altro arco indefinito, che dalla
metà tra A' sul contorno e la cuspide dell’angolo superiore delle X in C"',
passando per E"', raggiunga la metà sul contorno tra la cuspide dell’angolo
inferiore di dette X il punto B"' in C", e ciò nelle due parti laterali della tavola.
Ora non occorre che scavarne le curve interne sia in senso trasversale che
longitudinale con i loro raccordi radiali, onde stabilire con i vari spessori della
materia dall'interno le regolari cadenze esterne e quindi la derivazione della
definitiva modellazione della convessità esterna. Cosi dobbiamo preparare le
due tavole prima di iniziare la scavatura delle curvature interne: le seguenti due
sezioni longitudinali e trasversali chiaramente lo dimostreranno.
Sicuri di regolare ugualianza nella cadenza delle due parti esterne della
tavola, correggendo all’uopo, puliamo leggermente con raspa senza creare
infossature. Fig. 50. Occorre ora ben precisare il conturno perimetrale esterno
di questa tavola secondo la precisa linea in un primo tempo col modello
segnata, cosa che faremo con un apposito e ben affilato coltello prima gli
angoli, alle rientranze o )(, e poi, sia col medesimo coltello o con una fine lima
252
a legno, per tutta la linea perimetrale della tavola mantenendone decisi i due
angoli vivi nelle due parti.
Fig. 50.
Sulla superficie della parte interna delle tavole, quella ancora piana, che
dovrà appoggiare e connettersi alle fasce, abbiamo segnato come sulla
superficie della parte esterna, longitudinalmente sull’asse, oltre al mezzo in E,
altri importanti punti di riferimento acustici, e questi nella tavola armonica
(secondo il criterio costruttivo tenuto nel sec. XVII) sul p 52 al basso, e sul p
18 in alto, in B ed in B', che chiameremo in questa parte interna invece
rispettivamente OL; e la linea di gravità sul p 40 in G. Sulla tavola di fondo, sul
p 48 al basso e sul p 23 in alto, pure in B ed in B', che rispettivamente qui
chiameremo invece NM. Nei punti suddetti, con una matita o meglio con punta
aguzza di acciaio, tiriamo linee normali a detto asse, sino ai margini nel
contorno della tavola, le quali ci serviranno quale traccia di quelle durante
l’operazione di scavo. Fig. 51.
Eguale trattamento useremo seguendo colla variante stradivariana nelle due
tavole sul p 42 in basso e sul p 26 in alto segnati pure in BB', che in questa
superficie interna chiameremo rispettivamente OL-MN; e la linea di gravità G
sul p. 40. Fig. 52. Ora, sulla parte piana interna, a distanza di p 1½ , mm. 7,41
dal contorno tracciamo una linea seguendo il contorno della tavola e
raccordando agli angoli colle controcurve o X ed agli spazi in alto ed al basso
di essa sull’asse per la disposizione di quattro tasselli e dei due zoccoletti e per
l’appoggio della fascia e controfascia.
Questa distanza, necessaria perché, essendo la regolare larghezza del bordo
dall’esterno della fascia nella tavola del violino ¾ di p mm. 3,70, occorre
lasciare oltre a questa lo spessore che danno alla fascia ¼ di p mm. 1,23, ed
ancora quello della controfascia, che per un buon appoggio alla tavola e buona
resistenza alle curvature della stessa la dovremo tenere di ½ p mm. 2,47, e
quindi la complessiva misura di mm. 7,41 indicata. Tale zona piana sul
contorno è necessaria per dare alla (ascia, ai tasselli ed ai zoccoletti un perfetto
e solido appoggio.
254
Se la parte esterna della tavola abbiamo potuto abbozzarla appoggiata
comodamente su di un piano, per incavarne la parte interna occorrerà invece
preparare un’apparecchio onde poter collocare la tavola nella sua parte
convessa esterna in modo che possa rimanere ferma e piana poiché male
appoggiando, scomodo ne sarebbe l’operare. Detto arnese dovrebbe essere
costruito nel modo più o meno eguale al modello della qui seguente figura;
esso è chiamato strettoio. Una tavola di qualunque legno purché compatto, di
buon spessore (di mm. 35 circa), di lunghezza e larghezza superiore alla tavola
dello strumento che stiamo costruendo, di forma leggermente trapezoidale, può
servire allo scopo.
Nella prima parte dello studio teorico sulla costruzione della cassa armonica
abbiamo dimostrato analizzandolo un'importante fenomeno della riflessione
sugli ostacoli concavi, sul quale riteniamo sia stato basato lo studio fisico-
acustico della costruzione di questa speciale cas setta biconcava.
256
Fig. 53.
257
Fig. 55
258
Trattando ancora delle dimensioni di massima larghezza in rapporto delle
tavole componenti detta cassa, abbiamo detto che alla linea di gravità di dette
la larghezza di questa cassa è obbligata, e debba in quel punto corrispondere
alla terza parte in lunghezza della tavola dello strumento dovendo essa
contenere in quel tratto entro un’angolo di un dato numero di gradi il settore di
una circonferenza dalla quale sarà dedotta la curvatura trasversale interna della
tavola.
Vediamo ora praticamente le dimensioni e la disposizione da darsi a queste
curvature interne delle tavole, seguendo per queste prima il criterio costruttivo
usato dagli artigiani liutai nel sec. XVII, e poi usato dallo Stradivari colla sua
variante nel sec. XVIII. Le curvature nella superficie interna delle tavole
secondo il criterio usato dai liutai bresciani e cremonesi del sec. XVII, erano
mantenute eguali in tutte due le tavole. La curvatura interna trasversale alla
linea di gravità della tavola era ottenuta da una circonferenza di raggio uguale
alla terza parte della lunghezza della tavola, divisa da tre diametri che si
incrociano formando settori di 60°. Ved. fig. 55.
Seguendo il criterio tenuto dallo Stradivari e sua scuola dall’inizio del sec.
XVIII colla variante costruttiva apportata, le due tavole, armonica e fondo, non
conservano più tra di loro un’eguale raggio di curvatura interna. Queste
curvature sono tenute con un diverso raggio e quindi indipendenti l’una
dall’altra.
La curvatura interna trasversale alla linea di gravità della tavola non è più
ottenuta da una cinconferenza divisa da tre diametri formanti settori di 60°, ma
da circonferenze di diverso diametro, e cioè: quella del piano armonico del
261
Fig. 59.
violino venne variata con raggio di p 24 3/8, mm. 120,41; quella della tavola di
fondo con raggio di p 28, mm. 138,32. Il segmento di curvatura interno di
queste tavole era pure rappresentato dalla curva di uno di questi settori WZ;
però, quello del piano armonico in un angolo di 56°, la cui freccia CB è di p
2½, mm. 12,3, quello della tavola di fondo, in un angolo di soli 48° la cui
freccia CB, è di p 2, mm. 9,88. Fig. 60. Questa diversità di gradi del segmento
di curvatura interna della tavola di fondo da quello del piano armonico è
causato dalla maggiore ampiezza dell’angolo di 60°, della minor curvatura
dell’arco, dato il maggiore raggio della curva, in rapporto alla larghezza
obbligata della cassa alla linea di gravità della tavola. Causa la minore
curvatura interna, la tavola di fondo diminuita di gradi viene utilizzata al
massimo in tutta la sua larghezza, nel senso trasversale entro l’angolo di 4ò°. In
tale modo è aumentata la sua superficie riflettente ricevendo e riflettendo così
più incidenze di quella che era di 56°, ma segmento di una curvatura più
piccola. Difatti, il circolo inscritto nell’angolo di 40° del segmento di curvatura
262
(perché di minore raggio), ha larghezza minore di quello inscritto nello stesso
angolo di 40° del segmento di minore curvatura perché di circonferenza di
maggior raggio, e quindi ha larghezza maggiore benché inscritto in un angolo
di eguale numero di gradi. Fig. 61.
Fig. 60.
263
descriviamo un circolo che intersecherà l’asse longitudinale al basso della
tavola sul p 50, e sul p 34 della stessa. Così, da L sul p 26 (foco coniugato),
intersecando l’asse longitudinale all’alto sul p 18 e sullo stesso p 34 al mezzo
della tavola ove i due circoli saranno tangenti esternamente. Tiriamo ora due
tangenti a detti circoli e la zona limitata in questa elittica sarà quella della
curvatura interna trasversale e longitudinale entro l’angolo di 40° all’interno
del piano armonico.
Sulla tavola di fondo, da N, sul p 42 (linea del foco), con raggio p 10, mm.
49,4 descriviamo un circolo che intersecherà l’asse longitudinale su p 52 al
basso, ed al mezzo nella tavola sul p 32. Cosi da M sul p 26 (foco coniugato)
che intersecherà l'asse all’alto sul p 16 e sul p 36 al mezzo della tavola. Tiriamo
anche qui due tancenti i detti circoli e paralleli all'asse, e la zona limitata da
questa elittica sarà quella della curvatura inrerna trasversale e longitudinale
entro l'angolo di 40u all’interno dalla tavola di tondo. Fig. 62. Ora, sul piano
armonico, dal p 44 sull’asse con raggio di p 8, mm. 39,52 descriviamo una
semicirconferenza che intersecherà l’asse longitudinale sul p 52, e che
raccorderemo con le tangenti delle due circonferenze di gradi 40 sul p 44. Fig.
62. Questo aumento è necessario per raccordare sul piano armonico nella
lunghezza sull’asse, oltre il limite di 40”, il quarantesimo grado della tavola di
tondo di maggiore ampiezza dato il maggior raggio della sua curvatura e per
dare appoggio per un eventuale spostamento in senso longitudinale dell’anima.
Il docu mento stradivariano sulla formula del suono la cui interpretazione è
264
Fig. 61. Fig. 62.
Fig. 63 a.
265
Fig. 63 b.
266
dimostrata alla parte dello studio teorico si riferisce appunto a questo
importante tracciato. Oltre a dette curvature interne nella parte centrale delle
due tavole, e cioè dal p 26 e dal p 42, secondo la variante, e dal p 18 e dal p 52
nel piano armonico; dal p 23 e dal p 48 nella tavola di fondo secondo il criterio
tenuto nel sec. XVII; dobbiamo estendere anche una curvatura di maggiore
raggio nelle due parti sia in alto che in basso delle tavole, che raccordando da
detti punti le curvature centrali raggiungano Pestremo limite sia in senso
longitudinale che radiale di dette tavole. Dobbiamo quindi dividere in settori di
diverso numero di gradi la superficie di queste due parti di tavola per ottenere
la dovuta simmetria nelle curvature radiali che ad esse assegneremo. Sempre
seguendo la variante, segnamo ancora sulle due tavole, armonica e fondo, da O
e da N, sul p 42, verso il basso un settore, il cui angolo al centro sia di 120°,
suddividendolo in altri settori di gradi 60 e di 40. Da L e da M sul p. 26 verso
l’alto, uno di 120°, suddiviso in un altro di gradi 40, segnandone in tutti il
limite ben visibile sul piano sino al contorno. Fig. 63 c.
In eguale modo operiamo nelle due tavole seguendo il criterio nel sec. XVII
usato; ma, sul piano armonico da O sul p 52 verso il basso in un settore il cui
angolo al centro sia di 250°, suddiviso in altri di 110° e di 40°. Sulla tavola di
fondo, da N sul p 48 verso il basso, uno di 220°, suddiviso da altri di 140°, di
90°, e di 40°; e da M sul p 23, in alto, un settore di 100°, suddiviso in un altro
di 40°. Fig. 64.
Segnate così nella superficie interna delle tavole, secondo i due criteri
suddetti, i principali punti di riferimento acustici, occorre ora stabilire e
costruire i necessari regoli o modani per le curvature interne centrali trasversali
e longitudinali di dette. Prepariamo per le tavole del violino due listerelle
rettangoli di legno compatto, acero od ebano, di circa mm. 150 di lunghezza,
50 mm. di larghezza e 3 di spessore, ben puliti da ambo le facce, sulle quali
dobbiamo tracciare la principale curva base, e che ritagliata nella loro curva
potremo disporle in determinati punti nella tavola. Punto principale della cassa
e centro di partenza per figura, forma e superficie interna delle tavole è il punto
42 per il quale passa trasversalmente la linea del foco. È su questa adunque che
dovremo regolarci per le curvature interne delle tavole.
267
Criterio del secondo XVII
Abbiamo detto che nelle due tavole, armonica e fondo, la loro curvatura
centrale trasversale interna era mantenuta eguale fra le stesse, e data dal
segmento di curva di raggio p 24, mm. 118,56 in un angolo di 56°. Segnamo
quindi la retta AB, considerandola asse verticale della curvatura ed asse
longitudinale della tavola. Ad un dato punto verso il basso su di essa facciamo
passare una normale HK; e su questa disponiamo una delle due listcrelle
rettangolari in modo che nel senso longitudinale un suo spigolo coincida con
essa.
Segnamo verso Paltò sull'asse un punto C, in modo che facendo centro in
detto, con raggio p 24, mm. 118,55 possiamo tracciare la curva sulla listerella
stessa. Tracciamo ora la curva LI, inscrivendola in un angolo di 56°, e
suddividiamola in altri di 40 e 20 gradi. Segnamo ancora sulla listerella l’asse
AB, ed il Umite dei lati degli angoli di 40 e di 20 gradi, ben leggibile.
268
Fig. 65 a.
269
Ora, dal limite del 56° grado della curvatura, tiriamo una corda VW, che ci
darà il segmento della curva entro detto angolo e la sua freccia in p 3 1/16, mm.
15,1. Prolunghiamo nelle due parti della listerella la corda oltre il limite di 56°,
e questa linea servirà in a quale appoggio di guida contro la superficie interna
della tavola al contorno per la profondità della curvatura nelPinterno della
tavola stessa. Tracciamo ora il segmento di curvatura sul 40° grado della curva,
con un taglio ad angolo retto colla corda, togliendo la continuità nelle due parti
nella curvatura sino al 56° grado. In causa a ciò questo regolo che
denomineremo n. 1, avrà la curvatura limitata al solo circolo inscritto
nell’angolo di 40°, esso ci servirà per determinare la concavità centrale
trasversale nel piano armonico dal p 18 al p 52, e nella tavola di fondo dal p 23
al p 48, e le loro semicalotte sferiche. Fig. 65 b.
270
Ma per stabilire il raccordo tra le curvature centrali interne trasversali e
longitudinali e radiali alle parti al basso ed in alto nelle tavole, occorre un
secondo regolo che mantenendo il segmento di curvatura trasversale di eguale
raggio, conservi però intera la sua linea sino al 56° grado. Questo regolo
potremo ottenerlo disponendo ed operando in egual modo sull’altra listerella
come fatto pel regolo n. 1, tracciandone la curva LI inscritta nell’angolo di 56°,
e suddividendola solo in un’altro angolo di 20°. Fig. 65 c.
Su di una faccia di questo regolo che denominiamo n. 1 a, dalla corda sul
limite del 56° grado, divideremo la freccia del segmento di curvatura di mm.
15,1 in tre parti uguali segnandone le divisioni con linee normali all’asse
perpendicolare sino alPincontro coll’arco (ordinate). Da questi punti inalziamo
ad angolo retto perpendicolare Pascisse sino ad oltrepassare il limite della
corda, che rispettivamente segneremo in RR'. Le figure 65b e 65c chiaramente
mostreranno come dovranno essere questi due regoli.
271
Fig. 66 a.
In eguale modo operiamo sulle due listerelle del piano armonico, segnando
però da C la curva LI di raggio soli p 24 3/8, mm. 120,4, sottesa in un angolo di
56°, suddividendola, su di una, che chiameremo regolo n. 3 in angoli di 40, 20
e 10 gradi; sull’altra che chiameremo regolo n. 3 a suddividiamola in un solo
angolo di 20°. Segnamo ancora sopra dette listerelle l’asse AB, ed il limite dei
circoli inscritti negli angoli di 40, 20, e 10 gradi, ben leggibili. Dei limiti del
48° grado, della curvatura della tavola di fondo sui due regoli n. 2 e n. 2 a
tiriamo la corda VW, che ci darà col segmento della curva contro detto angolo
e la sua freccia in p 2, mm. 9,88; così, dai limite del 56° grado della curvatura
del piano armonico nei regoli n. 3 e n. 3 a, tiriamo la corda VW, che ci darà col
272
segmento della curva contro detto angolo la sua freccia in p 2½ , mm. 12,3.
Prolunghiamo la corda nelle due parti escerne oltre il limite delPangolo di 48°
nelle curve della tavola di fondo dei regoli n. 2 e n. 2 a e di oltre il limite
delPangolo di 56° nelle curve del piano armonico dei regoli n. 3 e n. 3 a e
queste linee in a ci serviranno quale appoggio di guida contro le tavole nella
loro superficie interna per la profondità della curvatura nell'interno alle tavole
stesse.
Fig. 67 a.
273
trasversale nelle due tavole fondo e piano armonico dal p 26 al p 42
raccordando colle semicalotte sferiche.
I regoli n. 2 a e n. 3 a invece dovranno mantenere intero il loro segmento
di curvatura trasversale nell’angolo di 48° per quello della tavola di fondo, e di
50° per quello del piano armonico in tutta la loro linea. Anche su di questi,
dalla corda sul limite di 48° per quello della tavola di fondo, e da quella sul
limite di 50° per quello del piano armonico divideremo la loro freccia di p 2,
mm. 9,88 e di p 2½ mm. 12,3 in tre parti eguali segnandone le loro divisioni
con linee normali all’asse verticale sino all’incontro dell’arco (ordinate); e da
questi punti inalzeremo ad angolo retto le normali a queste (ascisse), sino ad
oltrepassare il limite della corda segnandole rispettivamente anche qui in RR'.
Questi due regoli serviranno a stabilire le curve di raccordo tra le interne
centrali trasversali e quelle longitudinali e radiali, nelle parti in alto ed in basso
nelle due tavole. Anche qui le figure 66-66a e 67-67a chiariranno come
dovranno essere questi quattro regoli. I regoli n. 2 e n, 3 abbisognano ancora di
un’ultima sensibile modificazione. Sull’asse della curvatura dai limiti del
circolo inscritto nell’angoli di 10° tiriamo una corda OO' la cui freccia sull’asse
sarà di ⅛ di p, mm. 0,617. Tronchiamo in quel tratto la curvatura
mantenendone la linea retta della corda sul tratto di p 4, mm. 19,76 per il
regolo n. 3 del piano armonico; e di p 5, mm. 24,70 per il regolo n. 2 del piano
di fondo. A suo tempo spiegheremo il perché di questa interruzione di
curvatura. Fig. 68 a. Pel tracciamento dei regoli delle curvature trasversali
Fig. 68 a.
274
centrali interne nelle tavole delle viole, violoncelli secondo la variante
stradivariana, opereremo, come abbiamo dimostrato, in egual modo come pel
violino dovendosi considerare detti strumenti nella loro costruzione come
grandi violini. Per le varianti nelle dimensioni del loro raggio di cerchio, nei
segmenti di curvatura interna fra le stesse tavole e fra i vari strumenti, pei limiti
di gradi dei segmenti, per le loro frecce, nelle relazioni delle dimensioni fra i
vari strumenti derivanti del violino ne daremo le dovute proporzioni.
Tagliamo con la massima cura e precisione le sagome dei suddetti regoli
nella loro parte convessa, adattiamone la parte esuberante pel comodo
maneggio, ed avremo pronti con questi le importanti dimensioni delle
curvature trasversali interne al mezzo delle tavole nel semicilindro cavo
corrispondente al tracciato delle figure 63c e 64.
278
Fig. 69.
Fig. 69 a.
Secolo XVIII
Seguendo ora il criterio costruttivo dallo Stradivari usato dall’inizio del sec.
XVIII, le due tavole variando nella curvatura trasversale tra di loro in
dimensioni di raggio, variano anche nella loro massima elevazione esterna
diminuendo la freccia interna; mentre invece in esse divengono eguali in senso
longitudinale le distanze tra le assi delle loro semicalotte sferiche, avvicinate in
un minor spazio al mezzo della tavola. Anche la parte centrale longitudinale
interna della tavola venne variata. Alla linea del foco, principale sul p 42 venne
disposta una calotta sferica di 10°; la cuspide della quale sul p 40, raccordando
all’asse della semicalotta sul p 26 (al foco coniugato) porta ad una linea
lievemente inclinata e quindi ad un maggiore spessore nella tavola in quel
tratto, raccordando poi dall’asse della semicalotta verso l’alto e da quello della
calotta verso il basso cogli estremi longitudinali delle tavole.
Il diagramma 69 b ci mostra in sezione la cassa nella sua parte centrale
interna sull'asse longitudinale secondo la variante apportata. Ragioniamone ora
279
colla sua costruzione !e linee interne longitudinali ed i raccordi delle curva
dalle assi colle parti in alto ed al basso sino agli estremi delle tavole, e la
costruzione dei regoli per la loro scavatura interna. Sia AB la sezione mediana
sull’asse longitudinale e la linea interna della tavola di fondo tra i centri della
calotta sferica e della semicalotta; ed E il suo mezzo.
A p 6, mm. 29,64 dal mezzo verso il basso sul p 42 ed a p 10, mm. 49,40
verso l’alto sul p 26 tracciamo due perpendicolari, le quali incontreranno la AB
nei punti NM, linea del foco, e del foco coniugato. Sopra dette perpendicolari,
dal punto N segnamo verso l'alto il raggio di curvatura trasversale interno dato
dalla figura 54 a in p 28, mm. 138,32 in A'; e sulla stessa il suo foco F', e così
dalpunto M in A" ed il suo foco in F". Si otterranno così i raggi di curvatura
AN-A"M, ed il loro foco in F'-F". Centro in A' e raggio N, e centro in A" e
raggio M, descriviamo i due archi di curva aa° ed a"a"', di gradi 10.
Ora, dai punti F'F" su dette perpendicolari segnamo verso il basso a p 3 ⅛,
mm. 15, OL. Congiungiamo una retta O con L, che rappresenterà in sezione la
linea interna mediana sull'asse longitudinale del piano armonico. Questa ci darà
la distanza interna fra le due tavole al centro della cassa tra la calotta sferica sul
p 42 e la semicalotta sul p 26, e quindi la distanza della superfìcie interna del
piano armonico rispetto al foco da quella della tavola di fondo. Sopra le
perpendicolari alla AB segnamo dal punto O e da L verso il basso il raggio di
curvatura trasversale del piano armonico dato dalla stessa figura 54 a di p 24
3/8, mm. 120,3 in B'B". Centro in B' e raggio in OB', e centro in B" e raggio
LB", segnamo i due archi di curva del piano armonico bb', e b"b'" di 10 gradi.
Si osservi che ON rappresenta l'asse della calotta sferica, ed LM quello della
semicalotta. Da N e da M, centro della calotta e della semicalotta della tavola
di fondo, segnamo, verso l'alto la freccia del segmento di curvatura trasversale
interna di detta tavola in p 2, mm. 9,88. Cosi da 0 e da L, verso il basso, nel
piano armonico, ma con la freccia del suo segmento di curvatura trasversale
interna in p 2½ , mm. 12,3. Da detti punti tiriamo due parallele ali asse della
tavola in DD', e sarà questa lo spessore di massima elevazione superbie interna
delle tavole. Dalla DD', segnamo, nel piano armonico, verso l’alto, la distanza
di p 5¼ , mm. 16, e nella tavola di fondo, verso il basso, la distanza di p 3, mm.
14.8 in CC' ed avremo in CC', DD' Io spessore di massima elevazione esterna
delle stesse. Facciamo da O e da L i circoli inscritti negii angoli di 10-20 e 40
gradi della curvatura interna trasversale del piano armonico; e da N e da M, gli
stessi della tavola di fundo. Essi sono diversi in ampiezza benché inscritti in
medesimi angoli dato il diverso raggio di curvatura trasversale tra le due
tavole. Avremo così, da O verso il mezzo sul p 40 in b, e sul p 44 verso il basso
in b', segnati i limiti della calotta sferica di 10 °, e da L, verso l’alto in b'' sul p
24, il limite della semicalotta nello stesso numero di gradi del piano armonico.
280
Così, nella tavola di fondo da N, verso il mezzo sul p 39 1/ verso il basso in aa'
i limiti della calotta; e quello della semicalotta da M, verso l’alto sul p 23 1/ in
a'' a'". Dal centro M della semicalotta della tavola di fondo sul p 26 ririamo
un’obliqua Ma, sino all’estremità dell’arco interno della calotta sul p 39 1/ in a;
e così, un’altra da L sino a b sul p 40 nel piano armonico, e le curve
longitudinali centrali al mezzo delle tavole sono segnate. Ora, pel 36 tiriamo
una perpendicolare alla AB, ed un’altra pel p 34.
L’intersecazione di queste sulla AB, chiamiamola WW'; e sulla LO che
chiamiamo UU'. Da W e da W' sulle perpendicolari segnamo per la tavola di
fondo, verso l’alto p 216, mm. 1067, in XX'; e sulle stesse perpendicolari da
UU', sulla LO, segnamo pel piano armonico, verso il basso p 195, mm. 963 in
ZZ'. Centro X' e raggio X'W' tracciamo la curva W'K' all’estremo limite della
tavola di fondo verso il basso che raccorderà la calotta sferica nel p 44 1/.
Centro X e raggio XW, tracciamo la curva WK all’estremo limite della stessa
tavola verso l’alto, che raccorderà la semicalotta sul p 23 1/. Centro Z', e raggio
Z'U', tracciamo la curva U'K' all’estremo limite del piano armonico verso il
basso, che raccorderà la calotta sferica sul p 44. Centro Z e raggio ZU,
tracciamo la curva UK all’estremo limite della stessa tavola, verso l’alto, che
raccorderà la semicalotta sul p 24. Ecco che la completa linea interna della
tavola sull’asse longitudinale è segnata. Il diagramma alla fig. 69 b mostra tali
disposizioni.
La diversità di lunghezza del raggio nella curva di raccordo tra le due
tavole, e pure causata dalla diversa freccia del segmento di curvatura interna
trasversale del piano armonico di maggiore curvatura di quello della tavola di
fondo. Ottenuta la completa linea interna sul l’asse longitudinale delle due
tavole, operiamo come dinanzi abbiamo dimostrato per gli altri regoli,
tracciandola su listerelle di legno compatto e tagliandola con la massima
precisione per ottenere il regolo di controllo sull’asse longitudinale della
completa curvatura interna di esse. Di questi regoli anche qui dovremo
costruirne due, uno pel piano armonico ed uno per la tavola di fondo, causa le
differenti ampiezze delle curvature trasversali e le differenti frecce tra le due
tavole.
Anche qui su di una faccia di questi tracceremo la corda del segmento di
curvatura trasversale interna corrispondente alla freccia della loro curva, e cioè,
per il regolo del piano armonico, sul limite del 56° grado per quello della
tavola di fondo nel limite del 48° grado, come fatto nei regoli trasversali n. 2 a
e n. 3 a delle figure 66 e 67. Anche in questi, oltre alla corda, tracceremo il loro
mezzo E sul p 36, la linea di gravità sul p 40, quella del foco sul p 42, quella
del foco coniugato sul 26, ed il p 44 per il regolo del piano armonico. Il mezzo
281
E sul p 36, la linea del foco sul p 42 e quella del foco coniugato sul p 26, il p
39½ ed il p 44½ per il regolo della tavola di fondo.
Fig. 69 b.
Sull’altra faccia, segnata per ognuna la corda corrispondente alla sua freccia
di mm. 9,88 pel regolo della tavola di fondo, e di mm. 12,3 per quello del piano
armonico, dividiamo ognuna in tre parti segnandone anche qui le tre divisioni
(ordinate) sino alPincontro nelle due parti cogli archi ed innalzando da quei
punti le perpendicolari alla corda (ascisse), segnandole anche qui in RR'. Oltre
al completo regolo longitudinale per ogni tavola anche qui per ognuna delle
due parti, al basso ed in alto, occorre un regolo che dalla calotta e dalla
semicalotta raggiunga in senso longitudinale l’estremo limite della tavola. Essi
ci serviranno per limitare radialmente le curve longitudinali nei settori dei
determinati angoli nelle due parti della tavola, questi potremo ottenerli dal
completo regolo longitudinale di ogni tavola nel modo già indicato, cioè
segnandone gli archi di raccordo e tagliandone con precisione la curva.
Anche su questi in una faccia segneremo la corda, il p 48 sull’asse della
calotta ad angolo retto colla corda, ed il p 44 sul regolo della parte al basso del
piano armonico. Per quello della parte in alto segneremo la corda ed il p 26
sull’asse della semicalotta ad angolo retto colla corda. Per il regolo della tavola
di fondo, segneremo la corda, il p 42 ad angolo retto colla corda, ed il p 44½
282
per quello della parte al basso. Per quello della parte in alto, la corda, ed il p 26
ad angolo retto colla corda. Sull’altra faccia per ognuno segnamo ancora la loro
corda, la divisione della freccia della curva in tre parti uguali (ordinate), ed
all’incontro delle linee coll’arco, le normali alla corda (ascisse) in RR'. Anche
qui le figure 70 e 70 a in C'C" ed in DD" mostreranno come devono essere
questi regoli.
Fig. 70.
Fig. 70 a.
283
A. Stradivari (nella sua prima maniera sino al 1680 circa), Nicola Amati, ed
alcuni dei suoi migliori allievi durante il sec. XVII e sino alla prima decade dei
sec. XVIII, pure mantenendo nelle due tavole un eguale raggio di curvatura
interna di p 24, mm. 118,56; eguale la freccia di p 3 1/16, mm. 15,1 ed eguale
lo spessore di massima elevazione esterna delle tavole (p 3 ⅞, mm. 19,2 pel
piano armonico, e p 4⅛, mm. 20,4 per la tavola di fondo) l’arco del segmento
di curvatura trasversale interna era sotteso in un angolo di soli 30° nel tratto tra
le assi delle due semicalotte nel piano armonico, dal p 18 al p 52; nella tavola
di fondo dal p 23 al p 48.
Da detto angolo in senso trasversale la curva interna della tavola raccordava
nella lunghezza verso gli estremi al contorno con curvatura di minor raggio.
Questa per conseguenza porta ad una sensibile e decisa scanalatura o
sgusciatura esterna su detta tavola verso il contorno nella parte centrale alla
linea di gravità per tutta la lunghezza delle rientranze centrali o X, diminuendo
poi sensibilmente alle parti radiali e longitudinali all'alto ed al basso della
tavola verso il contorno. Questo criterio — ved. fig. 71 — usato da alcuni liutai
della scuola di Nicola Amati, e dai loro allievi sino alla fine circa del sec.
XVIII dal punto di vista estetico conferisce alla tavola una maggiore curvatura
ed elevazione esterna. Mentre ciò dal lato acustico nulla influisce nel
complesso all'effetto del suono, dal punto di vista statico rende più difficile una
regolare elasticità nella tavola obbligando a minori spessori nelle tavole stesso.
284
Fig. 71.
Elittiche interne nelle tavole per il raccordo delle parti centrali longitudinali e
trasversali colle radiali
Nella superficie interna delle tavole, oltre al tracciamento delle parti centrali
trasversali e longitudinali ed alla suddivisione delle due parti al basso ed in alto
dei vari settori, come dimostrato dalle figure 63c-64, dobbiamo ancora
tracciare due elittiche di riferimento pel raccordo delle curvature centrali
trasversali e longitudinali colle parti radiali.
285
Queste due elittiche - volendo, se ne possono tracciare altre nelle parti
intermedie - dovranno corrispondere ai regoli trasversali n. 1 a fig. 65 c, e
regola A e B longitudinali figg. 69 e 69 a, per il criterio costruttivo usato nel
sec. XVII. Ai regoli trasversali n. 2 a e n. 3 a, e regoli C e D longitudinali, figg.
66 a, 67 a e 70, 70 a secondo la variante stradivariana. Infatti, sia nei regoli
trasversali che in quelli longitudinali di dette tavole, abbiamo diviso la freccia
della corda del loro segmento di curvatura interna in tre parti eguali (ordinate);
ed all’incontro di dette con la linea dell’arco interno della tavola con due
normali alla corda abbiamo segnato le ascisse in RR'. RR' sono adunque i punti
altimetrici o di profondità della superfìcie interna della tavola sui quali
dovremo basarci per ottenere nello scavo la simmetria nelle due parti laterali di
essa della curva radiale interna. I punti di partenza per il tracciamento di queste
due elittiche sarà: in senso longitudinale sull’asse della tavola dal mezzo E; ed
in senso trasversale, dall’asse longitudinale o di simmetria. Seguendo ora il
criterio costruttivo del sec. XVII. Sull’asse longitudinale della tavola
disponiamo il regolo longitudinale A (fig. 69) nel piano armonico; ed il regolo
B (fig. 69 a) nella tavola di fondo, col suo mezzo in E sul p 36. Segnamo da
questo nella tavola sia verso la parte in alto che in quella verso il basso le loro
ascisse in RR' p 34 dell’asse, nel tratto più rientrante delle controcurve centrali
della tavola, tiriamo una normale all’asse longitudinale AB. Dividiamo su
quella la distanza dall’asse AB, al contorno esterno della tavola, in quattro parti
eguali sia verso destra che verso sinistra segnando la seconda e la terza
divisione dall’asse in GG', in ognuna delle due parti (destra e sinistra). Dal p 23
e pel p 42 nelle due tavole tiriamo un’altra normale alla AB.
Su di queste disponiamo il regolo n. 1 a (fig. 65 c) col suo asse sulle AB e
segnamo nelle due parti della tavola le loro ascisse RR' in VV' verso l’alto (p
23), ed in KK' (p 42) verso il basso. Ora, con centro in L, asse della semicalotta
in alto, e raggio LR' p 10 mm. 49,4 e LR' p 15 mm. 74,1 tracciamo nel piano
armonico gli archi cc' e dd' sino ai lato dell’angolo di 40°; e così nella parte al
basso, asse della semicalotta al basso; da O, sul p 52, con raggio OR p 15 mm.
71,1 ed OR° p 10½ mm. 64 sino ai lati dell’angolo di 40° tracciamo gli archi
aa' e bb'. Raccordiamo da a e da a° nelle parti in basso, con una linea curva
seguendo a graduale distanza e con curvatura regolare la linea perimetrale
interna della cassa (delle fasce) Pelittica passante per K sulla normale per il p
42 sino a G sulla normale del p 34. Da d e d' nella parte in alto, con eguale
curva passando in V sulla normale pel p 23 sino a congiungere le continuità
delPelittica in G, e la prima elittica corrispondente ai regoli nell’ascissa R è
segnata. Operando in egual modo da b e da b', passando per K'G', e da cc'
passando per V' sino a congiungere la continuità delPelittica in G' ecco
286
ottenuto anche la seconda elittica nell’ascissa R'. Per la tavola di fondo
operiamo in egual modo da M verso l’alto (sul p 13) e da N verso il basso (sul
p 48) e le elittiche RR' anche nella superficie di essa saranno così segnate. Fig.
72.
Fig. 72.
Secolo XVlll
Colia variante apportata all’inizio del sec. XVIII ceco che le due tavole
hanno le loro due elittiche lievemente diverse nella loro linea dal mezzo; e
come queste risultino più regolari fra di loro nelle distanze al centro della
287
tavola. Ciò è dovuto dalla eguale disposizione delle assi della calotta e della
semicalotta sferiche nelle due tavole; dalla freccia delle differenti due curvature
trasversali interne; e dalle diverse misure del raggio di curvatura degli archi
longitudinali e radiali di raccordo; che, pure raccordando da un medesimo
punto le curvature centrali con gli estremi delle tavole hanno il loro asse
disposto più al mezzo della tavola.
Difatti: disponiamo anche qui il regolo longitudinale C (fig. 70) sull'asse
AB del piano armonico, ed il regolo longitudinale D (fig. 70 a) sullo stesso asse
nella tavola di fondo col loro mezzo in E sul p 36. Segnamo da questo regolo
nelle due tavole, sia verso l’alto che verso il basso le loro ascisse in RR'. In
senso trasversale, pel p 34, limite di maggior rientranza delle controcurve o X»
e quindi di minore larghezza interna nella tavola, tiriamo una normale all’asse
longitudinale AB. Dividiamo su quella anche qui la distanza dall’asse al
contorno esterno della tavola in quattro parti eguali sia verso destra che verso
sinistra, segnando la seconda e la terza divisione dall’asse anche qui in G'G ed
in ognuna delle due parti.
Nel p 42, linea di foco, e pel p 26, linea di foco coniugato, nelle due tavole
tiriamo una normale alla AB. Su di queste disponiamo nel piano armonico il
regolo n. 3 a (fig. 67 a); sulla tavola di fondo il regolo n. 2 a (fig. 66 a) col loro
asse sulla AB, e segnamo sulle due parti di dette tavole le loro ascisse RR'
anche qui in W', KK' verso l’alto e verso il basso.
Ora, con centro in L, asse della semicalotta in alto (sul p 26) e raggio LR e
LR' tracciamo nel piano armonico gli archi cc' e dd' sino ai lati dell’angolo di
40°. Con centro in O asse della semicalotta al basso e raggio OR' e OR
tracciamo gli archi a'a sino ai lati dell’angolo di 60° e bsino ai lati dell'angolo
di 40°. Raccordiamo dall’arco in a ed in a' verso il basso anche qui la prima
elittica con una linea curva seguendo a graduale distanza nella curvatura la
linea perimetrale della cassa (delle fasce) passando sulla normale sul p 42 in
Kr, continuando sino a G' sulla normale sul p 34. Dall’arco d'd in alto,
raccordiamo, sempre seguendo a regolare graduale distanza detta linea
perimetrale passando in V sulla normale sul p 26 sino a congiungere la
continuità dell’elittica in G; e la prima elittica corrispondente alle ascisse R dei
regoli trasversale n. 3 a (fig. 67 a) e longitudinale C (fig. 70) del piano
armonico ò segnata. Operando in egual modo da bb, da c'c al basso ed in alto,
passando per K', per V' sino a G'; anche la seconda elittica in R' corrispondente
all’ascissc R' dei regoli trasversale n. 3 a e longitudinale C è tracciata.
Operiamo in egual modo nella superficie interna della tavola di fondo da M
verso l’alto, e da N verso il basso, e le elittiche RR', corrispondenti al regolo
288
trasversale n. 2 a (fig. 66 a) e longitudinale D (fig. 70 a) saranno anche in dette
tavole segnate. Fig. 73.
Fig. 73.
Prima fase. Con una sgorbia mezzo piana di regolare larghezza iniziamo la
scavatura interna partendo dalla linea tangente alle due semicirconferenze
nell’angolo di 40° delle tavole (come segnate alla fig. 64) tagliandone
lievemente approfondita la linea. Asportiamo legno ed approfondiamo
sensibilmente la concavità verso l’asse della tavola cercando di far contenere
esattamente nello scavo dal p 18 al p 52 nel piano armonico, e dal 23 al p 48
nella tavola di fondo in lunghezza, larghezza e radialmente dall’asse delle
semicalotte (al p 15 ed al p 56 nel piano armonico, alpl0edalp60 nella tavola di
fondo) la sagoma del regolo n. 1 fig. 65, sino all’appoggio del regolo in a
contro la superficie interna della tavola ancora piana al contorno.
Le due sezioni A e B fig. 74 longitudinali e trasversali del piano armonico
chiaramente dimostrano come dovrà praticarsi detto primo scavo. Ricordiamo
che detto regolo n. 1 dovrà essere contenuto esattamente sia nel tratto centrale
del piano armonico che in quello della tavola di fondo dovendo essere le due
tavole eguali nel segmento di curvatura interna trasversale.
Fig. 74.
Fig. 75.
293
294
Fig. 76 a. - Disposizione complessiva delie curvature trasversali, longitudinali
e radiali nella superficie interna della tavola di fondo, secondo la variante
stradivariana (sec. XVIII).
trasversalmente nello scavo di dette tavole non una linea curva continua, ma
una zona pianeggiante di 10°, sull’asse longitudinale delle due tavole tra il p 26
ed il p 44½ nella tavola di fondo; e tra il p 26 ed il p 44 nel piano armonico.
Ecco il momento di spiegare il perché di quella interruzione di continuità di
curvatura nei due regoli trasversali; ed il perché di questa zona o costola
pianeggiante al centro nella superficie interna delle due tavole.
295
Fig. 76 b.
Nel diagramma alla fig. 77 possiamo osservare sia in proiezione sul piano
che in sezione come in causa della calotta sferica sul p 42 abbiamo nel piano
armonico sul p 40, e nella tavola di fondo sul p 39½ uno spessore in senso
longitudinale maggiore che sul p 42 e p 26 causato dallo spigolo della
circonferenza di detta calotta.
Fig. 77.
Fig. 78.
nella tavola di fondo, con due rette tangenti al circolo inscritto nell’angolo di
10° sull’asse trasversale al p 42 in O ed in N (diametro delle calotte), formiamo
il triangolo isoscele ELF, nel piano armonico; ed EMF nella tavola di fondo.
L’area di questo triangolo sarà la cosiddetta costola pianeggiante che dal p 40 e
dal p 39½ nelle tavole diminuirà a zero sul p 26 centro della semicalotta delle
stesse. Fig. 79. Lo spessore di detta costolatura è dato dallo spigolo o bordo
della calotta che, partendo a zero della linea di foco sul suo diametro al p 42,
aumenta gradatamente la sua freccia sull’asse longitudinale sino al massimo
nel mezzo sul p 40 e 39½ in E. Dovendo la tavola nella continuità della linea
longitudinaie da quel punto e lungo l’asse raccordare con la semicalotta, è
giocoforza questa linea sia mantenuta retta ma obliquando a quella nel p 26.
297
Fig. 79.
298
esattamente. Cosi col regolo n. 3 a nella concavità della calotta della tavola di
fondo.
In egual modo operiamo nelle due tavole nella semicalotta sul p 26 in L ed
in M, ma solo però nella concavità della linea del foco coniugato sul p 26
diagonalmente al p 24. Fig. 80. Precisiamo nelle due tavole la cadenza sull'asse
longitudinale dallo spigolo della calotte sferica sul p 40 in e nel piano
armonico; e dalla stessa sul p 39½ nel piano di fondo, con una retta obliquante
a zero sul centro della
semicalotta sul p 26, per tutta
la lunghezza della costola
entro il triangolo isoscele.
Smussiamo lievemente lo
spigolo dei lati di detto
triangolo fondendolo alla
curvatura trasversale della
tavola in modo da perdersi in
essa; e la curvatura interna
della parte centrale delle due
tavole secondo la variante
stradivariana sia in senso
trasversale che longitudinale è
così completata. Colla
rastremazione delle fasce, ai
fini acustici per la regolare
riflessione tra le due tavole
correggeremo la obliquità di
questa costolatura centrale.
Questo lieve maggiore
spessore sulla linea di gravità
delle tavole ed a cadenza sino
al p 26 nella semicalotta,
percettibile e fu riscontrato su
di alcune opere del sec. XVIII, ancora perfettamente conservate dello
Stradivari e di alcuni suoi allievi; in altre, esso venne diminuito forse per
eccessive levigature fatte da liutai posteriori tanto da passare oggidì quasi
inosservato. Le due figure in sezione C e D, fig. 81, mostrano chiaramente
secondo il criterio usato colla variante del sec. XVIII come deve essere
praticato nella zona inscritta nelPangolo di 40° del segmento di curvatura
299
interna del piano armonico, sia in senso longitudinale che trasversale nella
prima fase dello scavo.
Fig. 81
Seconda fase. Scavatura interna delle tavole in senso longitudinale nelle parti
in alto ed in basso, e raccordo della parte centrale con gli estremi
longitudinali e radicali.
303
scavi. In questo scavo abbiamo ancora lasciato piano lo spazio pei zoccoletti ai
due estremi delle tavole.
304
Fig. 86. Fig. 87.
Terza fase. Scavatura interna in senso radiale alle due parti laterali delle
tavole in raccordo alla parte longitudinale in basso ed in alto colla parte
centrale.
306
Fig. 88. Fig. 89.
figura 90); conficchiamo a brevi intervalli tra loro su quella linea con regolare
pressione la punta acuminata del compasso di profondità sino ad ottenere
l’appoggio del regolo di detto in a contro la superficie della tavola sul
contorno. Questa punta lascierà segnata in una serie di buchi Pelittica sino alla
profondità giusta per raccordare lateralmente nella tavola la curvatura
trasversale colla longitudinale in senso radiale al basso, al centro, all’alto. Ciò
secondo il criterio tenuto nel sec. XVII. Nel medesimo modo operaremo per
ottenere la profondità in K' sulla stessa normale pel p 42, e poi per segnarne
colla serie di fori sull’elittica in R° la profondità di detta dai lati dell’angolo di
40° sia nella parte in alto che in quella al basso da c' a b', e da c a b.
Nella parte centrale tra le normali pei p 42 e p 23 questa perforazione sarà
limitata (come mostrata colla figura 69) all’intersecazione della linea di scavo
centrale nell’angolo di 40°, della curvatura trasversale interna della tavola.
Volendo si potrà aumentare il numero di elittiche seguendo la loro profondità
onde regolarsi con più punti di riferimento.
Secolo XVIII
307
parte central essa é limitata alla intersecazione della linea di scavo central
nell’angolo di 35° della curvature trasversale interna della tavole.
Fig. 90.
Nella seconda elittica in R' detta punteggiatura nella sua profondità in K' ed
in V', sarà praticata pure dale normali pei p 26 e p 42 nelle due parti laterali in
alto verso sinistral e verso destra da V' a c' e c sino ai lati dell’angolo di 40° Al
basso da K' a b' e b, lati dell’angolo pure di 40°, essa intersecherà nelle due
parti la linea di scavo delle due semicalotte sferiche, e nella parte centrale K' e
da V', lievemente raccordando verso il mezzo. Fig. 86 e fig. 90. Ottenuto con la
punteggiatura delle paeti laterali delle tavole una scanellatura seguendo la
punteggiatura delle elittiche in modo da raggiungere la profondità, ripetiamo la
serie dei fori per assicurarci che essi siano giunti alla necessaria profondità, ora
308
più facile ad ottenersi causa il minor spessore di material da forare. Portiamo
colla sgorbia alla precisa profondità segnata dalla punta nella scanellature delle
due elittiche che nella loro profondità dovranno essere nei lati dell’angolo di 60
e di 40 gradi (nella parte al basso) e di quello di 40° nelle parti in alto, uguali
con quella della continuazione di dette elittiche negli scavi già praticati in detti
angoli e nella curvatura trasversale sulle normali pei p 42 e 26. Segnamo
nuovamente colla matita sulla traccia di detti punti la linea delle due elittiche,
ed iniziamo il raccordo di dette colla parte della tavola verso l’asse semicalotte.
Questo raccordo dovrà iniziarsi dai lati dell’angolo di 40° partendo da
quello già ottenuto in senso longitudinale nella l’elittica R; ed in modo da non
oltrepassare la normale pel p 42, raccordando alla curvature trasversale della
stessa in quel tratto. Nello stesso modo operare nella parte in alto senza
oltrepassare la normale pel p 23 e pel p 26. Dai lati dell’angolo di 40° nella
parte in alto, e da quello di 60° e di 40° nella parte al basso, raccordare nello
scavo lo spazio dall’elittica R a quello della R'; seguendo la linea perimetrale
interna della tavola. Raccordare lo spazio tra questa e l’elittica R, sempre sino a
VV' sulle normali pei p 23 e 26 nella parte in alto, e sul p 42 in quella al basso.
In tale raccordo ѐ necessario seguire la cadenza e nell’assieme la linea
perimetrale della tavola nelle rientranze centrali o )(.
Quarta fase. Raccordo nella parte central della tavola con curva catenaria
dallo scavo nell’angolo 40° con la linea perimetrale della cassa e con le parti
radiale sia verso l’alto che verso basso
Nella parte centrale della tavola in senso longitudinale tra le assi delle
semicalotte, lo scavo fu limitato ad un di soli 40° della curvature trasversale
interna della tavola. Ora, la continuità della curva al 40° grado interrotta deve
essere raccordata alla linea perimetrale interna della cassa. Questo possiamo
ottenerlo raccordando dal punto di maggiore rientranza nella linea perimetrale
della tavola, curvature della superficie interna al 40° grado, con una curva
catenaria o di minore raggio. Tiriamo quindi pel punto 34 una normale all’asse
longitudinale AB. Su questa pratichiamo detto raccordo con una decisa curva
catenaria dalla superficie interna di detto scavo sul limite di detto angolo 40°
alla linea perimetrale interna della tavola al contorno, asportando lo spigolo in
a''' del lato dello scavo ancora a farsi. Fig. 91 in sezione.
309
Fig. 91.
Ora, dalla normale pel p 34, sia verso la parte in basso che verso quella in
alto della tavola, con la sgorbia pratichiamo una sgusciatura di eguale curva di
quella praticata nel raccordo a''' sul p 34 per tutta la lunghezza nel tratto dale
normali in alto al p 23 e p 26, alla normale al basso pel p 42 seguendo la linea
perimetrale interna della tavola. Da dette normali sia verso l’alto che verso il
basso lievemente allargando man mano la curvature e man mano diminuendo
la profondità nell’incavo sino a raccordare seguendo sempre la linea
perimetrale della tavola ai lati degli angoli di 120° nella parte in alto, e di 160°
in quella al basso, secondo il criterio costruttivo del sec. XVII. Sino ai lati
degli angoli di 120° sia nella parte in alto che in quella al basso, secondo la
variante del sec. XVIII, fondendosi poi colla curvature della linea della navola
sia al basso che in alto di essa.
Causa la costruzione graduale della tavola sua linea perimetrale verso l’alto,
nelle normali pei p 23, 26 e 42, ne viene di conseguenza che le due parti laterali
della tavola sia in alto che in basso raccordando alla cuvatura trasversale sulle
normali suddette debbono insinuarsi nella curvature central seguendo per un
breve tratto ls linea delle elittiche in RR' in VV' e KK'.
Tale raccordo dorvà però succedere nella curvature trasversale l’angolo
superore ai 30° di detta. Quindi da O e da L, da N e da M, descriviamo un
circolo inserito in un angolo di 20° della curvature trasversale interna della
tavola. Tiriamo due tangenti a detti circoli e parallele all’asse e questa zona
nella tavola inscritta nell’angolo di 20° di detta curvature interna dovrà essere
mantenuta regolare, dovento tangenti internamente a detta zona essere disposte
l’anima e connessa la sbarra. I diagrammi alle figg. 91 e 92 mostrano tali
disposizioni e raccordi di curvature interna. Con la sgorbia mezzopiana
precisiamo le curvature nelle due parti laterali sino alle normali in alto ed al
basso pei p 23, 26 e 42 aregolare cadenza in curva sino a raccordarsi con quelle
310
della curvature trasversale central, sfumandole gradatamente e senza per nulla
inoltrarsi nel limite della zona segnata nell’angolo di 20°.
Fig. 92.
Controllo delle curvature interne delle tavole
Il fenomeno delle riflessione multiple nella cassa del violin dipende dalla
figura della superficie interna delle sue tavole, quindi dalla loro forma concave.
Ѐ quindi necessario che le curvature interne siano regolari fra loro nella forma
311
e nella superficie tra le due parti al basso ed in alto col raccordo centrale.
Occore quindi averne un controllo. Detto controllo ѐ possibile ottenerlo con
numerosi regoli sottesi nelle varie curvature interne e disposti sui vari angoli
nelle due parti e radiamente nella tavola. Esso però ѐ poco practico e poco
sicuro.
Gli antichi liutai certamente usavano un altro sistema per tale controllo
interno, sistema molto più semplice, pratico, dalla cui maggiore o minore
acutezza del senso visivo dell’artigiano liutaio sicuramente dipendono quelle
lieve inegualianze di simmetria che si riscontrano nella modellazione esterna
fra le due parti laterali della tavola, inegualianze che si riscontrano anche su
classici antichi strumenti. A noi giunsero tramamdati regoli di curvature interne
ed esterne di diverse parti della tavole di antichi liutai. Questi però non sono gli
stessi che gli antichi usavano pel controllo dei loro strumenti. Al museo
stradivariano di Cremona esistono regoli di curvature esterne ed interne delle
tavole, regoli che mai furono usati da quei maestri. Essi sono copie modern di
sagome esterne ed interne fatte da liutai posteriori. Bagatella nelle sua memoria
non tratta di regoli esterni per la modellazione esterna delle tavole.
La figura 93 qui espresso non dovrebbe aver bisogno di ulteriori descrizioni.
Difatti, basta disporre la tavola ancora serrate nello strettoio di fronte ad una
finestra o a daltra sorgente luminoza e far scorrere su di essa in senso
trasversale un regolo di forza prismatica di una lunghezza superior alla
larghezza della tavola, di mm. 35 circa di altezza, e di mm. 8 di base, in modo
che disposto colla sua base sul contorno interno della tavola ancora piana nei
punti voluti poter coll’ombra portata e proiettata dal regolo sulla superficie
concave interna, controllarne coll’occhio la curvature, correggendo poi di volta
in volta quelle inegualianze o disregolarità nella continuità di curva fra le due
parti laterali che eventualmente vi si riscontrassero, ottener coz ì una simmetria
perfetta. Portata così regolare la curvature interna, le tavole internamento sono
ultimate. Dopo una lieve levigatura nelle parti di raccordo laterali senza però toccare
la parte central, esse sono pronte per l’adattamento verso l’esterno degli
spessori a cadenza. Togliamo or il leggero spigolo all’intorno nella linea
perimetrale interna dal quale partono le incavature, smussandolo lievemente.
312
Fig. 93.
313
Quinta fase. Raccordo della parte inferior della sferica di 10° colle curvature
di raccordo longitudinale e radiali, secolo XVIII
Fig. 94.
Ѐ colla rastremazione verso l’alto delle fasce che otterremo nelle tavole tale
parallelism. Però, da tale disposizione inclinata sulle fasce verso l’alto della
cassa ne deriva un lieve spostamento verso il basso dell’asse vertacale della
calotte sferica di 10° in O, dal p 42 verso il p 43. E quindi ѐ necessario che lo
spigolo del bordo circolare di detta calotte nella parte verso il basso scompaia,
poiché causa lo spostamento di detto asse essa aumenta il raggio, e dovrà dal
punto in a', fondersi con la curvature di raccordo longitudinale e radiale interna
dal p 44 e dal p 44½ delle tavole. Togliamo ora con la sgorbia mezzopiana lo
spigolo del bordo verso il basso di detta calotte, pattendo dal diametro di questa
p 42, seguendo in senso circolare lo spigolo verso la sua maggiore altezza, e
raccordando lievemente dal p 43 la calotte con le curvature di raccordo al p 44
e p 44½ delle tavole al basso, sia in senso longitudinale che radiale, come
segnato con le lineette divergenti dal centro O nel diagramma alla figura 95.
Con ciò le tavole nella loro scavatura interna sono ultimate.
314
Fig. 95.
Fig. 96.
315
CAPITOLO IV
PARTE ESTERNA E SPESSORI TAVOLE
Fig. 97.
Agli effetti della resistenza alla flessione di detta tavola, se valutiamo ora la
forza complessiva del peso tensore delle 4 corde del violino al modern corista
in kg. 25 circa, ed il derivante peso di pressione dovuto all’appoggio di dette
sul ponticello e su detta tavola in kg. 12 circa, lo spessore o grossezza massima
comunemente assegnata nella parte central del piano armonico, risultante da
ben conservati esemplari dei secc. XVI e XVII, in 2/3 di p, mm. 3,35; tenuto
calcolo del breve raggio di curvatura interna adottato, della media densità della
material legno usata, della forte connessione della tavola sulle fasce, lo
spessore Massimo suddetto assegnato a detta tavola ѐ maggiore al dovuto.
Queste forze vengono contenute e sopportate dalla continuità delle fibre
dell’abete del piano armonico, e condivise dalla parte in basso, dal zoccoletto
al bottone della cordiera, dalla parte in alto da quella in cui colla sua base ѐ
innestato il manico. E così, nelle stesse proporzioni di tensione e pressione
nelle tavole della viola contralto e del violoncello tenore. Lo spessore massimo
nella parte central delle due tavole agli effetti della tonalità fra i quattro
strumenti, deve essere radionato con le dimensioni in lunghezza di dette e col
suono fisico della qualità di material legno usata per la costruzione di dette
319
tavole. In altra parte di questo studio (Preliminari alla costruzione, nozioni di
acustica fisica) abbiamo trattato del suono fisico delle diverse specie di
legnami e delle loro differenti altezze di tono in eguali quantità di materia. Ѐ
noto come due tavolette di uno stesso legno di una medesima parte di pianta,
con fibre perfettamente uguali, di eguale lunghezza ed eguale larghezza, ma
una di uno spessore doppio dell’altra, quella di spessore maggiore ci dà un
suono fisico di un’ottava più acuto dell’altra. Di qui, la diversità di vibrazione
nella stessa material da uno spessore ad un altro.
Dovendo il violin rispondere nella gamma musicale alla tonalità della voce
di soprano, la sua tavola armonica in legno abete (il cui suono fisico ѐ il
soprano di tono fra I vari altri legnami) in relazione alla lunghezza di tavola nel
senso della fibra, dovrà avere nell’intrinseco di material legno nella sua
superficie una quantità di grossezza o spessore tale da rendere il più possibile
un suono dell’altezza di tono richiesta dalla qualità di strumento. L’aumento in
più dello spessore staticamente richiesto per la resistenza alla pressione fu
dunque dato dal lato acustico per ottenere l’altrezza di tonalità necessaria.
Infatti, lo spessore Massimo dovuto alla tavola armonica della viole di 1/5,
1/6, 1/7, 1/8 in lunghezza in più di quella del regolare violin dovondo queste
rispondere alla voce di contralto, fu stabilito, in relazione della lunghezza di
tavola, nelle stesse proporzioni di aumento nella sua massima grossezza o
spessore – mm. 4,3 mm. 4,9 circa, uguale a 7/8 di p e di p 1 circa. In queste
viole però il maggiore suo raggio di curvatura trasversasle interna di tavola,
porta di conseguenza ad uno spessore ancora maggiore per la dovuta resistenza
alla pressione causa la minore curvatura avvenuta. Dovendo poi la viola
rispondere alla voce di contralto, minore in altezza di tono di quella di soprano,
ecco che la minore quantità di material nell’intrinseco della tavola armonica,
pur mantenendo costante la resistenza alla pressione, porta l’altezza di tonalità
del contralto.
E così, nelle stesse proporzioni nella viola tenore di 1/3 ed 1/4 in lunghezza
in più di tavole di quella del regolare violin; dovendo questo rispondere ad una
tonalità di altezza ancora più grave, e cioѐ tra la tonalità di contralto e quella di
tenore. Nel violoncello di misura regolare, la lunghezza della tavola in p 153,
mm. 755,82 non ѐ solo doppia del violin (1/15 in più) ma ѐ invece dovuta alla
somma delle due misure in lunghezza della tavola del violin di p 72, mm.
355,68 e di quella della viola contralta di 1/5 di più del violin, di p 81, mm.
400,14. La superticie della sua tavola in relazione a quella del violin ha invece
dimensioni quadruple. La pressione delle quattro corde su di essa esercitata dal
ponticello ѐ di kg. 14 circa. In questo strumento il raggio di curvatura
trasversale interna della tavola armonica ѐ di mm. 300. Di condequenza la
320
minore curvatura di essa richiede un maggiore spessore di tavola nel tratto nel
centrare per la resistenza alla pressione, del maggior peso su di essa carcata.
La grossezza o massimo spessore central comunemente assegnato alla
tavola armonica di questo strumento ѐ di 3/4 di p in più di quello del regolare
violin, e quindi di p 1½, mm. 7,5 circa. Data la dimensione maggiore in
superficie della tavola armonica del violoncello in confront a quella del violin,
ѐ evidente anche la sua maggiore facilità di disposizione alla elasticità. Gli
spessori a graduale cadenza dal mezzo ai lati, come dimostreremo, dorvanno
essere condotti con diminuzione meno densibile, la tavola in tutta la sua
superficie conserverà una maggiore quantità di material legno.
Dovendo il violoncello rispondere per tonalità alla voce del tenore, e quindi
alla ottava bassa del violin, lo spessore central di questa tavola, in legno abete e
sempre di media densità di materia dovrà essere in relazione al violin di poco
superior alla grossezza necessaria per assicurare la sua resistenza in rapport alla
forza di pressione esercitata; e quindi, lo spessore sopradetto di mm. 7,5 circa,
non interessando una quantità di spessore maggiore causa la tonalità grave a
cui il violoncello in altezza di tono deve nella gamma musicale rispondere.
322
trasversale, longitudinale e radiale, ci darà, in rapport alla densità della materia
la necessaria elasticità alla tavola.
Per quanto riguarda sia la pratica acquista dal lungo operare, riteniamo che
nessun liutaio sia in tempo antico che oggidì possa a priori aver stabilito né
stabilire con esattezza, ma solo approssimativamente, quale sia lo spessore a
darsi ad una tavola armonica in abete che ad una di fondo in acero, non
potendo anche l’occhio ed il tatto più esercitato, dalla sola apparenza, nulla di
preciso determinare. A queste tavole si assegnava uno spessore massimo
maggiore di quello che le era approssimativamente dovuta, regolandone a
cadenza lo spessore decrescente, rettificandoli poi, a cassa collegata,
esternamente detti spessori, sino ad ottenere l’effetto di elasticità regolare nelle
diverse parti della tavola, provandone periodicamente l’effetto coll’arco. Solo,
disponendo gli spessori nelle tavole dall’interno verso l’esterno (e cioѐ
inversamente a come oggidì in generale si usa) era possibile agli antichi liutai,
a cassa internamente ultimata e chiusa, senza per nulla più toccare le curvature
interne, portare variazioni (diminuzioni) agli spessori preventivamente
assegnati nelle varie parti e su tutta la superficie esterna della tavola nella
material; e provandone ad intervallic l’effetto sonoro coll’arco, regolarne
l’elasticità, l’equilibrio, la prontezza e la pienezza di suono. Queste qualità del
suono prodotte appunto dall’elasticità delle tavole regulate nei loro spessori. E,
mentre l’intensità del suono ѐ dovuta alle regolari curvature interne delle tavole
ed all’esatta disposizione di queste sulle fasce, il colore, l’espressione del
suono ed il suo timbro ci sono date dalla giusta comunicazione del moto
vibratorio alla linea di gravità della tavola. Questi i perché sia dal punto di vista
acustica che da quello statica della grossezza o spessore massimo nelle tavole.
Vediamo ora praticamente assegnarne la loro posizione nelle due tavole, e la
loro disposizione a graduale cadenza dal mezzo ai lati.
I punti da cui dobbiamo partire per assegnare detti spessori nelle due tavole
sono le assi delle due semicalotte sferiche in BB' nella superficie esterna di
quelle (ved. Fig. 50) in corrispondenza all’interno OL-MN. Seguendo or ail
criterio costruttivo dei secc. XVI e XVII, nel tratto tra il p 18 ed il p 52, assi
delle due semicalotte sferiche in BB' del piano armonico, portiamo dall’interno
verso l’esperno lo spessore massimo in 10/12 di p, mm. 4,1 mantenendolo
uguale nella tavole tra le due assi quale limite di maggior apessore. Nella
tavola di fondo lo spessore sarà invece tenuto di 1/4 in più, mm. 5,1 sulle assi
al p 23 ed al p 48 mantenendolo anche qui eguale tra le due assi stesse BB'.
323
Fig. 98. Il legno per quanto secco, attraverso i secoli, causa alla sua struttura
cellular ha seguito sensibile diminuzione (ritiro) sia in senso della lunghezza
che in quello del raggio. Questa diminuzione o ritiro ѐ minore nei legni duri,
maggiore in quelli fibrosi e teneri. Lo spessore riscontrato nelle tavole di quei
classici violini antichi in mm. 3,35 circa, 2/3 di p, ѐ adunque minore a quello in
origine assegnatole. L’età ha consolidate ed indurita la fibra di questo legno.
L’aumento da noi portato a 10/12 di p, mm. 2,10 di spessore ed assegnato alla
tavola armonica, 2/16 in più, ѐ dovuto in considerazione di tale ritiro avvenuto.
324
Fig. 100.
Portiamo ora dalla superticie interna tutta la superficie esterna delle due
tavole ad un unico eguale spessore, ognuna con i detti massimi spessori dalla
loro assi, in tutti i sensi, sino all’estremo limite di esse sul bordo, servendoci
per la determinazione di questi di uno speciale relaio ed asportando poi colla
sgorbia mezzopiana l’esuberante material legno sino al segno lasciato sulla
superficie della tavola dalla punta del telaio suddetto. Portate le tavole a tale
spessore su tutta la loro superficie inizamo su di essa il tracciamento dei vari
punti di riferimento per la disposizione a graduale cadenza degli spessori,
operando secondo I due criteri costruttivi. Per tale tracciamento occorre
prepararci un regolo con limbo in curva, della lunghezza e figura convessa
della tavola (ved. Sopra), suddiviso in 6 once ed in 72 p. questo regolo che
chiameremo regolo proporzionale esterno, disposto sull’asse longitudinale dal
limite superior della tavola ci cervirà per segnare sulla stessa i vari punti di
riferimento in senso della lunghezza su di esso segnati. Servendoci del regolo
suddetto segnamo sulla convessità della tavola armonica i p 18 e 52,
corrispondenti ai B'B'' delle assi delle semicalotte interne (sec. XVII), ed p 36
in E, mezzo della tavola. In egual modo segnamo sulla convessità della tavola
di fondo in E il p 36, ed i p 23 e 48 corrispondenti a BB', assi delle due
semicalotte di detta tavola. Per detti punti tiriamo nelle due tavole una normale
alla AB. Centro sul p 18 in B', e sul p 52 in B'', con raggio p 4, mm. 19,76
descriviamo una semicirconferenza che taglierà l’asse AB in alto sul p 14 e sul
p 56 al basso. Con due tangenti parallele all’asse ABV uniamo le due
semicirconferenze e questa sarà la zona della curvatura interna trasversale delle
tavole l’angolo di 20°. Fig. 101. Seguendo or ail criterio del sec. XVIII,
operiamo in egual modo segnando i p 26 e 42, corrispondenti essi pure a B' e
B'' delle assi segnando anche que il mezzo E sul p 36 nella convessità delle due
tavole, e tirando anche per questi punti le normali alla AB. Centro sul p 26 in
B' e sul p 42 in B'' con raggio p 4, mm. 19,76 descriviamo la semicirconferenza
che taglierà l’asse AB in alto sul p 22, e sul p 46 al basso nel piano armonico.
Nella tavola di fondo invece, fatto centro sul p 26 in B' e sul p 42 in B, con
raggio p 5, mm. 24,70 descriviamo le semicirconferenze che taglieranno l’asse
AB in alto sul p 21 e sul p 47 al basso. Tale diversità in p fra ledue tavole
dipende dal diverso raggio di curvatura trasversale interna nella tavola di fondo
adottato. Uniamo anche qui con una retta parallela all’asse AB le due
325
semicirconferenze, e questa sarà la zona della curvatura interna trasversale e
longitudinale delle due tavole entro l’angolo di 20°. Fig. 101a.
Nella superficie di tale zona inscritta nell’angolo di 20° le tavole dovranno
mantenere il loro massimo spessore assegnato. Sull’asse AB delle tavole,
servendoci del regolo longitudinale esterno, segnamo la divisione della
lunghezza di tavola in 6 once. Suddividiamole in 12½ once, e per ognuna di
queste tiriamo line normali a detto asse.
Trattando degli spessori, abbiamo detto che la giusta elasticità di una tavola
si ottiene staccando la parte central dalla irregolare sua linea perimetrale,
limitandone le vibrazioni alla suddetta parte, che tale distacco si ottiene
creando ad una data distanza dal bordo (a 3/4 circa dal mezzo) una linea o zona
di minimo spessore. Dimostriamo qui la posizione di tale zona nelle tavole
secondo i due criteri costruttivi, operando solo nella tavola armonica.
Sec. XVIII. Dividiamo in 8 parti la lunghezza di tavola segnandone i 3/4 dal
mezzo E sui p 9½ e 64. Dividiamo in 4 parti la normale sul p 36 (mezzo in E)
segnandone anche qui i 3/4 dall’asse in C. Centro sul p 42 in B, e raggio p 22
sul p 64, e centro sul p 26 in B' e raggio p 17½ sul p 9,5 trancciamo nelle due
parti l’arco sino all’incontro dei lati dell’angolo di 40 gradi. Dai lati
dell’angolo di 40° sia nella parte in alto che al basso continuiamo raccordando
l’arco con la curva segnata in A, nel suo svolgimento elittico, seguendo a
cadenza la distanza dalla linea perimetrale interna della cassa (delle fasce). E
ciò, in modo da passare nella rientanza central della )( nella normale del p 36 in
C (3/4) larghezza.
327
Questa elittica in A rappresenta nella tavola la linea o zona sulla quale
dovremo stabilire il minimo degli spessori a cadenza. Per segnare nella tavola
gli altri punti di riferimento nella graduale cadenza dal massimo spessore
central al minimo sulla elittica in A, ѐ necessaria un’altra elittica intermedia a.
Per stabilire questa non abbiamo che ad operare come per l’altra ma con raggio
da B' sul p 15, e da B con raggio sul p 53, limiti proporzionali fra le distanze di
dette. Fig. 103b. Seguendo il criterio costruttivo del sec. XVII, opereremo in
egual modo pel tracciamento di dette elittiche. Causa però le differenti
posizioni delle assi B'B, nel piano armonico la elittica in A dovremo tracciarla
partendo nella parte in basso dal p 67½ e dall’alto dal p 4½. Quella intermedia
in a, dal p 61 al basso e dal p 11 in alto. Fig. 103a. Nella tavola di fondo, per
l’elittica in A dal B' sul p 9, e da B sul p 64. Per quella intermedia a, da B' sul p
14, e da B sul p 37. Volendo, la superficie in basso della tavola si potrebbe
suddividere ancora in altri angoli, tracciando anche alter elittiche intermedie,
ma nelle tavole del violin ciò ѐ superfluo per le loro piccolo dimensioni. Su tale
tracciato, i punti di intersecazione delle elittiche con i lati degli angoli
forniranno i punti di riferimento necessary fra le diverse parti nella tavola per
l’assegnazione delle graduali cadenze degli spessori. Veg. fig. 104a.
328
Fig. 103a. Fig. 103b.
La tavola mostra nel complesso della superficie del piano armonico e del
fondo tale disposizione. In essa gli spessori sono considerati in legno abete
picea di media densità di 3/8 di p, mm. 1,85 tra fibra e fibra. Per fli spessori
della tavola di fondo in acer campestris ѐ necessario considerare il generale
maggior spessore di mm. 1 in più circa a dette assegnato in confront a quelli
329
Fig. 104a.
del piano armonico. Anche il traccimento di queste elittiche ѐ necessario
prepararsi un regolo sul tipo di quello preparato per quelle della concavità
interna (fig. 84) onde non dover ricorrere anche qui e per ofni tavola ad
operazioni grafiche.
330
Adattamento spessori nelle tavole
Per segnare nella superficie interna delle tavole i punti di profondità nelle
parti radiali ci siamo preparati il compass di profondità. Ora, per segnare i
spessori a cadenza sulla superficie convessa di dette occorre preperarci un altro
arnese che chiameremo relaio segna spessori. Questo arnese (fig. 104b) non
abbisogna di elaborate descrizione. Esso consiste in una specie di telaio in
legno compatto con braccio mobile a leva munito di accuminata punta
regolabile in acciacio, e con regolare assesto per detto. In corrispondenza alla
punta t situate nella parte di fondo del telaio, sta un appoggio mobile nel quale
in una scanellatura scorre un regolo in metallo graduato a decimi di mm.
Disposta la tavola colla sua superficie interna sull’appoggio, e regolato
questo colla cadenza di spessore voluta, manovrando il braccio a leva sino
all’arresto, la acuminate conficcandosi nel legno lascierà col forellino traccia
del limite in profondità di spessore.
Fig. 104b.
Per l’adattamento degli spessori dovremo attenerci sui precisi punci di
intersecazione delle elittiche coi lati degli angoli, e sugli stessi in prossimità e
sul bordo, sopra ai segnati dischetti. Cominceremo col punzonare la tavola nel
suo massimo spessore entro la zona central inscritta nell’angolo di 20° tra le
due semicalotte B e B'. Nella tavola spessori sec. XVIII il tratto tra B sul punto
42, e sul B' p 26 e precisamente il p 40 (linea di gravità della tavola) e segnato
331
nei dischetti di maggiore spessore decrescenti sino al p 26. Questo ѐ causato
dalla costolatura interna sull’asse per la disposizione della calotte di 10°
secondo il criterio costruttivo del sec. XVIII dimostrato coi grafici nelle figure
80 e 94. Seguiremo nella stessa parte central sulla elittica che stabilise il limite
della zona di 20°, epoi, nella semicirconferenza che verso il basso segna la
zona inscritta nell’angolo di 40° della curvatura trasversale interna della tavola.
Quindi, sull’elittica in A, zona di minimo spessore, e qui prima nella parte
central, poi nelle parti il basso e verso l’alto; e nello stesso modo sulla elittica
in a. In ultimo sui dischetti in prossimità del bordo, sul bordo stesso e sulle
quattro cuspidi degli angoli (ved. Tavola spessori).
A punzonatura ultimata con una sgorbia mezzopiana intacchiamo
lievemente la tavola in prossimità e sul foro lasciato da quella. Approfondiamo
l’intaccatura lievemente sino a trovare il limite in profondità segnato. E,
togliendo con la sgorbia mezzo piana il legno esuberante tra dette intaccature
portiamo la superficie della tavola fra le stesse a perfetto raccordo in cadenza.
Ma, mentre dalla parte centrale tale raccordo porta ad una linea decrescente
verso e sino alla elittica in A, da questa invece la linea aumenta lievemente
sino al bordo sul contoro. Con unz sottile lama a filo in acciaio togliamo le
eventuali lievi irregolarità lasciate dalla sgorbia, e la tavola ѐ pronta sia per la
verifica di controllo che per l’operazione di taglio delle aperture armoniche.
Per tale verifica di controllo occorrono due compassi detti a spessore. Uno di
essi deve avere le due gambe eguali a punta mezzo tonda, con chiavetto central
nel mezzo che le rende mobile, ed in modo che ale due estremità presentino
eguale apertura. L’alto, con le due gambe curve con punte mezzo tonda alla
cima, ed unite per mezzo di un chiavello che le rende mobile su di un centro.
Col primo compass controlleremo gli spessori massimi e minimi nelle varie
zone. Col secondo, regulate le punte col massimo spessore central e facendolo
scorrere con un gambo control s superficie interna della tavola, controlleremo
dal mezzo verso i lati, colla distanza dall’altro gambo dalla superficie esterna
di detta tavola la cadenza negli spessori sino alla zona di minimo spessore, e
l’aumento da questa al bordo. Fig. 105.
332
Fig. 105.
Il raccordo nella tavola con il bordo sarà praticato a tavola ultimata ed cassa
chiusa. A cassa chiusa rettificheremo eventualmente anche la tavola nella
cadenza degli spessori. Portate così le tavole a giusta cadenza verso l’esterno,
ecco che queste assumono la carattrtistica modellazione delle tavole cremonesi,
caratteristica di originalità che non ѐ facile ottenersi modellando prima
dall’esterno la tavola.
Fig. 106.
Abbiamo altresì insegnato il modo col quale gli antichi liutai usavano per
trovarlo facilmente. Disponiamo ora la tavola sulla costola del prisma triangolare FC
nei due sensi MN-KL sino alle due parti siano in perfetto equilibrio. L’intersecazione
delle due line MN-KL determinano nella superficie il punto O che sarà il centro di
333
gravità della tavola ricercato. Segnamo per punto O una normale all’asse nella
superficie della tavola e sarà quell ail diametro di gravità. Da questo dizmetro
troveremo poi la linea di gravità, quella line ache dovrà segnare il punto di
riferimento acustico per la posizione sul piano armonico del ponticello. Questo
centro e diametro di gravità, se gli spessori furono condotti colla giusta
cadenza fra di loro e fra le due parti in alto ed alla base della tavola, deve
risultate secondo il criterio costruttivo del sec. ZVII sul p 38 o 38½ circa, e
secondo il criterio costruttivo del sec. XVIII sul p 39. Ottenuta la gravità nella
tavola armonica, in base a questa tracciamo le indispensabili aperture ad f,
seguendo le istruzioni date nella parte teorica segnandone nella loro giusta
posizione prima i loro occhi o fori terminali. Servendoci del regolo
propozionale esterno (fig. 100) sull’asse longitudinale AB della tavola
segnamo dal p 39 (diametro di gravità) verso l’alto p 4 ⅔ sul p 34⅓ e verso il
basso p 5¾ sul p 44¾. Per detti tereamo FGMN normali alla AB. Sulla AB segnamo
ancora il p 42 ed il 45½. Sopra la MN prendiamo a desta ed a sinista i punti CD
distanti dall’asse p 12, mm. 59,28 (un’oncia) equivalente alla terza parte in lunghezza
della tavola ed in senso trasversale alla larghezza di detta tavola al diametro di
gravità (once 2, p 24). Centro sul p 45½ sull’asse, e raggio p 12, mm. 5928
sopra la MN in C, descriviamo la semicirconferenza che taglierà la FG sui
punti HK. I punti CDHK saranno i centri dei fori terminali. Fig. 107. Ora, dal
punto 42 con radio p 4, mm. 19,76 descriviamo il circolo che segna nella tavola
l’angolo di 20°, e dallo stesso p 42 con raggio di p 8, mm. 39,52 descriviamo
quello che segna nella stessa l’angolo di 40°.
334
Fig. 107.
335
Fig. 108.
ff alla linea di gravità deve essere eguale al diametro dell’anima, p 1½, mm.
7,4. Il diametro dei due fori sarà per i superiori circa p 1½, mm. 7,4 e per le
inferiori p 1⅞, mm. 9,2.
Lo svolgimento circolare della f dal foro terminale superior a quello inferior
deve raccordare nelle due labbra con l’apertura central del fusto. Esso ѐ
necessario per ottenere una maggiore lunghezza di taglio in minore alrezza, e
col suo svolgimento favorisce l’elasticità nella tavola. L’altezza complessiva
delle ff, misurata in senso vertical varia tra i p 14, mm. 69,1 ed i p 15, mm.
74,1. Ciò secondo l’evoluzione circolare del loro svolgimento. Trasforiamo i
fori terminali, e con un modellino in lamiera flessibile sul quale ѐ stata tracciata
e ritagliata lo sviluppo in piano della f, con una punta aguzza in acciaio,
segnamone sulla tavola il contorno. Fig. 109. Con una sottile appuntita e ben
affilata lama tagliamo seguento lo svolgimento circolare ed il fusto della f
336
mantenendone precizi e vivi gli spigoli. Le due cuspidi centrali nelle labbra del
fusto non verranno per ora praticate.
Fig. 111.
Fig. 111a.
339
Ecco la tavola armonica ultimata di ogni suo particolare. Disponiamo
nuovamente sulla costola del prisma triangolare nel senso trasversale (in KL
fig. 106) per assicurarci che nessun mutamento nella sua gravità sia avvenuto
in seguito a tali aperture armoniche ed applicazione di sbarra. Prolunghiamone
la linea KL del diametro di gravità sul p 39 sino al labbro esterno del fusto
della f segnandone una leggera cuspide, che rappresenterà così nella parte
esterna la gravità della tavola. Fig. 112.
340
Occorre ora precisarne il contórno che in un primo tempo avevamo solo per
ognuna segnato. Disponiamo le due tavole accoppiate con la loro concavità
rivolta all’interno sovrapponendone le loro assi in modo da ottenere una
perfetta coincidenza. Rinseriamole con due buone morsette nelle parti in alto
ed in basso, a suo tempo precisiamo la loro linea onde assicurarne fra le stesse
la simmetria. Più in là intarsieremo anche il filetto, ultimeremo il bordo che per
ora lascieremo di spessore maggiore e solo abbozzato, così il codino. Ora
riponiamo così rinserrate le tavole onde non abbiano a deformarsi ed
accingiamoci a costruire le fasce perimetrali assegnandole anche la loro giusta
altezza e la rastremazione. Ma, quale è questa giusta altezza che alle fasce
dovremo assegnare?
Altezza delle fasce e modo di trovare il punto focale in un’arco di cerchio col
solo calcolo
Alla parte teorica abbiamo detto che la giusta altezza delle fasce ha capitale
importanza per assegnare e mantenere la superficie interna delle due tavole ai
rispettivi fochi. Analizzando nella stessa parte il fenomeno di riflessione sugli
ostacoli concavi, abbiamo pure dimostrato e spiegato come teoricamente si
trovi in uh arco di cerchio il suo punto focale, come questo non sia
propriamente un punto ma un piccolo circoletto oscillante, situato sull’asse; e
come esso sia contenuto fra la quarta e la quinta parte del diametro di detto
cerchio. Trattando nelle parti vitali abbiamo dimostrato come dallo
spostamento laterale dall’asse di detta in un dato numero di gradi dipenda la
distanza dalla metà del raggio in cui i raggi paralleli dopo la riflessione si
incontrano sull’asse; e come questo punto focale si possa stabilire anche col
solo calcolo. È quindi ora necessario una dimostrazione per detto calcolo.
La curvatura trasversale interna delle tavole del violino è segmento di una
circonferenza grande, quindi l’arco che deve determinare collo spostamento
laterale dell’anima il punto focale sull’asse, a tale riguardo dobbiamo stabilirlo
sotteso sul 18° grado della curvatura suddetta sulla linea di foco (p 42) della
tavola di fondo. Essendo ora l’arco sotteso al 18° grado, l’incontro dei raggi
riflessi sull’asse (punto focale) dovrà essere alla metà meno 1/36 del raggio.
341
Infatti: criterio costruttivo sec. XVI e XVII, violino mm. 355,68, tavola di
fondo - anima sottesa a 18°
Criterio costruttivo sec. XVIU, violino mm. 355,68 (modello piatto), tavola di
fondo - anima sottesa a 18°
raggio di curvatura interna mm. 138,32 : 36 (1/36 del raggio) =
mm. 3,842
» » » » mm. 138,32 - mm. 3,842 = mm. 134,78
Rimanenza raggio mm. 134,478 : 2 = mm. 67,239 punto
focale e metà raggio
Punto focale sull’asse mm. 67.239 - mm. 15 = mm. 52,239
distanza della superficie interna del piano
armonivo verso il basso dal punto focale
Freccia delle due tavole mm. 12,2 - 9,88 = mm. 22,08
altezza interna cassa mm. 52, 239 mm. 22,08 = mm. 30,159,
altezza che deve avere la tascia alla linea
di foco (p 42) e alla linea di gravità
(p 40) della tavola armonica.
Ferma restando detta altezza di fascia alla gravità della tavola (p 40); da
questo alla linea di foco coniugato sul p 26, seguirà la necessaria rastremazione
verso l'estremo limite in alto della cassa, ed il conseguente aumento verso la
partfe in basso, col calcolo che, per gli strumenti costruiti col criterio
costruttivo del sec. XVIII, per detta rastremazione spiegheremo.
Qualora una mancanza di massima elevazione nelle tavole obbligasse ad un
arco di curvatura trasversale interna sotteso in un minore numero di gradi,
diminuendo il valore della freccia, è necessario mantenere immutato lo
spostamento laterale dell’anima sottesa ai 18°, aumentando invece dello
spessore mancante l'altezza della fascia.
342
Viole contralto e tenore, secoli XVI, XVII e XVIII
Per l’altezza delle fasce di dette viole, seguire preciso i calcoli fatti
trattando del violino; e seguendo per le dimensioni il raggio di curvatura
interna trasversale della tavola di fondo di ognuna di dette, tenendo conto del
criterio costruttivo. Essendo in queste lo spostamento laterale dell’anima pure
sottesa ai 18°, anche per dette nel calcolo dovremo usare la diminuzione di
1/36 del raggio.
Infatti:
343
Ecco come col solo calcolo sia possibile trovare il foco di un arco di
curvatura, e stabilire l’altezza giusta delle fasce negli strumenti, seguendo in
detti lo spostamento dell’anima.
Forma interna
Forma esterna
Se per la forma interna aobiamo potuto servirci della precisa linea interna
della cassa, per quella esterna occorre invece aumentare detta linea verso
l’esterno dello spessore della fascia. Tra la linea interna della cassa e quella
esterna della tavola abbiamo lasciato uno spazio di p 1, mm. 4,94 per la
distanza di detta al bordo. Essendo lo spessore della fascia di un quarto di p,
mm. 1,235, rimarrebbe ancora dalla fascia al bordo 3/4 di p, mm. 3,70,
sporgenza regolare per questo. Aumentando quindi di 1/4 di p per la linea
perimetrale interna della cassa, oppure diminuendo quella esterna della tavola
di 3/4 di p in tutto lo svolgimento perimetrale seguendo anche gli angoli,
otterremo il modello per il tracciamento di detta forma esterna.
348
349
Fig. 118a.
Adattamento delle fasce alla forma interna
Tolte le morsette che tenevano rinserrate le due tavole, con una tìne lima a
legno smussiamo, arrotondendolo lievemente, lo spigolo della parte interna
della linea perimetrale, quella che dovrà combaciare colla fascia. Ciò perché
rimarrebbe scomodo l’arrotondamento a fascia incollata. Incolliamo prima i 4
tasselli e la fascia nella parte che dovrà connettersi alla tavola di fondo.
Disponiamola su questa, e con apposite morsette in legno a vite (fig. 119)
serriamola prima sugli angoli, prestando ben attenzione che la loro cuspide sia
nel mezzo di detti e che una eguale e giusta distanza corrisponda tra la fascia
ed il contorno esterno della tavola. Assicuriamone bene i morsetti onde non
abbiano verificarsi spostamenti.
In eguale modo operiamo nelle parti in basso ed in alto ai zocchetti,
assicurandoci che la mezzeria della fascia sia in corrispondenza dell’asse
longitudinale della tavola, e la sua giusta distanza dalla fascia al contorno
esterno della tavola. Disponiamo morsette a breve distanza una dall’altra lungo
la fascia in modo da essere sicuri di un perfetto combaciamento e connessione
in ogni parte. Aiutiamoci ancora con morsettine di ferro disposte sui zocchetti.
Essicata la colla, tagliamo le morsette. Puliamo bene la parte interna da
eccessiva incollatura. Disponiamo nella linea di connessione delle due parti
delle tavole dischetti in abete con fibra normale all’asse per assicurane la
connessione, e seguendo l’eguale procedimento della tavola di fondo
connettiamo anche il piano armonico, e la cassa è chiusa.
Fig. 122.
Trattando della gravità della tavola armonica ci siamo sempre riferiti ad una
supposta linea di gravità sul p 40°.
Ecco il momento di discutere di questo importante punto di riferimento
acustico, necessario per stabilire colla precisa posizione del ponticello il punto
della comunicazione del moto vibratorio alla tavola ed insegnamo ora anche il
modo di trovarlo. È questo l’unico importante fattore della cassa che dobbiamo
trovare e precisare empiricamente.
354
Coil’equilibrio (ved. fig. 106) abbiamo trovato nella tavola armonica il suo
centro di gravità (criterio costruttivo sec. XVIII) sul p 39; e per questo, con una
normale all’asse longitudinale ne abbiamo segnato sul labbro esterno del fusto
delle ff con una cuspide il suo diametro. Ved. fig. 112. All’interno della cassa,
col suo diametro nella linea di foco sul p 42 abbiamo segnato la collegata
posizione dell’anima. Alla reciprocità di rapporti che intercorrono fra queste ed
il ponticello ne abbiamo già trattato. Operiamo ora praticamente per trovare
empiricamente la posizione vera di quella che chiamiamo linea di gravità della
tavola armonica (diapason). Spostiamo ora il ponticello dalla supposta linea di
gravità (p 40) disponiamolo sulla normale suddetta (p 39) ed accordiamo lo
strumento. Eccitandolo colTarco al suono ascoltiamo attentamente. Il suono
emesso sarà debole, scialbo, mancante di brio. Spostiamo lievemente verso il
basso (verso l’anima) il ponticello e proviamo; il suono è aumentato di forza,
ha acquistato anche in vivacità ed in dolcezza. Tentiamo ancora con altri lievi
successivi spostamenti al basso e riproviamo. Ad un dato punto il suono
diventa robusto, aperto, ma duro, aspro. Occorre dunque in questo tratto e per
ogni singolo strumento trovare il punto sul quale la posizione del ponticello in
relazione a quella obbligata dell’anima ed al diametro della gravità della tavola
dia per risultante un suono ne duro, ne aspro; ma vivace, robusto,
armonicamente temperato e di giusto timbro o colore di suono. Ripetiamo
Poperazione anche in senso inverso sempre provando e riprovando sino a ché
rintracciato detto punto segnamolo sulla superficie della tavola. Togliamo il
ponticello e le corde, e con una parallela al diametro di gravità passante per
quello e per il fusto delle ff, segnamo la linea di gravità trovata.
Questo il perché delle lievi differenze che si riscontrano nei classici antichi
strumenti nella lunghezza del diapason tra strumento e strumento anche di uno
stesso liutaio. Questa linea di gravità adunque non ha posizione fissa. Essa
dipende dal modo in cui nella tavola abbiamo
disposti a cadenza gli spessori, quindi dal suo
centro di gravità. Non è quindi possibile
stabilirne a priori la sua posizione. Su questa
linea di gravità col loro mezzo in grossezza è
la precisa dispo sizione del ponticello. Fig.
123. Da questa linea all’estremo limite in alto
della tavola vicino al manico avremo le
seguenti distanze: Violino regolare di p 72,
mm. 355,68 se costruiti secondo il criterio dei secc. XVI e XVII: linea di
gravità sul p 39¼ X mm. 4,94 = distanza dall’alto mm. 193,9; linea di gravità
sul p 39 1/2 x mm. 4,94 = 195,1 distanza dall’alto; se costruito secondo il
355
criterio del secolo XVIII: linea di gravità sul p 40 x 0,94 = 197,5 mm. distanza
dall’alto. Nel violino di p 71¼, mm. 351,97: linea di gravità sul p 39½ x mm.
4,94 = mm. 195,1 distanza dall’alto.
Ora che abbiamo ottenuto nella tavola armonica anche la linea di gravità,
disponiamo a suo posto su di quella il ponticello, e rimesse le corde,
accingiamoci per la prova acustica di controllo, ed all’eventuale rettifica degli
spessori. Massima potenza acustica, tonalità di soprano, sensibilità costante o
fàcile emissione di suono sia nei pianissimi che a graduale aumento e
viceversa. Equilibrio di suono su di una stessa e nelle diverse corde, purezza di
suono, ossia assenza di rumori, rullìi e battimenti, timbro o colore di suono,
sono i principali requisiti a cui deve rispondere uno strumento ad arco dal
punto di vista acustico. I suoi difetti possono essere: voce cupa interna, tonalità
di contralto, disuguaglianza fra le quattro corde e mancanza di brio di vivacità
negli acuti, note ottuse, battimenti, durezza di voce e poca prontezza di
emissione, timbro metallico squillante. Per la massima potenza, colla regolarità
delle curvature interne, colla giusta disposizione tra di loro delle tavole sulle
fasce regolate nella sua altezza e rastremazione in base alle leggi di riflessione
abbiamo definitivamente ottemperato. Così la tonalità, sia colle dimensioni che
colla quantità di materia che nella qualità per la velocità di propagazione. Per il
timbro o colore di suono, colla giusta comunicazione alla cassa del moto
vibratorio delle corde alla gravità della tavola; per l’equilibrio colla dimensione
e disposizione della sbarra, e della relazione tra il ponticello e l’anima. La
sensibilità costante o facile emissione, la purezza del suono sono dovute invece
del modo di vibrare del piano armonico. Esse essenzialmente dipendono
dall’adattamento degli spessori dal massimo centrale a graduale cadenza ai
bordi. Di conseguenza dalla giusta elasticità della tavola.
Questa giusta elasticità del piano armonico favorisce altresì la formazione
del numero degli armonici che accompagnano la nota fondamentale della
corda, per ottenere la qualità piena, rotonda, bella e nutrita necessaria pel
timbro e bel suono. Supponiamo ora lo strumento dal punto di vista acustico
difettoso in modo da doverne praticare la rettifica negli spessori. Le tavole
leggermente robuste ed abbondanti di spessore al controllo coll’arco
risultarono dure di voce; di voce pallida e poco rotonda; poca è la prontezza di
emissione ed il timbro è metallico; cose tutte che facilmente si riscontrano in
moderni strumenti. È quindi necessaria la rettifica degli spessori.
356
Prima zona da rettificare è quella ai lati della tavola nella sua parte centrale
sopra e sotto allo svolgimento circolare delle ff e nel passaggio delle curvature
interne trasversali alle radiali, zone di maggiore resistenza. E ciò nelle due
tavole, armonica e fondo. (Nelle tavole di fondo interessa però in modo
essenziale la sua concavità interna per la riflessione regolare.) Questa
operazione di rettifica si pratica con una sottile lama di acciaio a filo,
leggermente convessa, in gergo ebanistico chiamata raschietto. Con detta lama
asportiamo in sottili truccioli di legno nelle zone suddette (fig. 124) sfumando
verso il mezzo della tavola. Proviamo ora l’effetto coll’arco. Ecco che la
durezza di voce sarà diminuita, sarà accresciuta la prontezza di emissione,
variato il colore e la dolcezza di suono. Per assicurarci del regolare andamento
in tale operazione strofiniamo, con un pannolino intriso di polvere di carbone
di legna, la zona a rettificarsi. L’asportazione col raschietto dei truccioli
lascierà la traccia dell’operato. Continuiamo la rettifica sul solo piano
armonico. Lo spazio laterale dell’occhio inferiore della f al contorno della
tavola in a abbisogna pure di lieve rettifica. Così pure l'aletta b tra detto occhio
e la strozzatura dell’inizio del fusto nello svolgimento circolare inferiore della
f. A questa poi, darò il suo isolamento, la sua vicinanza al bordo ed il distacco
per continuità dalla tavola, è necessario ancora un tocco di assottigliamento
onde favorirne l'elasticità e la sua vibrazione. Ciò perché in quella parte
centrale di tavola gli spessori furono condotti a minore graduale cadenza verso
i lati. Con una sgorbia mezzo piana, partendo dalla massima sporgenza verso il
basso di tale aletta, pratichiamo una larga scandintura (bj in tutta la sua
superficie e larghezza per un tratto di p 6, mm. 29,8 sfumandola poi collo
spigolo esterno del labbro del fusto della f. Fig. 124 a. Dalla prossimità del
bordo regoliamo ora le cadenze sino al massimo spessore nelle due parti,
357
Fig. 124. Fig. 124a.
assicurandoci da irregolarità che trattenendo la tavola ne ostacolerebbero
l’elasticità. Proviamo e riproviamo il suono ad intervalli, sino a che dallo
strumento, colla giusta elasticità di tavola avremo ottenuto il massimo e
perfetto rendimento sonoro. Ottenuto l’intento, non esageriamo in questo
procedimento di rettifica per non cadere con l’eccessivo assottigliamento in
fiacchezza ed a creare battimenti. Dobbiamo però considerare che la tavola
coperta poi da vernice, per quanto questa sia leggera e di elastica composizione
pura avrà effetto di peso nella elasticità di detta. Circa il timbro colla
verniciatura diminuirà il brio, ma conserverà il suo caratterisr'co tipo
consonante, lievemente nasale. Solo con l’adattamento degli spessori
dall’interno verso l’esterno delia tavola è possibile questa rettifica a cassa
ultimate e chiusa. Solo con detta rettifica è possibile ottenere una giusta
elasticità in una materia così poco omogenea, e provandone ad intervalli
l’effetto acustico. ottenerne l’equilibrio, la prontezza e l’espressione nel suono.
A tale rettifica non hanno potuto sottrarsi gli antichi liutai lo Stradivari
compreso, con cartellini così concepiti «Rivisto e corretto da me» ecc.,
riscontrati entro suoi strumenti ne confermava tali rettifiche.
Ecco come gli antichi liutai hanno potuto ottenere dalla material il massimo
rendimento. Perché classici strumenti di antichi maestri non simmetrici nella
cadenza degli spessori, pure acusticamente sono perfetti. Ed ecco ancora
perché la percentuale degli strumenti perfetti usciti dalle botteghe di quegli
antichi costruttori fu la quasi totalità delle loro,opere, mentre oggidì è un caso
se qualche strumento dal punto di vista acustico riesce perfetto. L’uguaglianza
358
del suono fra le quattro corde o l’equilibrio e anche prodotta dalla più o meno
tensione della sbarra o catena. Se questa ha normale forza repulsiva l’equilibrio
fra questa è assicurato. Se troppo in tensione avremo suoni squillanti nei gravi,
mancanti di brio negli acuti. Se mancante di tensione nessun effetto
risentirebbe la tavola della connessione di detta e nessun equilibrio ci sarà fra
le corde. Per correggere in questi ultimi casi la sbarra, sarà allora necessario
riaprire la cassa.
359
ora la cassa sullo strettoio, quell’arnese dimostrato alla fig. 54, nel quale la
rinserreremo.
A questo punto è necessario lasciare il bordo che ultimeremo poi, ed
intarsiare nelle tavole il filetto. Nella tavola il filetto non ha solo carattere
decorativo. Intarsiato in detta sul punto in cui questa ha contatto ed è connessa
colla fascia, le serve quale collegamento rinserrandola a mo’ di cerchiatura e la
garantisce da eventuali fonditure. Esso è formato da 3 sottili truccioli di legno
tiglia, uno bianco centrale e due tinti in bmno od in nero laterali uniti. Pel
bianco il legno è lasciato naturale, pei neri o bruni vengono bolliti in una
soluzione di campeccio ed allume. Detti truccioli si ottengono dando, in gergo
ebanistico, ferro alla pialla lunga, in modo che, da una lista di legno tiglio in
dimensioni' adatte preparata, piallando se ne formano truccioli lunghi, larghi e
dello spessore desiderati. Per tali filetti viene usato il tiglio perché bianco e
facile a piegarsi ed omogeneo. I truccioli cosi ottenuti e coloriti, si uniscono
con una debole colla sovrapponendoli e serrandoli fra due robuste e ben
piallate assicelle, in modo da ottenere buona combaciatura. Asciutte, le strisce
vengono con un affilato coltello divise lateralmente in altre striscioline nelle
dimensioni della profondità della scanellatura fatta nella tavola nella quale
verranno intarsiate.
Gli antichi liutai usarono filetti larghi incrostati sulla tavola. Alcuni
filettarono soltanto le tavole armoniche. Altri filettarono con ossa di balena;
altri ancora usarono filetti in ebano ottenendo le sottili lamine con trafile. Un
filetto di regolare grandezza è da preferirsi ad uno sottile avendo quello anche
una maggiore robustezza dato lo scopo ed anche per un maggior effetto
estetico. Per le tavole del violino la larghezza regolare del filetto deve essere di
1/4 di p, mm. 1,24 circa. Oggidì i filetti si trovano come altri accessori in
commercio già pronti. Pochi sono i liutai che se li
confezionano. Dalla linea segnata sul contorno, a
distanza nella larghezza del filetto ( 1/4 di p, mm.
1,24) segnamone una seconda verso il mezzo,
facendola seguire precisa nella cuspide delPangolo'.
Con un coltello acuminato e sottile incidiamo il legno
seguendo precise queste linee sino ad una profondità
di 1/2 p, mm. 2,5 circa. Con uno scalpello della
larghezza del filetto chiamato bidanino asportiamo il
legno dal coltello reciso ottenendo così il vano o
scavo per l’intarsio. Occorre prestare ben attenzione a segnare, tagliare e
scavare la cuspide negli angoli onde lasciarne precise le punte. Essa deve
cessare alla medesima distanza del bordo mantenendosi in metà dell’angolo ed
360
essere ben appuntita. Se nella tavola di fondo in acero è facile ottenere precisa
la scanellatura così non è nel piano armonico data la qualità fibrosa del legno
abete. Pronto lo scavo iniziamo l’intarsiatura. Si inizia l’intarsio dagli angoli
nelle controcurve centrali. Ai filetti
già tagliati in lunghezza avremo
anche preparato il taglio diagonale
per la cuspide in modo da
connetterla ben appuntita. Già li
avremo piegati con le necessarie
curvatura. Disponiamoli nell’angolo
in modo che la parte nera esterna del
filetto formi la cuspide, la bianca la
punta interna e l’altra nera si unisca
formando perfetta connettitura.
Collochiamo poi nello scavo il
rimanente del filetto cercando
disporlo tutto in un sol pezzo.
Qualora si dovesse ricorrere a
giunte, mai si facciano di punta o
testa ma di traverso rimanendo in
tale disposizione la giuntura meno
visibile. Ben inteso che lo scavo
deve prima essere riempito di buona
e liquida colla. Introdotto il filetto
nello scavo, precisata la sua cuspide nell’angolo, con la prima falange del dico
indice guidandolo e premendolo si fa conficcare sino a che sia. completamente
internato. Puliamo l’esuberanza di colla, e con una spugnettina umida
lievemente laviamo e lasciamo asciugare. Disposto il filetto non ci rimane che
uguagliarlo cosa che faremo con una sgorbia mezzopiana.
Ritorniamo ora al bordo che abbiamo lasciato e già portato a tutto eguale
spessore in mm. 4,32. Dallo spigolo sul contorno della tavola a 3/4 di p, mm.
5,70 abbiamo tracciato la linea sulla quale abbiamo intarsiato il filetto. Essa
deve anche segnare la larghezza o grossezza del bordo. Con una sgorbia
mezzatonda lasciando visibile la traccia di detta linea, pratichiamo sulla tavola
la scancllatura b di profondità i/4 di p, mm. 1,5 circa, seguendo la linea
internamente. Per tale operazione è necessario tenere la sgorbia inclinata in
modo che il taglio lasci lo spigolo vivo in a, e non entrare nell’angolo che a
parte a suo tempo ultimeremo. Con una sgorbia mezzopiana, operando dal
basso verso il mezzo della tavola togliamo la cuspide in e lasciata dalla sgorbia
361
sfumando lievemente colla curvatura della tavola in d in modo da non lasciare
traccia. Fig. 127.
Occorre fare attenzione in questo procedimento, sia nel lasciare lo spigolo
vivo in a che nel raccordo in d per ottenere buon effetto estetico. Varie sono le
sagome che al bordo possiamo assegnare. Tondo, a becco civetta furono i due
tipi usati dagli antichi liutai. Tali tipi esteticamente finiscono la tavola
mantenendola robusta e caratterizzandola, mentre il bordo piano, usato nella
decadenza, non ha buon effetto estetico. Dal contorno esterno abbiamo un
piano di 3/4 di p, mm. 3,70 dal cui spigolo interno in a si inizia la sgusciatura b
e da questa l’aumento graduale verso il mezzo della tavola. Nella parte esterna
inferiore del contorno alle tavole già abbiamo arrotondato lo spigolo prima di
connetterle alla fascia.
Ora, sul lato esterno superiore, con una fine lima tagliamo diagonalmente lo
spigolo in misura eguale che nella parte inferiore e smussandone lo portiamo
regolarmente tondo. Smussiamo lievemente lo spigolo in a ed ecco un regolare
bordo tondo. Volendolo a becco civetta, anziché tagliare lo spigolo esterno
superiore eguale a quello inferiore, rientriamo maggiormente colla diagonale
verso a in modo di tagliarlo più in largo e colla obliqua più vicina ad a. Fig.
128 in b". Volendolo piano, condurre la sgusciatura dallo spigolo in a meno
protondo in modo da ottenere in a poco spigolo e smussando lievemente lo
spigolo nella parte esterna. Stessa fig. in b'''. Regoliamo ora il bordo negli
angoli alle )(. Questi li abbiamo tenuto un po’ salient verso la cuspide, sia
perché essi rimangano più robusti, sia perché smussati ed arrotondati alle parti
sembreranno rimpiccioliti e tendenti al basso. Nell’arrotondamento degli
spigoli di detti occorre fare attenzione di non abbassarli mantenendoli meno
smussati e sfumandone la scanellatura in b a zero verso la loro cuspide. Colla
scanellatura in b, fig. 127, abbiamo anche regolato il filetto. Precisiamone ora
362
la cuspide negli angoli. Adattiamo ora alla tavola armonica quel pezzetto di
legno ebano chiamato staffa o portacorde. Asportiamone completamente il
bordo ed il filetto in quel punto per una larghezza a destra ed a sinistra
dall’asse di p 2½, mm. 12,35, in complesso p 5, mm. 14,70 sino a trovare lo
zocchetto in abete della fascia sulla parte di fondo. In antico questa staffa
veniva incastrata oltre che nella tavola anche nello spessore di fascia nel senso
della sua altezza; così incastrato rimaneva molto più robusto. La staffa dovrà
sorpassare di 3/4 di p, mm. 3,70 in altezza lo spessore del bordo e seguire nel
contorno la linea esterna della tavola. Nella parte sovrastante la tavola essa
dovrà essere di figura prismatica triangolare tronca ai lati e raccordante ai
bordi. Fig. 129. Connessa al posto del bordo la staffa serve per appoggiare la
cordicella fermata a cappio che trattiene la cordiera al bottone o poretto alla
quale sono fermate le corde. Data la tensione delle corde e la qualità del legno,
in mancanza di detta si produrrebbe per la pressione della cordicella un solco
sul bordo della tavola.
Ancora un’ultimo importante particolare dobbiamo segnare nella tavola. Poi
la cassa sia all’interno che all'esterno è ultimata. Prima del controllo acustico
della cassa, fatto per la rettifica degli spessori delle tavole, abbiamo cercato e
trovato nella tavola armonica il suo centro di gravità. Da questo ne abbiamo
stabilita e segnata l’importante linea di gravità (diapason) sul p 40. Questo
importante punto di riferimento acustico necessario per l’esatta messa a punto e
registrazione acustica dello strumento; sia colla rettifica degli spessori, che
colPintarsio nella tavola del filetto, della finitura del bordo e suo raccordo colla
tavola, non avrebbe dovuto subire nella gravità spostamento alcuno. In ogni
modo prima di segnarlo sulla tavola dobbiamo assicurarcene. Rimettiamo
quindi sull’aste del manico la tastiera; il bottone e la cordiera nella parte di
fondo; l’anima (se eventualmente fosse caduta) e le corde.
Disponiamo sulla normale che stabilisce la linea di gravità a suo tempo
segnata il ponticello; accordiamo lo strumento e proviamo. Riproviamo
tentando lievi spostamenti del ponticello sino ad ottenere con l’esatta messa a
punto di questo in rapporto alla sonorità il massimo rendimento sonoro ed il
colore di suono (timbro). Solo in questo momento segneremo definitivamente
detta linea sul labbro interno del fusto delle ff con deciso ed appuntito taglio.
Nel medesimo tempo con un altro appuntito taglio segneremo sul labbro
esterno del fusto di dette ff l’altra cuspide, quella corrispondente alla normale
in O, trovata coll’equilibrio della tavola sul p 39 e che stabilisce in detta tavola
armonica il suo centro o diametro di gravità. Lo strumento dal punto di vista
acustico è ultimato. A suo tempo tratteremo del procedimento a cui dovrà
363
essere sottoposto per la preparazione
preventiva della sua cassa per la
verniciatura.
Fig. 131.
Per l’innesto del manico alla cassa abbiamo lasciato l’incastro di p 1½, mm.
7,4 di profondità. Quindi la linea di capotasto dovremo segnarla sul
parallelepipedo a p 28¼, mm. 142,01 dall’estremo in basso di detto. Sulle due
fasce di misura p 50¼, mm. 248 23 per p 9¼, mm. 45,69 segnamo il loro asse
AB. Su di una di esse a p 28 1/4, mm. 142,01 da B con una retta segnamo C.
Questa sarà la linea inferiore del capotasto. Su questa segnamo sia destra che a
sinistra CC' dall’asse p 2¼, mm. 11,11 in complesso p 4½, mm. 23,34 e
sul limite inferiore in B dall’asse p 3⅜, mm. 16,65 in complesso p 6¾, mm.
33,34 in BB'. Uniamo ora CC' con BB'. Questa sarà la parte superiore piana
nell’asta del manico, compreso la misura di p 1 1/2, mm. 7,4 da innestare nello
zoccoletto della cassa. La lunghezza tra la parte esterna della fascia ed il
capotasto sarà quindi di p 27¼, mm. 134,61. Il tratto tra C ed A di p 21½, mm.
106,32 sarà nel parallelepipedo quello nel quale svilupperemo il cavigliere e la
voluta. Fig. 132. La chiocciola o voluta è la finitura e l’ornamento del manico,
ed ha solo effetto estetico. Il suo svolgimento non è la regolare figura della
voluta di Vitruvio ma lo svolgimento della spirale di Archimede. La voluta del
manico del violino ha doppio giro spirale. Il suo bottone centrale od occhio è il
piccolo cerchio al mezzo di essa. Lo spazio tra le spire è chiamato spazio
spirale, e questo si inizia dal piano delle ganasce del cavigliere. La massima
larghezza diametrale della voluta è di p 10, mm. 49,4. Lo spessore massimo tra
i bottoni centrali di p 8½, mm. 41,99. Alla parte prima, nei preliminari della
costruzione abbiamo dimostrato come si costruiscono geometricamente la
365
voluta di Vitruvio e la spirale di Archimede. Daremo qui praticamente un
sistema semplice per costruire la spirale atta ai manico del nostro strumento.
Costruiamo al quadrato abcd. Prolunghiamone normali uno all'altro i quattro
lati. Con centro in a, e raggio ab descriviamo da b l’arco fino ad A. Contro b,
descriviamo l’arco A ad AB. Centro e descriviamo l’arco BC. Centro d, l’arco
CD, e cosi di seguito. Dal mezzo del quadrato in A, descriviamo il bottone od
occhio della spirale. Colla figura 133 mostriamo la costruzione della spirale di
Archimede, il cui allargamento sensibile e continuo nello spazio spirale della
bisettrice XIVᵐᵃ in K, verso la schiena della chiocciola è necessario per il
raccordo della voluta con l’inizio delle ganasce del cavigliere.
La voluta degli antichi strumenti italiani è caratterizzata da un giusto
atteggiamento e da regolarità nella spirale. Un aggiramento stretto della spirale
con atteggiamento verso l’alto caratterizza la scuola francese. La tendenza
all'abbassamento e la spirale riunita al mezzo è la caratteristica delle scuole
tirolesi e tedesche.
Gli antichi liutai caratterizzarono la voluta in modo che dallo svolgersi della
spirale, dalla franchezza e grazia si può conoscere la scuola ed il costruttore.
Questa voluta veniva empiricamente disegnata, e tracciata a mezzo di un
ordigno composto di un fuscellino cilindrico di legno del diametro del bottone
centrale di essa. Sul fuscellino era attorcigliato ad elica un sottile filo della
lunghezza eguale alla circonferenza del circolo nel quale essa deve essere
descritta, facendo capo da una parte col fuscellino stesso ed all’altra ad una
penna. Girando lentamente il fuscellino e svolgendosi il filo, la penna segnava
366
Fig. 134.
369
Fig. 138a.
370
Proporzioni del monico fra i quattro strumenti in once – punti (1p = 4,94 mm),
millimetro e decimi in riferimento a Fig. 138a.
Misure in once - in punti - in millimetre e 1/10
Violin Viola Violoncello Controbasso
Denominazione delle parti Lettere mm.355,68 mm. 414,96 mm.755,82 mm. 1170,70
corrisp-ti punti mm punti mm once punti mm once punti mm
Lurghezza della tratta della corda tra
capotasto e ponticallo - 66 ½ 328,5 75 372 11 6¾ 685 18 2 5/8 1080
Dalla linea di gravità al bordo superior
della tavola armonica (diapason) - 40 197,6 46 ½ 230 7 1 419 10 2½ 605
Posizione del Capotasto:
(Se dal bordo della tavola - 26 ½ 131,9 28 ¾ 142 4 8 276 8 - 475
(Se dalla parete della fascia C' C''' 27 193,9 29 ¾ 147,1 4 9¾ 285 8 2 484
(Se dal fondo del manico CB 28 ¼ 139,5 32 158 5 1⅜ 298,8 8 8 5/6
Misura complessiva della chiocciola
dal capotasto CA 21 ¾ 107,4 25 ½ 127,3 9 19,2 200 5 5½ 323
Misura della chiocciola dalle alette
(nella viola violoncello e controbasso) A A' - - 23 ¾ 117 3 5¾ 203 6 8 335
Lunghezza totale manico compreso
l’innesto alla cassa AB 50 247,0 57 283 8 5¾ 498,7 13 6 800
Larghezza superiore dell’asta:
( in alto al capotasto C' C'' 4½ 23,3 5¼ 26 - 6 29 - 10 49,5
(al basso nel tallone B' B'' 6¾ 33,3 7¼ 36 - 9½ 46 - 15 74
Spessore dell’asta del manico D' 3 14,8 3⅛ 15 - 5½ 27 - 7¼ 35,8
Spessore del tallone dal piano della
fascia B''B''' 3¾ 18,5 3¼ 16 - 4⅜ 20 - 8 39
Spesore del tallone dal limite estarno
del manico B' B''' 5 24,7 5¼ 26 - 8⅛ 40 - 11 ⅛ 55
Angolo d’inclinazione del manico B B' Gradi 83 Gradi 83 Gradi 83 - Gradi 83
Lunghezza del vano posteriore all’asta D B''' 22 ¾ 112,1 25 123 3 10 ¾ 235 - - -
Altezza del manico al tallone B B' 9¾ 46,1 8¾ 43 2 8½ 160 3 ½ 180
Larghezza ganascia al rialzo centrale
dal collo (1)X C - - 7¼ 36 - 11 ¼ 55 - 32 103
Larghezza aletta ganasce CD 6 29,6 6¾ 39 - 9¾ 48 - 20 ⅛ 100
Larghezza minima aletta ganasce allo
spazio spirale E E' 3¾ 18,5 4 19,7 - 6¾ 33 - 11 54
Larghezza massima della voluta F F' 10 49,4 11 ¾ 58 - 18 ¾ 92 2 8½ 160
Altezza massima della spirale G G' 8 39,5 9¾ 48 - 14 ¼ 70 2 1 125
Diametro occhio voluta H 2 9,88 2 9,8 - 3 14 - 5½ 27
Posizione del centro della voluta (da F' H 4 19,76 4¼ 21 - 2⅞ 31 - 10 ½ 52
(da GH 4¾ 29.46 5¼ 26 - 8½ 42 - 15 ½ 76
Spessore o grossezza esterna (al basso P' P'' 1⅛ 5,55 1¼ 6 - 1⅞ 9 - 3¼ 6
alette delle ganasce (all’alto E' E'' 1 4,94 1 4,9 - 1½ 7 - 2½ 23
Larghezza vano interno fra (al basso L L' 3½ 17,3 3½ 17 - 6 29 - 8 40
le alette (all’alto M M' 2¼ 11,1 3⅛ 15 - 5 24 - 5¾ 28
Larghezza esterna ganasce (al basso C' C'' 5½ 27,7 7⅛ 35 - 9½ 47 - 14 ¾ 72,5
(all’alto E E''' 4¼ 20,9 5⅞ 29 - 5¾ 30 - 11 54
Larghezza schiena della (al basso O' O''' 5½ 27,7 7⅛ 35 - 9½ 47 - 16 79
chiocciola (all’alto G' G'' 2½ 12,3 2⅛ 10,5 - 3½ 17 - 6¼ 30,8
Raggio semicircolare di fondo O O' 2¾ 13,5 3⅛ 15 - 3 14 - 4 19,7
Profondità scavo interno (al basso q q' 4 19,7 4¼ 21 - 6⅞ 34 - 14 ¼ 70
nella ganascia tra le alette (all’alto S S' 3 13,8 3¼ 16 - 4 20 - 8¼ 40,7
371
Spessore di fondo della schiena della
ganascia U U' 1 4,94 1¼ 6 - 1¼ 7 - 4⅛ 18
Distanza tra i (dal capotasto al I° 1 3 13,8 4 19,7 - 5 24 - - mec-
centri dei fori (dal I al II 2 3½ 16,3 3½ 17 - 6 29 - - ca-
delle chiavi (dal II al III 3 5 24,7 5½ 27 - 9¼ 45 - - ni-
nelle ganasce (dal III al IV 4 3 13,8 3½ 17 - 6 29 - - che
Spesore massimo complessivo tra i
due occi della voluta H H' 8½ 41,99 9⅛ 45 - 15 ¼ 75 2 ½ 121
Minimo spessore della spirale all’alto G'' G''' 2½ 12,3 2⅛ 10,5 - 3½ 47 - 6¼ 308
Medio spessore della spirale al basso N N' 4½ 22,2 5¾ 28 - 8¾ 43 - 14 ¼ 72
Medio spessore della spirale all’alto P P' 7 34,58 4¾ 23 - 9 1/12 46 - 14 ¾ 74
Medio spessore della spirale al basso R R' 7 34,58 7½ 37 - 12 53 - 20 ½ 101
Base del manico (larghezza all’alto a a' 7 34,58 7½ 37 - 9½ 47 - 14 ¼ 72
al limite dell’in- (larghezza al basso b b' 4½ 22,2 4⅞ 24 - 7⅛ 35 - 9 42
nesto alla cassa (altezza c c' 9¾ 46,1 8¾ 43 2 8½ 160 3 2½ 190
Avanzamento del manico dal piano
armonico 1¼ 6,1 1½ 7,5 - 4 20 - 4 20
Spessore blocco di (lunghezza 50 ½ 24,7 57 283 8 5¾ 502 13 6 800
legno per (fianco 11 ¼ 55,5 13 ¼ 65 2 8½ 160 3 4½ 200
costruier il manico (larghezza 9¼ 45,7 10 ⅛ 50 1 5 83 2 1 123
Lunghezza tastiera da capotasto 54 ¾ 270 62 ¾ 310 9 11 ¾ 600 15 ¼ 890
Massima cuspide nella curva in X per la Viola, Violoncello e controbasso.
Lo spazio o vano posteriore dell’asta fra X e B'" deve essere di p 22¾, mm.
112,1 onde permettere il libero scorrere della mano nelle varie posizioni. Da X
sul limite posteriore dell’asta, e dallo spessore in B"' della base di detta, con
una sensibile curvatura raccordiamo il vano posteriore verso l’alto formando il
collo e verso il basso formando il tallone del manico. Dalla CX nascono le
ganasce. Su questa linea abbiamo dato loro la larghezza di p 6, mm. 29,64.
Prima però di svolgere la più o meno involuta linea che ne caratterizza la
chiocciola o cavigliere, è necessario eseguire lo svolgersi della spirale della
voluta per poter con detta spirale seguirne da F il raccordo. Per lo sviluppo
delle spirali di detta segnamo il centro del bottone o occhio che dovrà trovarsi
alla intersecazione della diametrali FF'-GG' in H. Queste saranno distanti la F
dallo spigolo AB p 4, mm. 19,76; e la C'G del limite superiore del cartoncino p
4¾, mm. 23,46. Il suo bottone centrale sarà di p 2, mm. 9,88 di diametro.
Sviluppiamo da detto bottone, sia la voluta di Vitruvio che quella di Archimede
col sistema dimostrato, e raccordiamo il suo giro spirale colla linea della parte
posteriore della chiocciola in F. La parte in alto della ganascia nella sua linea
evoluta, in EE' è di p 3 3/4 soli, mm. 18,56 di larghezza. Questa parte più
ristretta della ganascia permette un elegante raccordo e fusione di essa collo
spazio spirale del secondo giro spirale della voluta. Segnamo ora nella ganascia
nelle misure già citate i centri dei 4 buchi delle chiavi, e nella voluta, seguendo
la linea del primo giro spirale da R, con una acuminata punta perforiamo il
372
cartoncino sino all’occhio compreso;, ed il modello così ottenuto, ritagliato
nella linea ci servirà per il tracciamento del manico. Fig. 138 b. Sulle due facce
laterali del parallelepipedo, di p 50, mm. 248,23 x p 11¼, mm. 56,57 con una
normale allo spigolo portiamo la linea del capotasto in C. Dallo spigolo
disponiamo prima su di una, poi sull’altra delle facce il modello ritagliato col
limite del capotasto sulla normale suddetta. Seguendo il modello segnamo
esattamente la linea, e con una punta acuminata seguendo la perforazione nello
svolgimento della spirale punteggiamone segnando la linea di questa. Con una
sega liberiamo la figura precisandone nelle due facce il contorno. Fig. 139. Col
graffino segnamo nello spessore del manico Tasse di simmetria AB. Da questo
asse segnamo la larghezza esterna delle ganasce; e con un modello preparato
seguendo nella linea e dimensioni la figura 137, dal collo del manico segnamo
la schiena del cavigliere e lo spessore spirale della voluta sino all’incontro
dello spazio spirale. Al fondo dell’asta segnamo la figura trapezioidale della
base del manico. Serriamo in una morsa il manico, e con una sega pratichiamo
i due tagli laterali da B' e B" a C'e C", prolungandoli sino alla diagonale QQ'
nella ganascia; e con taglio sulla diagonale stessa liberiamo l’asta e la ganascia
dal legno superfluo. Con sgorbie mezzotonde e tonde di curvatura varia
iniziamo l’intaglio della voluta tagliando prima colla sgorbia i giri della spirale
con taglio di punta, sino al suo occhio seguendo la punteggiatura. Con una
sgorbia mezzopiano portiamo a regolare cadenza la spirale mantenendone lo
spazio spirale piano sino a che ne sia stata da ambo le parti precisata la linea
ascendente della ganascia sino all’occhio centrale della voluta. Precisiamo
nella linea la schiena del cavigliere tra le ganasce dal semicerchio al fondo sino
al limite di minor larghezza dello spessore spirale in alto nella voluta.
A questo punto è necessario praticare i fori nella ganascia per le chiavi, cosa
che faremo servendoci di un trivello prima, e con un ferro conico con filo a
taglio poi sino ad ottenere il diametro necessario. Pratichiamo ora lo scavo
della scatola partendo dalla posizione del capotasto sino all’inizio dello spazio
spirale della voluta mantenendo le ganasce robuste di spessore. Nella schiena
del cavigliere e nello spessore spirale della voluta scaviamo le due leggere
scanellature. Queste debbono essere condotte e mantenute colla loro cuspide
centrale a mezzeria perfetta in tutto il loro svolgimento. La fig. 138a colle
relative figure chiarisce la suddetta descrizione.
373
Fig. 138b. Fig. 139.
Ecco il momento in cui il solo occhio, la franchezza di taglio daranno alla
voluta quel garbo, quella caratteristica di personalità necessaria per un buon
effetto estetico. Dalla ganascia incaviamo lo spazio spirale lasciato piano,
incurvandolo lievemente verso la linea spirale ed incavandolo maggiormente
nel rinserrarsi delio spazio spirale verso l’occhio centrale lasciando lieve bordo
alla linea spirale; bordo che arrotondato darà effetto di robustezza alla voluta.
Detto bordo dovrà essere anche continuato alla linea posteriore della ganascia
nella schiena del cavigliere. Arrotondiamo leggermente l’occhio o bottone
centrale della voluta raccordandolo al bordo spirale; puliamo., e anche la voluta
è ultimata. Occorre ora incollare sulla parte piana dell’asta la tastiera, col
capotasto, onde regolarne la linea e portare semicircolare l’impugnatura di
detta. Raccordiamo i passaggi tra l’asta ed il collo del manico all’attacco colla
ganascia, e col tallone al basso, cosa che faremo con un affilato coltello, con
raschietto, pulendo poi con fine lima; ed anche il manico è ultimato. La tastiera
viene costruita in legno ebano per la sua densità. La sua lunghezza deve essere
di p 54¾, mm. 270. La sua larghezza al collo del manico presso il capotasto di
p 4½, mm. 23,34. Deve seguire nella sua lunghezza la linea del manico. Nella
parte superiore deve avere lieve convessità ed essere perfettamente livellata
374
nella sua lunghezza. Alla parte di fondo deve seguire nella sua larghezza la
convessità della parte superiore a spessore di p 1, mm. 4,94 circa. Ciò si ottiene
praticandole sullo spessore di testa un regolare incavo.
Sarà bene praticare nella parte che dovrà connettersi all’asta una decisa
scanellatura sia per avere un più regolare appoggio ai due lati, che per
alleggerirla di peso. Dovrà essere disposta sull’asta partendo da C, linea del
capotasto. Il capotasto o ciglietto può essere di avorio, di osso o di ebano. La
sua posizione deve essere col suo limite al basso in C, contro la tastiera. Deve
appoggiare sul piano delTasta, essere nella sua larghezza eguale alla tastiera.
La sua grossezza sarà di p 1½, mm. 6,1 ed il suo spessore tale da sorpassare di
mm. 2 circa il livello della tastiera permettendo cosi la libera vibrazione delle
corde, e seguire la tastiera nella sua convessità. La sua parte o spigolo verso il
vano della scatola deve essere smussata verso il basso ed arrotondata onde non
abbiano su quella a sfregare le corde nell’arrotolarsi sub gambo delle chiavi.
Nella sua parte superiore devono essere lievemente segnati ad uguale distanza i
4 incavi per il passo delle corde. La cordiera alla quale sono fissate le corde
sarà pure di ebano o' di pero. La sua forma rapezioidale non abbisogna di
descrizioni essendo sempre la solita usata anche in antico. Deve essere robusta
e leggera. Alla sua parte di fondo, in appositi buchi è collegata ad una corda di
budello per l’attacco al bottone o pomello. Le chiavi sono fatte al tornio e di
legni duri. La testa di esse deve essere comoda in modo che una leggera
pressione delle dita possa farle scorrere. Nella loro disposizione nella ganascia
occorre stabilire la lunghezza del gambo in modo che questo di poco abbia a
sporgere fuori dello spessore della ganascia nella quale sono conficcate. Anche
il bottone della cordiera è oggetto di tornio. Occorre abbia testa larga per ben
contenere il cappio della cordicella, e gambo lungo per ben connetterlo al
tassello di fondo. La staffa o portacorde può essere pure essa di avorio, osso o
di ebano. Della sua figura e dimensioni ne abbiamo già trattato nella finitura
del bordo e del filetto.
Ecco lo strumento ultimato in ogni suo particolare. Occorre ora praticare la
pulitura esteriore per ricevere la preparazione preventiva di isolamento per la
verniciatura.
375
Fig.140.
376
Per la costruzione dello strumento abbiamo scelto legname ben stagionato.
Sappiamo che la cellula del legno vuota per Pessicazione della resina ed altre
materie in essa contenute e piena d’aria, diviene elastica e conferisce allo
strumento uno speciale timbro. Le tavole però senza un rivestimento protettivo
alPesterno perderebbero delle loro naturali qualità per l’azione degli agenti
atmosferici, i quali causerebbero coll’andare del tempo una disgregazione con
diminuzione di coesione delle molecole dello sclerogeno. Ma la penetrazione
in esse delle resine e delle altre sostanze componenti la vernice che su di esse a
protezione dovranno stendere, riempiendone di nuovo la cellula le
toglierebbero gran parte della primitiva sua elasticità.
È quindi necessario preparare esternamente le tavole e la cassa in modo da
garantire l’impermeabilità di dette vernici nella cellula, stendendo su di esse, e
facendola penetrare in parte nello sclerogeno, tanto più nell’abete del piano
armonico molto poroso, una soluzione di sostanze elastiche, leggere, adesive,
non resinose, satura di fermenti ossidanti, che collegando le fibre rendono così
più regolare in senso trasversale anche la trasmissione delle vibrazioni
rendendo più omogenea la materia delle stesse. Per ottenere una quasi assoluta
impermeabilità di fronte agli altri strati di vernice, questa soluzione deve avere
un solvente contrario a quello delle resine, e le sostanze formanti la stessa,
essere insolubili nei solventi ordinari e nei corpi grassi. Conosciute dalla più
remota antichità queste sostanze erano usate e furono indubbiamente suggerite
ai liutai dagli antichi artefici di vernici, che le usavano prima di eseguire la
verniciatura per turare i pori del legno, onde ottenere colla chiusura di questi
una più spedita levigazione.
Daremo la formula per detta soluzione in seguito trattando della
preparazione del legno e dell’antivernice.
377
acqua. Con questa miscela protettiva si otteneva e si ottiene l’impermeabilità
della vernice nella cellula assorbente del legno dello strumento. Qui il modo di
comporla e di applicarla.
Prendiamo ora parti 1 di gomma arabica, sciolta a saturazione in vasetto a
parte; parti 4 di gomma adragante, preparata in un altro vasetto nella
proporzione di una parte di gomma in 40 parti d’acqua, ed ottenendo con ciò
una specie di pasta gelatinosa; uniamo le due gomme mescolandole ben bene e
versiamo in esse due gocce di njirbano od un pizzico di acidi salicilico che
facciamo ben incorporare, per prevenire un eventuale putridine. Questa miscela
avrà una buona consistenza e viscosità, alla quale si unisce una colorazione
gialla ottenuta dal legno di curcuma, dai fiori di zaffarono od anche dagli stessi
fiori di acacia arabica, tutto in acquavite od alcool di bassa gradazione ed a
saturazione. Si mescola bene e la miscela è pronta per essere applicata.
Con un pennello di setola un po’ durina si stenderà la miscela alquanto ricca
sulle tavole e sulle fasce in modo che nessun punto di esse rimanga esente.
Deposto il pennello, col polpastrello delle prime falangi delle tre dita unite a
mano tesa, stendere bene strofinando in senso circolare la miscela pastosa in
modo da farla ben penetrare nella cellula aperta ed assorbente dello sclerogeno.
Se la densità della picea è mediocre, si può ripeterne un più leggero secondo
strato. Se la miscela tendesse a raggrumarsi umettare con pennello intriso in
acqua tiepida pura, togliendo il superfluo con panno di tino, lievemente intriso
di acqua tiepida. Così operando, le gomme data la loro consistenza e viscosità
penetreranno solo in parte nello sclerogeno chiudendone i primi pori. Lo strato
rimarrà leggero ed elastico. Lo spessore ambrato conferisce alla vernice
sovrapposta, qualunque essa sia, la trasparenza, la freschezza, la vivacità. A sua
volta, la vernice non incontrando assorbimento, si lascerà stendere meglio e
con minore difficoltà. Lo spessore, a volte anche esagerato, che si riscontra
nelle tavole di diversi strumenti cremonesi e di altre scuole italiane,
trasparentissimo, ambrato, non può essere di tutta e sola vernice, che, per
quanto essa sia limpida, pure con i molti strati colorati sovrapposti, lievemente
si offuscherebbe. Anticamente sulla preparazione preventiva del legno,
venivano stesi di vera sola vernice, al massimo dagli 3 ai 6 leggeri strati. Uno
strumento ben costruito, non ancora trattato con la intonacatura preventiva
(antivernice), ha timbro aperto e legnoso. Appesantito da detta miscela, cambia
lievemente di elasticità variando nel timbro. Appesantito maggiormente dalla
vernice, a secondo della qualità e quantità di sovrapposizione di strati, varia
ancora aumentando di altezza di tono, ed una vernice dura e compatta ostacola
la libera vibrazione della cassa.
Volendo, come usavano gli antichi liutai, annerire i bordi della spirale della
voluta, delle ganasce, della schiena e la cuspide degli angoli delle fasce,
potremo farlo, usando nero di avorio bruciato, sciolto in una soluzione di
leggera colla. Questo però dovrà essere fatto prima della pulitura e
preparazione del legno e dell’applicazione dell’antivernice.
378
CAPITOLO V
RELAZIONE
TRA LE DIMENSIONI NEI VARI STRUMENTI AD ARCO DERIVANTI
DAL VIOLINO
Fig. 141.
Questo punto F', sarà il centro del circolo inscritto nell’angolo di 60°, sul
cui diametro abbiamo la linea di foco. In tale modo, sempre partendo dal
mezzo e segnando in p od in «parti proporzionali, a secondo dello strumento
(viola, violoncello, controbasso), avremo la linea di gravità della sua tavola. Da
questa, operando come dalla suesposta descrizione nella loro lunghezza di
tavola otterremo le precise relazioni dei principali punti acustici tra di essi. E
cioè:
1) Nella lunghezza interna della cassa alla linea di gravità della
tavola, la distanza in quel tratto tra le controcurve centrali o X in HK.
2) Nella distanza dal mezzo in lunghezza sull’asse longitudinale della
tavola verso il basso, la linea di gravità della tavola in H sul p 40.
3) Nella distanza della linea di gravità sull’asse verso il basso la linea
di foco in K sul p 42.
4) Nella lunghezza sull’asse, la distanza della linea di gravità H
all’estremo limite della tavola in alto, e quindi il diapason.
380
Per la posizione nella superficie interna delle tavole, della calotta e
semicalotte sferiche di raccordo sia alla linea di foco, che di foco coniugato,
vedremo per ogni singolo strumento e per ogni epoca. Le dimensioni
dimostrate nei quattro strumenti colla fig. 142 corrispondono nelle regolari
misure:
Del violino di p 72, mm. 355,68.
Della viola contralta di p 84, mm. 414,96.
Del violoncello regolare di p 153, mm. 755,96.
Del controbasso grande di p 237, mm. 1170,78.
Dobbiamo ora ricordare che le misure lineari che adotteremo per tali
strumenti devono essere considerate in p sul braccio mercantile cremonese
bresciano e padovano. Che essendo questi strumenti da considerarsi quali
grandi violini, per le proporzioni tra questo e quelli dovremo adottare anche la
suddivisione nella loro lunghezza di tavole in 72 parti proporzionali.
Che solo nel violino useremo la misura lineare di p, e per gli altri
strumenti la suddivisione suddetta in parti. Dimostriamo quindi col presente
specchietto le misure equivalenti in p, in mm., in once, alla suddivisione in 72
parti proporzionali nella lunghezza di tavola di ogni singolo strumento.
Violino: 1 parte = p 1 = mm. 4,94, p 72 = mm. 355,68 = oncie 6.
Viola: 1 parte = p 1 1/6 = mm. 5,76, p 84 = mm. 414,96 = oneie 7.
Violoncello: 1 parte = p 2⅛ = mm. 10,497, p 153 = mm. 755,82 = oncie
12¾.
Bassetto: 1 parte = p 2 4/16 = mm. 11,04, p 161 = mm. 795,34 = 13,5.
Controbasso formato piccolo: 1 parte = p 3⅛ = mm. 15,43, p 225 = mm.
1111,50 = oncie 18¾.
Controbasso formato grande: 1 parte = p 3¼ = mm. 16,25, p 237 = mm.
1170,78 = oncie 19 3/4.
Il controbasso di grande formato considerato nella sua misura senza la
linea ogivale in alto al manico corrisponde a:
Controbasso formato grande: 1 parte = p 3 1⅛ = mm. 16,7, p 228¾ =
mm. 11330 = oncie 19.
Viola
La viola è lo strumento che, per maggiori dimensioni, segue il violino. Nelle
loro varie dimensioni le viole rispondono alla voce di
381
Fig. 142.
382
contralto, quelle di 1/5, 1/6, 1/7, 1/8 in più delia lunghezza di tavola del
violino; mentre quelle di solo 1/4 ed 1/3 in più del violino, rispondono ad una
voce tra il contralto ed il tenore. Fra gli antichi liutai, quelli che maggiormente
con alcune loro viole di grandi misure si attennero ai caratteri di viole tenore,
furono i fratelli Gerolamo ed Antoni Amati con viole di 1/4 in più del violino,
p 90, mm. 444,60 cil A. Stradivari nel 1690 con la famosa viola Medicea
«Tenore Viola», di 1/3 in più del violino, p 97. mm. 479,18 mentre distinse
oggettivamente con «Viole Contralto» le altre costruite da 1/5 ad 1/8 in più del
violino. Nel seguente specchietto sono indicate le misure in lunghezza di tavola
delle viole contralto e tenore.
Viola Controllo.
Viola tenore.
Violino II da mm. 355,68 = p 72 4 + 1/4.
» GF * da mm. 363,09 = p 73 4+ 1/2 4+1/3.
__________________________
* p.f. corrispondo a piccolo formato, GF, a grande formato (1690 di A. Stradivari).
383
Le fibre dell’abete nel piano armonico debbono avere fra di loro maggiore
distanza che quelle del violino. Gli spessori nelle tavole devono considerarsi,
nel piano armonico, sempre in relazione alla densità, nello spessore massimo
1/5 in più di quelle del violino, e nelle medesime proporzioni anche nella
tavola di fondo. Nelle viole tenore, debbono considerarsi invece 1/4 in più che
nel violino.
Per la cadenza negli spessori, causa la poca diversità in dimensioni,
debbono essere regolate a diminuzione graduale come pel violino. La
lunghezza delle ff o fori armonici varia nel loro assieme da p 18, mm. 88,9 a p
19, mm. 93,8 nelle viole contralto. Da p 20, mm. 98,8 a p 21, mm. 102,7 per
quelle tenore.
Per la posizione dei loro fori terminali o fusto, a parte in seguito
spiegheremo. Lo spessore delle fasce è di 1/3 di p, circa mm. 1,65. Il formato
delle viole contralto più regolare ed in uso è quello di p 84, mm. 414,96; ed
anche di p 85 2/12, mm. 420,32. Oggidì invece è quello di mm. 40,50 ed anche
meno.
Violoncello
384
Violino II: da mm. 355,68, p 72 + viola da mm. 400,14 p 81 = p 153 once
12,9 mm. 755,82.
Violino II: da mm. 355,68, p 72 4 + viola da mm. 402,61 p 81½ = p 153½
once 12,9 1/2 mm. 758,29.
Violino II: da mm. 355,68, p 72 + viola da mm. 406,31 p 82¼ = p 154¼
once 12,10⅛ mm. 761,99.
Violino GF: da mm. 363,09, p 73½ + viola da mm. 406,31 p 82¾ = p
155¾ once 12,11¾ mm. 769,40.
Controbasso
385
Controbasso grande formato.
Le fibre del piano armonico in abete dovranno essere più distanti fra di loro
che nelle tavole del violoncello; e, poco importa se in due o in quattro pezzi sia
la superficie di tavola; come poco importa le tavole siano tagliate dal tronco a
spicco od a strato. La sua cassa nella parte in alto all’attacco col manico
conserva ancora nella linea il carattere ogivale delle viola da gamba e del
violone. Ciò forse per mag-giore comodità di maneggio nella tecnica
strumentale. La tavola di fondo del controbasso è piana con la parte in alto
nell’attacco al manico inclinata verso il tallone. Detta inclinazione veniva
chiamata «alla gobba». Anche la viola da gamba ed il violone avevano detta
gobba nella tavola di fondo. Eccezionalmente dagli antichi liutai furono
costruite controbassi a fondo concavo, cosa questa che poco influisce sul loro
suono. Causa la lunghezza d’onda delle note gravi emessa dallo strumento
poco influisce la riflessione tra le tavole, azionando questa solo nelle fasce
perimetrali e nella tavola la diffusione. Gli spessori della tavola armonica
debbono essere calcolati nel suo massimo spessore alla linea di gravità il
doppio dello spessore della viola in p 2½, mm. 12,35. Quelli della tavola piana
di fondo, spessore unico eguale in tutta la sua superficie, di p 2½, mm. 12,35.
Ciò per mantenere la tonalità grave allo strumento. Il piano o tavola di tondo e
le fasce del controbasso sono costruiti in legno noce ed anche in pero. Questo,
perche il primo di una quinta ed il secondo di una quarta di tono più grave di
suono fisico della tonalità dell’abete. La cadenza graduale degli spessori del
piano armonico sarà in detto strumento condotta ancora meno sensibile che nel
piano armonio» del violoncello, causa la maggiore .superficie e quindi la più
piccola rigidezza e la più tacile sua elasticità. Lo spessore delle fasce, causa la
loro altezza dovrà essere di 3/4 di p, circa mm. 3.70. La lunghezza complessiva
delle ff varia nei due formati da p 40½, mm. 200 a p 42½, mm. 207,4. Per la
posizione dei centri dei tori terminali di dette anche per questi vedremo in
seguito.
Abbiamo detto che per il tracciamento della linea perimetrale della cassa e
delle tavole, stabilita la lunghezza opereremo come in base alla descrizione
386
della fig. 33. Ma per il violoncello in special modo, ed anche pel controbasso
occorre fare alcune considerazioni, ed apportare loro lievi modificazioni sia
nella linea che nella posizione airinterno dei varii punti di riferimenti acustici.
Ciò a causa dei modo in cui date le grandi dimensioni delle tavole debbono
condursi gii spessori a cadenza in dette sia per l’elasticità che per l’importante
posizione del centro e della linea di gravità.
In conseguenza di tale modificazione ne succede lo spostamento delle due
semicalotte sferiche. Per mantenere la obbligata larghezza della cassa alla linea
di gravità della tavola occorre variare aumentando lievemente la parte al basso
della tavola in altezza e larghezza, ferma restando invariata la parte in alto.
Nella parte centrale le controcurve o )( subiscono un leggero spo-stamento sul
loro asse; e raccordando sulla linea di gravità la curvatura della parte al basso
della linea perimetrale della tavola ingrandita con la curvatura della parte in
alto alla linea del foco coniugato, queste assumono linea più inclinata verso
l’alto e la tavola diventa nel complesso più rastremaca. Anche lo spostamento
laterale verso destra dell'anima in questi strumenti varia in un minore numero
di gradi. Questa viene disposta sottesa in un angolo di soli 15 gradi; e, sottesa
ad un numero eguale di gradi per conseguenza viene connessa alla tavola la
sbarra o catena. Detto spostamento di anima fa aumentare in altezza le fasce
perimetrali. Varia ancora la posizione dei fori armonici; c le sole curvature
interne delle tavole, sia in senso trasversale che longitudinale conservano
precise le relazioni colla viola e col violino.
Dilatti, riferendoci al grafica della fig. 33, abbiamo in questi due strumenti
che sull’asse AB, fermo restando il suo mezzo E nella lunghezza sulla parte 36,
la linea di gravità della tavola armonica viene spostala sulla parte 39, a p 6¼.
mm. 30,87 dal mezzo E, e quindi sul p 82¾ .
Di conseguenza la linea di foco sulla normale NN' viene sulla tavola di
fondo a trovarsi sulla parte 41, a p 4½, mm. 22,97 dalla linea di gravità, ossia a
p 10½, mm. 51,87 dal mezzo E, e quindi sul p S7. Il suo foco coniugato, sulla
parte 25, a p 24 dal mezzo E verso l’alto sul p 52½ sopra la normale VV'. La
linea KK' (metà in altezza della parte al basso) si sposta sulla parte 57½,
tagliando i lati del triangolo di 35° in I I'. Ora, il raggio I'B" lievemente
aumentato ingrandisce la tavola nella parte al basso al raccordo da B" ad K'", e
dalla parte 57½ con raggio 57½ K'" raccorda da K'" sino ad incontrare sulla
parte 41 la linea del foco NN', aumentate in altezza, in M'. La parte in alto della
tavola sulla qq' rimane invariata; così i suoi punti OO'PP'. Lo spazio della parte
centrale della tavola viene così lievemente diminuito in altezza; e la SS' sulla
parte 32½ a p 7½ , mm. 37,05 dal mezzo, viene spostato sulla parte 32, a p 8½,
mm. 4199 da E. Sulla stessa, i punti TT' conservano la medesima distanza
387
dall’asse AB. Il raccordo da TT', sulla SS' ad MM' sopra la linea di foco, sino
alla RR' viene ad intersecare il limite massimo nella larghezza della cassa
stabilito dalle parallele all’asse GG'HH' alla linea di gravità in XX',
mantenendo così precisa la misura obbligata della terza parte della lunghezza
di tavola su quella. Fig. 143.
Fig. 143.
388
Pel violoncello del sec. XVII o bassetto, esso segue sia nella linea che nelle
disposizioni interne le precise relazioni della cassa armonica del violino e della
viola; relazione che in seguito dimostreremo. Queste le varianti alla linea, alla
disposizione nelle tavole dei principali punti di riferimento acustici della cassa
armonica del violoncello e del controbasso in relazione a quelle della viola e
del violino. Per le varianti sulla tavola nella disposizione dei fari armonici, ed
all’interno nella posizione delle semicalotte sferiche fra questi strumenti,
vedremo in avanti trattando la cassa nelle sezioni trasversali e longitudinali.
Col diagramma fig. 142 abbiamo dimostrato fra i quattro strumenti le
relazioni e la posizione dei principali punti di riferimento acustico nelle loro
tavole.
Abbiamo in seguito enumerate le modificazioni tra gli stessi. Dimostriamo
ora nella sezione trasversale della cassa alla linea di foco le necessarie
dimensioni e la disposizione delle tavole tra questi nella loro struttura interna
secondo i criteri costruttivi tenuti prima dei 1700 (secc. XVI e XVII) e quindi
secondo la variante apportata all’inizio del sec. XVIII.
Pel violino già abbiamo diffusamente e con vari diagrammi dimostrato tutte
le sue dimensioni e disposizioni.
Per la viola contralto di p 84, essendo la lunghezza delle sue tavole mm.
414,96, la sua larghezza interna alla linea di gravità sarà di p 28, mm. 138,32
(terza parte della sua lunghezza). Così sarà il raggio della circonferenza della
quale il settore nell’angolo di 56° rappresenta la curvatura interna di essa alla
linea di foco (sulla parte 42ᵃ).
La freccia di detta curva sarà di p 3⅜, mm. 16,6. Lo spessore della tavola in
abete, in quel punto (massimo spessore sull’asse) è di 7/8 di p, mm. 4,2. Di qui,
lo spessore di massima elevazione esterna del piano armonico in p 4 1/5, mm.
20,8 circa. Nella tavola di fondo, di eguale curvatura e freccia del piano
armonico, l’aumento di spessore dato per la diversa densità e tonalità del suo
legno acero in 1/5 di p in più dell’abete, ci darà lo spessore massimo di detta
tavola sull’asse di p 1 1/5, circa mm. 5,6. Questo, aggiunto alla freccia della
curva di p 3⅜, mm. 16,6 ci darà lo spessore di massima elevazione esterna di
questa tavola in p 4½, mm. 22,2.
389
Ora, lo spostamento laterale dell’asse dell’anima è sotteso (come nel violino) in
un angolo di 20°. Il foco sull’asse della curvatura interna di detta tavola risulta
per conseguenza a p 13½, mm. 66,6 dal polo B in F'. Disponiamo ora il piano
armonico colla sua superficie interna al foco F', ecco che l’altezza delle fasce
alla linea del foco e per tutto lo svolgimento perimetrale sarà di p 7, circa mm.
34; e lo spessore di massima elevazione esterna dalla cassa alia linea di foco
sarà di p 15 1/2, mm. 76,.?, come nelle viole di tale misura di quell’epoca. Fig.
144. In senso longitudinale delie tavole abbiamo le due semicalotte sferiche
che raccordano colla parte centrale gli estremi di dette verso l’altro e verso il
basso. Le assi verticali di dette semicalotte saranno per la viola nella superficie
interna del piano armonico dal mezzo verso l’alto, a parti 18 sul p 21, a mm.
103,7. Dal mezzo verso il basso a parti 16 sul p 60 1/2, a mm. 298,8 bulla 52a
parte. Nella superficie della tavola di fondo, dal mezzo verso l’alto, a parti 23
sul p 27. a mm. 133,3 e dal mezzo verso il basso a parri 12 sul p 56, a mm.
276,6 sulla 48J parte. La linea di foco sulla tavola di fondo sarà sulla 42' parte,
a p 7, mm. 34,5S dal mezzo verso il basso. La linea di gravità nel piano
armonica sarà sulla 40a parte, a p 4 3/4, mm. 23,4 dal mezzo, pure verso il
basso. Di conseguenza la larghezza dei diapason di questa viola contralto sarà
di p 46 3/4, mm. 23vL Per la posizione dei fori terminali delle aperture
armoniche od ff vedremo in seguito.
Fig. 144.
Come nella viola, così nel bassetto di p 161, mm. 795,34. Essendo in detto
strumento la terza parte della lunghezza della sua tavola p 53 3/4, mm. 265, e
così il suo raggio; ed avendo la curvatura interna trasversale delle tavole alla
390
linea di gravita sottesa in un angolo di soli 50°, la sua freccia sarà di p 5, mm.
24,7. Aggiungendo a detta freccia lo spessore massimo della tavola in abete di
p l½, mm. 7,4 (3/4 di p in più di quello del violino) la massima elevazione
esterna della tavola armonica alla linea del foco sarà di p 6½ circa, mm. 32,1.
Nella tavola di fondo nessun aumento verrà dato al legno acero, causa la
tonalità grave necessario allo strumento. Quindi, essendo eguale la curvatura a
quella de! piano armonico avremo anche eguale la freccia; e con eguale
spessore massimo di legno la massima elevazione esterna di questa tavola sarà
come nel piano armonico di p 6½ circa, mm. 52.1. Lo spostamento laterale
dall’asse, della curvatura trasversale, dell’anima è come nella viola sottesa in
un angolo di 20°. Il punto focale sull'asse della curvatura trasversale interna di
detta tavola di fondo per conseguenza risulta a p 26½, mm. 130,91 dal polo B
in F'. Disponendo ora il piano armonico colla sua parte interna al punto focale
F', l’altezza della fascia alla linea di gravità e per tutto lo svolgimento
perimetrale della cassa sarà di p 16½, mm. 81,5, e lo spessore massima
elevazione esterna della cassa alla linea di foco sarà di p 29½, mm. 145,7 circa,
come i pochi bassetti di tale misura dell’epoca. Fig. 144 a*. Ecco ora in senso
longitudinale la posizione delle assi delle due semicalotte sferiche.
Nella superfìcie interna del piani armonico dal mezzo verso l’alto, sulla
parte 18ᵃ a mm. 198,72. Dal mezzo verso il basso, sulla parte 52 ᵃ a mm. 176,64.
Nella superficie interna della tavola di fondo dal mezzo verso l’alto sulla parte
23ᵃ a mm. 143,52; e dal mezzo verso il basso sulla parte 48 ᵃ a mm. 136,08. La
linea di foco sulla tavola di fondo sarà sulla parte 42° a mm. 66,24 dal mezzo
verso il basso. La linea di gravità nel piano armonico sarà sulla parte 40 ᵃ a mm.
44,16 dal mezzo verso il basso. La lunghezza del diapason del bassetto di
conseguenza sarà di p 89½, mm. 441,6. Difatti: parti 40 x mm. 11,04 = mm.
441,6.
_____________________________
* Nell’altezza delle (asce fra strumento e strumento di questa specie si riscontrano anche in
strumenti di uno stesso liutaio sensibili dilferenze. Di queste ne abbiamo trattato nelle parti vitali,
nelle altezze di fasce. Del resto è naturale che, come già detto, dovendo le tavole essere disposte
colla superficie interna al loro punto focale, mancando queste in altezza nello spessore di massima
elevazione esterna si rimedia mantenendo invariato il raggio di curvatura interna, portando la
larghezza di tavola sottesa in un angolo minore di gradi alla linea di gravità, ed aumentando l’altezza
nelle fasce della misura in altezza mancante nella tavola.
391
Controbasso, grande formato, once 19 e p 9, mm. 1170,78, secolo XVII
Fondo concavo
392
Fig. 145.
10 sul p 30½, mm. 59,4 e sulla parte 26a la semicalotta. La linea di foco nella
tavola di fondo si trova sulla 42a parte a p 7, mm. 34,58 dal mezzo verso il
basso. La linea di gravità del piano armonico si trova sulla 40a parte a p 4¾,
mm. 23,4 dai mezzo verso il basso. La lunghezza del diapason di questa viola
sarà di p 46¾, mm. 230.
Fig. 146.
397
Fig. 147.
399
semicalotta verso l’alto e da quello della calotta al basso la tavola nella sua
linea interna raccorderà in curva gli estremi di essa.
Ora, essendo la freccia della calotta sottesa nell’angolo di 10°, e di qui la
cuspide nella tavola di fondo del violino 1/8 di p, mm. 0,617; e così quella del
piano armonico; la cadenza da darsi alla fascia sull’asse della linea del foco
coniugato sarà di 2/8 di p, mm. 1,22 fermo restando alla linea di gravità
l’altezza già data in p 6 1/8, mm. 30,2. Per la viola, essendo la freccia di detta
calotta l/7 di p, mm. 0,705, per ognuna delle due tavole, la cadenza dovrà
essere su di quella linea di p 2/7, mm. 1,40; sempre restando alla linea di
gravità p 6 3/4, mm. 33,3. Pel violoncello, essendo la freccia di detta calotta
4/12 di p, mm. 1,64 per ognuna delle tavole, la cadenza sarà sulla linea di foco
coniugato di 8/12 di p. mm. 3,28, sempre mantenendo l’altezza di fascia alla
linea di gravità in «p 21 3/8, mm. 105,67. La rastremazione delle fasce deve
quindi essere considerata e tenuta in un limite di p o di parti 14 in lunghezza; e
cioè, tra la linea di gravità e quella del fuoco coniugato. Da quest’ultima verso
l’alto nella superficie interna la tavola inizia la curvatura longitudinale della
semicalotta che raccordando interrompe il parallelismo interno centrale.
Le tavole perfettamente piane nel loro punto di appoggio sulla fascia, data la
loro rigidità, debbono continuare abbassandosi sino all’estremo in alto mentre
per conseguenza si innalzano alla parte in basso in misura dell’abbassamento
avvenuto nella parte in alto. La medesima inclinazione che assumeranno le
tavole rispetto all’asse delle fasce darà l’altezza, per ogni strumento, di dette
nella loro rastremazione. Per le aperture armoniche od fi abbiamo già
dimostrato come gli antichi liutai usavano segnare e come operassero per stabi-
lirne i centri degli occhi o fori terminali. Trattandosi qui di tavole di maggiori
dimensioni, di minore curvatura e di diverso criterio costruttivo, anche dette
aperture dovranno fra i quattro strumenti disporsi lievemente diverse, pur
conservando per la loro disposizione le regole già dette. In relazione alla figura
107 seguendo il metodo in antico tempo usato, ecco le lievi varianti.
Pel violino di p 72, mm. 355,68 già abbiamo detto che la retta MN normale
alla AB sarà sul p 44¾, e quella FG sul p 34⅓. La distanza a sinistra ed a destra
dall’asse sulle MN in CD sarà di p 12, mm. 59,28 per parte, corrispondente alla
lunghezza interna della tavola alla linea di gravità. Il centro del raggio di p 12,
che da C sulla MN colla semi circonferenza taglierà la FB in HK, sarà sull’asse
sul p 45½. Per la viola contralto di p 84, mm. 414,96 vale: La retta MN
normale alla AB, sarà sulla parte 44½ sul p 51¾ . Quella FG, sulla parte 34 sul
p 39⅞. La distanza a sinistra ed a destra dall’asse, sulla MN in CD, sarà pure di
parti 12 1/6, mm. 69,19 per parte. Il centro sull’asse del raggio, di parti 12 1/6,
mm. 69,19 che C sulla MN colla semicirconferenza taglierà la FB in HK sarà
400
sulla parte 45½ sul p 53. Nel caso del violoncello di p 153, mm. 755,82
abbiamo la retta MN normale alla AB e che sarà sulla parte 43 sul p 91 ⅓, e
quella FG sulla parte 33¾ sul p 72. La distanza a sinistra ed a destra dall’asse
sulla MN in CD sarà di parti 12, mm. 125,97 per parte. Il centro sull’asse del
raggio di parti 12, mm. 125,97 che da C sulla MN colla semicirconferenza
taglierà la FB in HK, sarà sulla parte 44 sul 94¾.
Pel controbasso grande formato di mm. 1170,78 vale il seguente. La retta
MN normale alla AB sarà sulla parte 42 5/12 su p 139½. Quella FG sulla parte
33 7/12 sul p 110½. La distanza a sinistra e da destra dall’asse sulla MN in CD
sarà di parti 12, mm. 195 per parte. Il centro sull’asse del raggio di 12 parti,
mm. 195, che da C sulla MN colla semicirconferenza taglierà la FB in HK, sarà
sulla parte 44½ sul p 146⅓. I punti CD-HK sulla MN-FB saranno i centri degli
occhi o fori terminali nelle tavole di ogni strumento. Il diametro di detti fori
sarà all’incirca:
Per il violino, in alto: p 1½, mm. 7,4, al basso di p 1⅞, mm. 9,2.
Per la viola, in alto: p 1⅞, mm. 9,1, al basso di p 2½, mm. 12.
Pel violoncello in alto: p 3, mm. 14,8, al basso di p A, mm. 19,7.
Pel controbasso grande form.: p 4¾, mm. 23,5, al basso p 5¼, mm. 26.
404
Fig. 148.
Anche in questo manico sia per non allargare l’asta del suo collo che per
lasciare più robusta la ganascia, l’inizio di questa ingrandito forma due alette
laterali corrispondenti anche nella parte al basso nella schiena del cavigliere. Al
limite del capotasto la larghezza della faccia dell’asta ove dobbiamo connettere
la tastiera, sarà di p 6, mm. 29,4. All’incastro del manico sulla fascia la
larghezza dell’asta sarà di p 9⅜, mm. 46. Lo spessore o grossezza dell'asta sarà
di p 5½, mm. 27 circa. La lunghezza del vano posteriore dell’asta tra il collo ed
il tallone avrà lunghezza di p 10¾, mm. 235. L’inclinazione del manico rispetto
alla cassa sarà anche qui di gradi 83. Once 11 e 3/8 di p, mm. 600, sarà la
lunghezza della tastiera di questo violoncello. Nella fascia, alla parte di fondo
della cassa, in sostituzione del bottone per trattenere il cappio della cordiera, in
questo strumento viene fissato un puntale di metallo con asse regolabile e
scorrevole con fermo a vite di pressione. Esso serve altresì che per trattenere la
cordiera, per l’appoggio, e per alzare od abbassare lo strumento a seconda le
esigenze del sonatore.
405
Controbasso grande formato mm. 1170,70. Pel manico del controbasso
occorre un parallelepipedo di once 14 e p 0¾, mm. 877 di lunghezza, di p 50 e
5/8, mm. 250 di larghezza, e di 25⅜ di p, mm. 125 di spessore. La tratta delle
corde di questo controbasso è di once 18 e p 2¾, mm. 1080,6; e la distanza tra
lo spigolo del limite inferiore del manico e la linea di gravità della tavola
(diapason) di parti 36⅓, mm. 575. Nel controbasso sino ad ora abbiamo
considerato la completa misura di tavola in mm. 1170 sulla parte 39a. La vera
ed utile misura di cassa però è di soli mm. 1130, non interessando la sua linea
ogivale all’attacco del manico necessaria solo per esigenze tecniche
strumentali. Pel manico terremo quindi calcolo della lunghezza massima
rientrante nella tavola onde richiamarci al suo diapason di tavola. Questo dovrà
inoltrarsi nella tavola sino alla parte 3ᵃ e 1/2 delle 72 parti della completa
misura di mm. 1170,70. Il limite inferiore del capotasto sul parallelepipedo
dovrà trovarsi a once 8 e p 6¾, mm. 507 dal limite di fondo. Per l’incastro della
base del manico nel zocchetto in alto abbiamo calcolato lo scavo in p 10¼,
mm. 50. Aggiungendo ora tale misura alla suddetta lunghezza di mm. 507,
avremo il limite del capotasto dal fondo del parallelepipedo ad once 9 e p 5,
mm. 557. Dal limite del capotasto alla estremità in alto di detto parallelepipedo
rimangono ancora p 64⅜, mm. 320. In questo spazio svolgeremo il cavigliere
colle ganasce e la chiocciola con la voluta. Come pel violoncello e la viola,
l’inizio della ganascia aumentato in grossezza forma le due alette; e tale
ingrandimento si ripercuote nella parte 'posteriore al basso della schiena del
cavigliere. La larghezza dell’asta al capotasto sarà di p 8½, mm. 42. Alla
estremità del manico sulla tavola questa sarà di p 12½, mm. 62. La grossezza o
spessore nella parte semicircolare dell’asta del manico sarà di p 7¼, mm. 35,8
circa; e la lunghezza del vano posteriore di detta asta tra il collo ed il tallone
dovrà essere di p 77, mm. 380. La inclinazione del manico alla sua base
rispetto alla cassa sarà di 83°. La lunghezza della tastiera sarà di once 15 ed 1/4
di p, mm. 890, e la sua larghezza alla parte in basso sarà di p 16¾, mm. 80.
Nelle ganasce del controbasso anziché le chiavi di tensione delle corde
vengono disposte meccaniche a vite continua onde poter con maggiore facilità
tendere le sue grosse corde. Il bottone viene in questo strumento sostituito nella
parte di fondo della fascia da un puntale o pomo in legno, opera di tornio, che
trattenendo il cappio della cordiera serve anche quale appoggio a terra.
Questi quattro strumenti che singolarmente rispondono alle voci di
soprano, contralto, tenore e basso formano la cosiddetta famiglia degli
strumenti ad arco. Sono montati di quattro corde e la loro accordatura è la
seguente:
406
4ᵃ corda 3ᵃ corda 2ᵃ corda 1ᵃ corda
Violin sol 2 re 3 la 3 mi 4
viola do 2 sol 2 re 3 la 3
violoncello do 1 sol 1 re 2 la 2
controbasso mi 0 la 0 re 1 sol 1
Come nella costruzione, così nel campo della riparazione che abbisogna ad
un centenario strumento occorre avere precisa conoscenza delle leggi fisiche,
della tecnica costruttiva che regolarono la sua costruzione.
Una rottura di tavole, una screpolatura ben connesse e rincollate, un manico
cambiato e ben innestato, la ricollatura di un margine, un bordo, un angolo, un
filetto ben rimessi ed accompagnati nella venatura della tavola, un innesto in
un’aletta ad una f, ad un covino, una fascia cambiata, un tarlo ben innestato
ecc., sono nel loro assieme cose che richiedono abilità ed un’ottimo artigiano,
non essendovi per dette necessaria che attenzione e cura cercando di rendere il
meno possibile visibile tali operazioni accompagnando le caratteristiche
esteriori dello strumento. Ma, queste non sono le sole riparazioni che a quel
centenario possono abbisognare. Quando invece debba aprirsi la cassa, quando
siano necessarie riparazioni interne alle tavole, ecco che allora ciò esorbita
dalla sola pratica ed occorre avere conoscenza delle leggi fisiche sulle quali la
costruzione è basata, del fenomeno fisico-acustico risultante, del criterio con
cui l’opera fu dall’artigiano costruita a secondo dell’epoca, della scuola. Un
piano armonico ed una tavola di fondo, la cui altezza di massima elevazione
esterna corrisponde a mm. 18-19 o 20, ed il raggio di curvatura trasversale
interna alla linea del foco e di gravità delle tavole sia tra le stesse eguale, dovrà
essere ragionato col criterio costruttivo dei secc. XVI e XVII (prima del 1700).
Quindi col punto focale della tavola di fondo alla superficie interna del piano
armonico. Mentre le stesse due tavole dovranno essere ragionate secondo il
criterio costruttivo del sec. XVIII, colla variante costruttiva apportata dallo
Stradivari, quando l’altezza di massima elevazione esterna sarà di mm. 15, 16 o
14, e col raggio di curvatura trasversale interna alla suddetta linea di foco e di
gravità diverso in una tavola dall’altra. Quindi colla disposizione della super-
ficie interna del piano armonico al disotto del punto focale sull’asse della
tavola di fondo. Così, l’altezza eguale in tutto lo svolgimento perimetrale delle
fasce richiama al criterio costruttivo dei secc. XVI-XVII, e solo la
rastremazione di dette richiama il criterio costruttivo della suddetta variante del
sec. XVIII.
407
Molti antichi esemplari classici dei secc. XVI e XVII hanno subito la
rastremazione delle fasce per mano di inesperti e poco coscienziosi moderni
riparatori a scopo di esigenze di tecnica strumentale. Di questi facilmente
potremo rendercene conto controllando il raggio di curvatura interna della
tavola di fondo ed in rapporto allo spostamento laterale del Tari ima trovare col
calcolo il loro punto focale sull’asse verticale. Anche in senso longitudinale la
posizione dei centri assiali delle curvature radiali delle parti agli estremi in alto
ed in basso delle tavole colla parte centrale, è guida per tali due criteri
costruttivi. Le assi nelle due tavole diseguali e più distanti tra di loro dal
mezzo, denotano il criterio costruttivo dei secc. XVI e XVII; mentre quelli
eguali tra le due tavole e più vicine al mezzo determinano il criterio costruttivo
colla variante del sec. XVIII. Un piano armonico avallato da una eccessiva
pressione delle corde; per una catena divenuta debole per sconnessione e che
piti non sopporti il complesso dello sforzo, perché assottigliato, una tavola di
fondo deformata dall'eccessiva pressione dell’anima, ecco che anche ciò
esorbita dalla pratica ed occorre teoria per ridonare la precisa curvatura interna
alla parte deformata ottenendo così oltreché effetto estetico un regolare fattore
fisico e la qualità del suono.
In molti piani armonici ed anche in qualche tavola di fondo, la tavola ai
bordi nella parte interna è diventata sottile di spessore dalle varie operazioni di
scoperchiatura subite. Occorre quindi aggiungere in quella parte legno per
ritornarla al suo regolare spessore e per la sua resistenza alla spinta. Anche
l’altezza della fascia per tali scoper- chiature, data la sua qualità consuntiva,
diminuisce. In questo caso, a conoscenza delle regole di costruzione da noi
spiegate è necessario controllare col calcolo l’altezza del punto focale
suU’asse. Se diminuita l’altezza della fascia si dovrà o lievemente aumentare la
freccia interna della tavola, o l’altezza della fascia. L’operazione a cui spesse
volte ricorrono liutai nell’assottigliare, nell’aggiungere internamente fodere, a
volte solo centrali, a volte anche su tutta la superficie della tavola, sia perché
nel primo caso ritenuto questa di eccessivo spessore, sia perché
dall’assottigliamento resa troppo sottile, può essere in molti casi evitata.
Anzitutto mai si dovrebbe in un classico antico strumento ridurre gli spessori
alle tavole. Al caso poi, dette diminuzioni di spessori dovrebbero farsi
esternamente, ed a cadenza nella parte esterna convessa di tavola per non
distruggere la necessaria regolarità nella curvatura interna. Per l’aggiunta
all'interno di fodere, queste debbono essere applicate a seconda della misura
della diminuzione nella tavola avvenuta; a secondo dello spessore massimo
centrale, e seguendo in senso trasversale tra le due linee assiali il raggio di
curvatura interna trasversale della tavola sottesa al 35° grado. In senso
408
longitudinale, raccordando dalle assi in senso radiale detto numero di gradi.
Controllato col calcolo il punto focaie, regolare colla treccia della curvatura
interna della tavola l'altezza della fascia onde portare al loro foco le due
supertìci interne di tavola. Anche qui è necessaria la conoscenza delle regole,
del raggio di curvatura usato, e degli spessori ragionati colla materia legno in
quel antico tempo usata. La curvatura rientrata di un piano armonico richiede la
cono-scenza del raggio di curvatura interna trasversale della tavola; il numero
di gradi a cui questa alla linea di foco è sottesa; il raggio di curvatura
trasversale interna della tavola di fondo, ed il numero di gradi dello
spostamento laterale dell’anima, onde poter calcolare il punto focale sul quale
il piano armonico dovrà nuovamente essere disposto.
Dovendo ricostruire uno strumento mancante di piano armonico, basta
conoscere la curvatura trasversale interna della tavola di fondo e l’altezza della
fascia; cosi di un piano armonico mancante di tavola di fondo e relative fasce,
purché se ne conosca l’epoca e la scuola. Nella sostituzione di una sbarra o
catena sono da osservarsi gli spessori massimi e minimi della tavola per
poterne con sicurezza stabilire la sua grossezza, la lunghezza, e regolarne la
propulsione. Per stabilire la sua linea di connessione occorre conoscere i gradi
di spostamento dall’asse dell’anima; e per la sua direzione regolarsi su quella
delle fibre dell’abete della tavola alla quale deve connettersi. La troppa
elasticità di un piano armonico è causa di note ottuse e di rullìi nella cassa. A
ciò si può rimediare con sovrapposizione di riporti di legno abete internamente;
ma qui occorre sapere connettere questi in punti che staticamente possano
diminuire regolarmente su tutta od in alcune sole parti la maggiore elasticità di
questo, dovuta dalla poca omogeneità della materia legno della tavola o da
assottigliamenti in questa avvenuti.
L’operazione di ingrandimento di uno strumento di misura piccola, come il
rimpiccolimento di uno di misura grande, non è dannosa agli effetti del suono
come tanti asseriscono purché siano fatte col criterio di mantenere regolari le
curvature della tavola all’interno; lo spostamento laterale dell’anima, l’altezza
delle fasce, e da questa la precisa disposizione tra di loro delle due tavole. E
mentre è da sconsigliarsi dal punto di vista statico ed estetico l’operazione dei
primi, per il rimpiccolimento dei secondi è cosa che, se condotta col dovuto
criterio conserva le caratteristiche acustiche ed estetiche dello strumento. Un
violoncello di grande misura del sec. XVII (bassetto di mm. 796,94) può essere
ridotto nelle misure del regolare violoncello del sec. XVIII di mm. 758,29 o di
mm. 761.99. Riferendoci ora alla riduzione o al rimpiccolimento di questo
bassetto alle dimensioni regolari del violoncello di mm. 761,99 attenendosi
però al criterio costruttivo del sec. XVII, epoca 1680 nella quale detto bassetto
409
venne costruito, dimostriamo il criterio con cui questa riduzione dovrà essere
effettuata; e seguiremo nella riduzione le dimensioni del bel violoncello
Stradivari costruito nel 1689, già di proprietà del Prof, del Conservatorio di
Parigi, G. Delsart. Su di un cartone di regolare spessore segneremo, seguendo
precisa la linea di contorno del piano armonico del bassetto colla sua asse
mediana di simmetria. Su di questa segnamo il suo mezzo in lunghezza mm.
397,65. Essendo nella tavola del bassetto le aperture armoniche mm. 130 di
lunghezza e mm. 13 di apertura di fusto, e quindi di regolare dimensione, da
queste dovremo partire per la riduzione nella lunghezza di tavola. Con una
normale all’asse di simmetria della tavola segnamo dalla cuspide del taglio sul
labbro interno di dette ff la linea di gravità della tavola (diapason) quale
riferimento acustico, linea che poi preciseremo se vi saranno lievi differenze
nel diametro di gravità di equilibrio.
Conosciamo che nel violoncello di mm. 761,9 la sua linea di gravità
(diapason) si trova rispetto alla lunghezza a mm. 409 dal limite superiore della
tavola. Segnamo quindi da questa il diapason, mm. 409 verso l’alto, e dall’alto
verso il basso 761,9, lunghezza che dovrà avere colla riduzione la tavola. Ecco
come la tavola diminuita in alto di mm. 31 rimane di 761,9. Suddividiamo ora
questa lunghezza in 72 parti eguali, ed ecco che ogni parte corrisponde a mm.
10,58 (10,58 x 72 = mm. 761,9). Nel piano armonico segnamo sulla parte 18 ᵃ e
sulla parte 52ᵃ l’asse verticale delle due semicalotte sferiche che dalla parte
centrale della tavola ne raccordano anche in senso radiale pure gli estremi.
Nella tavola di fondo tali semicalotte le segneremo sulle parti 23 ᵃ e 48ᵃ. Sulla
41ᵃ parte nella tavola di fondo, con una normale all’asse di simmetria
(longitudinale) passante per quella segnamo la linea di foco; e sulla parte 38 ᵃ
nel piano armonico segnamo con altra normale il diametro di gravità. La tavola
nelle sue dimensioni in senso longitudinale e nei suoi punti di riferimento
acustici è così segnata. Vediamo ora in senso trasversale. Le dimensioni delle
tavole del nostro bassetto sono:
410
Quelle del violoncello (Belsart) di Stradivari del 1689, al quale per epoca e
scuola per la riduzione vogliamo riferirci misurano:
Fig. 149.
413
empiricamente ne copiandola. Una ultima considerazione dobbiamo fare, e
cioè questa. Nella riduzione pel ravvicinamento sull’asse delle due parti di
tavola in senso longitudinale, abbiamo tracciata su dette una linea lievemente
inclinata convergente verso il basso. Le fibre dell’abete del piano armonico da
parallele all’asse vengono ora colla connessione di tavola a trovarsi disposte
divergenti dall’asse verso il basso. La linea di connessione della catena in
questo caso deve essere parallela all’asse di simmetria e tangente esternamente
al circolo inscritto nell’angolo dello stesso numero di gradi dello spostamento
laterale dell’anima (15-17 gradi). La grossezza della catena nella parte a
contatto della tavola deve essere eguale al diametro dell’anima; il suo spessore
od altezza, in rapporto allo spessore massimo della tavola. La sua lunghezza
(dato il criterio costruttivo del sec. XVII) sarà di circa mm. 560. La larghezza
del ponticello tra gli estremi dei suoi piedini a contatto sulla tavola deve essere
eguale alla larghezza dell’arco a cui sono sottese anima e sbarra, quindi di mm.
92.
Praticamente, segnata e ritagliata la linea
di contorno nelle riduzioni avvenute,
disponiamo il cartone sulla costola del
prisma triangolare onde accertarne con
l’equilibrio la gravità, eventualmente
correggendo nel contorno la linea
rastremata. Diminuiamo nelle parti ridotte, al contorno la tavola della larghezza
del bordo compreso il filetto prestando particolare cura ai quattro angoli,
disponiamo il cartone così segnato sul convesso di tavola e segnamone la linea
su questa. Con una fine sega o meglio con un appuntito e ben affilato coltello
togliamo dalla tavola a ridurre il bordo col relativo filetto e gli angoli, che
disporremo con cura a parte per poi riconnetterli adattandoli alla nuova linea di
tavola allorché rifagliata sarà pronta a riceverli, e portiamo la tavola nelle
dovute dimensioni. Riconnessi alla tavola il vecchio bordo con filetto, è
necessario rinforzare questi nella parte a contatto colla fascia, cosa che faremo
aggiungendo un lieve spessore di legno diminuendo di tanto nel bordo e
raccordando oltre nella tavola con catenaria la curva interna per ottenere buon
appoggio sulla controfascia e fascia per la spinta. Fig. 150. Regolate sulla
nuova linea di contorno la fascia, è ridotta da mm. 120 a mm. 105,32 la sua
altezza, questa fascia è pronta per la connessione alle tavole a formazione nelle
nuove dimensioni della cassa. Dal punto di vista estetico, occorre naturalmente
cura nell’operare, acciò non si abbiano, od almeno abbia, il meno possibile a
scorgersi di tracce nelle riduzioni avvenute, accompagnando poi la vernice, ed
attenendosi al puro necessario senza eccedere.
414
INDICE
Premessa Pag.
I
PARTE TEORICA
II
PARTE PRATICA
415