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II

PARTE PRATICA

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CAPITOLO I

PRELIMINARI ALLA COSTRUZIONE

Il problema della costruzione degli strumenti ad arco, dopo infiniti tentativi


in varie direzioni, non è ancora stato risolto. Riteniamo che lo studio basato
sulle leggi fisico-acustiche quali erano applicate dagli antichi costruttori possa
essere molto interessante e portare alla desiderata soluzione. Questo studio
occorre farlo sulle opere dei grandi costruttori antichi esaminandole
attentamente. In primo luogo constateremo come nulla sia lasciato al caso; ma
tutto sia previsto, calcolato ed eseguito in base a leggi fisse, ed applicato con
criteri esatti e precisi. Tutti coloro che si occuparono della costruzione del
violino, sempre si sono preoccupati della forma e delle caratteristiche esteriori;
essi miravano a fare «un bel violino» non un buon violino; nessuno ha pensato
mai che la parte interna, nella quale massimamente hanno gioco e risonanza le
leggi acustiche, dovesse essere preso in seria considerazione. Questa invece è
la sola che deve essere studiata come dimostreremo col presente lavoro. E nel
presente lavoro si vedrà come tutto, dalle tavole alle fasce, dal ponticello
all'anima, catena ecc. tutto abbia una ragione d'essere e questa ha le sue regole
precise che non si possono in alcun modo trasgredire.
Dalla metà del sec. XIX i liutai non ebbero altra cura che di finire
all’esterno le loro opere in modo da presentarle in forma elegante e graziosa;
nessuno si preoccupò della rifinitura interna, ossia della cassa armonica nella
quale avvengono i fenomeni produttori e di risonanza del suono, mentre è la
vera parte sostanziale. Stabilita questa con regole precise e definitive, il
rimanente è una conseguenza logica e naturale cogli accorgimenti derivati dalla
pratica. I classici autori non si devono imitare materialmente, ma si devono
studiare nelle regole che li hanno condotti a risultati così brillanti e definitivi.
Per l’applicazione pratica delle teorie da noi esposte, occorre riferirsi ad un
maestro dell’arte, e noi sceglieremo il più grande di tutti, Antonio Stradivari il
quale, nella costruzione dei suoi strumenti seguirne « maniere », quella
dell’imitazione del suo maestro Nicolò /finati (sec. XVII) e quella colla
importante variante da lui introdotta del sec. XVIII. In questa costruzione noi
dovremo renderci conto di ogni cosa; nulla sarà lasciato all'arbitrio ed al caso,
ma, tutto deve dipendere dalle leggi fisico-acustiche e statiche, che di mano in
mano andremo illustrando. La costruzione degli strumenti ad arco deve essere
basata sulle leggi della riflessione degli ostacoli concavi. E colla sola misura
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della lunghezza della tavola dovremo dedurre tutte le misure, dimensioni
proporzioni ecc. ecc. per costruire lo strumento. Quantunque la tisica moderna
differisca alquanto da quella di un tempo, per meglio interpretare lo studio
degli antichi, abbiamo creduto riferirci alla scienza di quel tempo, adottando le
regole che quei antichi trattati formulavano. Anche per le antiche misure
italiane, differenti dalle attuali ne daremo un quadro di ragguaglio affinché il
costruttore possa convenientemente orientarsi.
Misure antiche italiane
Anticamente ogni nazione aveva un sistema speciale di misure lineari, di
superficie, di capacità, di volume e di peso, quasi sempre differenti nelle varie
regioni ed anche per le differenti cose. I pesi e le misure che generalmente si
usavano in Europa, erano quelli stessi inglesi e francesi; solamente erano
diversi nei nomi e nelle divisioni. Le unità di misura erano incerte. Nessuna
proporzione vi era fra Tuna e l’altra, e perciò impossibile quasi il calcolo;
senza poi contare che quelle calcolabili, lunghe e difficili nel loro calcolo
richiedevano molta pratica ed attenzione. Le misure antiche come le moderne
erano varie a seconda le varie specie e dimensioni delle cose misurate, e cioè:

misure lineari o longitudinali per le lunghezze;


» quadrate per le superficie piane;
» solide e cubiche pei corpi solidi;
» di capacità per i liquidi ed i grani;
» di peso o di gravità o densità.

Le misure lineari erano per alcune regioni il braccio, per altre il piede, ecc.
ecc., e queste erano diverse per le stoffe, per le lane, per le sete e per
l’architettura. Per i pesi erano: la libbra grossa e piccola, suddivise in 12, in 18,
in 30 once; e queste, ancora suddivise in alter parti per i pesi minori, ma di
una diversità fra di loro che difficilmente si poteva conoscere precisa una
quantità.
In Italia le misure lineari o di lunghezza, quelle che per ora a noi qui solo
interessano, erano:
il braccio, di tre palmi e due spanne; ed era in uso negli stati e regioni di
Modena - Venezia - Milano - Mantova - Bologna - Piacenza - Brescia -
Cremona - Bergamo - Parma - Padova - Firenze e Lucca; e corrispondeva alla
lunghezza del braccio umano teso ed allungato;
il piede, p, di 12 once, pure in uso in quasi tutte le regioni italiane.
Questo piede di antica origine romana, era diviso in 12 pollici inglesi, ed ogni
pollice comprendeva lo spazio di tre grani d’orzo in lunghezza;
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il digito lo usarono i geometri che dividevano il piede in 10 digiti, ed il
digito, che corrispondeva alla larghezza del dito indice, era di 5/4 di pollice, ed
equivaleva a 4 grani di orzo disposti per largo in modo che si toccassero l’uno
coll’altro;
la linea (mm. 20,25), il digito veniva ancora diviso in 10 linee,
ed era questa la misura lineare più piccola (mm. 2,025);
la canna, a Napoli ed a Palermo; e conteneva 6 piedi, 10 pollici e 2
linee inglesi (cm. 221,80);
il raso, a Torino e Piemonte, e conteneva un piede parigino, 9 pollici e
10 linee inglesi (mm. 600);
la spanna o palmo, a Genova e Liguria, ed era una misura presa dallo
spazio fra l’estremità del dito grosso e la punta del dito mignolo quando
ambedue sono tesi in fuori, ed era calcolata 3 larghezze di meno (mm. 250);
il palmo romano grande, che corrispondeva alla spanna e conteneva 12
digiti o larghezze di dita, ossia 9 pollici od once romane;
il palmo piccolo, che corrispondeva alla larghezza della mano,
contenente 4 dita o digiti, uguali circa a 2 pollici e 9/10 inglesi;
l’oncia, che era la 12ª parte del piede e del braccio;
il punto, che era la 12ª parte dell’oncia, e la 144ª parte del braccio;
l’atomo, che era la 12ª parte del punto;
l’oncia ed il punto, ancora si dividevano, in metà, in quarti, in ottavi,
in dodicesimi ed in sedicesimi.

Con questo sistema di misure lineari si venne sino alla fine del XVIII
secolo, quando, e ciò nel 1790 e 1791, l’assemblea nazionale francese e
l’accademia delle scienze, stabilivano una nuova unità di misura di lunghezza,
più semplice ed uniforme, dalla quale ne derivassero tutte le altre misure
maggiori e minori, uguali per tutte le nazioni. Questa misura fu chiamata
Metro, e corrispondeva alla quaranta-milionesima parte del meridiano terrestre.
Nel 1799 questo metro ebbe anche i suoi multipli e sottomultipli e si chiamò
allora Sistèma Metrico Decimale. Attualmente in tutti gli stati civili l’unità di
misura è il metro (per misure lineare). Quella di superficie è il metro quadrato,
cioè un quadrato che ha un metro di lato. Quella di volume è il metro cubico, e
cioè un cubo che ha un metro di spigolo, quella di capacità è il litro, che
equivale al decimetro cubo; e quella di peso è il grammo che corrisponde al
peso di un centimetro cubo di acqua distillata alla temperatura di 4° del
termometro centigrado. In Italia il sistema metrico decimale venne adottato dal
mese di luglio 1861.

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Daremo qui una tavola di ragguaglio delle misure lineari italiane antiche al
sistema metrico moderno, e per non dilungarci, solo quelle delle regioni di
maggiore interesse nostro.
Misure lineari antiche cremonesi misura decimale moderna
P piede di 12 oncie . . . . metri 0,435
Ʒ oncia di 12 punti . . . . . . » 0,03625
P punto . . . . . . . . » 0,00302
B braccio da legname, o commune in 12 oncie . . » 0,595
Ʒ oncia in 12 punti . . » 0,0495
p punto . . . . . . . » 0,004125
braccio architettonico in 12 oncie . . » 0,6624
oncia in 12 punti. . » 0,0552
punto in 12 otomi . . . . . . » 0,0046
braccio mencantile in 12 onci . . » 0,71136
oncia in 12 punti. . . » 0,5928
punto in 12 atomi . . » 0,00494
atomo . . . .. . . . . » 0,00041
piede liprando . . . . . . . » 0,357
Misure lineare bresciane
Braccio da terra o piede in 12 oncie metri 0,475
Braccio da seta in 12 oncie. . » 0,640
Oncia da seta in 12 punti. . . » 0,040
Braccio da panno in 17 ancie . . . » 0,674
Oncia . . . . . . . . . » 0,0396
Punto . . . . . . . . . . . » 0,0033
Braccio mercantile (come a Cremona) . . . . . » 0,71136
Oncia in 12 punti . . . » 0,05928
Punto in 12 otomi. . . » 0,00494
Atomo . . . . . . . . . . » 0,00041

Misure lineari padovane


Braccio da panno in 12 oncie . . » 0,881
Oncia. . . . . . . . . . . . » 0,056
Braccio da seta in 12 oncie . . . » 0,638
Oncia. . . . . . . . . . . . » 0,053
Braccio mercantile(come a Cremona) . . . . . » 0,71136
Oncia in 12 punti . . . » 0,05928
Punto in 12 otomi . . . » 0,00494
Atomo . . . . . . . . . . . » 0,00041
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Piede di fabbrica in 18 oncie . . » 0,357

Oltre alle suddette regionali misure italiane, gli antichi liutai usavano il
piede, il pollice e la linea francese.

P piede francese in 12 pollici . metri 0,325


Poll. Police od oncia in 12 linee . . » 0,027
I Linea . . . . . . . . . . . » 0,00225
In liuteria usavasi esprimere con dette misure francesi, le proporzioni e
dimensioni degli strumenti di maggiore mole, come violoncelli, bassi .di viola
e violoni o contrabassi.
Esempi di misure da documenti antichi autentici
lunghezza p. 72 mm. 355,68
larghezza cima p. 22½ » 165,49
» fondo p. 42 » 207,48
spessore fianchi
Misura giusta » sopra p. 6 » 29,64
per violino II » fianchi
» sotto p. 6½ » 32,11
lunghezza occhi p. 15 » 74,1
» manico p. 25 » 123,5
lunghezza p. 82 1/16 mm. 407,55
larghezza cima p. 37¼ » 184,01
Misura giusta per » fondo p. 41½ » 237,12
contralto (viola) lunghezza occhi p. 19 » 93,8
p. 20 » 98,8
p. 21 » 107,37
fianchi in alto poll. 1, linee 2 mm. 31,50
» in basso » 1, linee 3½ » 34,875
Viola contralto lunghezza manico » 5, linee 6 » 148,56
larghezza al capotasto » 1, linee 4 » 36,0

Misura per basso grande (contrabasso)

Altezza fianchi in cima Poll. 7 line 6 mm. 202,50


» » » fondo » 8 » 216,0
lunghezza manico » 22 » 5 » 606,25
larghezza manico in cima » 1 » 8 » 45,0
» » » fonde » 3 » 4 » 90,0

Di minore importanza sono qui per noi le misure antiche di capacità e di


peso, col ragguaglio alle moderne, interessando solo a completamento della
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costruzione nelle formole di antiche vernici per liuteria. Trattando a suo tempo
di queste vernici, daremo le proporzioni di esse in misure moderne col rapporto
di quelle antiche per ogni regione a cui le formole si riferiranno.
Praticamente dovremo quindi prepararci un regolo, sul quale ai due lembi
nei lati ed alle due parti di esso, segneremo le misure lineari antiche, in once ed
in punti, su di una delle due facce; in pollici ed in linee francesi sull’altra
faccia, come in avanti dimostreremo.

Nozioni di geometria piana e dimostrazioni di disegno


geometrico inerenti la liuteria

Nella parte teorica dello studio fisico-acustico della cassa armonica degli
strumenti musicali ad arco da noi esposto, abbiamo trattato di curvature, di
angoli, di gradi, di circoli inseriti in angoli, di settori e di altri termini
geometrici, cose tutte essenziali per la dimostrazione di quelle teorie. Dovendo
ora qui trattare della costruzione con artigiani, i quali, salvo rare eccezioni, in
generale poche cognizioni hanno di discipline geometriche, matematiche e
fisiche; non hanno quindi conoscenza di certi strumenti necessari per
determinare le figure da usarsi operando in detta costruzione. È necessario una
breve spiegazione dei principali termini geometrici a cui queste si riferiscono;
ed in modo speciale, alle figure degli angoli, delle circonferenze e loro
divisioni in irradi.
Sorvoliamo quindi le definizioni elementari della estensione dei corpi,
forma e grandezza, e cioè la lunghezza, larghezza ed altezza o profondità o
spessore o grossezza; ed i tre limiti in questi, e cioè superficie, linea e punto; né
accenneremo a definizioni della retta, semiretta, segmento; della linea curva,
delle varie specie, e cioè verticale, orizzontale, perpendicolare o normale,
inclinate divergenti e convergenti e delle parallele. Ci fermeremo quindi e
diremo quanto solo a noi necessario circa gli angoli, la circonferenza o circoli,
ed i crudi in cui essa si divide. Àngolo secondo i geometri è lo spazio che
lasciano in mezzo due rette che partono da un medesimo punto. Le due rette
che formano l'angolo si chiamano lati, ed il loro punto comune diccsi vertice
dell’angolo. Fig. 1 a fi). L’angolo si enuncia con tre lettere scritte, una accanto
ad un lato, l’altra al vertice, l’altra accanto all’altro lato, e quindi l’angolo alla
figura I si indica l’angolo BAC. L’angolo può anche accennarsi con una sola
lettera scritta accanto al vertice, ed allora si dice, l’angolo A. Quando due o più
angoli hanno comune il vertice, si indicano con tre lettere scritte nell’interno di
ciascun angolo (II». Un angolo ha più o meno ampiezza (apertura) a secondo
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che i suoi lati sono più o meno distanti tra loro. La grandezza di ogni angolo
dipende quindi dalla sua ampiezza di apertura, e non dalla lunghezza dei suoi
lati. Quindi gli angoli hanno un’apertura eguale sono chiamati angoli eguali.
Sono chiamati angoli adiacenti due angoli posti uno accanto all’altro in modo
da avere comune il vertice ed un lato (III). Un angolo può essere retto, o acuto,
od ottuso. È retto quando i lati sono perpendicolari tra loro e questo sempre 90
gradi. È acuto quando è più piccolo del retto, ottuso quando è più grande di uno
retto (IV-V- VI). Due angoli che uniti assieme uguagliano 90 gradi, e che
equivalgono quindi ad un angolo retto, si dicono complementari (VII). Due
angoli non contigui, formati da due rette che si intersecano a vicenda, diconsi
angoli opposti al vertice, e questi sono eguali (Vili).
La semiretta che partendo dal vertice dell’angolo lo divide in due parti eguali
dicesi bisettrice (IX). Una porzione di un piano limitata da tre o più segmenti
rettilinei, si dice poligono, e questi si enunciano con lettere ai loro vertici. Di
questi poligoni a noi solo interessa il triangolo che è un poligono di tre lati. I
suoi tre lati assieme ai suoi tre angoli sono detti i sei elementi del triangolo. Un
triangolo può essere: equilatero, se ha uguali i suoi tre lati; isoscele, se ne ha
solo due eguali; rettangolo, se uno dei suoi lati è retto, e il lato opposto a
quest’angolo si chiama ipotenusa (X-XI-XII). Per costruire un triangolo
equilatero, si fa centro prima nell'uno e poi nell’altro estremo di un lato con
raggio uguale alla lunghezza del lato, e si descrivono due archi che si
incrocieranno in un punto C. Si congiunga questo punto C con gli estremi del
lato AB (X).
Il circolo o cerchio, è una figura piana di forma geometricamente rotonda,
limitata da una linea curva detta circonferenza; i cui punti sono tutti
equidistanti da un punto interno O, detto centro. Le due voci si usano
indistintamente, e si dice circonferenza in luogo di Circolo e viceversa. Nel
circolo sono considerati: il raggio, che/fè il segmento o linea retta condotta dal
centro ad un punto qualunque della circonferenza, e quindi i raggi di un cerchio
sono tutti uguali; il diametro, che è quella retta che passando per il centro
termina alle due opposte parti della circonferenza, ogni diametro equivale a due
raggi, perciò anche i diametri di un cerchio sono tutti eguali. Un diametro
qualunque divide la circonferenza in due parti uguali, dette semicirconferenze.
La corda è una retta che congiunge due punti qualunque della circonferenza.
Secante è una linea che attraversa il circolo e taglia in due punti la
circonferenza. Tangente viene chiamata qualunque retta la quale per quanto
prolungata, tocca la circonferenza in un solo punto, detto punto di contatto.
Freccia, è il segmento perpendicolare condotto dal punto di mezzo di una corda

194
Fig. 1.
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e termina all'arco (XIII). Arco, è una porzione qualsiasi della circonferenza.
Quando questo è di un quarto di circonferenza chiamasi quadrante. Quando è
di mezza circonferenza dicesi semicirconferenza. Segmento di cerchio o di
circonferenza, è la porzione di un cerchio limitata ad un arco e da una corda,
aventi in comune gli estremi. Angolo al centro è chiamato un’angolo che ha il
vertice nel centro del cerchio, e formato da due raggi. Settore circolare è
chiamata una porzione di cerchio limitata ad un arco e da due raggi che fanno
capo agli estremi delParco (XIV). Concentriche sono chiamate due o più
circonferenze che hanno un medesimo punto per centro, per quanto una sia più
grande delPaltra (XV). Cerchi tangenti, sono chiamati due circoli che hanno un
solo punto di contatto. Essi possono essere tangenti esternamente ed
internamente, ed il loro punto di contatto è sulla linea dei loro centri (XVI). I
cerchi o le circonferenze di uguale raggio sono eguali, ed in un medesimo
cerchio ad angoli al centro eguali corrispondono archi eguali, e ad archi eguali
sono sottese corde eguali.

Divisione della circonferenza, e misura degli angoli e degli


archi in gradi

Qualunque circonferenza, sia essa piccola o grande, si divide in 360 parti


uguali detti gradi. Ogni grado si divide in 60 parti più piccole, dette minuti, ed
ancora, ogni minuto in altre 60 parti uguali dette secondi. Queste divisioni e
suddivisioni, si accennano opponendo al numero di gradi uno zero a destra, al
numero di minuti una virgola a modo di apostrofo, al numero dei secondi,
doppio apostrofo. Gli archi circolari si misurano adunque in gradi, minuti e
secondi; l’unità di misura degli archi, è l’arco di un grado, ed i suoi
sottomultipli sono il minuto ed il secondo.
Abbiamo detto sopra, che in una medesima circonferenza ad archi eguali
corrispondono al centro angoli eguali, e dunque misujfindo i gradi dell’arco
corrispondente ad un angolo al centro si avrà la sua ampiezza od apertura,
ossia la grandezza dell’angolo espresso in gradi. Ciò perché la misura in gradi
di un angolo non è altro che il numero di gradi dell’arco di cerchio compreso
fra i lati di quest’angolo, ed avente il centro nel vertice dei l’angolo.
Lo strumento che serve a misurare gli angoli e gli archi in gradi è un
semicircolo graduato, di mica di corno o di metallo sottile, nel cui lembo è
diviso nei suoi 180”. Questo strumento è chiamato goniometro o rapportatore,
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che vuol dire misuratore di angoli. Fig. 1 b. Per l’uso si faccia coincidere il suo
centro O col vertice dell’angolo ed il suo diametro AB con uno dei due lati
dello stesso annoio DOC. Il grado del goniometro che coinciderà coll’altro lato
in C, darà in gradi e minuti la esatta misura dell/angolo. L’angolo dimostrato
dalla figura 1 b risulterebbe un angolo di 60°. Ottenuta l’esatta misura
dell’angolo DOC, disponendo il goniometro come mostrato nella figura 2, e
cioè in modo che il suo centro coincida col vertice O dell’angolo, e la linea che
segna il 90°, sulla sua bisettrice, potremo suddividere in altri gradi minori
l’angolo DOC, dato. Con tale disposizione ecco che l’arco AB nell’angolo di
60°, viene suddiviso in 40 ed in 20 gradi.
La parte nella geometria che insegna l’uso dei vari strumenti occorrenti per
la costruzione delle figure geometriche è chiamata disegno geometrico. Sono
perciò isfrumenti indispensabili per questa: la riga, le squadrette, le parallele, il
compasso, il doppio decimetro, e nel nostro caso, anche il regolo delle misure
antiche italiane del braccio, e del piede francese per il ragguaglio al sistema
metrico decimale moderno, il goniometro o rapportatore, ed altri, meno
importanti.

Fig. 1 b.

Riteniamo però superfluo lo spiegare di questi strumenti, perché già


abbiamo detto che un artigiano liutaio dovrebbe avere almeno elementari
cognizioni di geometria, e la conoscenza dei comuni strumenti accennati.
Daremo quindi solo la dimostrazione dei pochi problemi geometrici a noi
occorrenti, i quali, richiedendo costruzioni di figure, sono esempi di disegno
geometrico, e queste al solo scopo di facilitare l'esecuzione delle principali ed
interessanti regole della nostra costruzione, non essendo né nostra intenzione,
197
né possibile in sì poche pagine dimostrare i molti problemi inerenti questa
disciplina.

Fig. 2.

Come si ottiene la divisione in un dato numero di parti uguali


di un dato segment

Sia la retta AB, da dividersi in quante parti uguali vogliamo, ad esempio in


12 parti uguali. Dal punto A tiriamo una obliqua di lunghezza a piacere. Sopra
questa, da A, segnamo col compasso 12 spazi uguali tra loro, e scelti a piacere.
Sul 12° spazio segnamo E, uniamo ora con una retta E con B, e con parallele
alla EB, riportiamo i punti segnati sulla AE all’incontro della AB. Questi punti
sulla AB saranno le precise divisioni di questa in 12 parti uguali. Fig. 3.

Fig. 3.

198
Come si conduce una retta normale ad una perpendicolare

Sia AB la retta perpendicolare. Segnamo sopra questa a volontà CD. Ora


facciamo col compasso centro in C, e con raggio CD, descriviamo due archi,
uno a destra, uno a sinistra della AB. Centro in D, con eguale apertura o raggio
descriviamo due altri uguali. All’intersecazione dei due archi tiriamo la EF,
passante in questi, che sarà la normale AB, voluta. I quattro angoli formati da
queste due rette che si tagliano a vicenda, sono tutti quattro retti. Infatti: se a è
retto, anche il suo complementare b è retto, e quindi anche c e d sono retti
perché rispettivamente opposti al vertice ai due primi. Fig. 4.

Come si conducono perpendicolari ad una retta data

Sia AB la retta data. Si disponga una riga R in modo che un suo spigolo
coincida colla retta AB. Appoggiamo ora una squadretta S contro la riga in
modo che uno dei suoi cateti sia a contatto dello spigolo della riga e l’altro
cateto rimanga perpendicolare alla AB. Segnamo con lapis lungo questo cateto
una retta DC, e questa sarà la perpendicolare alla retta AB data. Potremo quindi
condurre parallele a questa CD e perpendicolari alla AB, altre retti in punti
diversi sulla AB, come in DVD", facendo scorrere la squadretta lungo la riga.
Fig. 6. Volendo si può anche sostituire la riga con altra squadretta.
Con la squadretta e la riga si possono ancora condurre per punti dati delle rette
parallele ad una retta data, e normali ad una data perpendicolare. Sia AB la
retta data e CD la perpendicolare a questa. Collochiamo la squadretta e la riga
una appoggiata all'altra in modo che un cateto sia appoggiato contro lo spigolo
della riga e l’altro coincida colla retta data AB. Facciamo ora scorrere la
squadretta lungo la riga tenendo quest'ultima ben ferma, segnando
successivamente dai punti sulla perpendicolare CD, per quel punto dato le
parallele E, F, C, H, I, L, alla AB, retta data. Fig. 6.

199
Fig. 4. Fig. 5.

Fig. 6. Fig. 7.
Come si trova il centro Ji un'arca circolare o di una circonferenza

Si conduca all’area AB due segmenti qualunque, AC-CB e sui loro punti


medii condurre due perpendicolari a detti segmenti che si incontreranno in un
punto O. il quale è il centro della circonferenza di cui AB ne è un area. Fig. 7.

Come sì costruisce gcometricamcntc la spirale della voluta

La voluta architettonicamente è una specie di rotolo spirale usato nei


capitelli delTordine jonico e del composito, dei quali è il principale distintivo
ed ornamento. La spirale della voluta nella geometria e una linea curva della
specie circolare, la quale nel suo sviluppo si allontana dal suo centro scendendo
200
dal vertice, aggirandosi a spira sino alla base di un cono, di modo che tutti i
punti della medesima si allontanano continuamente dall’asse. Vi sono diversi
modi di segnare la spirale, ma qui dimostreremo i più importanti, cioè, quelle
antiche di Vitruvio e di Archimede, che sono anche le più facili ad eseguirsi.

Costruzione della spirale di Vitruvio

Sia A, B, C, D, l’occhio della voluta, inscriviamo internamente il quadrato


a, b, c, d, dividiamo i lati di detto per metà e conduciamo le rette 2-4, 1-3
dividendole ciascuna in sei parti uguali.
I punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, e 12 segnati per ordine sono i centri
degli archi che compongono i tre giri della spirale. Tiriamo ora le orizzontali 1-
2, 5-6, 9-10, 3-4, 7-8, 11-12, e poi le verticali 2-3, 6-7, 8-5. Con centro Ile
raggio A descriviamo l’arco All, con centro 10 e raggio 11, con centro 10 e
raggio 11 descriviamo l’arco 11-10, con centro 9 e raggio 10 descriviamo
l’arco 10-9, con centro 8 e raggio 9 descriviamo l’arco 9-8, con centro 7 e
raggio 8 l’arco 8-7 e così di seguito. Fig. 8.
Altra spirale: Dato l’occhio di centro, descriviamo la spirale. Tiriamo i
diametri a, b, c, d, dividiamoli per metà nei punti 1, 2, 3, 4. Centro due (2) e
raggio 2-A descriviamo la spirale e precisamente con l’arco AB, centro 3
raggio 3B, descriviamo l’arco BC, centro 4 raggio AC descriviamo l’arco CD,
e così di seguito. Fig. 9.

201
Fig. 8. Fig. 9.

Dato il passo AB, descriviamo per punto la spirale di Archimede

Descriviamo un circolo di raggio AB. Tiriamo da A le perpendicolari II-IV,


IV-VIII, e poi le bisettrici III-VII, I-V, ottenendo cosi otto settori. In egual
numero di parti uguali divideremo il passo AB, ad esempio qui in 8 parti. Con
centro in A portiamo Al sopra I, A2 sopra II, A3 sopra III, A4 sopra IV, e cosi
di seguito sino a VIII. Per detti punti segnata a mano libera passa la spirale.
Questa si chiama particolarmente prima spirale. A questa, possiamo
continuarne una seconda spirale, descrivendo un secondo circolo col doppio
del raggio della prima spirale in AC, suddividendolo in altre 8 parti da B, ed
ancora, se dovremo continuare, una terza parte mediante un terzo circolo ed
altra divisione in 8 parti eguali sul raggio da C. Tracciamo in ultimo dal centro
A, a parti 3 sulla bisettrice IIIª il bottone circolare centrale di detta spirale. Fig.
10.

Fig. 10.
A complemento daremo qui le antiche abbreviazioni, segni convenzionali
geometrici che sovente si riscontrano in antichi documenti:

parallelism ∟ angolo retto


 triangolo  linea perpendicolare
 quadrato ° gradi
rettangolo ’ minuti
 circolo ” secondi
 angoli eguali + addizione
 lati equali - cottrazione
< angolo = uguali totale

202
x moltiplicazione divisione

Premesse queste necessarie spiegazioni e dimostrazioni geometriche


passiamo a ragionare su elementari nozioni di acustica-fisica e quindi alla
pratica-costruttiva.

Nozioni di acustica-fisica

Come per le altre discipline delle quali abbiamo dato elementari nozioni, così
faremo per l’acustica-fisica, limitandoci a semplici definizioni generali e di
pura attinenza al nostro studio. E come fatto nella parte teorica, così sulle
costruzioni seguiremo trattando dei singoli fenomeni che interessano i vari
punti sulla costruzione, sia per non creare ripetizioni, sia per poter, trattando
con artigiani, dimostrare praticamente e quindi di maggiore comprensibilità che
dimostrandoli con sole definizioni.
L'acustica è la scienza dei suoni, cioè quella scienza che allorquando si
produce un suono, osserva quanto accade, e cerca quali fenomeni, quali leggi
sono necessarie alla formazione di questo suono, e secondo quali leggi questo
suono giunge al nostro orecchio.

L'acustica si può dividere in:


fisica, quella che studia i fenomeni che si riferiscono al suono;
fisiologica, quella che studia le sensazioni sonore;
musicale, quella che studia l’applicazione pratica nella musica in
rapporto ai dati scientifici.

Noi tratteremo solo dell'acustica-fisica, essendo nostra intenzione e solo


nostro scopo conoscere i fenomeni che lo producono, che lo diffondono, e che
lo intensificano; e secondo quali leggi al mutare dei fatti stessi esso venga a
diminuire a cambiare; come egli si propaghi all’aria nella cassa comunicandosi
alla materia solida, e come intensificato venga da questa cassa emesso
all'esterno nell'aria. Ciò per poter dimostrare e provare quale sia stato il criterio
tenuto dagli antichi liutari nella creazione, formazione, modificazione della
cassa armonica di questi strumenti ad arco, e poterlo seguire nella costruzione
degli stessi.

Produzione e propagazione del suono

203
Il suono ed il rumore sono percezioni dell’udito di natura speciale alla stessa
guisa che l'occhio percepisce i colori. Un moto di un corpo sonoro è necessario
per la formazione e propagazione del suono. La qualità di movimento che
proprio ha la capacità di dare la vera sensazione del suono è il moto
oscillatorio, il quale è il moto del pendolo. Esso partendo da un punto,
attraversa la sua posizione normale, oltrepassa di tanto quanto è il punto da
dove è partito, ritorna, ripassando sempre per lo stesso punto sino al punto di
partenza, e nuòvamente fa uh continuo e regolare va e vieni, ripassando sempre
al medesimo luogo, e colla medesima velocità. Ciò per forza di gravità, cioè
agisce per il peso dei proprio corpo. Un altro moto, che è dovuto ad un’altra
forza detta di elasticità, uguale e simile a quello che compiono i corpi sonori.
Questa e una proprietà dei corpi naturali elastici, per le quali essi rimettono alla
loro figura ed estensione che per qualche causa esterna avevano perduta.
Le vibrazioni del pendolo non sono perfettamente isocrone, mentre
l’isocronismo dei corpi elastici è rigoroso. Il moto in un corpo sonoro che e
l'immediata causa del suono, può essere prodotto da differenti cause, cioè,
dulPurtarc che fa il corpo sonoro coll'aria, per collisione, per percussione tra
detto corpo ed altri corpi duri. Nel primo caso succede negli strumenti a fiato,
negli altri casi, negli strumenti a corda, nelle campane, nei tamburi, ma sia in
un caso come nell’altro, il moto che ne succede è tremolo, ondeggiante e
succede nelle particelle o molecole del corpo. I corpi essendo composti di
particelle piccolissime ed elastiche, quando queste venissero smosse dalla loro
posizione, vibrano tendendo al riposo e comunicano il loro moto alle altre
particelle producendo il suono.
Vibrazioni di una campana. Strofinando con un archetto il lembo di una
campana, questa vibra durante tutto il tempo per cui dura il suono; e se
appoggiamo leggermente la mano su di essa, ne sentiamo il caratteristico
fremito delle vibrazioni; ma se premiamo con una data forza ecco che il moto
vibratorio cessa, e con esso il suono.
Vibrazioni di una lamina. Una lamina di acciaio fermata da una sola parte
esterna e fatta a mezzo di colpi sopra oscillare, produce per un dato tempo
oscillazioni che sono come quelle di un pendolo. Se sulla superficie spargiamo
della sabbia finissima, e quindi sfregiamo con un archetto un lembo di essa,
vedremo la sabbia saltellare, sfuggire da certe parti e riunirsi sopra linee.
Queste linee chiamati nodali hanno attorno a se i movimenti vibratorii.
Vibrazioni di una corda musicale. Corda musicale è quella minugia o filo
metallico, che tesa, eccitata si vibra e ci dà la sensazione del suono. Quando
una corda tesa si scuote in modo da farla suonare, la si pone in uno stato
vibratorio, reso sensibile dall’apparenza di un fuso allungato, ed i suoi contorni
204
ci appaiono indecisi e confusi. Questa apparenza proviene dalla persistenza
delle impressioni luminose sulla retina, e dalla velocità del movimento
vibratorio, l’occhio scorge la corda in tutte le posizioni ad una volta, giacché la
durata di una vibrazione è minore del tempo per il quale dura l’impressione
luminosa. Il moto di una corda sonora è vibratorio, segue le leggi del pendolo,
e comunque siano le vibrazioni, sono tutte eseguite in tempi uguali, e cioè sono
isocrone. Le vibrazioni di una corda eccitata sono trasversali, e si propagano
lungo la stessa corda producendo onde sonore. Le vibrazioni sonore sono
veloci e di piccola durata. Esse sono sensibili quando la loro durata non è non
troppo grande né troppo piccola, e così pure la loro ampiezza; quando invece la
loro durala è troppo lenta o troppo veloce, e naturalmente anche così la loro
ampiezza, allora non è più percettibile al nostro udito. Fisicamentc chiamiamo
onda una cavità di un’oscillazione nella sua superficie dell'acqua, dell’aria o di
un’altro fluido formata dall’agitazione e di una elevazione a piano di essa. Fig.
11.

Fig. 11.

Meccanismo della propagazione del suono

Fisicamente l’aria è un corpo gassoso, trasparente, elastico, comprensibile,


dilatabile. Essa è composta di particelle che si muovono per qualunque lieve
forza e comunicano il loro moto alle particelle vicine. Consideriamo una corda
sonora tesa ed eccitata; le particelle dell’aria che circondano la corda ricevono
l’urto e lo trasmettono alle altre, e questa alle seguenti e così via di seguito, in
tutte le direzioni, producendo un moto vibratorio circolare. Il suono non è un
ente particolare; esso, come abbiamo detto non è altro che un’impressione
originata dalle vibrazioni di un corpo sull’organo dell’udito. L’esistenza del
corpo in vibrazione e dell’organo dell’udito non sono sufficienti a darci
l’impressione sonora, ma occorre l’intervento di un mezzo ordinario. Questo
può essere gassoso, liquido, solido, però deve essere elastico. Si può dimostrare
come un corpo sonoro posto sotto una campana pneumatica dalla quale sia
stata tolta l’aria, vibra ugualmente, ma nessun suono sarebbe percettibile.
L’aria e l’acqua trasmettono i suoni, ma molto meglio lo trasmettono i corpi
solidi elastici. Se due persone si collocano alle estremità di una lunga trave ben

205
secca, ed una di esse batte con la capocchia di uno spillo alcuni colpi secchi su
di essa, l’altra persona, applicata l’orecchio contro la trave ne udirà
distintamente il rumore, mentre questo non sarebbe percettibile se l’orecchio
fosse nell’aria.

Moto ondulatorio nell’aria, lunghezza d'onda, superficie d'onda, raggi


d'onda o raggio sonoro

Le onde vibratorie o moto ondulatorio nell’aria, prodotte dalle vibrazioni


della corda si espandono in senso circolare, e cioè attorno a questa per una
elevazione ed una subita concavità e mantenendo la stessa lunghezza la quale si
chiama lunghezza d’onda. Questa lunghezza d’onda, è il tratto che entra in
movimento nell’istante medesimo che tutto insieme si curva ed eleva. Essa è
proporzionale alla durata della vibrazione, cresce o diminuisce a seconda della

Fig.12.

intensità di questa. Due punti distanti tra di loro di una lunghezza d’onda, si
dicono in concordanza di fase, e dalla loro posizione sulla curva alla retta
presentano uno spostamento uguale. Due punti distanti invece mezza lunghezza
d’onda, si dicono in opposizione di fase, presentando essi spostamenti eguali
ma dalle due parti opposte e di segno contrario.
Chiamasi superficie d’onda la zona dal punto o corda che partonole
vibrazioni e formano l’onda susseguendosi in cavità e sollevamenti. Raggio

206
d'onda, è la retta supposta che unisce il punto da dove parte l’onda al punto
massimo che la consideriamo giunta. Fig. 12.

Velocita del suono nell’aria

Un grande numero di esperienze furono fatte per determinare la velocità del


suono nell’aria. Ormai si ritiene che la velocità del suono nell’aria sia di m. 340
circa al minuto secondo. La velocità del suono in acqua alla temperatura di 8
centigradi fu trovata di m. 1435 circa al minuto secondo. La velocità è uguale
per tutti i suoni. Nel prodursi l’uno dentro l’altro dei circoli nell’aria e
nell’acqua richiedendo successioni e avanzamento di spazio per diffondersi il
suono portato innanzi di onda in onda, non è possibile si propaghi in istanti; e
coll’andare che fanno, sia le vibrazioni deU’aria come quelle dell’acqua,
muovendosi si indeboliscono sino al mancare, al perdersi del tutto.
Dimostrazione dei circoli che si formano sull1 acqua per rappresentare il
moto ondulatorio nell'aria e Vandamento del suono Il moto ondulatorio
nell’aria è simile alle onde prodotte in uno specchio d’acqua dalla caduta di un
corpo. Esaminiamo bene il fenomeno delle onde prodotte in una peschiera. Sia
questa quadrata e murata attorno. La sua superficie essendo piana e quieta,
lascia vedere bene ogni piccolo rilievo che vi succeda, esprime fedelmente la
varietà delle figure e lascia vedere la progressione del moto.
Supponiamo che un sassolino venga lanciato nel mezzo del quadrato; le due
forze unite, gravità e forza del lancio danno un colpo e si solleva la prima onda
girata in un cerchio. L’acqua percossa dal sassolino, premuta giù, avvallata, e
con ciò messa fuori di livello, da se stessa vi ritorna. Ma siccome fu messo
sotto con impeto, con impeto ne risale e sormonta la superficie, indi ricade giù
e si sprofonda più del dovuto; e così si avvicendano calate e sollevamenti
finché la forza dell’impeto si consuma e l’acqua torna quieta. In questo
movimento si formano tanti circoli concentrici sempre maggiori.
Apparentemente sembra che l’acqua si portò lontana correndo verso le
sponde; invece il suo muoversi non è camminare per il largo, ma dare un
guizzo e fare un saltellino all’in sù, e dopo esso da giù, senz’altro cambiamento
che dall’alto in basso in linea perpendicolare. Dunque, i circoli od onde
prodotte dal sassolino ivi gettato, non corrono. Supponiamo che i circoli od
onde prodotti siano otto; questi si vedranno andare sul piano dell’acqua come
una fascia increspata che sempre più si allarghi. Il rimanente del campo che è
la superficie dell’acqua sia fuori che dentro all’ultimo cerchio sarà piana e
liscia. Sia A, B, C, D la peschiera; E, il centro dei cerchi od onde; L ed M, sono
gli spazi quieti e lisci, l’uno dove le onde sono già passate, l’altro quello in cui
207
non sono ancora arrivate. FG, le otto onde mosse dal sassolino che formano le
loro crespe.
Questi otto circoli formati dall'impeto del sassolino, muovendosi e
dilatandosi non cresceranno di numero, dureranno sempre otto per dendosene
uno internamente e formandosene uno nuovo allcstcmo, e quindi sarà sempre il
primo cerchio che fu prodotto dalla percossa del sassolino quello che
continuerà a produrre vili altri, urtando e muovendo l'acqua che gli sta innanzi.
I cerchi dei l’acqua non si aggiungono di fuori al convesso del primo ma gli si
formano nel concavo e si vanno chiudendo uno dentro l’altro; e ciò continuerà
lino a che l'acqua agitata dal sassolino non sia tornata tutta quieta. Fig. 13.

Fig. 13.

Se invece di un solo sassolino ne gettiamo due vicini e quasi


contemporaneamente, i circoli prodotti si accavalleranno e passeranno l’uno né
sopra all’altro né sotto, proseguendo il loro ondeggiare in tondo. Fig. 14. I
circoli cosi alzati, nell’incrociarsi che fanno non si distruggono gli uni e gli
altri e nemmeno ne soffrono; e così nell’aria, si tagliano e non si rompono.
Molto interessante è l’esempio dell’acqua posta in un catino posato su di un
tavolo di legno. Dimostriamo come le ondulazioni in questo si succedano. Il
tremore comunicato alla tavola dalla percossa di un pugno in qualunque punto
su essa, trasmette il tremore di questa al catino e fa brillare l’acqua di cui è
pieno. Si vede allora la superficie di questa incresparsi ed ondeggiare
coprendosi tutta di circoli fitti e densi fra di loro, e velocissimi muoversi dalla
circonferenza al centro.

208
Fig. 14. Fig. 15.

Questi circoli dei quali è piena la superficie dell'acqua del catino, sono le
onde vive e moventisi per la forza impressa dal tremore dalla tavola.
All’occhio sembra che tutti questi circoli vadano a morire al centro, e che qui
tutti finiscano, si dileguino in nulla. La cosa però non è così.
I circoli giunti al punto di mezzo proseguono in avanti, trascorrono, e
trapassato il centro vanno incontro alla parte opposta della circonferenza del
catino. Tanto corrono solo sino al centro quei circoletti dell’acqua se il tremore
del catino è debole e l’impeto è poco, quanto sia gagliardo; ma allora alza onde
più ardite e la caccia con maggiore forza; ma, sia l’impeto debole che il
gagliardo non produrranno che effetti uguali. Dalla circonferenza del catino
tremolante si formano sensibilmente raggi d’acqua, tutti tesi e diretti ad
imbroccarne il centro, onde non è fuori di ragione il considerare l’impeto che
forma i circoli come scoccato da qualsivoglia punto della circonferenza al
centro per linee dirette le quali sono tutte semidiametri.
Sia ABED la linea del catino pieno d’acqua; C il suo centro. Dividiamo la
circonferenza nei quadranti AB, BE, ED, DA; consideriamo due opposti, cioè
BE-DA, come due coni opposti al vertice C, e si descrivano le onde che si
formano tremando il vaso. Consideriamo ora, come del resto lo sono, un corso
di linee ad onde serpeggianti, quale la FG, che spiccata da quanti sono i punti
degli archi AD-BE, corrono in C, e se ne vedrà l’unirsi e il non confondersi,
il trapassare il centro, il giungere sino alla parte contraria della circonferenza.
Le onde, partendo dalla circonferenza AD, passato il centro C, si incrociano, si
riversano e divengono le onde EB; si vanno incontro le une alle altre, non si
contrastano, non si permischiano, non si confondono, e non solamente le une
non disformano le altre, ma si riformano le une con le altre il doppio in meglio.
209
L’acqua nel catino si rimane ferma quanto al non muoversi di dove era, e
solamente si alza e si abbassa in sù ed in giù della medesima linea
perpendicolare. La linea d’impeto che da AD, passa per C, e va a BE, e così
tutte le altre, fa come le altre che da BE, corre in C, e cioè, inalza le sue
ondicelle. Adunque, l’aggiungersi al suo impeto della ABC, trapassata non
scompiglia i circoli delle onde BCE, ma operando come essa, viene quasi ad
esserne raddoppiato l’effetto. Figg. 15 e 16.

Fig. 16.

Le onde sonore sono simili ai circoli dell’acqua. Differiscono perché sono


sferiche. Dobbiamo quindi immaginarci nell’aria tanti globi o sfere, l’una
dentro l’altra propagantesi in tutte le direzioni attorno al centro dello
scuotimento come se questo avvenisse per la espansione e la contrazione di una
sfera.
La propagazione in un mezzo indefinito avviene in questo modo. Ciascun
strato comunica il suo movimento ad una massa d’aria superiore alla sua. Ne
deve derivare adunque una diminuzione d’ampiezza nelle vibrazioni e quindi
una diminuzione nell'intensità del suono. La teoria dimostra che la diminuzione
dell’intensità del suono è in ragione inversa del quadrato della distanza dal
centro di scuotimento.

Riflessione del suono

Le onde sonore incontrando un'ostacolo si riflettono, cioè, tornano in dietro


in senso opposto a quello da cui provenivano. Così, quando le ondulazioni
dell’acqua giunti che siano al muro della peschiera, daranno in dietro e quindi
ritornano verso il loro principio; e quanta è la forza di muoversi sull’acqua
tante volte ripetono il tornare. I circoli giunti ad urtare il muro della peschiera

210
non si confondono, non si permischiano né perdono il loro impeto, ma col
medesimo ordine che erano venuti, si volgono in dietro, e col convesso in
avanti tornano verso il loro centro, e rinnovano tante andate e ritorni sino a
consumare l’impeto del sassolino che le smosse.
I circoli dei ritorni o ripercuotimenti sono sempre di convessità maggiori
di quelli di andata, più spianati, perché l’impeto coll’andare si indebolisce
e.manca, e quindi anche la forza per sollevare in alto le onde. Questo
movimento chiamasi riflessione d’onda. L’urtare che fa l’onda contro
l’ostacolo non la deforma, poiché quello è un tocco che la rimanda intera e non
una percossa che la dissipi.
Dimostriamo seguendo i giri dell’acqua nella nostra peschiera come succede
il fenomeno della riflessione. La superfici d’onda E, G, F, H, se il muro della
peschiera AB, non la interrompesse si estenderebbe divenendo la superficie
d’onda C, D, O, C', ma invece il muro AB, a cui giunge il moto dell’onda F
diventa come pure il centro di vibrazione, ed il moto allora viene propagato in
causa alla legge di incidenza dell’angolo di riflessione, nel senso contrario di
prima. Quindi, il punto F, che avrebbe dovuto continuare in sino a D, viene
invece riflesso in K, che è la distanza da F, quanto la lunghezza d’onda sarebbe
stata se non avesse incontrato l’ostacolo AB, e quindi da D; mentre invece dal
punto G, che in quel tempo l’onda avrà percorso il tratto che la separava dal
muro AB, e quindi da G, e giunto in i riflesso indietro al punto M, eguale in
distanza da i, quanto lo è da O, e con raggio iM di riflessione regolata dalla
legge generale di detti fenomeni di riflessione. In complesso la riflessione che
ne risulta, è una superficie di onde uguale a NKNT, cioè la precisa onda in
senso contrario che ne sarebbe stata se il muro della peschiera non la avesse
ostacolata. L’onda riflessa ha posizione o forma come se provenisse dal centro
di scuotimento P', identico a quello di P, e collocato dietro il muro sulla
normale PD. Fig. 17. Se l’ostacolo contro cui vanno a ferire i circoli dell’acqua
è obliquo, torcono allora il loro ritorno con quella obliquità regolata che è
propria della luce quando riverbera dagli specchi e non fa con essi angolo retto,
ma volta obliquamente per modo che gli archi delle onde diretti e ripercossi
dall ostacolo facciano su esso con le proporzioni del loro diametro, un angolo
di riflessione pari a quello d’incidenza. Cosi del suono, che qualora si
ripercuota ad un muro che lo riceve in traverso, ne rimbalza dalla parte
contraria della venuta, salvo in tutto o quasi in tutto l’egualità degli angoli fatta
col piano.

211
Fig. 17.

Ciò detto, facile è il trovare ed ottenere la direzione del raggio riflesso avuta
la direzione di quello incidente, perché, questa legge avendo luogo per ogni
sorta di corpi, deve per conseguenza valere in quella delle vibrazioni sonore.
Supponiamo adunque essere DC, un raggio sia semplice, pure la di lui
determinazione nella linea DC, essendo obliqua rispetto all’ostacolo, è
realmente composta di due determinazioni, una lungo DE, l’altra lungo DG. La
forza lungo DC, è perciò uguale alle due forze DG e DH. Ma l’ostacolo GF
solamente si oppone ad una delle determinazioni, cioè quella lunga DG (perché
non può opporsi ad una determinazione parallela a se stessa come DE), perciò
solamente la forza lungo DC si perderà coll’urto rimanendo intera quella lungo
DH o GC. Ma un corpo perfettamente elastico, quale, supponiamo un raggio di
luce od una vibrazione sonora, ricupererà per mezzo della sua elasticità la forza
che ha perduto per l’urto.

212
Il raggio pertanto ricupererà la forza DC o CII, e così ritenendo anche le
sue forze e insieme la sua prima determinazione HC e CF dopo la percussione
sarà spinto lungo CF e CH dalle stesse forze come prima lungo DH e DG. Per
il suo moto composto perciò, egli descriverà la linea retta CE, e quella nello
stesso tempo che DC, ed HE e DH saranno uguali come essendo descritte per
la stessa forza.
Ora i due triangoli DCH e HCE sono uguali e per conseguenza i loro angoli
similari eguali. Poiché adunque HCA = HCF, DCA l’angolo di incidenza è
uguale a ECF, l’angolo di riflessione. Fig. 18. L'onda riflessa si presenta
rispetto all’onda incidente come spostata di mezza lunghezza d’onda, e la
riflessione si compie con cambiamento di fase.

Fig. 18.

Si può dimostrare come la riflessione dipende dalla superficie e non dalla


materia interna dell’ostacolo. Prendiamone esempio dall’ottica. Proviamo a
voltare obliquamente al sole alcuni vetri; uno incoloro e gli altri colorati dentro
in pasta, cioè uno verde, uno rosso, uno azzurro. La luce riflessa da essi sopra
un foglio bianco sarà tutta di un colore bianco, e non avrà tinta né di verde, né
di rosso, né di azzurro, perché il colore è dentro al corpo del vetro e la
riflessione è opera invece della superficie di fuori di esso. Così gli ostacoli che
riflettono il suono. Analogamente, i suoni musicali più gravi avendo maggiore
lunghezza d'onda di quelli acuti, fanno comprendere che questi ultimi sono i
più alti ad essere riflessi, mentre i suoni più gravi vengono diffusi in tutti i versi
ed in tutte le direzioni e non subiscono una vera e regolare riflessione.
Mediante la riflessione un suono può essere rinforzato ed anche raddoppiato.

Eco - eco multipla

Il fenomeno della eco succede praticamente tutte le volte che presso un


ostacolo si produce un suono. Ciò perché, propagatosi il moto vibratorio in
tutte le direzioni in movimento ad onde circolari sempre crescenti, succederà

213
che una parte di superficie d’onda arriverà alPostacolo e verrà da questo
riflessa. Perché questa eco succeda, occorre che Tonda sonora vibrando
incontri l'ostacolo e ritorni riflessa al punto da cui è partita; che il suo raggio
arrivi all'ostacolo, urti e ritorni perpendicolare; che l'ostacolo sia di fronte alla
emissione della vibrazione, e che la distanza fra questa e l'ostacolo sia almeno
di 30 metri, tale che occorre un dato tempo perché la riflessione ci giunga. In
questo caso l'ostacolo rifletterà il suono nel preciso punto da cui fu emesso.
Fig. 19. Ma se invece l'ostacolo fosse leggermente inclinato, succederà che la
vibrazione incontrandolo, in causa alla legge generale di riflessione, la
superficie d'onda sarà riflessa in altra direzione. Fig. 20.

Fig. 19.

L'eco dunque è prodotta dalla riflessione delle onde sonore, e la presenza di


un ostacolo è assolutamente necessaria. L'eco non si produce mai in rasa
campagna, in mare, a meno che non ci siano nubi che riflettano il suono. Si
possono avere echi multiple, dovuti alla presenza di parecchi ostacoli. Quando
due ostacoli paralleli e distanti tra loro in modo che una persona collocata a
metà di essi possa udirne ben distinta le riflessione di ritorno, allora succederà
il fenomeno della eco multipla; perché le due pareti colpite dalla riflessione
sonora si rimandano alternandosi la riflessione sino a che il suono sarà
indebolito e cessata la vibrazione. Fig. 21.

Fig. 20. Fig. 21.

214
Se i due ostacoli fossero tra di loro molto vicini, e la vibrazione partisse
sempre dal loro mezzo, le onde incontrando le pareti verranno da queste più
volte riflesse e così presto (data la vicinanza minima degli ostacoli) che invece
di ripetersi, il suono si rifletterà colla vibrazione emessa, l’intensità sarà più
forte, non si ode più eco, ma il suono forma tutt’uno e rimane rinforzato.
Esistono echi tonici, i quali hanno la curiosità e proprietà di modificare il
timbro del suono.
L'eco va equabilissimamente e non ha accelerazione di sorta alcuna;
rimanda le vibrazioni ricevuta come corpo fatto sonoro movendosi dell’altrui
moto. Secondo alcuni per produrre una eco di intensità grande sembrerebbe
necessaria una certa concavazione. La cagione dell’ingrandirsi che fa il suono
in questa formazione sarà forse perché il suono sparso si aduna, e, come
vedremo, la luce per riflessione da specchi concavi e parabolici unisce tutti i
raggi in un sol punto o piccolissimo giro, e questa vale per intensione di tanta
luce quanta né qui adunata. In modo simile pel suono il raccoglierlo è
moltiplicarlo, e raccoglierlo è proprietà della figura concava che ne rende il
corpo sonoro atto a rifletterlo sotto tal misura di angoli determinati, che le sue
linee concorrano ad unirsi in più piccolo spazio, e quanto elle sono più in
numero e più riflesse insieme, tanto il suono che elle formano si farà sentire più
intenso.

Riflessione negli ostacoli concavi - leggi e


fenomeni degli specchi concavi dimostrati
sugli effetti della luce (ottica)

In uno specchio concavo i raggi


luminosi paralleli fra di loro che su essi
giungono incidenti, sono dalla concavità
di questo riflessi in modo che tutti si
dovranno incontrare in un sol punto
sull’asse chiamato fuoco dello specchio; e
cioè, rimandati convergenti verso l’asse di
un dato punto, ad una data distanza dal
polo dello specchio.
Esaminiamo ora la riflessione fatta da
una superficie concava sferica, fenomeno
molto importante per questo nostro studio

215
sugli strumenti ad arco.
Sia l’arco di cerchio KM, ed il raggio LI, parallelo all’asse AB, sotto
un’inclinazione di 60°. Il raggio riflesso IB concorrerà coll’asse AB nel polo B.
Se l'inclinazione e minore di 60 gradi, come il raggio EH, allora il raggio
riflesso HF concorrerà sull'asse AB, nella distanza BF, che è minore di una
quarta parte del diametro del raggio CB. Ed in generale la distanza del punto F,
in cui il raggio HE concorre coll’asse del centro C, è alla metà del radius CH,
nella ragione dell’intero raggio sino al confine d’inclinazione. Fig. 22.
Quindi col calcolo si trova per l’arco minore di 6 gradi, i raggi paralleli
all’asse si incontrano dopo la riflessione in una parte dell’asse minore della
1457a parte del radius; se la lunghezza dell’arco è di 6, 9, 12, 15, 18 gradi, la
parte dell’asse in cui i raggi paralleli si incontrano dopo la riflessione è minore
di 1/363 - 1/160 - 1/189 - 1/56 - /36 del radius. E poiché i raggi diffusi per tutta
la superficie dello specchio concavo dopo la riflessione sono contratti in un
piccolo circuito, la luce ed il calore dei raggi paralleli debbono essere perciò
prodigiosamente accresciuti, e cioè, in ragione dupplicata della larghezza dello
specchio e del diametro del circolo in cui tutti i raggi sono raccolti.
Collocando un corpo lucido nel foco F di uno specchio concavo EI, i raggi
dopo la riflessione diventeranno paralleli; e siccome raggi paralleli
corrispondoo ad una superficie d’onda piana che non cresce come invece
crescerebbe una regolare superficie d’onda sferica, quindi una luce intensa può
essere proiettata ad una vasta distanza da una candela accesa collocata nel
fuoco di uno specchio concavo. Se questi raggi paralleli sono ricevuti da
un’altro specchio concavo, essi concorreranno di nuovo nel di lui fuoco e
brucieranno. Fig. 23. Se un corpo lucido D viene collocato tra il foco F e lo
specchio HBC, i raggi dopo la riflessione divergeranno dall’asse AB in K, e ne
segue che la luce verrà indebolita dalla riflessione. Fig. 24. Se un corpo lucido
I viene collocato tra il foco F e il centro G i raggi dopo la riflessione
s’incontreranno nell’asse AB, al di là del centro G in L (foco coniugato), Fig.
25. Quindi se mettiamo una candela in I, la sua immagine comparirà in L, e se
si mette in L, la sua immagine comparirà in I, e nei punti intermedii tra L ed I,
la sezione della luce sarà un circolo tanto più grande quanto più egli è vicina al
centro G.

216
Fig. 23. Fig. 24.
Se si colloca un corpo luminoso nel centro G di uno specchio, tutti i raggi
verranno riflessi in dietro sopra se stessi. Fig. 26.
In uno specchio semicilindrico cavo, il suo foco anziché essere un foco di
punto come negli specchi concavi, i raggi saranno riflessi convergenti in una
linea lucida parallela alla sua asse, ad una distanza eguale dal polo che negli
specchi concavi.

Fig. 25. Fig. 26.

Negli specchi parabolici, tutti i raggi che essi riflettono si incontreranno in


un solo punto.
Ogni specchio concavo raccoglie i raggi dispersi per tutta la sua concavità
dopo la riflessione intensificandola. Quindi, siccome il foco è là dove i raggi
sono più strettamente contratti, se lo specchio è un segmento di una sfera
grande, la sua larghezza non deve subtendere un’arco più di 18 gradi; se egli è
un segmento di una sfera più piccola, la larghezza può essere di 30 gradi, cosa
che può verificarsi coiresperimen to.
Come la superficie di uno specchio che è un segmento di uno più grande
riceve più raggi di un’altra di uno più piccolo, se la latitudine di ciascuna
subtende un’arco di 18 gradi, gli effetti dello specchio più grande saranno
217
maggiori di quelli del più piccolo. E siccome il foco è contenuto tra la quarta e
la quinta parte del diametro, quelli che sono segmenti di sfere più grandi
avranno più intensità di quelli che sono segmenti di una più piccola.
Come e quanto in questi fenomeni succede per la luce, così avviene per il
suono; solo che per la luce la superficie concava che riflette, occorre sia uno
specchio od una superficie lucida. Per il suono invece occorre sia una
superficie perfettamente liscia, ed elastico il corpo, perché di più facile
riflessione. I corpi riflettono tanto meglio il suono quanto più sono elastici,
perché i loro punti colpiti dall’onda sonora debbono divenire centri di
vibrazioni per la riflessione.

Cassette di risonanza

Le corde musicali per se sole danno suoni deboli. Per ottenere maggiore
intensità sonora si montano su speciali casse di risonanza, praticando in esse
regolari aperture per ottenere la emissione del suono in esso rinforzato. I
fenomeni che si producono quando un suono viene prodotto in un ambiente
chiuso, sono molto complessi. Esso infatti deve riflettersi sulle pareti
deH’ambiente, e ciò per più volte. L’orecchio non potendo distinguere il suono
riflesso dal suono diretto al quale in parte si sovrappone, riceverà Pimpressione
di un suono più intenso ma alquanto confuso. Il suono fa più sonante il luogo
ove è ripetuto più volte, perché la medesima vibrazione è ripetuta tante volte
quante sono le ripercussioni che ella fa in se stessa. È noto il fatto che la voce
di‘chi parla nella pubblica via meglio si intende da chi stà dentro una camera
con la finestra aperta, che non affacciandosi alla finestra in modo da ricevere la
voce più da vicino; ciò è dovuto perché nella camera ode la medesima voce,
ma ripetuta airorecchio, per dire così, tante volte quante sono le ripercussioni
che ella fa in essa.
Smisurato sarà il rimbombo (risonanza) che renderà un suono fra due
ostacoli concavi regolari, vicinissimi tra di loro, ma smisurato in confronto
della piccola misura del suono che ha ricevuto e per la pochissima distanza
dell’ostacolo a cui il suono batte e ne rimbalza dall’uno all’altro, tornerà a farsi
udire con tanta velocità che non si potrà distinguere il suono riflesso dal
naturale. Così le cassette biconcave ed i cilindri cavi sono per la loro
condizione atti a fare ed a ricevere in quella stessa maniera riflessioni per
incrociamento di linee sonore, per circoli e per centri, e tanto valgono a
moltiplicarne il suono. Per ottenere grande intensità in un suono, vi è arte di
raccoglierne i raggi sonori per ripercuotimento di riflessioni aggiustate per
linee, e queste dove si troveranno adunate ed appuntite, uniscono tanta virtù da
218
far udire quanta era quella che avevano sparsa per tutto lo spazio dal quale
vengono adunate, e fare sì, che i suoni sommessi e con tono appena sensibile
possano farsi udire ingranditi per molto.
Una concavità circolare più di qualunque altra figura è atta a moltiplicare
angoli e riflessioni a cagione degli innumerevoli ripercuotimenti che un suono
fa in quella; se poi fosse molto stretta, molte sarebbero le linee di
ripercuotimento; si formerebbero così più unite e ne uscirebbe intero e maggior
suono. Il riflettersi ed il moltiplicarsi del suono è proprietà della figura
concava, e tutta cosa dell’estrinseco che riflette e non dell’intrinseco che
risuona; della superficie e non della profondità o grossezza dell’ostacolo.

Proprietà fisiche del suono

Le principali qualità fisiche del suono sono l’intensità, l’altezza o tono, la


tempera o timbro. Chiamasi intensità di suono la forza od energia con cui un
suono si fa sentire. Questa dipende dall’ampiezza delle onde vibratorie.
L’intensità è in ragione inversa delle superficie sferiche nelle quali si propaga.
Un corpo sonoro che ha comunicato all’aria che lo circonda le sue vibrazioni di
una data ampiezza, allontanandosi questa dal punto emissione, la sua intensità
diminuisce in ragione inversa dei quadrati della distanza. Per cui, se un suono
si sente con una determinata intensità a m. 100, alla distanza di m. 200 si
sentirà con intensità 4 volte minore; a 300 metri 9 volte minore, e così di
seguito.
Il vento influisce leggermente sull’intensità del suono che si propaga
nell’aria; nella direzione del vento l’intensità del suono non diminuisce
sensibilmente, mentre più rapidamente diminuisce in direzione opposto.
L’altezza o tono di un suono è una caratteristica per cui possiamo chiaramente
distinguerli uno dall’altro, e dipende dal numero deile vibrazioni compiute
nell’unità di tempo. Un suono è più acuto quando è dato da un maggior numero
di vibrazioni; più grave se il numero delle vibrazioni nello stesso tempo di
prima sono in numero minore. Quando le vibrazioni abbiano tutte la medesima
e costante durata, il suono avrà sempre la stessa altezza di tono.
La tempera o timbro di un suono è quella qualità che lo distingue da un altro
avente lo stesso numero di vibrazioni e della stessa intensità. Questo dipende
dalla natura del corpo sonoro (materia vibrante) dalla particolare figura, dalla
qualità e quantità del medesimo, ed in alcuni casi anche dalla parte del corpo
dove si batte e si suona. Esso è la caratteristica di voce di un suono. Non
dipende né da intensità né da altezza, e quindi è anche indipendente dalla

219
durata e dall’ampiezza delle vibrazioni.

Concordanze e discordanze

L’impressione che prova l’orecchio nell’udire due suoni simultaneamente o


successivamente è di natura tutta speciale, dovuta tutta a ciò che chiamasi
intervallo musicale. Essa non dipende dalPaltezza assoluta dei suoni, ma
solamente dal rapporto speciale che esiste tra i numeri delle vibrazioni
coesistenti. Così, un suono è all’ottava grave di un altro quando è costituito da
un moto vibratorio due volte più lento; inversamente è all’ottava acuta quando
il moto vibratorio è due volte più rapido. Su questi rapporti è costituita la scala
o gamma musicale. Tutti gli intervalli musicali si dividono in due classi; gli uni
formano consonanze, gli altri dissonanze o discordanze. Le prime danno
all’orecchio un senso di piacere, le seconde producono una specie di
stiracchiamento, come se questo fosse sollecitato da azioni contrarie.
L’accordo di due suoni di altezza uguale dicesi unisono. Su questo
argomento non è qui il caso di estendersi, non essendo nostra intenzione fare
un trattato di musica, non interessando il nostro studio, e perché facente parte
dell’acustica musicale.

Leggi delle vibrazioni

Sappiamo già che le vibrazioni sonore sono manifestazioni della elasticità.


Se infatti le molecole di un corpo sono sottoposte all’azione di forze esterne,
provano uno spostamento; quando le forze cessano, le molecole tornano alle
loro posizioni iniziali, le sorpassano in virtù della velocità acquisita ed
eseguiscono intorno alle loro posizioni stesse un certo numero di vibrazioni
isocrone che formano il suono. A seconda dello scuotimento del corpo, le
vibrazioni possono essere longitudinali o trasversali.

Vibrazioni trasversali delle corde

Sappiamo che una corda tesa tra due punti AB e posta in vibrazione
presenta la forma allungata di un fuso. Gli estremi AB che non vibrano, si
dicono nodi, e nella curva, in cui il moto è massimo si chiama ventre. Fig. 27.
Altri nodi e ventri si possono formare in una corda vibrante, ponendo un dito
sulla metà D; allora la corda formerà due centri e un nuovo nodo, e la corda
così vibrante darà un'onda di lunghezza dell’ottava superiore, il cui numero
delle vibrazioni sarà il doppio di prima. Fig. 28 a.
220
Così, se poniamo il dito ad un terzo della corda si avranno tre ventri e
quattro nodi, il numero delle vibrazioni sarà il triplo del primo, ed il suono sarà
la quinta dell’ottava suddetta. Fig. 28 b. Il suono di una corda tesa dipende
dalla sua materia, dalla sua lunghezza o diametro e dalla sua tensione. Senza
entrare in disquisizioni matematiche o riprodurre formole, non sempre
intelligibili ai comuni artigiani, daremo le leggi fondamentali solamente.
1) Il numero delle vibrazioni compiute da una corda è in ragione
inversa della sua lunghezza.
2) In ragione inversa del diametro della corda.
3) In ragione diretta della radice quadrata del peso tensore; cioè, si
richiede un peso quadruplo per inalzare la nota fondamentale nelTintervallo di
ottava.
4) È in ragione inversa della radice quadrata della densità.

Le corde oltre al loro suono generale che è proporzionato alla loro


lunghezza, grossezza e tensione, danno nel medesimo tempo altri suoni
subordinati e più acuti, che un orecchio chiaramente distingue. Questi suoni
nascono dalle particolari vibrazioni di alcune parti della corda che fanno
vibrazioni separate, mentre la corda compie le sue regolari vibrazioni. Questi
suoni chiamansi armonici; sono armonici con il suono fondamentale ed il meno
acuto che udiamo è un’ottava superiore al suono intero. Le corde vengono
adoperate negli strumenti musicali perché, data la loro qualità elastica si
possono stenere sino a che diano il suono voluto, e sfregandole coll’arco per
eccitarle al moto, se ne può tenere questo a lungo, ed il suono si mantiene
lungo quanto noi vogliamo. Negli strumenti ad arco si adoperano generalmente
quelle di minugia o budello, perché data la loro piccola densità danno suoni
forti ed acuti; hanno fatto molti progressi però le corde metalliche essendo la
loro qualità notevolmente migliorata in questi ultimi tempi.

Come vibrano le parti di un solido


221
Ogni solido è composto di tante minutissime particelle. Queste sono
continuate le une con le altre, ma tra particella e particella vi è un vano, che
sono quelli che chiamiamo pori, e sono pieni d’aria. Queste particelle che
compongono ogni corpo, e per conseguenza i pori dentro i corpi continui, ogni
percossa che con qualunque strumento ci si dia, questa tante particelle di quel
corpo sospinge quante ne urta. Urtate, esse con impeto riurtano ugualmente con
impeto quelle che sono loro congiunte da ogni lato, e quindi ecco il diffondersi
dello sbattimento per ogni verso fino dove si distende l’attività e la forza
dell’impeto ricevuto. Occorre per ciò che ogni particella abbia due impeti, uno
al estrinseco e violento, l’altro al intrinseco e naturale che la ritorna a posto.
Questo è chiamato moto di restituzione che è proprietà di tutti i corpi elastici.
Se le particelle fossero solamente contigue e per conseguenza ciascuna un
tutto a sé non avrebbero l’impressione di un principio che le facesse ritornare
dove erano; e se cosi fosse non ne seguirebbe tremore. Ritornano dunque e con
altrettanto impeto naturale al rimettersi in quiete quanta fu la violenza che le
costrinse al moto, e diminuita di volta in volta la violenza, finalmente si
fermano. Questo nelle particelle è muoversi vibrando nella vacuità dei loro
pori, ed è propriamente il tremore interno del corpo. Per quanto intensa sia la
percossa che una corda dia all’aria vicina, questa spargendosi per ogni lato si
snerva tanto che meno di un palmo lontano, non vara più che un decimo della
sua forza impressa. Ma il tremore dei corpi solidi che abbiano elasticità e
vibrazione nelle loro particelle unite, non patisce alcuna difficoltà, ed è per
questo che un leggero colpo dato ad un grande corpo lo riempia di tremore e lo
propaga sensibile da un capo all’altro di esso. Il tremore si trasfonde anche da
un corpo solido ad un altro; e questo si dice trasfusione di tremore. Non è
specie di qualità ma cagione di percossa che col suo impeto proporzionato un
corpo in moto da alPaltro in quiete, e se condizionato a riceverlo, questo trema
vibrando come l’altro. Siccome il tremore è moto, così una particella del solito
mossa e vibrata muove e rivibra le circostanti a lei; quindi ne segue per
evidenza che il tremore non può diffondersi istantaneamente, ma
velocissimamente in brevissimo tempo. Il tremore è proprietà dei corpi solidi,
mentre l’ondulazione è dei flessibili; e questi due moti mai ambedue possono
convenirsi ad un sol corpo.
Il tremore di un solido non si comunica né si sparge su qualunque corpo che
tocca. Se il corpo solido che tocca è materia discontinua e senza elasticità,
allora non si comunica, perché l’elasticità è il principio dello scuotersi, del
tremare.

222
Velocità di propagazione del suono nei corpi solidi

La velocità di propagazione del suono dipende dall’essere più o meno


elastico il corpo che lo trasmette; ma in quanto alla lunghezza d’onda, sia più o
meno grande, il moto impiegherà il medesimo tempo a giungere. Essendo la
velocità di propagazione del suono in proporzione tra la durata di una
vibrazione e la sua lunghezza d’onda, così in ogni corpo la velocità di
propagazione è costante per tutti i suoni.
Tutti i corpi solidi elastici trasmettono il suono più presto che i liquidi, ed il
tremore è la vera proprietà di questi. Nei legnami, la velocità di propagazione
del suono è diversa dagli altri corpi in riguardo anche del senso che la
vibrazione avviene, e cioè, se avviene nel senso delle fibre o
perpendicolarmente a queste. Difatti, nel primo caso, in senso delle fibre è
molto maggiore che perpendicolarmente a queste. Nell’abete fu riscontrato nel
senso della fibra il doppio di quella che trasversalmente ai circoli annuali.
NelPacero, nel pero, essa è molto minore.

Suono prodotto da un corpo composto di parti diverse, suono fisico delle


diverse specie di legnami

Sappiamo che un corpo sonoro emette un suono diverso dal modo in cui si
eccita ut suono. Così una corda emette suono diverso se eccitata a vibrare
coll’archetto ovvero pizzicata col dito. Sappiamo pure che ogni legno percosso
emetie un suono diverso, secondo la sua forma, densità, stagionatura; se le libre
che vibrano sono disposte per lunghezza o trasversalmente. Si sa per esperienza
che il moto vibratorio delle corde eccitate dal l'archetto non solo si trasmettono
ad esso, ma pure alla mano cd al braccio clic lo tiene e lo trascina. In generale,
ogni corpo che suona, se tocca un'altro corpo sonoro, muta suono, e se due
corpi sonori e suonanti si toccano uno coll'altro, se ne permischiano i suoni.
Due diversità di tremori che da se suonerebbero diversamente, se si
uniscono a formare un sol corpo sonoro, produrranno un suono che non sarà
nessun suono dei loro proprii, ma una cosa di tutti, una vibrazione comune ed
un suono solo. Un’osservatore, per accertarsi quale legno meglio vibrasse,
prese un pezzo di legno di parecchie specie di alberi, li ridusse ad una stessa
misura in lunghezza e grossezza e spessore, in tutto eguali, e battendoli ad uno
ad uno, riuscì a stabilire per ciascuno il suo vero e naturale suono fisico che
ognuno di loro rendeva, e non solo da ognuno di loro, ma anche paragonandoli
per vederne la differenza. Da quel minuto esame riscontrò:

223
L’abete, suona più acuto degli alrti, ed essere come il soprano della sinfonia
di quei musici di legno.

Il salice, scendere sotto di lui verso il grave di mezzo tono.


Il noce, una quarta.
L’ebano, e la quercia una terza minore.
L’acero, una terza maggiore.
Il pero, una quinta.

Bisognerà tuttavia osservare altre cose in rispetto al legno. Lo stesso


albero cresciuto in luogo umido ovvero asciutto; in luogo ombroso o
soleggiato, tagliato in una od in altra stagione, di fibra più o meno intricata
(ondulato) può dare suono diverso. A noi però basta sapere che diversi pezzi
uguali di legno di diverse specie non rendono lo stesso suono. Ora, se noi
uniamo insieme saldamente legni di specie diversa, facendo vibrare il tutto
questo assieme, ci risulterà un suono diverso da quello che avrebbero prodotto
separatamente ciascuno; e sarà cioè un suono composto, ed una fusione di tutti
i suoni particolari. Nella materia stessa gli andamenti del suono si producono a
seconda le ragioni proprie della linea, della superficie e del corpo, secondo il
principio naturale per cui tanta materia si deve alla superficie e tanta di più al
corpo per ottenere un dato suono. Quanto poi alle condizioni che si attengono
allo strumento, esse sono la qualità del legno e la quantità, cioè la mole del
corpo. Nel nostro caso vano sarebbe aspettare lo stesso effetto (suono) che qui
sarebbe a dire uno stesso grado di scuotimento e di tremore, da uno strumento
di legno nuovo e tresco che da uno vecchio e stagionato, e di forma diversa,
cioè, piano o concavo. Il legno meno stagionato è poco elastico e più lento a
vibrare, quello troppo vecchio è già stanco e snervato. Il tremore mal si
concepisce da un corpo che vibri poco perché ha poca elasticità; e poca ne ha il
legno poco stagionato. Se questo vien mal ricevuto, poco ne comunica alla
tavola e questa poco ne trasfonde all’aria della cassa, e poco vibrando questa ne
succede all’interno poco moto od il suono rimane fiacco e duro.

Tremore che le corde imprimono negli strumenti

Per dimostrare come dalla corda vibrante si trasfonde il tremore nel corpo
dello strumento a cui è collegata, ponetevi su di una mano aperta un regolo di
legno abete sul quale sia teso da capo a capo una corda, e toccatela in modo
che ella suoni un po’ gagliardo. Sentirete subito rispondervi nella mano il
tremore del legno tanto sensibilmente che non avrete bisogno di tanta
224
attenzione per avvedervene; e continuerete a sentirne il tremore quanto il suono
della corda, il quale va sempre più assottigliandosi ed indebolirsi. Ritoccate la
medesima corda, e nel suo meglio che essa suonerà e tremerà il legno, con due
dita dell’altra mano toccate e fermate la corda. Subito sentirete cessare il suono
e nella mano il tremore, e ciò perché, fermato il guizzare delia corda non vi è
più suono nell’aria e tremore nel legno.
Provate ancora a collocare sulla mano un po’ staccato uno dall’altro due di
questi regoli di abete, con sopra ognuno tesa come detto la corda; però in uno
di essi una corda lunga 40 cm. e nell’altro una di 80 cm., e che non siano di
uguale grossezza, ma una la più corta sia una seconda da violino e l’altra una
seconda da violoncello. Toccate ora la prima corda corta e sottile ed allorché
sarà quieta suonate la grossa e più lunga ed ascoltate con attenzione i due
tremori impressi nella vostra mano dall’una e dall’altra. Avete notato che il
primo tremore sarà stato più trito e brulicare, più minuto; e l’altro più lento.
Ciò perché cosi vanno i tremori come le vibrazioni in ispessezza come le corde
in lunghezza. Questo è il materiale del tremore armonico, ed il tremore
impresso dalla corda allo strumento.

225
Capitolo II

COSTRUZIONE

È in base al ragionamento fisico’acustico della cassa armonica del violino


che noi deguiremo il sistema costruttivo certamente usato dagli antichi, che per
mancanza di precise notizie e tradizioni ci presentava una lacuna. E quindi è a
rigore di logica che, riferendoci per questo all’ipotetico criterio costruttivo
della scuola cremonese di A.Stradivari della fine del sec. XVII ed alle prime
dexadi del sec. XVIII, dobbiamo praticamente dimenticare snza per nulla
divagare da tale sistema. Ci si dovrà permettere per una maggiore
comprensione pratica il ripetere di certe dimensioni, proporzioni, regole e leggi
già nella perte teorica, allo scopo di maggiormente far leggi già nella parte
teorica citate, allo scopo di maggiormente far comprendere all’artigiano liutaio
l’importanza del sistema in argomento.

Regolo (misura lineare antica)

Cosa importante per le dimensioni e proporzioni nella costruzione è il


conoscere e ben sapere applicare le misure lineari delle regioni italiane in cui
lavorò la liuteria nei secc. XVI, XVII, e XVIII, delle quali abbiamo già dato
ragguaglio al sistema metrico decimale moderno nei preliminari alla
costruzione. Dette missure sono indispensabili in liuteria per ottenere precise le
diverse proporzioni di questi strumenti. Dovendo nel corso di questo nostro
insergnamento trattare con queste, occorre costruire o farsi costruire da un
fabbricante di pesi e misure il necessario regolo. Questo dovrà corrispondere
all’antica misura di mezzo braccio mercantile bresciano cremonese padovano
di mm. 355,68 suddiviso in 6 once, cadauna di mm. 59,28, e queste ancora
suddivise in 6 punti, cadauno di mm. 4,94, in complesso di once 6, di punti 72.
Il regolo portà costruirsi di sottile lamina acciaio, di ottone o su di una listerella
di legno duro, di mm. 25 in larghezza e come dalla qui espressa figura. Da una
parte sul suo limite segnate come nelle listerelle del metro, le misure del mezzo
braccio, e dall’altra le misure del piede francese di mm. 325, suddivise esse
pure in 12 pollici od once francesi di mm. 27 cadauna; in complesso di once
12, linee 144. Nella prima parte del regolo, nell’oncia, dobbiamo segnare sulla
parte del braccio:
la metà di oncia in mm. 29,64; il quarto d’oncia di mm. 14,82; l’ottavo
d’oncia di mm. 7,41; il dodicesimo d’oncia mm. 4,94 (corrispondente al p, cioè
punto, che era anche chiamato un’oncia di un’oncia).

226
Fig. 29.

Nella sesta oncia potremo zncora segnarci la suddivisione del p in mezzo p


di mm. 2,47; il quarto di p di mm. 1,235 e l’ottavo di p in mm. 0,517. Il
dodicesimo di p mm. 0,411, ed il sedicesimo di p in mm. 0.308 pur
calcolandoli nel complesso delle suddivisioni non vengono sul regolo segnati.
Il regolo segnato colla sola estensione del mezzo braccio e del piede francese ci
servirà per le dimensioni del solo violino. Per quelle delle misure della viola,
violoncello e contrabasso dovremo prepararci un regolo di maggiore estensione
contenente la misura di almeno un braccio e mezzo cremonese di mm. 1067,04,
nei lembi del quale da una parte segniamo la suddivisione in 18 once ed in 216
p e nell’altro lembo la misura di tre piedi francesi mm. 975, suddivisa in 36
pollici ed once francesi ed in 432 linee.
Per questi strumenti di maggior mole del violino, come dimostreremo in
altra parte (relazioni fra i vari strumenti), oltre alle suddette antiche misure,
potremo adottare anche il sistema della divisione in parti proporzionali colla
misura base in lunghezza della tavola del violino dividendo la lunghezza della
tavola di ogni singolo strumento in 72 parti uguali. A suo tempo, trattando
degli strumenti derivanti dal violino daremo in uno specchietto la proporzione
corrispondenti in parti, in mm., in once alla suddetta suddivisione in 72 parti
proporzionali per ogni strumento di regolare misura. Trattando qui nella
costruzione, per facilitare calcoli segneremo per ogni strumento le dimensioni,
sia in p che parti proporzionali, ed il rispettivo raguaglio in mm. Al moderno
sistema metrico decimale.
L’uso delle antiche misure lineari in liuteria è necessario per ottenere le
precise proporzioni fra le varie parti dello strumento. Esse chiariscono certe
differenze riscontrate nelle dimensioni di questi in mm.; differenze da studiarsi
e da liutai moderni trascurate non sapendosene spiegare la loro esistenza.

Mizure in lunghezza della cassa e di tutto lo strumento

Durante il sec. XVI, nella scuola bresciana il violino ebbe dimensioni


piuttosto grandi. La lunghezza della sua cassa era di p 73¼, mm. 361.
All’inizio e durante il sec. XVII ne furono costruiti di due dimensioni e
chiamati primo e secondo violino. Il violino primo, di tono molto acuto aveva
misura in lunghezza di tavola, once 5 8/12, p 68, mm. 335,92.

227
Il violino secondo di tono meno acuto aveva tavole di once 6, p 72, mm.
355,68. Del violino primo sono conosciuti ancora molti esemplari. Essi però
sono poco apprezzati. Oltre a dette misure si costruivano violini di soli p 70,
mm. 345,80 conosciuti come violini di piccolo formato; di parti 71 e p 71 ½,
mm. 350,74 e 353,2; e da A.Stradivari di p 72 5/8, mm. 358,33, di p 73 3/12,
mm. 361,85; e nel 1690 dallo stesso di p 73 5/8, mm. 363,62 chiamati violini di
grande formato. Fu infine adottata quale vera misura della cassa del violino
secondo, per la sua tonalità di soprano il grande formato di Nicilò Amati del
1648 di once 6, p 72, mm. 355,68, misura riconosciuta regolare, usata
definitivamente anche dllo Stradivari e mantenuta constante nella sua scuola
dall’inizio circa del sec. XVIII. Abiamo accennato a questi violini di varie
misure perchè essi entrano a far parte nelle dimensioni delle varie viole
contralto e tenore, e nelle fusioni di violino e viola per le dimensioni del
violoncello. La lunghezza totale del regolare violino è di mm. 592,80;
equivalente alla antica misura lineare del braccio mercantile bresciano e
cremonese in once 10 o p 120. La lunghezza della sola cassa misurata sull’asse
longitudinale della tavola, di mm. 255,68 ossia di once 6 o p 120 (mezzo
braccio mercantile). La lunghezza del manico da tavola a ciglietto o capotasto
di mm. 130,91, once 2 3/16, p 26 ½. La lunghezza della chiocciola con voluta
di mm. 106,21, once 1 13/16, p 21 ½.
Per le altre determinazioni, larghezza di tavola sia al basso che al mezzo ed
in alto, spessore di massima elevazione esterna della tavola e della cassa,
dell’altezza delle fasce, questi, come vedremo, ci saranno dati dalla
proporzione della lunghezza della tavola dallo sviluppo delle curvature
policentriche perimetrali, dalla curvatura trasversale interna e dalla
disposizione sulle fasce di queste tavole.

Misura in lunghezza della tavola armonica e proporzioni di questa


nella sua massima larghezza

Nella parte teorica abbiamo dimostrato come le dimensioni date alla cassa
armonica del violino e strumenti derivanti, nella loro lunghezza e nelle loro
larghezze non furono assegnate per solo principio estetico ne per sola comodità
di maneggio (tecnica) ma studiate nella qualità di legnami, nel loro suono
fisico, nella disposizione di fibra, nelle dimensioni, nella qualità di materia e
nella loro superficie, dovendo esse rispondere singolarmente al caratteristico
tono di soprano, contralto, tenore e basso. Non riteniamo qui necessaria una
disquisizione delle varie parti formanti la cassa armonica, sia perché già ne
abbiamo trattato, sia perché durante la costruzione dovremo di ognuno di
queste enumerarne le qualità costruttive. Delle due tavole che compongono
colle fasce la cassa, una, la superiore è chiamata armonica, e fondo la inferiore.

228
Per la tavola armonica fu sempre usato, anche nelle antiche viole da braccio,
Pabies picea excelsa, e l’acero campestris per la tavola di fondo.
Le loro qualità organoletiche già in antico tempo riconosciute saranno da
noi in altro punto considerate. A noi per ora occorre considerarne la sola loro
struttura e la disposizione di fibra per poter in base alle leggi della velocità di
propagazione del suono nell’abete trovare le proporzioni di massima larghezza
da stabilire per le tavole in relazione alla loro lunghezza. A conoscenza che nel
senso longitudinale della fibra i legnami aumentando nella misura in lunghezza
cambiano in modo sensibile il loro suono fisico diminuendo in tonalità verso il
grave di mano in mano che aumenta la loro lunghezza, dagli antichi liutai ci fu
stabilita la lunghezza della tavola armonica di abete del violino per la tonalità
di soprano in p 72 mm. 355,68. Così, mentre l’aumento nella lunghezza della
tavola armonica da 1/5 ad 1/8 in più del violino, ci diede la viola
corrispondente alla tonalità di contralto; l’aumento della stessa tavola di ⅓ o di
¼ in più di detto violino ci diede la viola tenore, di tonalità tra il contralto ed il
tenore.
La corrispondenza alla vera voce di tenore del violoncello fu ottenuta colla
fusione della misura in lunghezza della tavola della viola contralto e di quella
del violino. Con la fusione nelle due misure delle due tavole del violino e
violoncello e della viola contralta e violoncello si ottenne la corrispondenza
alle tonalità di basso e controbasso. Ecco il perché della diversità nella
lunghezza della tavola armonica fra i quattro strumenti; ed il perché.la
lunghezza nelle tavole di ogni singolo strumento debba in riguardo al tono
essere scrupolosamente osservata. Ma, se nel senso longitudinale delle fibre,
una minima variazione in più od in meno produce sensibile differenza di tono,
in senso normale alle fibre, e quindi nella larghezza nessun mutamento di tono
avviene sino a raggiungere nella larghezza la metà circa della misura in
lunghezza della tavola. Di qui la nessuna differenza nella minore misura di
larghezza nelle parti nella tavola al mezzo ed all’alto nella linea perimetrale.
Dal lato acustico dobbiamo quindi considerare che la disposizione di fibre
nell’abete della tavola armonica in direzione longitudinale è continua, mentre
in senso normale alla fibra esse sono divise dallo sclerogeno più molle e
poroso, quindi meno unite. Data la struttura semplice e regolare della tavola
armonica e la disposizione delle fibre in direzione longitudinale, parallele
all’asse per necessità di tono e di elasticità, a conoscenza che nel legno abete,
in senso della fibra la velocità di propagazione del moto vibratorio fu
riscontrato in senso normale alle fibre la metà che nel senso longitudinale ad
esse; occorre, proporzionare la larghezza in rapporto alla lunghezza in modo
che le vibrazioni delle corde comunicate dal ponticello al centro di gravità della
tavola abbiano a propagarsi nel medesimo tempo sia longitudinalmente che
trasversalmente a tutta la superficie sua. Questa velocità di propagazione in
229
senso trasversale però non è assoluta ma relativa inquantoché la più o meno
fittezza delle fibre e dello sclerogeno poroso produce lieve diversità in questa
velocità propagativa. Questa misura adunque è passibile di lieve
modificazione.
Ora, essendo la lunghezza della tavola once 6, mm. 355,68, e la velocità di
propagazione in quel senso doppia che in senso trasversale, la larghezza che
questa tavola dovrebbe avere in rapporto alla sua lunghezza la misura di once
3, mm. 177,84, cioè la metà della sua lunghezza, e quindi essere di figura
rettangolare. Fig. 30. Così, come nel violino, per la viola contralto di mm.
414,65 la sua proporzione in larghezza sarà di mm. 207,48; per la viola tenore
di mm. 479,18 sarà di mm. 239,56; per il violoncello di mm. 758,2 sarà di mm.
379,1; per il controbasso di gran formato di mm. 1170,78 sarà di mm. 528,92.
Alla parte teorica abbiamo dimostrato il perché la parte superiore della cassa
nella larghezza di tavola venne per necessità fisiche lievemente diminuita. La
parte al basso della tavola invece venne lievemente ingrandita causa
l’adattamento delle curvature di maggior raggio che dovremo dare alla linea
perimetrale alla cassa in rapporto alle altre di raggio minore nella parte
superiore. DÌ qui la figura trapezioidale che nel complessivo assieme assume la
tavola; ed in modo da portare la sua massima larghezza al basso in once 3½ , p
42, mm. 207,48; ed anche p 42¾ mm. 211,18 e nella parte alta invece ad once
2¾ p 33 mm. 163,2 ed anche p 34½ mm. 170,4. Fig. 31. Questo lieve
aumento della tavola al basso e diminuzione all'alto verrà dimostrato mentre
tracceremo la linea perimetrale interna della cassa e spiegata la differenza tra
strumento e strumento quando tratteremo della gravità delle tavole.

Fig. 30. Fig. 31.

230
Sempre alla parte teorica in «parti vitali» trattando della posizione
dell'anima, abbiamo dimostrato il modo di stabilire nelle tavole la linea di foco
e quella di foco coniugato, punti di riferimento acustici ed assi delle
semicalotte sferiche che raccordano colla parte centrale le due parti in alto ed
in basso gli estremi delle tavole. In quella parte abbiamo anche trattato della
gravità e della linea di gravità della tavola armonica. Questa dobbiamo per ora
calcolarla sul p 40° normale all’asse longitudinale della tavola. A suo tempo
spiegheremo della sua vera posizione e relativo spostamento.

Linea perimetrale interna di contorno

Nella parte teorica abbiamo dimostrato come in base alle leggi della
riflessione su ostacoli concavi elastici abbiamo potuto trovare tutti i principali e
necessari punti acustici di riferimento delle tavole e della cassa. Sempre in base
a dette leggi partendo dalla sola misura in lunghezza della tavola vediamo ora
di costruire la irregolare linea perimetrale interna della cassa, e da questa il
completo contorno esterno della tavola.

231
Fig. 32 a.
232
Nella parte preliminari alla costruzione, alle nozioni di acustica fisica abbiamo
spiegato il succedersi nello specchio d'acqua quieta di una peschiera, dei circoli
prodotti sii quella da un sassolino buttato a romperne la superficie. Ciò per
dimostrare il prodursi e l’andamento del moto vibratorio nell’aria.
Abbiamo pure dimostrato come queste onde corrono, come si accavallano,
si incrociano senza distruggersi, senza permischiarsi, senza confondersi; e
come non solo esse non si deformano, ma accavallandosi si riformano gli uni
con gli altri in meglio, e come in tal modo se ne radoppi l’effetto di potenza.
Abbiamo anche dimostrato ciò che succede nelle onde allorché incontrando un
ostacolo, e cioè come e perché si riflettono; ed in base alla legge generale di
riflessione in quale direzione questa riflessione succeda a seconda della figura
dell’ostacolo in cui le onde si incontrino. Vediamo ora nella costruzione della
linea perimetrale interna della cassa in base a dette leggi ottenere, con gli archi
delle varie curvature policentriche date ad arte, fra l’aria all’interno della cassa
un grande movimento ondulatorio per il rinforzo del suono.

Fig. 32 b.

Tracciamento della linea perimetrale interna della cassa e di quella esterna


della tavola

La irregolare linea perimetrale della cassa armonica del violino che in


generale tutti gli scrittori in materia non considerano nelle diverse sue curve
policentriche e nelle regolari controcurve, considerando solo la linea esterna
della tavola, è necessaria come abbiamo dimostrato, per ottenere la
distribuzione lo spargersi ed il propagarsi per ogni verso sia diretto che riflesso
nella lunghezza, nella larghezza, in basso ed in alto delle vibrazioni dirette
delle corde. La relativa figura nella parte teorica chiaramente dimostra la

233
disposizione di queste curve policentriche e controcurve, le quali sono tutte
segmenti delle varie circonferenze il cui angolo al centro è in tutte minore di 60
gradi.
Riferendoci ora alle dimensioni in lunghezza della cassa, tracciamo la sua
linea perimetrale interna in base ai fenomeni della sua riflessione contro
ostacoli concavi, e da questa, l’esterna della tavola, ritenendo erronea, almeno
per il tracciamento di quella, la quasi generale convinzione del disegno a mano
libera. Sia adunque AB l’asse nella lunghezza della tavola ed E la sua metà.
Centro in E descriviamo una circonferenza che passi sui punti 1 e 71, e
consideriamo la AB diametro di questa. (Ved. anche fig. 33). L’interno della
cassa nella lunghezza di tavole viene quindi limitata a 70 punti, essendo i due p
lasciati necessari per la distanza dalla parte interna al limite esterno della tavola
per lo spessore occupato dalla fascia e la distanza per la sporgenza del bordo.
Per non creare confusione di numeri prolunghiamo le rette passanti per i
punti O e 72 sino ad oltrepassare il limite della circonferenza in M; inalziamo
una perpendicolare MM' e su questa faremo le suddivisioni in lunghezza
dovute alla AB in once, l/l once ed in punti (p). Dal centro E verso il basso
costruiamo un triangolo isoscele B'-B" sulla curva di fondo, inscritto con
angolo di 36° al vertice; e così pure dal centro E un altro eguale verso l’alto
EA'-A", con angolo di 20°
Questa diversità di gradi fra i due triangoli isoscele EB'-B" e EA'-A" è
necessaria per ottenere la rastremazione verso l’alto della cassa. Sul p 42, linea
del foco, tiriamo una retta normale alla AB in NN', e così pure sul p 25, in
prossimità del foco coniugato inVV'. Lo spazio tra NN' e VV' sarà l’altezza
della parte centrale della cassa. Portiamo quindi sulla normale alla AB sul
punto 42 NN' a distanza dall’asse p 12 per parte (mm. 59,28), sia destra che a
sinistra in GH; inalziamo due perpendicolari e parallele sino all’incontro della
W' sul p 25 in G'H', e questa sarà il limite della larghezza obbligata della parte
centrale.
Ecco la cassa divisa in tre parti nella sua altezza, e stabilita anche la sua
larghezza centrale. Fig. 32 b. Continuamo ora a tracciare il contorno interno in
basso, in alto ed al centro. Tiriamo normale alla AB dal p 57 (metà in altezza
della parte in basso) la retta KK', che taglierà i lati dell’angolo di 36° nei punti
II'. Centro in I, con raggio IB' tracciamo la curva B'K", massima larghezza
interna della parte al basso della cassa. Centro sul punto 57 e raggio 57 K",
tracciamo la curva K"M, fino ad incontrare la NN' sul p 42. Operando
ugualmente dalla parte destra otterremo la linea di contorno interna della parte
in basso della cassa. Per il p 13½ (metà circa in altezza della parte in alto)
tiriamo la qq\ normale alla AB. All’intersecazione di detta coi lati del triangolo
234
di 20”, sul lato A'E, segnamo i punti QO'*PP'. Centro in O, raggio OA',
tracciamo la curva A'U, massima larghezza interna della parte in alto della
cassa. Centro P' sulla stessa normale qq', e con raggio P'U, tracciamo la curva
UR fino alla normale all’asse AB in VV' passante per il p 25.
Operando ugualmente dalla parte destra otterremo la linea di contorno
interna della parte in alto della cassa. Descriviamo ora la controcurva della
rientranza delle due X al mezzo. Pel p 40, normale alla AB tiriamo la linea di
gravità della tavola. Benché la vera gravità della tavola non sia sul p 40,
calcoliamola ora su questo punto. A suo tempo spiegheremo come già fatto alla
parte teorica il modo di trovarla ed il perché del suo spostamento. Dal p 32½
tiriamo la SS' normale alla AB. Sopra la SS' partendo dall’asse si porti a destra
ed a sinistra p 26 mm. 128,44 in TT'. Centro T, con raggio p 15 mm. 79,04
raccordiamo le curve della parte al basso ed all’alto in MR. Ed operando
egualmente dalla parte destra otterremo la linea di contorno interna delle due
X; e così la completa linea perimetrale interna della cassa definitivamente
segnata. Fig. 33. Ecco come la linea convessa nelle controcurve delle
rientranze centrali, intersecando in ZZ' il limite obbligato nella larghezza
interna della cassa sulla linea di gravità della tavola, viene in tal modo
mantenuta. Fig. 33.
L’interno della cassa venne limitato a soli p 70, mm. 345,80. Per ottenere la
linea esterna di contorno della tavola non abbiamo che ad operare ugualmente
nella completa misura di p 72, mm. 355,68 di cui questa fu diminuita per lo
spessore della fascia in un quarto di p, mm. 1,23 e per l’avanzamento di bordo
in ¾ di p mm. 3,70 al contorno. Le rientranze o controcurve centrali nella linea
perimetrale della cassa sono esternamente determinate da quattro tasselli ad
angolo. Essi sono dovuti per necessità di costruzione onde mantenere costanti
le curvature alle fasce assegnate. La cuspide di detti angoli deve trovarsi sulle
normali W'-NN'.
Le loro proporzioni sia per la lunghezza della cuspide, per la grossezza, per
le linee raccordanti alle curvature esterne del contorno non avendo funzioni
acustiche, dipendendo queste dall’estro, dal gusto estetico dell’artigiano
caratterizzano colle diverse scuole i diversi loro artefici. La linea di contorno al
nostro grafico ottenuta è quella dello Stradivari del 1716 circa.
Questa fu però dallo stesso variata leggermente in altre epoche, forse per
tentare maggiori effetti acustici pure conservandone le proporzioni. Essa
differisce sensibilmente dalle sue anteriori al 1700, e da quelle del maestro
Nicolò Amati, come da questa differiscono pure quelle di alcuni suoi allievi ed
in modo speciale fra essi quella del G. A. Guarneri del Gesù. Volendo costruire
geometricamente per il moderno che ci siamo qui proposti, gli angoli colle loro

235
curvature di raccordo colle tavole, procediamo cosi: Dai punti PP', passando
sul p 15, tiriamo due rette sino ad oltrepassare il contorno della tavola. Con
altre due rette congiungiamo IT con il p 54 dell’asse sino ad oltrepassare il
contorno della tavola. Congiungiamo ancora i punti TT' con il p 49½ in basso.
Sopra la linea P e P', partendo dal contorno esterno prendiamo la distanza di p
3⅓ mm. 16,47 e segnamo X. Fatto centro in X e raggio 3⅓, raccordiamo sino
all'incontro della VV'; e cosi sulla linea al basso T-F, a distanza dal contorno
stesso di p 3½ mm. 17,29 segnamo X'. Con centro X', raggio 3½ p,
raccordiamo sino all'incontro della NN'.
Ora, dal punto T, sulla T 49½ a p 11½ mm. 55,825 segnamo Z, e da T
sulla T 24, a p 12⅓ mm. 60,93 segnamo Z'. Uniamo i punti X con Z' e X' con Z
ed otterremo la lunghezza degli angoli con la loro inclinazione. Centro in Z con
raggio p 3⅓ mm. 61,47 raccordiamo le curve delle due X al basso con la retta
ZX' sino ad A'; e centro in Z' e raggio p 2¾ mm. 13,58 raccordiamo le curve
delle X all'alto sino ad A. Operando così sull’altra parte, avremo anche gli
angoli della X geometricamente segnati. Fig. 34.
Ecco perché noi mai abbiamo ritenuti il contorno della cassa del violino
tracciato a mano libera come tanti studiosi vorrebbero. Dovendo la linea
esterna della tavola seguire l'andamento di
quella interna delle fasce onde mantenere
parallela la distanza nell’avanzamento del
bordo, era pure naturale che questa dovesse
seguire le curvature dei diversi raggi che ad
arte furono così mantenute per il regolare
succedersi delle riflessioni multiple interne.
Forse gli angoli esterni nelle loro dimensioni
e raccordo colle curve delle fasce furono a
mano libera tracciate. Di qui l’estetica
caratteristica nella complessa linea dello
strumento e lo stile facilmente
riconoscibile di ogni singolo caposcuola, cioè
di Gasparo - Maggini - Amati - Stradivari -
Guarneri. E mentre nel 1782 il musico e
liutaio A. Bagatella dimostrava regole per il
tracciamento geometrico della linea interna
del violino, non spiegando però a quale fenomeno acustico questa dovesse
rispondere, possiamo oggidì osservare in documenti autentici di quei tempi il
contorno geometrico di detto strumento, nei quali si riscontrano gli scopi delle
varie curve che danno attinenza a questo nostro studio. Qui nella costruzione
adotteremo la linea di contorno col nostro grafico ottenuta ed espressa con la
tavola fig. 33 perché da confronti ritenuta perfetta.
236
Le onde prodotte nell’aria della cassa dalle vibrazioni trasversali della
colonna vibratoria F' (anima) alla linea di foco, incidendo sugli archi delle
varie curvature policentriche sia nella parte al basso che all’alto della cassa, in
base alla legge generale del fenomeno di riflessione verranno riflesse incidenti
su archi di cerchio di diversi centri di scuotimento. Tra questi anche sulle
controcurve o convessità centrali in modo da formare linee di ripercuotimenti,
incrociamenti multipli in tutti i sensi a seconda del centro di scuotimento,
creando così grande movimento ondulatorio nell’aria di questa. La tavola
matematicamente studiata e condotta nelle sue incidenze e riflessioni darà
schematicamente un’idea delle riflessioni ed incrociamenti multipli da sole
nove supposte linee di incidenze di vibrazioni trasversali della colonna
vibratoria sulle curvature policentriche e sulle convessità centrali perimetrali
della cassa.
Ecco l’errore in cui incorrono certi competenti nel ritenere la linea
perimetrale della cassa dovuta al solo occhio, alla perfezione dell’abile mano
del costruttore. Con tali loro opinioni essi dimostrano che non dal punto di
vista acustico, ma solo dal lato estetico sono in grado di giudicare questo
strumento.

Materia legno, dati particolari delle qualità organoleticbe e condizioni di essa


a noi interessanti, scelta e disposizione nelle tavole e nella cassa

Le buone qualità di uno strumento musicale ad arco dipendono in gran parte


dalle qualità acustiche della materia legno di cui le tavole e la cassa sono
composte. Quali siano le proprietà di questa materia dal lato acustico ne
abbiamo di già trattato nella parte teorica, sia per la tonalità per la
propagazione del moto vibratorio, da quella statica per la resistenza, la densità,
e per gli spessori a cadenza onde ottenere l'elasticità delle tavole; e nel
complesso del lato acustico per la risonanza e per il carattere del suono.
Vediamo ora della materia legno in particolare circa le qualità e le condizioni
di essa in rapporto alle necessità fisiche della nostra cassa.
Nelle tavole della cassa, quelle patti che caratterizzano colla loro maceria
legno sotto l’azione dell'intensità delle vibrazioni il tono ed il timbro,
troviamo l'espressione del suono. Ma non tutte le tavole danno lo stesso tono, e
ciò dipende dalla diversa densità o compattezza nella stessa piana; per la
durezza nella libra, come per la quantità di fibre, che le compongono. Una
maggiore quantità di esse fibre più vicine tra loro, è causa di maggiore densità
in confronto di una meno in numero e quindi tra loro più distanti.

237
Nelle campane, in modo speciale, riscontriamo nella qualità del laro metallo
il tono ed il timbro del loro suono. Il metallo da campane, più o meno denso,
fragile e sonoro, è comunemente composto di una lega di rame chimicamente
puro e stagno. Più rame (metallo meno denso e debole) è impiegato nella lega,
più il suono sarà grave, mentre con aggiunta di stagno, di zinco, di ferro (più
densiì si ottengono toni più acuti. Spesse volte tale lega non riesce
perfettamente omogenea, sia per la diversa densità dei componenti, sia per il
diverso punto di solidificazione. Questo fatto produce in una parte della
campana una vibrazione lievemente differente dalle altre parti e quindi, quel
fenomeno caratteristico di propagazioni ad onde come a scosse, detto
battimenti. Ma mentre per la materia metallo delle campane, ogni fonditore ha
una sua formola speciale per variare il tono ed il timbro, per la materia legno
che compone le nostre tavole, poco omogenea, e come si disse variante di
densità fra pezzo e pezzo anche della medesima pianta di una medesima specie,
nella scelta di essa pet le nostre tavole più di ogni altra cosa, vale e serve la
pratica e l’esperienza.
L’abete usato dagli antichi liutai per il piano armonico degli strumenti
musicali ad arco, il migliore per il rinforzo del suono, riconosciuto anche in
quei tempi come il soprano per tono dei legni, è la Picea (abies picea excelsa,
abete rosso o pezzo). La qualità migliore usata dai maestri del XVII secolo era
quella detta picea nocciola che si riconosce per le marezzature ondulate che
presenta allorché è piallata. Essa differisce dall’abete bianco, abes pectinata,
per i frequenti canali resiniferi nel senso della lunghezza e del raggio del fusto i
quali conferiscono al legno la qualità sonora e l’elasticità. La struttura della
picea è semplice; le sue fibre dritte nervóse e resistenti sono molto sensibili alle
vibrazioni. La Val Fiemme nella Venezia Tridentina (le alpi dolomitiche), ce
ne fornisce una qualità pregiata, a fibra dritta, regolare e parallela, con tessuto
omogeneo, vasi midollari disposti in modo uniforme, adatto alla migliore
elasticità e resistenza. È di colore giallognolo chiaro. I tronchi cresciuti in
terreni poveri ed in climi rigidi, il cui crescimento annuale è poco, sono i più
adatti; e quelli che hanno anelli, fibre, equidistanti tra loro da mm. 1,5 a mm. 2,
sono migliori di quelli che hanno distanze minori, e quindi più strette. Dovrà
sempre scegliersi quello di eguale e dritta venatura e che abbia fibre legnose
regolari, perché quello in cui le fibre legnose sono sottili e magre, è sempre
costantemente più debole e meno resistente. La scelta del tronco viene fatta
mediante taglio trasversale per vedere come sono disposti nella pianta i circoli
annuali. Fig. 35.

238
Fig. 35.

Occorre scegliere la parte della pianta rivolta a sud, poiché è la migliore e la


più regolare; e scegliere il fusto con la fibra di larghezza proporzionata alla
mole delle tavole di ogni singolo strumento. Si dovrà poi in ognuno dei pezzi
praticarsi pel senso in lunghezza nel tronco, il taglio a raggio o spico. Il legno
per la tavola di fondo invece fu scelto fra i legni più compatti, più densi,
resistenti, sonori, e di tonalità più grave.
Furono scelti per questa l’acero campestris e l’acero pseudo platano. Essi
hanno compattezza, fibra un po’ contorta, fine e secca grana, necessaria per
ottenere una perfetta levigatura nella superficie interna della tavola, atta per la
regolare riflessione; tonalità grave, che collegata poi col tono della materia del
piano armonico, fondendosi e vibrando con questa rendono il pieno e
caratteristico tono e timbro al suono. L’acero pseudo platano, detto anche acero
fico, e sicomoro, bianco, di splendida ondeggiatura marezzata, ha dette
proprietà; queste maggiormente si riscontrano nell’acero campestris, detto
anche testucchio e loppo, che gli antichi liutai italiani usavano in pezzi ricavati
dalla parte bassa del fusto. Esso ha marezzatura, ondeggiatura marcata ma
piuttosto disuguale, fina, stretta, di bell’effetto estetico oltreché di ottimo
rendimento acustico.
Non è pianta forestale, ma trovasi quasi sempre isolata ed a piccoli gruppi,
ed in vicinanza di rigagnoli. Ha vegetazione robusta e fronzata in alto. Le sue
ondeggiature danno un più deciso effetto di chiaroscuro di quello delPacero
pseudo platano. La stessa corteccia della pianta si presenta con la fibra
rilevata ondeggiante, e raramente la pianta supera in altezza I 10 o 12 metri, ed
il diametro di 70 centimetri circa. Belli esemplari di quest'acero campestris
ancora si trovano nelle montagne delle langhe (basso Piemonte),
nell’appennino Toscano ed abruzzese. L’acero adoperato dagli antichi liutai
cremonesi e veneziani proveniva dal Bergamasco e dal Cadore; era di regolare
239
ondeggiatura non troppo larga ma caratteristica; i liutai piemontesi e liguri
fecero uso di acero campestris delle loro regioni di ondeggiatura sottile e non
troppo regolare.
Le diversità di suono fisico di queste due qualità di acero sono: nel
pseudo platano una terza minore del tono dell’abete, nel campestris o di
montagna una terza maggiore; essendo la prima qualità meno compatta che la
seconda, cosa evidente anche dal diverso peso in eguale misura. La stessa
ondeggiatura ci dà maggiore o minore densità; l’ondeggiatura più stretta e più
compatta del campestris è più decisa di quella più larga del pseudo platano.
Infine, l’acero è un legno molto decorativo. Le marezzature od ondeggiature
trasversali che hanno questa specie di legni tanto più nella parte in basso del
tronco e verso la radice, quando sono ben levigati e verniciati danno uno
splendido effetto estetico. Essendo ancora l’acero e la picea privo di sostanze
tanniche, la vernice su di essi applicate mantiene la sua freschezza, la sua
trasparenza senza venire dall’acido tannico offuscata, come in generale succede
in tutte le altre qualità di legnami, contenendo l’acero solo sostanze zuccherine
e non acide.

Abbattimento della pianta

La pianta che deve essere adoperata per la fabbricazione di tali strumenti,


deve essere abbattuta come usavano gli antichi, cioè, dopo il plenilunio almeno
quattro giorni. Mai in luna crescente, perché la pianta in questo tempo abbonda
di linfa, che è la causa della sua putrefazione. Deve essere abbattuta in autunno
avanzato od in inverno, quando nella pianta più non circolano umori, se la
pianta è a foglia caduca, cioè, acero, salice, tiglio ecc. L’abete invece si deve
abbattere quando la pianta principia a germogliare, perché in questo tempo non
tarla ed è eterno. Queste regole erano molto osservate dagli antichi liutai.
La stagionatura di questi legnami molto influisce sul suono. Un legno ben
secco subisce meno diminuzione, conserva la forma, lo spessore assegnatogli,
la sua cellula, pori, priva di materie eterogenee si riempie d’aria ed acquista
elasticità, e di qui la maggiore disposizione al vibrare. Il legname da usarsi
dovrà aver almeno cinque o sei anni di buona stagionatura, essere ben secco ed
essicato all’ombra ed all’aria senza essere in questo frattempo mai stato
esposto a pioggia, a vento né a sole.
Gli antichi usavano per ben stagionare il legno, abbattere la pianta, segarla a
pezzi nella lunghezza, dividerli al centro nell’anima (midollo), in due pezzi od
a quattro pezzi (quarti), ed immergerli subito in una gora di acqua corrente per
un periodo dai 15 a 20 giorni a secondo della loro grossezza e della rapidità
240
della corrente; e ciò perché ne uscisse il poco succo vegetale che ancora
trovavasi nella pianta. Dopo tale periodo di tempo nell’acqua, si estraeva
disponendolo in senso orizzontale, un pezzo sopra l’altro, incastrando fra pezzo
e pezzo delle biette o pezzi di tavola in modo da dare adito alParia, ed impedire
il formarsi di muffe per poi accatastarlo in ambiente areato, si, ma all’ombra e
fuori delle correnti d’aria, riparato dalla pioggia e dal vento.
In capo da due tre anni il legname così trattato era in condizioni di
stagionatura tale da poter essere adoperato. Si evitarono in tale modo anche le
spaccature ed i contorcimenti. L'abete almeno dovrebbe essere essicato così. È
tradizione, che gli antichi liutai usavano bollire in caldaia a 100° per 6 od 8 ore
in acqua piovana i pezzi di legname già stagionato da usarsi per la costruzione
degli strumenti, esponendoli poi all’aria per l’asciugamento. L'uso dell’acqua
piovana (distillata) era dovuto perché nessun residuo minerale delle acque
rimanesse nelle cellule del legno. Anche questo trattamento oltre a garantire un
perfetto stagionamento al legno, ne evitava il contorciamento e la spaccatura,
ed era una garanzia maggiore contro le eventuali larve del tarlo, che muoiono
coll’ebollizione prolungata. Trattandosi di legname non troppo stagionato,
l’operazione di ebollimento era anche ripetuta più volte. Un legname ed in
special modo l’abete picea può dirsi ben secco e stagionato dopo 10 o 15 anni
dal suo abbattimento se trattato e conservato nel modo suddetto. Per legname
ben secco ed ultrastagionato però non dobbiamo intendere legno vecchio
ricavato da vecchi infissi, da antiche travi centenarie, legno che purtroppo è
ritenuto ottimo per ottenere effetti acustici di sonorità, di dolcezza negli
strumenti oggidì costruiti. La ritenuta dolcezza di questi strumenti è dovuta alla
fiacchezza delle fibre di questo vecchio legno, che a lungo andare ha avuto
modo di deteriorarsi, di logorarsi dalla continua sottoposizione ad azioni
deleterie che ne hanno consumato la resistenza, essendo divenuto più duro e
rigido ed anche meno elastico, più fragile e cosi meno nervoso e resistente.
Quello nuovo, invece, e ben stagionato, con la massima sua nervosità, elasticità
e resistenza, conferisce alio strumento robustezza, vivacità di suono, che
migliora ancora dopo un breve periodo di uso. Il legname, anche se abbattuto
nelle dovute epoche ed esente da venni o tarli, può confarne se tenuto a
consulto di auro infetto da tuli insetti. Esso però può essere salvato con olii
essenziali dei vegetabili. .
L’olio di spigo, olio essenziale di lavanda, è eccellentissimo ed il migliore.
Seguono poi l’olio di ginepro, di trementina, che servono ugualmente bene.
Spruzzando di tanto in tanto con delti olii essenziali le tavole, si manterranno
sane ed inattaccabili. Gli antichi liutai erano scrupolosissimi circa la scelta,
l'abbattimento e la stagionatura dei loro legnami. Allorché riuscivano ad avere
241
un tronco che possedeva le qualità volute, lo utilizzavano per quanto possibile,
segnandolo prima nelle lunghezze adatte ai vari strumenti, spaccandolo poi a
spico o quarto, e cioè, dalla corteccia al midollo per ottenere, nella picea
specialmente, fibre parallele e regolari alle due parti nelle tavole. La spaccatura
nella picea è necessaria spaccando si segue lo sclerogeno senza stroncare la
fibra, e se nel pezzo si trovano irregolarità, colla spaccatura subito si
riscontrano dalla contorsione di fibra. Nell’acero, il taglio a raggio o spico,
permette di ottenere l’ondeggiatura regolare. Se le tavole venissero tagliate a
strato, si avrebbero solo tavole ondeggiate arrivando col taglio verso la parte
centrale del fusto, e per l’altre si otterrebbe l’effetto del legno tigrato, proprio
degli antichi strumenti della scuola bresciana che erano fatti con legno tagliato
a strato, interrompendone l’ondeggiatura che in tale modo riusciva troncata di
punta.
Oggidì, in generale i liutai moderni, non curano di conoscere la qualità, la
stagionatura dei legnami che adoperano. Questi, sia l’acero che la picea,
vengono acquistati già segati, stagionati, pronti in misure adatte per essere
usati, da ditte straniere che ne fanno commercio. Si ignora ih che modo siano
preparati e stagionati, sono di diverse qualità, bellezze, ed a prezzi diversi e ...
favolosi. La bellezza dell’onda larga fiammeggiante degli aceri ungheresi
interessa i moderni liutai, poco le loro qualità ... acustiche. Circa i nostri
bellissimi acer campestris ancora esistenti, essi, quasi sprezzandoli, dicono che
solo servono per copie di antichi strumenti, perché ad ondeggiatura fine e
disuguale, e non come quella di pseudo platanus ungherese, quelli che
vogliono, che cercano per l’effetto estetico decorativo i moderni Sigg.rl Clienti.
Disposizione del legno e preparazione delle due tavole
Scelto con cura lo spicco o cuneo di abete picea pel piano armonico che
nello spaccarlo avremo :enuto doppio del massimo spessore esterno dovuto alla
tavola, dividiamolo nel senso longitudinale in due parti eguali e nelle
medesime dimensioni. Otterremo cosi nelle due parti di tavola fibre
perpendicolari alle facce della tavola ed una regolare simmetria di densità nelle
due parti di essa. Pialliamo le due parti nella sua lunghezza, in modo che le
fibre circolari annuali rimangano normali al piano della tavola in bb1 Togliamo
nei due spicchi la parte sotto la corteccia (l’alburno), in modo da trovare la
libra del legno in CC' e facciamoli combaciare in modo che nella giuntura si
connettino, non le fibre, la metà dei due sclerogeni. Fig. 37.

242
Fig. 36. Fig. 37.

In tale modo, ecco che la parte esterna più giovane della pianta e quindi meno
resistente, viene a trovarsi nella parte centrale interna della tavola, ove verrà
mantenuta maggiore spessore; mentre la parte esterna e quindi la più vecchia
della pianta, più nervosa e più resistente, verrà così a trovarsi ai lati dove
saranno tenuti gli spessori a cadenza minori, e la tavola dovrà avere maggiore
resistenza alla spinta.
Eguale trattamento useremo per la tavola di fondo in acer campestris o in
pseudo platano. A differenza del piano armonico, in questa tavola di fondo
poco interessa la disposizione di fibre parallele o meno ai piani di essa. E
mentre dal lato acustico la regolarità di fibre nel piano armonico è di massima
importanza e la disposizione di queste e la forma concava della sua superficie
interna; in questa tavola di fondo è di capitale importanza la sola forma
concava della sua superficie interna ai sensi della riflessione.
Se nella struttura dell’abete picea causa la differenza grande nella densità tra
fibra e sclerogeno, la regolarità tra le fibre è indispensabile per ottenere colla
regolare cadenza di spessori l’elasticità regolare su tutta la superficie della
tavola, nell’acero invece che la differenza tra questi è minore, questa regolare
elasticità nella superficie è più facile ottenerla, e quindi in questa tavola di
acero, sia il taglio a strato che quello a spicco, ha minore importanza di quella
della picea del piano armonico. Difatti, dai migliori liutai antichi, mentre
furono generalmente usate tavole di fondo in acero in due pezzi tagliato a
spico, furono pure usate, e non eccezionalmente, anche tavole in un solo pezzo
tagliate a strato, per quanto dalla disposizione delle diverse ondeggiature di
questo legno, esteticamente se ne ottenga dal lato decorativo un notevole
effetto. Meraviglioso effetto estetico decorativo fu ottenuto in esemplari di
243
strumenti le cui tavole di fondo ricavate dalla parte bassa del fusto presso le
radici della pianta hanno ondeggiature contorte ed intricate; ma, queste data
l’intricazione e l’irregolarità di densità nelle diverse parti, sono da sconsigliare
per la difficoltà maggiore di ottenere un’eguale elasticità in tutta la loro
superficie.
Quando la tavola di fondo è formata da un sol pezzo, occorre curare anche
l’effetto estetico; effetto puramente decorativo ma che deve essere tenuto in
considerazione. Occorre allora dare un’inclinazione a dette, sia verso destra che
verso sinistra, a piacimento, se queste sono parallele tra di loro. Se sono
contorte od intrecciate occorre disporle in modo da ottenere un effetto
soddisfacente. Quando invece la tavola di fondo è in due pezzi, è bene che le
ondeggiature dell’acero siano disposte lievemente convergenti a spina di pesce
sia dall’alto al basso dell’asse della tavola come generalmente vengono
disposte, o viceversa dal basso verso l’alto come eccezionalmente usarono
alcuni maestri; evitandone in tutti i casi la disposizione in linea orizzontale che
non risponde a buon effetto estetico. La disposizione a spina pesce nei due casi
dà snellezza, eleganza alla linea della tavola; mentre la linea inclinata a destra
od a sinistra della tavola in un sol pezzo lasciano questa un pochino tozza. A
volte è splendido invece l’effetto delle tavole tigrate intricate e contorte. Per
tali inclinazioni di ondeggiatura, tavola di fondo, di due pezzi, dovrà essere
preparata prima dell’incollaggio di detti togliendone l’alburno. Spesso nello
stesso fusto l’ondeggiatura già si presenta inclinata. Gli antichi liutai bresciani
ed i cremonesi sino all’epoca di Nicolò Amati, usarono sempre piano armonico
nei loro violini in un sol pezzo, e generalmente anche in un sol pezzo le tavole
di fondo.
Fu dall’Amati Nicola che venne usato pel piano armonico il taglio a spico,
ma non sempre. Antonio Stradivari usò anche lui prima del 1690 piani
armonici in un sol pezzo, mentre dopo quell’epoca anche da lui questi furono
sempre usati in due pezzi, e di piani di fondo, sia in un pezzo che in due.
Eccezionalmente furono usate per violini e viole piani armonici in tre pezzi, e
comunemente furono combinate tavole armoniche in tre ed in quattro pezzi per
strumenti di maggiore mole, quali viole, violoncelli e contrabbasso, ciò perché,
per la loro maggiore dimensione in larghezza, era necessario sia per la
difficoltà di trovare che per avere le fibre della picea di regolare distanza fra di
loro.
Poste ora le due parti del cuneo colie quali dovremo formare la tavola, su di
un piano perfetto, incolliamone la costola della loro parte che dovrà
connettersi, con una buona e fresca colla da ebanisti, chiara, ben calda e non
troppo densa, scaldando magari i due pezzi prima di incollarli se la stagione è
244
fredda, e con due buone morse serriamo bene le due parti unite affinché la colla
assorbita dalle due parti dallo sclerogeno si combini, ed aderiscono rimanendo
perfettamente connesse. Fig. 38. Detta incollatura riuscirà bene se fatta in un
locale a buona temperatura, perché la colla si lascerà comprimere aderendo
perfettamente, e non succede poi durante la lavorazione che le due parti si
stacchino. Togliamo l’eccesso di colla e lasciamo asciugare.

Fig. 38.

Tracciamento del modello sulla tavola, e spessore di massima elevazione di


esse (esterna), tracciamento nelle due superfici dei principali punti di
riferimento costruttivi acustici

Sulla parte interna della tavola che già preparata piallata e perfettamente
piana, dovrà appoggiare sulle fasce, segniamo sulla precisa giunta dei due
pezzi, che rappresenterà in detta l’asse longitudinale di simmetria un punto in
alto G. Da questo, disponiamo il modello già a parte ottenuto col sistema del
grafico della tavola e completato coll’aumento del bordo e degli angoli
secondo la descrizione del grafico della figura, in modo, che, coincidano le
due linee assiali; e con matita o punta aguzza di acciaio tracciamo il contorno
seguendone la sagoma.
Con una sega a lama stretta chiamate comunemente voltino, tagliamo il
contorno esterno della tavola, conservando ben visibile il tracciato del disegno
fatto, togliendone il legno esuberante. Liberata la tavola, con qucll’arnese usato
dagli ebanisti e chiamato comunemente graffietto, segniamo nel fianco della
tavola, sempre considerando come partenza la parte piana interna di essa, lo
spessore in p l¼ mm. 6,17 da lasciare a questa per il bordo, segnandola ben
visibile sul fianco. Nel segnare col graffietto quoto spessore, occorre prestare
attenzione di lasciare la cuspide esterna desili angoli delle X in due mm. in più
di spessore dovendo questi essere tenuti più salienti ed anche perche
rimangono più resistenti. Per la tavola di fondo occorre nella sua lunghezza
lasciare in più la sporgenza sul mezzo in alto nella linea per il tallone o tacco
covino per l’attacco di detta col manico. Questo tallone deve essere di eguale
spessore che alla cuspide degli angoli, e sempre lievemente tagliato ad angoli

245
retti, perché la sua linea semicircolare le sarà assegnata allorché la tavola sarà
ultimata e dovremo colla cassa unirla al manico. Figg. 41 a, b.

Vediamo ora di stabilire lo spessore di massima elevazione esterna delle due


tavole, attenendoci ai criteri costruttivi usati dagli antichi liutai bresciani e
cremonesi e dallo Stradivari stesso sino alla fine del sec. XVII; e quindi, colla
variante dello stesso apportata alla cassa all’inizio del sec. XVIII, Abbiamo
detto che la massima elevazione esterna delle tavole non fu stabilita a caso, ma
dovuta al ragionamento nella disposizione delle curvature interne le quali
aumentate poi del suo massimo spessore verso l’esterno ci daranno la massima
elevazione esterna. Millimetri IV e mm. 20, p 3⅞ e p 4⅛ per la tavola di fondo;
e p 4 1/S mm. 20 per il piano armonico, ultimate, furono l’altezza o spessore di
massima elevazione esterna assegnata alle tavole del violino secondo il criterio
costruttivo tenuto sino al 1700. Dopo tale epoca, dallo Stradivari queste
vennero ridotte a p 3¼ mm. 16 per il piano armonico ed a p 3 1/12 mm. 15 per
la tavola di fondo, per il diverso criterio con cui egli considerò colla sua
variante dette curvature trasversali interne. Portiamo ora le nostre tavole, già
contornate nella linea perimetrale alla misura di spessore di massima

246
elevazione esterna stabilita a seconda del criterio dell’epoca che intendessero
seguire nella costruzione, su tutta l’estensione centrale di esse, lungo Tasse
longitudinale, piallandole in bb. Occorre tener presente di lasciare mm. 3 in più
per la eventuale modificazione a farsi a seconda la densità del legno usato e per
la regolare pulitura esterna. Fig. 42.

Fig. 42.

Punti di riferimento acustico nelle tavole

Portate così le tavole all’altezza o spessore di massima elevazione esterna,


iniziamo il tracciamento dei principali punti di riferimento costruttivi sia nella
superfìcie esterna che in quella interna di esse, seguendo il criterio costruttivo
usato dallo Stradivari prima del 1700 col tipo amatizzato; ed il criterio dallo
stesso tenuto dalTinizio del sec. XVIII, secondo la variante apportata.
La conoscenza di tali due sistemi costruttivi del XVII e XVIII secolo è
indispensabile per un buon moderno liutaio, sia nel campo della costruzione
come in quello importantissimo della riparazione; poiché, fu dalla scuola
cremonese degli Amati e dello Stradivari del sec. XVII, che in maggioranza
derivano tutti i liutai che a loro volta fondarono le altre scuole italiane, mentre
pochi loro discepoli cremonesi, piemontesi e veneziani seguivano nella prima e
seconda decade del sec. XVIII i criteri della variante da questi apportata.
Seguendo per primo il criterio del sec. XVII, segnamo ora, sia sulla superficie
esterna che su quella interna di dette tavole nella lunghezza sull’asse, il loro
mezzo E sul p 36; da questa segnamo la distanza verso il basso di p 12 mm
59,28 sul p 48 in B; e verso l’alto di p 13 mm. 64,22 sul p. 23 in B'; limiti della
tavola di fondo di massima elevazione esterna in senso longitudinale della
tavola e punti su cui dovrà trovarsi l’asse verticale delle due semicalotte
sferiche.
Sul piano armonico invece, i limiti di massima elevazione esterna della
tavola e quindi l’asse verticale delle due semicalotte sferiche saranno per la
parte al basso a p 16 mm. 79,04 sul p 52 in B; e per quella in alto a p 18 mm.
88,92 sul p 18 in B', dal mezzo in E. Sul piano armonico oltre a detti punti di
riferimento dobbiamo ancora segnare sulla superficie esterna dal mezzo E
verso il basso a p 4, mm. 19,76, sul p 40 in G la supposta linea di gravità della
tavola armonica; e sulla tavola di fondo, nella sua superficie interna, sempre
dal mezzo E, verso il basso a p 6 mm. 29,64 sul p 42 in F', la linea di foco. Fig.
43. Seguendo ora la variante stradivariana ecco che i punti di massima
247
elevazione esterna nelle due tavole diventano tra le stesse eguali e più vicini al
mezzo E. Difatti, segnamo sia nella superficie esterna che su quella interna
nelle due tavole, prima il loro mezzo E in lunghezza sull'asse nel p 36. Da
questo, la distanza verso il basso il p 6 mm. 29,64 sul p 42 in B; e verso l’alto,
di p 10 mm. 49,4 sul p 26 in B', che segnano con la linea del foco sul p 42 in F'
e con quella del suo foco coniugato sul p 26 in F" i limiti di massima
elevazione esterna nelle due tavole Tasse verticale della calotta e della
semicalotta sferiche.

Fig. 43. Fig. 44.

Sulla superficie esterna del piano armonico dobbiamo anche qui segnare dal
mezzo E verso il basso a p 4 mm. 19,76 sul p 40 in G, la supposta linea di
gravità della tavola armonica. Per dette misure lineari nelle tavole del violino
dovremo servirci come abbiamo detto del regolo colla sola estensione del
mezzo braccio cremonese diviso in 72 p, misura lineare di questi regoli; e per
qualsiasi di queste misure longitudinali sull'asse, partire sempre dal mezzo E.*
_______________________________________
* Per la misura proporzionale al violino nelle dimensioni delle viole,
violoncello e contrabasso la suddivisione in 72 parti sarà rappresentata dalla
completa parola parte.

CAPITOLO III
248
ABBOZZAMENTO APPROSSIMATIVO
DELLA PARTE CONVESSA ESTERNA DELLE TAVOLE

Portate così le nostre tavole allo spessore di massima elevazione esterna,


segnati i principali punti acustici nella superficie esterna delle stesse,
procediamo ora ad un’abbozzamento preliminare approssimativo esterno in
rapporto alle dovute curvature interne. Non dobbiamo però confondere con
detta abbozzatura approssimativa la modellazione definitiva esterna delle
tavole, poiché questa, come dimostriamo, non è per noi consigliabile se non
dopo aver applicato ed ottenuto le regolari curvature interne. Essa è praticata
solo per togliere l’esuberanza materie legno che renderebbe malagevole il
maneggio della tavola operante lo scavo airinterno.

Senso longitudinale e trasversale

Sulla superficie della parte esterna della tavola sia in quella armonica che in
quella di fondo dai punti BB', a p 3 mm. 13,82 segnamo verso il basso e verso
l’alto sull’asse 00' e sul contorno di essa nei punti di maggiore larghezza o
sporgenza laterale, alla parte in alto segnamo AA' nelle due parti, e così al
basso, sempre nel punto di maggior sporgenza, segnamo B"B"'. Dal punto O'
segnamo con due rette O'A-O'A' l’angolo AO'A'; e con un pialletto,
diminuiamo la tavola da O' a C sul bordo sino al segno del graffino, e cioè
entro l’angolo AO'A'; e così da O e C' nella parte al basso entro l'angolo
B"OB"'. Otterremo così sulla tavola alle due parti all’alto ed al basso la
diminuzione a cadenza sull’asse longitudinale che darà poi la sua parabola
esterna.

Senso trasversale

Dividiamo in due parti eguali la distanza dall’asse longitudinale della tavola


al punto della massima rientranza delle controcurve centrali, o X E'E". Dal
punto E' facciamo passare un'arco indefinito, che partendo dal punto della
massima sporgenza della tavola all’alto in A, passando per E' all'altezza del
punto di massima rientranza della )(, raggiunga il punto di massima sporgenza
della tavola nella parte inferiore in B"; così operiamo .dall’altra parte in A'
all’alto e B'" al basso.

249
Fig. 45.

Ora, tutta la superficie compresa dall’arco AE'B", al contorno, partendo dal


limite dell’arco suddetto, con una sgorbia mezzo-piana, portiamola a regolare
cadenza lievemente concava, sino al contorno sul segno dello spessore del
bordo lasciato dal graffino, lasciando all’arco AE'B" il suo netto spigolo vivo,
conservando alla cuspidi degli angoli della tavola la loro punta saliente. In
egual modo operiamo dall’altra parte della tavola. Abbassate così lievemente
concave le due parti trasversali della tavola tra gli archi indefiniti AE'B" ed
A'E'B'", ed il bordo al contorno, con la medesima sgorbia mezzo-piana,
togliamo, operando dal basso verso l’alto, l’angolo vivo rimasto degli archi
suddetti in A, fig. 47, accompagnandolo leggermente sfumato colla tavola per
poco verso Tasse ed in modo che questo sia scomparso, come dimostrato in
EE'. Fig. 48. In egual modo operiamo sull’angolo vivo dei due lati dei triangoli
alla parte in alto ed in basso della tavola in AO'A' e B"OB"', sempre lievemente
togliendo lo spigolo sino alTincontro sia al basso che all’alto dell’arco
indefinito BEA nelle estreme due parti.

250
Il diagramma figg. 46 e 47 dimostrano chiaramente queste operazioni.
Dividiamo ancora in tre parti la distanza dall’asse longitudinale della tavola
alla massima rientranza delle due X; ed a due terzi di essa per parte dall’asse
segnamo E'". Pel punto E"', facciamo passare un altro arco indefinito, che dalla
metà tra A' sul contorno e la cuspide dell’angolo superiore delle X in C"',
passando per E"', raggiunga la metà sul contorno tra la cuspide dell’angolo
inferiore di dette X il punto B"' in C", e ciò nelle due parti laterali della tavola.

Fig. 46. Fig. 47.

Con la sgorbia mezzo-piana, dall’arco indefinito in E'", togliamo verso il


contorno, con una leggera ma più accentuata incavatura di mm. 1 circa di
freccia sino al contorno sul segno laterale del bordo lasciato dal graffino,
conservando però sempre la cuspide degli angoli delle X salienti, e lasciando
sempre all’arco in E'", il suo spigolo vivo. Sempre operando dal basso all’alto,
togliamo sfumendo colla tavola lo spigolo dell'arco suddetto in E'" al centro
all’alto ed al basso sulla tavola in modo che anche questo sia scomparso. Fig.
48 e sezione in E.
L’operare così dai basso verso l’alto colla sgorbia mezzo-piana onde
togliere lo spigolo dell’angolo sulla tavola, facilita, ed è più comodo che
dall'alto al basso perché appoggiando la sgorbia meglio si può regolare la
cadenza per il quantitativo di materia legno da asportare. Ecco che in tal modo
251
operando, la tavola esternamente comincia a prendere la sua convessità
regolare e già ci appare abbozzata e precisa nelle cadenze tra le due parti. Essa,
con un principio, con un criterio così condotta nella abbozzatura presenterà una
convessità tale da permettere di disporre regolarmente le necessarie curvature
interne trasversali e longitudinali. Fìg. 49.

Fig. 48. Fig. 49.

Ora non occorre che scavarne le curve interne sia in senso trasversale che
longitudinale con i loro raccordi radiali, onde stabilire con i vari spessori della
materia dall'interno le regolari cadenze esterne e quindi la derivazione della
definitiva modellazione della convessità esterna. Cosi dobbiamo preparare le
due tavole prima di iniziare la scavatura delle curvature interne: le seguenti due
sezioni longitudinali e trasversali chiaramente lo dimostreranno.
Sicuri di regolare ugualianza nella cadenza delle due parti esterne della
tavola, correggendo all’uopo, puliamo leggermente con raspa senza creare
infossature. Fig. 50. Occorre ora ben precisare il conturno perimetrale esterno
di questa tavola secondo la precisa linea in un primo tempo col modello
segnata, cosa che faremo con un apposito e ben affilato coltello prima gli
angoli, alle rientranze o )(, e poi, sia col medesimo coltello o con una fine lima

252
a legno, per tutta la linea perimetrale della tavola mantenendone decisi i due
angoli vivi nelle due parti.

Fig. 50.

Nella tavola di fondo occorre ricordare di lasciare da ultimare il tacco che


dovrà unirsi al manico, di lasciarlo come la cuspide degli angoli un po' saliente,
e che finiremo allorché il manico sarà innestato alla cassa. Come abbiamo di
già detto, fu certamente questa operazione di abbozzamento preventivo della
parte esterna praticata indubbiamente e nel modo suindicato nelle antiche
botteghe di liuteria italiana, che indusse gli autodidatti liutai dell’epoca a
ritenere che la modellazione e finitura delle tavole doveva essere praticata
prima all’esterno, e gli spessori a cadenza dovuti della materia assegnati
dall’esterno airinterno seguendo la modellazione esterna.
Questo antico sistema di operare è confermato dalla diversità ed irregolarità
di modellazione esterna delle tavole tra strumento e strumento anche di uno
stesso antico maestro; mentre all’interno le regolari curvature e la capacità o
cubatura dell'aria nella cassa furono in tutte riscontrate eguali. Dalle prime
decadi del sec. XIX, la modellazione e finitura esterna delle tavole prima
dell’inizio della scavatura interna, viene in generale eseguita da tutti i liutai, i
quali non mantenendo nelle loro opere carattere ed originalità propria ma
attenendosi ora alla maniera di uno ora a quella di un’altro antico maestro, si
sono ridotti ormai capaci al solo imitare, a copiare servilmente le opere dei
classici. Oggidì poi il voler seguire l’antico sistema costruttivo da noi
dimostrato, per costoro, oltre ad essere ritenuto impossibile gli è esporsi al
ridicolo.
Punti di riferimento acustici nella parte interna, e preliminari per la
scavatura interna. Sulla superficie della parte interna delle tavole, quella ancora
piana, che dovrà appoggiare e connettersi alle fasce, abbiamo segnato come
sulla superficie della parte esterna, longitudinalmente sull’asse, oltre al mezzo
in E, altri importanti punti di riferimento acustici, e questi nella tavola
armonica (secondo il criterio costruttivo tenuto nel sec. XVII) sul p 52 al basso,
253
e sul p 18 in alto, in B ed in B', che chiameremo in questa parte interna invece
rispettivamente OL; e la linea di gravità sul p 40 in G. Sulla tavola di fondo, sul
p 48 al basso e sul p 23 in alto, pure in B ed in B', che rispettivamente qui
chiameremo invece NM. Nei punti suddetti, con una matita o meglio con punta
aguzza di acciaio, tiriamo linee normali a detto asse, sino ai margini nel
contorno della tavola, le quali ci serviranno quale traccia di quelle durante
l’operazione di scavo. Fig. 51.

Punti di riferimento acustici nella parte interna, e preliminari per la scavatura


interna

Sulla superficie della parte interna delle tavole, quella ancora piana, che
dovrà appoggiare e connettersi alle fasce, abbiamo segnato come sulla
superficie della parte esterna, longitudinalmente sull’asse, oltre al mezzo in E,
altri importanti punti di riferimento acustici, e questi nella tavola armonica
(secondo il criterio costruttivo tenuto nel sec. XVII) sul p 52 al basso, e sul p
18 in alto, in B ed in B', che chiameremo in questa parte interna invece
rispettivamente OL; e la linea di gravità sul p 40 in G. Sulla tavola di fondo, sul
p 48 al basso e sul p 23 in alto, pure in B ed in B', che rispettivamente qui
chiameremo invece NM. Nei punti suddetti, con una matita o meglio con punta
aguzza di acciaio, tiriamo linee normali a detto asse, sino ai margini nel
contorno della tavola, le quali ci serviranno quale traccia di quelle durante
l’operazione di scavo. Fig. 51.
Eguale trattamento useremo seguendo colla variante stradivariana nelle due
tavole sul p 42 in basso e sul p 26 in alto segnati pure in BB', che in questa
superficie interna chiameremo rispettivamente OL-MN; e la linea di gravità G
sul p. 40. Fig. 52. Ora, sulla parte piana interna, a distanza di p 1½ , mm. 7,41
dal contorno tracciamo una linea seguendo il contorno della tavola e
raccordando agli angoli colle controcurve o X ed agli spazi in alto ed al basso
di essa sull’asse per la disposizione di quattro tasselli e dei due zoccoletti e per
l’appoggio della fascia e controfascia.
Questa distanza, necessaria perché, essendo la regolare larghezza del bordo
dall’esterno della fascia nella tavola del violino ¾ di p mm. 3,70, occorre
lasciare oltre a questa lo spessore che danno alla fascia ¼ di p mm. 1,23, ed
ancora quello della controfascia, che per un buon appoggio alla tavola e buona
resistenza alle curvature della stessa la dovremo tenere di ½ p mm. 2,47, e
quindi la complessiva misura di mm. 7,41 indicata. Tale zona piana sul
contorno è necessaria per dare alla (ascia, ai tasselli ed ai zoccoletti un perfetto
e solido appoggio.
254
Se la parte esterna della tavola abbiamo potuto abbozzarla appoggiata
comodamente su di un piano, per incavarne la parte interna occorrerà invece
preparare un’apparecchio onde poter collocare la tavola nella sua parte
convessa esterna in modo che possa rimanere ferma e piana poiché male
appoggiando, scomodo ne sarebbe l’operare. Detto arnese dovrebbe essere
costruito nel modo più o meno eguale al modello della qui seguente figura;
esso è chiamato strettoio. Una tavola di qualunque legno purché compatto, di
buon spessore (di mm. 35 circa), di lunghezza e larghezza superiore alla tavola
dello strumento che stiamo costruendo, di forma leggermente trapezoidale, può
servire allo scopo.

Fig. 51. Fig. 52.

Su di una faccia di questa segniamo la linea di contorno della tavola.


Diminuiamo lievemente la linea del contorno della tavola. Da questa
pratichiamo una incavatura maggiore della convessità esterna della tavola in
modo che questa possa capirvi senza incontrare in alcun punto, ed appoggiando
col solo contorno sul bordo nella parte piana del nostro apparecchio. Un punto
termo riportato in K, sulla parte superiore a contatto colla linea della tavola,
lievemente compromesso da detta disposta fra questa ed un mobile nella parte
255
inferiore in X, azionato da una vite di pressione a mano ne assicurerà
l'immobilità.
Naturalmente detto strettoio dovrà essere composto in modo che riesca facile e
svelto il maneggio per togliere e rimettere la tavola dovendola eventualmente
togliere. Nella sua parte posteriore verrà adottato un robusto tacco di forma
cubica onde poterlo fermare nei due sensi longitudinali e trasversali tra la
morsa del banco di lavoro. Fig. 53.
Riposta così, ed assicurata l’immobilità della tavola nello strettoio, iniziamo
senz'altro a segnare nella superficie interna delle tavole dai principali punti di
riferimento acustici le figure necessarie e le proporzioni per la scavatura
interna.

Parte interna - Tracciamento delle curvature interne centrali delle tavole,


criterio secolo XVI-XVII

Nella prima parte dello studio teorico sulla costruzione della cassa armonica
abbiamo dimostrato analizzandolo un'importante fenomeno della riflessione
sugli ostacoli concavi, sul quale riteniamo sia stato basato lo studio fisico-
acustico della costruzione di questa speciale cas setta biconcava.

256
Fig. 53.

257
Fig. 55

258
Trattando ancora delle dimensioni di massima larghezza in rapporto delle
tavole componenti detta cassa, abbiamo detto che alla linea di gravità di dette
la larghezza di questa cassa è obbligata, e debba in quel punto corrispondere
alla terza parte in lunghezza della tavola dello strumento dovendo essa
contenere in quel tratto entro un’angolo di un dato numero di gradi il settore di
una circonferenza dalla quale sarà dedotta la curvatura trasversale interna della
tavola.
Vediamo ora praticamente le dimensioni e la disposizione da darsi a queste
curvature interne delle tavole, seguendo per queste prima il criterio costruttivo
usato dagli artigiani liutai nel sec. XVII, e poi usato dallo Stradivari colla sua
variante nel sec. XVIII. Le curvature nella superficie interna delle tavole
secondo il criterio usato dai liutai bresciani e cremonesi del sec. XVII, erano
mantenute eguali in tutte due le tavole. La curvatura interna trasversale alla
linea di gravità della tavola era ottenuta da una circonferenza di raggio uguale
alla terza parte della lunghezza della tavola, divisa da tre diametri che si
incrociano formando settori di 60°. Ved. fig. 55.

Fig. 55. Fig. 56.

Essendo quindi nel violino soprano la lunghezza della tavola di p 72 mm.


355,68, il raggio della sua circonferenza sarà di p 24 mm. 118,56. Il segmento
di curvatura trasversale centrale interna di queste tavole è rappresentato dalla
curva di uno di questi settori, WZ; però in un’angolo di soli 56°, nelle tavole
del violino e della viola contralto, la cui freccia CB rispettivamente sarà di p 3
1/16, mm. 15,1; e di p 3 3/8 mm. 16,6 come risulta dalla fig. 55. Pel
259
violoncello di p 161½ , mm. 797, date le maggiori dimensioni, la curva interna
di esse sarà contenuta in un settore di soli 50°, e la sua freccia CB sarà di p 5,
mm. 24,7. Nel contrabasso a fondo concavo di p 237, mm. 1170 la sua
curvatura sarà contenuta in un settore di soli 45° e la sua freccia CB sarà quindi
di p 7¾ , mm. 38, 2. Fig. 55. Questa diversità di gradi del segmento di
curvatura interna alla linea di gravità della tavola del violoncello e del
contrabasso da quella del violino è dovuta alla maggior mole di questi due
strumenti in relazione al violino. Le curvature interne delle tavole di questi due
strumenti, conservate nelle loro dimensioni entro l’angolo di 60°
necessiterebbero di tavole di grande elevazione esterna causa la maggiore
freccia di curvatura interna.
Nel violoncello ad esempio, di p 161½ , mm. 797, la freccia CB nel
segmento di curvatura interna di 60° sarebbe di circa p 7, mm. 37,05 e l’altezza
delle fasce alla linea di gravità di soli p 11¼ circa, mm. 55,9. La diminuzione
di gradi del settore della curvatura interna alla linea di gravità della tavola porta
quindi ad una minore freccia, e quindi minore altezza di massima elevazione
esterna nella tavola. Ma, per ottenere, come dimostreremo, la superficie interna
delle due tavole nella loro curvatura disposte rispettivamente ai loro foco
sull’asse, occorse rimediare aumentando la diminuzione avvenuta nei gradi
della curvatura colla maggiore altezza delle fasce. La larghezza interna della
cassa di questi strumenti, abbiamo detto che alla linea di gravità della tavola
essa è obbligata per contenere entro l’angolo di 60u il segmento di curvatura
interna della tavola. Ma la linea interna della cassa, raccordando dal basso con
le controcurve centrali la curvatura perimetrale della parte in alto di minore
larghezza, insinuandosi oltre la linea di gravità colla sua curva all'interno della
cassa, ne restringe il campo in modo che il settore di 56° per essere contenuto
in quel tratto centrale di questa, deve essere diminuito di gradi. Fig. 57.
Questa necessaria diminuzione dovremo ragionarla seguendo le regole della
riflessione che già abbiamo analizzate e dimostrate, e cioè: non tutte le
incidenze dei raggi paralleli sonori giunte sulla curvatura dell’ostacolo concavo
di fondo, convergendo concorrono in un sol foco sull’asse, ma queste oltre un
angolo di 40°, tendono a riflettersi in fuochi più bassi e mancanti quindi al
concentramento focale. È quindi evidente che in senso trasversale nella cassa la
zona concava interessante la riflessione delle incidenze delle vibrazioni sulle
tavole è quella sottesa nell’angolo non superiore di 40° della sua curvatura.
Tracciamo quindi dal vertice C un angolo di 40°, e con centro in F sull’asse
alla linea del foco sul p 42, descriviamo un circolo tangente ai lati dell’angolo
di 40°. Questo determinerà in senso trasversale all’interno nella tavola la
massima larghezza al centro della cassa utile per le incidenze delle vibrazioni
260
riflesse ai fochi. Fig. 58. In senso longitudinale all’asse di simmetria nella parte
interna delle tavole, questa larghezza trasversale è disposta: nella tavola di
fondo, da M sul p 23 in alto ad N sul p 48 al basso. Nel piano armonico, da L
sul p 18 in alto ad O sul p 52 al basso. Da detti punti OL, MN,
longitudinalmente al basso ed all’alto raccordiamo con una semicirconferenza
di eguale raggio. Ora, sulla superficie interna ancora piana delle tavole del
violino già segnate come alla fig. 52, sulla tavola armonica da L sul p 18 e da
O sul p 52 segnamo dall’asse p 8, mm.

Fig. 57. Fig. 58.

39,52 per parte e descriviamo una semicirconferenza che taglierà l’asse


longitudinale in alto sul p 10 e sul p 60 al basso; e così sulla tavola di fondo da
xM e da N sul p 23 e sul p 48, che taglierà l’asse sul p 15 e sul p 56.
Uniamo con una tangente retta parallela all’asse le due semicirconferenze
nelle tavole, ed ecco la zona centrale delle curvature interne trasversale e
longitudinale nelle tavole entro l’angolo di 40° segnata. Fig. 59.

Criterio dello Stradivari tenuto nel secolo XVIII

Seguendo il criterio tenuto dallo Stradivari e sua scuola dall’inizio del sec.
XVIII colla variante costruttiva apportata, le due tavole, armonica e fondo, non
conservano più tra di loro un’eguale raggio di curvatura interna. Queste
curvature sono tenute con un diverso raggio e quindi indipendenti l’una
dall’altra.
La curvatura interna trasversale alla linea di gravità della tavola non è più
ottenuta da una cinconferenza divisa da tre diametri formanti settori di 60°, ma
da circonferenze di diverso diametro, e cioè: quella del piano armonico del
261
Fig. 59.

violino venne variata con raggio di p 24 3/8, mm. 120,41; quella della tavola di
fondo con raggio di p 28, mm. 138,32. Il segmento di curvatura interno di
queste tavole era pure rappresentato dalla curva di uno di questi settori WZ;
però, quello del piano armonico in un angolo di 56°, la cui freccia CB è di p
2½, mm. 12,3, quello della tavola di fondo, in un angolo di soli 48° la cui
freccia CB, è di p 2, mm. 9,88. Fig. 60. Questa diversità di gradi del segmento
di curvatura interna della tavola di fondo da quello del piano armonico è
causato dalla maggiore ampiezza dell’angolo di 60°, della minor curvatura
dell’arco, dato il maggiore raggio della curva, in rapporto alla larghezza
obbligata della cassa alla linea di gravità della tavola. Causa la minore
curvatura interna, la tavola di fondo diminuita di gradi viene utilizzata al
massimo in tutta la sua larghezza, nel senso trasversale entro l’angolo di 4ò°. In
tale modo è aumentata la sua superficie riflettente ricevendo e riflettendo così
più incidenze di quella che era di 56°, ma segmento di una curvatura più
piccola. Difatti, il circolo inscritto nell’angolo di 40° del segmento di curvatura
262
(perché di minore raggio), ha larghezza minore di quello inscritto nello stesso
angolo di 40° del segmento di minore curvatura perché di circonferenza di
maggior raggio, e quindi ha larghezza maggiore benché inscritto in un angolo
di eguale numero di gradi. Fig. 61.

Fig. 60.

In senso longitudinale invece, con la variante apportata, la disposizione


delle curvature interne nelle due tavole diventano eguali fra le stesse. La
disposizione nella lunghezza delle semicalotte di raccordo all’alto ed al basso
si avvicinano in modo da rendere più centrale e più raggruppato in minor
spazio al mezzo il succedersi del fenomeno delle riflessioni entro l’angolo di
40°, concentrando così nel punto di massimo spessore delle tavole le incidenze
delle loro riflessioni. Su questo argomento, circa il diverso fenomeno di
riflessioni derivante nella cassa da questa importante variante già diffusamente
ne abbiamo trattato.
Seguendo ora detta variante, sulla superficie interna ancora piana delle due
tavole del violino già segnate nei suoi principali punti acustici interni segnamo,
sulla tavola armonica da O, sul p 42 (linea del foco) con raggio p 8, mm. 39,52

263
descriviamo un circolo che intersecherà l’asse longitudinale al basso della
tavola sul p 50, e sul p 34 della stessa. Così, da L sul p 26 (foco coniugato),
intersecando l’asse longitudinale all’alto sul p 18 e sullo stesso p 34 al mezzo
della tavola ove i due circoli saranno tangenti esternamente. Tiriamo ora due
tangenti a detti circoli e la zona limitata in questa elittica sarà quella della
curvatura interna trasversale e longitudinale entro l’angolo di 40° all’interno
del piano armonico.
Sulla tavola di fondo, da N, sul p 42 (linea del foco), con raggio p 10, mm.
49,4 descriviamo un circolo che intersecherà l’asse longitudinale su p 52 al
basso, ed al mezzo nella tavola sul p 32. Cosi da M sul p 26 (foco coniugato)
che intersecherà l'asse all’alto sul p 16 e sul p 36 al mezzo della tavola. Tiriamo
anche qui due tancenti i detti circoli e paralleli all'asse, e la zona limitata da
questa elittica sarà quella della curvatura inrerna trasversale e longitudinale
entro l'angolo di 40u all’interno dalla tavola di tondo. Fig. 62. Ora, sul piano
armonico, dal p 44 sull’asse con raggio di p 8, mm. 39,52 descriviamo una
semicirconferenza che intersecherà l’asse longitudinale sul p 52, e che
raccorderemo con le tangenti delle due circonferenze di gradi 40 sul p 44. Fig.
62. Questo aumento è necessario per raccordare sul piano armonico nella
lunghezza sull’asse, oltre il limite di 40”, il quarantesimo grado della tavola di
tondo di maggiore ampiezza dato il maggior raggio della sua curvatura e per
dare appoggio per un eventuale spostamento in senso longitudinale dell’anima.
Il docu mento stradivariano sulla formula del suono la cui interpretazione è

264
Fig. 61. Fig. 62.

Fig. 63 a.
265
Fig. 63 b.
266
dimostrata alla parte dello studio teorico si riferisce appunto a questo
importante tracciato. Oltre a dette curvature interne nella parte centrale delle
due tavole, e cioè dal p 26 e dal p 42, secondo la variante, e dal p 18 e dal p 52
nel piano armonico; dal p 23 e dal p 48 nella tavola di fondo secondo il criterio
tenuto nel sec. XVII; dobbiamo estendere anche una curvatura di maggiore
raggio nelle due parti sia in alto che in basso delle tavole, che raccordando da
detti punti le curvature centrali raggiungano Pestremo limite sia in senso
longitudinale che radiale di dette tavole. Dobbiamo quindi dividere in settori di
diverso numero di gradi la superficie di queste due parti di tavola per ottenere
la dovuta simmetria nelle curvature radiali che ad esse assegneremo. Sempre
seguendo la variante, segnamo ancora sulle due tavole, armonica e fondo, da O
e da N, sul p 42, verso il basso un settore, il cui angolo al centro sia di 120°,
suddividendolo in altri settori di gradi 60 e di 40. Da L e da M sul p. 26 verso
l’alto, uno di 120°, suddiviso in un altro di gradi 40, segnandone in tutti il
limite ben visibile sul piano sino al contorno. Fig. 63 c.
In eguale modo operiamo nelle due tavole seguendo il criterio nel sec. XVII
usato; ma, sul piano armonico da O sul p 52 verso il basso in un settore il cui
angolo al centro sia di 250°, suddiviso in altri di 110° e di 40°. Sulla tavola di
fondo, da N sul p 48 verso il basso, uno di 220°, suddiviso da altri di 140°, di
90°, e di 40°; e da M sul p 23, in alto, un settore di 100°, suddiviso in un altro
di 40°. Fig. 64.

Modulo o regolo trasversale secondo il criterio del secolo XVII

Segnate così nella superficie interna delle tavole, secondo i due criteri
suddetti, i principali punti di riferimento acustici, occorre ora stabilire e
costruire i necessari regoli o modani per le curvature interne centrali trasversali
e longitudinali di dette. Prepariamo per le tavole del violino due listerelle
rettangoli di legno compatto, acero od ebano, di circa mm. 150 di lunghezza,
50 mm. di larghezza e 3 di spessore, ben puliti da ambo le facce, sulle quali
dobbiamo tracciare la principale curva base, e che ritagliata nella loro curva
potremo disporle in determinati punti nella tavola. Punto principale della cassa
e centro di partenza per figura, forma e superficie interna delle tavole è il punto
42 per il quale passa trasversalmente la linea del foco. È su questa adunque che
dovremo regolarci per le curvature interne delle tavole.

267
Criterio del secondo XVII
Abbiamo detto che nelle due tavole, armonica e fondo, la loro curvatura
centrale trasversale interna era mantenuta eguale fra le stesse, e data dal
segmento di curva di raggio p 24, mm. 118,56 in un angolo di 56°. Segnamo
quindi la retta AB, considerandola asse verticale della curvatura ed asse
longitudinale della tavola. Ad un dato punto verso il basso su di essa facciamo
passare una normale HK; e su questa disponiamo una delle due listcrelle
rettangolari in modo che nel senso longitudinale un suo spigolo coincida con
essa.
Segnamo verso Paltò sull'asse un punto C, in modo che facendo centro in
detto, con raggio p 24, mm. 118,55 possiamo tracciare la curva sulla listerella
stessa. Tracciamo ora la curva LI, inscrivendola in un angolo di 56°, e
suddividiamola in altri di 40 e 20 gradi. Segnamo ancora sulla listerella l’asse
AB, ed il Umite dei lati degli angoli di 40 e di 20 gradi, ben leggibile.

Fig. 63 c. Fig. 64.

268
Fig. 65 a.
269
Ora, dal limite del 56° grado della curvatura, tiriamo una corda VW, che ci
darà il segmento della curva entro detto angolo e la sua freccia in p 3 1/16, mm.
15,1. Prolunghiamo nelle due parti della listerella la corda oltre il limite di 56°,
e questa linea servirà in a quale appoggio di guida contro la superficie interna
della tavola al contorno per la profondità della curvatura nelPinterno della
tavola stessa. Tracciamo ora il segmento di curvatura sul 40° grado della curva,
con un taglio ad angolo retto colla corda, togliendo la continuità nelle due parti
nella curvatura sino al 56° grado. In causa a ciò questo regolo che
denomineremo n. 1, avrà la curvatura limitata al solo circolo inscritto
nell’angolo di 40°, esso ci servirà per determinare la concavità centrale
trasversale nel piano armonico dal p 18 al p 52, e nella tavola di fondo dal p 23
al p 48, e le loro semicalotte sferiche. Fig. 65 b.

270
Ma per stabilire il raccordo tra le curvature centrali interne trasversali e
longitudinali e radiali alle parti al basso ed in alto nelle tavole, occorre un
secondo regolo che mantenendo il segmento di curvatura trasversale di eguale
raggio, conservi però intera la sua linea sino al 56° grado. Questo regolo
potremo ottenerlo disponendo ed operando in egual modo sull’altra listerella
come fatto pel regolo n. 1, tracciandone la curva LI inscritta nell’angolo di 56°,
e suddividendola solo in un’altro angolo di 20°. Fig. 65 c.
Su di una faccia di questo regolo che denominiamo n. 1 a, dalla corda sul
limite del 56° grado, divideremo la freccia del segmento di curvatura di mm.
15,1 in tre parti uguali segnandone le divisioni con linee normali all’asse
perpendicolare sino alPincontro coll’arco (ordinate). Da questi punti inalziamo
ad angolo retto perpendicolare Pascisse sino ad oltrepassare il limite della
corda, che rispettivamente segneremo in RR'. Le figure 65b e 65c chiaramente
mostreranno come dovranno essere questi due regoli.

Regoli trasversali centrali secondo la variante stradivariana; criterio secolo


XVIII

Abbiamo detto che secondo la variante apportata alla cassa, la curvatura


trasversale interna nelle due tavole non venne più mantenuta eguale tra di esse,
che la curvatura del piano di fondo essendo variata con maggiore raggio del
piano armonico, è causa che il suo segmento di curvatura è diminuito in
numero di gradi, e la sua corda ci darà anche così una minore freccia.
Occorrono quindi non più due soli regoli per le concavità trasversali delle
due tavole, ma due regoli per ogni tavola e quindi quattro. La figura 63 a ci
mostra alla linea del foco sul p 42 in sezione trasversale la cassa del violino
secondo questa importante variante. Dovremo adunque regolarci su questa per
le curvature interne trasversali centrali delle due tavole.
Prepariamo quattro listerelle di legno, per qualità e dimensioni eguali a
quelle già dinanzi adottate. Disponiamolo sulla HK in modo che anche qui un
loro spigolo coincida con quella. Su due di queste segneremo il segmento di
curvatura della tavola di fondo; e sulle altre due quello del piano armonico.
Segnamo anche qui sull’asse AB un punto C. Facciamo centro su questo, e con
raggio p 28, mm. 138,32 facciamo sulle listerelle della tavola di fondo la curva
LI, sottesa in un angolo di 50°, suddividendone una, che chiameremo regolo n.
2, in altri angoli di 40, 20 e 10 gradi, sull’altra che chiameremo regolo n. 2 a
chiudiamola in un solo angolo di 20°. Fig. 66 e fig. 66 a.

271
Fig. 66 a.

In eguale modo operiamo sulle due listerelle del piano armonico, segnando
però da C la curva LI di raggio soli p 24 3/8, mm. 120,4, sottesa in un angolo di
56°, suddividendola, su di una, che chiameremo regolo n. 3 in angoli di 40, 20
e 10 gradi; sull’altra che chiameremo regolo n. 3 a suddividiamola in un solo
angolo di 20°. Segnamo ancora sopra dette listerelle l’asse AB, ed il limite dei
circoli inscritti negli angoli di 40, 20, e 10 gradi, ben leggibili. Dei limiti del
48° grado, della curvatura della tavola di fondo sui due regoli n. 2 e n. 2 a
tiriamo la corda VW, che ci darà col segmento della curva contro detto angolo
e la sua freccia in p 2, mm. 9,88; così, dai limite del 56° grado della curvatura
del piano armonico nei regoli n. 3 e n. 3 a, tiriamo la corda VW, che ci darà col

272
segmento della curva contro detto angolo la sua freccia in p 2½ , mm. 12,3.
Prolunghiamo la corda nelle due parti escerne oltre il limite delPangolo di 48°
nelle curve della tavola di fondo dei regoli n. 2 e n. 2 a e di oltre il limite
delPangolo di 56° nelle curve del piano armonico dei regoli n. 3 e n. 3 a e
queste linee in a ci serviranno quale appoggio di guida contro le tavole nella
loro superficie interna per la profondità della curvatura nell'interno alle tavole
stesse.

Fig. 67 a.

Sugli stessi regoli n. 2 e n. 3 tronchiamo ora il segmento di curvatura sul


40° grado della loro curvatura con un taglio ad angolo retto colla corda,
togliendone la continuità dell’arco nelle due parti sino al 50° grado nel regolo
n. 2 della tavola di fondo; e sino al 56° grado in quello n. 3 del piano armonico.
Figg. 67 e 67 a. Questi due regoli in causa a tale interruzione avranno la loro
curvatura al solo circolo inscritto nell’angolo di 40°; e pure avendo essi diversa
la lunghezza dell’arco causa il diverso loro raggio di curvatura, sono inscritti
nel medesimo angolo. Essi ci serviranno per stabilire la concavità centrale

273
trasversale nelle due tavole fondo e piano armonico dal p 26 al p 42
raccordando colle semicalotte sferiche.
I regoli n. 2 a e n. 3 a invece dovranno mantenere intero il loro segmento
di curvatura trasversale nell’angolo di 48° per quello della tavola di fondo, e di
50° per quello del piano armonico in tutta la loro linea. Anche su di questi,
dalla corda sul limite di 48° per quello della tavola di fondo, e da quella sul
limite di 50° per quello del piano armonico divideremo la loro freccia di p 2,
mm. 9,88 e di p 2½ mm. 12,3 in tre parti eguali segnandone le loro divisioni
con linee normali all’asse verticale sino all’incontro dell’arco (ordinate); e da
questi punti inalzeremo ad angolo retto le normali a queste (ascisse), sino ad
oltrepassare il limite della corda segnandole rispettivamente anche qui in RR'.
Questi due regoli serviranno a stabilire le curve di raccordo tra le interne
centrali trasversali e quelle longitudinali e radiali, nelle parti in alto ed in basso
nelle due tavole. Anche qui le figure 66-66a e 67-67a chiariranno come
dovranno essere questi quattro regoli. I regoli n. 2 e n, 3 abbisognano ancora di
un’ultima sensibile modificazione. Sull’asse della curvatura dai limiti del
circolo inscritto nell’angoli di 10° tiriamo una corda OO' la cui freccia sull’asse
sarà di ⅛ di p, mm. 0,617. Tronchiamo in quel tratto la curvatura
mantenendone la linea retta della corda sul tratto di p 4, mm. 19,76 per il
regolo n. 3 del piano armonico; e di p 5, mm. 24,70 per il regolo n. 2 del piano
di fondo. A suo tempo spiegheremo il perché di questa interruzione di
curvatura. Fig. 68 a. Pel tracciamento dei regoli delle curvature trasversali

Fig. 68 a.

274
centrali interne nelle tavole delle viole, violoncelli secondo la variante
stradivariana, opereremo, come abbiamo dimostrato, in egual modo come pel
violino dovendosi considerare detti strumenti nella loro costruzione come
grandi violini. Per le varianti nelle dimensioni del loro raggio di cerchio, nei
segmenti di curvatura interna fra le stesse tavole e fra i vari strumenti, pei limiti
di gradi dei segmenti, per le loro frecce, nelle relazioni delle dimensioni fra i
vari strumenti derivanti del violino ne daremo le dovute proporzioni.
Tagliamo con la massima cura e precisione le sagome dei suddetti regoli
nella loro parte convessa, adattiamone la parte esuberante pel comodo
maneggio, ed avremo pronti con questi le importanti dimensioni delle
curvature trasversali interne al mezzo delle tavole nel semicilindro cavo
corrispondente al tracciato delle figure 63c e 64.

Curvature interne longitudinali, radiali e di raccordo delle curvature


trasversali centrali agli estremi delle tavole

Col diagramma alla fig. 63 a abbiamo mostrato in sezione trasversale alla


linea del foco sul p 42 la cassa armonica del violino nel punto di partenza pel
ragionamento delle curvature trasversali interne. Mostriamo ora col diagramma
alla fig. 68b la cassa nella sua sezione sull’asse longitudinale, ragionandone la
costruzione delle linee interne longitudinali centrali, ed il raccordo nella parte
centrale con ambo le parti al basso ed in alto delle tavole sino agli estremi delle
stesse, seguendo anche qui i due criteri costruttivi (sec. XVII) e variante (sec.
XVIII).

Regoli longitudinali, criterio XVII secolo

Negli strumenti dei primitivi maestri bresciani, ed in modo speciale su


quelli dei cremonesi di Nicola Amati ed in quelli di A. Stradivari, sua prima
maniera, riscontriamo che la massima elevazione esterna del piano armonico
era mantenuta dal mezzo in senso longitudinale eguale sino al p. 18 verso l’alto
ed il p 52 verso il basso della tavola. Di qui una sensibile cadenza nelle curve
verso e sino ai bordi. Nel piano di fondo invece la massima elevazione era
mantenuta eguale solo dal p 23 verso l’alto al p 48 verso il basso. Di qui la
relativa cadenza nelle curve delle due parti sino ai bordi. Ciò dimostra come
essi calcolassero nella superficie interna longitudinalmente alle tavole due
semicalotte, il cui asse era posto nel piano armonico sul p 18 e sul p 52; e nella
tavola di fondo sul p 23 e sul p 48. Tra questi punti essi mantenevano nella
superficie interna della tavola una linea uguale tra i centri delle due semicalotte
275
Fig. 68 b.
276
Dimostriamo: Sia AB la sezione mediana sull’asse longitudinale e la linea
interna della tavola di fondo, ed E la sua metà. Da questo segnamo la distanza
verso il basso in p 1 ⅛, mm. 5,5. Tiriamo una parallela alla AB, e sarà CC la
linea esterna di massima elevazione della tavola. Dalla C verso l'alto segnamo
in distanza di p 4⅛, mm. 20,6 in D. Da questa tiriamo una parallela alla AB ed
avremo in CC, DD' lo spessore di massima elevazione nella materia legno della
tavola di fondo. Dal p 42 e dal p 23 inalziamo due perpendicolari le quali
incontrano la AB sui punti N cd M, che sono le assi verticali delle semicalotte
sferiche, la prima ove passa trasversalmente là linea del foco, la seconda il suo
foco coniugato. Sopra dette perpendicolari, dal punto N e da M, segnamo verso
l’alto il raggio di curvatura della tavola di fondo di p 24, mm. 1 18,36 in A'A”;
sulle stesse, pure da M, segnando F". Avremo così ottenuto in NA', MA" il
centro dei raggi di curvatura trasversale della tavola di fondo; ed in F'F" i loro
fochi sull’asse verticale. Normale alle perpendicolari NM e parallela alla AB,
tiriamo pei punti F'F", la OL, che rappresenterà in sezione la linea interna
mediana sull’asse longitudinale del piano armonico. Essa ci darà dalla AB la
distanza della superficie interna in senso verticale fra le due tavole al mezzo
della cassa. Dalla OL segnamo verso l'alto la distanza di 7/8 di p, mm. 4,31;
tiriamo una parallela alla stessa OL, questa sarà in C"C'" la linea esterna di
massima elevazione della tavola. Dalla C" verso il basso segnamo la distanza
di p 3⅞, mm. 19,1 in D"; tiriamo da questo altra parallela alla OL, ed avremo in
C"C"', D"D"' lo spessore di massima elevazione interna nella materia legno del
piano armonico. Sulle normali alla AB segnamo da F'F" verso il basso il raggio
di curvatura del piano armonico, eguale a quello della tavola di fondo di p 24,
mm. 118,56 in B'B".
Ora, pei p 18 - 48 - 52 tiriamo tre perpendicolari le quali con quella già
innalzata sul p 23 incontreranno la AB sui punti HMKX, e la OL sui punti H'L-
K'X'. Sopra dette perpendicolari, da M e da K, dalla AB, segnamo verso l’alto
G con raggio p 80, mm. 395,2 da L; e da K con raggio p 94½, mm. 466,8 G'.
Da H' sulla OL verso il basso, con raggio p52½, mm. 259 segnamo S, e da X',
con raggio p 68½, mm. 337, S\ Centro in G e raggio GM, e centro in G' e
raggio GK segnamo i due archi delle semicalotte all’alto ed al basso del piano
di fondo; centro S e raggio SH', e, centro S', e raggio SX, segnamo i due archi
delle semicalotte in alto ed al basso del piano armonico, che raccorderanno la
curvatura centrale con gli estremi longitudinali e radiali delle tavole nelle due
parti aU’alto ed al basso colla linea interna delle fasce perimetrali. Si osserva
che NO, rappresenta nelle tavole l’asse perpendicolare della linea del foco, ed
ML, quello del fuoco coniugato. Il diagramma alla 68 b mostra tali
disposizioni.
Qualora lo spessore di massima elevazione esterna delle tavole dovesse
essere diminuito, naturalmente viene anche diminuita l’ampiezza in gradi del
segmento di curvatura trasversale interna di questi archi di raccordo dovranno
277
allora essere aumentati per il regolare raccordo con gli estremi della tavola.
Ecco ottenuta e dimostrata la completa linea interna sulPasse longitudinale
delle tavole e questa, tracciata su di una listerella di legno compatto di adatte
dimensioni e tagliata con la massima precisione ci darà il regolo di controllo
sull’asse longitudinale della completa curvatura interna. Di questi regoli
dovremo costruirne due; uno per il piano armonico ed uno per la tavola di
fondo per le differenti posizioni delle assi delle semicalotte nelle due tavole.
Su di una faccia di questi regoli segnamo ancora per ognuno di essi: La
corda del segmento di curvatura trasversale interna al mezzo della tavola
corrispondente alla freccia della curva nel limite del 56° grado. Il loro mezzo in
E sul p 36; la linea di gravità della tavola sul p 40, e quella del foco sul p 42.
L’asse del centro delle semicalotta sul p 18 e sul p 52 per il regolo del piano
armonico; sul p 23 e sul p 48, per quello della tavola di fondo. Sull’altra faccia
dei due regoli, segnata la corda del segmento di curvatura trasversale interna al
mezzo della tavola corrispondente alla freccia della curva nel limite del 56°
grado, dividiamo, come abbiamo fatto nel regolo n. 1 a della curvatura
trasversale, fig. 65 c, la sua freccia di mm. 15,1 in tre parti uguali segnandone
anche qui le divisioni con linee parallele alla corda (ordinata) sino all’incontro
nelle due parti cogli archi delle semicalotte. Da questi punti innalziamo ad
angolo retto le perpendicolari alla corda (ascisse), sino ad oltrepassare il limite
di essa, che segneremo come nel regolo trasversale n. 1 a, in RR'. Oltre a
questo regolo completo longitudinale della tavola, per raccordare dall’asse
delle semicalotte alle parti radiali, per ogni tavola e per ognuna delle parti al
basso ed in alto occorre ancora un regolo che dall’asse delle semicalotte
raggiunga il limite estremo in senso longitudinale delle tavole.
Questi potremo ottenerli dal regolo completo longitudinale, segnandone su
listerelle di legno di adatte dimensioni gli archi delle assi delle semicalotte
all’alto ed al basso sino all’estremità della tavole, tagliandone poi con
precisione la curva. Anche in questi, su di una faccia segneremo con una linea
il p sull’asse ad angolo retto colla loro corda; la divisione della freccia della
corda in tre parti uguali (ordinate), ed al loro incontro colParco le normali alla
corda in RR'. Questi ci serviranno per limitare le curve redialmente nei settori
dei determinati angoli nelle parti all'alto ed al basso della tavola.
È ovvio il ricordare che ogni regolo, sia trasversale che longitudinale dovrà
avere nella linea della corda il regolare appoggio in a per la profondità regolare
della curva nella tavola. Le figure 69-69 a, in A e B, mostreranno come
dovranno essere questi regoli, che singolarmente contrassegneremo con lettere,
diciture o segni convenzionali.

278
Fig. 69.

Fig. 69 a.

Secolo XVIII

Seguendo ora il criterio costruttivo dallo Stradivari usato dall’inizio del sec.
XVIII, le due tavole variando nella curvatura trasversale tra di loro in
dimensioni di raggio, variano anche nella loro massima elevazione esterna
diminuendo la freccia interna; mentre invece in esse divengono eguali in senso
longitudinale le distanze tra le assi delle loro semicalotte sferiche, avvicinate in
un minor spazio al mezzo della tavola. Anche la parte centrale longitudinale
interna della tavola venne variata. Alla linea del foco, principale sul p 42 venne
disposta una calotta sferica di 10°; la cuspide della quale sul p 40, raccordando
all’asse della semicalotta sul p 26 (al foco coniugato) porta ad una linea
lievemente inclinata e quindi ad un maggiore spessore nella tavola in quel
tratto, raccordando poi dall’asse della semicalotta verso l’alto e da quello della
calotta verso il basso cogli estremi longitudinali delle tavole.
Il diagramma 69 b ci mostra in sezione la cassa nella sua parte centrale
interna sull'asse longitudinale secondo la variante apportata. Ragioniamone ora
279
colla sua costruzione !e linee interne longitudinali ed i raccordi delle curva
dalle assi colle parti in alto ed al basso sino agli estremi delle tavole, e la
costruzione dei regoli per la loro scavatura interna. Sia AB la sezione mediana
sull’asse longitudinale e la linea interna della tavola di fondo tra i centri della
calotta sferica e della semicalotta; ed E il suo mezzo.
A p 6, mm. 29,64 dal mezzo verso il basso sul p 42 ed a p 10, mm. 49,40
verso l’alto sul p 26 tracciamo due perpendicolari, le quali incontreranno la AB
nei punti NM, linea del foco, e del foco coniugato. Sopra dette perpendicolari,
dal punto N segnamo verso l'alto il raggio di curvatura trasversale interno dato
dalla figura 54 a in p 28, mm. 138,32 in A'; e sulla stessa il suo foco F', e così
dalpunto M in A" ed il suo foco in F". Si otterranno così i raggi di curvatura
AN-A"M, ed il loro foco in F'-F". Centro in A' e raggio N, e centro in A" e
raggio M, descriviamo i due archi di curva aa° ed a"a"', di gradi 10.
Ora, dai punti F'F" su dette perpendicolari segnamo verso il basso a p 3 ⅛,
mm. 15, OL. Congiungiamo una retta O con L, che rappresenterà in sezione la
linea interna mediana sull'asse longitudinale del piano armonico. Questa ci darà
la distanza interna fra le due tavole al centro della cassa tra la calotta sferica sul
p 42 e la semicalotta sul p 26, e quindi la distanza della superfìcie interna del
piano armonico rispetto al foco da quella della tavola di fondo. Sopra le
perpendicolari alla AB segnamo dal punto O e da L verso il basso il raggio di
curvatura trasversale del piano armonico dato dalla stessa figura 54 a di p 24
3/8, mm. 120,3 in B'B". Centro in B' e raggio in OB', e centro in B" e raggio
LB", segnamo i due archi di curva del piano armonico bb', e b"b'" di 10 gradi.
Si osservi che ON rappresenta l'asse della calotta sferica, ed LM quello della
semicalotta. Da N e da M, centro della calotta e della semicalotta della tavola
di fondo, segnamo, verso l'alto la freccia del segmento di curvatura trasversale
interna di detta tavola in p 2, mm. 9,88. Cosi da 0 e da L, verso il basso, nel
piano armonico, ma con la freccia del suo segmento di curvatura trasversale
interna in p 2½ , mm. 12,3. Da detti punti tiriamo due parallele ali asse della
tavola in DD', e sarà questa lo spessore di massima elevazione superbie interna
delle tavole. Dalla DD', segnamo, nel piano armonico, verso l’alto, la distanza
di p 5¼ , mm. 16, e nella tavola di fondo, verso il basso, la distanza di p 3, mm.
14.8 in CC' ed avremo in CC', DD' Io spessore di massima elevazione esterna
delle stesse. Facciamo da O e da L i circoli inscritti negii angoli di 10-20 e 40
gradi della curvatura interna trasversale del piano armonico; e da N e da M, gli
stessi della tavola di fundo. Essi sono diversi in ampiezza benché inscritti in
medesimi angoli dato il diverso raggio di curvatura trasversale tra le due
tavole. Avremo così, da O verso il mezzo sul p 40 in b, e sul p 44 verso il basso
in b', segnati i limiti della calotta sferica di 10 °, e da L, verso l’alto in b'' sul p
24, il limite della semicalotta nello stesso numero di gradi del piano armonico.
280
Così, nella tavola di fondo da N, verso il mezzo sul p 39 1/ verso il basso in aa'
i limiti della calotta; e quello della semicalotta da M, verso l’alto sul p 23 1/ in
a'' a'". Dal centro M della semicalotta della tavola di fondo sul p 26 ririamo
un’obliqua Ma, sino all’estremità dell’arco interno della calotta sul p 39 1/ in a;
e così, un’altra da L sino a b sul p 40 nel piano armonico, e le curve
longitudinali centrali al mezzo delle tavole sono segnate. Ora, pel 36 tiriamo
una perpendicolare alla AB, ed un’altra pel p 34.
L’intersecazione di queste sulla AB, chiamiamola WW'; e sulla LO che
chiamiamo UU'. Da W e da W' sulle perpendicolari segnamo per la tavola di
fondo, verso l’alto p 216, mm. 1067, in XX'; e sulle stesse perpendicolari da
UU', sulla LO, segnamo pel piano armonico, verso il basso p 195, mm. 963 in
ZZ'. Centro X' e raggio X'W' tracciamo la curva W'K' all’estremo limite della
tavola di fondo verso il basso che raccorderà la calotta sferica nel p 44 1/.
Centro X e raggio XW, tracciamo la curva WK all’estremo limite della stessa
tavola verso l’alto, che raccorderà la semicalotta sul p 23 1/. Centro Z', e raggio
Z'U', tracciamo la curva U'K' all’estremo limite del piano armonico verso il
basso, che raccorderà la calotta sferica sul p 44. Centro Z e raggio ZU,
tracciamo la curva UK all’estremo limite della stessa tavola, verso l’alto, che
raccorderà la semicalotta sul p 24. Ecco che la completa linea interna della
tavola sull’asse longitudinale è segnata. Il diagramma alla fig. 69 b mostra tali
disposizioni.
La diversità di lunghezza del raggio nella curva di raccordo tra le due
tavole, e pure causata dalla diversa freccia del segmento di curvatura interna
trasversale del piano armonico di maggiore curvatura di quello della tavola di
fondo. Ottenuta la completa linea interna sul l’asse longitudinale delle due
tavole, operiamo come dinanzi abbiamo dimostrato per gli altri regoli,
tracciandola su listerelle di legno compatto e tagliandola con la massima
precisione per ottenere il regolo di controllo sull’asse longitudinale della
completa curvatura interna di esse. Di questi regoli anche qui dovremo
costruirne due, uno pel piano armonico ed uno per la tavola di fondo, causa le
differenti ampiezze delle curvature trasversali e le differenti frecce tra le due
tavole.
Anche qui su di una faccia di questi tracceremo la corda del segmento di
curvatura trasversale interna corrispondente alla freccia della loro curva, e cioè,
per il regolo del piano armonico, sul limite del 56° grado per quello della
tavola di fondo nel limite del 48° grado, come fatto nei regoli trasversali n. 2 a
e n. 3 a delle figure 66 e 67. Anche in questi, oltre alla corda, tracceremo il loro
mezzo E sul p 36, la linea di gravità sul p 40, quella del foco sul p 42, quella
del foco coniugato sul 26, ed il p 44 per il regolo del piano armonico. Il mezzo
281
E sul p 36, la linea del foco sul p 42 e quella del foco coniugato sul p 26, il p
39½ ed il p 44½ per il regolo della tavola di fondo.

Fig. 69 b.

Sull’altra faccia, segnata per ognuna la corda corrispondente alla sua freccia
di mm. 9,88 pel regolo della tavola di fondo, e di mm. 12,3 per quello del piano
armonico, dividiamo ognuna in tre parti segnandone anche qui le tre divisioni
(ordinate) sino alPincontro nelle due parti cogli archi ed innalzando da quei
punti le perpendicolari alla corda (ascisse), segnandole anche qui in RR'. Oltre
al completo regolo longitudinale per ogni tavola anche qui per ognuna delle
due parti, al basso ed in alto, occorre un regolo che dalla calotta e dalla
semicalotta raggiunga in senso longitudinale l’estremo limite della tavola. Essi
ci serviranno per limitare radialmente le curve longitudinali nei settori dei
determinati angoli nelle due parti della tavola, questi potremo ottenerli dal
completo regolo longitudinale di ogni tavola nel modo già indicato, cioè
segnandone gli archi di raccordo e tagliandone con precisione la curva.
Anche su questi in una faccia segneremo la corda, il p 48 sull’asse della
calotta ad angolo retto colla corda, ed il p 44 sul regolo della parte al basso del
piano armonico. Per quello della parte in alto segneremo la corda ed il p 26
sull’asse della semicalotta ad angolo retto colla corda. Per il regolo della tavola
di fondo, segneremo la corda, il p 42 ad angolo retto colla corda, ed il p 44½
282
per quello della parte al basso. Per quello della parte in alto, la corda, ed il p 26
ad angolo retto colla corda. Sull’altra faccia per ognuno segnamo ancora la loro
corda, la divisione della freccia della curva in tre parti uguali (ordinate), ed
all’incontro delle linee coll’arco, le normali alla corda (ascisse) in RR'. Anche
qui le figure 70 e 70 a in C'C" ed in DD" mostreranno come devono essere
questi regoli.

Fig. 70.

Fig. 70 a.

Pel tracciamento dei regoli delle curvature longitudinali e radiali interne


nelle tavole delle viole e violoncelli secondo il criterio costruttivo qui adottato,
come abbiamo detto, opereremo in eguale modo come per il violino, trattando
le dimensioni in parti proporzionali. Per la posizione della loro linea di gravità,
linea del foco e foco coniugato, per le dimensioni e proporzioni delle loro
calotte e semicalotte ne tratteremo nella parte relazione fra i vari strumenti
derivanti dal violino in un apposito specchietto.
Limitazione deli arco del segmento di curvatura trasversale interna al 300
grado di essa, usato dalla metà del secolo XVII circa sino alla prima decade
del secolo XVIII.

283
A. Stradivari (nella sua prima maniera sino al 1680 circa), Nicola Amati, ed
alcuni dei suoi migliori allievi durante il sec. XVII e sino alla prima decade dei
sec. XVIII, pure mantenendo nelle due tavole un eguale raggio di curvatura
interna di p 24, mm. 118,56; eguale la freccia di p 3 1/16, mm. 15,1 ed eguale
lo spessore di massima elevazione esterna delle tavole (p 3 ⅞, mm. 19,2 pel
piano armonico, e p 4⅛, mm. 20,4 per la tavola di fondo) l’arco del segmento
di curvatura trasversale interna era sotteso in un angolo di soli 30° nel tratto tra
le assi delle due semicalotte nel piano armonico, dal p 18 al p 52; nella tavola
di fondo dal p 23 al p 48.
Da detto angolo in senso trasversale la curva interna della tavola raccordava
nella lunghezza verso gli estremi al contorno con curvatura di minor raggio.
Questa per conseguenza porta ad una sensibile e decisa scanalatura o
sgusciatura esterna su detta tavola verso il contorno nella parte centrale alla
linea di gravità per tutta la lunghezza delle rientranze centrali o X, diminuendo
poi sensibilmente alle parti radiali e longitudinali all'alto ed al basso della
tavola verso il contorno. Questo criterio — ved. fig. 71 — usato da alcuni liutai
della scuola di Nicola Amati, e dai loro allievi sino alla fine circa del sec.
XVIII dal punto di vista estetico conferisce alla tavola una maggiore curvatura
ed elevazione esterna. Mentre ciò dal lato acustico nulla influisce nel
complesso all'effetto del suono, dal punto di vista statico rende più difficile una
regolare elasticità nella tavola obbligando a minori spessori nelle tavole stesso.

284
Fig. 71.

Tali caratteristiche delle tavole si riscontrano oltre che in stru menti


dell'Amati Nicola, ed in alcuni dello Stradivari del XVII secolo, negli strumenti
del Santo Serafino, del Francesco Rugeri, nella scuola fiorentina e romana del
Gabrielli G.B. e del Carcassi, del Techler, in quella milanese del Paolo
Grancino, ed in modo speciale negli strumenti tutti della scuola tirolese di
Jakob Stainer e nella tedesca dei Klotz.

Elittiche interne nelle tavole per il raccordo delle parti centrali longitudinali e
trasversali colle radiali

Nella superficie interna delle tavole, oltre al tracciamento delle parti centrali
trasversali e longitudinali ed alla suddivisione delle due parti al basso ed in alto
dei vari settori, come dimostrato dalle figure 63c-64, dobbiamo ancora
tracciare due elittiche di riferimento pel raccordo delle curvature centrali
trasversali e longitudinali colle parti radiali.

285
Queste due elittiche - volendo, se ne possono tracciare altre nelle parti
intermedie - dovranno corrispondere ai regoli trasversali n. 1 a fig. 65 c, e
regola A e B longitudinali figg. 69 e 69 a, per il criterio costruttivo usato nel
sec. XVII. Ai regoli trasversali n. 2 a e n. 3 a, e regoli C e D longitudinali, figg.
66 a, 67 a e 70, 70 a secondo la variante stradivariana. Infatti, sia nei regoli
trasversali che in quelli longitudinali di dette tavole, abbiamo diviso la freccia
della corda del loro segmento di curvatura interna in tre parti eguali (ordinate);
ed all’incontro di dette con la linea dell’arco interno della tavola con due
normali alla corda abbiamo segnato le ascisse in RR'. RR' sono adunque i punti
altimetrici o di profondità della superfìcie interna della tavola sui quali
dovremo basarci per ottenere nello scavo la simmetria nelle due parti laterali di
essa della curva radiale interna. I punti di partenza per il tracciamento di queste
due elittiche sarà: in senso longitudinale sull’asse della tavola dal mezzo E; ed
in senso trasversale, dall’asse longitudinale o di simmetria. Seguendo ora il
criterio costruttivo del sec. XVII. Sull’asse longitudinale della tavola
disponiamo il regolo longitudinale A (fig. 69) nel piano armonico; ed il regolo
B (fig. 69 a) nella tavola di fondo, col suo mezzo in E sul p 36. Segnamo da
questo nella tavola sia verso la parte in alto che in quella verso il basso le loro
ascisse in RR' p 34 dell’asse, nel tratto più rientrante delle controcurve centrali
della tavola, tiriamo una normale all’asse longitudinale AB. Dividiamo su
quella la distanza dall’asse AB, al contorno esterno della tavola, in quattro parti
eguali sia verso destra che verso sinistra segnando la seconda e la terza
divisione dall’asse in GG', in ognuna delle due parti (destra e sinistra). Dal p 23
e pel p 42 nelle due tavole tiriamo un’altra normale alla AB.
Su di queste disponiamo il regolo n. 1 a (fig. 65 c) col suo asse sulle AB e
segnamo nelle due parti della tavola le loro ascisse RR' in VV' verso l’alto (p
23), ed in KK' (p 42) verso il basso. Ora, con centro in L, asse della semicalotta
in alto, e raggio LR' p 10 mm. 49,4 e LR' p 15 mm. 74,1 tracciamo nel piano
armonico gli archi cc' e dd' sino ai lato dell’angolo di 40°; e così nella parte al
basso, asse della semicalotta al basso; da O, sul p 52, con raggio OR p 15 mm.
71,1 ed OR° p 10½ mm. 64 sino ai lati dell’angolo di 40° tracciamo gli archi
aa' e bb'. Raccordiamo da a e da a° nelle parti in basso, con una linea curva
seguendo a graduale distanza e con curvatura regolare la linea perimetrale
interna della cassa (delle fasce) Pelittica passante per K sulla normale per il p
42 sino a G sulla normale del p 34. Da d e d' nella parte in alto, con eguale
curva passando in V sulla normale pel p 23 sino a congiungere le continuità
delPelittica in G, e la prima elittica corrispondente ai regoli nell’ascissa R è
segnata. Operando in egual modo da b e da b', passando per K'G', e da cc'
passando per V' sino a congiungere la continuità delPelittica in G' ecco
286
ottenuto anche la seconda elittica nell’ascissa R'. Per la tavola di fondo
operiamo in egual modo da M verso l’alto (sul p 13) e da N verso il basso (sul
p 48) e le elittiche RR' anche nella superficie di essa saranno così segnate. Fig.
72.

Fig. 72.

La diversità nelle elittiche fra il piano armonico e la tavola di fondo è


dovuta alla diversa posizione dell’asse verticale nelle due semicalotte e dal
diverso raggio di curvatura nel raccordo di dette con gli estremi delle tavole.

Secolo XVlll

Colia variante apportata all’inizio del sec. XVIII ceco che le due tavole
hanno le loro due elittiche lievemente diverse nella loro linea dal mezzo; e
come queste risultino più regolari fra di loro nelle distanze al centro della
287
tavola. Ciò è dovuto dalla eguale disposizione delle assi della calotta e della
semicalotta sferiche nelle due tavole; dalla freccia delle differenti due curvature
trasversali interne; e dalle diverse misure del raggio di curvatura degli archi
longitudinali e radiali di raccordo; che, pure raccordando da un medesimo
punto le curvature centrali con gli estremi delle tavole hanno il loro asse
disposto più al mezzo della tavola.
Difatti: disponiamo anche qui il regolo longitudinale C (fig. 70) sull'asse
AB del piano armonico, ed il regolo longitudinale D (fig. 70 a) sullo stesso asse
nella tavola di fondo col loro mezzo in E sul p 36. Segnamo da questo regolo
nelle due tavole, sia verso l’alto che verso il basso le loro ascisse in RR'. In
senso trasversale, pel p 34, limite di maggior rientranza delle controcurve o X»
e quindi di minore larghezza interna nella tavola, tiriamo una normale all’asse
longitudinale AB. Dividiamo su quella anche qui la distanza dall’asse al
contorno esterno della tavola in quattro parti eguali sia verso destra che verso
sinistra, segnando la seconda e la terza divisione dall’asse anche qui in G'G ed
in ognuna delle due parti.
Nel p 42, linea di foco, e pel p 26, linea di foco coniugato, nelle due tavole
tiriamo una normale alla AB. Su di queste disponiamo nel piano armonico il
regolo n. 3 a (fig. 67 a); sulla tavola di fondo il regolo n. 2 a (fig. 66 a) col loro
asse sulla AB, e segnamo sulle due parti di dette tavole le loro ascisse RR'
anche qui in W', KK' verso l’alto e verso il basso.
Ora, con centro in L, asse della semicalotta in alto (sul p 26) e raggio LR e
LR' tracciamo nel piano armonico gli archi cc' e dd' sino ai lati dell’angolo di
40°. Con centro in O asse della semicalotta al basso e raggio OR' e OR
tracciamo gli archi a'a sino ai lati dell’angolo di 60° e bsino ai lati dell'angolo
di 40°. Raccordiamo dall’arco in a ed in a' verso il basso anche qui la prima
elittica con una linea curva seguendo a graduale distanza nella curvatura la
linea perimetrale della cassa (delle fasce) passando sulla normale sul p 42 in
Kr, continuando sino a G' sulla normale sul p 34. Dall’arco d'd in alto,
raccordiamo, sempre seguendo a regolare graduale distanza detta linea
perimetrale passando in V sulla normale sul p 26 sino a congiungere la
continuità dell’elittica in G; e la prima elittica corrispondente alle ascisse R dei
regoli trasversale n. 3 a (fig. 67 a) e longitudinale C (fig. 70) del piano
armonico ò segnata. Operando in egual modo da bb, da c'c al basso ed in alto,
passando per K', per V' sino a G'; anche la seconda elittica in R' corrispondente
all’ascissc R' dei regoli trasversale n. 3 a e longitudinale C è tracciata.
Operiamo in egual modo nella superficie interna della tavola di fondo da M
verso l’alto, e da N verso il basso, e le elittiche RR', corrispondenti al regolo

288
trasversale n. 2 a (fig. 66 a) e longitudinale D (fig. 70 a) saranno anche in dette
tavole segnate. Fig. 73.

Fig. 73.

Ecco le tavòle completamente tracciate nella loro superficie in tutti i loro


punti di riferimento interni, e quindi pronte per la importante prima operazione
di scavo per la regolare concavità interna.

Scavatura aliinterno delle tavole

Tracciati nella superficie interna delle due tavole i punti di riferimento


acustici e preparati i necessari regoli disponiamo la tavola nello strettoio ed
iniziamo la scavatura interna di essa. Questa operazione dovrà essere condotta
con la massima attenzione e cura, perché dalla scavatura interna dipende la
regolarità del fenomeno di riflessione e da questo l'intensità sonora. È quindi
289
necessario per una migliore comprensione e dimostrazione seguire l’operazione
di scavo suddivisa in varie distinte fasi, in modo da non creare confusione ed
operare metodicamente e con maggiore facilità.
Scavatura del semicilindro cavo o parte centrale nella tavola, limitata
al 40° grado, secolo XVII

Prima fase. Con una sgorbia mezzo piana di regolare larghezza iniziamo la
scavatura interna partendo dalla linea tangente alle due semicirconferenze
nell’angolo di 40° delle tavole (come segnate alla fig. 64) tagliandone
lievemente approfondita la linea. Asportiamo legno ed approfondiamo
sensibilmente la concavità verso l’asse della tavola cercando di far contenere
esattamente nello scavo dal p 18 al p 52 nel piano armonico, e dal 23 al p 48
nella tavola di fondo in lunghezza, larghezza e radialmente dall’asse delle
semicalotte (al p 15 ed al p 56 nel piano armonico, alpl0edalp60 nella tavola di
fondo) la sagoma del regolo n. 1 fig. 65, sino all’appoggio del regolo in a
contro la superficie interna della tavola ancora piana al contorno.
Le due sezioni A e B fig. 74 longitudinali e trasversali del piano armonico
chiaramente dimostrano come dovrà praticarsi detto primo scavo. Ricordiamo
che detto regolo n. 1 dovrà essere contenuto esattamente sia nel tratto centrale
del piano armonico che in quello della tavola di fondo dovendo essere le due
tavole eguali nel segmento di curvatura interna trasversale.

Fig. 74.

Nei regoli trasversali n. 1, n. 2 e n. 3 alle corrispondenti loro figure


schematiche abbiamo lasciato al raccordo nelle due parti colla curvatura nel
limite del 40° grado l’angolo vivo, per mostrare l’interruzione a farsi negli
stessi della curvatura a quel giusto grado. Praticamente però occorre togliere a
detti angoli l’angolo vivo con una leggera smussatura (fig. 75 in oo') perché
290
non succeda che operando, lo spigolo dell’angolo, troppo deciso di taglio,
possa ostacolare per il raccordo della catenaria curvatura coll’estremità della
tavola nel punto di maggiore rientranza delle X o controcurve centrali.

Fig. 75.

Sta nella esattezza di continuità nella linea curva dell’arco nell’angolo di


40°, della curvatura interna trasversale della tavola la regolare convergenza
della riflessione al punto focale sull’asse perpendicolare e fochi longitudinali
nel tratto delle tavole tra le assi delle due semicalotte. Dobbiamo quindi
assicurarci che lo scavo nel tratto longitudinale tra l’asse delle due semicalotte
abbia nell’angolo di 40° l’esatta curvatura del regolo trasversale. A tale scopo
occorre imbrattare o sporcare con piombaggine, col nero di grafite od altro la
costola nella curvatura del regolo e quindi, a più riprese, farlo scorrere nello
scavo, sia in senso longitudinale che in quello radiale nelle due semicalotte, e
con leggera pressione farlo ben aderire col suo appoggio in a, contro la
superficie sul bordo ancora piana della tavola. Nello scorrere con pressione, la
costola del regolo imbrattata lascierà traccia di nero sulle eventuali irregolarità
lasciate dalla sgorbia nello scavo; e correggendo, asportando tali lievi
irregolarità di mano in mano che verranno riscontrate, otterremo la superficie
dello scavo colla perfetta continuità della linea dell’arco. Ecco perché l’interno
della cassa armonica, ed in special modo nelle tavole, degli antichi strumenti
classici, si riscontra sempre perfettamente levigato, anche se della
modellazione della parte esterna della tavola e della cassa, i particolari esterni
siano alquanto trascurati.
Nicola Amati cd alcuni dei suoi migliori allievi, lo Stradivari compreso
(questi però solo sino all’anno 1680 circa) durante l'ultimo periodo del sec.
XVII e sino alla prima decade del sec. XVIII, pur mantenendo eguale raggio
nel segmento di curvatura interna nelle due tavole, l’arco di curvatura
trasversale interna era sottesa in un angolo di soli 30 °, così gli allievi di A.
Stradivari della line del sec. XVII, pur attenendosi al criterio costruttivo di
quest’epoca si conformarono atteggiandosi al nuovo criterio costruttivo del sec.
291
XVIII. spostando verso il mezzo delle tavole l’asse delle due semicalotte,
limitandolo però nelle due tavole verso l’alto sul p 25, e sul p 42 verso il basso.
Agli effetti della scavatura centrale interna delle tavole noi dovremo regolarci
(seguendo il criterio usato dai primi) segnando le due semicirconferenze e le
loro tangenti di raccordo che determinano la loro zona di scavo, entro l’angolo
di 30“ della curvatura del regolo n. 1; seguendo quella usato dai secondi,
limitando la larghezza della parte nel semicilindro cavo in senso longitudinale
al p 25 in alto, ed al p 42 al basso; descrivere le due circonferenze con circoli
inscritti nell’angolo di 30° e con centro su detti punti. Tirare le due tangenti a
dette circonferenze, le quali determineranno anche per questi la zona di
scavatura entro l’angolo di 30° della curvatura dello stesso regolo n. 1. È
superfluo l’aggiungere che nel caso dei primi occorre costruire un regolo della
curvatura trasversale come il n. 1, ma troncando la curvatura sul 30° grado, fig.
71, e che per l’operazione di scavo seguiremo in tutto, nelle dovute dimensioni,
il procedimento dinanzi descritto.

Prima fase del criterio XVIII

Seguendo ora il criterio costruttivo della variante stradivariana dall’inizio


del sec. XVIII, iniziamo la scavatura interna centrale nelle due tavole partendo
anche qui delle due tangenti e seguendo le due semicirconferenze che segnano
sui p 16 e p 52 nella tavola di fondo, e sui p 18 e p 50 nel piano armonico
all’intersecazione coll’asse, la zona (semicilindro cavo) centrale inscritta
trasversalmente nell’angolo di 40° della curvatura interna di dette, diversa tra le
stesse tavole benché entro lo stesso angolo, dato il diverso loro raggio di
curvatura trasversale. Nel diagramma alla fig. 62 possiamo osservare dette
diversità. Difatti, nella tavola di fondo le tangenti alle due circonferenze di
centro sul p 26 e sul p 42, hanno punto di contatto su detti punti, mentre sul
piano armonico, dato il raccordo avvenuto dal p 44 al p 52 per egualiare la
parte circolare sul p 52 al basso fra le due tavole, i punti di contatto colle due
tangenti, siano verso l’alto sul p 26, ed al basso sul p 44.
Iniziamo nello scavo il tracciato come alla suddetta figura 62, asportando legno
ed approfondendo lo scavo, e seguendo in questa operazione il metodo già
descritto, sino a che il regolo trasversale n. 2 sia contenuto esattamente nello
scavo tra Tasse al p 26 in alto, e l’asse al p 42 al basso, e radialmente nelle due
semicirconferenze del medesimo asse nella tavola di fondo. Nel piano
armonico invece, il regolo trasversale n. 3, dovrà essere esattamente nello
scavo tra l’asse sul p 26 della semicirconferenza all’atto, e l’asse della
semicirconferenza di raccordo sul p 44 al basso. Radialmente nelle due
292
semicirconferenze delle medesime assi. Ai regoli trasversali n. 2 e n. 3,
corrispondenti alle curvature interne trasversali della tavola di fondo e del
piano armonico nell’angolo di 40° abbiamo troncata la continuità della loro
curvature nel tratto sull’asse inscritto nell’angolo di 10°, avremo quindi

293
294
Fig. 76 a. - Disposizione complessiva delie curvature trasversali, longitudinali
e radiali nella superficie interna della tavola di fondo, secondo la variante
stradivariana (sec. XVIII).

trasversalmente nello scavo di dette tavole non una linea curva continua, ma
una zona pianeggiante di 10°, sull’asse longitudinale delle due tavole tra il p 26
ed il p 44½ nella tavola di fondo; e tra il p 26 ed il p 44 nel piano armonico.
Ecco il momento di spiegare il perché di quella interruzione di continuità di
curvatura nei due regoli trasversali; ed il perché di questa zona o costola
pianeggiante al centro nella superficie interna delle due tavole.

Calotta e semicalotta sferica di 10°

Abbiamo detto che, secondo la variante stradivariana, in senso


longitudinale, al centro delle tavole sulla linea del foco, venne disposta una
calotta sferica di 10°, e così sulla linea del foco coniugato, una semicalotta pure
di 10°.
Dimostriamo ora qui entro lo stesso scavo della tavola, la disposizione di
dette, tracciandole nelle loro dimensioni e posizioni. Segnamo sull'asse
longitudinale delle due tavole, entro la zona dello scavo nell’angolo di 40° il
mezzo E nella lunghezza della tavola sul p 36 con una normale dalle tracce
all’uopo segnate nel contorno della tavola, come dalla figura 43. Così pel p 42
la linea del foco; e pel p 26 quella del foco coniugato. Sul piano armonico,
oltre a queste, segnamo pel p 40, la linea di gravità, ed un’altra ancora sul p 44.
Il centro della calotta sferica sarà in O sul p 42; e quello della semicalotta in L
sul p 26 per il piano armonico; sugli stessi punti in NM per la tavola di fondo.
Facciamo centro in O, e con raggio O p 2, mm. 9,88 descriviamo nel piano
armonico da O e da L il circolo inscritto nelPangolo di 10° della sua curvatura
trasversale. Così nella tavola di fondo da N e da M, ma con raggio p 2½ , mm.
12,35 per la diversità del suo raggio di curvatura trasversale. Tiriamo due
tangenti a detti circoli e parallele all’asse. Questa sarà nelle due tavole la zona
inscritta nell’angolo di 10°, e la costola pianeggiante dell’interruzione nella
curvatura trasversale. Fig. 76 b.

295
Fig. 76 b.

Nel diagramma alla fig. 77 possiamo osservare sia in proiezione sul piano
che in sezione come in causa della calotta sferica sul p 42 abbiamo nel piano
armonico sul p 40, e nella tavola di fondo sul p 39½ uno spessore in senso
longitudinale maggiore che sul p 42 e p 26 causato dallo spigolo della
circonferenza di detta calotta.

Fig. 77.

Detto maggiore spessore è di 1/8 di p circa, mm. 0,61 in altezza dall'eguale


livello della tavola al centro sul p 42 della calotta ed al cenrro sul p 26 della
semicalotta e dovuto alla freccia della concavità della calotta stessa sull’asse
perpendicolare nell’angolo di 10u. Questo i! perché della interruzione fatta ai
296
regoli trasversali n. 2 e n. 3 nel tratto inscritto nell’angolo di 10’’ onde lasciare
cosi con tale aumento, pianeggiante nello scavo, la costolatura sull’asse
longitudinale delle tavole tra i p 26 e 44. Dal limite dello spigolo nel circolo
della calotta sferica di 10” sul p 40 in e, al centro della semicalotta L, sul p 26
nel piano armonico, e dallo spigolo del circolo della stessa sul p 39½ al centro
della semicaloita in M sul p 26 nella tavola di fondo, lo spessore della
costolatura o zona in 1/8 di p, mm. 0,61 diminuirà a zero sul p 26. centro della
semicalotta delle due tavole. Ciò perché le tavole sia al centro della calotta
sferica che al centro della semicalotta devono avere la precisa profondità di
curvatura ftreccia) ncH’interno dal piano della tavola sul contorno in a, quindi
la precisa continuità di curvatura del regolo trasversale n. 2 a e n. 3 a nelle
rispettive tavole armonica e fondo; e nei due p 26 e p 42 esse dovranno pure
avere il medesimo spessore di materia legno dall’esterno della tavola. Fig. 78.
Ora, dal centro della semicalotta sul p 26 in L, nel piano armonico, ed in M

Fig. 78.

nella tavola di fondo, con due rette tangenti al circolo inscritto nell’angolo di
10° sull’asse trasversale al p 42 in O ed in N (diametro delle calotte), formiamo
il triangolo isoscele ELF, nel piano armonico; ed EMF nella tavola di fondo.
L’area di questo triangolo sarà la cosiddetta costola pianeggiante che dal p 40 e
dal p 39½ nelle tavole diminuirà a zero sul p 26 centro della semicalotta delle
stesse. Fig. 79. Lo spessore di detta costolatura è dato dallo spigolo o bordo
della calotta che, partendo a zero della linea di foco sul suo diametro al p 42,
aumenta gradatamente la sua freccia sull’asse longitudinale sino al massimo
nel mezzo sul p 40 e 39½ in E. Dovendo la tavola nella continuità della linea
longitudinaie da quel punto e lungo l’asse raccordare con la semicalotta, è
giocoforza questa linea sia mantenuta retta ma obliquando a quella nel p 26.

297
Fig. 79.

Viene quindi naturale e di conseguenza che la costolatura diminuendo in


altezza obliquando dal p 40 al p 26 sull'asse longitudinale, diminuisca anche in
larghezza in senso trasversale nelle due tavole, e quindi nel piano armonico la
diminuzione dal diametro delle circonferenze sul p 42 in mm. 19,75; ed in mm.
24,70 nella tavola di fondo a mm. zero al centro della semicalotta delle tavole
sul p 26, porta alla figura triangolare la superficie di detta costolatura. Ora, con
la punta del coltello, segnamo incidendo lievemente la tavola nella profondità
1/8 di p, mm. 0,61 i lati del triangolo isoscele dal p 42 diminuendo a zero sul p
42; e, con la sgorbia mezzopiana precisiamo raccordando ai lati del triangolo la
curvatura del regolo trasversale sino all’incontro coi lati della costola
pianeggiante.
Sul p 42, linea del foco, in O, abbiamo segnato il centro del circolo inscritto
nelTangolo di 10° della calotta sferica del piano armonico; ed in N sullo stesso
punto quello della calotta sferica del piano di fondo. Bisechiamo ora i quattro
angoli formati dalla linea del fuoco e dell’asse longitudinale, con due diametri
tra di loro perpendicolari nei centri O ed N. Scaviamo con la sgorbia mezzo
tonda la superficie del cerchio in O, in modo da ottenere sfericamente una
concavità eguale alla curvatura trasversale in quel 42° punto, e che presentando
sulle bisettrici nei due sensi il regolo trasversale n. 2 a del piano armonico nel
limite inscritto in quelPangolo di 10°, la sua curvatura vi sia contenuta

298
esattamente. Cosi col regolo n. 3 a nella concavità della calotta della tavola di
fondo.
In egual modo operiamo nelle due tavole nella semicalotta sul p 26 in L ed
in M, ma solo però nella concavità della linea del foco coniugato sul p 26
diagonalmente al p 24. Fig. 80. Precisiamo nelle due tavole la cadenza sull'asse
longitudinale dallo spigolo della calotte sferica sul p 40 in e nel piano
armonico; e dalla stessa sul p 39½ nel piano di fondo, con una retta obliquante
a zero sul centro della
semicalotta sul p 26, per tutta
la lunghezza della costola
entro il triangolo isoscele.
Smussiamo lievemente lo
spigolo dei lati di detto
triangolo fondendolo alla
curvatura trasversale della
tavola in modo da perdersi in
essa; e la curvatura interna
della parte centrale delle due
tavole secondo la variante
stradivariana sia in senso
trasversale che longitudinale è
così completata. Colla
rastremazione delle fasce, ai
fini acustici per la regolare
riflessione tra le due tavole
correggeremo la obliquità di
questa costolatura centrale.
Questo lieve maggiore
spessore sulla linea di gravità
delle tavole ed a cadenza sino
al p 26 nella semicalotta,
percettibile e fu riscontrato su
di alcune opere del sec. XVIII, ancora perfettamente conservate dello
Stradivari e di alcuni suoi allievi; in altre, esso venne diminuito forse per
eccessive levigature fatte da liutai posteriori tanto da passare oggidì quasi
inosservato. Le due figure in sezione C e D, fig. 81, mostrano chiaramente
secondo il criterio usato colla variante del sec. XVIII come deve essere
praticato nella zona inscritta nelPangolo di 40° del segmento di curvatura

299
interna del piano armonico, sia in senso longitudinale che trasversale nella
prima fase dello scavo.

Fig. 81

Seconda fase. Scavatura interna delle tavole in senso longitudinale nelle parti
in alto ed in basso, e raccordo della parte centrale con gli estremi
longitudinali e radicali.

Coi diagrammi alle figg. 63 e 64 abbiamo dimostrato come debbono essere


segnate dei loro principali punti di riferimento acustici nella loro superficie
interna le due tavole; con quelli alle figure 72 e 73, come debbono condursi le
due elittiche interne RR', di riferimento in dette, onde ottenere con lo scavo la
simmetria di profondità nelle due parti della tavola in senso longitudinale e
radiale delle curvature interne di raccordo delle parti in alto ed in basso colla
parte centrale, e cioè, secondo i due criteri costruttivi nei sec. XVII e XVIII
della scuola cremonese. Colle sezioni AB alla figura 74, e CD alla figura 81
abbiamo pure mostrato come deve praticarsi lo scavo nella superficie interna
entro la zona inscritta nell’angolo di 40° del segmento di curvatura trasversale
delle due tavole, sia in senso longitudinale che trasversale.
Ora, prima di iniziare la seconda fase di scavatura in senso longitudinale
alle due parti in alto ed in basso e radiali, è necessario mostrare la superficie
interna delle singole tavole completamente tracciata, e cioè, colla
sovrapposizione delle elittiche anzidette sui punti di riferimenti acustici prima
segnati, onde poterci riferire a queste nelle varie fasi operative di scavo
secondo i due criteri costruttivi. Figg. 82 e 82a come pure 83 e 83a. È
necessario, col sistema descritto ed esposto colle figg. 72 e 73 tracciare le due
elittiche per ogni tavola a secondo dei due criteri costruttivi (sec. XVII e
XVIII) su di una sostanza tlessibile che ritagliata poi in modo da servircene
300
come regolo per poter segnare nelle due parti della tavola senza dover ricorrere
ogni volta ad operazioni grafiche. Detto regolo dovrà essere costruito in modo

Fig. 82. Fig. 82 a.

da disporsi sull’asse longitudinale, con punto di riferimento sul mezzo E nella


lunghezza della tavola; e che le divisioni dei vari angoli e degli altri punti di
riferimento su di esso segnati, abbiano a coincidere con quelle che già sulla
tavola abbiamo segnati. Fig. 84.
Sulla superficie dello scavo nella parte centrale tracciamo nuovamente
(servendoci delle traccie già segnate sulla tavola ancora piana) la linea
trasversale delle assi delle due semicalotte ed i lati al vertice
degli angoli al centro, inscritti nel 40° grado, asportati dalla scavatura; ed
iniziamo lo scavo longitudinale di raccordo. Da N, asse della semicalotta al
basso, e da M, di quella all’alto nella tavola di fondo; da O e da L, di quelle del
piano armonico, con un appuntito coltello incidiamo lievemente approfonditi i
lati dei due settori formati dall'angolo al centro di 40", seguendone il taglio
sino all’incontro della linea che segna nella superficie interna della tavola al
contorno la linea interna della cassa; e cioè, il piano su cui dovranno
appoggiare e connettersi le fasce perimetrali.
301
Fig. 83. Fig. 83 a.

Con la sgorbia mezzopiana iniziamo la scavatura nei due settori asportando


legno ed approfondendone sensibilmente la concavità. E ciò in modo da
contenere esattamente nello scavo delle tavole di fondo i due regoli B' e B",
fig. 69 a; e nel piano armanico i regoli A'A", fig. 69, della parte al basso ed
all’alto della tavola. Tali regoli debbono essere disposti nell’asse delle
semicalotte e la loro curva contenuta sia in sensi longitudinale che radiale fra i
lati dell’angolo. Detto scavo come quello centrale dovrà essere condotto
accuratamente e con precisione. Anche qui occorse sporcare con piombaggine
la costola della curvatura del regolo e ripetutamente da destra a sinistra e
viceversa farlo scorrere nello scavo tra i due lati, correggendo di mano in mano
sino a perfetta curvatura. Col coltello incidiamo ora sulle normali alla AB pel p
23 e pel p 42 in modo da ottenere una scanalatura raccordante collo scavo
centrale, sia verso destra che verso sinistra, e tale da contenere al completo il
regolo n. 1 a, fig. 65 a, nei suoi 56 gradi. In questa scanellatura presentiamo
detto regolo n. 1 a e pratichiamo lo scavo in modo che esso vi sia contenuto
perfettamente sino all’appoggio in a sulla superficie ancora piana della tavola
sul contorno, raccordandosi nella continuità colParco già praticato alla parte
centrale nell’angolo di 40°.
Presentiamo i regoli A'A''-B'B" ciascuno nella loro parte e nel loro punto
sull’asse longitudinale; ed il regolo n. 1 a nelle due scanellature sulle normali
all’asse sul p 23 e sul p 42. Segniamo nella superficie dello scavo i punti RR',
302
su di essi segnati, i quali dovranno coincidere intersecando in W', KK' le linee
delle elittiche del raccordo radiale segnate. Da O e da L sul piano armonico; da
N e da M sulla tavola di fondo, con raggio R ed R', risegniamo nella superficie
già scavata dei settori nell’angolo di 40° il raccordo delle eclittiche in aa'-bb'
nella parte al basso, ed in cc' e dd' nella parte in alto delle tavole. Fig. 85.
In egual modo opereremo seguendo il criterio costruttivo del sec. XVIII.
Essendo però con detta variante le calotte sferiche di centro OL ed MN
spostate causa il loro avvicinamento in senso longitudinale verso il mezzo E sui
p 26 e p 42, dobbiamo da detti punti in senso longitudinale raccordare le due
curvature dei regoli C' e D', figg. 70 e 70 a, delle due parti in alto delle tavole
da L e da M, prima sull’asse longitudinale, e poi radialmente sino ai lati
dell’angolo di 40 gradi. Nella parte in basso da O e da N invece, prima in un
angolo di 40°, e poi solo in parte in uno di 60°. Ciò perché, delle due elittiche,
la R sul p 62 ,dovendo raccordare con una curvatura minore della R' sul p 54 la
parte centrale sui punti K, abbisogna per il maggiore slancio al basso tra i lati
dell’angolo in aa' una maggiore ampiezza. È quindi necessaria per questa parte
al basso di tavole un regolo supplementare per ogni tavola, fig. 87, eguale a
quello C" e D", ma con una interruzione nel tratto dal p 44 e dal 44½ al p 58
circa, per non essere ostacolato nel suo movimento radiale dal tratto di legno
ancora a scavarsi nella tavola nell’angolo di 60°. Lo scavo del tratto radiale
nell’angolo di 40° con vertice in L ed in M in alto, e quello di 40 gradi con
vertice in O ed in N al basso nelle due tavole, dovrà contenere a destra ed a
sinistra dell'asse, rispettivamente Ì regoli C'C" nel piano armonico, ed i regoli
D'D" nella tavola di fondo. In quello di 60° sulla stessa parte in basso i regoli
della fig. 87. Anche qui col coltello sulle normali alla AB, pel p 26 e pel p 42,
incidiamo la tavola praticando una scanellatura dallo scavo centrale, sia verso
destra che verso sinistra, tale da contenere al completo nel piano armonico il
regolo trasversale n. 3 a nei suoi 56°, e nella tavola di fondo quello n. 2 a nei
suoi 48 gradi.
Presentiamo i regoli C'C"-D'D" nelle loro tavole e nei loro punti di scavo
sull'asse longitudinale, ed i regoli trasversali n. 2 a e 3 a nelle due scanellature
sulle normali all'asse pei p 26 e p 42; segnamo nuovamente nella superficie
dello scavo i punti RR' su di essi tracciati, i quali anche qui dovranno
coincidere intersecando nei punti VV', KK' su quelle le linee delle due elittiche
RR' del raccordo radiale già segnato. Descriviamo con raggio R e R' da O e da
L; da N e da M nella superficie scavata dei settori il raccordo delle elittiche e
aa' e bb', nella parte al basso, ed in cc' e dd' nella parte in alto delle tavole. Fig.
86. I due diagrammi figg. 85 e 86 chiaramente mostrano l’operato di questi

303
scavi. In questo scavo abbiamo ancora lasciato piano lo spazio pei zoccoletti ai
due estremi delle tavole.

Fig. 84. Fig. 85.

304
Fig. 86. Fig. 87.
Terza fase. Scavatura interna in senso radiale alle due parti laterali delle
tavole in raccordo alla parte longitudinale in basso ed in alto colla parte
centrale.

Se nello scavo centrale ed in quello delle parti in alto ed in basso delle


tavole praticati nella prima e seconda fase, abbiamo potuto servirci di regoli
per ottenere regolare e precisa la curvatura della superficie interna trasversale e
quella longitudinale sull’asse sino al 40° e 60° grado, in senso radiale nelle due
parti laterali di dette, sia al basso che all'alto, ciò non è possibile data la
sensibile rastremazione nella loro linea perimetrale. Per raccordare con le
necessarie cadenze in curva le due parti laterali della superficie interna delle
tavole sia nella parte in alto che in quella al basso dello scavo longitudinale con
quello della parte centrale, occorse accompagnare nelle due parti la curvatura
dai lati deU'angolo di 40u, e dai lati dell’angolo di 40 e di 60° coll’arco del
segmento di curvatura trasversale sulle normali al p 42, al p 2ò ed al p 23,
secondo il criterio costruttivo tenuto, E ciò seguendo nel loro svolgimento
circolare le due elittiche RR' nella profondità di curvatura i punti KK'-VV' sulle
lince assiali e sulle normali suddette già segnati nella superfìcie delle tavole, e
corrispondenti ai regoli trasversali al n. I a, n. 2 a e n. 3 a in RIV; ed i regoli
longitudinali A'A"-B'B" e C' C'-D'D”, pure in RR' Detti punti di riferimento per
305
la profondità delle tavole, si potrebbero pure stabilire suddividendo come già
abbiamo detto in un maggior numero di angoli le due parti in alto ed in basso di
dette. Ma tale lunga operazione si rende superflua potendo praticamente con
più semplicità, facilità, prestezza e precisione assegnarli nel modo seguente.
Costruiamo di legno compatto acero o pero un regolo quadrangolare con
faccie ben spianate di mm. 20 di lato e di mm. 400 circa in lunghezza. Ad una
terza parte nella lunghezza di esso, pratichiamo su di una faccia un’apertura
circolare o foro di mm. 7 di diametro che lo attraversi perpendicolarmente sino
alla faccia sottostante. Per detta apertura dovrà passare un’asticciola cilindrica
a vite di acciaio, con fine passo tra i filetti aggirantesi in un altro cilindro vuoto
ad eguali spirali o passo (maschio e femmina) la cui base formata da due alette
agguanti nelle due facce il regolo quadrangolare al quale vengono fermate con
piccole viti. Detta asticciola cilindrica a vite dovrà avere mm. 5 di diametro ed
mm. 80 di lunghezza, testa bicorne, e terminare in una punta acuminata. Lungo
detta vite all’altezza del cilindro vuoto dovrà aggirarsi un anello d’arresto. Fig.
88.
Questo arnese, che chiameremo compasso di profondità, disposto col regolo
in senso trasversale alla tavola sulla normale pel p 42, e manovrandone la vite
in modo che la sua punta acuminata venga a contatto della tavola in K e K' nel
segmento di curvatura trasversale, segnerà la profondità dal piano della
superficie interna della tavola che dovranno avere nella loro linea le elittiche
RR' di raccordo nel loro svolgimento nelle parti laterali della tavola sia al basso
che in alto e radialmente dall’asse longitudinale. Fig. 89.
Registrato sul compasso la profondità in K sulla normale pel p 42,
manovrando con un giro l’anello di arresto (a) se ne fìssa la punta acuminata
dell’asta a quella distanza dalla superfìcie interna della tavola. Seguendo ora la
elittica R nel suo svolgimento da K ad a' nella parte sinistra, e da K ad a nella
destra sino ai lati dell’angolo di 60° nella parte al basso; da V' nella parte
sinistra e da V a d nella destra sino ai lati dell’angolo di 40° nella parte i nalto;
da K a V nelle parti sinistra e destra della parte centrale (come mostrato colla

306
Fig. 88. Fig. 89.

figura 90); conficchiamo a brevi intervalli tra loro su quella linea con regolare
pressione la punta acuminata del compasso di profondità sino ad ottenere
l’appoggio del regolo di detto in a contro la superficie della tavola sul
contorno. Questa punta lascierà segnata in una serie di buchi Pelittica sino alla
profondità giusta per raccordare lateralmente nella tavola la curvatura
trasversale colla longitudinale in senso radiale al basso, al centro, all’alto. Ciò
secondo il criterio tenuto nel sec. XVII. Nel medesimo modo operaremo per
ottenere la profondità in K' sulla stessa normale pel p 42, e poi per segnarne
colla serie di fori sull’elittica in R° la profondità di detta dai lati dell’angolo di
40° sia nella parte in alto che in quella al basso da c' a b', e da c a b.
Nella parte centrale tra le normali pei p 42 e p 23 questa perforazione sarà
limitata (come mostrata colla figura 69) all’intersecazione della linea di scavo
centrale nell’angolo di 40°, della curvatura trasversale interna della tavola.
Volendo si potrà aumentare il numero di elittiche seguendo la loro profondità
onde regolarsi con più punti di riferimento.

Secolo XVIII

Colla variante stradivariana, detta punteggiatura nella sua profondità in K ed


in V verrà praticata sulla prima elittica pure in R, verso il basso dalla normale
pel p 42, nella parte laterale al basso verso destra da K a b' e b, lati dell’angolo
di 40°. Nella parte laterale in alto, verso sinista e verso destra dalla normale pel
p 26, da V' a d' da V' a d' e d, lati pure dell’angolo di 40°. Da K e da V nella

307
parte central essa é limitata alla intersecazione della linea di scavo central
nell’angolo di 35° della curvature trasversale interna della tavole.

Fig. 90.
Nella seconda elittica in R' detta punteggiatura nella sua profondità in K' ed
in V', sarà praticata pure dale normali pei p 26 e p 42 nelle due parti laterali in
alto verso sinistral e verso destra da V' a c' e c sino ai lati dell’angolo di 40° Al
basso da K' a b' e b, lati dell’angolo pure di 40°, essa intersecherà nelle due
parti la linea di scavo delle due semicalotte sferiche, e nella parte centrale K' e
da V', lievemente raccordando verso il mezzo. Fig. 86 e fig. 90. Ottenuto con la
punteggiatura delle paeti laterali delle tavole una scanellatura seguendo la
punteggiatura delle elittiche in modo da raggiungere la profondità, ripetiamo la
serie dei fori per assicurarci che essi siano giunti alla necessaria profondità, ora

308
più facile ad ottenersi causa il minor spessore di material da forare. Portiamo
colla sgorbia alla precisa profondità segnata dalla punta nella scanellature delle
due elittiche che nella loro profondità dovranno essere nei lati dell’angolo di 60
e di 40 gradi (nella parte al basso) e di quello di 40° nelle parti in alto, uguali
con quella della continuazione di dette elittiche negli scavi già praticati in detti
angoli e nella curvatura trasversale sulle normali pei p 42 e 26. Segnamo
nuovamente colla matita sulla traccia di detti punti la linea delle due elittiche,
ed iniziamo il raccordo di dette colla parte della tavola verso l’asse semicalotte.
Questo raccordo dovrà iniziarsi dai lati dell’angolo di 40° partendo da
quello già ottenuto in senso longitudinale nella l’elittica R; ed in modo da non
oltrepassare la normale pel p 42, raccordando alla curvature trasversale della
stessa in quel tratto. Nello stesso modo operare nella parte in alto senza
oltrepassare la normale pel p 23 e pel p 26. Dai lati dell’angolo di 40° nella
parte in alto, e da quello di 60° e di 40° nella parte al basso, raccordare nello
scavo lo spazio dall’elittica R a quello della R'; seguendo la linea perimetrale
interna della tavola. Raccordare lo spazio tra questa e l’elittica R, sempre sino a
VV' sulle normali pei p 23 e 26 nella parte in alto, e sul p 42 in quella al basso.
In tale raccordo ѐ necessario seguire la cadenza e nell’assieme la linea
perimetrale della tavola nelle rientranze centrali o )(.

Quarta fase. Raccordo nella parte central della tavola con curva catenaria
dallo scavo nell’angolo 40° con la linea perimetrale della cassa e con le parti
radiale sia verso l’alto che verso basso

Nella parte centrale della tavola in senso longitudinale tra le assi delle
semicalotte, lo scavo fu limitato ad un di soli 40° della curvature trasversale
interna della tavola. Ora, la continuità della curva al 40° grado interrotta deve
essere raccordata alla linea perimetrale interna della cassa. Questo possiamo
ottenerlo raccordando dal punto di maggiore rientranza nella linea perimetrale
della tavola, curvature della superficie interna al 40° grado, con una curva
catenaria o di minore raggio. Tiriamo quindi pel punto 34 una normale all’asse
longitudinale AB. Su questa pratichiamo detto raccordo con una decisa curva
catenaria dalla superficie interna di detto scavo sul limite di detto angolo 40°
alla linea perimetrale interna della tavola al contorno, asportando lo spigolo in
a''' del lato dello scavo ancora a farsi. Fig. 91 in sezione.

309
Fig. 91.

Ora, dalla normale pel p 34, sia verso la parte in basso che verso quella in
alto della tavola, con la sgorbia pratichiamo una sgusciatura di eguale curva di
quella praticata nel raccordo a''' sul p 34 per tutta la lunghezza nel tratto dale
normali in alto al p 23 e p 26, alla normale al basso pel p 42 seguendo la linea
perimetrale interna della tavola. Da dette normali sia verso l’alto che verso il
basso lievemente allargando man mano la curvature e man mano diminuendo
la profondità nell’incavo sino a raccordare seguendo sempre la linea
perimetrale della tavola ai lati degli angoli di 120° nella parte in alto, e di 160°
in quella al basso, secondo il criterio costruttivo del sec. XVII. Sino ai lati
degli angoli di 120° sia nella parte in alto che in quella al basso, secondo la
variante del sec. XVIII, fondendosi poi colla curvature della linea della navola
sia al basso che in alto di essa.
Causa la costruzione graduale della tavola sua linea perimetrale verso l’alto,
nelle normali pei p 23, 26 e 42, ne viene di conseguenza che le due parti laterali
della tavola sia in alto che in basso raccordando alla cuvatura trasversale sulle
normali suddette debbono insinuarsi nella curvature central seguendo per un
breve tratto ls linea delle elittiche in RR' in VV' e KK'.
Tale raccordo dorvà però succedere nella curvature trasversale l’angolo
superore ai 30° di detta. Quindi da O e da L, da N e da M, descriviamo un
circolo inserito in un angolo di 20° della curvature trasversale interna della
tavola. Tiriamo due tangenti a detti circoli e parallele all’asse e questa zona
nella tavola inscritta nell’angolo di 20° di detta curvature interna dovrà essere
mantenuta regolare, dovento tangenti internamente a detta zona essere disposte
l’anima e connessa la sbarra. I diagrammi alle figg. 91 e 92 mostrano tali
disposizioni e raccordi di curvature interna. Con la sgorbia mezzopiana
precisiamo le curvature nelle due parti laterali sino alle normali in alto ed al
basso pei p 23, 26 e 42 aregolare cadenza in curva sino a raccordarsi con quelle
310
della curvature trasversale central, sfumandole gradatamente e senza per nulla
inoltrarsi nel limite della zona segnata nell’angolo di 20°.

Fig. 92.
Controllo delle curvature interne delle tavole

Il fenomeno delle riflessione multiple nella cassa del violin dipende dalla
figura della superficie interna delle sue tavole, quindi dalla loro forma concave.
Ѐ quindi necessario che le curvature interne siano regolari fra loro nella forma
311
e nella superficie tra le due parti al basso ed in alto col raccordo centrale.
Occore quindi averne un controllo. Detto controllo ѐ possibile ottenerlo con
numerosi regoli sottesi nelle varie curvature interne e disposti sui vari angoli
nelle due parti e radiamente nella tavola. Esso però ѐ poco practico e poco
sicuro.
Gli antichi liutai certamente usavano un altro sistema per tale controllo
interno, sistema molto più semplice, pratico, dalla cui maggiore o minore
acutezza del senso visivo dell’artigiano liutaio sicuramente dipendono quelle
lieve inegualianze di simmetria che si riscontrano nella modellazione esterna
fra le due parti laterali della tavola, inegualianze che si riscontrano anche su
classici antichi strumenti. A noi giunsero tramamdati regoli di curvature interne
ed esterne di diverse parti della tavole di antichi liutai. Questi però non sono gli
stessi che gli antichi usavano pel controllo dei loro strumenti. Al museo
stradivariano di Cremona esistono regoli di curvature esterne ed interne delle
tavole, regoli che mai furono usati da quei maestri. Essi sono copie modern di
sagome esterne ed interne fatte da liutai posteriori. Bagatella nelle sua memoria
non tratta di regoli esterni per la modellazione esterna delle tavole.
La figura 93 qui espresso non dovrebbe aver bisogno di ulteriori descrizioni.
Difatti, basta disporre la tavola ancora serrate nello strettoio di fronte ad una
finestra o a daltra sorgente luminoza e far scorrere su di essa in senso
trasversale un regolo di forza prismatica di una lunghezza superior alla
larghezza della tavola, di mm. 35 circa di altezza, e di mm. 8 di base, in modo
che disposto colla sua base sul contorno interno della tavola ancora piana nei
punti voluti poter coll’ombra portata e proiettata dal regolo sulla superficie
concave interna, controllarne coll’occhio la curvature, correggendo poi di volta
in volta quelle inegualianze o disregolarità nella continuità di curva fra le due
parti laterali che eventualmente vi si riscontrassero, ottener coz ì una simmetria
perfetta. Portata così regolare la curvature interna, le tavole internamento sono
ultimate. Dopo una lieve levigatura nelle parti di raccordo laterali senza però toccare
la parte central, esse sono pronte per l’adattamento verso l’esterno degli
spessori a cadenza. Togliamo or il leggero spigolo all’intorno nella linea
perimetrale interna dal quale partono le incavature, smussandolo lievemente.

312
Fig. 93.

313
Quinta fase. Raccordo della parte inferior della sferica di 10° colle curvature
di raccordo longitudinale e radiali, secolo XVIII

Durante la prima fase di lavorazione nello scavo central secondo il criterio


costruttivo del sec. XVIII abbiamo lasciato alla calotte sferica di 10°, di centro
O sul p 42, il suo spigolo nel bordo circolare verso la parte al basso sul p 44 del
piano armonico, e sul p 44½ nella tavola di fondo. Agli effetti della regolare
riflessione fra le due tavole, occorse, che la linea oblique formata dalla
costolatura triangolare in senso longitudinale tra il p 40 ed il p 26 nelle due
tavole, diventi parallela. Fig. 94.

Fig. 94.

Ѐ colla rastremazione verso l’alto delle fasce che otterremo nelle tavole tale
parallelism. Però, da tale disposizione inclinata sulle fasce verso l’alto della
cassa ne deriva un lieve spostamento verso il basso dell’asse vertacale della
calotte sferica di 10° in O, dal p 42 verso il p 43. E quindi ѐ necessario che lo
spigolo del bordo circolare di detta calotte nella parte verso il basso scompaia,
poiché causa lo spostamento di detto asse essa aumenta il raggio, e dovrà dal
punto in a', fondersi con la curvature di raccordo longitudinale e radiale interna
dal p 44 e dal p 44½ delle tavole. Togliamo ora con la sgorbia mezzopiana lo
spigolo del bordo verso il basso di detta calotte, pattendo dal diametro di questa
p 42, seguendo in senso circolare lo spigolo verso la sua maggiore altezza, e
raccordando lievemente dal p 43 la calotte con le curvature di raccordo al p 44
e p 44½ delle tavole al basso, sia in senso longitudinale che radiale, come
segnato con le lineette divergenti dal centro O nel diagramma alla figura 95.
Con ciò le tavole nella loro scavatura interna sono ultimate.

314
Fig. 95.

Il diagramma alla figura 96 mostra in proiezione sul piano la complete linea


interna delle tavole nella sezione mediana sull’asse in senso longitudinale,
secondo il criterio costruttivo usato dallo Stradivari dall’inizio del sec. XVIII.
Questa ѐ diversa da quella usata dallo Stradivari e dagli altri liutai nel sec.
XVII. E mentre questa linea interna viene da noi ragionata e disposta con un
giusto criterio, oggidì essa viene, dai moderni liutai in generale, copiata e
disposta quasi meccanicamente sequendo la modellazione dall'esterno della
tavola senza sicurezza alcuna di regolarità. Ed ѐ in tale modo che essi
ottengono dalla superficie convessa estarna delle tavole le curvature interne.

Fig. 96.

315
CAPITOLO IV
PARTE ESTERNA E SPESSORI TAVOLE

Dimostriamo praticamente colla disposizione degli spessori a cadenza nelle


tavole come dalla figura e concavità interna ne derive la loro modellazione
nella superficie convessa esterna.

Parte esterna. Gravità e linea di gravità nella tavola armonica

Ottenuto l’interno della tavola regolarmente concavo, togliamola dallo


strettoio nel quale era fermata, e disponendola capovolta sullo stesso, oppure su
di un piano, ritorniamo alla sua parte esterna che avevamo lasciata
semplicemente abbozzata, ed accingiamoci a darle la sua definitive forma
convessa col regolarne dall’interno verso l’esterno gli spessori a cadenza.
Nell’assegnare alle tavole I vari punti di riferimento in riguardo alla gravità
della tavola armonica, abbiamo detto che a cuo tempo avremmo spiegato il
modo di trovarla ed il perchѐ dello spostamento verso il basso dal centro di
gravità della derivante sua linea di gravità.
Ecco il momento in cui dobbiamo trattarne, dovendo ora in base alla gravità
della tavola regolare ls cadenza negli spessori, ed ottenere da questi la gravità
suddetta. Nella tavola armonica il centro di gravità ha capital importanza per la
comunizione del moto vibratorio delle corde alla cassa. Questo centro di
gravità nelle tavole ѐ dipendente dalla loro linea, dimensioni, e dalla
disposizione a cadenza degli spessori della material di esse.
Nella parte teorica, trattando di detto centro di gravità nella tavola armonica,
abbiamo detto che se la tavola fosse sospesa pel suo centro di gravità essa
rimarrebbe ferma in oisizione orizzontale essendo l’intero peso del suo corpo
unito nel suo centtro. Che per il centro di gravità passa una retta normale
all’asse della tavola chiamata diametro di gravità. Che la gravità nei corpi
solidi ѐ proporzioata alla loro quantità di material. Che aggiungendo,
sottraendo, spostando iin essi parte della material, viene anche spostata la sua
gravità rispetto all’intera massa; e come il determinare con accertata accuatezza
il cento di gravità di una figura irregolare col calcolo, sia cosa difficile per un
artigiano liutaio.
Abbiamo altresi dimostrato come sia facile trovare il centro di gravità in un
parallelogrammo. Ma che il determinarlo con certezza in un corpo di irregolare
linea di contorno come in quella della tavola del violin, occora invece
calcolarla come peso coll’equilibrio e colla figura anche il modo di ottenerlo.
Con una importante osservazione abbiamo pure nella stessa parte teorica
316
dimostrato perché il centro di gravità nella tavola armonica del regolare violin,
in causa della linea rastremata e della disposizione degli spessori a cadenza su
modelli dell’Amati, dello Stradivari e di altri maestri dei sec. XVI, e XVII, p
38¼ - 38½ sull’asse mentre nel modello Stradivari del sec. XVIII esso risulti
sul p 39.
Trattandosi ora degli spessori delle due tavole dimostreremo praticamente
come questi dovranno essere stability e condotti nella loro graduale cadenza
nelle tre parti della tavola e nella loro disposizione fra le diverse parti o zone di
essa, sia in senso trasvefsale che longitudinale e radiale per ottenere, secondo I
diversi criteri costruttivi usati, detto centro di gravità sui punti sopra indicati.
Questo centro di gravità della tavola armonica non deve però essere confuse
con la linea detta di gravità della tavola; quell ache impropriamente in generale
chiamata diapason, viene contrassegnata sulla tavola armonica dalla cuspide
del taglio trasversale inclinator praticato sul labbro interno nel fusto delle FF;
punto di riferimento acustico per l’esatta posizione sulla dassa del ponticello.
Anche di questa già ne abbiamo trattato, ma a suo tempo ne discuteremo
nuovamente.

Massimo spesore nelle tavole, spessori a cadenza graduale, differente spessore


e differente tonalità nelle due tavole, unico tono risultante

Alla parte teorica abbiamo trattato diffusamente degli spessori di queste


tavole, del modo di adattarle sia in base alla linea e forma di dette che alla
disposizione di fibra ed alla situazione delle tavole. Abbiamo dimostrato come
quesye debbano essere considerate, sia dal punto di vista static che dal lato
acustico. Dovendo però qui praticamente dimostrare la loro disposizione nelle
tavole e le loro cadenze graduali, ѐ necessario ritornare in argomento trattarne
dettagliatamente dimostrando la loro applicazione a seconda dei diversi criteri
costruttivi usati durante I secc. XVII e XVIII. Sta nella disposizione degli
spessori nelle tavole l’incubo del novella liutaio, ed in questi il segreto
costruttivo del modern provetto maestro.
Generalmente ѐ ritenuto che gli spessori a cadenza delle tavole debbato
considerarsi solo dal lato acustico. Che la loro cadenza graduale dal mezzo ai
lati della tavola armonica sia dovuta per ottenere la regolare velocità di
propagazione su tutta la superficie di essa della comunicazione del movimento
vibratorio delle corde trasmesso alla stessa dal ponticello. Ed a conferma di ciò,
alcuni sostengono sia necessario nella tavola l’aumento della larghezza tra le
fibre dell’asse di detta verso I bordi. Questa diversità di fibre però non di nota
nei principali esemplari di classici antichi, ove la distanza tra fibra e fibra nella
317
tavola armonica ѐ uguale in tutta la sua superficie. Per questa regolare velocità
di propagazione della comunicazione del moto vibratorio dal centro di gravità
della tavola in tutta la superficie già abbiamo disposto colle proporzioni nella
massima sua larghezza in rapport alla sua lunghezza, e ciò in base alle leggi
della velocità di propagazione del suono nei legnami. Abbiamo pure spiegato il
perché e la necessità di disporre incollate una all’altra al mezzo della tavola
delle due parti della pianta che prima erano rivolte verso la corteccia. Da questa
disposizione dal punto di vista static ne consegue che la parte più giovane e
quindi la meno resistente viene a trovarsi ove maggiore ѐ lo spessore della
tavola, mentre nelle parti laterali, ove gradatamente gli spessori a cadenza
divengono più sottili, avremo la parte più vecchia della pianta, di maggiore
resistenza e di più nervosità.
Generalmente in un tronco i circoli annali divengono più fitti, dato il modo
di sviluppo di questa qualità di piante (abete), verso l’esterno di essa. Il più
giovane di questi circoli concentrici ѐ del diametro di tutta la pianta; l’ultimo, il
più piccolo (midollo) ѐ la parte più vecchia della pianta. Il legno più giovane ha
sempre minor consistenza del vecchio. Difatti, un pezzo tagliato dalla parte
esterna di un tronco in un medesimo albero ѐ sempre meno resistente e meno
denso di uno di eguale dimensioni tagliato verso il centro. L’età differente il
grado di compattezza delle fibre e del reticolato cellular (sclerogeno), di
asciuttezza, produce grande diversità statica rispetto alla sua densità e
resistenza. Ѐ opinione generale che nessuna formola precisa esista circa
l’adattamento degli spessori a cadenza nelle tavole di questi strumenti. Come,
ed in base a quali criteri, seguendo quali sistemi e regole, oggidì i liutai in
generale operino nell’adattarli, già ne abbiamo fatto anche cenno.
Vediamo ora come invece gli spessori nelle tavole venivano dagli antichi
liutai considerati e stability; e come dobbiamo adattarli a seconda del raggio di
curvature trasversale interna adottato, s seconda della diversità densità nella
material delle tavole, a seconda delle tavole, ed a seconda della tonalità nelle
dimensioni o mole di esse nei vari strumenti. Abbiamo dimostrato come per la
regolare vibrazione non sia sufficente la sola curvature interna delle tavole e
come dopo questa, gli spessori a graduale cadenza di dette abbiano grande
importanza sul suono. Come essenzialmente sia necessario che le tavole, ed in
modo speciale la tavola armonica, siano elastiche per poter nel complesso in
ogni loro parte vibrare. Abbiamo anche detto che l’elasticità della tavola
armonica debba essere maggiore dell’elasticità dell’aria alla quale il moto
viene comunicato, ma meno elastic della corda vibrante, origine del suono. Ciò
perché, quanto maggiore sarà la differenza di elasticità tra l’origine Sonora, il
mezzo trasmittente e l’aria, tanto maggiore sarà la differenza di intensità
318
vibratoria nella cassa. Dimostriamo ora praticamente in quale modo questa
elasticità alle tavole debba ottenersi.
Anzitutto dobbiamo stabilire la grossezza massima da resistenza dovuta alla
pressione esercitata dale corle, sia in base all’altezza di tonalità di ogni singolo
strumento; ed ancora in base alla sua massima grossezza nella tavola armonica
regolata sulla legge delle comunicazione del moto vibratorio. Per la resistenza
l’aumento di spessore al mezzo nella tavola armonica onde sopportare l’azione
del peso su di essa caricata, abbiamo sufficientemente dimostrato nella parte
teorica considerando la situazione e la forma convessa di questa tavola. Ora, la
forza di pressione esercitata dale quattro corde del violin sopra il ponticello e
quindi sopra la tavola armonica nel centro di gravità di detta, al corista antico
era di libber 29, kg. 9,800 circa. Quello di tensione di libber 52, kg. 17,050
circa. Fig. 97.

Fig. 97.

Agli effetti della resistenza alla flessione di detta tavola, se valutiamo ora la
forza complessiva del peso tensore delle 4 corde del violino al modern corista
in kg. 25 circa, ed il derivante peso di pressione dovuto all’appoggio di dette
sul ponticello e su detta tavola in kg. 12 circa, lo spessore o grossezza massima
comunemente assegnata nella parte central del piano armonico, risultante da
ben conservati esemplari dei secc. XVI e XVII, in 2/3 di p, mm. 3,35; tenuto
calcolo del breve raggio di curvatura interna adottato, della media densità della
material legno usata, della forte connessione della tavola sulle fasce, lo
spessore Massimo suddetto assegnato a detta tavola ѐ maggiore al dovuto.
Queste forze vengono contenute e sopportate dalla continuità delle fibre
dell’abete del piano armonico, e condivise dalla parte in basso, dal zoccoletto
al bottone della cordiera, dalla parte in alto da quella in cui colla sua base ѐ
innestato il manico. E così, nelle stesse proporzioni di tensione e pressione
nelle tavole della viola contralto e del violoncello tenore. Lo spessore massimo
nella parte central delle due tavole agli effetti della tonalità fra i quattro
strumenti, deve essere radionato con le dimensioni in lunghezza di dette e col
suono fisico della qualità di material legno usata per la costruzione di dette
319
tavole. In altra parte di questo studio (Preliminari alla costruzione, nozioni di
acustica fisica) abbiamo trattato del suono fisico delle diverse specie di
legnami e delle loro differenti altezze di tono in eguali quantità di materia. Ѐ
noto come due tavolette di uno stesso legno di una medesima parte di pianta,
con fibre perfettamente uguali, di eguale lunghezza ed eguale larghezza, ma
una di uno spessore doppio dell’altra, quella di spessore maggiore ci dà un
suono fisico di un’ottava più acuto dell’altra. Di qui, la diversità di vibrazione
nella stessa material da uno spessore ad un altro.
Dovendo il violin rispondere nella gamma musicale alla tonalità della voce
di soprano, la sua tavola armonica in legno abete (il cui suono fisico ѐ il
soprano di tono fra I vari altri legnami) in relazione alla lunghezza di tavola nel
senso della fibra, dovrà avere nell’intrinseco di material legno nella sua
superficie una quantità di grossezza o spessore tale da rendere il più possibile
un suono dell’altezza di tono richiesta dalla qualità di strumento. L’aumento in
più dello spessore staticamente richiesto per la resistenza alla pressione fu
dunque dato dal lato acustico per ottenere l’altrezza di tonalità necessaria.
Infatti, lo spessore Massimo dovuto alla tavola armonica della viole di 1/5,
1/6, 1/7, 1/8 in lunghezza in più di quella del regolare violin dovondo queste
rispondere alla voce di contralto, fu stabilito, in relazione della lunghezza di
tavola, nelle stesse proporzioni di aumento nella sua massima grossezza o
spessore – mm. 4,3 mm. 4,9 circa, uguale a 7/8 di p e di p 1 circa. In queste
viole però il maggiore suo raggio di curvatura trasversasle interna di tavola,
porta di conseguenza ad uno spessore ancora maggiore per la dovuta resistenza
alla pressione causa la minore curvatura avvenuta. Dovendo poi la viola
rispondere alla voce di contralto, minore in altezza di tono di quella di soprano,
ecco che la minore quantità di material nell’intrinseco della tavola armonica,
pur mantenendo costante la resistenza alla pressione, porta l’altezza di tonalità
del contralto.
E così, nelle stesse proporzioni nella viola tenore di 1/3 ed 1/4 in lunghezza
in più di tavole di quella del regolare violin; dovendo questo rispondere ad una
tonalità di altezza ancora più grave, e cioѐ tra la tonalità di contralto e quella di
tenore. Nel violoncello di misura regolare, la lunghezza della tavola in p 153,
mm. 755,82 non ѐ solo doppia del violin (1/15 in più) ma ѐ invece dovuta alla
somma delle due misure in lunghezza della tavola del violin di p 72, mm.
355,68 e di quella della viola contralta di 1/5 di più del violin, di p 81, mm.
400,14. La superticie della sua tavola in relazione a quella del violin ha invece
dimensioni quadruple. La pressione delle quattro corde su di essa esercitata dal
ponticello ѐ di kg. 14 circa. In questo strumento il raggio di curvatura
trasversale interna della tavola armonica ѐ di mm. 300. Di condequenza la
320
minore curvatura di essa richiede un maggiore spessore di tavola nel tratto nel
centrare per la resistenza alla pressione, del maggior peso su di essa carcata.
La grossezza o massimo spessore central comunemente assegnato alla
tavola armonica di questo strumento ѐ di 3/4 di p in più di quello del regolare
violin, e quindi di p 1½, mm. 7,5 circa. Data la dimensione maggiore in
superficie della tavola armonica del violoncello in confront a quella del violin,
ѐ evidente anche la sua maggiore facilità di disposizione alla elasticità. Gli
spessori a graduale cadenza dal mezzo ai lati, come dimostreremo, dorvanno
essere condotti con diminuzione meno densibile, la tavola in tutta la sua
superficie conserverà una maggiore quantità di material legno.
Dovendo il violoncello rispondere per tonalità alla voce del tenore, e quindi
alla ottava bassa del violin, lo spessore central di questa tavola, in legno abete e
sempre di media densità di materia dovrà essere in relazione al violin di poco
superior alla grossezza necessaria per assicurare la sua resistenza in rapport alla
forza di pressione esercitata; e quindi, lo spessore sopradetto di mm. 7,5 circa,
non interessando una quantità di spessore maggiore causa la tonalità grave a
cui il violoncello in altezza di tono deve nella gamma musicale rispondere.

Differente spessore fra le due tavole

Nella tvola di fondo del violin in legno acero, la grossezza o spessore


massimo della sua parte central dovrà essere maggiormente considerata dal
punto di vista acustico nel suono fisico della diversa qualità di material legno
nella tonalità necessaria a secondo la qualità di strumento. Al contrario della
tavola armonica, la tavola di fondo non sopporta pressione diretta alcuna al suo
centro di gravità, né la forza di tansione viene nelle due tavole egualmente
suddivisa. Ebbene, in tutti gli esemplari di classici antichi violini si riscontra
che, nella parte central, ed in generale su tutta la superficie a graduale cadenza
della tavola di fondo, la grossezza o spessore del legno venne tenuta di
spessore alquanto superior che nella tavola armonica, 1/4 di p più, mm. 1,23
circa. Anche nelle viole contralto si nota tale differenza, ma, meno sensibile,
1/8 di p, mm. circa.
Nel violoncello invece, lo spessore generale della tavola di fondo ѐ in tutto
equale a quello del piano armonico. Trattando della diversa altezza di suono
fisico fra i vari legnami abbiamo detto come l’acero scenda di una terza
maggiore verso il grave dal tono dell’abere; e come una maggiore quantità di
material (spessore maggiore) in medesime dimensioni nella superficie di una
tavola, ne aumenti l’altezza del suono fisico. Fu pure constatato come tavole di
classici antichi violini fatte vibrare isolatamente danno fra di loro un suono
321
fisico di diversa altezza; un intervallo circa; e precisamente la tonalità di
altezza più grave era dovuta dalla tavola di fondo. Aumentando dunque lo
spessore massimo central ed in generale anche su tutta la superficie della tavola
di fondo del violin, in acero, dello spessore assegnato al piano armonico, nelle
proporzioni di un terzo di p in più, mm. 1,2 circa, ecco come la maggiore
quantità di material apportata, porterà questa tavola di fondo, e quindi l’acero
che la compone, ad un tono più acuto, avvicinando in tal modo ad un intervallo
circa la tonalità di questa tavola alla tonalità dell’abete del piano armonico. Col
collegamento delle due tavole sulle fasce perimetrali, la quantità di material di
cui gueste sono composte, e sono composti i due zoccoletti, i quattro tasselli
agli angoli, le controfasce di abete o salice (dopo l’abete il salice ѐ quello che
ha maggiore acutezza di tono) aumenterà ancora il tono. Vibrando poi il tutto
unito, perché component un solo corpo sonoro, ne deriverà in complesso un
suono che avrà l’altezza di soprano, tonalità necessaria al violino. E così nelle
medesime condizione si otterrà la necessaria tonalità di contralto nella viola.
Nel violoncello invece, gli spessori della tavola di fondo, eguali a quello del
piano armonico, manterranno fra le due tavole la distanza di tonalità di una
terza maggiore del suono fisico delle due qualità di legnami, necessaria per
ottenere a tale strumento la tonalità più grave di tenore. Dobbiamo ancora
considerare come I liutai antichi italiani usassero pei loro strumenti solo l’acero
campestris di ondeggiatura stretta ed intricate. Questa qualità di acero, dale
fibre anuali nericce e molto marcate, di maggiore densità, possiamo riscontralto
in tutti I loro strumenti, che ne ѐ una delle loro caratteristiche speciale. Oggidì,
generalmente si usa l’acero platano, di importazione straniera. Esso ѐ
largamento, ondeggiato, meno intricate e quindi anche meno compatto, meno
denso e di tonalità ancora più grave. Per avvicinare quindi ad un intervallo la
tonalità dell’abete occorre mantenere nella tavola di fondo spessori generali
ancora maggiori. Da ciò, la tonalità dei violini moderni tendenti alla voce di
contralto, in causa a grossezze di spessori solo copiati da esemplari dagli
antichi.
Agli effetti della comunicazione del moto vibratorio delle corde alla tavola
armonica, e da questa all’aria nella cassa, in rapport alla sua grossezza o
massimo spessore central, alla grossezza dovuta al corpo trasmissore
(ponticello) nei suoi piedini a contatto con detta, ed all’anima, ne abbiamo pure
trattato a sufficienza dimostrandone le necessarie leggi fisiche, e precisando il
punto in cui la tavola deve riceverla. Così dello spessore central alla tavola
armonica assegnato, in base alla resistenza, alla tonalità, spessore condotto a
graduale diminuzione a cadenza fra le parti dal mezzo ai lati, in senso

322
trasversale, longitudinale e radiale, ci darà, in rapport alla densità della materia
la necessaria elasticità alla tavola.
Per quanto riguarda sia la pratica acquista dal lungo operare, riteniamo che
nessun liutaio sia in tempo antico che oggidì possa a priori aver stabilito né
stabilire con esattezza, ma solo approssimativamente, quale sia lo spessore a
darsi ad una tavola armonica in abete che ad una di fondo in acero, non
potendo anche l’occhio ed il tatto più esercitato, dalla sola apparenza, nulla di
preciso determinare. A queste tavole si assegnava uno spessore massimo
maggiore di quello che le era approssimativamente dovuta, regolandone a
cadenza lo spessore decrescente, rettificandoli poi, a cassa collegata,
esternamente detti spessori, sino ad ottenere l’effetto di elasticità regolare nelle
diverse parti della tavola, provandone periodicamente l’effetto coll’arco. Solo,
disponendo gli spessori nelle tavole dall’interno verso l’esterno (e cioѐ
inversamente a come oggidì in generale si usa) era possibile agli antichi liutai,
a cassa internamente ultimata e chiusa, senza per nulla più toccare le curvature
interne, portare variazioni (diminuzioni) agli spessori preventivamente
assegnati nelle varie parti e su tutta la superficie esterna della tavola nella
material; e provandone ad intervallic l’effetto sonoro coll’arco, regolarne
l’elasticità, l’equilibrio, la prontezza e la pienezza di suono. Queste qualità del
suono prodotte appunto dall’elasticità delle tavole regulate nei loro spessori. E,
mentre l’intensità del suono ѐ dovuta alle regolari curvature interne delle tavole
ed all’esatta disposizione di queste sulle fasce, il colore, l’espressione del
suono ed il suo timbro ci sono date dalla giusta comunicazione del moto
vibratorio alla linea di gravità della tavola. Questi i perché sia dal punto di vista
acustica che da quello statica della grossezza o spessore massimo nelle tavole.
Vediamo ora praticamente assegnarne la loro posizione nelle due tavole, e la
loro disposizione a graduale cadenza dal mezzo ai lati.

Disposizione di spessori nelle tavole

I punti da cui dobbiamo partire per assegnare detti spessori nelle due tavole
sono le assi delle due semicalotte sferiche in BB' nella superficie esterna di
quelle (ved. Fig. 50) in corrispondenza all’interno OL-MN. Seguendo or ail
criterio costruttivo dei secc. XVI e XVII, nel tratto tra il p 18 ed il p 52, assi
delle due semicalotte sferiche in BB' del piano armonico, portiamo dall’interno
verso l’esperno lo spessore massimo in 10/12 di p, mm. 4,1 mantenendolo
uguale nella tavole tra le due assi quale limite di maggior apessore. Nella
tavola di fondo lo spessore sarà invece tenuto di 1/4 in più, mm. 5,1 sulle assi
al p 23 ed al p 48 mantenendolo anche qui eguale tra le due assi stesse BB'.
323
Fig. 98. Il legno per quanto secco, attraverso i secoli, causa alla sua struttura
cellular ha seguito sensibile diminuzione (ritiro) sia in senso della lunghezza
che in quello del raggio. Questa diminuzione o ritiro ѐ minore nei legni duri,
maggiore in quelli fibrosi e teneri. Lo spessore riscontrato nelle tavole di quei
classici violini antichi in mm. 3,35 circa, 2/3 di p, ѐ adunque minore a quello in
origine assegnatole. L’età ha consolidate ed indurita la fibra di questo legno.
L’aumento da noi portato a 10/12 di p, mm. 2,10 di spessore ed assegnato alla
tavola armonica, 2/16 in più, ѐ dovuto in considerazione di tale ritiro avvenuto.

Fig. 98. Fig. 99.

Seguendo invece il criterio costruttivo del sec. XVIII colla variante


stradivariana, nel tratto tra il p 42 ed il p 26, assi della calotte e della
semicalotta sferiche in BB', in corrispondenza anche qui di OL, MN gli
spessori del piano armonico verranno regolati dall’interno verso l’esterno in
7/8 di p, mm. 4,32 e quello della tavola di fondo di p 1¼, mm. 5,55 e mantenuti
anche qui uguali il p 42 ed il p 26 quale limite massimo spessore e di massima
elevazione esterna della tavola. Fig. 99. Tale differente grossezza di spessore
massimo assegnato alla tavola armonica e di conseguenza anche alla tavola di
fondo dei violini costruiti secondo il criterio costruttivo del sec. XVIII ѐ dovuto
alla minore curvatura trasversale interna delle due tavole, causa il maggiore
raggio di curvatura adottato per una maggiore resistenza alla pressione; ed
ancora, per ottenere dal suono fisico della maggiore quantità della material
vibrante quella maggiore altezza di tonalità, di brillantezza (voce di soprano)
propria ai violini dello Stradivari di questo period.

324
Fig. 100.
Portiamo ora dalla superticie interna tutta la superficie esterna delle due
tavole ad un unico eguale spessore, ognuna con i detti massimi spessori dalla
loro assi, in tutti i sensi, sino all’estremo limite di esse sul bordo, servendoci
per la determinazione di questi di uno speciale relaio ed asportando poi colla
sgorbia mezzopiana l’esuberante material legno sino al segno lasciato sulla
superficie della tavola dalla punta del telaio suddetto. Portate le tavole a tale
spessore su tutta la loro superficie inizamo su di essa il tracciamento dei vari
punti di riferimento per la disposizione a graduale cadenza degli spessori,
operando secondo I due criteri costruttivi. Per tale tracciamento occorre
prepararci un regolo con limbo in curva, della lunghezza e figura convessa
della tavola (ved. Sopra), suddiviso in 6 once ed in 72 p. questo regolo che
chiameremo regolo proporzionale esterno, disposto sull’asse longitudinale dal
limite superior della tavola ci cervirà per segnare sulla stessa i vari punti di
riferimento in senso della lunghezza su di esso segnati. Servendoci del regolo
suddetto segnamo sulla convessità della tavola armonica i p 18 e 52,
corrispondenti ai B'B'' delle assi delle semicalotte interne (sec. XVII), ed p 36
in E, mezzo della tavola. In egual modo segnamo sulla convessità della tavola
di fondo in E il p 36, ed i p 23 e 48 corrispondenti a BB', assi delle due
semicalotte di detta tavola. Per detti punti tiriamo nelle due tavole una normale
alla AB. Centro sul p 18 in B', e sul p 52 in B'', con raggio p 4, mm. 19,76
descriviamo una semicirconferenza che taglierà l’asse AB in alto sul p 14 e sul
p 56 al basso. Con due tangenti parallele all’asse ABV uniamo le due
semicirconferenze e questa sarà la zona della curvatura interna trasversale delle
tavole l’angolo di 20°. Fig. 101. Seguendo or ail criterio del sec. XVIII,
operiamo in egual modo segnando i p 26 e 42, corrispondenti essi pure a B' e
B'' delle assi segnando anche que il mezzo E sul p 36 nella convessità delle due
tavole, e tirando anche per questi punti le normali alla AB. Centro sul p 26 in
B' e sul p 42 in B'' con raggio p 4, mm. 19,76 descriviamo la semicirconferenza
che taglierà l’asse AB in alto sul p 22, e sul p 46 al basso nel piano armonico.
Nella tavola di fondo invece, fatto centro sul p 26 in B' e sul p 42 in B, con
raggio p 5, mm. 24,70 descriviamo le semicirconferenze che taglieranno l’asse
AB in alto sul p 21 e sul p 47 al basso. Tale diversità in p fra ledue tavole
dipende dal diverso raggio di curvatura trasversale interna nella tavola di fondo
adottato. Uniamo anche qui con una retta parallela all’asse AB le due

325
semicirconferenze, e questa sarà la zona della curvatura interna trasversale e
longitudinale delle due tavole entro l’angolo di 20°. Fig. 101a.
Nella superficie di tale zona inscritta nell’angolo di 20° le tavole dovranno
mantenere il loro massimo spessore assegnato. Sull’asse AB delle tavole,
servendoci del regolo longitudinale esterno, segnamo la divisione della
lunghezza di tavola in 6 once. Suddividiamole in 12½ once, e per ognuna di
queste tiriamo line normali a detto asse.

Fig. 101. Fig. 101a.

Dividiamo ora in settori di diverso numero di gradi le due perti in alto ed in


basso della tavola, considerando bisettrice dell’angolo l’asse longitudinale AB.
Nel piano armonico, da B' sul p 18 segnamo verso l’alto un settore il cui angolo
al centro sia di 225 gradi, e suddividiamo in due altri, uno di 120 ed uno di 60
gradi. Da B sul p 52 verso il basso, uno di 230 gradi suddiviso in altri di 170 e
di 110 e di 40 gradi. Così sulla tavola di fondo, ma partendo da B' sul p 23
verso l’alto e da B sul p 48 verso il basso, causa la diversità fra la posizione
delle assi nelle due semicalotte nella parte interna. Fig. 102. Seguendo il
criterio costruttivo del sec. XVIII, sia da B' sul p 26 verso l’alto che da B sul p
42 verso il basso, ed in tutte due le tavole, segnamo un settore il cui angolo al
centro sia di 120 gradi e suddividiamolo in uno di 80 ed in uno di 40 gradi. Fig.
102a. sui lati di questi angoli per ogni tavola segneremo poi la cadenza degli
spessori a darsi alle tavile. Segniamo ancora sulla tavola armonica la supposta
linea di gravità con una normale sul p 39¾. E con centro in A sul p 42 con
326
raggio p 8, mm. 39,52 descriviamo sino all’incontro della normale sul p 42
nella sola parte in basso la semicirconferenza che in corrispondeza all’interno
della tavola segna in senso longitudinale il limite del circolo inscritto
nell’angolo di 40 gradi. Nella tavola di fondo però, da B, il raggio di tale
semicirconferenza dovrà avere p 10, mm. 49,40. Fig. 102a.

Fig. 102. Fig. 102a.

Trattando degli spessori, abbiamo detto che la giusta elasticità di una tavola
si ottiene staccando la parte central dalla irregolare sua linea perimetrale,
limitandone le vibrazioni alla suddetta parte, che tale distacco si ottiene
creando ad una data distanza dal bordo (a 3/4 circa dal mezzo) una linea o zona
di minimo spessore. Dimostriamo qui la posizione di tale zona nelle tavole
secondo i due criteri costruttivi, operando solo nella tavola armonica.
Sec. XVIII. Dividiamo in 8 parti la lunghezza di tavola segnandone i 3/4 dal
mezzo E sui p 9½ e 64. Dividiamo in 4 parti la normale sul p 36 (mezzo in E)
segnandone anche qui i 3/4 dall’asse in C. Centro sul p 42 in B, e raggio p 22
sul p 64, e centro sul p 26 in B' e raggio p 17½ sul p 9,5 trancciamo nelle due
parti l’arco sino all’incontro dei lati dell’angolo di 40 gradi. Dai lati
dell’angolo di 40° sia nella parte in alto che al basso continuiamo raccordando
l’arco con la curva segnata in A, nel suo svolgimento elittico, seguendo a
cadenza la distanza dalla linea perimetrale interna della cassa (delle fasce). E
ciò, in modo da passare nella rientanza central della )( nella normale del p 36 in
C (3/4) larghezza.

327
Questa elittica in A rappresenta nella tavola la linea o zona sulla quale
dovremo stabilire il minimo degli spessori a cadenza. Per segnare nella tavola
gli altri punti di riferimento nella graduale cadenza dal massimo spessore
central al minimo sulla elittica in A, ѐ necessaria un’altra elittica intermedia a.
Per stabilire questa non abbiamo che ad operare come per l’altra ma con raggio
da B' sul p 15, e da B con raggio sul p 53, limiti proporzionali fra le distanze di
dette. Fig. 103b. Seguendo il criterio costruttivo del sec. XVII, opereremo in
egual modo pel tracciamento di dette elittiche. Causa però le differenti
posizioni delle assi B'B, nel piano armonico la elittica in A dovremo tracciarla
partendo nella parte in basso dal p 67½ e dall’alto dal p 4½. Quella intermedia
in a, dal p 61 al basso e dal p 11 in alto. Fig. 103a. Nella tavola di fondo, per
l’elittica in A dal B' sul p 9, e da B sul p 64. Per quella intermedia a, da B' sul p
14, e da B sul p 37. Volendo, la superficie in basso della tavola si potrebbe
suddividere ancora in altri angoli, tracciando anche alter elittiche intermedie,
ma nelle tavole del violin ciò ѐ superfluo per le loro piccolo dimensioni. Su tale
tracciato, i punti di intersecazione delle elittiche con i lati degli angoli
forniranno i punti di riferimento necessary fra le diverse parti nella tavola per
l’assegnazione delle graduali cadenze degli spessori. Veg. fig. 104a.

328
Fig. 103a. Fig. 103b.
La tavola mostra nel complesso della superficie del piano armonico e del
fondo tale disposizione. In essa gli spessori sono considerati in legno abete
picea di media densità di 3/8 di p, mm. 1,85 tra fibra e fibra. Per fli spessori
della tavola di fondo in acer campestris ѐ necessario considerare il generale
maggior spessore di mm. 1 in più circa a dette assegnato in confront a quelli

329
Fig. 104a.
del piano armonico. Anche il traccimento di queste elittiche ѐ necessario
prepararsi un regolo sul tipo di quello preparato per quelle della concavità
interna (fig. 84) onde non dover ricorrere anche qui e per ofni tavola ad
operazioni grafiche.

330
Adattamento spessori nelle tavole

Per segnare nella superficie interna delle tavole i punti di profondità nelle
parti radiali ci siamo preparati il compass di profondità. Ora, per segnare i
spessori a cadenza sulla superficie convessa di dette occorre preperarci un altro
arnese che chiameremo relaio segna spessori. Questo arnese (fig. 104b) non
abbisogna di elaborate descrizione. Esso consiste in una specie di telaio in
legno compatto con braccio mobile a leva munito di accuminata punta
regolabile in acciacio, e con regolare assesto per detto. In corrispondenza alla
punta t situate nella parte di fondo del telaio, sta un appoggio mobile nel quale
in una scanellatura scorre un regolo in metallo graduato a decimi di mm.
Disposta la tavola colla sua superficie interna sull’appoggio, e regolato
questo colla cadenza di spessore voluta, manovrando il braccio a leva sino
all’arresto, la acuminate conficcandosi nel legno lascierà col forellino traccia
del limite in profondità di spessore.

Fig. 104b.
Per l’adattamento degli spessori dovremo attenerci sui precisi punci di
intersecazione delle elittiche coi lati degli angoli, e sugli stessi in prossimità e
sul bordo, sopra ai segnati dischetti. Cominceremo col punzonare la tavola nel
suo massimo spessore entro la zona central inscritta nell’angolo di 20° tra le
due semicalotte B e B'. Nella tavola spessori sec. XVIII il tratto tra B sul punto
42, e sul B' p 26 e precisamente il p 40 (linea di gravità della tavola) e segnato
331
nei dischetti di maggiore spessore decrescenti sino al p 26. Questo ѐ causato
dalla costolatura interna sull’asse per la disposizione della calotte di 10°
secondo il criterio costruttivo del sec. XVIII dimostrato coi grafici nelle figure
80 e 94. Seguiremo nella stessa parte central sulla elittica che stabilise il limite
della zona di 20°, epoi, nella semicirconferenza che verso il basso segna la
zona inscritta nell’angolo di 40° della curvatura trasversale interna della tavola.
Quindi, sull’elittica in A, zona di minimo spessore, e qui prima nella parte
central, poi nelle parti il basso e verso l’alto; e nello stesso modo sulla elittica
in a. In ultimo sui dischetti in prossimità del bordo, sul bordo stesso e sulle
quattro cuspidi degli angoli (ved. Tavola spessori).
A punzonatura ultimata con una sgorbia mezzopiana intacchiamo
lievemente la tavola in prossimità e sul foro lasciato da quella. Approfondiamo
l’intaccatura lievemente sino a trovare il limite in profondità segnato. E,
togliendo con la sgorbia mezzo piana il legno esuberante tra dette intaccature
portiamo la superficie della tavola fra le stesse a perfetto raccordo in cadenza.
Ma, mentre dalla parte centrale tale raccordo porta ad una linea decrescente
verso e sino alla elittica in A, da questa invece la linea aumenta lievemente
sino al bordo sul contoro. Con unz sottile lama a filo in acciaio togliamo le
eventuali lievi irregolarità lasciate dalla sgorbia, e la tavola ѐ pronta sia per la
verifica di controllo che per l’operazione di taglio delle aperture armoniche.
Per tale verifica di controllo occorrono due compassi detti a spessore. Uno di
essi deve avere le due gambe eguali a punta mezzo tonda, con chiavetto central
nel mezzo che le rende mobile, ed in modo che ale due estremità presentino
eguale apertura. L’alto, con le due gambe curve con punte mezzo tonda alla
cima, ed unite per mezzo di un chiavello che le rende mobile su di un centro.
Col primo compass controlleremo gli spessori massimi e minimi nelle varie
zone. Col secondo, regulate le punte col massimo spessore central e facendolo
scorrere con un gambo control s superficie interna della tavola, controlleremo
dal mezzo verso i lati, colla distanza dall’altro gambo dalla superficie esterna
di detta tavola la cadenza negli spessori sino alla zona di minimo spessore, e
l’aumento da questa al bordo. Fig. 105.

332
Fig. 105.

Il raccordo nella tavola con il bordo sarà praticato a tavola ultimata ed cassa
chiusa. A cassa chiusa rettificheremo eventualmente anche la tavola nella
cadenza degli spessori. Portate così le tavole a giusta cadenza verso l’esterno,
ecco che queste assumono la carattrtistica modellazione delle tavole cremonesi,
caratteristica di originalità che non ѐ facile ottenersi modellando prima
dall’esterno la tavola.

Centro di gravità nel piano armonico ed aperture armoniche

Regulate così le tavole nella cadenza di spessori, prima di praticare in esse le


aperture armoniche occorre precisare in dette il centro di gravità. Trattando della
gravità nella tavola armonica abbiamo detto che, dalla sua linea perimetrale
inquadrata nella figura trapezioidale, e dalla disposizione nella sua superficie
degli spessori a graduale cadenza, ne risulti il suo centro e diametro di gravità.

Fig. 106.

Abbiamo altresì insegnato il modo col quale gli antichi liutai usavano per
trovarlo facilmente. Disponiamo ora la tavola sulla costola del prisma triangolare FC
nei due sensi MN-KL sino alle due parti siano in perfetto equilibrio. L’intersecazione
delle due line MN-KL determinano nella superficie il punto O che sarà il centro di
333
gravità della tavola ricercato. Segnamo per punto O una normale all’asse nella
superficie della tavola e sarà quell ail diametro di gravità. Da questo dizmetro
troveremo poi la linea di gravità, quella line ache dovrà segnare il punto di
riferimento acustico per la posizione sul piano armonico del ponticello. Questo
centro e diametro di gravità, se gli spessori furono condotti colla giusta
cadenza fra di loro e fra le due parti in alto ed alla base della tavola, deve
risultate secondo il criterio costruttivo del sec. ZVII sul p 38 o 38½ circa, e
secondo il criterio costruttivo del sec. XVIII sul p 39. Ottenuta la gravità nella
tavola armonica, in base a questa tracciamo le indispensabili aperture ad f,
seguendo le istruzioni date nella parte teorica segnandone nella loro giusta
posizione prima i loro occhi o fori terminali. Servendoci del regolo
propozionale esterno (fig. 100) sull’asse longitudinale AB della tavola
segnamo dal p 39 (diametro di gravità) verso l’alto p 4 ⅔ sul p 34⅓ e verso il
basso p 5¾ sul p 44¾. Per detti tereamo FGMN normali alla AB. Sulla AB segnamo
ancora il p 42 ed il 45½. Sopra la MN prendiamo a desta ed a sinista i punti CD
distanti dall’asse p 12, mm. 59,28 (un’oncia) equivalente alla terza parte in lunghezza
della tavola ed in senso trasversale alla larghezza di detta tavola al diametro di
gravità (once 2, p 24). Centro sul p 45½ sull’asse, e raggio p 12, mm. 5928
sopra la MN in C, descriviamo la semicirconferenza che taglierà la FG sui
punti HK. I punti CDHK saranno i centri dei fori terminali. Fig. 107. Ora, dal
punto 42 con radio p 4, mm. 19,76 descriviamo il circolo che segna nella tavola
l’angolo di 20°, e dallo stesso p 42 con raggio di p 8, mm. 39,52 descriviamo
quello che segna nella stessa l’angolo di 40°.

334
Fig. 107.

Tangenti a detti circoli e parallele all’asse inalziamo le quattro


perpendicolari. Queste segneranno per il circolo di 20° la distanza tra gli
estremi degli occhi al centro della tavola, per quello di 40° la dictanza tra loro
sull metà in larghezza del fusto di dette ff al diametro di gravità della tavola.
Difatti, la distanza tra i fori terminali nella parte in alto dev’essere tale da
contenere in larghezza gli estremi tra i piedini del ponticello nella continuità di
fibra per tutta la lungfezza della tavola. Tale, da non ostacolare nella superficie
interna della tavola la posizione della sbarra nella linea di connessione pure
contenuta fra i detti (angolo di 20°). Quella tra i fori nella parte in basso deve
corrispondere alla larghezza interna della cassa misurata nella linea di gravità
in p 24, mm. 118,56. La distanza tra di loro dal mezzo dell’apertura del fusto di
dette ff alla linea di gravità della tavola deve corrispondere al diametro del
circolo inscritto nell’angolo di 40° della curvatura trasversale interna della in p
16, mm. 79,04. Fig. 108. La laghezza di aperture tra le labbra nel fusto di dette

335
Fig. 108.
ff alla linea di gravità deve essere eguale al diametro dell’anima, p 1½, mm.
7,4. Il diametro dei due fori sarà per i superiori circa p 1½, mm. 7,4 e per le
inferiori p 1⅞, mm. 9,2.
Lo svolgimento circolare della f dal foro terminale superior a quello inferior
deve raccordare nelle due labbra con l’apertura central del fusto. Esso ѐ
necessario per ottenere una maggiore lunghezza di taglio in minore alrezza, e
col suo svolgimento favorisce l’elasticità nella tavola. L’altezza complessiva
delle ff, misurata in senso vertical varia tra i p 14, mm. 69,1 ed i p 15, mm.
74,1. Ciò secondo l’evoluzione circolare del loro svolgimento. Trasforiamo i
fori terminali, e con un modellino in lamiera flessibile sul quale ѐ stata tracciata
e ritagliata lo sviluppo in piano della f, con una punta aguzza in acciaio,
segnamone sulla tavola il contorno. Fig. 109. Con una sottile appuntita e ben
affilata lama tagliamo seguento lo svolgimento circolare ed il fusto della f

336
mantenendone precizi e vivi gli spigoli. Le due cuspidi centrali nelle labbra del
fusto non verranno per ora praticate.

Catena o sbbarra, suo adattamento all’interno del piano armonico

Sulla superficie interna del piano armonico disponiamo ora la catena o


sbarra. Vediamo ora praticamente
stabilirne la sua posizione tracciando
la linea di connessione, le sue
dimensioni, e ciò in considerazione
della nostra tavola con la
disposizione di fibra perfettamente
parallela alla sua asse. Per il p 42,
asse della semicalotta sferica tirimo
una normale all’asse longitudinale
AB; così pel p 40, linea di gravità
della tavola. Centro sul p 42 e raggio
p 4, mm. 19,76 descriviamo il
circolo inscritto nell’angolo di 20
gradi della curvatura trasversale
interna di detta tzvola. Colla figura
103 abbiamo dimostrato nelle tavole
e secondo i due criteri costruttivi
(secc. XVII e XVIII) la posizione
dell’elittica A, zona nel loro minimo
spessore. Abbiamo anche detto che
la catena non deve sorpassare in
lunghezza questa linea di minimo
spessore ma arrestarsi a debita
distanza da detta. A distanza di p
1½, mm. 7,54 dalla elittica e quindi
nella parte in alto sul p 11, e da
quella al basso sul p 62½ (sec.
XVIII) e sul p 5½ e sul p 66 (sec.
XVII), tirimo due normali all’asse;
ottermo tra queste la lunghezza della
catena. A destra dall’asse, tangent al
suddetto circolo nell’angolo di 20°,
tiriamo una parallela all’asse, sino
337
alle normali sui p 11 e 62½, e sui p5½ e 66. Da detta, sulle normali al p 11 ed
al p 5½ verso l’asse segnamo E a 6/8 di p, mm. 3,70. Tiriamo ora da E una
oblique intersecante sulla linea di gravità (sul p 40) la tangent al circolo di 20°
prolungandola sino all’incontro della normale segnando E'. EE' sarà la linea
esterna di connessione sulla tavola della catena.
Con tale spostamento la catena pur seguendo una linea lievemente
divergente dall’asse verso il basso della tavola, passerà alla linea di gravità,
sotto al piedino sinistri del ponticello; e la sua distanza dal foro terminale
superior della ff sarà di 1/4 di p, mm. 1,23 circa. Nel caso invece di una tavola
armonica con fibre non parallele all’asse da questa divergenti o convergenti, la
catena dovrà seguire la parallela tangent a detto circolo di 20°, ed essere
connessa internamente a detto. Fig. 110.
Scegliamo ora un pezzo di abete picea possibilmente dello usato pel piano
armonico, di cm. 30 in lunghezza, eguale nella disposizione di fibra come
quella di detta tavola, di densità uguale al punto in cui guesta ha contatto colla
tavola. Pialliamole la parte che dovremo a questo connettere, cioѐ in quelle
delle fibre orizzontali. Segnamo il suo mezzo in lunghezza e consideramo in
questo la linea di gravità della tavola sul p 40. Da questo mezzo segnamo verso
il basso 9a destra) p 26½, mm. 130,91 e verso l’alto (sinistral) p 25, mm.
123,50; in complesso p 51½ (once 4⅜) mm. 254,41 che sarà la complessiva
lunghezza. Questa la lunghezza secondo il criterio del XVIII secolo. Per le
misure in lunghezza di quello dei secc. XVI e XVII, esse si aggirano tra il p 53,
mm. 261 ed il p 57, mm. 281.
La larghezza o spessore della catena a contatto della tavola deve essere di p
1, mm. 4,94 per tutta la sua lunghezza. La sua altezza nella parte central sarà di
p 2¼ circa, mm. 11,14 per una lunghezza di p 12, mm. 59.28 diminuendo poi a
cadenza lievemente sino agli estremi di essa in 3/4 di p, mm. 3,70. Prima di
stabilire la sua altezza a cadenza dal suo mezzo, alla catena occorre dare la
linea catenaria che essa deve avere nella parte che dovrà connettersi alla tavola.
Segnamo su di essa sempre dal p 40 verso l’alto p 4 sul p 36 che segna il
mezzo in lungezza della tavola. Da questo sia verso la parte in alto che verso
quella in basso segnamo p 6 per parte, e quindi sul p 30 e sul p 42.
Complessivamente in p 12 (once 1), mm. 59,28. Solo in questo breve tratto la
catena dovrà seguire la linea interna della tavola. Da detti p 30 e 42 sia verso
l’alto che verso il basso dovrà raccordarsi agli estremi in lunghezza con curva
catenaria. Connettiamo la catena alla tavola usando una buona colla, e
seguendo con la sua parte esterna la linea EE'. Ed in modo che il segno su di
essa segnato sul p 40 coincida colla linea di dravità della tavola, e la complete
sua lunghezza sia contenuta fra i p 11 ed il p 62½. Occore stringerla con buone
338
motsette al centro ed agli estremi di essa contro la tavola ed assicurarci della
perfetta sua adesione e combaciamento. In tali dimensioni e cos ì connessa, la
catena non ostacola l’elasticità della tavola; ne segue invece il copleto suo moto
vibratorio, e la sua linea catenaria la obbliga ad uno sforzo propulsive
mantenendo detta tavola in perfetta tensione. Figg. 111-111a.

Fig. 111.

Fig. 111a.

339
Ecco la tavola armonica ultimata di ogni suo particolare. Disponiamo
nuovamente sulla costola del prisma triangolare nel senso trasversale (in KL
fig. 106) per assicurarci che nessun mutamento nella sua gravità sia avvenuto
in seguito a tali aperture armoniche ed applicazione di sbarra. Prolunghiamone
la linea KL del diametro di gravità sul p 39 sino al labbro esterno del fusto
della f segnandone una leggera cuspide, che rappresenterà così nella parte
esterna la gravità della tavola. Fig. 112.

Posizione dell'anima nella tavola di fondo

Nella superficie interna della tavola di fondo segnamo ora collo


spostamento laterale dell’asse longitudinale sulla linea di foco la obbligata
posizione dell’anima. Sulla superficie interna della tavola al 42, abbiamo la
normale alPasse longitudinale che segna la linea di foco. Seguendo ora il
criterio costruttivo del sec. XVII sappiamo che le due tavole hanno eguale il
raggio di curvatura laterale interna. Fatto quindi centro sul p 42 con raggio p 4,
mm. 19,76 tracciamo il circolo inscritto nell’angolo di 20°. Secondo il criterio
tenuto nel sec. XVIII invece, le due tavole hanno differente il raggio, e la
tavola di fondo avendo minore la curvatura, maggiore ne è il suo raggio. Anche
qui facciamo centro sul p 42, e con raggio p 5, mm. 24,70 descriviamo il
circolo inscritto nello stesso angolo di 20 gradi. L’anima nella sua posizione
deve avere il suo diametro sulla linea di foco, e colla sua parte verso l’esterno
essere tangente internamente a detto circolo di 20°. Tiriamo parallela all’asse
longitudinale una tangente a detto circolo, e con detta sarà segnato il preciso
limite di spostamento laterale e la obbligata sua posizione, fig. 113, entro la
cassa. A questo punto le tavole sono pronte per essere connesse sulle fasce a
formare la cassa.

Fig. 112. Fig. 113.

340
Occorre ora precisarne il contórno che in un primo tempo avevamo solo per
ognuna segnato. Disponiamo le due tavole accoppiate con la loro concavità
rivolta all’interno sovrapponendone le loro assi in modo da ottenere una
perfetta coincidenza. Rinseriamole con due buone morsette nelle parti in alto
ed in basso, a suo tempo precisiamo la loro linea onde assicurarne fra le stesse
la simmetria. Più in là intarsieremo anche il filetto, ultimeremo il bordo che per
ora lascieremo di spessore maggiore e solo abbozzato, così il codino. Ora
riponiamo così rinserrate le tavole onde non abbiano a deformarsi ed
accingiamoci a costruire le fasce perimetrali assegnandole anche la loro giusta
altezza e la rastremazione. Ma, quale è questa giusta altezza che alle fasce
dovremo assegnare?

Altezza delle fasce e modo di trovare il punto focale in un’arco di cerchio col
solo calcolo

Alla parte teorica abbiamo detto che la giusta altezza delle fasce ha capitale
importanza per assegnare e mantenere la superficie interna delle due tavole ai
rispettivi fochi. Analizzando nella stessa parte il fenomeno di riflessione sugli
ostacoli concavi, abbiamo pure dimostrato e spiegato come teoricamente si
trovi in uh arco di cerchio il suo punto focale, come questo non sia
propriamente un punto ma un piccolo circoletto oscillante, situato sull’asse; e
come esso sia contenuto fra la quarta e la quinta parte del diametro di detto
cerchio. Trattando nelle parti vitali abbiamo dimostrato come dallo
spostamento laterale dall’asse di detta in un dato numero di gradi dipenda la
distanza dalla metà del raggio in cui i raggi paralleli dopo la riflessione si
incontrano sull’asse; e come questo punto focale si possa stabilire anche col
solo calcolo. È quindi ora necessario una dimostrazione per detto calcolo.
La curvatura trasversale interna delle tavole del violino è segmento di una
circonferenza grande, quindi l’arco che deve determinare collo spostamento
laterale dell’anima il punto focale sull’asse, a tale riguardo dobbiamo stabilirlo
sotteso sul 18° grado della curvatura suddetta sulla linea di foco (p 42) della
tavola di fondo. Essendo ora l’arco sotteso al 18° grado, l’incontro dei raggi
riflessi sull’asse (punto focale) dovrà essere alla metà meno 1/36 del raggio.

341
Infatti: criterio costruttivo sec. XVI e XVII, violino mm. 355,68, tavola di
fondo - anima sottesa a 18°

raggio di curvatura interna mm. 118,56 : 36 = 3,293

» » » » mm. 118,56 — mm. 3,293 = mm. 115,267


rimanenza raggio mm. 115,267 : 2 = mm. 57,633 punto focale
sull’asse e metà raggio
freccia delle due tavole mm. 14.5 + mm. 14 = mm. 28.5 valore
treccie
punto focale sull’asse mm. 57,633 — mm. 28,5 (valore
freccia) = mm. 29,1 altezza che deve
avere la fascia in tutto il suo sviluppo
perimetrale.

Criterio costruttivo sec. XVIU, violino mm. 355,68 (modello piatto), tavola di
fondo - anima sottesa a 18°
raggio di curvatura interna mm. 138,32 : 36 (1/36 del raggio) =
mm. 3,842
» » » » mm. 138,32 - mm. 3,842 = mm. 134,78
Rimanenza raggio mm. 134,478 : 2 = mm. 67,239 punto
focale e metà raggio
Punto focale sull’asse mm. 67.239 - mm. 15 = mm. 52,239
distanza della superficie interna del piano
armonivo verso il basso dal punto focale
Freccia delle due tavole mm. 12,2 - 9,88 = mm. 22,08
altezza interna cassa mm. 52, 239 mm. 22,08 = mm. 30,159,
altezza che deve avere la tascia alla linea
di foco (p 42) e alla linea di gravità
(p 40) della tavola armonica.

Ferma restando detta altezza di fascia alla gravità della tavola (p 40); da
questo alla linea di foco coniugato sul p 26, seguirà la necessaria rastremazione
verso l'estremo limite in alto della cassa, ed il conseguente aumento verso la
partfe in basso, col calcolo che, per gli strumenti costruiti col criterio
costruttivo del sec. XVIII, per detta rastremazione spiegheremo.
Qualora una mancanza di massima elevazione nelle tavole obbligasse ad un
arco di curvatura trasversale interna sotteso in un minore numero di gradi,
diminuendo il valore della freccia, è necessario mantenere immutato lo
spostamento laterale dell’anima sottesa ai 18°, aumentando invece dello
spessore mancante l'altezza della fascia.
342
Viole contralto e tenore, secoli XVI, XVII e XVIII

Per l’altezza delle fasce di dette viole, seguire preciso i calcoli fatti
trattando del violino; e seguendo per le dimensioni il raggio di curvatura
interna trasversale della tavola di fondo di ognuna di dette, tenendo conto del
criterio costruttivo. Essendo in queste lo spostamento laterale dell’anima pure
sottesa ai 18°, anche per dette nel calcolo dovremo usare la diminuzione di
1/36 del raggio.

Violoncello mm. 755,82 – criterio costruttivo secolo XVIII

Date le esigenze di tecnica strumentale, nella costruzione del violoncello del


sec. XVIII, la curvatura trasversale venne diminuita (sempre delle tavole
interne) nel suo numero di gradi. Per conseguenza anche lo spostamento
laterale dell’anima venne limitato ad un arco sotteso in soli 15 gradi di detta
curvatura. Essendo ora l’arco sotteso a 15°. l’incontro dei raggi riflessi
sull’asse (punto focale) dovrà essere calcolato alla metà meno di 1/56 del
raggio.

Infatti:

Tavola di fondo anima sottesa a 15°


Raggio di curvatura interna mm. 366 : 56 (1/56) del ragio = mm. 6,53
» » » » mm. 366 — 6,53 = 359,47 rimanenza ragio
Rimanenza raggio mm. 359,47 : 2 = mm. 179,73 metà raggio e
punto focale sull’asse
punto focale sull’asse mm. 179,73 - mm. 32 = 147,67 distanza
della superficie interna del piano armonico
verso il basso dal punto focale
Freccia delle due tavole mm. 20,5 + mm. 21,5 = mm. 42 totale frecce

Altezza interna cassa mm. 147,67 - mm. 42 = mm. 105,67 altezza


che deve avere la fascia alla linea di gravità
sulla 39ᵐᵃ parte ed alla linea di foco sulla
41ᵐᵃ parte della tavola armonica, diminuendo
poi verso l’alto e di conseguenza aumentando
verso il basso in effetto alla rastremazione.

343
Ecco come col solo calcolo sia possibile trovare il foco di un arco di
curvatura, e stabilire l’altezza giusta delle fasce negli strumenti, seguendo in
detti lo spostamento dell’anima.

Preparazione della forma e costruzione delle fasce

Abbiamo visto dinanzi come le fasce, mentre determinano la linea


perimetrale della cassa colla loro giusta altezza servono a mantenere le tavole
tra di loro, rispetto all’asse verticale, ai loro fochi. La costruzione di dette
richiede ora la cognizione di una forma o modello.
Due sono i tipi di forma che potremo usare; la forma interna, nella quale le
fasce vengono adattate sulla parte esterna; la forma esterna, nella quale esse
vengono adattate nella sua parte interna. Dagli antichi liutai sempre venne
usata la forma in' na. Fu solo verso la metà del sec. XIX che la forma esterna
sostiti/ .'interna, benché in alcuni laboratori di liutai contemporanei que . ultima
sia ancora in uso.

Forma interna

Su di una tavola di un legno compatto, acero o pero di p 5, mm. 24,70 di


spessore tracciamo la linea perimetrale interna della cassa ottenuta seguendo il
grafico alla figura 33. Ritagliamone ben preciso il contorno. Nella parte in alto
ed in quella in basso sull’asse longitudinale pratichiamo due apposite
rientranze che dovranno contenere i due zocchetti, quello del manico e quello
pel bottone della cordiera. Così, sulla normale VV'-NN' in corrispondenza
degli angoli pei quattro tasselli. La grossezza dei vano di dette rientranze deve
essere tale da contenere i detti tasselli nelle dimensioni da poter raccordare le
curvature della linea con la cuspide dell’angolo. Nella parte centrale di detta
tavola pratichiamo un’aperatura elittica, e nelle due facce una serie di fori o
buchi chiusi, onde dare appoggio a morsettine per fare aderire le listerelle delle
fasce al contorno curva di detta. Fig. 114. In detta forma, negli appositi spazi
devonsi disporre i 2 zoccoletti ed i 4 tasselli. Questi dovranno essere di abete,
di salice o di pioppo, e disposte con le fibre perpendicolari al piano delle
tavole. La cuspide dell’angolo veniva su questi segnata con appositi modellini
ed ultimata raccordando colla linea perimetrale prima di adattare alla forma le
fasce. Fig. 114 a. Questa forma è comoda e pratica sia per seguire nel
procedere l’adattamento delle listerelle nelle cuspidi, che per la finitura esterna
delle fasce. D’altra parte su di essa non è possibile completare la fascia
all’interno. Per ultimare i tasselli e disporre le controfasce ai margini è
344
necessario togliere la fascia da detta, mentre colla forma esterna la fascia in
essa viene completamente ultimata.

Forma esterna

Se per la forma interna aobiamo potuto servirci della precisa linea interna
della cassa, per quella esterna occorre invece aumentare detta linea verso
l’esterno dello spessore della fascia. Tra la linea interna della cassa e quella
esterna della tavola abbiamo lasciato uno spazio di p 1, mm. 4,94 per la
distanza di detta al bordo. Essendo lo spessore della fascia di un quarto di p,
mm. 1,235, rimarrebbe ancora dalla fascia al bordo 3/4 di p, mm. 3,70,
sporgenza regolare per questo. Aumentando quindi di 1/4 di p per la linea
perimetrale interna della cassa, oppure diminuendo quella esterna della tavola
di 3/4 di p in tutto lo svolgimento perimetrale seguendo anche gli angoli,
otterremo il modello per il tracciamento di detta forma esterna.

Fig. 114. Fig. 114a.

Anche per questa prepariamo la tavola in legno compatto e nelle dimensioni


dicm. 45 x 30 x 3,5 di spessore. Piatiamone ad angolo retto le 6 facce,
portandola tutta di eguale unico spessore. Dividiamola nel senso della sua
lunghezza in due parti uguali. Sovrapponiamo i due pezzi in modo che risultino
uguali stringendoli poscia con morsetti onde non si muovano. Da detta
disposizione si comprenderà che nostro intendimento è di segnare una sola
metà del modello onde ottenere perfetta simmetria. Segnamo con C la metà in
lunghezza di tavola e con una normale allo spigolo AB segnamo CC' in tutte le
4 facce di detta. Disponiamo il modello colla sua metà in E (nel p 36) su C, e
345
con una punta segnamo il contorno. Segnamo i due estremi del contorno in
AA'-BB', e voltiamo la tavola e ripetiamo tale operazione partendo da C' e da E
dall'altra parte. Asportiamo la parte segnata seguendo la linea del modello in
modo preciso, e la risultante linea servirà quale forma. Occorre prestare
attenzione nel taglio delle 4 cuspidi. Esse dovranno calcolarsi pel passo dei due
spessori che uniti dovranno formare il vertice dell’angolo. Assicurati della
precisione nella linea, allentiamo le morse, e disponendo affiancate le dette
parti uniamole nei due punti di contatto con buona colla. Per garantirne la
robustezza ed evitare eventuali contorsioni della forma muniamole di testata ad
incastro. Al vertice degli angoli occorre praticare un foro di mm. 15 circa di
diametro. In essa potremo seguire la fascia ed assicurarci del preciso suo
incontro nell’angolo e stabilire la sua sporgenza di cuspide. Detta torma deve
eseguirsi con precisione. Se ben eseguita, la lascia dovrà uscire dalla torma sia
da una che dall'altra parte senza sforzo alcuno.
Seguendo il criterio costruttivo del sec. XVII. avendo la fascia eguale
altezza in rutto il suo svolgimento perimetrale, a detta forma non abbisogna
rastremazione. Questa però è necessario seguendo invece il criterio costruttivo
del sec. XVIII. Volendo potremo anche adattare questa forma per ottenere tale
rastremazione nelle fasce. Su di una faccia della forma tiriamo 2 rette normali
all’asse longitudinale i HH'-I', limiti estremi della linea esterna delle fasce in
alto ed al basso; e sullo spessore esterno in corrispondenza di dette, due
perpendicolari H"-I". Nei due fianchi all’esterno di detta forma preniamo la
metà in altezza, e per questa tiriamo una parallela agli spigoli. Questa taglierà
la H" e la I" in L' e in L. Da L' segnamo p 3 1/4, mm. 16,02, eda L p 3, mm.
14,82 per parte, da detta linea; ed in totale su I p 6 1/2, mm. 32,1 e sul L' p 6,
mm. 29,64. Uniamo con una obliqua questi punti. Pialliamo la tavola alle due
facce in cadenza fra dette oblique, ed avremo ottenuta la necessaria
rastremazione della forma in mm. 32,1 al basso, 30 al mezzo e 29,64 in alto.
Fig. 115. Ripetiamo quanto già detto, e cioè, che nelTeseguirsi delle forme,
indifferente se esterne oppure interne, ci vuole la massima precisione.
Adattiamo ora a detta forma le fasce. Dalla medesima qualità e bellezza
dell’acero usato per la tavola di fondo scegliamo le strisce che devono formare
con la fascia i fianchi dello strumento. Ciò per ottenere una simmetria estetica.
Esse devono essere disposte con l’ondeggia tura lievemente inclinata tutta in
un sol senso, e con la linea di fibre parallela nella lunghezza della tavola.
Prima dell’adattamento debbono essere portate ad eguale spessore di 1/4 di
p, mm. 1,235; piallate e ben levigate da ambo le parti. La lunghezza dei vari
pezzi sarà tale da essere collocati in due pezzi nella parte in alto; così in due
pezzi dovrà essere disposta nella parte al basso, con la giuntura al centro
346
sull’asse longitudinale sullo zoccoletto pel bottone della cordiera. Per i pezzi
formanti le )( essi dovranno essere disposti ognuno in un sol pezzo. Prima
dell’adattamento debbono essere preparate in modo da poter seguire le curve e
controcurve senza scheggiarsi. Ciò si ottiene inumidendo la striscia con una
spugna e passandole e ripassandole da ambo le parti e con leggera pressione su
di un ferro riscaldato di forma cilindrica sino a che la listerella snervata e
flessibile potrà seguire facilmente e senza rompersi la controcurva agli angoli e
la curva della forma.
Occorre altresì preparare i 4 tasselli per gli angoli
ed i due zocchetti di abete o salice o pioppo. La loro
figura e la cuspida sarà data a mezzo di una sgorbia
adatta. Dovranno seguire perfettamente la curvatura
negli angoli ed avere la cuspide ben appuntita. Il
zocchetto in alto per l'innesto del manico dovrà
avere almeno p 12, mm. 59,28 di larghezza e p 4 1/2,
mm. 22,22 di spessore. Quello di fondo, p 10, mm.
49,4 di lunghezza, e p 2, mm. 9,88 di spessore. Nel
centro di questo dovrà praticarsi un foro del
diametro del gambo del bottone della cordiera.
Dovranno seguire la linea perimetrale della fascia
nella faccia che dovrà connettersi alla fascia, ed avere l’altezza di questa. Fig.
116.
Qui a pp. 106 e 107 abbiamo trattato dell’altezza delle fasce; col grafico alla
fig. 69, p. 61 abbiamo praticamente dimostrato tale altezza secondo il criterio
costruttivo usato nel sec. XVII. Adattiamole ora prima nella forma esterna e
poi in quella interna seguendo il criterio costruttivo del XVII secolo. Portiamo
le 6 listerelle di acero nelle necessarie dimensioni. Precisiamo bene ad angolo
retto le parti di esse che dovranno unirsi a formare la cuspide, e con un affilato
coltello e con fine lima a legno diminuiamo a cadenza lo spessore in modo che
riunite al vertice diano una cuspide di regolare grossezza. Adattiamo alla forma
prima quella alle controcurve centrali )(. Da queste, quelle verso l’alto e verso
il basso. Ferriamole con apposite morsettine facendole ben aderire alla forma
ed assicuriamoci della perfetta cuspide nell’angolo e loro combaciamento.
Disposte così le listerelle contro la forma, incolliamole nella cuspide
collocando nello stesso tempo il relativo tassello in modo che la cuspide di
detto penetri nell'angolo formando corpo solo con detta. Con una morsettina a
vite serriamo il tassello agganciandolo alla forma onde il tutto assieme si
connetta. Operiamo angolo per angolo facendo ben aderire nel tratto fra gli
angoli la fascia alla forma. Assicuriamoci che i tasselli siano in precisa altezza
347
con la fascia. Collocati i tasselli agli angoli accompagnamo, nelle due parti
laterali del basso, ben aderenti le fasce fermandole tratto tratto con morsette.
Accavalliamo gli estremi delle due fasce, e così sovrapposte pratichiamo sulla
precisa linea dell’asse longitudinale il taglio in modo che la giuntura di esse sia
appena percettibile. Incolliamo in quel punto lo zoccoletto di fondo e
serriamolo con robusta morsetta. In egual modo operiamo alla parte
in altoprestando ben attenzione che tali zoccoletti rimangano con il loro
mezzo in larghezza sull’asse longitudinale della forma. Essicata la colla
togliamo le morsette e procediamo ad incollare le controfasce.
Queste sono listerelle di abete o di salice alte p 1 1/2, mm. 7,41 circa e di
1/2 p, mm. 2,47 di spessore nel punto di appoggio
per le tavole, con dimensione a cadenza verso il
mezzo della fascia in 1/4 di p, mm. 1,235.
Connesse fortemente alla fascia nelle due parti
all’interno, devono seguire a pari altezza la stessa
rinforzandola e dare appoggio alla tavola. Disposta
tra i tasselli ed i zoccoletti, puntando da ambo le
parti esse si mantengono costanti in arco, e
l’incassatura ne assicura la rigidità e l’adesione.
Fig. 117. Ultimato l’adattamento delle controfasce
procediamo al finimento di dette, regoliamo i
zoccoletti ed i tasselli facendo a questi ultimi
all’interno seguire la linea elittica della cassa; e,
dal foro praticato all’angolo nella forma regoliamo
in lunghezza la cuspide esterna. Assicuriamosi
della eguale altezza della fascia in tutto lo svolgimento perimetrale, e con una
fine lima a legno spianiamo nelle due parti la fascia in modo che detta possa
combaciare perfettamente sul piano della tavola. La fascia completamente
ultimata nella sua parte interna è pronta per essere connessa alle due tavole.
A proposito di colla, qualunque buona colla per ebanisteria può servire
purché chiara, sempre confezionata di fresco, e sciolta a bagno maria. Incollare
sempre in un locale riscaldato. La forma esterna alla fig. 115 fu costruita nella
sua altezza di fascia atta per la rastremazione. Volendo ora con detta ottenere la
fascia rastremala per gli strumenti costruiti secondo il criterio costruttivo del
XVII [ secolo, non abbiamo che a seguire nell’altezza ed adattamento delle
listerelle, dei zocchetti e tasselli, la misura in p 6 1/2, mm. 32,1 per la parte al
basso, ed a cadenza a p 6. mm. 29,64 nella parte in alto seguendo lo spessore
della forma.

348
349
Fig. 118a.
Adattamento delle fasce alla forma interna

Volendoci servire della torma interna pur seguendo lo stesso procedimento


occorre hssare con qualche goccia di colla nei loro appositi spazi i 4 tasselli ed
i due zocchetti. Segnate nelle due parti coi regoli le cuspidi e le loro curve di
raccordo sui tasselli, con una sgorbia se ne stabilisce la figura. Preparate le
listerelle nella flessibilità per la curva e portate alle necessarie dimensioni
adattiamole nella parte esterna della forma, prima nel tratto delle due X e poi
alle altre due parti prestando ben attenzione nella formazione della cuspide
dell’angolo. Fig. 118 b.

Fig. 118b. Fig. 119.

Incolliamo facendo ben aderire il tassello con le relative morsette.


Regoliamo bene l'altezza della fascia, e se intendiamo dare la rastremazione
portiamo a cadenza la fascia nelle due parti da un asse longitudinale che
segneremo esternamente in metà nell’altezza di dette, fi ovvio dire che eguale
cadenza nell’altezza debbono avere i tasselli ed i zocchetti. Asciutta
l’incollatura adattiamo ad una delle parti le controfasce, poiché con detta forma
non possiamo adattarle alle due parti nello stesso tempo. Liberiamo le fasce
dalla forma staccandone da detta i tasselli ed i zoccoletti. Adattiamo le
controfasce dall’altra parte. Facciamo seguire ai tasselli la lirea interna della
cassa, smussiamo gli angoli ai zoccoletti e pratichiamo nello zoccoletto di
fondo il toro pel bottone della cordiera. Ultimiamo all’interno le controtasce e
prepariamo il piano nella fascia per l’appoggio sulle tavole.
Ecco le fasce pronte per formare colle tavole la cassa. L’incassatura nel
zocchetto superiore per l'attacco del manico verrà praticata a cassa chiusa.
350
Incollatura delle [asce colle tavole e chiusura della cassa

Tolte le morsette che tenevano rinserrate le due tavole, con una tìne lima a
legno smussiamo, arrotondendolo lievemente, lo spigolo della parte interna
della linea perimetrale, quella che dovrà combaciare colla fascia. Ciò perché
rimarrebbe scomodo l’arrotondamento a fascia incollata. Incolliamo prima i 4
tasselli e la fascia nella parte che dovrà connettersi alla tavola di fondo.
Disponiamola su questa, e con apposite morsette in legno a vite (fig. 119)
serriamola prima sugli angoli, prestando ben attenzione che la loro cuspide sia
nel mezzo di detti e che una eguale e giusta distanza corrisponda tra la fascia
ed il contorno esterno della tavola. Assicuriamone bene i morsetti onde non
abbiano verificarsi spostamenti.
In eguale modo operiamo nelle parti in basso ed in alto ai zocchetti,
assicurandoci che la mezzeria della fascia sia in corrispondenza dell’asse
longitudinale della tavola, e la sua giusta distanza dalla fascia al contorno
esterno della tavola. Disponiamo morsette a breve distanza una dall’altra lungo
la fascia in modo da essere sicuri di un perfetto combaciamento e connessione
in ogni parte. Aiutiamoci ancora con morsettine di ferro disposte sui zocchetti.
Essicata la colla, tagliamo le morsette. Puliamo bene la parte interna da
eccessiva incollatura. Disponiamo nella linea di connessione delle due parti
delle tavole dischetti in abete con fibra normale all’asse per assicurane la
connessione, e seguendo l’eguale procedimento della tavola di fondo
connettiamo anche il piano armonico, e la cassa è chiusa.

Connessione alla cassa del manico

Prima di ultimare esternamente le tavole e di praticare in dette il relativo


filetto intarsiato ed il bordo, è necessario il controllo acustico della cassa. Per
ottenere tale controllo occorre adattare alla cassa il manico e montare di corde
lo strumento. Prepariamo quindi il suo incastro nel zocchetto in alto onde
connetterlo. La base o tallone del manico ha figura trapezioidale, con la base di
maggior larghezza a contatto del piano armonico. Segnamo sulla fascia l’asse
di simmetria delle due tavole. Da detto asse, sia a destra che a sinistra sulla
base al basso segnamo p 2¼ , in complesso p 4½, mm. 22,2; su quella in alto p
3¼, in complesso 6½, mm. 32,1. Fig. 120. Con una obliqua uniamo le due
linee, e lo spazio trapezioidale incluso sarà quello che dovrà occupare il talone
del manico che a parte già avremo preparato. Finito, nelle sue dimensioni e
colla dovuta inclinazione allo zoccolo di innesto, questo incastro dovrà avere p
351
1½, mm. 7,4 di profondità dal limite esterno della fascia e risultare nei lati a
coda di rondine. Con uno scalpello tagliamo nella larghezza ed in profondità il
piano armonico, e seguendo l’obliqua anche il zocchetto sino alla tavola di
fondo. Questo sarà lo spazio per la connessione del manico. Fig. 121.

Fig.120. Fig. 121.

Lo scavo dell’incastro dovrà essere praticato in modo che la base del.


manico sia contenuta esattamente. Incolliamo la base del manico e lo scavo,
adattiamolo sull’incastro; assicuriamolo con buone morsette dal basso alla
parte superiore sul piano armonico, assicurandoci che l’asse di esso
corrisponda perfettamente con quello longitudinale della cassa, e che il tallone
sul covino o tacco della tavola di fondo combacci perfettamente. Adattiamo ora
sull’asta del manico la tastiera con poche gocce di colla onde poterla
facilmente poi togliere. Sul suo limite in alto disponiamo il ciglietto o
capotasto, e nella parte al basso sulla fascia collochiamo nel suo foro il bottóne
per trattenere col cappio la cordiera.
Ora però dobbiamo pensare alla costruzione dell'anima che dovremo
disporre all’interno della cassa. L'anima dev'essere costruita di legno abete
picea eguale a quello del piano armonico, scelto ben secco, con fibre regolari,
parallele tra di loro e perpendicolari nel senso della sua lunghezza. Data tale
disposizione di fibre e della sua disposizione nella cassa, le sue vibrazioni
avvengono in senso trasversale; e la velocità di propagazione del suono, nel
senso della sua lunghezza, è proporzionata colla lunghezza della tavola.
La sua figura è cilindrica lievemente conica col suo minore diametro
(grossezza) nella parte a contatto col piano armonico. Il suo diametro in
ognuna delle due parti deve essere proporzionale agli spessori massimi delle
due tavole sulle quali appoggia, regolato sulle leggi della comunicazione del
moto vibratorio nei corpi solidi elastici. Deve quindi avere nel suo diametro 1/4
in più dello spessore massimo delle tavole colle quali ha contatto. Nella sua
grossezza, se la tavola è di regolare media densità, dovrà contenere un maggior
352
numero di fibre, che nel violino deve essere di almeno 6 fibre. Dalle aperture
armoniche introduciamo ora nella cassa l'anima. Dobbiamo disporla in senso
verticale tra le due tavole colla sua parte esterna verso destra tangente
internamente il segno come alla fig. 113, che stabilisce il limite sulla linea di
foco del circolo inscritto nell'angolo di 20° della curvatura trasversale interna
della tavola di fondo. La sua altezza sarà, se seguito il criterio costruttivo del
sec. XVII di p 11 3/4, mm. 58,4; se invece quello del sec. XVIII, di p 9 1/2,
mm. 47,9. Alle sue estremità l'anima deve essere tagliata in modo da
combaciare perfettamente colla curvatura delle tavole, e disposta con la
direzione delle fibre normali a quelle del piano armonico. Fra le tavole essa
dovrà appoggiare senza fare sforzo alcuno. Introduciamo ora nei buchi delle
ganasce o cavigliere del manico i 4 cavicchi o chiavi; attacchiamo pel suo
cappio la cordiera al bottone e montiamo provvisoriamente di corde lo
strumento. La staffa o sostegno del cappio sarà adattato alla tavola quando
ultimiamo il bordo. Nel frattempo abbiamo preparato il ponticello ultimato
nella sua figura e nelle dimensioni sia nella larghezza tra gli estretni dei piedini
che pel graduale aumento della sua estremità in alto verso il basso. Un solido
elastico in moto, comunicando con un altro .pure elastico in quiete, gli
comunica moto. Nella comunicazione di questo moto, l'azione del primo corpo
(ponticello) è quella di comunicare al secondo (tavola) tutto il moto ricevuto
dalle corde e che egli ha. Mentre la reazione del secondo in quiete (tavola) è
quella di detrarre solo parte del moto del primo (ponticello).
Se il corpo che comunica il moto è maggiore in grossezza di quello col
quale comunica, egli perderà una quarta parte del suo moto perdendo così
anche la quarta parte della velocità di propagazione, per continuare poi assieme
nel moto vibratorio con una medesima quantità e velocità. Di qui, il graduile
aumento di spessore dovuto al corpo del ponticello dal l'estremo suo limite in
alto al suo diretto contatto coi piedini sulla tavola, di un quarto in più dello
spessore massimo della tavola alla linea di gravità, perché il moto vibratorio
abbia a trasfondersi nella cassa uguale a queLlo avvenuto nel corpo del
ponticello dalla comunicazione delle corde.
Essendo nel violino Io spessore massimo di un piano armonico di regolare
media densità alla linea di gravità della tavola di mm. 4,31, p 7/8, ed avendo il
ponticello la grossezza di mm. 1,5 circa alla sua estremità in alto all’appoggio
delle corde, l’aumento a graduale cadenza dall'estremità in alto verso il basso
nel suo corpo dovrà essere tale che lo spessore nei suoi due piedini a contatto
della tavola sia di 1/4 in più dello spessore della tavola nel punto di appoggio
di detti, e quindi di p 1 1/12., mm. 5,39. E nelle medesime proporzioni lo
spessore nel ponticello della viola e del violoncello. Ciò prova, e come
353
praticamente del resto si è anche constatato, che a tavole armoniche di forte
spessore si debbano ponticelli nel loro corpo e piedini di maggiore grossezza, e
viceversa per le tavole più sottili di spessore ponticelli di minor grossezza.
Dobbiamo quindi regolare ancora l’altezza del ponticello in relazione alla
inclinazione del manico ed adattarne i piedini alla convessità della tavola.
Disponiamolo sulla tavola alla linea di gravità di detta sotto alle corde e
tendiamo queste per stabilire la sua altezza. Nella costruzione del manico
abbiamo assegnato alla sua base un’inclinazione rispetto al piano dell’asta di
83°; ed al rialzo di detta base dal piano sul bordo della tavola armonica in D
uno spessore di p 1, mm. 4,94. Disponiamo ora sul piano dell’asta la tastiera
col suo capotasto. Se la massima elevazione della tavola armonico alPesterno è
di p 3¼, mm. 16 (criterio sec. XVIII) avremo in BC, alla linea di gravità della
tavola un’altezza di p 5¼, mm. 26 circa dalla massima elevazione di detta. Tra
il limite superiore della tastiera e le corde occorre lasciare uno spazio tale da
non dover fare eccessiva pressione colle dita, ne fare strisciare le corde su
detta. È quindi necessario lasciare fra questa e quelle una distanza di 7/8 di p,
mm. 4,2 circa. L’altezza del ponticello sul violino dovrà quindi essere di circa
p 6¼, mm. 30,8. Fig. 122. Trattandosi di tavole armoniche di maggiore o
minore elevazione massima esterna (criterio costruttivo sec. XVI e XVII) è
necessario o correggere l’inclinazione della base del manico o dell’asta oppure
diminuire od aumentare in altezza lo rialzo in D. Circa i piedini del ponticello,
essi debbono seguire la convessità della tavola, e dobbiamo mantenere la
grossezza di essi negli estremi limiti, in almeno 1/8 di p, mm. 2,4 per una
perfetta resistenza e combaciamento su detta.

Fig. 122.

Linea di gravità della tavola armonica

Trattando della gravità della tavola armonica ci siamo sempre riferiti ad una
supposta linea di gravità sul p 40°.
Ecco il momento di discutere di questo importante punto di riferimento
acustico, necessario per stabilire colla precisa posizione del ponticello il punto
della comunicazione del moto vibratorio alla tavola ed insegnamo ora anche il
modo di trovarlo. È questo l’unico importante fattore della cassa che dobbiamo
trovare e precisare empiricamente.

354
Coil’equilibrio (ved. fig. 106) abbiamo trovato nella tavola armonica il suo
centro di gravità (criterio costruttivo sec. XVIII) sul p 39; e per questo, con una
normale all’asse longitudinale ne abbiamo segnato sul labbro esterno del fusto
delle ff con una cuspide il suo diametro. Ved. fig. 112. All’interno della cassa,
col suo diametro nella linea di foco sul p 42 abbiamo segnato la collegata
posizione dell’anima. Alla reciprocità di rapporti che intercorrono fra queste ed
il ponticello ne abbiamo già trattato. Operiamo ora praticamente per trovare
empiricamente la posizione vera di quella che chiamiamo linea di gravità della
tavola armonica (diapason). Spostiamo ora il ponticello dalla supposta linea di
gravità (p 40) disponiamolo sulla normale suddetta (p 39) ed accordiamo lo
strumento. Eccitandolo colTarco al suono ascoltiamo attentamente. Il suono
emesso sarà debole, scialbo, mancante di brio. Spostiamo lievemente verso il
basso (verso l’anima) il ponticello e proviamo; il suono è aumentato di forza,
ha acquistato anche in vivacità ed in dolcezza. Tentiamo ancora con altri lievi
successivi spostamenti al basso e riproviamo. Ad un dato punto il suono
diventa robusto, aperto, ma duro, aspro. Occorre dunque in questo tratto e per
ogni singolo strumento trovare il punto sul quale la posizione del ponticello in
relazione a quella obbligata dell’anima ed al diametro della gravità della tavola
dia per risultante un suono ne duro, ne aspro; ma vivace, robusto,
armonicamente temperato e di giusto timbro o colore di suono. Ripetiamo
Poperazione anche in senso inverso sempre provando e riprovando sino a ché
rintracciato detto punto segnamolo sulla superficie della tavola. Togliamo il
ponticello e le corde, e con una parallela al diametro di gravità passante per
quello e per il fusto delle ff, segnamo la linea di gravità trovata.
Questo il perché delle lievi differenze che si riscontrano nei classici antichi
strumenti nella lunghezza del diapason tra strumento e strumento anche di uno
stesso liutaio. Questa linea di gravità adunque non ha posizione fissa. Essa
dipende dal modo in cui nella tavola abbiamo
disposti a cadenza gli spessori, quindi dal suo
centro di gravità. Non è quindi possibile
stabilirne a priori la sua posizione. Su questa
linea di gravità col loro mezzo in grossezza è
la precisa dispo sizione del ponticello. Fig.
123. Da questa linea all’estremo limite in alto
della tavola vicino al manico avremo le
seguenti distanze: Violino regolare di p 72,
mm. 355,68 se costruiti secondo il criterio dei secc. XVI e XVII: linea di
gravità sul p 39¼ X mm. 4,94 = distanza dall’alto mm. 193,9; linea di gravità
sul p 39 1/2 x mm. 4,94 = 195,1 distanza dall’alto; se costruito secondo il
355
criterio del secolo XVIII: linea di gravità sul p 40 x 0,94 = 197,5 mm. distanza
dall’alto. Nel violino di p 71¼, mm. 351,97: linea di gravità sul p 39½ x mm.
4,94 = mm. 195,1 distanza dall’alto.

Controllo acustico della cassa e rettifica spessori delle tavole

Ora che abbiamo ottenuto nella tavola armonica anche la linea di gravità,
disponiamo a suo posto su di quella il ponticello, e rimesse le corde,
accingiamoci per la prova acustica di controllo, ed all’eventuale rettifica degli
spessori. Massima potenza acustica, tonalità di soprano, sensibilità costante o
fàcile emissione di suono sia nei pianissimi che a graduale aumento e
viceversa. Equilibrio di suono su di una stessa e nelle diverse corde, purezza di
suono, ossia assenza di rumori, rullìi e battimenti, timbro o colore di suono,
sono i principali requisiti a cui deve rispondere uno strumento ad arco dal
punto di vista acustico. I suoi difetti possono essere: voce cupa interna, tonalità
di contralto, disuguaglianza fra le quattro corde e mancanza di brio di vivacità
negli acuti, note ottuse, battimenti, durezza di voce e poca prontezza di
emissione, timbro metallico squillante. Per la massima potenza, colla regolarità
delle curvature interne, colla giusta disposizione tra di loro delle tavole sulle
fasce regolate nella sua altezza e rastremazione in base alle leggi di riflessione
abbiamo definitivamente ottemperato. Così la tonalità, sia colle dimensioni che
colla quantità di materia che nella qualità per la velocità di propagazione. Per il
timbro o colore di suono, colla giusta comunicazione alla cassa del moto
vibratorio delle corde alla gravità della tavola; per l’equilibrio colla dimensione
e disposizione della sbarra, e della relazione tra il ponticello e l’anima. La
sensibilità costante o facile emissione, la purezza del suono sono dovute invece
del modo di vibrare del piano armonico. Esse essenzialmente dipendono
dall’adattamento degli spessori dal massimo centrale a graduale cadenza ai
bordi. Di conseguenza dalla giusta elasticità della tavola.
Questa giusta elasticità del piano armonico favorisce altresì la formazione
del numero degli armonici che accompagnano la nota fondamentale della
corda, per ottenere la qualità piena, rotonda, bella e nutrita necessaria pel
timbro e bel suono. Supponiamo ora lo strumento dal punto di vista acustico
difettoso in modo da doverne praticare la rettifica negli spessori. Le tavole
leggermente robuste ed abbondanti di spessore al controllo coll’arco
risultarono dure di voce; di voce pallida e poco rotonda; poca è la prontezza di
emissione ed il timbro è metallico; cose tutte che facilmente si riscontrano in
moderni strumenti. È quindi necessaria la rettifica degli spessori.
356
Prima zona da rettificare è quella ai lati della tavola nella sua parte centrale
sopra e sotto allo svolgimento circolare delle ff e nel passaggio delle curvature
interne trasversali alle radiali, zone di maggiore resistenza. E ciò nelle due
tavole, armonica e fondo. (Nelle tavole di fondo interessa però in modo
essenziale la sua concavità interna per la riflessione regolare.) Questa
operazione di rettifica si pratica con una sottile lama di acciaio a filo,
leggermente convessa, in gergo ebanistico chiamata raschietto. Con detta lama
asportiamo in sottili truccioli di legno nelle zone suddette (fig. 124) sfumando
verso il mezzo della tavola. Proviamo ora l’effetto coll’arco. Ecco che la
durezza di voce sarà diminuita, sarà accresciuta la prontezza di emissione,
variato il colore e la dolcezza di suono. Per assicurarci del regolare andamento
in tale operazione strofiniamo, con un pannolino intriso di polvere di carbone
di legna, la zona a rettificarsi. L’asportazione col raschietto dei truccioli
lascierà la traccia dell’operato. Continuiamo la rettifica sul solo piano
armonico. Lo spazio laterale dell’occhio inferiore della f al contorno della
tavola in a abbisogna pure di lieve rettifica. Così pure l'aletta b tra detto occhio
e la strozzatura dell’inizio del fusto nello svolgimento circolare inferiore della
f. A questa poi, darò il suo isolamento, la sua vicinanza al bordo ed il distacco
per continuità dalla tavola, è necessario ancora un tocco di assottigliamento
onde favorirne l'elasticità e la sua vibrazione. Ciò perché in quella parte
centrale di tavola gli spessori furono condotti a minore graduale cadenza verso
i lati. Con una sgorbia mezzo piana, partendo dalla massima sporgenza verso il
basso di tale aletta, pratichiamo una larga scandintura (bj in tutta la sua
superficie e larghezza per un tratto di p 6, mm. 29,8 sfumandola poi collo
spigolo esterno del labbro del fusto della f. Fig. 124 a. Dalla prossimità del
bordo regoliamo ora le cadenze sino al massimo spessore nelle due parti,

357
Fig. 124. Fig. 124a.
assicurandoci da irregolarità che trattenendo la tavola ne ostacolerebbero
l’elasticità. Proviamo e riproviamo il suono ad intervalli, sino a che dallo
strumento, colla giusta elasticità di tavola avremo ottenuto il massimo e
perfetto rendimento sonoro. Ottenuto l’intento, non esageriamo in questo
procedimento di rettifica per non cadere con l’eccessivo assottigliamento in
fiacchezza ed a creare battimenti. Dobbiamo però considerare che la tavola
coperta poi da vernice, per quanto questa sia leggera e di elastica composizione
pura avrà effetto di peso nella elasticità di detta. Circa il timbro colla
verniciatura diminuirà il brio, ma conserverà il suo caratterisr'co tipo
consonante, lievemente nasale. Solo con l’adattamento degli spessori
dall’interno verso l’esterno delia tavola è possibile questa rettifica a cassa
ultimate e chiusa. Solo con detta rettifica è possibile ottenere una giusta
elasticità in una materia così poco omogenea, e provandone ad intervalli
l’effetto acustico. ottenerne l’equilibrio, la prontezza e l’espressione nel suono.
A tale rettifica non hanno potuto sottrarsi gli antichi liutai lo Stradivari
compreso, con cartellini così concepiti «Rivisto e corretto da me» ecc.,
riscontrati entro suoi strumenti ne confermava tali rettifiche.
Ecco come gli antichi liutai hanno potuto ottenere dalla material il massimo
rendimento. Perché classici strumenti di antichi maestri non simmetrici nella
cadenza degli spessori, pure acusticamente sono perfetti. Ed ecco ancora
perché la percentuale degli strumenti perfetti usciti dalle botteghe di quegli
antichi costruttori fu la quasi totalità delle loro,opere, mentre oggidì è un caso
se qualche strumento dal punto di vista acustico riesce perfetto. L’uguaglianza
358
del suono fra le quattro corde o l’equilibrio e anche prodotta dalla più o meno
tensione della sbarra o catena. Se questa ha normale forza repulsiva l’equilibrio
fra questa è assicurato. Se troppo in tensione avremo suoni squillanti nei gravi,
mancanti di brio negli acuti. Se mancante di tensione nessun effetto
risentirebbe la tavola della connessione di detta e nessun equilibrio ci sarà fra
le corde. Per correggere in questi ultimi casi la sbarra, sarà allora necessario
riaprire la cassa.

Finitura delle tavole al contorno e filettatura

Rettificati negli spessori le tavole, ultimiamo in dette


il bordo al contorno ed intarsiamo in detto il filetto.
Nella tavola di fondo abbiamo lasciato da ultimare il
tacco o covino sul tallone o base del manico, quello che deve darle saldo
appoggio colla tavola. Con un coltello prima e coni fine lima a legno poi
daremo a questo la regolare sua linea lievemente superiore alla semicircolare
seguendo ed accompagnando nella juja grossezza il tallone alla base del
manico.
La sua larghezza deve essere di p 4 1/4, mm. 20,99 di diametro, e nella sua
altezza dalla linea di contorno della tavola deve sorpassare il semicerchio di p
1/2, mm. 2,47. Il suo spessore sarà eguale a quello della tavola sui bordo, dovrà
essere piano e non avere cadenza, obliquità verso l’alto. Il suo spigolo dovrà
essere smussato seguendo il contorno del bordo, e formare colla base del
tallone corpo solo con esso. Fig. 125. Connesse le due tavole colle fasce,
dobbiamo regolarne le stesse onde ottenere la simmetria nel contorno.
Assicuriamoci che nel operare la connessione che queste mantengano regolare
la distanza tra loro ed il bordo.
Iniziamo ora il bordo. Sulla parte esterna delle tavole abbiamo lasciato da
ultimare il bordo perché nella chiusura della cassa nulla di più facile che
l’intaccarlo colle morsette; ed anche perché esso rimanga robusto se
eventualmente la cassa avesse bisogno di venire ancora aperta. Esso fu lasciato
abbozzato quando abbiamo adatti, gli spessori alle tavole. Portiamolo ora in
tutta l’estensione del contorno nello spessore di 7/8 di p, mm. 4,32. Tolte dallo
strumento le corde, togliamo dall’asta del manico anche la tastiera, e segnamo
sul limite esterno della tavola la larghezza che ci proponiamo dare al bordo.
Questa larghezza dovrà essere anche la distanza che terremo dal margine
esterno della (avola per l’intarsio del filetto. 3/4 di p, mm. 3,70 è una giusta
larghezza del bordo. Segnamola su tutto il contorno delle tavole. Disponiamo

359
ora la cassa sullo strettoio, quell’arnese dimostrato alla fig. 54, nel quale la
rinserreremo.
A questo punto è necessario lasciare il bordo che ultimeremo poi, ed
intarsiare nelle tavole il filetto. Nella tavola il filetto non ha solo carattere
decorativo. Intarsiato in detta sul punto in cui questa ha contatto ed è connessa
colla fascia, le serve quale collegamento rinserrandola a mo’ di cerchiatura e la
garantisce da eventuali fonditure. Esso è formato da 3 sottili truccioli di legno
tiglia, uno bianco centrale e due tinti in bmno od in nero laterali uniti. Pel
bianco il legno è lasciato naturale, pei neri o bruni vengono bolliti in una
soluzione di campeccio ed allume. Detti truccioli si ottengono dando, in gergo
ebanistico, ferro alla pialla lunga, in modo che, da una lista di legno tiglio in
dimensioni' adatte preparata, piallando se ne formano truccioli lunghi, larghi e
dello spessore desiderati. Per tali filetti viene usato il tiglio perché bianco e
facile a piegarsi ed omogeneo. I truccioli cosi ottenuti e coloriti, si uniscono
con una debole colla sovrapponendoli e serrandoli fra due robuste e ben
piallate assicelle, in modo da ottenere buona combaciatura. Asciutte, le strisce
vengono con un affilato coltello divise lateralmente in altre striscioline nelle
dimensioni della profondità della scanellatura fatta nella tavola nella quale
verranno intarsiate.
Gli antichi liutai usarono filetti larghi incrostati sulla tavola. Alcuni
filettarono soltanto le tavole armoniche. Altri filettarono con ossa di balena;
altri ancora usarono filetti in ebano ottenendo le sottili lamine con trafile. Un
filetto di regolare grandezza è da preferirsi ad uno sottile avendo quello anche
una maggiore robustezza dato lo scopo ed anche per un maggior effetto
estetico. Per le tavole del violino la larghezza regolare del filetto deve essere di
1/4 di p, mm. 1,24 circa. Oggidì i filetti si trovano come altri accessori in
commercio già pronti. Pochi sono i liutai che se li
confezionano. Dalla linea segnata sul contorno, a
distanza nella larghezza del filetto ( 1/4 di p, mm.
1,24) segnamone una seconda verso il mezzo,
facendola seguire precisa nella cuspide delPangolo'.
Con un coltello acuminato e sottile incidiamo il legno
seguendo precise queste linee sino ad una profondità
di 1/2 p, mm. 2,5 circa. Con uno scalpello della
larghezza del filetto chiamato bidanino asportiamo il
legno dal coltello reciso ottenendo così il vano o
scavo per l’intarsio. Occorre prestare ben attenzione a segnare, tagliare e
scavare la cuspide negli angoli onde lasciarne precise le punte. Essa deve
cessare alla medesima distanza del bordo mantenendosi in metà dell’angolo ed
360
essere ben appuntita. Se nella tavola di fondo in acero è facile ottenere precisa
la scanellatura così non è nel piano armonico data la qualità fibrosa del legno
abete. Pronto lo scavo iniziamo l’intarsiatura. Si inizia l’intarsio dagli angoli
nelle controcurve centrali. Ai filetti
già tagliati in lunghezza avremo
anche preparato il taglio diagonale
per la cuspide in modo da
connetterla ben appuntita. Già li
avremo piegati con le necessarie
curvatura. Disponiamoli nell’angolo
in modo che la parte nera esterna del
filetto formi la cuspide, la bianca la
punta interna e l’altra nera si unisca
formando perfetta connettitura.
Collochiamo poi nello scavo il
rimanente del filetto cercando
disporlo tutto in un sol pezzo.
Qualora si dovesse ricorrere a
giunte, mai si facciano di punta o
testa ma di traverso rimanendo in
tale disposizione la giuntura meno
visibile. Ben inteso che lo scavo
deve prima essere riempito di buona
e liquida colla. Introdotto il filetto
nello scavo, precisata la sua cuspide nell’angolo, con la prima falange del dico
indice guidandolo e premendolo si fa conficcare sino a che sia. completamente
internato. Puliamo l’esuberanza di colla, e con una spugnettina umida
lievemente laviamo e lasciamo asciugare. Disposto il filetto non ci rimane che
uguagliarlo cosa che faremo con una sgorbia mezzopiana.
Ritorniamo ora al bordo che abbiamo lasciato e già portato a tutto eguale
spessore in mm. 4,32. Dallo spigolo sul contorno della tavola a 3/4 di p, mm.
5,70 abbiamo tracciato la linea sulla quale abbiamo intarsiato il filetto. Essa
deve anche segnare la larghezza o grossezza del bordo. Con una sgorbia
mezzatonda lasciando visibile la traccia di detta linea, pratichiamo sulla tavola
la scancllatura b di profondità i/4 di p, mm. 1,5 circa, seguendo la linea
internamente. Per tale operazione è necessario tenere la sgorbia inclinata in
modo che il taglio lasci lo spigolo vivo in a, e non entrare nell’angolo che a
parte a suo tempo ultimeremo. Con una sgorbia mezzopiana, operando dal
basso verso il mezzo della tavola togliamo la cuspide in e lasciata dalla sgorbia
361
sfumando lievemente colla curvatura della tavola in d in modo da non lasciare
traccia. Fig. 127.
Occorre fare attenzione in questo procedimento, sia nel lasciare lo spigolo
vivo in a che nel raccordo in d per ottenere buon effetto estetico. Varie sono le
sagome che al bordo possiamo assegnare. Tondo, a becco civetta furono i due
tipi usati dagli antichi liutai. Tali tipi esteticamente finiscono la tavola
mantenendola robusta e caratterizzandola, mentre il bordo piano, usato nella
decadenza, non ha buon effetto estetico. Dal contorno esterno abbiamo un
piano di 3/4 di p, mm. 3,70 dal cui spigolo interno in a si inizia la sgusciatura b
e da questa l’aumento graduale verso il mezzo della tavola. Nella parte esterna
inferiore del contorno alle tavole già abbiamo arrotondato lo spigolo prima di
connetterle alla fascia.
Ora, sul lato esterno superiore, con una fine lima tagliamo diagonalmente lo
spigolo in misura eguale che nella parte inferiore e smussandone lo portiamo
regolarmente tondo. Smussiamo lievemente lo spigolo in a ed ecco un regolare
bordo tondo. Volendolo a becco civetta, anziché tagliare lo spigolo esterno
superiore eguale a quello inferiore, rientriamo maggiormente colla diagonale
verso a in modo di tagliarlo più in largo e colla obliqua più vicina ad a. Fig.
128 in b". Volendolo piano, condurre la sgusciatura dallo spigolo in a meno
protondo in modo da ottenere in a poco spigolo e smussando lievemente lo
spigolo nella parte esterna. Stessa fig. in b'''. Regoliamo ora il bordo negli
angoli alle )(. Questi li abbiamo tenuto un po’ salient verso la cuspide, sia

Fig. 128. Fig. 129.

perché essi rimangano più robusti, sia perché smussati ed arrotondati alle parti
sembreranno rimpiccioliti e tendenti al basso. Nell’arrotondamento degli
spigoli di detti occorre fare attenzione di non abbassarli mantenendoli meno
smussati e sfumandone la scanellatura in b a zero verso la loro cuspide. Colla
scanellatura in b, fig. 127, abbiamo anche regolato il filetto. Precisiamone ora
362
la cuspide negli angoli. Adattiamo ora alla tavola armonica quel pezzetto di
legno ebano chiamato staffa o portacorde. Asportiamone completamente il
bordo ed il filetto in quel punto per una larghezza a destra ed a sinistra
dall’asse di p 2½, mm. 12,35, in complesso p 5, mm. 14,70 sino a trovare lo
zocchetto in abete della fascia sulla parte di fondo. In antico questa staffa
veniva incastrata oltre che nella tavola anche nello spessore di fascia nel senso
della sua altezza; così incastrato rimaneva molto più robusto. La staffa dovrà
sorpassare di 3/4 di p, mm. 3,70 in altezza lo spessore del bordo e seguire nel
contorno la linea esterna della tavola. Nella parte sovrastante la tavola essa
dovrà essere di figura prismatica triangolare tronca ai lati e raccordante ai
bordi. Fig. 129. Connessa al posto del bordo la staffa serve per appoggiare la
cordicella fermata a cappio che trattiene la cordiera al bottone o poretto alla
quale sono fermate le corde. Data la tensione delle corde e la qualità del legno,
in mancanza di detta si produrrebbe per la pressione della cordicella un solco
sul bordo della tavola.
Ancora un’ultimo importante particolare dobbiamo segnare nella tavola. Poi
la cassa sia all’interno che all'esterno è ultimata. Prima del controllo acustico
della cassa, fatto per la rettifica degli spessori delle tavole, abbiamo cercato e
trovato nella tavola armonica il suo centro di gravità. Da questo ne abbiamo
stabilita e segnata l’importante linea di gravità (diapason) sul p 40. Questo
importante punto di riferimento acustico necessario per l’esatta messa a punto e
registrazione acustica dello strumento; sia colla rettifica degli spessori, che
colPintarsio nella tavola del filetto, della finitura del bordo e suo raccordo colla
tavola, non avrebbe dovuto subire nella gravità spostamento alcuno. In ogni
modo prima di segnarlo sulla tavola dobbiamo assicurarcene. Rimettiamo
quindi sull’aste del manico la tastiera; il bottone e la cordiera nella parte di
fondo; l’anima (se eventualmente fosse caduta) e le corde.
Disponiamo sulla normale che stabilisce la linea di gravità a suo tempo
segnata il ponticello; accordiamo lo strumento e proviamo. Riproviamo
tentando lievi spostamenti del ponticello sino ad ottenere con l’esatta messa a
punto di questo in rapporto alla sonorità il massimo rendimento sonoro ed il
colore di suono (timbro). Solo in questo momento segneremo definitivamente
detta linea sul labbro interno del fusto delle ff con deciso ed appuntito taglio.
Nel medesimo tempo con un altro appuntito taglio segneremo sul labbro
esterno del fusto di dette ff l’altra cuspide, quella corrispondente alla normale
in O, trovata coll’equilibrio della tavola sul p 39 e che stabilisce in detta tavola
armonica il suo centro o diametro di gravità. Lo strumento dal punto di vista
acustico è ultimato. A suo tempo tratteremo del procedimento a cui dovrà

363
essere sottoposto per la preparazione
preventiva della sua cassa per la
verniciatura.

Costruzione del manico

Quando per il controllo acustico della


cassa abbiamo dovuto connettere a detta
il manico, abbiamo supposto averlo già
costruito nelle necessarie dimensioni.
Trattiamo adunque ora la costruzione. Il
manico sarà del medesimo legno acero
usato per la tavola di fondo. È
consigliabile per l’effetto estetico sia
venato accompagnando decorativamente.
le fasce ed il fondo.
Da un parallelepipedo di p 50¼, mm.
248,23 in lunghezza, e di p 11¼, mm.
55,57 di larghezza e di p 9¼, mm. 45,69
di spessore ricaveremo il completo
manico dalla voluta al tallone.
Portiamolo ad angolo retto ai quattro lati
piallandolo nelle quattro facce. Questo
manico consta di 3 distinte parti: asta,
cavigliere e voluta o chiocciola. Fig. 130.
L'asta ne è la parte principale. Coperta
nella sua parte superiore dalla tastiera e
connessa alla cassa, permette
l'impugnatura dello strumento ed il tasteggiamento nelle varie posizioni per la
formazione delle note. In alto dell’asta sta il ciglietto o capotasto. Alla sua base
il tallone per il collocamento colla cassa. Dalla parte superiore dell'asta nasce il
cavigliere, specie di scatola con due ganasce nelle quali sono praticati i buchi
per le caviglie o chiavi di tensione per le corde. L'attacco superiore del manico
col cavigliere è chiamato collo del manico. Dal cavigliere nasce la testa che
con tenua curva svolge una elegante voluta in doppio giro spirale e con bottone
centrale rialzato.
L'asta deve essere piana superiormente dove dovrà disporsi la tastiera e
semicilindrica posteriormente nell’impugnatura del palmo nella mano. Il vano
di essa tra il collo ed il tallone dovrà essere tale che la mano possa scorrere in
364
tutta la lunghezza in tutte le posizioni, permettendo la collegazione fra la prima
e la terza posizione.
L'importante punto di riferimento acustico sull'asta del manico è la
lunghezza nella tratta delle corde dal suo limite in alto al punto di appoggio sul
ponticello alla linea di gravità della tavola armonica.
Quindi il limite inferiore del ciglietto o capotasto. La lunghezza della tratta
della corda deve essere in relazione alla lunghezza della tavola armonica.
Essendo nel violino la lunghezza della corda di p 66½, mm. 328,51, e la
distanza tra la linea di gravità della V di p 40, mm. 197,6 al bordo superiore
della tavola, il limite inferiore del capotaste» dovremo segnarlo, se calcolato
nella lunghezza del bordo della tavola, a p 26½, mm. 130,91; se dalla parte in
alto della fascia a p 27¼, mm. 134,61 dalla stessa come da fig. 131.

Fig. 131.
Per l’innesto del manico alla cassa abbiamo lasciato l’incastro di p 1½, mm.
7,4 di profondità. Quindi la linea di capotasto dovremo segnarla sul
parallelepipedo a p 28¼, mm. 142,01 dall’estremo in basso di detto. Sulle due
fasce di misura p 50¼, mm. 248 23 per p 9¼, mm. 45,69 segnamo il loro asse
AB. Su di una di esse a p 28 1/4, mm. 142,01 da B con una retta segnamo C.
Questa sarà la linea inferiore del capotasto. Su questa segnamo sia destra che a
sinistra CC' dall’asse p 2¼, mm. 11,11 in complesso p 4½, mm. 23,34 e
sul limite inferiore in B dall’asse p 3⅜, mm. 16,65 in complesso p 6¾, mm.
33,34 in BB'. Uniamo ora CC' con BB'. Questa sarà la parte superiore piana
nell’asta del manico, compreso la misura di p 1 1/2, mm. 7,4 da innestare nello
zoccoletto della cassa. La lunghezza tra la parte esterna della fascia ed il
capotasto sarà quindi di p 27¼, mm. 134,61. Il tratto tra C ed A di p 21½, mm.
106,32 sarà nel parallelepipedo quello nel quale svilupperemo il cavigliere e la
voluta. Fig. 132. La chiocciola o voluta è la finitura e l’ornamento del manico,
ed ha solo effetto estetico. Il suo svolgimento non è la regolare figura della
voluta di Vitruvio ma lo svolgimento della spirale di Archimede. La voluta del
manico del violino ha doppio giro spirale. Il suo bottone centrale od occhio è il
piccolo cerchio al mezzo di essa. Lo spazio tra le spire è chiamato spazio
spirale, e questo si inizia dal piano delle ganasce del cavigliere. La massima
larghezza diametrale della voluta è di p 10, mm. 49,4. Lo spessore massimo tra
i bottoni centrali di p 8½, mm. 41,99. Alla parte prima, nei preliminari della
costruzione abbiamo dimostrato come si costruiscono geometricamente la

365
voluta di Vitruvio e la spirale di Archimede. Daremo qui praticamente un
sistema semplice per costruire la spirale atta ai manico del nostro strumento.
Costruiamo al quadrato abcd. Prolunghiamone normali uno all'altro i quattro
lati. Con centro in a, e raggio ab descriviamo da b l’arco fino ad A. Contro b,
descriviamo l’arco A ad AB. Centro e descriviamo l’arco BC. Centro d, l’arco
CD, e cosi di seguito. Dal mezzo del quadrato in A, descriviamo il bottone od
occhio della spirale. Colla figura 133 mostriamo la costruzione della spirale di
Archimede, il cui allargamento sensibile e continuo nello spazio spirale della
bisettrice XIVᵐᵃ in K, verso la schiena della chiocciola è necessario per il
raccordo della voluta con l’inizio delle ganasce del cavigliere.
La voluta degli antichi strumenti italiani è caratterizzata da un giusto
atteggiamento e da regolarità nella spirale. Un aggiramento stretto della spirale
con atteggiamento verso l’alto caratterizza la scuola francese. La tendenza
all'abbassamento e la spirale riunita al mezzo è la caratteristica delle scuole
tirolesi e tedesche.
Gli antichi liutai caratterizzarono la voluta in modo che dallo svolgersi della
spirale, dalla franchezza e grazia si può conoscere la scuola ed il costruttore.
Questa voluta veniva empiricamente disegnata, e tracciata a mezzo di un
ordigno composto di un fuscellino cilindrico di legno del diametro del bottone
centrale di essa. Sul fuscellino era attorcigliato ad elica un sottile filo della
lunghezza eguale alla circonferenza del circolo nel quale essa deve essere
descritta, facendo capo da una parte col fuscellino stesso ed all’altra ad una
penna. Girando lentamente il fuscellino e svolgendosi il filo, la penna segnava

Fig. 132. Fig. 133.

366
Fig. 134.

il tracciamento della spirale. Fig. 135 (da antico documento stradivariano di


collezione privata). Lo spazio spirale della voluta è lievemente concavo
dall'inizio sulla ganascia. La sua concavità sensibilmente aumenta mentre
questa si restringe nelle spire verso il centro al bottone.
Del cavigliere fanno parte le ganasce nelle quali in appositi buchi scorrono
le chiavi. Le ganasce nascono dal collo del manico e verso l'alto si raccordano
collo spazio spirale della voluta. Debbono avere adeguato spessore per una
regolare robustezza. La scatola o lo spazio fra di loro deve avere una larghezza
tale da poter introdurvi le prime falangi delle dita, per Padattamento delle corde
sui cavicchi; ed una profondità tale che gli stessi non abbiano a toccare la
parete di fondo della scatola. Fig. 136.

Fig. 135. Fig. 136.


367
Questo fondo della scatola è la parte posteriore delle ganasce o schiena della
cavigliere. Su questa esteriormente sono praticate due scanellature abbinate con
pronunciata cuspide centrale che si estendono verso la voluta diminuendo
gradatamente in larghezza sino formare lo spessore spirale di questa. I fori per
le chiavi sono situati nella ganascia in modo che la corda non abbia a
strofinarsi contro i cavicchi nello stenderla. La larghezza della ganascia in CD
sarà di p 5¼, mm. 25,93; in EE' di p 3¾, mm. 18,52. La parte al basso della
schiena ha figura semicircolare con raggio di p 2¾, mm. 13,58 da OO'
raccordandosi poi alla linea delle ganasce. La sua larghezza in 0"0"' sarà quindi
di p 5¼, mm. 27,17 di diametro. Questa sua misura diminuirà sino ad un
minimo in G'G" a p 2½, mm. 12,35 aumentando poi sino ad un massimo di p 6,
mm. 29,64 nella rientranza della spirale. Fig. 137.
Le due scanellature in detta conferiscono allo spessore spirale leggerezza e
grazia. La leggera cuspide centrale dovrà seguire tutto lo svolgimento dello
spessore spirale. Il vano interno fra le ganasce sino alla parte di fondo avrà in
profondità p 4, mm. 19,76 in qq', ed in ss' p 3, mm. 13,81. La parte di testa
verso il capotasto dovrà essere obliqua. La parte in alto verso la voluta sarà
alquanto concava. Lo spessore delle ganasce in DD' sarà di p 1 1/8, mm. 5,55
ed in ETL" di p 1, mm. 4,94. Quello della schiena in UU' di p 1, mm. 4,94. Fig.
IV della fig. 138 a. Il vano interno suddetto fra le ganasce in MM' sarà di p 2½,
mm. 11,1; in LL' di p 3½, mm. 17,3. La larghezza esterna tra di loro delle due
ganasce in CC" sarà come nell’asta p 5½, mm. 27,17; in E"E"' di p 4¼, mm.
20,99 come da figg. III e V della Fig. 138 a. I fori nelle
ganasce debbono essere situati col loro centro sulla KK'.
Questa dovrà risultare parallela allo spigolo della schiena
della chiocciola, e sulla metà in larghezza della parte di
fondo in VV'. Ciò perché, data la diversità nella larghezza
dal basso all’alto delle ganasce i due ultimi fori risultano
spostati lievemente verso lo spigolo anteriore delle
ganasce. Da tale posizione le corde ad essi attaccate,
svolgendosi sul gambo del cavicchio non strisceranno
nelle altre. Fig. IV della tavola X. Le chiavi hanno il
gambo o cavicchio lievemente conico. Queste sono
disposte nella ganascia due per parte. Avremo quindi nella
ganascia destra dal basso in alto il secondo e quarto buco
di p l¾ di diametro, ed in corrispondenza su quella di
sinistra di p 1¼, mm. 6,1. A sinistra il primo ed il terzo di
p 1¾ ed in corrispondenza a destra di p 1¼, mm. 6,1. Sulla
368
linea KK' i centri di detti fori devono distare anche tra di loro ad intervalli.
Dalla linea del capotasto CD il centro del primo foro sarà a p 3. mm. 13,82; il
secondo a p 3½, mm. 16,29 dal primo; il terzo a p 5, mm. 24,70 dal secondo ed
il quarto a p 3, mm. 13,82 dal terzo. E ciò in modo che la WW' normale allo
spigolo dell’asta del manico AB, e tangente al giro spirale della voluta in Z, sia
anche tangente al circolo dell'ultimo foro in alto in Z', come da fig. IV della
Fig. 138a.
Ecco ora lo spessore dello svolgimento frontale della spirale sull’asse AB,
nei vari punti della voluta. Il suo complessivo spessore tra i bottoni od occhi
centrali in HH' è di p 8½, mm. 41,99. Il minimo suo spessore nello spessore
spirale in G'G" è di p 2½, mm. 12,35 a graduale aumento con lo spessore in
NN' di p 4½, mm. 22,23; di p 5, mm. 24,70 in PP'; di p 7, mm. 34,58 in RR',
sino a p 8½, mm, 41,99 all'incontro con i bottoni centrali. Ved. fig. Ili della fig.
138 a. Lo spessore spirale airinterno fra le spire deve essere perpendicolare ai
giri spirali. Lo zoccolo o base del manico al punto d'incastro nella cassa deve
avere forma trapezioidale. La sua base superiore al piano dell’asta sarà di p 6½,
mm. 32,1; quella inferiore sulla tavola di fondo sarà di p 4½, mm. 22,2. La sua
altezza in CC' di p 8, mm. 39,52. B sarà il vertice di un angolo di 83° per
l’inclinazione occorrente alla tastiera. Fig. VI della fig. 138a.
Questa tavola nelle sue VI figure mostrerà chiaramente tutte le suddette
proporzioni. Seguendo la figura I della suddetta tavola prepariamo il modello
pel manico, modello ritagliato nella sua linea segneremo sulle due facce laterali
dei parallelepipedo in acero già preparato nelle dimensioni necessario pel
manico. Su di un cartoncino o sopra una sottile lamiera di zingo della precisa
lunghezza di p 50¼, mm. 248,23 per p 11¼, mm. 55,57 dimensioni della parte
laterale della figura del manico segnamo: Sul suo spigolo in AB, la posizione
del capotasto da B p 28¼, mm. 142,01 in C. Tiriamo la normale CX. CX sarà
la larghezza che daremo in quel punto al collo del manico in p, 6, mm. 29,64.
Da B, al basso, segnamo p 8, mm. 39,52 ed avremo in B' l’altezza del tallone
alla sua base. Con vertice in B, segnamo col goniometro un angolo di 83° in B'.
Tiriamo una retta da B a B' e sarà questa obliqua la sua inclinazione, da B"
segnamo p 5, mm. 25,9 ed avremo in B"' l’altezza occorrente del tacco. Ad un
terzo circa tra B e C segnamo dallo spigolo AB p 3, mm. 14,82 in D' Tiriamo
per questo una parallela a detto spigolo e sarà questo lo spessore che daremo
all’asta.

369
Fig. 138a.
370
Proporzioni del monico fra i quattro strumenti in once – punti (1p = 4,94 mm),
millimetro e decimi in riferimento a Fig. 138a.
Misure in once - in punti - in millimetre e 1/10
Violin Viola Violoncello Controbasso
Denominazione delle parti Lettere mm.355,68 mm. 414,96 mm.755,82 mm. 1170,70
corrisp-ti punti mm punti mm once punti mm once punti mm
Lurghezza della tratta della corda tra
capotasto e ponticallo - 66 ½ 328,5 75 372 11 6¾ 685 18 2 5/8 1080
Dalla linea di gravità al bordo superior
della tavola armonica (diapason) - 40 197,6 46 ½ 230 7 1 419 10 2½ 605
Posizione del Capotasto:
(Se dal bordo della tavola - 26 ½ 131,9 28 ¾ 142 4 8 276 8 - 475
(Se dalla parete della fascia C' C''' 27 193,9 29 ¾ 147,1 4 9¾ 285 8 2 484
(Se dal fondo del manico CB 28 ¼ 139,5 32 158 5 1⅜ 298,8 8 8 5/6
Misura complessiva della chiocciola
dal capotasto CA 21 ¾ 107,4 25 ½ 127,3 9 19,2 200 5 5½ 323
Misura della chiocciola dalle alette
(nella viola violoncello e controbasso) A A' - - 23 ¾ 117 3 5¾ 203 6 8 335
Lunghezza totale manico compreso
l’innesto alla cassa AB 50 247,0 57 283 8 5¾ 498,7 13 6 800
Larghezza superiore dell’asta:
( in alto al capotasto C' C'' 4½ 23,3 5¼ 26 - 6 29 - 10 49,5
(al basso nel tallone B' B'' 6¾ 33,3 7¼ 36 - 9½ 46 - 15 74
Spessore dell’asta del manico D' 3 14,8 3⅛ 15 - 5½ 27 - 7¼ 35,8
Spessore del tallone dal piano della
fascia B''B''' 3¾ 18,5 3¼ 16 - 4⅜ 20 - 8 39
Spesore del tallone dal limite estarno
del manico B' B''' 5 24,7 5¼ 26 - 8⅛ 40 - 11 ⅛ 55
Angolo d’inclinazione del manico B B' Gradi 83 Gradi 83 Gradi 83 - Gradi 83
Lunghezza del vano posteriore all’asta D B''' 22 ¾ 112,1 25 123 3 10 ¾ 235 - - -
Altezza del manico al tallone B B' 9¾ 46,1 8¾ 43 2 8½ 160 3 ½ 180
Larghezza ganascia al rialzo centrale
dal collo (1)X C - - 7¼ 36 - 11 ¼ 55 - 32 103
Larghezza aletta ganasce CD 6 29,6 6¾ 39 - 9¾ 48 - 20 ⅛ 100
Larghezza minima aletta ganasce allo
spazio spirale E E' 3¾ 18,5 4 19,7 - 6¾ 33 - 11 54
Larghezza massima della voluta F F' 10 49,4 11 ¾ 58 - 18 ¾ 92 2 8½ 160
Altezza massima della spirale G G' 8 39,5 9¾ 48 - 14 ¼ 70 2 1 125
Diametro occhio voluta H 2 9,88 2 9,8 - 3 14 - 5½ 27
Posizione del centro della voluta (da F' H 4 19,76 4¼ 21 - 2⅞ 31 - 10 ½ 52
(da GH 4¾ 29.46 5¼ 26 - 8½ 42 - 15 ½ 76
Spessore o grossezza esterna (al basso P' P'' 1⅛ 5,55 1¼ 6 - 1⅞ 9 - 3¼ 6
alette delle ganasce (all’alto E' E'' 1 4,94 1 4,9 - 1½ 7 - 2½ 23
Larghezza vano interno fra (al basso L L' 3½ 17,3 3½ 17 - 6 29 - 8 40
le alette (all’alto M M' 2¼ 11,1 3⅛ 15 - 5 24 - 5¾ 28
Larghezza esterna ganasce (al basso C' C'' 5½ 27,7 7⅛ 35 - 9½ 47 - 14 ¾ 72,5
(all’alto E E''' 4¼ 20,9 5⅞ 29 - 5¾ 30 - 11 54
Larghezza schiena della (al basso O' O''' 5½ 27,7 7⅛ 35 - 9½ 47 - 16 79
chiocciola (all’alto G' G'' 2½ 12,3 2⅛ 10,5 - 3½ 17 - 6¼ 30,8
Raggio semicircolare di fondo O O' 2¾ 13,5 3⅛ 15 - 3 14 - 4 19,7
Profondità scavo interno (al basso q q' 4 19,7 4¼ 21 - 6⅞ 34 - 14 ¼ 70
nella ganascia tra le alette (all’alto S S' 3 13,8 3¼ 16 - 4 20 - 8¼ 40,7

371
Spessore di fondo della schiena della
ganascia U U' 1 4,94 1¼ 6 - 1¼ 7 - 4⅛ 18
Distanza tra i (dal capotasto al I° 1 3 13,8 4 19,7 - 5 24 - - mec-
centri dei fori (dal I al II 2 3½ 16,3 3½ 17 - 6 29 - - ca-
delle chiavi (dal II al III 3 5 24,7 5½ 27 - 9¼ 45 - - ni-
nelle ganasce (dal III al IV 4 3 13,8 3½ 17 - 6 29 - - che
Spesore massimo complessivo tra i
due occi della voluta H H' 8½ 41,99 9⅛ 45 - 15 ¼ 75 2 ½ 121
Minimo spessore della spirale all’alto G'' G''' 2½ 12,3 2⅛ 10,5 - 3½ 47 - 6¼ 308
Medio spessore della spirale al basso N N' 4½ 22,2 5¾ 28 - 8¾ 43 - 14 ¼ 72
Medio spessore della spirale all’alto P P' 7 34,58 4¾ 23 - 9 1/12 46 - 14 ¾ 74
Medio spessore della spirale al basso R R' 7 34,58 7½ 37 - 12 53 - 20 ½ 101
Base del manico (larghezza all’alto a a' 7 34,58 7½ 37 - 9½ 47 - 14 ¼ 72
al limite dell’in- (larghezza al basso b b' 4½ 22,2 4⅞ 24 - 7⅛ 35 - 9 42
nesto alla cassa (altezza c c' 9¾ 46,1 8¾ 43 2 8½ 160 3 2½ 190
Avanzamento del manico dal piano
armonico 1¼ 6,1 1½ 7,5 - 4 20 - 4 20
Spessore blocco di (lunghezza 50 ½ 24,7 57 283 8 5¾ 502 13 6 800
legno per (fianco 11 ¼ 55,5 13 ¼ 65 2 8½ 160 3 4½ 200
costruier il manico (larghezza 9¼ 45,7 10 ⅛ 50 1 5 83 2 1 123
Lunghezza tastiera da capotasto 54 ¾ 270 62 ¾ 310 9 11 ¾ 600 15 ¼ 890
Massima cuspide nella curva in X per la Viola, Violoncello e controbasso.

Lo spazio o vano posteriore dell’asta fra X e B'" deve essere di p 22¾, mm.
112,1 onde permettere il libero scorrere della mano nelle varie posizioni. Da X
sul limite posteriore dell’asta, e dallo spessore in B"' della base di detta, con
una sensibile curvatura raccordiamo il vano posteriore verso l’alto formando il
collo e verso il basso formando il tallone del manico. Dalla CX nascono le
ganasce. Su questa linea abbiamo dato loro la larghezza di p 6, mm. 29,64.
Prima però di svolgere la più o meno involuta linea che ne caratterizza la
chiocciola o cavigliere, è necessario eseguire lo svolgersi della spirale della
voluta per poter con detta spirale seguirne da F il raccordo. Per lo sviluppo
delle spirali di detta segnamo il centro del bottone o occhio che dovrà trovarsi
alla intersecazione della diametrali FF'-GG' in H. Queste saranno distanti la F
dallo spigolo AB p 4, mm. 19,76; e la C'G del limite superiore del cartoncino p
4¾, mm. 23,46. Il suo bottone centrale sarà di p 2, mm. 9,88 di diametro.
Sviluppiamo da detto bottone, sia la voluta di Vitruvio che quella di Archimede
col sistema dimostrato, e raccordiamo il suo giro spirale colla linea della parte
posteriore della chiocciola in F. La parte in alto della ganascia nella sua linea
evoluta, in EE' è di p 3 3/4 soli, mm. 18,56 di larghezza. Questa parte più
ristretta della ganascia permette un elegante raccordo e fusione di essa collo
spazio spirale del secondo giro spirale della voluta. Segnamo ora nella ganascia
nelle misure già citate i centri dei 4 buchi delle chiavi, e nella voluta, seguendo
la linea del primo giro spirale da R, con una acuminata punta perforiamo il
372
cartoncino sino all’occhio compreso;, ed il modello così ottenuto, ritagliato
nella linea ci servirà per il tracciamento del manico. Fig. 138 b. Sulle due facce
laterali del parallelepipedo, di p 50, mm. 248,23 x p 11¼, mm. 56,57 con una
normale allo spigolo portiamo la linea del capotasto in C. Dallo spigolo
disponiamo prima su di una, poi sull’altra delle facce il modello ritagliato col
limite del capotasto sulla normale suddetta. Seguendo il modello segnamo
esattamente la linea, e con una punta acuminata seguendo la perforazione nello
svolgimento della spirale punteggiamone segnando la linea di questa. Con una
sega liberiamo la figura precisandone nelle due facce il contorno. Fig. 139. Col
graffino segnamo nello spessore del manico Tasse di simmetria AB. Da questo
asse segnamo la larghezza esterna delle ganasce; e con un modello preparato
seguendo nella linea e dimensioni la figura 137, dal collo del manico segnamo
la schiena del cavigliere e lo spessore spirale della voluta sino all’incontro
dello spazio spirale. Al fondo dell’asta segnamo la figura trapezioidale della
base del manico. Serriamo in una morsa il manico, e con una sega pratichiamo
i due tagli laterali da B' e B" a C'e C", prolungandoli sino alla diagonale QQ'
nella ganascia; e con taglio sulla diagonale stessa liberiamo l’asta e la ganascia
dal legno superfluo. Con sgorbie mezzotonde e tonde di curvatura varia
iniziamo l’intaglio della voluta tagliando prima colla sgorbia i giri della spirale
con taglio di punta, sino al suo occhio seguendo la punteggiatura. Con una
sgorbia mezzopiano portiamo a regolare cadenza la spirale mantenendone lo
spazio spirale piano sino a che ne sia stata da ambo le parti precisata la linea
ascendente della ganascia sino all’occhio centrale della voluta. Precisiamo
nella linea la schiena del cavigliere tra le ganasce dal semicerchio al fondo sino
al limite di minor larghezza dello spessore spirale in alto nella voluta.
A questo punto è necessario praticare i fori nella ganascia per le chiavi, cosa
che faremo servendoci di un trivello prima, e con un ferro conico con filo a
taglio poi sino ad ottenere il diametro necessario. Pratichiamo ora lo scavo
della scatola partendo dalla posizione del capotasto sino all’inizio dello spazio
spirale della voluta mantenendo le ganasce robuste di spessore. Nella schiena
del cavigliere e nello spessore spirale della voluta scaviamo le due leggere
scanellature. Queste debbono essere condotte e mantenute colla loro cuspide
centrale a mezzeria perfetta in tutto il loro svolgimento. La fig. 138a colle
relative figure chiarisce la suddetta descrizione.

373
Fig. 138b. Fig. 139.
Ecco il momento in cui il solo occhio, la franchezza di taglio daranno alla
voluta quel garbo, quella caratteristica di personalità necessaria per un buon
effetto estetico. Dalla ganascia incaviamo lo spazio spirale lasciato piano,
incurvandolo lievemente verso la linea spirale ed incavandolo maggiormente
nel rinserrarsi delio spazio spirale verso l’occhio centrale lasciando lieve bordo
alla linea spirale; bordo che arrotondato darà effetto di robustezza alla voluta.
Detto bordo dovrà essere anche continuato alla linea posteriore della ganascia
nella schiena del cavigliere. Arrotondiamo leggermente l’occhio o bottone
centrale della voluta raccordandolo al bordo spirale; puliamo., e anche la voluta
è ultimata. Occorre ora incollare sulla parte piana dell’asta la tastiera, col
capotasto, onde regolarne la linea e portare semicircolare l’impugnatura di
detta. Raccordiamo i passaggi tra l’asta ed il collo del manico all’attacco colla
ganascia, e col tallone al basso, cosa che faremo con un affilato coltello, con
raschietto, pulendo poi con fine lima; ed anche il manico è ultimato. La tastiera
viene costruita in legno ebano per la sua densità. La sua lunghezza deve essere
di p 54¾, mm. 270. La sua larghezza al collo del manico presso il capotasto di
p 4½, mm. 23,34. Deve seguire nella sua lunghezza la linea del manico. Nella
parte superiore deve avere lieve convessità ed essere perfettamente livellata
374
nella sua lunghezza. Alla parte di fondo deve seguire nella sua larghezza la
convessità della parte superiore a spessore di p 1, mm. 4,94 circa. Ciò si ottiene
praticandole sullo spessore di testa un regolare incavo.
Sarà bene praticare nella parte che dovrà connettersi all’asta una decisa
scanellatura sia per avere un più regolare appoggio ai due lati, che per
alleggerirla di peso. Dovrà essere disposta sull’asta partendo da C, linea del
capotasto. Il capotasto o ciglietto può essere di avorio, di osso o di ebano. La
sua posizione deve essere col suo limite al basso in C, contro la tastiera. Deve
appoggiare sul piano delTasta, essere nella sua larghezza eguale alla tastiera.
La sua grossezza sarà di p 1½, mm. 6,1 ed il suo spessore tale da sorpassare di
mm. 2 circa il livello della tastiera permettendo cosi la libera vibrazione delle
corde, e seguire la tastiera nella sua convessità. La sua parte o spigolo verso il
vano della scatola deve essere smussata verso il basso ed arrotondata onde non
abbiano su quella a sfregare le corde nell’arrotolarsi sub gambo delle chiavi.
Nella sua parte superiore devono essere lievemente segnati ad uguale distanza i
4 incavi per il passo delle corde. La cordiera alla quale sono fissate le corde
sarà pure di ebano o' di pero. La sua forma rapezioidale non abbisogna di
descrizioni essendo sempre la solita usata anche in antico. Deve essere robusta
e leggera. Alla sua parte di fondo, in appositi buchi è collegata ad una corda di
budello per l’attacco al bottone o pomello. Le chiavi sono fatte al tornio e di
legni duri. La testa di esse deve essere comoda in modo che una leggera
pressione delle dita possa farle scorrere. Nella loro disposizione nella ganascia
occorre stabilire la lunghezza del gambo in modo che questo di poco abbia a
sporgere fuori dello spessore della ganascia nella quale sono conficcate. Anche
il bottone della cordiera è oggetto di tornio. Occorre abbia testa larga per ben
contenere il cappio della cordicella, e gambo lungo per ben connetterlo al
tassello di fondo. La staffa o portacorde può essere pure essa di avorio, osso o
di ebano. Della sua figura e dimensioni ne abbiamo già trattato nella finitura
del bordo e del filetto.
Ecco lo strumento ultimato in ogni suo particolare. Occorre ora praticare la
pulitura esteriore per ricevere la preparazione preventiva di isolamento per la
verniciatura.

Isolamento preventivo della cassa prima della verniciatura

La cassa armonica in modo speciale e lo strumento tutto dovrà ora subire un


ultimo trattamento. Trattando la rettifica degli spessori nelle tavole, abbiamo
detto che su quelle dobbiamo, per la regolare loro elasticità, considerare ancora
Pappesantimento della vernice stessa a protezione e per Peffetto estetico
decorativo dello strumento.

375
Fig.140.

376
Per la costruzione dello strumento abbiamo scelto legname ben stagionato.
Sappiamo che la cellula del legno vuota per Pessicazione della resina ed altre
materie in essa contenute e piena d’aria, diviene elastica e conferisce allo
strumento uno speciale timbro. Le tavole però senza un rivestimento protettivo
alPesterno perderebbero delle loro naturali qualità per l’azione degli agenti
atmosferici, i quali causerebbero coll’andare del tempo una disgregazione con
diminuzione di coesione delle molecole dello sclerogeno. Ma la penetrazione
in esse delle resine e delle altre sostanze componenti la vernice che su di esse a
protezione dovranno stendere, riempiendone di nuovo la cellula le
toglierebbero gran parte della primitiva sua elasticità.
È quindi necessario preparare esternamente le tavole e la cassa in modo da
garantire l’impermeabilità di dette vernici nella cellula, stendendo su di esse, e
facendola penetrare in parte nello sclerogeno, tanto più nell’abete del piano
armonico molto poroso, una soluzione di sostanze elastiche, leggere, adesive,
non resinose, satura di fermenti ossidanti, che collegando le fibre rendono così
più regolare in senso trasversale anche la trasmissione delle vibrazioni
rendendo più omogenea la materia delle stesse. Per ottenere una quasi assoluta
impermeabilità di fronte agli altri strati di vernice, questa soluzione deve avere
un solvente contrario a quello delle resine, e le sostanze formanti la stessa,
essere insolubili nei solventi ordinari e nei corpi grassi. Conosciute dalla più
remota antichità queste sostanze erano usate e furono indubbiamente suggerite
ai liutai dagli antichi artefici di vernici, che le usavano prima di eseguire la
verniciatura per turare i pori del legno, onde ottenere colla chiusura di questi
una più spedita levigazione.
Daremo la formula per detta soluzione in seguito trattando della
preparazione del legno e dell’antivernice.

Pulitura e preparazione del legno per la verniciatura

Con una spugnettina o con un pennellino di setola un po’ durina stendiamo


sulle tavole, sulle fasce, in modo che nessuna parte di esse ne rimanga esente, e
poi sul rimanente dello strumento una leggera soluzione di colla di carniccio
sciolta in acqua. Questa operazione data la qualità del solvente acquoso e la
leggera colla farà rialzare il cosiddetto pelo del legno, lievemente indurendolo.
Allorché asciutto, con finissima carta vetrata, o meglio con osso di seppia,
strofiniamo lievemente le parti umettate in modo da rompere ed asportare dal
legno quel pelo sollevato ed indurito. Togliamo con una pezza morbida di lino
od altro la polvere e le minuscole particelle di legno stroncate. Il pelo sarà
completamente scomparso; la cellula aperta; e lo strumento sarà pronto per
l’applicazione dell’antivernice. È documentato che questo primo strato di
preparazione del legno, veniva chiamato antivernice dagli antichi verniciatori,
e dai liutai cremonesi chiamato camisega. Essa era composta di una gomma
vera (gomma arabica) e di una gomma mista (adragante), ambedue sciolte in

377
acqua. Con questa miscela protettiva si otteneva e si ottiene l’impermeabilità
della vernice nella cellula assorbente del legno dello strumento. Qui il modo di
comporla e di applicarla.
Prendiamo ora parti 1 di gomma arabica, sciolta a saturazione in vasetto a
parte; parti 4 di gomma adragante, preparata in un altro vasetto nella
proporzione di una parte di gomma in 40 parti d’acqua, ed ottenendo con ciò
una specie di pasta gelatinosa; uniamo le due gomme mescolandole ben bene e
versiamo in esse due gocce di njirbano od un pizzico di acidi salicilico che
facciamo ben incorporare, per prevenire un eventuale putridine. Questa miscela
avrà una buona consistenza e viscosità, alla quale si unisce una colorazione
gialla ottenuta dal legno di curcuma, dai fiori di zaffarono od anche dagli stessi
fiori di acacia arabica, tutto in acquavite od alcool di bassa gradazione ed a
saturazione. Si mescola bene e la miscela è pronta per essere applicata.
Con un pennello di setola un po’ durina si stenderà la miscela alquanto ricca
sulle tavole e sulle fasce in modo che nessun punto di esse rimanga esente.
Deposto il pennello, col polpastrello delle prime falangi delle tre dita unite a
mano tesa, stendere bene strofinando in senso circolare la miscela pastosa in
modo da farla ben penetrare nella cellula aperta ed assorbente dello sclerogeno.
Se la densità della picea è mediocre, si può ripeterne un più leggero secondo
strato. Se la miscela tendesse a raggrumarsi umettare con pennello intriso in
acqua tiepida pura, togliendo il superfluo con panno di tino, lievemente intriso
di acqua tiepida. Così operando, le gomme data la loro consistenza e viscosità
penetreranno solo in parte nello sclerogeno chiudendone i primi pori. Lo strato
rimarrà leggero ed elastico. Lo spessore ambrato conferisce alla vernice
sovrapposta, qualunque essa sia, la trasparenza, la freschezza, la vivacità. A sua
volta, la vernice non incontrando assorbimento, si lascerà stendere meglio e
con minore difficoltà. Lo spessore, a volte anche esagerato, che si riscontra
nelle tavole di diversi strumenti cremonesi e di altre scuole italiane,
trasparentissimo, ambrato, non può essere di tutta e sola vernice, che, per
quanto essa sia limpida, pure con i molti strati colorati sovrapposti, lievemente
si offuscherebbe. Anticamente sulla preparazione preventiva del legno,
venivano stesi di vera sola vernice, al massimo dagli 3 ai 6 leggeri strati. Uno
strumento ben costruito, non ancora trattato con la intonacatura preventiva
(antivernice), ha timbro aperto e legnoso. Appesantito da detta miscela, cambia
lievemente di elasticità variando nel timbro. Appesantito maggiormente dalla
vernice, a secondo della qualità e quantità di sovrapposizione di strati, varia
ancora aumentando di altezza di tono, ed una vernice dura e compatta ostacola
la libera vibrazione della cassa.
Volendo, come usavano gli antichi liutai, annerire i bordi della spirale della
voluta, delle ganasce, della schiena e la cuspide degli angoli delle fasce,
potremo farlo, usando nero di avorio bruciato, sciolto in una soluzione di
leggera colla. Questo però dovrà essere fatto prima della pulitura e
preparazione del legno e dell’applicazione dell’antivernice.

378
CAPITOLO V

RELAZIONE
TRA LE DIMENSIONI NEI VARI STRUMENTI AD ARCO DERIVANTI
DAL VIOLINO

La viola, il violoncello ed il controbasso, sono i derivati del violino, e


corrispondono in particolare alle voci di contralto, tenore e basso.
Per le proporzioni e relazioni tra di loro nella linea e nella forma dobbiamo
considerare questi strumenti come grandi violini. Come per il violino, dalla
lunghezza della sua tavola ne derivano tutte le dimensioni e proporzioni fra i
vari fattori componenti la cassa, così per questi, data la loro diversa tonalità
dobbiamo dalla maggiore lunghezza stabilirne tutte le altre dimensioni. È
quindi inutile il ripetere delle loro qualità fisiche poiché, dato che i fenomeni
acustici che in essi succedono sono gli stessi che nel violino, così reggono gli
stessi calcoli, le stesse regole e leggi, tranne alcune piccole eccezioni e
modificazioni che in seguito qui esporremo.
Il proporzionare però uno alPaltro i quattro strumenti è oggidì cosa difficile
per la maggior parte dei costruttori; e benché essi stiano fra di loro in relazioni
ben distinte, le loro vere proporzioni sono per i più ancora un’enigma. Non tutti
i moderni costruttori hanno la fortuna di poter consultare, studiare strumenti
classici antichi in ogni loro parte per trarne precise cognizioni circa le loro
proporzioni. Il modo empirico di operare costruendo che da oltre un secolo
viene adottato copiando esternamente lo strumento, ha oggidì creato un caos,
una serie di sproporzioni in quest’arte. A parte le curvature interne nelle tavole
completamente trascurate, si addivenne tra questi strumenti ad una vera
trasfigurazione.
Per facilitare l’applicazione pratica e stabilire per i quattro strumenti le
precise relazioni, abbiamo disegnato schematicamente in proiezione sul piano
questa tavola. Essa chiarirà e determinerà fra di loro i principali punti acustici
nelle precise dimensioni delle tavole. Colla figura 141 dimostriamo il modo da
seguire per l’interpretazione del diagramma di detta tavola, riferendoci per
questa alle dimensioni del violino. Sia AB l’asse longitudinale della tavola in p
72, mm. 355,68; ed E sul p 36 la sua metà. Da E a p 4 verso il basso sia la pq
sul p 40 la linea di gravità. Su detta costruiamo il triangolo equilatero MCN, di
lato p 12, mm. 118,56 equivalente alla terza parte in lunghezza della tavola.
MN sarà la larghezza interna della cassa. Diminuiamo ora di p 1, mm. 4,94 la
base del triangolo in HK. Sul lato CM segnamo MS = MH, e con centro in C e
379
raggio CS, tagliamo l’asse in F' sul p 42. Centro F', descriviamo il cerchio che
passando per HK, sarà tangente ai lati del triangolo equilatero.

Fig. 141.

Questo punto F', sarà il centro del circolo inscritto nell’angolo di 60°, sul
cui diametro abbiamo la linea di foco. In tale modo, sempre partendo dal
mezzo e segnando in p od in «parti proporzionali, a secondo dello strumento
(viola, violoncello, controbasso), avremo la linea di gravità della sua tavola. Da
questa, operando come dalla suesposta descrizione nella loro lunghezza di
tavola otterremo le precise relazioni dei principali punti acustici tra di essi. E
cioè:
1) Nella lunghezza interna della cassa alla linea di gravità della
tavola, la distanza in quel tratto tra le controcurve centrali o X in HK.
2) Nella distanza dal mezzo in lunghezza sull’asse longitudinale della
tavola verso il basso, la linea di gravità della tavola in H sul p 40.
3) Nella distanza della linea di gravità sull’asse verso il basso la linea
di foco in K sul p 42.
4) Nella lunghezza sull’asse, la distanza della linea di gravità H
all’estremo limite della tavola in alto, e quindi il diapason.

380
Per la posizione nella superficie interna delle tavole, della calotta e
semicalotte sferiche di raccordo sia alla linea di foco, che di foco coniugato,
vedremo per ogni singolo strumento e per ogni epoca. Le dimensioni
dimostrate nei quattro strumenti colla fig. 142 corrispondono nelle regolari
misure:
Del violino di p 72, mm. 355,68.
Della viola contralta di p 84, mm. 414,96.
Del violoncello regolare di p 153, mm. 755,96.
Del controbasso grande di p 237, mm. 1170,78.
Dobbiamo ora ricordare che le misure lineari che adotteremo per tali
strumenti devono essere considerate in p sul braccio mercantile cremonese
bresciano e padovano. Che essendo questi strumenti da considerarsi quali
grandi violini, per le proporzioni tra questo e quelli dovremo adottare anche la
suddivisione nella loro lunghezza di tavole in 72 parti proporzionali.
Che solo nel violino useremo la misura lineare di p, e per gli altri
strumenti la suddivisione suddetta in parti. Dimostriamo quindi col presente
specchietto le misure equivalenti in p, in mm., in once, alla suddivisione in 72
parti proporzionali nella lunghezza di tavola di ogni singolo strumento.
Violino: 1 parte = p 1 = mm. 4,94, p 72 = mm. 355,68 = oncie 6.
Viola: 1 parte = p 1 1/6 = mm. 5,76, p 84 = mm. 414,96 = oneie 7.
Violoncello: 1 parte = p 2⅛ = mm. 10,497, p 153 = mm. 755,82 = oncie
12¾.
Bassetto: 1 parte = p 2 4/16 = mm. 11,04, p 161 = mm. 795,34 = 13,5.
Controbasso formato piccolo: 1 parte = p 3⅛ = mm. 15,43, p 225 = mm.
1111,50 = oncie 18¾.
Controbasso formato grande: 1 parte = p 3¼ = mm. 16,25, p 237 = mm.
1170,78 = oncie 19 3/4.
Il controbasso di grande formato considerato nella sua misura senza la
linea ogivale in alto al manico corrisponde a:
Controbasso formato grande: 1 parte = p 3 1⅛ = mm. 16,7, p 228¾ =
mm. 11330 = oncie 19.

Viola
La viola è lo strumento che, per maggiori dimensioni, segue il violino. Nelle
loro varie dimensioni le viole rispondono alla voce di

381
Fig. 142.
382
contralto, quelle di 1/5, 1/6, 1/7, 1/8 in più delia lunghezza di tavola del
violino; mentre quelle di solo 1/4 ed 1/3 in più del violino, rispondono ad una
voce tra il contralto ed il tenore. Fra gli antichi liutai, quelli che maggiormente
con alcune loro viole di grandi misure si attennero ai caratteri di viole tenore,
furono i fratelli Gerolamo ed Antoni Amati con viole di 1/4 in più del violino,
p 90, mm. 444,60 cil A. Stradivari nel 1690 con la famosa viola Medicea
«Tenore Viola», di 1/3 in più del violino, p 97. mm. 479,18 mentre distinse
oggettivamente con «Viole Contralto» le altre costruite da 1/5 ad 1/8 in più del
violino. Nel seguente specchietto sono indicate le misure in lunghezza di tavola
delle viole contralto e tenore.

Viola Controllo.

Violino I p.f. * da mm. 350.74 = p 71+ 1/5.


» II da mm. 355,68 = p 72 + 1/6.
» I p.f. da mm. 350,74 = p 71 + 1/6.
» II da mm. 355,68 = p 72 + 1/7.
» II da mm. 355,68 = p 72 + 1/8.
» II da mm. 355,68 = p 72 + 1/5.

In più del violino:


mm. 70,1 = p 14 2/12 = p 85 2/12 = mm. 420,32.
mm. 59.28 = p 12 = p 84 = mm. 414,96.
mm. 58,44 = p 11 1/6 = p 82 5/6 = mm. 409.18.
mm. 50,53 = p 10 ¼ = p 82 ¼ = mm. 406,31.
mm. 44,45 = p 9 = p 81 = mm. 400,14.
mm. 71,14 = p 14⅛ = p 86 3/8 = mm. 426,82.

Viola tenore.
Violino II da mm. 355,68 = p 72 4 + 1/4.
» GF * da mm. 363,09 = p 73 4+ 1/2 4+1/3.

In più del violino:


mm. 88,92 = p 18 = p 90 = mm. 444,60.
mm. 116,09 = p 23 1/2 = p 97 = mm. 479,18.

__________________________
* p.f. corrispondo a piccolo formato, GF, a grande formato (1690 di A. Stradivari).

383
Le fibre dell’abete nel piano armonico debbono avere fra di loro maggiore
distanza che quelle del violino. Gli spessori nelle tavole devono considerarsi,
nel piano armonico, sempre in relazione alla densità, nello spessore massimo
1/5 in più di quelle del violino, e nelle medesime proporzioni anche nella
tavola di fondo. Nelle viole tenore, debbono considerarsi invece 1/4 in più che
nel violino.
Per la cadenza negli spessori, causa la poca diversità in dimensioni,
debbono essere regolate a diminuzione graduale come pel violino. La
lunghezza delle ff o fori armonici varia nel loro assieme da p 18, mm. 88,9 a p
19, mm. 93,8 nelle viole contralto. Da p 20, mm. 98,8 a p 21, mm. 102,7 per
quelle tenore.
Per la posizione dei loro fori terminali o fusto, a parte in seguito
spiegheremo. Lo spessore delle fasce è di 1/3 di p, circa mm. 1,65. Il formato
delle viole contralto più regolare ed in uso è quello di p 84, mm. 414,96; ed
anche di p 85 2/12, mm. 420,32. Oggidì invece è quello di mm. 40,50 ed anche
meno.

Violoncello

Il violoncello segue per grandezza la viola tenore. Egli non ha proporzioni


doppie del violino come alcuni vorrebbero, ma è la fusione della viola con il
violino. È accordato ad un’ottava bassa della viola contralto e corrisponde alla
voce di tenore; ma in realtà per rispondere a detta voce occorrerebbe fosse
accordato alla ottava bassa del violino. Varie furono le dimensioni del
violoncello. I più antichi furono dalla scuola cremonese, dagli Amati e loro
allievi, costruiti di dimensioni grandi, p 160, mm. 790,4 e chiamati bassetti.
Seguirono in quella scuola dimensioni più piccole, p 151, e p 154, mm. 745,94
e mm. 766,90.
Anche A. Stradivari, prima del 1700, ne costruì di p 161, mm. 795,34 ma in
seguito da questi venne stabilita la regolare misura di p 153, mm. 755,82; di p
153 1/2, mm. 758,29 e di p 155 3/4, mm. 769,40; misure perfette ancora oggi
conservate e da virtuosi desiderate. Nel seguente specchietto sono indicate le
misure in lunghezza varie di questo strumento.

Violoncello - fusione viola e violino.

Violino I: da mm. 345,80, p 70 4 + viola da mm. 400,4 p 81 = p 151 once


12,7 mm. 745,94.

384
Violino II: da mm. 355,68, p 72 + viola da mm. 400,14 p 81 = p 153 once
12,9 mm. 755,82.
Violino II: da mm. 355,68, p 72 4 + viola da mm. 402,61 p 81½ = p 153½
once 12,9 1/2 mm. 758,29.
Violino II: da mm. 355,68, p 72 + viola da mm. 406,31 p 82¼ = p 154¼
once 12,10⅛ mm. 761,99.
Violino GF: da mm. 363,09, p 73½ + viola da mm. 406,31 p 82¾ = p
155¾ once 12,11¾ mm. 769,40.

Le fibre del piano armonico ih abete dovranno avere il doppio in larghezza


fra di loro di quelle del violino. Gli spessori massimi delle tavole, sempre
considerati nella densità di materia, devono essere uguali nelle due tavole e di
3/4 in più del violino. La loro cadenza graduale deve essere meno sensibile che
quella delle tavole del violino e della viola causa la maggiore disposizione al
vibrare per la sua maggiore superfìcie; ed il loro minimo spessore dovrà essere
proporzionalmente maggiore a quello delle tavole di detti strumenti, acciò non
abbia ad eccedere in elasticità. La lunghezza delle ff o fori armonici varia anche
per questo strumento come nelle viole e per le medesime condizioni da p 27,
mm. 133,32 a p 29, mm. 143,20. Pel bassetto di mm. 795,34 essa è di p 28½ ,
mm. 140,79 circa. Anche per la posizione dei fori terminali di dette, che in
seguito dimostreremo. Lo spessore delle fasce è di 1/2 p, circa mm. 2,47.

Controbasso

Il controbasso segue per dimensioni il violoncello ed il bassetto. È


accordato alla ottava bassa del violoncello e corrisponde alla voce
fondamentale di basso. Anche per questo strumento vi sono due misure. Esse
sono calcolate nella fusione della viola e violoncello per il grande formato (da
concerto), e violino e violoncello pel formato piccolo. Anticamente il
controbasso era montato a quattro corde. Fu poi ridotto a tre; e solo dalla metà
circa del XIX secolo fu ritornato a quattro. Il seguente specchietto mostra le
proporzioni in lunghezza di detto strumento.

Controbasso piccolo formalo.

Violino II: da mm. 355,68 p 72 + violoncello mm. 755,83, p 153 = p 225 =


once 18, mm. 1111,50.

385
Controbasso grande formato.

Viola da mm. 414,96 p 84 4 + violoncello mm. 755,82, p 159 = 237 = once


19,9 = mm. 1170,78.

Le fibre del piano armonico in abete dovranno essere più distanti fra di loro
che nelle tavole del violoncello; e, poco importa se in due o in quattro pezzi sia
la superficie di tavola; come poco importa le tavole siano tagliate dal tronco a
spicco od a strato. La sua cassa nella parte in alto all’attacco col manico
conserva ancora nella linea il carattere ogivale delle viola da gamba e del
violone. Ciò forse per mag-giore comodità di maneggio nella tecnica
strumentale. La tavola di fondo del controbasso è piana con la parte in alto
nell’attacco al manico inclinata verso il tallone. Detta inclinazione veniva
chiamata «alla gobba». Anche la viola da gamba ed il violone avevano detta
gobba nella tavola di fondo. Eccezionalmente dagli antichi liutai furono
costruite controbassi a fondo concavo, cosa questa che poco influisce sul loro
suono. Causa la lunghezza d’onda delle note gravi emessa dallo strumento
poco influisce la riflessione tra le tavole, azionando questa solo nelle fasce
perimetrali e nella tavola la diffusione. Gli spessori della tavola armonica
debbono essere calcolati nel suo massimo spessore alla linea di gravità il
doppio dello spessore della viola in p 2½, mm. 12,35. Quelli della tavola piana
di fondo, spessore unico eguale in tutta la sua superficie, di p 2½, mm. 12,35.
Ciò per mantenere la tonalità grave allo strumento. Il piano o tavola di tondo e
le fasce del controbasso sono costruiti in legno noce ed anche in pero. Questo,
perche il primo di una quinta ed il secondo di una quarta di tono più grave di
suono fisico della tonalità dell’abete. La cadenza graduale degli spessori del
piano armonico sarà in detto strumento condotta ancora meno sensibile che nel
piano armonio» del violoncello, causa la maggiore .superficie e quindi la più
piccola rigidezza e la più tacile sua elasticità. Lo spessore delle fasce, causa la
loro altezza dovrà essere di 3/4 di p, circa mm. 3.70. La lunghezza complessiva
delle ff varia nei due formati da p 40½, mm. 200 a p 42½, mm. 207,4. Per la
posizione dei centri dei tori terminali di dette anche per questi vedremo in
seguito.

Modificazioni per questi strumenti nella linea perimetrale ed aliinterno della


cassa

Abbiamo detto che per il tracciamento della linea perimetrale della cassa e
delle tavole, stabilita la lunghezza opereremo come in base alla descrizione
386
della fig. 33. Ma per il violoncello in special modo, ed anche pel controbasso
occorre fare alcune considerazioni, ed apportare loro lievi modificazioni sia
nella linea che nella posizione airinterno dei varii punti di riferimenti acustici.
Ciò a causa dei modo in cui date le grandi dimensioni delle tavole debbono
condursi gii spessori a cadenza in dette sia per l’elasticità che per l’importante
posizione del centro e della linea di gravità.
In conseguenza di tale modificazione ne succede lo spostamento delle due
semicalotte sferiche. Per mantenere la obbligata larghezza della cassa alla linea
di gravità della tavola occorre variare aumentando lievemente la parte al basso
della tavola in altezza e larghezza, ferma restando invariata la parte in alto.
Nella parte centrale le controcurve o )( subiscono un leggero spo-stamento sul
loro asse; e raccordando sulla linea di gravità la curvatura della parte al basso
della linea perimetrale della tavola ingrandita con la curvatura della parte in
alto alla linea del foco coniugato, queste assumono linea più inclinata verso
l’alto e la tavola diventa nel complesso più rastremaca. Anche lo spostamento
laterale verso destra dell'anima in questi strumenti varia in un minore numero
di gradi. Questa viene disposta sottesa in un angolo di soli 15 gradi; e, sottesa
ad un numero eguale di gradi per conseguenza viene connessa alla tavola la
sbarra o catena. Detto spostamento di anima fa aumentare in altezza le fasce
perimetrali. Varia ancora la posizione dei fori armonici; c le sole curvature
interne delle tavole, sia in senso trasversale che longitudinale conservano
precise le relazioni colla viola e col violino.
Dilatti, riferendoci al grafica della fig. 33, abbiamo in questi due strumenti
che sull’asse AB, fermo restando il suo mezzo E nella lunghezza sulla parte 36,
la linea di gravità della tavola armonica viene spostala sulla parte 39, a p 6¼.
mm. 30,87 dal mezzo E, e quindi sul p 82¾ .
Di conseguenza la linea di foco sulla normale NN' viene sulla tavola di
fondo a trovarsi sulla parte 41, a p 4½, mm. 22,97 dalla linea di gravità, ossia a
p 10½, mm. 51,87 dal mezzo E, e quindi sul p S7. Il suo foco coniugato, sulla
parte 25, a p 24 dal mezzo E verso l’alto sul p 52½ sopra la normale VV'. La
linea KK' (metà in altezza della parte al basso) si sposta sulla parte 57½,
tagliando i lati del triangolo di 35° in I I'. Ora, il raggio I'B" lievemente
aumentato ingrandisce la tavola nella parte al basso al raccordo da B" ad K'", e
dalla parte 57½ con raggio 57½ K'" raccorda da K'" sino ad incontrare sulla
parte 41 la linea del foco NN', aumentate in altezza, in M'. La parte in alto della
tavola sulla qq' rimane invariata; così i suoi punti OO'PP'. Lo spazio della parte
centrale della tavola viene così lievemente diminuito in altezza; e la SS' sulla
parte 32½ a p 7½ , mm. 37,05 dal mezzo, viene spostato sulla parte 32, a p 8½,
mm. 4199 da E. Sulla stessa, i punti TT' conservano la medesima distanza
387
dall’asse AB. Il raccordo da TT', sulla SS' ad MM' sopra la linea di foco, sino
alla RR' viene ad intersecare il limite massimo nella larghezza della cassa
stabilito dalle parallele all’asse GG'HH' alla linea di gravità in XX',
mantenendo così precisa la misura obbligata della terza parte della lunghezza
di tavola su quella. Fig. 143.

Fig. 143.

388
Pel violoncello del sec. XVII o bassetto, esso segue sia nella linea che nelle
disposizioni interne le precise relazioni della cassa armonica del violino e della
viola; relazione che in seguito dimostreremo. Queste le varianti alla linea, alla
disposizione nelle tavole dei principali punti di riferimento acustici della cassa
armonica del violoncello e del controbasso in relazione a quelle della viola e
del violino. Per le varianti sulla tavola nella disposizione dei fari armonici, ed
all’interno nella posizione delle semicalotte sferiche fra questi strumenti,
vedremo in avanti trattando la cassa nelle sezioni trasversali e longitudinali.
Col diagramma fig. 142 abbiamo dimostrato fra i quattro strumenti le
relazioni e la posizione dei principali punti di riferimento acustico nelle loro
tavole.
Abbiamo in seguito enumerate le modificazioni tra gli stessi. Dimostriamo
ora nella sezione trasversale della cassa alla linea di foco le necessarie
dimensioni e la disposizione delle tavole tra questi nella loro struttura interna
secondo i criteri costruttivi tenuti prima dei 1700 (secc. XVI e XVII) e quindi
secondo la variante apportata all’inizio del sec. XVIII.

Violino, secoli XVI e XVII

Pel violino già abbiamo diffusamente e con vari diagrammi dimostrato tutte
le sue dimensioni e disposizioni.

Viola contralto, secoli XVI e XVII

Per la viola contralto di p 84, essendo la lunghezza delle sue tavole mm.
414,96, la sua larghezza interna alla linea di gravità sarà di p 28, mm. 138,32
(terza parte della sua lunghezza). Così sarà il raggio della circonferenza della
quale il settore nell’angolo di 56° rappresenta la curvatura interna di essa alla
linea di foco (sulla parte 42ᵃ).
La freccia di detta curva sarà di p 3⅜, mm. 16,6. Lo spessore della tavola in
abete, in quel punto (massimo spessore sull’asse) è di 7/8 di p, mm. 4,2. Di qui,
lo spessore di massima elevazione esterna del piano armonico in p 4 1/5, mm.
20,8 circa. Nella tavola di fondo, di eguale curvatura e freccia del piano
armonico, l’aumento di spessore dato per la diversa densità e tonalità del suo
legno acero in 1/5 di p in più dell’abete, ci darà lo spessore massimo di detta
tavola sull’asse di p 1 1/5, circa mm. 5,6. Questo, aggiunto alla freccia della
curva di p 3⅜, mm. 16,6 ci darà lo spessore di massima elevazione esterna di
questa tavola in p 4½, mm. 22,2.

389
Ora, lo spostamento laterale dell’asse dell’anima è sotteso (come nel violino) in
un angolo di 20°. Il foco sull’asse della curvatura interna di detta tavola risulta
per conseguenza a p 13½, mm. 66,6 dal polo B in F'. Disponiamo ora il piano
armonico colla sua superficie interna al foco F', ecco che l’altezza delle fasce
alla linea del foco e per tutto lo svolgimento perimetrale sarà di p 7, circa mm.
34; e lo spessore di massima elevazione esterna dalla cassa alia linea di foco
sarà di p 15 1/2, mm. 76,.?, come nelle viole di tale misura di quell’epoca. Fig.
144. In senso longitudinale delie tavole abbiamo le due semicalotte sferiche
che raccordano colla parte centrale gli estremi di dette verso l’altro e verso il
basso. Le assi verticali di dette semicalotte saranno per la viola nella superficie
interna del piano armonico dal mezzo verso l’alto, a parti 18 sul p 21, a mm.
103,7. Dal mezzo verso il basso a parti 16 sul p 60 1/2, a mm. 298,8 bulla 52a
parte. Nella superficie della tavola di fondo, dal mezzo verso l’alto, a parti 23
sul p 27. a mm. 133,3 e dal mezzo verso il basso a parri 12 sul p 56, a mm.
276,6 sulla 48J parte. La linea di foco sulla tavola di fondo sarà sulla 42' parte,
a p 7, mm. 34,5S dal mezzo verso il basso. La linea di gravità nel piano
armonica sarà sulla 40a parte, a p 4 3/4, mm. 23,4 dal mezzo, pure verso il
basso. Di conseguenza la larghezza dei diapason di questa viola contralto sarà
di p 46 3/4, mm. 23vL Per la posizione dei fori terminali delle aperture
armoniche od ff vedremo in seguito.

Fig. 144.

Bassetto o violoncello del XVII secolo

Come nella viola, così nel bassetto di p 161, mm. 795,34. Essendo in detto
strumento la terza parte della lunghezza della sua tavola p 53 3/4, mm. 265, e
così il suo raggio; ed avendo la curvatura interna trasversale delle tavole alla
390
linea di gravita sottesa in un angolo di soli 50°, la sua freccia sarà di p 5, mm.
24,7. Aggiungendo a detta freccia lo spessore massimo della tavola in abete di
p l½, mm. 7,4 (3/4 di p in più di quello del violino) la massima elevazione
esterna della tavola armonica alla linea del foco sarà di p 6½ circa, mm. 32,1.
Nella tavola di fondo nessun aumento verrà dato al legno acero, causa la
tonalità grave necessario allo strumento. Quindi, essendo eguale la curvatura a
quella de! piano armonico avremo anche eguale la freccia; e con eguale
spessore massimo di legno la massima elevazione esterna di questa tavola sarà
come nel piano armonico di p 6½ circa, mm. 52.1. Lo spostamento laterale
dall’asse, della curvatura trasversale, dell’anima è come nella viola sottesa in
un angolo di 20°. Il punto focale sull'asse della curvatura trasversale interna di
detta tavola di fondo per conseguenza risulta a p 26½, mm. 130,91 dal polo B
in F'. Disponendo ora il piano armonico colla sua parte interna al punto focale
F', l’altezza della fascia alla linea di gravità e per tutto lo svolgimento
perimetrale della cassa sarà di p 16½, mm. 81,5, e lo spessore massima
elevazione esterna della cassa alla linea di foco sarà di p 29½, mm. 145,7 circa,
come i pochi bassetti di tale misura dell’epoca. Fig. 144 a*. Ecco ora in senso
longitudinale la posizione delle assi delle due semicalotte sferiche.
Nella superfìcie interna del piani armonico dal mezzo verso l’alto, sulla
parte 18ᵃ a mm. 198,72. Dal mezzo verso il basso, sulla parte 52 ᵃ a mm. 176,64.
Nella superficie interna della tavola di fondo dal mezzo verso l’alto sulla parte
23ᵃ a mm. 143,52; e dal mezzo verso il basso sulla parte 48 ᵃ a mm. 136,08. La
linea di foco sulla tavola di fondo sarà sulla parte 42° a mm. 66,24 dal mezzo
verso il basso. La linea di gravità nel piano armonico sarà sulla parte 40 ᵃ a mm.
44,16 dal mezzo verso il basso. La lunghezza del diapason del bassetto di
conseguenza sarà di p 89½, mm. 441,6. Difatti: parti 40 x mm. 11,04 = mm.
441,6.

_____________________________
* Nell’altezza delle (asce fra strumento e strumento di questa specie si riscontrano anche in
strumenti di uno stesso liutaio sensibili dilferenze. Di queste ne abbiamo trattato nelle parti vitali,
nelle altezze di fasce. Del resto è naturale che, come già detto, dovendo le tavole essere disposte
colla superficie interna al loro punto focale, mancando queste in altezza nello spessore di massima
elevazione esterna si rimedia mantenendo invariato il raggio di curvatura interna, portando la
larghezza di tavola sottesa in un angolo minore di gradi alla linea di gravità, ed aumentando l’altezza
nelle fasce della misura in altezza mancante nella tavola.

391
Controbasso, grande formato, once 19 e p 9, mm. 1170,78, secolo XVII

Abbiamo detto che eccezionalmente il controbasso venne costruito, anche


dagli antichi liutai, a fondo concavo. Comunemente esso viene costruito, ed
ancora oggi si costruisce, a fondo piano. È però necessario per ottenere le sue
dimensioni in relazione agli altri strumenti congeneri considerarlo prima nella
sua biconcavità di tavole.

Fondo concavo

In questo strumento la curvatura trasversale interna delle tavole è sottesa in


un angolo di soli 45°. Essendo la terza parte della lunghezza di tavola p 79,
mm. 390,26 e così il suo raggio di curvatura, la freccia di detta nel settore di
45° è di p 7¾, mm. 38,2. Aggiungendo a questa lo spessore massimo di p 2
1/2, mm. 12,3 del legno abete, la massima elevazione esterna del piano
armonico sarà di p 10⅛, mm. 50.
La tavola di fondo in legno acero o noce o pero di eguale curvatura interna e
di eguale spessore di quella del piano armonico, per la grave tonalità, sarà pure
di p 10⅛, mm. 50. Lo spostamento laterale dell’anima dall’asse, in questo
strumento è pure sotteso in un angolo di 20°. Di conseguenza il suo punto
focale sull’asse della curvatura trasversale interna di detta tavola sarà a p 38,
mm. 190,1 dal polo B in F'. Disponendo ora il piano armonico colla sua
superficie interna al foco F', ecco che l’altezza delle fasce alla linea del foco e
per tutto lo svolgimento perimetrale sarà di p 23¼, mm. 114,85; e lo spessore
di massima elevazione esterna della cassa alla linea di foco sarà di p 43½, mm.
214,85. Fig. 145 a in a. In senso longitudinale la posizione delle semicalotte
sferiche sarà, nella superficie interna del piano armonico, dal mezzo verso
l’alto sulla parte 18a a mm. 292,5. Dal mezzo verso il basso sulla parte 52 ᵃ a
mm. 260.
Nella superficie interna della tavola di fondo, dal mezzo verso l’alto sulla
parte 23a a mm. 211,25; e dal mezzo verso il basso sulla parte 48 ᵃ a mm. 195.
La linea di foco sulla tavola di fondo è impostata sulla parte 41 ᵃ a mm. 81,25
dal mezzo verso il basso. La linea di gravità del piano armonico, sulla parte 39 ᵃ
a mm. 63,3 dal mezzo, pure verso il basso. La lunghezza di diapason sarà
quindi di conseguenza p 128, mm. 632,32.

392
Fig. 145.

Fondo piano secoli XVII e XVIII

Aumentando nel controbasso di grande formato (mm. 1170,78) il raggio di


curvatura trasversale interna della tavola armonica a p 104¼, mm. 515, e
portando la larghezza interna della cassa alla linea di gravità della tavola
sottesa in un angolo di soli 40°, la freccia di detta curvatura sarà ancora di p
7¾, mm. 38,2. Aggiunto a questa lo spessore del legno abete in p 2½, mm. 12,3
avremo ancora lo spessore di massima elevazione esterna del piano armonico
alla linea di gravità di p 10⅛, mm. 50, come in quello di raggio p 79. Nelle
medesime dimensioni calcoliamo la tavola di fondo. Conservando lo
spostamento laterale dell’anima nella tavola di fondo, sottesa in un angolo di
20°, il foco F' sarà a p 50½, mm. 249,5 dai polo B. Collocando ora il piano
armonico colla superfìcie interna al foco F', l’altezza della fascia dovrebbe
essere di p 35⅛, mm. 173,1. Mancando però l’altezza della freccia della
curvatura della tavola di fondo, perché considerata piana, l’altezza della fascia
sarà di p 42¾, mm. 211,3, e lo spessore di massima elevazione esterna della
cassa, di p 55¼, mm. 273,1. Fig. 145 a. In senso longitudinale la posizione
delle semicalotte sferiche, la linea di gravità, la linea di foco e la lunghezza di
diapason saranno eguali come nel controbasso a fondo concavo. La cadenza a
gobba nella parte in alto della tavola di fondo piana, avrà inizio dalla 12 ᵃ parte
in lunghezza; e la fascia, da quel punto diminuirà a cadenza da p 42 3/4, mm.
211,3 a p 34, mm. 167 all’incontro colla base del manico.
Nel controbasso di grande formato a fondo piano fu modificato solo il suo
raggio di curvatura trasversale interna nella tavola. Tutte le altre dimensioni
furono mantenute sul criterio costruttivo tenuto prima del 1700 (sec. XVII) non
avendo questo strumento subito alcuna variante dallo Stradivari durante il sec.
XVIII.
393
Relazione fra delti strumenti sccui.lo il criterio costruttivo del secolo XVIII e
variante apportata da A. Stradivari col suo modello piatto

Variante costruttiva sec. XVIII. Dacché A. Stradivari verso il 1700 circa


costruì i suoi strumenti adottando la variante alla cassa armonica apportata, e
cioè, colle tavole non più colla loro superficie interna ai loro fochi ma col foco
della curvatura trasversale interna della tavola di fondo sull’asse oltre il piano
armonico, le curvature di dette tavole divennero non più eguali tra di esse ma
differenti ed indipendenti una dall’altra. È quindi anche su detto criterio
costruttivo che dobbiamo basarci trattando di questi strumenti a secondo la
scuola cremonese del sec. XVIII.
Violino modello piatto, sec. XVIII. Per il violino abbiamo esau-rientemente
già dimostrato con descrizioni e diagrammi e colle diverse tavole.
Viola contralto, sec. XVIII. Nella viola contralto (trattando qui sempre di
quella di p 84, mm. 414,96) il raggio di curvatura trasversale interna della
tavola di fondo venne aumentato a p 32⅓, mm. 162, ed il segmento di
curvatura alla linea di gravità sottesa in un angolo di soli 46°. La freccia di
detta curvatura è di p 2¾, mm. 13,5. Il raggio di detta curvatura interna nel
piano armonico venne portato a p 28¾, mm. 142, ed il segmento di tale
curvatura alla linea di gravità venne sottesa in un angolo di 52°. La sua freccia
risulta quindi di p 2⅞, mm. 14,1. Lo spostamento laterale dell’anima dall’asse
rimane invariato sotteso in un angolo di 20°. Il punto focale sull’asse della
curvatura trasversale interna della tavola di fondo per conseguenza viene a
trovarsi a p 15⅞, mm. 78,3 dal polo B in F'. Collocando ora il piano armonico
colla curvatura della sua superficie interna a p 3 ⅝, mm. 17,8 al disotto del
punto focale F' in O, otterremo l’altezza della fascia alla linea di foco, in p 6¾,
mm. 33,3; e l’altezza all’interno sull’asse verticale della cassa tra le due tavole,
in quel punto, di p 12⅜, mm. 61. Lo spessore di massima elevazione esterna
della tavola alla linea di gravita di detta, dato dalla freccia della curvatura
trasversale interna, aumentato dello spessore massimo del legno verso l'esterno,
sarà per il piano armonico di p 3⅞, mm. 19; e per la tavola di fondo di p 4, mm.
19,5. Lo spessore di massima elevazione esterna della cassa alla linea di gravità
della tavola, sarà di p 14⅜, mm. 71. Vedi relative figure. In senso longitudinale
delle tavole nella superficie interna abbiamo la calotta e la semicalotta sferiche.
Le assi verticali di dette saranno in tutte le due tavole sempre: la calotta, sulla
parte 42a, linea del foco; la semicalotta, sulla parte 26a del foco coniugato.
Nella viola contralto di p 84 avremo nelle tavole dal mezzo al basso, a parte 6
sul p 49 a mm. 34,56 e sulla parte 42a la calotta. Dal mezzo verso l’alto, a parti
394
395
Fig. 145a.

10 sul p 30½, mm. 59,4 e sulla parte 26a la semicalotta. La linea di foco nella
tavola di fondo si trova sulla 42a parte a p 7, mm. 34,58 dal mezzo verso il
basso. La linea di gravità del piano armonico si trova sulla 40a parte a p 4¾,
mm. 23,4 dai mezzo verso il basso. La lunghezza del diapason di questa viola
sarà di p 46¾, mm. 230.

Fig. 146.

Violoncello, sec. XVIII. Fu A. Stradivari che all’inizio del sec. XVII


portò tale strumento a minori dimensioni. Esso differisce sensibilmente sia
nella linea che nelle posizioni dei vari punti di riferimento acustici dalla viola e
dal violino. Discuteremo qui di quello di once 12 e p 9, mm, 755,82 in
lunghezza di tavole.
In questo strumento il raggio di curvatura trasversale interna della tavola di
fondo venne stabilito in p 78⅛, mm. 366; ed il segmento di detta curvatura alla
linea di foco di detta tavola sottesa in un angolo di 38°. La freccia di detta
curvatura risulta di p 4⅛, mm 20,5. Al piano armonico invece fu assegnato un
raggio di curvatura trasversale interna di p 51⅜, mm. 255; ed il segmento di
detta curvatura alla linea di gravità della tavola sottesa in un angolo di 50°. La
sua freccia risulta quindi di p 4⅜, mm. 21,5. Lo spostamento laterale
dell’anima sulla linea di foco della tavola difo ndo, non si trova più sottesa in
un angolo di 20°, come nel violino e nella viola, ma venne spostato sotteso in
un angolo di soli 15° della curvatura trasversale interna di detta tavola. Il punto
focale sull’asse verticale di detta curvatura di conseguenza aumenta in altezza e
viene a trovarsi sull’asse a p 36⅜, mm. 179,73 dai polo B in F'. Collocando ora
il piano armonico colla sua superficie interna a p 6½, mm. 32 al di sotto del
396
punto focale F' in O, avremo l’altezza interna sull’asse verticale della cassa tra
le due tavole in quel punto (gravità tavola e linea di foco) di p 29¾, mm.
147.67 e l’altezza della fascia alla linea di foco di p 21 3/8, mm. 105,67. Ecco
come dallo spostamento laterale dell’anima sulla linea di foco varia la
disposizione tra di loro in distanza le due tavole e l’altezza nelle fasce. Di
conseguenza anche la massima elevazione interna della cassa. Lo spessore di
massima elevazione esterna delle tavole sia alla linea di foco che alla linea di
gravità di detto, dato dalla freccia della curvatura trasversale interna, aumenta
verso l’esterno dello spessore massimo del legno di esse in p 1½, mm. 7,4 cioè
3/4 in più di quello delle tavole del violino, sarà per la tavola armonica in abete
di p 5⅞, mm. 29; per la tavola di fondo in acero di p 5⅝, mm. 28.
Ciò perché, nel violoncello, causa la sua tonalità, nella tavola di fondo in
acero od in pero, lo spessore massimo ed a cadenza del legno dovrà essere
eguale a quello del piano armonico. Lo spessore di massima elevazione esterna
della cassa alla linea di foco della tavola, in questo strumento sarà di p 32⅞,
mm. 162,67. La figura 147 e lo specchietto mostrano la precisa distanza dal
punto focale F' ad O verso il basso, che la superficie concava interna del piano
armonico di ogni singolo strumento deve avere, secondo il criterio costruttivo
del sec. XVIII (variante stradivariana, modello piatto). Esse richiamano nelle
loro dimensioni il triangolino isoscele segnato sui cartone, modello del violino,
attribuito allo Stradivari ed al nostro diagramma.

Per il violino: di p 72 a p 3½, mm. 15 al basso dal foco F' in O.


Per viola contralt.: di p 84 a p 3⅝, mm. 17,8 al basso dal foco F' in O.
Per viola tenore: di p 90 a p 4, mm. 19,7b al basso dal foco F' in O.
Per violoncello: di p 153 a p 6½, mm. 32,11 al basso dal foco F' in O.

397
Fig. 147.

In senso longitudinale delle tavole nella superficie concava interna la calotta


sferica sulla linea del foco e la semicalotta su quella del foco coniugato, causa
la modificazione nella linea perimetrale subirono un lieve spostamento. Le assi
verticali di dette vengono in tutte due le tavole spostate, la prima sulla parte 41,
a p 10¾, mm. 49,7 dal mezzo verso il basso; la seconda sulla parte 25 a p 19¼,
mm. 93.8 dal mezzo verso l’alto. Anche il diametro di gravità nel piano
armonico in causa della diversità nella cadenza data in questo strumento agli
spessori del legno nella tavola, l’equilibrio di detta viene a trovarsi sulla parte
38¼ circa, a p 4½, mm. 22,2 dal mezzo pure verso il basso; e la linea di
gravità, da questo diametro dipendente, si trova non più sulla parte 40a, ma
sulla parte 39a, a p 6¼, mm. 30,8 dal mezzo pure essa verso il basso. Di
conseguenza la lunghezza del diapason di questa tavola nel violoncello sarà di
parti 39 x mm. 10,49 = mm. 409,1. Sappiamo che la linea di gravità, in queste
tavole non ha posizione fissa; che essa è in rapporto alla posizione dell’anima
col diametro di gravità, e che per ogni singolo stru-mento occorre cercarla e
precisarla empiricamente.
Nel violoncello il segmento di curvatura trasversale interna delle due tavole
alla lìnea di foco e di gravità è minore in gradi di quello delle tavole del violino
e della viola (gradi 40 e 42). Cosi in quelle del controbasso. Per la costruzione
dei vari regoli trasversali interni di dette tavole è necessario nel regolo
completo (n. 2a e 3a, figg. 66a e 67a) tenere calcolo di dette diminuzioni e
delle diverse altre sud- divisioni. Queste, che nel violino e nella viola risultano
sottese in un angolo di 40 e di 20 gradi, nel violoncello sono rispettivamente
398
invece sottese in un angolo di 36 e di 17 gradi. Praticando le operazioni di
scavo, occorre quindi seguire la prima fase di scavo come dimostrato colle
figure 74 e 81, seguendo però la linea tronca nei regoli al 36° grado, come
dimostrato sui regoli n. 2 e n. 3 figure 66 e 67.
Anche la posizione dei fori armonici è diversa in questo strumento. Infatti, i
fori terminali od occhi superiori delle aperture armoniche all’esterno sulla
tavola armonica hanno diversa la distanza tra di essi, in relazione a quelli del
violino e della viola. Dato lo spostamento laterale dell'anima, nel violoncello
sottesa in un angolo di soli 15 gradi, detti occhi superiori dovranno trovarsi
fuori della linea tangente al circolo inscritto in detto angolo, per non ostacolare
all’interno della tavola la connessione della sbarra e la posizione dell’anima
disposte tangenti internamente a detta circonferenza.
Per gli occhi terminali inferiori, il fusto e la lunghezza complessiva delle ff,
in seguito dimostreremo. L'altezza qui assegnata alle fasce alla linea di foco per
ogni singolo strumento deve essere mante-nuta eguale per tutto il loro sviluppo
perimetrale negli strumenti co-struiti secondo il criterio del sec. XVI e sino alla
fine del sec. XVII circa (1690). È quindi errato il dare alle fasce degli strumenti
costruiti secondo tali criteri rastremazione di sorta. Questa rastremazione è
invece necessaria negli strumenti costruiti secondo il criterio costruttivo usato
da A. Stradivari dall’inizo circa del sec. XVIII se-condo la sua variante
(modello piatto). Alla parte teorica abbiamo trattato sia dell’altezza delle fasce
che della loro rastremazione. Colle figure 78-79-80 trattando la scavatura
interna delle tavole abbiamo dimostrato il maggiore spessore lasciato di
costolatura longitudinale; e colle figure 94-95-96 dimostrati i perché agli effetti
della riflessione. Segneremo ora il punto e l’altezza della cuspide o di maggiore
spessore della costolatura ed il tratto in cui questa rastremazione si dovrà
praticare.
Riferendoci alia figura 78, nel tratto interno in senso longitudinale tra le assi
perpendicolari delia calotta sferica e del foco coniugato, la curvatura
trasversale sottesa nell’angolo di 10° ci darà il suo raggio in e (sulla linea di
gravità) una leggera cuspide (maggior spessore in quel punto) nella tavola che
gradatamente diminuirà obliquando nella sua lunghezza sino all’asse della
semicalotta. La freccia di detta curvatura sarà nel violino di p 72, di 1/8 di p
circa, mm. 0,617; nella viola di p 84, 1/7 di p, mm. 0,705; e nel violoncello di p
153 di 4/12, mm. 1,64 circa. Di tale spessore in più saranno quindi le tavole di
ogni singolo strumento alla linea di gravità, diminuendo poi a zero sino al
centro della semicalotta, la quale nel suo centro avrà il medesimo spessore di
tavola che al centro della calotta sulla linea di foco. Dal centro della

399
semicalotta verso l’alto e da quello della calotta al basso la tavola nella sua
linea interna raccorderà in curva gli estremi di essa.
Ora, essendo la freccia della calotta sottesa nell’angolo di 10°, e di qui la
cuspide nella tavola di fondo del violino 1/8 di p, mm. 0,617; e così quella del
piano armonico; la cadenza da darsi alla fascia sull’asse della linea del foco
coniugato sarà di 2/8 di p, mm. 1,22 fermo restando alla linea di gravità
l’altezza già data in p 6 1/8, mm. 30,2. Per la viola, essendo la freccia di detta
calotta l/7 di p, mm. 0,705, per ognuna delle due tavole, la cadenza dovrà
essere su di quella linea di p 2/7, mm. 1,40; sempre restando alla linea di
gravità p 6 3/4, mm. 33,3. Pel violoncello, essendo la freccia di detta calotta
4/12 di p, mm. 1,64 per ognuna delle tavole, la cadenza sarà sulla linea di foco
coniugato di 8/12 di p. mm. 3,28, sempre mantenendo l’altezza di fascia alla
linea di gravità in «p 21 3/8, mm. 105,67. La rastremazione delle fasce deve
quindi essere considerata e tenuta in un limite di p o di parti 14 in lunghezza; e
cioè, tra la linea di gravità e quella del fuoco coniugato. Da quest’ultima verso
l’alto nella superficie interna la tavola inizia la curvatura longitudinale della
semicalotta che raccordando interrompe il parallelismo interno centrale.
Le tavole perfettamente piane nel loro punto di appoggio sulla fascia, data la
loro rigidità, debbono continuare abbassandosi sino all’estremo in alto mentre
per conseguenza si innalzano alla parte in basso in misura dell’abbassamento
avvenuto nella parte in alto. La medesima inclinazione che assumeranno le
tavole rispetto all’asse delle fasce darà l’altezza, per ogni strumento, di dette
nella loro rastremazione. Per le aperture armoniche od fi abbiamo già
dimostrato come gli antichi liutai usavano segnare e come operassero per stabi-
lirne i centri degli occhi o fori terminali. Trattandosi qui di tavole di maggiori
dimensioni, di minore curvatura e di diverso criterio costruttivo, anche dette
aperture dovranno fra i quattro strumenti disporsi lievemente diverse, pur
conservando per la loro disposizione le regole già dette. In relazione alla figura
107 seguendo il metodo in antico tempo usato, ecco le lievi varianti.
Pel violino di p 72, mm. 355,68 già abbiamo detto che la retta MN normale
alla AB sarà sul p 44¾, e quella FG sul p 34⅓. La distanza a sinistra ed a destra
dall’asse sulle MN in CD sarà di p 12, mm. 59,28 per parte, corrispondente alla
lunghezza interna della tavola alla linea di gravità. Il centro del raggio di p 12,
che da C sulla MN colla semi circonferenza taglierà la FB in HK, sarà sull’asse
sul p 45½. Per la viola contralto di p 84, mm. 414,96 vale: La retta MN
normale alla AB, sarà sulla parte 44½ sul p 51¾ . Quella FG, sulla parte 34 sul
p 39⅞. La distanza a sinistra ed a destra dall’asse, sulla MN in CD, sarà pure di
parti 12 1/6, mm. 69,19 per parte. Il centro sull’asse del raggio, di parti 12 1/6,
mm. 69,19 che C sulla MN colla semicirconferenza taglierà la FB in HK sarà
400
sulla parte 45½ sul p 53. Nel caso del violoncello di p 153, mm. 755,82
abbiamo la retta MN normale alla AB e che sarà sulla parte 43 sul p 91 ⅓, e
quella FG sulla parte 33¾ sul p 72. La distanza a sinistra ed a destra dall’asse
sulla MN in CD sarà di parti 12, mm. 125,97 per parte. Il centro sull’asse del
raggio di parti 12, mm. 125,97 che da C sulla MN colla semicirconferenza
taglierà la FB in HK, sarà sulla parte 44 sul 94¾.
Pel controbasso grande formato di mm. 1170,78 vale il seguente. La retta
MN normale alla AB sarà sulla parte 42 5/12 su p 139½. Quella FG sulla parte
33 7/12 sul p 110½. La distanza a sinistra e da destra dall’asse sulla MN in CD
sarà di parti 12, mm. 195 per parte. Il centro sull’asse del raggio di 12 parti,
mm. 195, che da C sulla MN colla semicirconferenza taglierà la FB in HK, sarà
sulla parte 44½ sul p 146⅓. I punti CD-HK sulla MN-FB saranno i centri degli
occhi o fori terminali nelle tavole di ogni strumento. Il diametro di detti fori
sarà all’incirca:

Per il violino, in alto: p 1½, mm. 7,4, al basso di p 1⅞, mm. 9,2.
Per la viola, in alto: p 1⅞, mm. 9,1, al basso di p 2½, mm. 12.
Pel violoncello in alto: p 3, mm. 14,8, al basso di p A, mm. 19,7.
Pel controbasso grande form.: p 4¾, mm. 23,5, al basso p 5¼, mm. 26.

La distanza dall’asse longitudinale della tavola e tra i due fori terminali od


occhi superiori, dovrà sempre essere esternamente alla tangente al circolo
iscritto nell’angolo di 20 gradi del piano armonico se nel violino o viola; di 17°
se nel violoncello e nel controbasso. Ciò in modo da non essere ostacolati dalla
connessione longitudinale all’interno della tavola dalla catena o sbarra. Tale
distanza tra di loro è necessaria per ottenere nella larghezza del piano armonico
una zona centrale entro la quale nella lunghezza della tavola essa abbia conti»
nuità di fibra."In linea di massima la distanza tra di loro di questi occhi
superiori è nella viola contralto di p 10½, mm. 50; nel violoncello di p 18¼ ,
mm. 90,19 e nel controbasso di grande formato di p 28½ , mm. 140. Per la
distanza tra di loro dei fori terminali al basso, questi dovranno trovarsi sempre
col loro centro sulla perpendicolare che segna alla linea di gravità di detta
tavola la larghezza interna della cassa.
Per lo svolgimento del fusto o taglio di dette ff la posizione di questo alla
linea di gravità della tavola dovrà trovarsi col suo mezzo in larghezza di
apertura ed in metà nella sua lunghezza sulla intersecazione della linea di
gravità del piano armonico al circolo iscritto nell’angolo di 40°, della curvatura
trasversale interna di detta, se nelle il del violino e della viola. Pel violoncello e
pel controbasso invece, sulla intersecazione di detta linea, ma con un circolo
401
inscritto in un angolo di soli 36 gradi. La larghezza massima di apertura di tale
fusto sulla linea di gravità, dovrà in ogni strumento essere eguale al diametro
del foro terminale od occhio superiore. Tangente internamente a detto circolo
inscritto nell’angolo di 20 e di 17 gradi della curvatura trasversale interna del
piano armonico, la catena o sbarra verrà connessa nel violino e nella viola a
quello di venti gradi; nel violoncello e nel controbasso a quello di 17 gradi.
Così pure sarà per io spostamento laterale dall’asse dell'anima. Ma questa,
non nei gradi della curvatura trasversale interna della tavola armonica, ma in
quella della tavola di fondo. Di questa sbarra o catena abbiamo diffusamente
discusso nelle parti vitali alla parte teorica; così dell’anima e dei ponticello.
Nel violoncello e nel controbasso, essa deve sensibilmente essere aumentata sia
in grossezza che in altezza di 3/4 di parte per conferire alla tavola maggiori
frequenze. Deve pure decrescere dal suo mezzo verso gli estremi in lunghezza
meno sensibilmente nella sua altezza, in relazione alla meno sensibile
diminuzione degli spessori della tavola. Circa la sua lunghezza, essa in tutti i
quattro strumenti deve essere in relazione sempre al minimo spessore della
tavola, mai sormontarlo. Non è quindi possibile a priori darne misura. La
grossezza o diametro dell’anima deve avere una media proporzionale fra i
massimi spessori delle due tavole.
Nel violoncello però essendo le due tavole di eguale massimo spessore fra
di esse, la grossezza dell’anima dovrà essere aumentata dello spessore massimo
delle tavole di 1/2 p, e quindi di parti una, mm. 10,497 e contenere almeno 8 o
9 fibre nel suo diametro. La sua lunghezza dovrà corrispondere all’altezza
interna della cassa tra le due tavole nella linea di foco e tangente internamente
il circolo nell’angolo di 17 gradi, nel violoncello e nel controbasso; in quello
di 20 gradi nel violino e nelle viole, della curvatura trasversale interna della
tavola di fondo. La posizione dell’anima deve essere perpendicolare fra le
tavole. Ferme conservando pel ponticello le proporzioni nella misura in
larghezza tra gli estremi dei piedini, e la loro grossezza, come dimostrato alla
parte teorica; pel violoncello e pel controbasso la suddetta larghezza deve
essere sottesa come l’anima e la sbarra in un circolo inscritto nell’angolo di 17
gradi della curvatura trasversale interna del piano armonico. Nella grossezza
detti piedi dovranno avere la precisa misura del diametro dell’anima e della
larghezza della sbarra, cioè 1/4 in più dello spessore massimo della tavola
armonica.
Nella sua altezza il ponticello deve essere proporzionato con la massima
elevazione esterna della tavola armonica e l’angolo di inclinazione che daremo
alla base del manico. In linea di massima, mentre che pel violino l’altezza del
ponticello deve essere di mm. 32 circa e per la viola di mm. 39,5, pel
402
violoncello e pel controbasso bisogna tenerla in proporzione airinclinazione del
manico. La massima larghezza tra l’estremo limite in curva in alto del
ponticello viene regolato fra i quattro strumenti dalla larghezza dell'asta del
manico all'altezza del capotasto ed a secondo della conicità di essa seguendo la
linea esterna della tastiera nella lunghezza di tratta delle corde. Delle qualità
del ponticello sia per la robustezza, resistenza ed elasticità in un minimo di
materia e peso, ne abbiamo trattato per quelli di piccole dimensioni pel violino
e la viola. Per quelli del violoncello e controbasso la maggiore dimensione
nella loro superficie non è possibile dal punto di vista statico conservarne
l’altezza dei suoi piedini. Di qui la maggiore altezza di essi nell’arcatura onde
ottenere in eguale proporzione di superficie meno quantità di legno e meno
peso in eguali condizioni per resistenza e solidità.
Del diverso criterio di condurre gli spessori a cadenza nelle tavole fra i
diversi strumenti ne abbiamo discusso, sia alla parte teorica che in questa
costruttiva. Vediamo ora fra i quattro strumenti ancora le dimensioni dovute al
loro manico. Trattando la costruzione dei manico del violini riferendoci alla
fig. 138 a abbiamo dimostrate tutte le sue dimensioni. Abbiamo pure spiegato
per l’importante suo punto di riferimento acustico e della relazione di esso
colla tratta delle corde. Data la diversità nelle dimensioni di tavola tra di loro, il
manico di questi deve pure seguire dimensioni diverse. Daremo anche per
questo le principali misure.
Viola contralto di p 84, mm. 414,96. Il parallelepipedo dal quale dovremo
trarre il manico di questa viola dovrà avere le dimensioni di mm. 283 x 65 x 50
= p 57 x p 13¼ x 10⅛. La lunghezza nella tratta delle corde deve sempre
essere in relazione alla lunghezza del piano armonico. Essendo in questo
strumento la lunghezza della corda di once 6 e p 3½, mm. 372,9; e la distanza
tra la linea di gravità della tavola di parti 40, mm. 230 al bordo di detta tavola
della sua parte superiore; il limite inferiore del capotasto dovrà trovarsi: se
calcolato nella lunghezza dal bordo superiore della tavola a p 28 ⅞, mm. 143,9;
se nella lunghezza a contatto contro la fascia a p 29 6/8, mm. 147,1 dalla parte
di fondo del parallelepipedo.
Per l’innesto della base del manico alla cassa abbiamo calcolato l’incastro in
p 1½ , mm. 7,4 come nel violino. Dovremo quindi aggiungere questa misura in
modo che calcolando il limite del capotasto sul manico partendo dalla parte di
fondo del parallelepipedo, questi si troverà a p 31¼, mm. 154,3 nella sua
lunghezza. Dalla linea del capotasto all’estremo limite in alto del
parallelepipedo rimangono ancora p 25¾, mm. 127,3. In questo spazio si
svolgeranno il cavigliere colle ganasce e la chiocciola colla voluta. La
maggiore larghezza nella parte in basso della ganascia al suo inizio sul collo
403
del manico e nella corrispondente parte al basso nella schiena del cavigliere è
necessaria per le due alette A', che nella viola, nel violoncello e nel controbasso
differenziano di linea dal violino. La larghezza nella fascia superiore dell’asta
nel manico sulla quale deve connettersi la tastiera dovrà essere, al limite del
capotasto di p 5⅜ circa, mm. 26, ed alla fine del manico sulla cassa di p 7 ⅜,
mm. 36, Lo spessore dell’asta del manico sarà nella viola di p 3¼, mm. 15
circa. La lunghezza del vano posteriore dell’asta del manico sarà di p 25, mm.
123. L’inclinazione a darsi alla base del manico sarà di gradi 83. La lunghezza
della tastiera da capotasto sarà per la viola di p 62, mm. 310. La sua figura
trapezioidale seguirà colla cadenza dell’asta sino all’estremo suo limite al
basso.
Violoncello di p 153, mm. 755,82. Il parallelepipedo dal quale dovremo
trarre il manico di questo strumento dovrà avere le seguenti dimensioni:
Lunghezza once 8 e p 5⅛, mm. 499,5; larghezza once 2 e p 6⅛, mm. 150,
spessore p 16⅝, mm. 82. La lunghezza della tratta delle corde in questo
violoncello è di once 11 ep 6¾, mm. 685; e la distanza tra il bordo nel limite
superiore della tavola e la linea di gravità (diapason) di parti 39, mm. 409,1. Il
limite inferiore del capotasto sul manico dovrà trovarsi, se calcolato nella
lunghezza dal bordo superiore della tavola, ad once 4 e p 8, mm. 276. Se, nella
lunghezza a contatto contro la fascia, ad once 4 e p 9 ⅛, mm. 283,5 dalla parte
di fondo dal parallelepipedo. Per l’incastro della base del manico alla cassa
abbiamo calcolato il vano in p 3, mm. 14,82. Aggiungendo ora questa misura
alla lunghezza di mm. 283,5 avremo il limite del capotasto dal fondo del
parallelepipedo ad once 5 e 3/8 di p, mm. 298,3. Dal limite del capotasto
all’estremità in alto del detto parallelepipedo rimangono ancora once 3 e p 4½,
mm. 201 circa. È in questo spazio che svolgeremo il cavigliere colle ganasce e
la chiocciola colla voluta.

404
Fig. 148.

Anche in questo manico sia per non allargare l’asta del suo collo che per
lasciare più robusta la ganascia, l’inizio di questa ingrandito forma due alette
laterali corrispondenti anche nella parte al basso nella schiena del cavigliere. Al
limite del capotasto la larghezza della faccia dell’asta ove dobbiamo connettere
la tastiera, sarà di p 6, mm. 29,4. All’incastro del manico sulla fascia la
larghezza dell’asta sarà di p 9⅜, mm. 46. Lo spessore o grossezza dell'asta sarà
di p 5½, mm. 27 circa. La lunghezza del vano posteriore dell’asta tra il collo ed
il tallone avrà lunghezza di p 10¾, mm. 235. L’inclinazione del manico rispetto
alla cassa sarà anche qui di gradi 83. Once 11 e 3/8 di p, mm. 600, sarà la
lunghezza della tastiera di questo violoncello. Nella fascia, alla parte di fondo
della cassa, in sostituzione del bottone per trattenere il cappio della cordiera, in
questo strumento viene fissato un puntale di metallo con asse regolabile e
scorrevole con fermo a vite di pressione. Esso serve altresì che per trattenere la
cordiera, per l’appoggio, e per alzare od abbassare lo strumento a seconda le
esigenze del sonatore.
405
Controbasso grande formato mm. 1170,70. Pel manico del controbasso
occorre un parallelepipedo di once 14 e p 0¾, mm. 877 di lunghezza, di p 50 e
5/8, mm. 250 di larghezza, e di 25⅜ di p, mm. 125 di spessore. La tratta delle
corde di questo controbasso è di once 18 e p 2¾, mm. 1080,6; e la distanza tra
lo spigolo del limite inferiore del manico e la linea di gravità della tavola
(diapason) di parti 36⅓, mm. 575. Nel controbasso sino ad ora abbiamo
considerato la completa misura di tavola in mm. 1170 sulla parte 39a. La vera
ed utile misura di cassa però è di soli mm. 1130, non interessando la sua linea
ogivale all’attacco del manico necessaria solo per esigenze tecniche
strumentali. Pel manico terremo quindi calcolo della lunghezza massima
rientrante nella tavola onde richiamarci al suo diapason di tavola. Questo dovrà
inoltrarsi nella tavola sino alla parte 3ᵃ e 1/2 delle 72 parti della completa
misura di mm. 1170,70. Il limite inferiore del capotasto sul parallelepipedo
dovrà trovarsi a once 8 e p 6¾, mm. 507 dal limite di fondo. Per l’incastro della
base del manico nel zocchetto in alto abbiamo calcolato lo scavo in p 10¼,
mm. 50. Aggiungendo ora tale misura alla suddetta lunghezza di mm. 507,
avremo il limite del capotasto dal fondo del parallelepipedo ad once 9 e p 5,
mm. 557. Dal limite del capotasto alla estremità in alto di detto parallelepipedo
rimangono ancora p 64⅜, mm. 320. In questo spazio svolgeremo il cavigliere
colle ganasce e la chiocciola con la voluta. Come pel violoncello e la viola,
l’inizio della ganascia aumentato in grossezza forma le due alette; e tale
ingrandimento si ripercuote nella parte 'posteriore al basso della schiena del
cavigliere. La larghezza dell’asta al capotasto sarà di p 8½, mm. 42. Alla
estremità del manico sulla tavola questa sarà di p 12½, mm. 62. La grossezza o
spessore nella parte semicircolare dell’asta del manico sarà di p 7¼, mm. 35,8
circa; e la lunghezza del vano posteriore di detta asta tra il collo ed il tallone
dovrà essere di p 77, mm. 380. La inclinazione del manico alla sua base
rispetto alla cassa sarà di 83°. La lunghezza della tastiera sarà di once 15 ed 1/4
di p, mm. 890, e la sua larghezza alla parte in basso sarà di p 16¾, mm. 80.
Nelle ganasce del controbasso anziché le chiavi di tensione delle corde
vengono disposte meccaniche a vite continua onde poter con maggiore facilità
tendere le sue grosse corde. Il bottone viene in questo strumento sostituito nella
parte di fondo della fascia da un puntale o pomo in legno, opera di tornio, che
trattenendo il cappio della cordiera serve anche quale appoggio a terra.
Questi quattro strumenti che singolarmente rispondono alle voci di
soprano, contralto, tenore e basso formano la cosiddetta famiglia degli
strumenti ad arco. Sono montati di quattro corde e la loro accordatura è la
seguente:
406
4ᵃ corda 3ᵃ corda 2ᵃ corda 1ᵃ corda
Violin sol 2 re 3 la 3 mi 4
viola do 2 sol 2 re 3 la 3
violoncello do 1 sol 1 re 2 la 2
controbasso mi 0 la 0 re 1 sol 1

Campo della riparazione

Come nella costruzione, così nel campo della riparazione che abbisogna ad
un centenario strumento occorre avere precisa conoscenza delle leggi fisiche,
della tecnica costruttiva che regolarono la sua costruzione.
Una rottura di tavole, una screpolatura ben connesse e rincollate, un manico
cambiato e ben innestato, la ricollatura di un margine, un bordo, un angolo, un
filetto ben rimessi ed accompagnati nella venatura della tavola, un innesto in
un’aletta ad una f, ad un covino, una fascia cambiata, un tarlo ben innestato
ecc., sono nel loro assieme cose che richiedono abilità ed un’ottimo artigiano,
non essendovi per dette necessaria che attenzione e cura cercando di rendere il
meno possibile visibile tali operazioni accompagnando le caratteristiche
esteriori dello strumento. Ma, queste non sono le sole riparazioni che a quel
centenario possono abbisognare. Quando invece debba aprirsi la cassa, quando
siano necessarie riparazioni interne alle tavole, ecco che allora ciò esorbita
dalla sola pratica ed occorre avere conoscenza delle leggi fisiche sulle quali la
costruzione è basata, del fenomeno fisico-acustico risultante, del criterio con
cui l’opera fu dall’artigiano costruita a secondo dell’epoca, della scuola. Un
piano armonico ed una tavola di fondo, la cui altezza di massima elevazione
esterna corrisponde a mm. 18-19 o 20, ed il raggio di curvatura trasversale
interna alla linea del foco e di gravità delle tavole sia tra le stesse eguale, dovrà
essere ragionato col criterio costruttivo dei secc. XVI e XVII (prima del 1700).
Quindi col punto focale della tavola di fondo alla superficie interna del piano
armonico. Mentre le stesse due tavole dovranno essere ragionate secondo il
criterio costruttivo del sec. XVIII, colla variante costruttiva apportata dallo
Stradivari, quando l’altezza di massima elevazione esterna sarà di mm. 15, 16 o
14, e col raggio di curvatura trasversale interna alla suddetta linea di foco e di
gravità diverso in una tavola dall’altra. Quindi colla disposizione della super-
ficie interna del piano armonico al disotto del punto focale sull’asse della
tavola di fondo. Così, l’altezza eguale in tutto lo svolgimento perimetrale delle
fasce richiama al criterio costruttivo dei secc. XVI-XVII, e solo la
rastremazione di dette richiama il criterio costruttivo della suddetta variante del
sec. XVIII.
407
Molti antichi esemplari classici dei secc. XVI e XVII hanno subito la
rastremazione delle fasce per mano di inesperti e poco coscienziosi moderni
riparatori a scopo di esigenze di tecnica strumentale. Di questi facilmente
potremo rendercene conto controllando il raggio di curvatura interna della
tavola di fondo ed in rapporto allo spostamento laterale del Tari ima trovare col
calcolo il loro punto focale sull’asse verticale. Anche in senso longitudinale la
posizione dei centri assiali delle curvature radiali delle parti agli estremi in alto
ed in basso delle tavole colla parte centrale, è guida per tali due criteri
costruttivi. Le assi nelle due tavole diseguali e più distanti tra di loro dal
mezzo, denotano il criterio costruttivo dei secc. XVI e XVII; mentre quelli
eguali tra le due tavole e più vicine al mezzo determinano il criterio costruttivo
colla variante del sec. XVIII. Un piano armonico avallato da una eccessiva
pressione delle corde; per una catena divenuta debole per sconnessione e che
piti non sopporti il complesso dello sforzo, perché assottigliato, una tavola di
fondo deformata dall'eccessiva pressione dell’anima, ecco che anche ciò
esorbita dalla pratica ed occorre teoria per ridonare la precisa curvatura interna
alla parte deformata ottenendo così oltreché effetto estetico un regolare fattore
fisico e la qualità del suono.
In molti piani armonici ed anche in qualche tavola di fondo, la tavola ai
bordi nella parte interna è diventata sottile di spessore dalle varie operazioni di
scoperchiatura subite. Occorre quindi aggiungere in quella parte legno per
ritornarla al suo regolare spessore e per la sua resistenza alla spinta. Anche
l’altezza della fascia per tali scoper- chiature, data la sua qualità consuntiva,
diminuisce. In questo caso, a conoscenza delle regole di costruzione da noi
spiegate è necessario controllare col calcolo l’altezza del punto focale
suU’asse. Se diminuita l’altezza della fascia si dovrà o lievemente aumentare la
freccia interna della tavola, o l’altezza della fascia. L’operazione a cui spesse
volte ricorrono liutai nell’assottigliare, nell’aggiungere internamente fodere, a
volte solo centrali, a volte anche su tutta la superficie della tavola, sia perché
nel primo caso ritenuto questa di eccessivo spessore, sia perché
dall’assottigliamento resa troppo sottile, può essere in molti casi evitata.
Anzitutto mai si dovrebbe in un classico antico strumento ridurre gli spessori
alle tavole. Al caso poi, dette diminuzioni di spessori dovrebbero farsi
esternamente, ed a cadenza nella parte esterna convessa di tavola per non
distruggere la necessaria regolarità nella curvatura interna. Per l’aggiunta
all'interno di fodere, queste debbono essere applicate a seconda della misura
della diminuzione nella tavola avvenuta; a secondo dello spessore massimo
centrale, e seguendo in senso trasversale tra le due linee assiali il raggio di
curvatura interna trasversale della tavola sottesa al 35° grado. In senso
408
longitudinale, raccordando dalle assi in senso radiale detto numero di gradi.
Controllato col calcolo il punto focaie, regolare colla treccia della curvatura
interna della tavola l'altezza della fascia onde portare al loro foco le due
supertìci interne di tavola. Anche qui è necessaria la conoscenza delle regole,
del raggio di curvatura usato, e degli spessori ragionati colla materia legno in
quel antico tempo usata. La curvatura rientrata di un piano armonico richiede la
cono-scenza del raggio di curvatura interna trasversale della tavola; il numero
di gradi a cui questa alla linea di foco è sottesa; il raggio di curvatura
trasversale interna della tavola di fondo, ed il numero di gradi dello
spostamento laterale dell’anima, onde poter calcolare il punto focale sul quale
il piano armonico dovrà nuovamente essere disposto.
Dovendo ricostruire uno strumento mancante di piano armonico, basta
conoscere la curvatura trasversale interna della tavola di fondo e l’altezza della
fascia; cosi di un piano armonico mancante di tavola di fondo e relative fasce,
purché se ne conosca l’epoca e la scuola. Nella sostituzione di una sbarra o
catena sono da osservarsi gli spessori massimi e minimi della tavola per
poterne con sicurezza stabilire la sua grossezza, la lunghezza, e regolarne la
propulsione. Per stabilire la sua linea di connessione occorre conoscere i gradi
di spostamento dall’asse dell’anima; e per la sua direzione regolarsi su quella
delle fibre dell’abete della tavola alla quale deve connettersi. La troppa
elasticità di un piano armonico è causa di note ottuse e di rullìi nella cassa. A
ciò si può rimediare con sovrapposizione di riporti di legno abete internamente;
ma qui occorre sapere connettere questi in punti che staticamente possano
diminuire regolarmente su tutta od in alcune sole parti la maggiore elasticità di
questo, dovuta dalla poca omogeneità della materia legno della tavola o da
assottigliamenti in questa avvenuti.
L’operazione di ingrandimento di uno strumento di misura piccola, come il
rimpiccolimento di uno di misura grande, non è dannosa agli effetti del suono
come tanti asseriscono purché siano fatte col criterio di mantenere regolari le
curvature della tavola all’interno; lo spostamento laterale dell’anima, l’altezza
delle fasce, e da questa la precisa disposizione tra di loro delle due tavole. E
mentre è da sconsigliarsi dal punto di vista statico ed estetico l’operazione dei
primi, per il rimpiccolimento dei secondi è cosa che, se condotta col dovuto
criterio conserva le caratteristiche acustiche ed estetiche dello strumento. Un
violoncello di grande misura del sec. XVII (bassetto di mm. 796,94) può essere
ridotto nelle misure del regolare violoncello del sec. XVIII di mm. 758,29 o di
mm. 761.99. Riferendoci ora alla riduzione o al rimpiccolimento di questo
bassetto alle dimensioni regolari del violoncello di mm. 761,99 attenendosi
però al criterio costruttivo del sec. XVII, epoca 1680 nella quale detto bassetto
409
venne costruito, dimostriamo il criterio con cui questa riduzione dovrà essere
effettuata; e seguiremo nella riduzione le dimensioni del bel violoncello
Stradivari costruito nel 1689, già di proprietà del Prof, del Conservatorio di
Parigi, G. Delsart. Su di un cartone di regolare spessore segneremo, seguendo
precisa la linea di contorno del piano armonico del bassetto colla sua asse
mediana di simmetria. Su di questa segnamo il suo mezzo in lunghezza mm.
397,65. Essendo nella tavola del bassetto le aperture armoniche mm. 130 di
lunghezza e mm. 13 di apertura di fusto, e quindi di regolare dimensione, da
queste dovremo partire per la riduzione nella lunghezza di tavola. Con una
normale all’asse di simmetria della tavola segnamo dalla cuspide del taglio sul
labbro interno di dette ff la linea di gravità della tavola (diapason) quale
riferimento acustico, linea che poi preciseremo se vi saranno lievi differenze
nel diametro di gravità di equilibrio.
Conosciamo che nel violoncello di mm. 761,9 la sua linea di gravità
(diapason) si trova rispetto alla lunghezza a mm. 409 dal limite superiore della
tavola. Segnamo quindi da questa il diapason, mm. 409 verso l’alto, e dall’alto
verso il basso 761,9, lunghezza che dovrà avere colla riduzione la tavola. Ecco
come la tavola diminuita in alto di mm. 31 rimane di 761,9. Suddividiamo ora
questa lunghezza in 72 parti eguali, ed ecco che ogni parte corrisponde a mm.
10,58 (10,58 x 72 = mm. 761,9). Nel piano armonico segnamo sulla parte 18 ᵃ e
sulla parte 52ᵃ l’asse verticale delle due semicalotte sferiche che dalla parte
centrale della tavola ne raccordano anche in senso radiale pure gli estremi.
Nella tavola di fondo tali semicalotte le segneremo sulle parti 23 ᵃ e 48ᵃ. Sulla
41ᵃ parte nella tavola di fondo, con una normale all’asse di simmetria
(longitudinale) passante per quella segnamo la linea di foco; e sulla parte 38 ᵃ
nel piano armonico segnamo con altra normale il diametro di gravità. La tavola
nelle sue dimensioni in senso longitudinale e nei suoi punti di riferimento
acustici è così segnata. Vediamo ora in senso trasversale. Le dimensioni delle
tavole del nostro bassetto sono:

Lunghezza tavola alla linea di gravità mm. 320


» » in alto mm. 404
» » in basso mm. 488
Distanza in alto tra gli occhi terminali mm. 120
Lunghezza diapason mm. 440

410
Quelle del violoncello (Belsart) di Stradivari del 1689, al quale per epoca e
scuola per la riduzione vogliamo riferirci misurano:

Larghezza di tavola alla linea di gravità mm. 260


» » » ih alto mm. 352
» » » in mezzo delle )( mm. 230
» » » in basso mm. 450
Distanza in alto tra gli occhi terminali mm. 92
Lunghezza di diapason mm. 405

Il grafico 148, pag. 411, dimostra linea e dimensioni dopo l’operazione, la


quale però non viene da noi praticata empiricamente pel solo gusto estetico, ma
in base a dati fisici e criteri costruttivi come dai nostri studi dimostrati. Infatti:
È dalla linea di gravità, diapason, che siamo partiti per ridurre e portare la
tavola nella sua lunghezza. Dalla stessa dobbiamo ora partire per stabilirne la
lunghezza nelle varie sue parti. Ciò perché dobbiamo conservare i fori armonici
o ff nella loro precisa posizione e figura. La distanza tra di loro degli occhi o
fori terminali superiori di dette ff è in relazione allo spostamento laterale
dall’asse longitudinale dell'anima; e di conseguenza, anche alla posizione della
catena o sbarra. Lo spazio di tavola tra di essi, oltre ad avere per la sua
continuità di fibre un perché statico, ha grande importanza dal lato acustico. La
larghezza della cassa alla linea di gravità della tavola armonica deve contenere
un segmento di una circonferenza il cui raggio corrisponde alla terza parte in
lunghezza della ta-vola, sottesa in un angolo di 60°. Detto arco di cerchio nella
tavola del violoncello è sotteso in un angolo di soli 50°. Essendo nelle tavole di
questo strumento il raggio di curvatura trasversale interna della tavola
lievemente aumentata da mm. 255 a mm. 300, la sua larghezza nell’angolo di
50° sarà di mm. 255; la completa larghezza esterna di tavola a detta linea
(fascia e bordo compreso) di mm. 280 e la larghezza minima della tavola al
mezzo tra le due )( sulla parte 32½ circa, di mm. 234. Nello spostamento
laterale dall’asse longitudinale, l’anima nel violoncello, dobbiamo calcolarla
sottesa in un circolo inscritto in un angolo di 15° della curvatura trasversale
interna della tavola. Nello stesso angolo deve pure essere sottesa la linea di
connessione della sbarra o catena.
Nella tavola, la larghezza di detto arco è di mm. 79. Data la distanza dei
centri dei due fori terminali superiori delle ff, tra di loro in mm. 110, ed il
limite circolare di massima rientranza al mezzo della tavola, tra di loro circa
mm. 93, ecco che, sia la catena o sbarra, che l’anima, nelle loro posizioni non
risentono della interruzione di tavola nellavcontinuità di fibre. Cosi il
411
ponticello, che, con l'estremo limite nella larghezza dei suoi due piedini, esso
pure deve essere sotteso ad un eguale numero di gradi. E quindi necessario
ridurre nella larghezza la tavola in modo che questa alla linea di gravità disti
dall’asse, nella parte interna (fra le fasce) di mm. 127,5 - in totale mm. 255;
nella larghezza esterna di tavola sulla parte 32½ di mm. 117, in totale mm.
234; ed ai margini verso il mezzo della tavola, dell’occhio superiore della ff di
mm. 46,5 - in totale mm. 93 tra di loro. Restringendo adunque la tavola
ncH’estremo limite superiore di mm. 38 (mm. 19 per parte dall’asse di
simmetria) e di mm. 22 (Il per parte) nel suo estremo limite al basso, ecco che
rincollate le due parti di tavola sul nuovo asse di simmetria., avremo la tavola
nelle misure desiderate. Diminuiamo ora le curvature nella linea perimetrale sia
nella parte in alto che in quella al basso (conservando le caratteristiche esteriori
dello strumento) di quel tanto necessario per mantenere col l'equ ilibrio la
gravità di tavola sulla 38a parte. Raccordiamo dagli angoli le controcurve nelle
rientranze centrali con la larghezza esterna alla linea di gravità, ed avremo le
misure in larghezza seguenti:

Larghezza tavole in alto in mm. 352


» » al mezzo in mm. 234
» » alla linea di gravità in mm. 260
» » al basso in mm. 450
Distanza fra gli occhi terminali superiori delle ff in mm. 93
Lunghezza del diapason alla linea di gravità in mm. 409

Vediamo ora di stabilire la posizione e la distanza tra di loro delle due


tavole; il loro foco sull’asse o punto focale e la giusta altezza delle fasce. Lo
spessore di massima elevazione esterna della tavola armonica del bassetto era
di mm. 34. La larghezza dell’arco di curvatura interna sottesa a 50 gradi; lo
spessore massimo di tavola mm. 7; la sua freccia di mm. 27.
Quello della tavola di fondo mm. 27; la larghezza dell'arco di curvatura
sottesa a 42°; lo spessore di tavola mm. 7; la sua freccia di mm. 20. L'altezza
della sua fascia mm. 120. Causa la riduzione delle tavole, anche la massima
elevazione esterna di esse è lievemente diminuita. È pure diminuita nel numero
di gradi la larghezza dell'arco e di conseguenza anche la sua freccia. La
massima elevazione esterna del piano armonico è ridotta a mm. 30 ed il suo
arco di curvatura intema sotteso a soli 45°. Quella della tavola di fondo, a mm.
23, ed il suo arco di curvatura interna sotteso a 40°.
Il ravvicinamento poi delle due parti di tavola al mezzo sull’asse ha
lievemente deformata la curvatura trasversale interna di esse. Ѐ quindi
412
necessaria l’applicazione per una larghezza di 90 mm, circa sull’asse fra le assi
delle due scmicalotte (dalla parte 18ᵃ a quella 52ᵃ) del piano armonico, e dalla
23ᵃ alla parte 48ᵃ nella tavola di fondo di una fodera di legno eguale a quello
della tavola e di eguale direzione di fibra; di mm. 3 di spessore, per raccordare
e condurre rego lare la curvatura. Fig. 149. Lo spessore primitivo di tavola era
di mm. 7, Nella tavola regolata nella sua curvatura detto spessore sarà
aumentato di circa mm. 2; e quindi di tanto sarà anche diminuita la sua freccia.
La vera freccia del piano armonico sarà quindi di mm. 25, e di mm. 17 quella

Fig. 149.

della tavola di fondo. Non è possibile correggere tale diminuzione di massima


elevazione di tavola se non aumentando lo spessore di tavola al bordo, cosa
antiestetica. A conoscenza ora del raggio di curvatura trasversale interna delle
tavole, della loro freccia e dello spostamento laterale dell’asse dell’anima,
troviamo col solo calcolo il punto focale sull’asse, la posizione tra di loro delle
tavole e la giusta altezza delle fasce. Nel violoncello nello spostamento laterale
l’anima è sottesa in un angolo di 15 gradi della curvatura interna trasversale
della tavola, dall’asse gradi 7½. Tale sua posizione porta il punto focale
sull’asse minore di 1/56 della metà del raggio. Eccone il facile calcolo:
Tavola armonica e fondo, criterio costruttivo sec. XVII.
Raggio di curvatura trasversale interna
mm. 300 : 56 = mm. 5357 — 1/56 del raggio;
Raggio di curvatura trasversale interna
mm. 300 — mm. 5,357 = mm. 294,64 — raggio meno 1/56;
Rimanenza raggio meno 1/56 = mm. 294,64 : 2 = mm. 147,32 punto
focale sull’asse ed altezza interna cassa fra le due tavole.
Freccia delle due tavole:
armonica mm. 25 + fondo 17 mm. = mm. 42 totale freccia.
Altezza punto focale sull’asse mm. 147,32 - totale freccia mm. 42 = mm.
105,32 quale altezza dovuta alle fasce per tutto il loro svolgimento
perimetrale.
Questo importante calcolo che varia fra i vari strumenti a seconda dello
spostamento laterale dell’anima, e del numero di gradi a cui è sottesa, dimostra
la capitale importanza di detta nella costruzione come dalla sua posizione
dipenda la giusta altezza delle fasce e come questa non possa determinarsi, ne

413
empiricamente ne copiandola. Una ultima considerazione dobbiamo fare, e
cioè questa. Nella riduzione pel ravvicinamento sull’asse delle due parti di
tavola in senso longitudinale, abbiamo tracciata su dette una linea lievemente
inclinata convergente verso il basso. Le fibre dell’abete del piano armonico da
parallele all’asse vengono ora colla connessione di tavola a trovarsi disposte
divergenti dall’asse verso il basso. La linea di connessione della catena in
questo caso deve essere parallela all’asse di simmetria e tangente esternamente
al circolo inscritto nell’angolo dello stesso numero di gradi dello spostamento
laterale dell’anima (15-17 gradi). La grossezza della catena nella parte a
contatto della tavola deve essere eguale al diametro dell’anima; il suo spessore
od altezza, in rapporto allo spessore massimo della tavola. La sua lunghezza
(dato il criterio costruttivo del sec. XVII) sarà di circa mm. 560. La larghezza
del ponticello tra gli estremi dei suoi piedini a contatto sulla tavola deve essere
eguale alla larghezza dell’arco a cui sono sottese anima e sbarra, quindi di mm.
92.
Praticamente, segnata e ritagliata la linea
di contorno nelle riduzioni avvenute,
disponiamo il cartone sulla costola del
prisma triangolare onde accertarne con
l’equilibrio la gravità, eventualmente
correggendo nel contorno la linea
rastremata. Diminuiamo nelle parti ridotte, al contorno la tavola della larghezza
del bordo compreso il filetto prestando particolare cura ai quattro angoli,
disponiamo il cartone così segnato sul convesso di tavola e segnamone la linea
su questa. Con una fine sega o meglio con un appuntito e ben affilato coltello
togliamo dalla tavola a ridurre il bordo col relativo filetto e gli angoli, che
disporremo con cura a parte per poi riconnetterli adattandoli alla nuova linea di
tavola allorché rifagliata sarà pronta a riceverli, e portiamo la tavola nelle
dovute dimensioni. Riconnessi alla tavola il vecchio bordo con filetto, è
necessario rinforzare questi nella parte a contatto colla fascia, cosa che faremo
aggiungendo un lieve spessore di legno diminuendo di tanto nel bordo e
raccordando oltre nella tavola con catenaria la curva interna per ottenere buon
appoggio sulla controfascia e fascia per la spinta. Fig. 150. Regolate sulla
nuova linea di contorno la fascia, è ridotta da mm. 120 a mm. 105,32 la sua
altezza, questa fascia è pronta per la connessione alle tavole a formazione nelle
nuove dimensioni della cassa. Dal punto di vista estetico, occorre naturalmente
cura nell’operare, acciò non si abbiano, od almeno abbia, il meno possibile a
scorgersi di tracce nelle riduzioni avvenute, accompagnando poi la vernice, ed
attenendosi al puro necessario senza eccedere.
414
INDICE
Premessa Pag.

I
PARTE TEORICA

I - I predecessori immediati, l'inventore ed i probabil


primi costruttori ............................6
II - La cassa armonica degli strumenti ad arco . . . . . . . . . . . . .23
III - Parti vitali della cassa: anima, catena e ponticello . . . . . . . 45
IV - Tecnica costruttiva antica ...... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .95
V - Le regole di Antonio Bagatella . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
VI - Preparazione esterna della cassa consistendo di into
nacatura e verniciatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .161
VII - Espressione artistica esteriore delle opere dei principali
liutai delle scuole bresciane e cremonesi . . . . . . . . . . . . . 170

II
PARTE PRATICA

I - Preliminari alla costruzione .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .188


II - Costruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . .226
III - Abbozzamento approssimativo della parte convessa
esterna delle tavole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .249
IV - Parte esterna e spessori tavole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .316
V - Relazione tra le dimensioni, néi vari strumenti ad arco
derivanti dal violino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379

415

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