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«“S
ei una frignona!” “Che
fifona!” “Non fare i
capricci!” Se siete simili a
me, avrete sentito tante volte frasi come
queste, e avrete forse pensato che in voi
c’era qualcosa di diverso. Anch’io mi ero
convinta di avere un difetto di fondo, che
dovevo nascondere e che mi condannava a
una vita di secondo piano. Pensavo di essere
sbagliata.
In realtà non è così: c’è qualcosa di molto
giusto in voi e in me. Se risponderete
“vero” a dodici o più delle domande del test
che troverete nel libro, allora siete esseri
umani molto speciali, Persone Altamente
Sensibili. E questo libro fa per voi.»
Questo libro è rivolto alle Persone
Altamente Sensibili (HS P ), una definizione
coniata dalla dottoressa Elaine Aron per
esprimere una maggiore ricettività nei
confronti della stimolazione, fatto di per sé
non negativo né positivo.
Avere un sistema nervoso molto sensibile
è, infatti, del tutto normale. È una
caratteristica che contraddistingue circa il
15-20 per cento della popolazione. Questo
significa semplicemente che siete in grado di
percepire moltissimi dettagli del vostro
ambiente: un grande vantaggio in molte
situazioni. Ma significa anche subire uno
stress maggiore se rimanete troppo a lungo
in un ambiente stimolante, bombardati da
immagini e da suoni che vi stordiscono.
Essere altamente sensibili quindi ha in sé
vantaggi e svantaggi.
Nella nostra cultura, però, questo tratto
di personalità non è considerato ideale,
anzi: genitori e insegnanti, pur con le
migliori intenzioni, hanno probabilmente
cercato di aiutarvi a “vincere” il vostro
modo di comportarvi e reagire, come se
fosse un difetto.
Questo libro, che per la prima volta
fornisce informazioni dettagliate e
fondamentali su questo specifico tratto della
vostra personalità, è frutto di anni di
ricerche, di interviste, di esperienze cliniche,
di corsi e di consulti individuali con
centinaia di HS P .
Un libro divenuto un classico della
psicologia, capace di cambiare le vostre vite.
L’autrice
PERSONE ALTAMENTE
SENSIBILI
Come stare in equilibrio quando il mondo ti
travolge
Caretaker: letteralmente
“custode/guardiano”, in realtà si riferisce
più genericamente a “chi si prende
cura”, ed è utilizzato in lingua inglese
per indicare le figure, genitoriali e no,
che prendono parte all’educazione dei
bambini. È quindi utilizzato al posto di
“parent” (ovvero genitore) proprio perché
omnicomprensivo delle molteplici figure
che possono giocare un ruolo importante
nell’educazione e nella crescita dei
bambini, come per esempio nonni, zii,
figure adottive, e anche educatori o
babysitter, se si trovano in rapporto
continuativo con il bambino.
La prima ricerca
I primi studi pubblicati da noi 4 (da me e mio
marito, il quale è davvero bravo a organizzare
ricerche) portarono alla formulazione del test
per la Persona Altamente Sensibile (Higly
Sensitive Person o HS P, PAS in italiano),
presente in questo libro. La nostra ricerca
voleva anche dimostrare che l’alta sensibilità
non equivale all’introversione o al
“nevroticismo” (definizione con cui in gergo
si indica la tendenza a essere depresso o
eccessivamente ansioso). Avevamo ragione: il
tratto di personalità non era lo stesso. Ma era
fortemente associato al nevroticismo. Avevo
intuito – e la nostra seconda serie di studi, 5
pubblicati nel 2005, lo confermò – che le HS P
con un’infanzia problematica rischiano di più
di diventare depresse, ansiose e timide
rispetto alle persone meno sensibili con
un’infanzia similare; mentre le HS P che
hanno avuto un’infanzia abbastanza positiva
non sono più a rischio delle altre. C’erano
anche indicazioni – moltiplicatesi negli anni –
del fatto che esse stessero meglio delle
persone non altamente sensibili con una
buona infanzia, come se fossero influenzate
dall’ambiente molto più degli altri. Uno
studio successivo di Miriam Liss e
collaboratori 6 arrivò alla stessa conclusione,
principalmente per quanto riguarda la
depressione. Ricordatevi comunque che
stiamo parlando della media dei dati. Alcune
persone altamente sensibili con una buona
infanzia possono essere depresse, mentre
altre con un’infanzia problematica possono
non esserlo. Inoltre ci sono molti altri fattori,
non solo un’infanzia difficile, che possono
influenzarci. Il livello di stress in cui viviamo
è sicuramente molto importante.
L’interazione fra il tratto di personalità e
l’ambiente dell’infanzia spiega l’associazione
relativamente forte tra nevroticismo, o
sentimenti negativi, e alta sensibilità che
avevamo trovato nel primo studio. Circa metà
delle domande nel nostro test per le HS P
riguarda sentimenti negativi: «mi sento a
disagio...», «mi sento in crisi...», «sono
infastidito...» e così via. Dal momento che
molte HS P hanno avuto un’infanzia difficile,
spesso perché nessuno ha compreso il loro
temperamento, i persistenti sentimenti
negativi dovuti al tratto di personalità
possono portarli a sentirsi ancora più a
disagio, in crisi e infastiditi in situazioni che
disturbano in qualche modo ogni persona
sensibile. Tutto ciò si somma
all’ipersensibilità e al nevroticismo per una
ragione che non ha niente a che fare con il
tratto di personalità. Quando ora utilizziamo
il test, abbiamo vari metodi per interrogare le
persone su quante emozioni negative
provano di solito e per tenerne conto
statisticamente.
Sfortunatamente, alcuni studi clinici 7 sul
rapporto tra l’essere altamente sensibili e
l’essere, per esempio, ansiosi, stressati o
fobici non ne hanno tenuto conto, dando
l’impressione che tutte le HS P abbiano questi
problemi. Quindi non li prenderò in
considerazione.
La serotonina e le HSP
La scoperta dell’impatto addizionale
dell’infanzia, felice o infelice che sia, sulle
HS P aggiunge qualcosa di importante ad
alcune cose che ho scritto nel capitolo sui
medici e sui farmaci. Ho citato uno studio di
Stephen Suomi su una minoranza di scimmie
rhesus nate con un tratto di personalità in
origine chiamato up tight (ansioso, nervoso),
poiché erano più condizionate dall’essere
state allevate in situazioni stressanti. Non
solo apparivano più depresse e ansiose, ma,
come gli esseri umani depressi, avevano
meno disponibilità di serotonina nel cervello,
un disturbo corretto dagli antidepressivi. La
serotonina è un neurotrasmettitore utilizzato
in almeno 17 aree del cervello per trasmettere
informazioni. Si scoprì che queste scimmie
avevano una variante genetica che provocava
generalmente un basso livello di serotonina,
e questo livello era ulteriormente diminuito
dallo stress. Anche gli esseri umani
ipersensibili sembrano condividere la stessa
variante genetica. È interessante notare che
essa si trova soltanto in due specie di primati,
gli esseri umani e le scimmie rhesus,
entrambe altamente sociali e capaci di
adattarsi a un’ampia gamma di ambienti.
Come spiegarlo? Forse i membri altamente
sensibili di un gruppo sono più capaci di
notare i piccoli dettagli, come i cibi che si
possono mangiare senza danni e i pericoli da
evitare, il che permette loro di sopravvivere
meglio in un luogo nuovo.
In tutti noi sono presenti molte altre
varianti genetiche riguardanti, per esempio,
capelli, occhi e colore della pelle, oppure
speciali capacità o determinate fobie. Alcune
di queste varianti non hanno alcuno scopo;
altre sono utili o inutili (o persino dannose) a
seconda dell’ambiente. Se vivete in un paese
in cui si trovano molti serpenti velenosi,
averne una paura innata può essere un
vantaggio, ma forse diventa un problema se
volete fare l’insegnante di scienze naturali.
Comunque dopo che scrissi il libro e
illustrai il problema delle scimmie, una
ricerca svolta in Danimarca da Cecilie Licht e
collaboratori 8 ha suggerito che le HS P
abbiano la stessa variante genetica. Per anni,
la ricerca ha indagato soltanto il rapporto fra
un basso livello di serotonina e la
depressione, e i risultati sono stati
inconcludenti, probabilmente perché in
alcuni studi erano state inavvertitamente
incluse troppe persone ipersensibili con
un’infanzia troppo positiva per sviluppare
depressione.
Dovevano esserci alcune valide motivazioni
perché così tante persone avessero uno
svantaggio evolutivo come la “tendenza alla
depressione”. Oggi un nuovo studio 9
dimostra che questa variante genetica, che
provoca un basso livello di serotonina nel
cervello, produce anche benefici, per esempio
un rafforzamento della memoria, migliori
capacità decisionali e un migliore
funzionamento cerebrale, oltre a una salute
mentale più salda rispetto a quanto
riscontrato in altre persone che avevano
goduto di esperienze di vita positive. Uguali
benefici mentali sono presenti anche nelle
scimmie rhesus con la stessa variante
genetica. 10 Forse la migliore confutazione
dell’immagine di debolezza e di malattia
associata alle HS P è uno studio di Suomi 11 da
cui risulta che è più probabile che le scimmie
rhesus con questo tratto di personalità, se
allevate da madri esperte, mostrino
“precocità di sviluppo”, resilienza allo stress
e capacità di diventare leader del loro gruppo
sociale.
Seguendo lo stesso filone d’analisi, un
crescente numero di ricerche di altri
studiosi 12 suggerisce che esistano alcuni
individui particolarmente sensibili (e quindi
più suscettibili all’influenza dell’ambiente),
per esempio i bambini che sono stati più
influenzati dai genitori, dagli insegnanti o da
interventi positivi. Qual è il tratto di
personalità che provoca tutto questo “nel
bene e nel male”?
Che cosa ci rende così diversi?
Come ho scritto in questo libro, in molte
specie – ormai più di cento, 13 compresi i
moscerini della frutta e alcuni pesci – esiste
una minoranza di individui altamente
sensibili. Benché ovviamente questa
caratteristica della personalità porti a
differenti comportamenti a seconda che si
tratti di moscerini della frutta, di pesci, di
uccelli, di cani, di cervi, di scimmie o di esseri
umani, in generale la minoranza che l’ha
ereditata ha adottato una strategia di
sopravvivenza che consiste nel prendersi del
tempo per controllare, per osservare, per
riflettere e per elaborare più profondamente
ciò che sta osservando, prima di decidere cosa
fare. Una certa lentezza nell’azione, però, non
è la caratteristica distintiva di questo tratto di
personalità. Quando gli individui
ipersensibili vedono che la situazione
corrente è simile a una passata, grazie a ciò
che hanno imparato riflettendo su di essa,
sono in grado di reagire a un pericolo o a una
opportunità più velocemente degli altri. Per
questo motivo è stato difficile comprendere
l’aspetto più basilare del nostro tratto di
personalità: la profondità dell’elaborazione.
Gli altri individui, non conoscendo la ragione
per cui qualcuno si fermava prima di agire,
non potevano capire che cosa stesse
avvenendo. E quindi molto spesso le HS P
venivano considerate inibite, timide, timorose
o introverse (in realtà, il 30 per cento di
loro 14 è estroverso, e molti introversi non
sono HS P ). Alcune HS P accettavano tali
etichette, non riuscendo a spiegare in altro
modo le loro esitazioni. Inoltre, molti di noi –
così come spiegherò nel capitolo 5 –
sentendosi diversi e difettosi, trovavano
calzante la definizione “timido o impaurito
dal giudizio sociale”. Altri riconoscevano di
essere diversi, ma lo nascondevano e si
adattavano, comportandosi come la
maggioranza degli individui non sensibili.
Capire perché ci siamo evoluti in tal modo
può dirci molto di più su noi stessi di quanto
sapessi quando ho scritto questo libro. A quel
tempo pensavo che la nostra sensibilità si
fosse evoluta così perché il tratto di
personalità era utile al gruppo più ampio, in
quanto gli individui sensibili sono in grado di
percepire un pericolo o un’opportunità che
gli altri non vedono, e questi ultimi, una volta
allertati, possono intervenire. Questa
interpretazione è ancora parzialmente vera,
ma potrebbe anche trattarsi solo di un effetto
collaterale del tratto di personalità. L’attuale
spiegazione deriva da un modello informatico
messo a punto da alcuni biologi dei Paesi
Bassi. Max Wolf e i suoi colleghi 15 erano
curiosi di scoprire come la sensibilità potesse
evolversi, e quindi impostarono un test
usando un programma che escludesse tutti
gli altri fattori. Poi modificarono solo pochi
elementi per volta e verificarono che cosa
succedeva nelle varie situazioni e con varie
strategie. Volevano capire se l’alta sensibilità
poteva essere un tratto di personalità
abbastanza vantaggioso da conservarsi
evolutivamente in una popolazione, dato che
un tratto che ci crea problemi nella vita non
può riprodursi a lungo.
La strategia della sensibilità fu testata
impostando uno scenario in cui un individuo,
immerso in una situazione A ed essendo più
sensibile a tutto ciò che vi accadeva, aveva più
successo in una situazione B grazie alle
informazioni che aveva raccolto (gli studiosi
dovettero anche variare l’ammontare dei
benefici associati alla buona riuscita nella
situazione B). Lo scenario opposto prevedeva
che l’apprendimento avvenuto nella
situazione A non fornisse alcun aiuto nella
situazione B, perché i due tipi di situazione
non avevano niente in comune. La domanda
era: quali condizioni avrebbero potuto
mostrare l’evoluzione più vantaggiosa fra i
due tipi di individui, quello che utilizzava la
strategia dell’apprendimento dall’esperienza
e quello che non lo faceva? Risultò che le due
strategie portavano solo benefici poco
significativi, il che spiega perché i due tipi
continuino a coesistere tra le persone.
Penserete forse che essere sensibili sia
sempre positivo; spesso invece non lo è.
Inoltre la sensibilità è utile all’individuo solo
se è una dote di pochi. Se tutti fossero
sensibili, non ci sarebbe alcun vantaggio; in
effetti, se tutti conoscessero una scorciatoia, e
usassero quella informazione, nessuno
sarebbe più avvantaggiato. In sostanza,
l’ipersensibilità (o “responsività”, come
l’hanno definita questi biologi) consiste nel
prestare più attenzione degli altri ai dettagli e
poi nell’utilizzare questa conoscenza per
prevedere meglio il futuro. Talvolta tale
comportamento dà buoni risultati, ma altre
volte non comporta alcun vantaggio.
Come sapete bene, la sensibilità ha il suo
prezzo. Può essere uno spreco di energia se
ciò che sta accadendo ora non ha nulla a che
fare con le esperienze passate. Inoltre, se
un’esperienza passata era stata molto
negativa, le HS P possono generalizzarla e
cercare di evitarla o sentirsi ansiose in troppe
situazioni, proprio perché le nuove
esperienze assomigliano in parte a quelle
vecchie. Ma il costo più elevato dell’essere
sensibili è la possibilità che il nostro sistema
nervoso si sovraccarichi. Ognuno ha un limite
nella quantità di informazioni o di stimoli che
può ricevere prima di sentirsi oberato,
sovreccitato, sfinito o sopraffatto! Noi HS P lo
raggiungiamo semplicemente prima degli
altri. Fortunatamente, non appena possiamo
riposarci, ci riprendiamo bene.
Considerazioni finali
Studiare l’alta sensibilità è stato per me uno
straordinario viaggio. Tutto iniziò con una
semplice curiosità su qualcosa che una
persona aveva detto di me. Feci alcune
interviste a individui che pensavano di essere
altamente sensibili, ma non avevo nessuna
intenzione di compiere altre ricerche e
sicuramente non di scrivere un libro. Poi,
come mi piace dire, mi resi conto che avevo
imboccato una nuova strada e che dietro di
me si stava formando un corteo di persone
che erano “altamente sensibili”, pur non
avendo mai sentito questa espressione.
Molto spesso mi sono domandata: “Come
hai fatto a scoprire un nuovo tratto di
personalità?”. La risposta è che la sensibilità
non è un fenomeno nuovo, ma che è difficile
da notare osservando semplicemente il
comportamento degli individui, ossia con il
metodo applicato di solito dalla psicologia.
Gli psicologi e la gente comune utilizzavano
definizioni che non erano precise, come
timidezza e introversione. Noi HS P abbiamo
reso particolarmente difficile agli altri notare
il nostro tratto di personalità perché siamo
così sensibili all’ambiente che ci
comportiamo come i camaleonti: ci
adattiamo, facendo tutto quello che occorre
per mimetizzarci. Io mi sono trovata in una
duplice posizione, quella di una scienziata
curiosa e al contempo di una persona
altamente sensibile, in grado di conoscere
questa esperienza dall’interno. Inoltre, come
scrissi nella prefazione originale, focalizzarmi
sulla mia stessa sensibilità richiese un aiuto
esterno, dopo che avevo avuto una “iper ”
reazione a una procedura medica.
Quando veniamo osservati, la prima cosa
che si nota in noi è che “iper ” reagiamo
rispetto agli altri – una caratteristica che
corrisponde alla O della sovrastimolazione
(overstimulation) e alla E di una più forte
reazione emotiva (emphasis). Ma siamo una
minoranza, quindi ovviamente non siamo più
nella media e non ci comportiamo come la
maggior parte delle persone. Sono queste
evidenti O ed E che fanno credere a noi e agli
altri che abbiamo un difetto. In più, poiché le
HS P con un passato tormentato hanno un
minor controllo sulle loro reazioni, il tratto
viene associato a persone con gravi difficoltà
psicologiche. Le poche manifestazioni visibili
di ciò che indichiamo con le iniziali D e S (la
profondità, depth, dell’elaborazione e la
consapevolezza dei dettagli, subtleties)
possono facilmente passare inosservate o non
venire comprese. Per esempio, se ci occorre
troppo tempo per “entrare in una situazione”
o prendere una decisione, può sembrare di
nuovo qualcosa di anomalo, un problema
potenziale e quindi un difetto. Risulta perciò
trascurabile il fatto che alla fine prendiamo
buone decisioni. Questa sorta di lentezza
potrebbe essere causata da molti altri fattori
oltre alla sensibilità, per esempio dalla paura
o perfino dalla scarsa intelligenza. Ma è
quello che avviene all’interno – fuori dalla
vista – che porta a distinguere la nostra
minoranza altamente sensibile dagli altri.
Sono lieta allora di avere a disposizione
nuove metodologie di osservazione del
cervello, che mostrano queste differenze, e
ringrazio tutti voi che vi siete fatti avanti per
dire «sì, succede anche a me».
Perciò festeggiamo! Magari con un corteo!
Prefazione
Cosa vi serve
Ho scoperto che ci sono quattro approcci in
grado di aiutare le HS P ; li spiegherò a poco a
poco nei capitoli successivi.
Chi sono io
Sono una ricercatrice in psicologia,
professoressa universitaria, psicoterapeuta e
scrittrice. Ciò che conta di più, comunque, è
che sono una HS P come voi. Non scrivo
affatto dall’alto di un pulpito per aiutare voi,
anime tormentate, a vincere la vostra
“sindrome”. Conosco personalmente il nostro
tratto di personalità, le sue risorse e le sue
sfide.
Da piccola, a casa, mi nascondevo dal caos
della mia famiglia. A scuola evitavo gli sport,
i giochi e gli altri bambini in generale. Che
miscuglio di sollievo e di umiliazione provai
quando la mia strategia ebbe successo e io fui
totalmente ignorata!
Durante la scuola media una persona
estroversa mi prese sotto la sua ala. Al liceo
quella relazione continuò, e in più io studiavo
per la maggior parte del tempo.
All’università, invece, la mia vita divenne
molto più difficile. Dopo molte soste e
ripartenze, compreso un matrimonio durato
quattro anni quando ero troppo giovane,
finalmente fui ammessa alla confraternita Phi
Beta Kappa dell’Università della California, a
Berkeley. Eppure trascorrevo la maggior parte
del tempo a piangere in camera, credendo di
impazzire. (Le mie ricerche hanno scoperto
che ritirarsi in solitudine, spesso per
piangere, è un comportamento tipico delle
HS P .)
Poiché studiavo per una specializzazione,
mi fu fornito un ufficio, in cui spesso mi
rinchiudevo, cercando di ritrovare la calma. A
causa di queste reazioni interruppi gli studi,
anche se venivo fortemente incoraggiata a
continuare fino al dottorato. Ma mi ci vollero
venticinque anni per ottenere le informazioni
sul mio tratto di personalità che mi
permisero di capire il mio comportamento e
così completare gli studi per il dottorato.
A ventitré anni incontrai il mio attuale
marito e intrapresi una vita molto tranquilla,
scrivendo e allevando mio figlio. Ero allo
stesso tempo felice e piena di vergogna per
non essere “là fuori”. Ero vagamente
consapevole di aver perso alcune opportunità
di studio, di riconoscimento delle mie
capacità e di relazione, in modo più vasto, con
tutti i tipi di persone. Ma vista la mia amara
esperienza, pensai di non aver avuto scelta.
In ogni caso riuscii a evitare alcuni eventi
traumatizzanti. Dovetti sottopormi a un
trattamento medico da cui credevo di
riprendermi in poche settimane. Invece per
mesi il mio corpo fu preda di incontrollabili
reazioni fisiche ed emotive. Così dovetti di
nuovo fronteggiare quel misterioso “difetto”
che mi rendeva tanto diversa. Tentai con la
psicoterapia. E fui fortunata. Dopo avermi
ascoltato per alcune sessioni, la mia terapeuta
disse: «Ma certo che eri sconvolta: sei una
persona altamente sensibile».
“Di cosa si tratta?” pensai. “Di una scusa?”
Lei mi spiegò che, pur non avendo riflettuto
molto su questo problema, dalla sua
esperienza le risultava che la tolleranza agli
stimoli variava radicalmente da persona a
persona, così come la loro propensione a
trovare un significato profondo in certe
esperienze, buone o cattive che fossero.
Secondo lei, una tale sensibilità non era
affatto sintomo di un difetto o di un disturbo.
O almeno sperava di no, dato che era anche
lei altamente sensibile. Ricordo il suo sorriso:
«...come lo sono la maggior parte delle
persone che mi sembra valga la pena di
conoscere».
Trascorsi parecchi anni in terapia, e furono
ben spesi, poiché lavorai su varie questioni
relative alla mia infanzia. Tuttavia
l’argomento centrale divenne l’impatto di
questo tratto di personalità. Ero convinta di
avere un grave difetto. Da una parte c’era la
disponibilità degli altri a proteggermi in
cambio della mia immaginazione, della mia
empatia, della mia creatività e della mia
intuizione, doti che io apprezzavo poco di me
stessa. E dall’altra c’era il mio inevitabile
isolamento dal mondo. Ma, a mano a mano
che sviluppavo questa intuizione, fui in grado
di rientrarci. Ora provo un grande piacere a
essere parte delle cose, a essere una
professionista e a condividere i doni speciali
della mia sensibilità.
Le prime ricerche
Quando la conoscenza del mio tratto
cominciò a cambiare la mia vita, decisi di
leggere di più in proposito, ma c’era
pochissimo materiale disponibile. Pensai che
l’argomento più vicino potesse essere
l’introversione. Lo psichiatra Carl Jung aveva
scritto molte cose intelligenti a riguardo,
definendola come la tendenza a volgersi
all’interno. Il lavoro di Jung, egli stesso una
HS P , mi fu di grande aiuto, ma le ricerche
scientifiche sul tema si focalizzavano
sull’idea che gli introversi non fossero
socievoli, e questo mi fece pensare che
l’introversione e l’alta sensibilità fossero state
erroneamente equiparate.
Disponendo di un così scarso materiale,
decisi di inviare una newsletter allo staff
dell’università dove a quel tempo insegnavo.
Chiesi di poter intervistare chiunque si
sentisse altamente sensibile alle stimolazioni,
introverso o predisposto a reagire
emotivamente. Ben presto ebbi più volontari
del necessario.
In seguito, il giornale locale scrisse un
articolo su questa ricerca, e anche se il
quotidiano non aveva pubblicato il mio
indirizzo, circa un centinaio di persone mi
telefonò o mi scrisse, per ringraziarmi,
chiedere aiuto o semplicemente per dirmi:
«Anch’io!». Due anni dopo, c’era ancora
gente che mi contattava. (Talvolta le HS P ci
mettono un po’ a muoversi!)
Basandomi sulle interviste (quaranta, della
durata di due o tre ore ciascuna), concepii un
questionario che distribuii in migliaia di
copie in tutto il Nord America. Inoltre diressi
un’indagine telefonica casuale su un
campione di trecento persone. La cosa
importante è che tutto il materiale di questo
libro si basa su solide ricerche, mie o di altri:
scrivo a partire dalle mie numerose
osservazioni delle HS P , dai miei corsi,
conversazioni, consulti individuali e dalla
psicoterapia svolta con queste persone. Ho
avuto migliaia di opportunità di esplorare le
vite private delle HS P . Nonostante questo,
scriverò ancora “probabilmente” e “forse”
molto più spesso di quanto avvenga nei libri
rivolti a un vasto pubblico, ma credo che le
HS P lo apprezzeranno parecchio.
Svolgendo tutte queste ricerche, scrivendo
e insegnando sono diventata una specie di
pioniera. Anche questo fa parte del
curriculum di una HS P . Spesso siamo i primi a
vedere che cosa sia necessario fare. Man
mano che la fiducia nelle nostre facoltà
crescerà, forse sempre più numerose HS P si
decideranno a parlare apertamente,
ovviamente sempre nel nostro stile
“sensibile”.
Sono coscienzioso.
Mi sorprendo facilmente.
Datevi un punteggio
Sono pazza?
Kristen fu la ventitreesima intervista della
mia ricerca sulle HS P . Era un’intelligente
studentessa del college dagli occhi chiari. Ma
ben presto, durante la conversazione, la sua
voce incominciò a tremare.
«Mi dispiace» sussurrò «ma in realtà ho
chiesto di vederla perché lei è una psicologa e
io devo parlare con qualcuno che possa dirmi
se...» la sua voce si spezzò «se sono pazza.» La
studiai con simpatia. Si sentiva chiaramente
disperata, ma niente di ciò che mi aveva detto
mi dava la sensazione che soffrisse di una
malattia mentale. Tuttavia, a quel tempo,
ascoltavo già con un atteggiamento diverso le
persone come lei.
Riprese subito a parlare, come se avesse
paura che avessi il tempo di rispondere. «Mi
sento così diversa, da sempre. Non intendo
dire... voglio dire, la mia famiglia era
meravigliosa. La mia infanzia fu quasi
idilliaca, finché non iniziai ad andare a
scuola. Anche se mia madre mi dice che sono
sempre stata una bambina scontrosa.»
Riprese fiato. Io dissi qualcosa per
rassicurarla, e lei continuò. «Alla scuola
materna avevo paura di tutto. Anche della
musica. Quando mi passavano vicino
sbattendo pentole o padelle, mi mettevo le
mani sulle orecchie e piangevo.»
Distolse lo sguardo, con gli occhi pieni di
lacrime. «Alle elementari ero la beniamina
dell’insegnante. Però dicevano che ero
“disorientata”.»
Il suo “disorientamento” la portò a
sottoporsi a stressanti test medici e
psicologici. Prima di tutto, per cercare un
eventuale ritardo mentale. Ma, alla fine degli
esami, fu inserita in un programma per
bambini “dotati”, il che non mi sorprese.
Il giudizio però era ancora lì: “C’è qualcosa
di sbagliato in questa bambina”. Fu testato
l’udito. Normale. In quarta elementare, le
venne fatta una scansione del cervello, con
l’idea che la sua introversione fosse dovuta a
piccole crisi epilettiche. Ma il cervello era
normale.
La diagnosi finale? Aveva «problemi a
selezionare gli stimoli». Ma il risultato fu una
bambina convinta di essere difettosa.
Speciale, ma profondamente fraintesa
La diagnosi era giusta, per quello che valeva.
Le HS P devono sopportare molte cose – tutti i
dettagli che gli altri trascurano. Ma ciò che
sembra normale agli altri, come la musica ad
alto volume o una folla, può essere per le HS P
fortemente stimolante e quindi stressante.
La maggior parte delle persone ignora le
sirene, le luci abbaglianti, gli odori strani, la
confusione e il caos. Ma le HS P ne sono
turbate.
La maggior parte delle persone può
sentirsi stanca alla fine di una giornata
passata in un centro commerciale o in un
museo, ma è comunque pronta ad andare a
una festa in serata. Invece le HS P dopo una
giornata simile hanno bisogno di solitudine,
poiché si sentono frastornate e
sovrastimolate.
La maggior parte delle persone entra in
una stanza e nota tutt’al più i mobili e la
gente e nient’altro. Ma le HS P possono
percepire immediatamente, che lo vogliano o
no, l’atmosfera, le amicizie e le inimicizie fra
le persone, l’aria fresca o stantia, la
personalità di chi ha disposto i fiori e così via.
Se siete una HS P , però, difficilmente siete
consapevoli di possedere queste notevoli
doti. Come fare a mettere a confronto
esperienze interiori? Non è facile. Per lo più
vi rendete conto di essere incapaci di tollerare
molte cose, contrariamente agli altri. Vi
dimenticate di appartenere a un gruppo che
ha spesso dimostrato grande creatività,
intuito, passione e premura verso il prossimo:
tutte qualità apprezzate dalla società.
Noi siamo individui complessi con cui
avere a che fare. Il nostro tratto di sensibilità
inoltre comporta che siamo cauti, introversi e
bisognosi di più tempo per stare soli. Poiché
le persone prive di questo tratto (la
maggioranza) non lo capiscono, ci vedono
timidi, deboli o – peccato gravissimo –
asociali. Temendo simili etichette, cerchiamo
di essere come loro, con il risultato di sentirci
sovrastimolati e stressati. E allora questo ci fa
bollare come nevrotici o pazzi, prima dagli
altri e poi da noi stessi.
PUNTO 1
Tutte le persone, HS P o non HS P , si
sentono meglio quando non sono né troppo
annoiate né troppo stimolate.
PUNTO 2
Le persone sono molto diverse fra loro,
nella medesima situazione e a parità di
stimolazione nel sovraccarico del loro sistema
nervoso. 1
Eredità e ambiente
Alcuni lettori si domanderanno se il tratto sia
veramente ereditario, specialmente se si
ricordano il momento in cui tale sensibilità
sembrò avere inizio o accrescersi in modo
significativo.
Nella maggior parte dei casi, la sensibilità
è ereditaria. 22 Ne esistono prove evidenti,
che provengono soprattutto da studi sui
gemelli monozigoti: pur essendo stati allevati
separatamente, essi hanno sviluppato
comportamenti simili, il che suggerisce l’idea
che il comportamento sia almeno in parte
geneticamente determinato.
D’altra parte non sempre i gemelli che
crescono separatamente, anche se identici,
possiedono entrambi lo stesso tratto. Per
esempio, ciascun gemello tenderà a
sviluppare una personalità simile a quella
della madre che lo ha allevato, anche se non è
la madre biologica. Il fatto è che
probabilmente non esistono tratti ereditari
che non possano essere potenziati, attenuati,
creati o eliminati da certi tipi di esperienza.
Per esempio, un bambino che vive una
situazione di stress a casa o a scuola, e che
abbia anche soltanto una lieve tendenza
ereditaria a essere altamente sensibile, finirà
per ripiegarsi su se stesso. Il che spiega
perché i bambini con fratelli e sorelle
maggiori hanno più probabilità di essere
HS P, 23 e questo non ha niente a che fare con i
geni. Analogamente, alcuni studi sui cuccioli
di scimmia traumatizzati dalla separazione
dalla madre hanno scoperto che nell’età
adulta queste scimmie si comportano molto
spesso come quelle dotate di un’alta
sensibilità innata. 24
Alcune circostanze possono invece
attenuare questo tratto. Per esempio, parecchi
bambini altamente sensibili alla nascita
vengono trattati duramente dai genitori, dagli
insegnanti o dagli amici proprio perché
diventino più forti. Vivendo in un ambiente
rumoroso o affollato, in famiglie molto
numerose o spinti a una più intensa attività
fisica, possono perdere un po’ di
sensibilità, 25 proprio come gli animali
sensibili molto coccolati possono perdere un
po’ della loro cautela, almeno con
determinate persone o in situazioni
specifiche. Comunque sembra improbabile
che il tratto scompaia del tutto.
E voi?
Se siete adulti, è difficile appurare se avete
ereditato il tratto o se lo avete sviluppato nel
corso della vita. La miglior prova, benché
molto imperfetta, è chiedere ai vostri genitori
se ricordano che siate stati molto sensibili fin
dalla nascita. Possibilmente, chiedete loro – o
a chi vi ha allevato – di raccontarvi come
eravate nei primi sei mesi di vita.
È più probabile che riceviate maggiori
informazioni se non domandate loro per
prima cosa se eravate sensibili. Chiedete
semplicemente come vi comportavate. Le
storie che vi racconteranno vi spiegheranno
tante cose. Solo allora potrete investigare sui
segni tipici dei bambini altamente sensibili.
Incontravate difficoltà nei cambiamenti, per
esempio quando vi svestivano per farvi il
bagno, quando sentivate rumori o quando
provavate nuovi cibi? Soffrivate spesso di
coliche? Facevate fatica a addormentarvi o
dormivate poco, specialmente quando eravate
molto stanchi?
Ricordatevi che, se i vostri genitori non
avevano cresciuto altri bambini prima di voi,
forse non potevano notare nulla di strano a
quell’età, non avendo alcun termine di
paragone. Inoltre, nonostante le classiche
lamentele per i problemi dei figli, i vostri
genitori potrebbero voler convincere voi e se
stessi del fatto che tutto fosse perfetto nella
vostra infanzia. Potete dire loro, per
rassicurarli, che sapete che hanno fatto del
loro meglio e che tutti i bambini pongono dei
problemi, ma che desiderate conoscere che
tipo di problemi avevate voi.
Magari fategli leggere il test all’inizio di
questo libro. Domandate se loro o qualcun
altro in famiglia aveva quel tratto. Se trovate
parenti sia paterni che materni con questa
caratteristica, ci sono molte probabilità che
voi l’abbiate ereditata.
Ma se invece non trovate nulla, o non siete
sicuri? Forse non è così importante. Ciò che
conta è che l’avete ora. Perciò non
arrovellatevi troppo su questo problema. Il
prossimo argomento è molto più importante.
Indagate i valori della vostra cultura: ciò
che non capite vi nuocerà
Voi e io stiamo imparando a vedere il nostro
tratto come qualcosa di neutrale – utile in
alcune situazioni, non in altre – ma la nostra
cultura non considera in modo neutro
nessuna caratteristica della personalità.
L’antropologa Margaret Mead lo ha spiegato
bene: benché in una determinata società i
neonati mostrino un’ampia gamma di
temperamenti ereditari, solo pochi di essi
vengono considerati ideali. La personalità
ideale per una cultura prende corpo, secondo
le parole di Margaret Mead, «in ogni filo della
trama sociale: nella cura dei bambini, nei
giochi infantili, nei canti popolari, nella
struttura dell’organizzazione politica,
nell’osservanza religiosa, nell’arte, nella
filosofia». 26 Gli altri tratti sono ignorati,
scoraggiati o, se resistono, ridicolizzati. 27
Qual è l’ideale della nostra cultura? I film,
le pubblicità, la configurazione degli spazi
pubblici, tutto ci dice che dovremmo essere
forti come Terminator, stoici come Clint
Eastwood o estroversi come Goldie Hawn.
Dovrebbero piacerci le luci brillanti, il
rumore, le comitive di allegri amici al bar. E,
se ci sentissimo invece sensibili e stressati,
dovremmo prendere un tranquillante.
Il caso di Charles
Charles era una delle rare HS P da me
intervistate che aveva sempre saputo di
essere un individuo altamente sensibile, e lo
aveva sempre ritenuto positivo. La sua
infanzia fuori del comune, e i conseguenti
risultati, sono una bella dimostrazione
dell’importanza dell’autostima e degli effetti
della cultura personale.
Charles si è felicemente sposato per la
seconda volta, e svolge un ammirevole lavoro
di insegnamento accademico ben retribuito.
Nel tempo libero è un pianista di eccezionale
talento. Ed è consapevole che questi doni
sono più che sufficienti per dare un senso alla
sua vita. Dopo aver appreso tutto ciò
all’interno del nostro colloquio, io ero
naturalmente curiosa di conoscere il resto
della sua storia.
Ecco il suo primo ricordo. (Lo chiedo
sempre nelle mie interviste. Anche se non
sempre è preciso, quel che viene ricordato è
spesso ciò che ha dato una specie di tono o
tema alla vita intera.) Charles è in piedi su un
marciapiede, alle spalle di una piccola folla
che sta ammirando una vetrina piena di
decorazioni natalizie. Grida: «Andate via,
voglio vedere!». Tutti ridono, e lasciano che si
metta davanti.
Che sicurezza! Il coraggio di parlare così
semplicemente doveva aver avuto origine in
famiglia.
I suoi genitori infatti erano compiaciuti
della sua sensibilità. Nella loro cerchia di
amici – un ambiente artistico e intellettuale –
la sensibilità era associata a una particolare
intelligenza, a buona educazione e gusti
raffinati. I suoi genitori, non sorprendendosi
che studiasse tanto anziché andare a giocare
con gli altri ragazzi, lo incoraggiarono a
leggere ancora di più. Per loro, Charles era il
figlio ideale.
Con questo background, Charles credeva in
se stesso. Sapeva di aver assorbito eccellenti
gusti estetici e buoni valori morali fin dalla
prima infanzia. Non riteneva di avere difetti.
E, alla fine, comprese di essere un individuo
non comune, parte di una minoranza. La sua
intera cultura non era cosa comune, e lui
aveva imparato a considerarla superiore, non
inferiore. Si era sempre sentito sicuro in
presenza di estranei, anche quando era
entrato prima nella migliore scuola
preparatoria per il college, poi in
un’università della Ivy League, e infine
quando era diventato professore.
Quando gli chiesi se trovava vantaggi nel
suo tratto di personalità, lui non ebbe
problemi a elencarne molti. Per esempio, era
sicuro che da esso dipendesse gran parte
della sua abilità musicale. Lo aveva anche
aiutato ad approfondire la consapevolezza di
sé nel corso di vari anni di psicoanalisi.
Quanto agli svantaggi e al suo modo di
venire a patti con loro, disse che lo
infastidivano parecchio i rumori, tanto che
aveva scelto di vivere in un quartiere
tranquillo e circondato da suoni piacevoli, per
esempio quelli prodotti da una fontana nel
cortile o dalla buona musica. Provava
profonde emozioni, che potevano portarlo
ogni tanto a sentirsi depresso, però aveva
l’abitudine di esplorare e cercare di
migliorare i suoi sentimenti. Sapeva di
prendere la vita troppo seriamente, ma si
sforza di rilassarsi.
La sua esperienza di overarousal
(sovrastimolazione, sovraccarico) consiste
principalmente in un’intensa reazione fisica,
in conseguenza della quale fatica a dormire.
Ma di solito supera questi momenti grazie a
un deciso autocontrollo, «comportandomi in
un certo modo». Quando è stressato dal
lavoro o la sua presenza non è necessaria, si
allontana per “calmarsi camminando”o
suona il piano. Conoscendo la propria
sensibilità, ha evitato deliberatamente di
intraprendere una carriera nel campo degli
affari. Quando fu promosso in un ruolo
accademico che lo stressò molto, fece in
modo di cambiare posizione non appena
possibile.
Charles ha organizzato l’intera esistenza
intorno al suo tratto di personalità,
mantenendo un livello ottimale di attivazione
senza sentirsi, per questo, in difetto. Quando
gli domandai – come sono solita fare – che
consiglio avrebbe dato alle altre HS P , rispose:
«Prenditi il tempo sufficiente a trovare la tua
posizione nel mondo: l’ipersensibilità non è
qualcosa da temere».
PROBLEM I DI S ONNO
Nel profondo
Esiste un altro aspetto del vostro tratto che è
difficile cogliere negli studi o nelle
osservazioni, eccetto quando strane paure e
incubi visitano il bambino (o l’adulto)
altamente sensibile. Per comprendere questo
aspetto, del tutto reale, del tratto, bisogna
uscire dal laboratorio ed entrare nello studio
di uno psicologo del profondo.
Gli psicologi del profondo danno grande
importanza all’inconscio e alle esperienze che
sono state lì accumulate, represse o
semplicemente non espresse verbalmente, e
che da lì continuano a governare la vita
adulta. Non sorprende apprendere che i
bambini altamente sensibili, e anche gli
adulti, abbiano problemi di sonno e
raccontino sogni “archetipici” vividi e
allarmanti. 14 Con l’arrivo delle tenebre, suoni
e forme sottili iniziano a dominare
l’immaginazione, e le HS P le avvertono più
intensamente. Ci sono anche le esperienze
negative del giorno, alcune semi-notate e
altre totalmente represse: tutte turbinano
nella mente proprio quando vorremmo
rilassarla per addormentarci.
Addormentarsi, rimanere addormentati e
tornare a dormire dopo essersi svegliati sono
azioni che richiedono la capacità di calmarsi e
di sentirsi sicuri nel mondo.
L’unico psicologo a occuparsi
esplicitamente dell’alta sensibilità fu uno dei
fondatori della psicologia del profondo, Carl
Jung, e ciò che egli affermò fu importante –
ed eccezionalmente positivo – per ottenere
un cambiamento in questo campo.
Ai tempi in cui Sigmund Freud diede
inizio alla psicoanalisi, un motivo di
controversia fu quanto il temperamento
innato influenzasse la personalità e i
problemi emotivi. Prima di Freud,
l’establishment medico aveva messo in rilievo
le differenze costituzionali innate. Freud
cercò di dimostrare che la “nevrosi” (il suo
tema preferito) era causata da traumi,
soprattutto da sconvolgenti esperienze
sessuali. Carl Jung, allievo di Freud per lungo
tempo, alla fine si allontanò da lui proprio
riguardo alla centralità della sessualità.
Pensava infatti che la differenza
fondamentale si basasse su una maggiore
sensibilità innata. Credeva che quando i
pazienti altamente sensibili subivano un
trauma di tipo sessuale o di altro tipo ne
rimanevano fortemente influenzati, in
maniera non comune, e quindi sviluppavano
una nevrosi. 15 Va notato che Jung sosteneva
che le persone sensibili non traumatizzate
nell’infanzia non sono necessariamente
nevrotiche. In effetti la Gunnar scoprì che il
bambino sensibile con un sicuro
attaccamento alla madre non si sente
minacciato dalle nuove esperienze. Jung
aveva un’alta considerazione delle persone
sensibili, anche perché lo era lui stesso.
Che Jung abbia scritto delle HS P è un fatto
poco noto. (Io stessa lo ignoravo quando
iniziai questo lavoro.) Per esempio, egli disse
che «una certa innata sensibilità produce una
speciale “preistoria”, un modo particolare di
sperimentare gli avvenimenti infantili» e che
«gli eventi legati a impressioni profonde non
possono passare senza lasciare qualche
traccia sulle persone sensibili». 16 Più tardi,
incominciò a descrivere le persone introverse
e intuitive in un modo ancora più positivo.
Pensava che avessero una maggiore necessità
di proteggersi – il che le portava a chiudersi
in se stesse. Ma aggiunse che tali individui
erano «educatori e promotori di cultura ... la
loro vita sta lì ad indicare l’esistenza di
quell’alternativa di cui la nostra civiltà
lamenta dolorosamente la mancanza». 17
Queste persone, disse Jung, sono
naturalmente più influenzate dall’inconscio,
il quale dà loro informazioni «della massima
importanza», nonché «una lungimiranza
profetica». 18 Per lui, l’inconscio contiene una
profonda saggezza che deve essere studiata.
Un’esistenza vissuta in profonda
comunicazione con l’inconscio è più
importante e più soddisfacente sul piano
personale.
Ma una vita del genere è anche
potenzialmente più difficile, specialmente se
nell’infanzia si sono vissute molte esperienze
traumatizzanti, senza un attaccamento
sicuro. Come si è visto nelle ricerche della
Gunnar e come vedrete nel capitolo 8, Jung
aveva ragione.
Il vostro tratto di personalità è reale ed è
positivo
Rob, Jerome Kagan, Megan Gunnar e Carl
Jung dovrebbero avervi convinti che il vostro
tratto è del tutto reale. Voi siete differenti. Nel
prossimo capitolo, leggerete di come avete
bisogno di vivere in modo diverso dagli altri
se volete restare in armonia con il vostro
corpo, anch’esso differente e altamente
sensibile.
Forse vi sarete anche fatti un’idea oscura,
fatta di paura, di timidezza e di uno
stressante livello di attivazione e allerta.
Soltanto Jung parlò dei vantaggi di questo
tratto, ma sempre in termini di connessione
con le profondità e con l’oscurità della psiche.
Tuttavia ricordatevi che la negatività di
questo giudizio, una volta ancora, è
fondamentalmente un segno di un
pregiudizio della nostra cultura. Preferendo
la durezza, la nostra società vede il tratto
come qualcosa con cui è difficile convivere,
qualcosa da curare. Ma voi non dimenticatevi
che le HS P si distinguono soprattutto per la
loro elaborazione degli stimoli sottili: questa
è la loro qualità fondamentale. Il che è un
modo positivo e accurato di definire il tratto.
LAVORARE CON CIÒ CHE AVETE
IMPARATO
La vostra reazione più profonda
Il bilanciamento
Fino a che punto vi impegnerete nel mondo
oppure lo eviterete è una questione
individuale, la cui risposta, oltretutto, cambia
nel tempo. Tuttavia per la maggior parte delle
persone la mancanza di tempo o di denaro
rende il bilanciamento fra questi due poli
molto difficile. Siamo costretti a compiere
scelte e a stabilire priorità, ma le HS P ,
essendo molto coscienziose, si mettono
spesso all’ultimo posto. O, al limite, non si
concedono più tempo né più opportunità
degli altri per imparare nuove cose. Invece ne
abbiamo più bisogno.
Se siete “troppo dentro”, è evidente che il
mondo ha bisogno di voi e della vostra
sensibilità. Se siete “troppo fuori”, è
altrettanto evidente che svolgerete molto
meglio ogni compito solo trovando riposo e
distrazioni adeguate.
Ecco il saggio consiglio di una HS P che ho
intervistato:
Il riposo
I neonati hanno bisogno di molto riposo, non
è vero? Lo stesso i corpi altamente sensibili:
abbiamo bisogno di riposo di ogni genere.
Prima di tutto, ci è necessario il sonno. Se
avete problemi a dormire, considerateli una
priorità. Ricerche sulla mancanza cronica di
sonno hanno scoperto che, quando le persone
riescono a dormire a sufficienza, raggiungono
in due settimane il punto in cui non
mostrano più segni di deprivazione (come
addormentarsi in modo più veloce del
normale o in qualsiasi stanza buia). 7 Se
mostrate segni di un “debito di sonno”,
dovete pianificare periodicamente una
vacanza che vi permetta di dormire quanto vi
pare. Vi meraviglierete nello scoprire quanto
bisogno ne avete.
Le HS P si comportano peggio degli altri nei
turni di notte o misti, e recuperano più
lentamente il jet lag. Spiacente, ma questo
inconveniente fa parte del pacchetto. Meglio
non pianificare (o almeno non per divertirvi)
viaggi brevi fra vari fusi orari.
Se il problema è l’insonnia, potete trovare
molti consigli in altri testi. Esistono anche
centri per curarla. Ma ecco alcuni
suggerimenti che possono utilizzare
soprattutto le HS P . Primo, rispettate i vostri
ritmi naturali e andate a dormire non appena
vi viene sonno. Per i mattinieri, questo
significa andare a letto presto la sera. Per i
nottambuli, che hanno il problema più grave,
questo significa andare a dormire il più tardi
possibile.
Studi sul sonno consigliano di associare il
letto solo con il sonno e di alzarsi se non si
riesce a dormire. Ma io penso che talvolta le
HS P facciano meglio a stare a letto nove ore
con gli occhi chiusi senza porsi il problema se
stiano effettivamente dormendo. Poiché l’80
per cento delle stimolazioni sensoriali viene
dagli occhi, restare con gli occhi chiusi
fornisce comunque una tregua.
Tuttavia stare svegli a letto può causare
vari problemi. Alcune persone, per esempio,
incominciano a preoccuparsi o a tormentarsi
con pensieri e immagini. In questo caso, la
cosa migliore è mettersi a leggere. Oppure
alzatevi, riflettete lucidamente sui vostri
problemi, mettete per iscritto idee e
soluzioni, e poi tornate a letto. I problemi del
sonno sono del tutto individuali e ognuno
deve trovare da solo le soluzioni adatte.
Abbiamo bisogno anche di altri tipi di
riposo. Le HS P tendono a essere molto
coscienziose e perfezioniste. Non riusciamo a
“svagarci” finché non abbiamo esaurito il
nostro lavoro in ogni dettaglio. I dettagli sono
come piccoli aghi di arousal che ci pungono e
ci rendono difficile rilassarci e divertirci. Il
corpo-bambino vuole giocare, perché il gioco
crea endorfine e tutti quei piacevoli
cambiamenti che combattono lo stress. Se
siete depressi, se siete eccessivamente
emotivi, se non dormite o se percepite altri
segnali di mancanza di equilibrio, sforzatevi
di divertirvi di più.
Ma che cos’è il divertimento? State attenti
che non siano le non-HS P a deciderlo per voi.
Per molte HS P , il divertimento è leggere un
buon libro, fare un po’ di giardinaggio
tranquillo o gustarsi a casa una pietanza
preparata e consumata lentamente. Invece
impegnarvi in una dozzina di attività prima
ancora della pausa pranzo può non
corrispondere alla vostra idea di
divertimento. Oppure la cosa può andar bene
alla mattina, ma non al pomeriggio. Perciò
pianificate sempre un modo per chiamarvi
fuori. Se siete con qualcuno, assicuratevi di
informarlo per tempo, affinché non si senta
offeso o ferito quando ve ne andrete.
Infine, quando pianificate una vacanza
calcolate il costo in termini di biglietti aerei o
di caparre perdute se deciderete di tornare a
casa prima o di interrompere il viaggio e
fermarvi in un posto. Preparatevi in anticipo
a pagare quel prezzo.
Oltre al sonno e allo svago, le HS P hanno
anche bisogno di molte pause di inattività,
proprio per rilassarsi e ripensare alla
giornata. Talvolta riusciamo a prendercele
mentre svolgiamo i compiti quotidiani:
guidare, lavare i piatti o fare giardinaggio. Ma
anche se avete trovato il modo di eliminare
alcune di queste incombenze, avrete ancora
bisogno di queste pause: prendetevele.
Un’altra forma di riposo, forse la più
essenziale, è raggiungere uno stato di
“trascendenza”, qualcosa che vi permetta di
stare al di sopra di tutto, di solito mediante la
meditazione, la contemplazione o la
preghiera. Potreste impiegare un po’ di
questo tempo dedicato alla “trascendenza”
per tenervi al di fuori dei soliti pensieri, nella
pura consapevolezza, nel puro essere, nella
pura unità o nell’unione con Dio. Anche se
otterrete risultati minimi, quando finirete
avrete una più ampia e fresca prospettiva
sulla vita.
Anche il sonno, ovviamente, vi permette di
uscire dalla vostra ristretta dimensione
mentale; ma il cervello, quando dormite, si
trova in uno stato particolare. In realtà, ogni
genere di attività – sonno, gioco, meditazione,
preghiera, yoga – corrisponde a un differente
stato mentale, ed è bene mescolarli. Ma
premuratevi di aggiungere anche un tipo di
meditazione che abbia lo scopo di
sperimentare la pura consapevolezza e non
comporti né attività fisica né concentrazione,
né sforzo. Si tratta della condizione che più vi
fornisce – a mente attiva – un riposo
profondo. Ricerche condotte sulla
Meditazione Trascendentale, che crea proprio
questo stato, hanno rilevato in modo
convincente che chi la pratica mostra un
minor arousal a lungo termine del tipo
descritto nel capitolo precedente. (Nel loro
sangue diminuisce il livello di cortisolo. 8) È
come se le loro meditazioni fornissero loro
un po’ della sicurezza e delle risorse interiori
necessarie.
Ovviamente dovrete anche stare attenti a
ciò che mangiate e all’esercizio fisico. Ma si
tratta di questioni personali, e molti altri libri
possono consigliarvi in proposito.
Informatevi su quali cibi tendono a calmare il
corpo o ad allentare la tensione, aiutandovi a
dormire. E assumete anche vitamine e
minerali – per esempio il magnesio – che
influiscono positivamente sullo stress e sul
sovraccarico.
Se siete abituati alla caffeina,
probabilmente essa non peggiora la
situazione, a meno che non eccediate. Si
tratta comunque, per le HS P , di una droga
potente. 9 State attenti se ne fate un uso
occasionale, nella convinzione che migliori le
vostre prestazioni, così come accade per gli
altri. Per esempio, se siete mattinieri e di
solito non assumete caffeina, ma poi la
prendete prima di un esame importante o di
un incontro, potrebbe peggiorare la vostra
prestazione accrescendo l’arousal.
ricontestualizzate la situazione
ripetete una frase, una preghiera o un
mantra che, grazie a una pratica
quotidiana, avete associato a una
profonda calma interiore
siate testimoni del vostro stato di
overarousal
cercate di amare la situazione
cercate di amare il vostro overarousal
PARTE I
Leggete prima tutte le istruzioni, in modo da non
dover tornare indietro.
Le HSP e l’attaccamento
Nei capitoli precedenti abbiamo visto
l’importanza dell’attaccamento al caretaker, di
solito la madre. Uno stile di attaccamento
insicuro persisterà per tutta la vita, a meno
che non si trovi in età adulta, com’è raro, un
attaccamento sicuro verso qualcuno, come un
compagno o una psicoterapia a lungo
termine. Purtroppo le relazioni abituali non
riescono sempre, tranne che in terapia, a
compensare l’insicurezza infantile (che porta
a evitare l’intimità oppure alla tendenza
compulsiva a unirsi profondamente a
qualcuno e alla paura di venirne
abbandonati). E mentre nel mondo, cercando
inconsciamente quella sicurezza così a lungo
agognata senza averne alcuna esperienza,
ripetete di continuo i vecchi errori, scegliete
di nuovo quel tipo di persona che vi farà
sentire insicuri.
Anche se ho trovato una maggiore (ma
leggera) tendenza delle HS P a mostrare da
adulte stili di attaccamento insicuri, ciò non
significa che la situazione sia creata dal tratto
di personalità. 1 Probabilmente questo riflette
il fatto che un bambino sensibile è più
consapevole dei minimi dettagli di una
relazione.
Nelle HS P alcune delle più importanti
lezioni sul rapporto con gli altri riguardano
se aspettarsi di essere aiutate da loro a
combattere la sovrastimolazione o di
riceverne un’ulteriore dose. Ogni giorno è
una nuova lezione.
Nel suo Diario di un bambino (di cui
abbiamo parlato nel capitolo 3), Stern fa
l’esempio di un “faccia a faccia” tra la madre
e l’immaginario Joey. La madre fa dei versetti,
avvicina il viso e poi si ritrae. Joey sorride,
ride e incoraggia il gioco. Ma alla fine il gioco
diventa troppo intenso. In quei momenti di
sovraccarico, l’immaginario Joey di Stern
interrompe il contatto visivo e guarda altrove,
ponendo termine, in effetti, alla
sovrastimolazione. Per descrivere questo
faccia a faccia, Stern usa di nuovo l’analogia
del tempo atmosferico, poiché la madre
diventa il vento che soffia sopra il bambino.
Stern immagina questa pagina del diario nel
momento in cui Joey è sopraffatto:
I vari metodi:
tutti questi metodi hanno una loro ragione,
anche la paura, che può spingere ad agire.
Ma alcuni funzionano meglio e sono più
adatti a certe situazioni, e quindi la chiave di
volta è la flessibilità. Se ne usate meno di tre,
esaminate di nuovo l’elenco e valutate di
adottarne altri.
Chi vi ha insegnato questi metodi? Che cosa
vi ha impedito di usarne di più? Riconoscere
le cause infantili delle vostre reazioni vi può
aiutare a capire che cosa è ancora utile e
cosa invece non è più necessario.
Essere un genitore diverso per voi stessi
Alcune situazioni sono sovrastimolanti
perché sono troppo intense o durano troppo
a lungo. Il bambino in voi non può più
sopportare, per esempio, i fuochi d’artificio,
né un’altra ora al luna park. Il capitolo
precedente dovrebbe avervi aiutato a
prendere sul serio il vostro corpo-bambino
quando ne ha abbastanza. Talvolta, anche se
tutto va bene, avete paura di ciò che può
accadere, dell’idea di vedere di nuovo i fuochi
d’artificio o di salire sulla ruota panoramica.
Quando nuove situazioni producono
sovrastimolazione perché non sono familiari,
e le cose poco familiari in passato sono state
sconvolgenti, è naturale che rifiutiate ogni
novità senza neppure provarla; e dunque
rinunciate a tante esperienze.
Per essere disponibili nei confronti delle
novità, avete bisogno di vivere numerose
situazioni nuove che si rivelino positive. Per
una HS P , non è automatico saper gestire le
nuove situazioni. I genitori che comprendono
i loro bambini altamente sensibili sviluppano
una strategia “passo per passo”. Alla fine i
bambini stessi imparano ad applicarla da
soli. Se i vostri genitori non vi hanno
insegnato tale strategia, è tempo che
insegniate a voi stessi questo modo di
affrontare le cose.
Ho rielaborato qui sotto alcuni consigli per
i “bambini timidi” tratti dal libro Bambini e
violenza in famiglia di Alicia Lieberman, 12
che possono utilizzare anche gli adulti
quando hanno paura di affrontare nuove
situazioni:
Scolari e scolare
Dalle mie ricerche risulta che in età scolare
molti maschi HS P sono introversi. Ed è logico,
perché un bambino sensibile non è
considerato “normale”. Ma il loro problema è
come verranno trattati in un gruppo di
compagni o di estranei.
Le ragazze sensibili, come i maschi, si
appoggiano spesso nei loro anni di scuola, a
una o due amiche. Ma alcune sono
abbastanza estroverse. Diversamente dai
bambini, ci si aspetta che dimostrino talvolta
un po’ di sovraccarico o di emotività. Questo
può anche aiutarle a essere accettate dalle
altre bambine.
Però il lato negativo di tale “permesso” di
essere emotive è che una ragazza sensibile
non è mai costretta a indossare l’armatura
che i ragazzi devono mettersi addosso per
sopravvivere. Quindi le ragazze che non
hanno avuto modo di mettere in pratica alcun
controllo emotivo possono sentirsi indifese di
fronte a una sovrastimolazione emotiva.
Oppure possono usare le loro emozioni per
manipolare gli altri proteggendo se stesse
dall’eccesso di stimolazione: «Se dobbiamo
giocare di nuovo a quel gioco, mi metterò a
piangere». Non ci si aspetta né si vuole da
loro la decisa autonomia psicologica
necessaria in età adulta.
I più talentuosi
Se siete stati considerati particolarmente
talentuosi, l’infanzia può essere stata più
facile. Infatti la vostra sensibilità è stata vista
come parte di un ampio tratto di personalità
più accettato socialmente. Esistevano utili
suggerimenti per gli insegnanti e i genitori di
bambini talentuosi. Per esempio, una
ricercatrice 14 ricorda ai genitori che non ci si
può aspettare che tali bambini si integrino
bene con i loro coetanei e che non
cresceranno viziati se si concederà loro un
trattamento speciale o ulteriori opportunità.
Ai genitori e agli insegnanti viene
raccomandato di permettere ai bambini
talentuosi di essere così come sono. Questo
sarebbe un buon consiglio per tutti i bambini
che non sono nella media e non
corrispondono all’ideale; ma il fatto di essere
più dotati ha un valore tale da permettere una
deviazione dalla norma.
Comunque, in ogni cosa c’è un lato buono
e uno cattivo. Può darsi che i genitori e gli
insegnanti vi abbiano messo pressione; e il
vostro senso di autostima può essere salito o
sceso in base ai successi o agli insuccessi. Nel
frattempo, se non vi siete trovati con altri
bambini talentuosi, sarete stati soli e
probabilmente respinti. Oggi esistono linee
guida migliori sul modo di allevare i bambini
più talentuosi. 15 Ne ho elencate alcune che
potrebbero fare al caso vostro se volete
prendervi cura del vostro sé talentuoso.
Le HSP estroverse
Vorrei sottolineare ancora che essere una HS P
non equivale a essere socialmente introversi.
Dai miei studi è risultato che il 30 per cento
di noi è estroverso. Se lo siete anche voi,
avrete un’ampia cerchia di amici e tenderete a
trovare piacevoli i gruppi di persone e gli
estranei. Forse siete stati allevati in una
grande famiglia amorevole o in un quartiere
sicuro, e avete imparato a vedere le persone
più come fonte di sicurezza che come causa
di allarme.
Però potreste comunque avere difficoltà
con altre fonti di arousal, per esempio una
lunga giornata di lavoro o una permanenza
troppo lunga in città. E quando siete
sovrastimolati, voi evitate di socializzare. (Al
contrario, le non-HS P estroverse si rilassano
meglio se hanno gente attorno.) Benché in
questo capitolo gran parte dell’attenzione sia
rivolta agli introversi, anche gli estroversi
potranno trovare utile questa lettura.
Apprezzare l’introversione
Avril Thorne, ora all’Università di California a
Santa Cruz, si dedicò all’osservazione delle
modalità di interazione degli introversi. 9
Utilizzò dei test per identificare quali
studentesse di college fossero altamente
introverse e altamente estroverse, e mise a
confronto entrambi i gruppi con persone
dello stesso tipo o del tipo opposto,
registrando le conversazioni.
Le ragazze altamente introverse erano
serie e concentrate. Discutevano di più i
problemi ed erano più caute. Tendevano ad
ascoltare, a interessarsi, a dare consigli;
sembravano concentrarsi sulle altre in modo
profondo.
Al contrario, le ragazze altamente
estroverse provavano più “piacere” a parlare,
cercavano più punti di contatto, erano
interessate alle affinità di cultura e di
esperienze, e facevano più complimenti.
Erano ottimiste ed espansive, e amavano la
compagnia dell’altro gruppo, come se il loro
massimo piacere fosse nel parlare.
Quando le estroverse si trovavano con
persone altamente introverse, apprezzavano
il fatto di non dover essere sempre tanto
allegre. E le introverse trovavano che parlare
con le estroverse era come «una ventata di
aria fresca». Il quadro che ricaviamo dai test
di Avril Thorne è che ciascun gruppo dà un
contributo ugualmente importante a questo
mondo. Ma poiché l’introversione è
sottovalutata, è bene spendere qualche parola
sulle sue virtù.
Il caso di Paula
Paula sicuramente era nata molto sensibile; i
genitori avevano parlato della sua
“timidezza” fin dalla sua nascita, e lei era
sempre stata consapevole di essere più
sensibile ai suoni e alla confusione rispetto ai
suoi amici. Io la incontrai quando aveva circa
trent’anni. Era una professionista
estremamente capace, si occupava di
organizzare grandi eventi restando sempre
dietro le quinte. Ma non aveva la possibilità
di avanzare nella sua carriera perché aveva il
terrore di parlare in pubblico e della gente in
generale, il che la costringeva a lavorare solo
con una piccola cerchia di collaboratori. Di
fatto Paula aveva organizzato la propria vita
intorno alle poche volte in cui doveva
partecipare alle riunioni con il suo staff. In
vista di questi incontri doveva esercitarsi per
ore e, per prepararsi emotivamente, eseguiva
vari “rituali”.
Paula aveva letto molti libri per capire
come vincere queste paure e aveva usato la
sua notevole forza di volontà per combattere
queste emozioni. Poiché si rendeva conto che
la sua paura era insolita, aveva tentato con
terapie più lunghe e più intense. Così aveva
scoperto alcune delle ragioni all’origine delle
sue paure e aveva incominciato a lavorare su
di esse.
Suo padre era un uomo incapace di
controllare la propria rabbia (oggi è anche un
alcolista.) Era sempre stato una persona
intelligente, metodica, e aiutava i figli nei
compiti a casa. In effetti si interessava a tutti
loro ed era un po’ meno duro con Paula che
con i suoi fratelli. Ma ora Paula scopriva che
parte di quell’attenzione poteva avere
un’origine sessuale, e ne fu fortemente
turbata. A ogni modo, la rabbia del padre la
colpiva moltissimo.
La madre di Paula era di rado a proprio
agio con le altre persone, e altamente
dipendente dalla volontà di ferro del marito.
Aveva la tendenza al sacrificio, e aveva
costruito la sua intera vita intorno ai figli. E
tuttavia non aveva interesse per tutto ciò che
riguardava la loro crescita. Le sue storie
spaventose e totalmente esplicite sul parto e
la sua mancanza di affetto per i bambini
molto probabilmente fecero sì che il primo
attaccamento di Paula fosse tutto tranne che
sicuro. Più tardi, la madre scelse Paula come
confidente, raccontandole più di quanto una
bambina potesse reggere, compreso un lungo
elenco di ragioni contro il sesso. In realtà,
entrambi i genitori le raccontarono tutto sui
loro reciproci sentimenti e sui loro rapporti
sessuali.
Con questo background, la “paura di
parlare in pubblico” di Paula dipendeva in
gran parte da una basilare diffidenza verso
gli altri. Sì, lei era nata sensibile e pertanto
cadeva facilmente in preda al sovraccarico,
ma aveva anche avuto un attaccamento
insicuro da bambina, il che le rendeva più
difficile affrontare con fiducia le situazioni
minacciose. Infatti la madre provava (e le
aveva trasmesso) una paura irrazionale per le
persone. Inoltre i primi tentativi di Paula di
parlare dei suoi problemi avevano dovuto
confrontarsi con la rabbia del padre.
Forse la ragione ultima della sua paura di
parlare in pubblico risiedeva nel fatto che
aveva capito fin troppo bene i sentimenti
incestuosi del padre e la vita privata di
entrambi i genitori.
Si trattava di problemi di non facile
soluzione, che però potevano essere portati
alla luce della coscienza e affrontati con
l’aiuto di un terapeuta competente. Alla fine,
Paula superò la paura di parlare in pubblico.
Fu necessario in seguito uno specifico
training nelle abilità sociali, ma a quel punto
le cose andarono bene.
Soluzioni a:
Sapete vincere il disagio sociale?
Se avete azzeccato una dozzina di risposte, o più,
spiacente di avervi annoiato. Dovreste scrivere un
vostro libro sull’argomento. Altrimenti, queste
soluzioni vi diranno quello che avete bisogno di
conoscere!
Lavoro e vocazione
Ma qui sorge un problema: chi pagherebbe
una HS P affinché cerchi la propria felicità? Di
solito sono d’accordo con ciò che ripeteva
Jung: è un grande errore che altri finanzino il
nostro stile di vita. Se una HS P non è costretta
a essere pratica, perderà il contatto con il
resto del mondo. Diventerà solo un parolaio a
cui nessuno dà ascolto. In che modo, allora, si
può guadagnare e insieme seguire una
vocazione?
Un metodo è cercare il punto in cui la
strada segnata dalla nostra felicità si incrocia
con quella segnata dai grandi bisogni del
mondo, il che equivale a domandarsi per che
cosa gli uomini siano disposti a pagare. In
questo punto d’incrocio voi potrete
guadagnare per fare ciò che amate.
In effetti il rapporto tra la vocazione di una
persona e il modo in cui si guadagna da
vivere può essere molto variabile e cambiare
nel corso della vita. Talvolta il lavoro è solo lo
strumento per guadagnare denaro, e la
vocazione viene seguita nel tempo libero. Un
bell’esempio lo fornisce Einstein, che
sviluppò la teoria della relatività mentre era
impiegato in un ufficio brevetti, felice di
avere un lavoro che lo lasciasse libero di
pensare a ciò che lo interessava veramente.
Altre volte riusciamo a trovare o a crearci un
lavoro che soddisfi la nostra vocazione e
ottenga una remunerazione per lo meno
sufficiente. Esistono molti possibili lavori di
questo tipo; e il nostro lavoro cambierà
quando crescerà l’esperienza e si
approfondirà la vocazione.
La lezione di Greg
Greg era un insegnante altamente sensibile,
molto amato e rispettato da studenti e
colleghi. Tuttavia venne da me per capire
perché stava per lasciare l’unica professione
che avesse mai desiderato fare, aspettandosi
che io confermassi che l’insegnamento non
era una professione per HS P . Concordai con
lui che era un lavoro molto difficile. Però
pensavo anche che gli insegnanti sensibili
sono essenziali alla felicità e al progresso
degli individui e della società. E non
sopportavo l’idea che un elemento così valido
abbandonasse il campo.
Riflettendo assieme a me sul problema,
Greg concluse che l’insegnamento era una
vocazione naturale per una persona sensibile
e premurosa. Questo mestiere sarebbe del
tutto adatto alle HS P , ma nella realtà
numerose pressioni lo rendono difficile. Il
suo compito – capì Greg – era cambiare
l’interpretazione di quel lavoro. Si trattava di
un suo dovere etico. E lui avrebbe fatto
meglio a rifiutarsi di lavorare troppo
piuttosto che ad abbandonare
l’insegnamento.
A partire dal giorno successivo, Greg smise
sempre di lavorare dopo le sedici. Dovette
impiegare molta della sua creatività per
trovare le giustificazioni. Molte erano poco
credibili e misero a dura prova il suo senso di
responsabilità. All’inizio cercò di nascondere
il suo nuovo ritmo ai colleghi e al preside, ma
alla fine fu scoperto. (Il preside approvò,
vedendo che Greg svolgeva meglio i suoi
compiti ed era più felice.) Alcuni colleghi lo
imitarono; altri lo invidiarono e si risentirono,
ma non riuscirono a cambiare. Dieci anni
dopo, Greg è sempre un insegnante di
successo, e, soprattutto, è felice e in salute.
È vero che anche quando siete esausti
potete ancora aiutare gli altri. Ma non sarete
più in contatto con le vostre energie
arrivando a definire per voi comportamenti
auto-distruttivi, a martirizzare voi stessi e a
incolpare gli altri. E alla fine, come Greg,
vorrete abbandonare tutto, o ne sarete
costretti dal vostro corpo.
L’apprendimento
L’apprendimento può essere una situazione
molto stressante, perché tendete a dare il
peggio quando siete osservate o quando siete
sovrastimolate in altri modi, per esempio
quando ricevete troppe informazioni tutte in
una volta, quando avete intorno troppe
persone che parlano o quando vi sforzate di
imparare, immaginando le peggiori
conseguenze di dimenticare qualcosa.
Se possibile, cercate di imparare da soli.
Portate a casa i manuali di istruzioni o
studiate per conto vostro dopo l’orario di
lavoro. Oppure fate in modo di farvi
addestrare singolarmente, preferibilmente da
qualcuno che vi metta a vostro agio. Chiedete
che vi spieghi un punto alla volta e poi fate
pratica da soli. In seguito fatevi sorvegliare
da qualcuno che non sia un superiore,
qualcuno che non vi faccia sentire tanto
nervosi.
Le HSP e l’innamoramento
Per quanto riguarda l’innamoramento, le mie
ricerche suggeriscono che le HS P tendono a
innamorarsi più intensamente delle altre
persone. Questo può essere un bene. Per
esempio, alcuni studi dimostrano che
innamorarsi tende ad accrescere la
considerazione delle nostre capacità e ad
allargare la nostra auto-consapevolezza. 1
Quando siamo innamorati, ci sentiamo
meglio, più forti. D’altra parte è bene sapere –
nel caso in cui preferissimo non essere
innamorati – che alcune delle ragioni per cui
ci innamoriamo più intensamente hanno
poco o nulla a che fare con l’altro.
Prima di cominciare, comunque, mettete
per iscritto che cosa è successo in una o più
occasioni in cui vi siete innamorati
profondamente. Così potrete vedere se ciò
che dico si adatta al vostro caso.
Ci sono HS P che sembrano non
innamorarsi mai. (Di solito hanno la tipologia
di attaccamento “evitante” che ho descritto in
precedenza.) Ma dire che non ci
innamoreremo mai equivale a dire che nel
deserto non pioverà mai. Chiunque conosca il
deserto vi dirà che succede, e quando lo fa
bisogna stare molto attenti. Perciò, se pensate
che non vi innamorerete mai, dovreste
comunque proseguire la lettura – nel caso
piova.
Approfondire un’amicizia
Specialmente le HS P non dovrebbero mai
sottovalutare i vantaggi delle amicizie
profonde, che non hanno bisogno di essere
così intense, complicate o esclusive come le
relazioni sentimentali. Alcuni conflitti
possono risolversi da soli e certi fastidiosi
tratti di personalità possono essere ignorati
un po’ più a lungo, magari per tutta la durata
dell’amicizia. E in un’amicizia potrete
sperimentare di più senza temere ferite
dolorose se sarete respinti o se sarete voi a
respingere. Qualche volta capita anche che da
un’amicizia nasca un amore.
Per approfondire un’amicizia (o una
relazione famigliare), utilizzate ciò che avete
appreso sui motivi per cui ci si innamora.
Dite all’altra persona che vi piace. E non
esitate a condividere un’esperienza intensa, a
superare insieme una prova, a lavorare a un
progetto o a costituire un gruppo. È difficile
stringere un’amicizia se ci si limita ad andare
qualche volta a pranzo. E, mentre condividete
queste esperienze, vi aprirete l’uno con
l’altro. Se la sincerità è reciproca e
appropriata, arriverete a una vera intimità. 8
L’ASCOLTO RIFLESSIVO
Quando lo praticate come esercizio,
ponetevi un limite di tempo (da dieci a
quarantacinque minuti, al massimo). Poi
rovesciate i ruoli, dando all’altro lo stesso
tempo. Ma non fatelo subito. Aspettate
un’ora, o anche un giorno. Se il tema è un
conflitto o l’ira tra voi due, attendete ancora
prima di discuterlo. Se volete, potete
prendere delle note su ciò che intendete dire.
Ma la cosa migliore è dare voce alle vostre
reazioni durante il vostro turno di ascolto
riflessivo.
Le cose da fare:
Le HSP e la sessualità
Questo argomento meriterebbe grandi
ricerche e un libro a parte. La nostra cultura
ci fornisce moltissime informazioni su ciò che
è giusto e ciò che non lo è. Ma tali
informazioni provengono da un 80 per cento
di persone che non sono HS P . Che cosa è per
noi giusto e normale? Non ne sono sicura ma
sembra plausibile che, se siamo più sensibili
alla stimolazione in genere, dovremmo anche
essere più sensibili alla stimolazione
sessuale. Il che potrebbe rendere la nostra
vita sessuale più soddisfacente. Potrebbe
anche significare che abbiamo meno bisogno
di varietà. Se siamo già sovrastimolati da una
certa situazione, ciò naturalmente potrebbe
interferire con il nostro comportamento e con
il nostro piacere sessuale. Ormai conoscete
abbastanza dati, in teoria e in pratica, sul
vostro tratto di personalità da capire come la
vostra sessualità ne sia influenzata. Se questa
area della vostra esistenza è stata stressante e
confusa, potreste anche eseguire l’esercizio di
ricontestualizzazione su alcune delle vostre
esperienze sessuali.
Le HSP e i bambini
I bambini sembrano crescere bene quando i
loro genitori sono sensibili. E io ho incontrato
molti caretaker altamente sensibili 15 che
curavano amorevolmente i loro figli e i
bambini altrui. Ne ho anche incontrati alcuni
che, a causa della loro sensibilità, non
avevano figli o avevano limitato la famiglia a
un solo bambino. Ovviamente, questo
dipendeva in parte dalle loro esperienze
passate con i bambini (erano state piacevoli o
troppo stressanti?).
Quando pensate alla possibilità di avere
bambini, è bene ricordare che i vostri figli e la
futura famiglia saranno simili a voi. Avranno
i vostri geni e la vostra eredità psicologica.
Quando le famiglie sono rumorose, chiassose
o piene di discussioni, spesso ciò dipende dal
fatto che i loro membri trovano tale
situazione confortevole o piacevole. Ma la
vostra vita famigliare può essere diversa.
D’altronde, non si può negare che i
bambini accrescano molto la stimolazione.
Per una HS P coscienziosa rappresentano una
grande responsabilità, oltre che una gioia.
Dovrete seguirli nel mondo e assisterli nelle
varie scuole che frequenteranno, dall’asilo
alle superiori. Dovrete incontrare altre
famiglie, dottori, dentisti, ortodontisti,
insegnanti di musica e così via. Mentre
cresceranno, vi porteranno in casa il mondo
intero e le sue preoccupazioni:
preoccupazioni riguardo al sesso, la droga, la
guida di un’auto, la corretta educazione, la
ricerca di un lavoro o di un partner. Ci
saranno molti problemi di cui occuparsi (e
non è scontato che abbiate sempre un partner
accanto, durante l’intero processo). E dovrete
rinunciare a fare altre cose, questo è certo.
Ma anche non avere figli può essere una
scelta giusta per voi. Non possiamo aver tutto
in questo mondo. Talvolta è intelligente
riconoscere i propri limiti. Su questo
argomento, in effetti, spesso dico che è
meraviglioso non avere figli. E che è
meraviglioso averne. A ciascuno la propria
meraviglia.
E il vostro passato?
Alla fine di questo capitolo avrete la
possibilità di valutare la vostra stessa infanzia
e ripensare a ciò che è stata. Voglio ribadire il
risultato delle mie ricerche di cui ho parlato
nel capitolo 4: le HS P sono maggiormente
influenzate da un’infanzia tormentata, che le
rende più ansiose e depresse da adulte.
Tenete anche presente che più presto si è
verificato o è iniziato il problema, e quanto
più è stato legato al comportamento del
vostro primo caretaker (solitamente la madre),
più gli effetti saranno profondi e durevoli. Per
tutta la vita dovrete avere molta pazienza con
voi stessi. Guarirete, ma a modo vostro, e con
alcune qualità che non avreste se non ci
fossero stati quei problemi. Per esempio,
sarete più coscienziosi, più complessi e più
comprensivi verso gli altri.
Non vi dimenticate che essere sensibili
nell’infanzia, anche in una famiglia
disfunzionale, ha dei vantaggi. È più
probabile che vi siate tirati indietro in più
occasioni e ci abbiate pensato su anziché farvi
invischiare completamente nelle situazioni.
Come Dan con la nonna, potreste aver capito
intuitivamente a chi chiedere aiuto. In
compenso, potreste anche aver sviluppato
importanti risorse spirituali interiori.
I miei primi intervistati erano anche
arrivati a credere che un’infanzia difficile sia
il destino delle anime destinate alla vita
spirituale. Queste circostanze infatti le
inducono a lavorare di più sulla loro vita
interiore, mentre gli altri conducono
un’esistenza più ordinaria. Come disse un
mio amico, «nei primi vent’anni ci viene dato
il nostro curriculum, e nei successivi venti lo
studiamo». Per alcuni di noi questo
curriculum equivale a una laurea a Oxford!
Da adulte, le HS P tendono ad avere
personalità portate al lavoro su se stesse e
alla guarigione interiore. In genere, il vostro
acuto intuito vi aiuta a scoprire certi
importanti particolari nascosti. Avete un
accesso più profondo al vostro inconscio e
quindi una maggior consapevolezza di quello
degli altri e di come ne siete stati influenzati.
Potete sviluppare una buona conoscenza del
vostro processo psicologico, quando sia il
caso di “forzare” e quando sia il caso di
ritrarvi. Siete curiosi riguardo alla vita
interiore. Soprattutto, rimanete integri.
Continuate a impegnarvi nel processo di
individuazione indipendentemente da
quanto sia difficile affrontare certi momenti,
certe ferite e certi fatti.
Ipotizzando allora che siate una delle
molte HS P con un’infanzia o con un presente
difficili, esploriamo le vostre possibilità.
I quattro approcci
I metodi di guarigione possono essere molto
diversi fra loro: lunghi o brevi, auto-aiuto o
aiuto professionale, terapia individuale o
terapia di gruppo, che curino solo voi stessi o
l’intera famiglia. Ma comunque gli approcci
possono essere distinti in quattro grandi
rami: cognitivo-comportamentale,
interpersonale, fisico e spirituale.
Ci sono terapeuti, e forse sono i migliori,
che li usano tutt’e quattro. In ogni caso
domandate loro esplicitamente quale sia il
loro metodo preferito. È inutile perder tempo
in terapie con qualcuno la cui filosofia di base
non coincide con la vostra.
La terapia “cognitivo-comportamentale” a
breve termine punta a guarire sintomi
specifici. Questo approccio è “cognitivo”
perché lavora sul vostro modo di pensare ed è
“comportamentale” perché lavora sul vostro
comportamento. Tende a ignorare le
emozioni profonde e le motivazioni inconsce.
Tutto deve essere pratico, razionale e chiaro.
Vi viene chiesto su che cosa volete
lavorare. Se il vostro problema è l’ansia, vi
verranno insegnate le ultime tecniche di
rilassamento o di biofeedback. Se avete paura
di determinate cose, sarete gradualmente
esposti a esse finché la paura non se ne
andrà. Se siete depressi, vi verrà insegnato a
riesaminare la vostra convinzione irrazionale
che siate un caso senza speranza, che
nessuno si occupi di voi, che non dovreste
fare errori e così via. Se insistete a fissarvi su
simili convinzioni, vi verrà insegnato come
fermare questi pensieri.
Se non siete impegnati in compiti specifici
che potrebbero aiutarvi psicologicamente,
come vestirvi e uscire di casa ogni giorno o
fare nuove amicizie, sarete aiutati a porvi
delle mete. Imparerete di quali abilità avete
bisogno per raggiungerle e come
ricompensarvi quando ci riuscirete.
Se siete tormentati dallo stress provocato
dal lavoro, da un divorzio o da problemi di
famiglia, sarete aiutati a ricontestualizzare
queste situazioni in modo da accettare
maggiormente i fatti e da comprendere ciò
che vi agevolerà il compito.
Questi metodi possono sembrare poco
profondi o poco affascinanti, ma spesso
funzionano, e vale la pena provarli. Le abilità
apprese vi saranno utili anche se non
risolveranno ogni difficoltà. E comunque
superare un problema aumenterà la vostra
fiducia in voi stessi e, spesso, migliorerà in
generale la vostra vita.
Oltre che in psicoterapia, potete imparare
queste tecniche dai libri. Ma è utile anche
avere qualcuno che vi segua passo per passo:
potete chiedere a un amico di farlo per voi.
Ovviamente un professionista ha molta più
esperienza, e in particolare dovrebbe sapere
quando abbandonare un metodo e sceglierne
un altro.
INTERPERS ONALE
FIS ICO
L’approccio fisico comprende esercizio,
miglioramento della nutrizione, attenzione
particolare alle allergie alimentari,
agopressione, integratori vegetali, massaggi,
tai chi, yoga, massaggio Rolfing, terapia
bioenergetica, terapia della danza e,
ovviamente, farmaci, fra cui gli antidepressivi
e gli ansiolitici. In realtà oggi gli approcci
fisici si riducono soprattutto ai farmaci
prescritti da uno psichiatra, argomento che
verrà trattato nel capitolo 9.
Qualsiasi cosa si faccia al corpo cambierà
anche la mente. E ciò succede in particolare
con le sostanze chimiche create a questo
scopo. Ma ci si dimentica spesso di dire che il
cervello, e quindi i nostri pensieri, possono
anche essere cambiati dal sonno, dalla
ginnastica, dall’alimentazione, dall’ambiente
e dallo stato degli ormoni sessuali, tanto per
citare solo alcuni dei fattori su cui possiamo
intervenire da soli. È altrettanto vero che
qualsiasi cosa venga fatta alla mente –
meditare, raccontare i nostri problemi a un
amico o anche metterli per iscritto 2 –
cambierà il corpo. Ogni sessione di dialogo
cambierà il vostro cervello. Perciò non
dovrebbe sorprendervi scoprire che le tre
forme di terapia descritte finora – cognitivo-
comportamentale, interpersonale e fisica –
siano altrettanto valide per curare la
depressione. 3 Dunque dovete compiere una
scelta.
S PIRITUALE
La serotonina e la personalità
Ciò che qualche anno fa rese il libro La pillola
della felicità 3 un bestseller fu che il suo
autore, Peter Kramer, espresse la
preoccupazione di tutti quegli psichiatri che
avevano scoperto che alcune persone,
assumendo gli S S RI , venivano “curate” da
quelle che sembravano caratteristiche
profonde della loro personalità. Una di
queste era la tendenza ereditaria a “reagire in
modo eccessivo allo stress”, ossia a diventare
facilmente sovrastimolati.
Come ho già detto, però, dobbiamo stare
ben attenti a permettere ai medici di usare
l’espressione “reagire in modo eccessivo allo
stress” quando descrivono il nostro tratto.
Chi decide che cosa è “eccessivo”? (Io uso il
termine overarousal o sovrastimolazione in
relazione a un teorico livello ottimale di
arousal, o stimolazione). Ma che dire degli
aspetti positivi del nostro tratto di
personalità e degli aspetti negativi di una
cultura in cui elevati livelli di stress sono
considerati “normali”? Noi non siamo nati
con la tendenza a “reagire in modo eccessivo
allo stress”. 4 Noi siamo nati solamente molto
sensibili.
A ogni modo, Kramer sollevò interessanti
interrogativi su una sostanza capace di
cambiare completamente la nostra
personalità. Ci sembra normale poter
cambiare la personalità così come cambiamo
gli abiti? Che cosa capita alla nostra identità
se il sé può essere modificato così facilmente?
Se prendiamo un farmaco senza che esistano
sufficienti prove che siamo malati – in realtà
vogliono solo che ci sentiamo così –, che
differenza c’è rispetto a una droga?
Prenderemo tutti la fluoxetina, e poi la super
fluoxetina, solo per poter meglio tollerare un
alto livello di stress? C’è una domanda che
Kramer ripete in continuazione: che cosa
avremo perso in una società in cui tutti
scelgono di assumere simili droghe?
Mi soffermo sul libro di Kramer perché ha
esposto molto bene una serie di problemi
sociali e filosofici che non hanno ancora
perso il loro valore, a maggior ragione dato
che oggi gli S S RI e molti altri antidepressivi –
ormai di quarta o quinta generazione, che
lavorano su altri neurotrasmettitori – sono
molto comuni (e creano grandi profitti alle
case farmaceutiche). In più vengono usati per
altre finalità, le più diverse: combattere
l’insonnia, ridurre il dolore, la sindrome
premestruale e perfino la timidezza. Se siete
delle tipiche HS P , pensate ai problemi
sollevati da Kramer quando dovrete decidere
come rispondere a chi vi offre un
antidepressivo.
La serotonina e le HSP
È difficile spiegare dettagliatamente perché la
serotonina sia così importante, e perché sia il
“neurotrasmettitore d’elezione” per
quattordici differenti aree del cervello. Peter
Kramer pensa che la serotonina sia un po’
come la polizia. Laddove la polizia e la
serotonina sono presenti, tutto è sicuro e
ordinato. Ma il miglioramento varia in
rapporto ai problemi di ciascuna area. Come
la polizia regola il traffico se c’è un ingorgo
stradale e controlla i crimini se ci sono
malviventi, la serotonina blocca la
depressione se alcune aree del cervello la
provocano e previene un comportamento
ipercompulsivo e perfezionistico se alcune
aree lo causano. Di conseguenza, con tutta
questa polizia intorno, un’ombra in un vicolo
sembrerà meno pericolosa. Questo sarebbe
un risultato importante per le HS P , dato il
loro forte sistema di inibizione. Ma sarebbe
vero solo se più serotonina, ossia più polizia
in zona, fosse un vantaggio.
Quando lessi La pillola della felicità mi
accorsi di quanti pazienti di Kramer fossero
HS P che non sapevano ancora apprezzare il
loro tratto di personalità e prendersi cura di
sé in una società scarsamente sensibile. Di
conseguenza, erano cronicamente
sovrastimolati, avevano un basso livello di
serotonina e in questo la fluoxetina li aiutava.
Prendete in considerazione anche gli altri
problemi che Kramer pensava risolti dalla
fluoxetina: compulsività (un tentativo troppo
zelante di controllare l’ansia e l’overarousal?),
bassa autostima e ipersensibilità alle critiche
(causate dal fatto di appartenere a una
minoranza che la società fa sentire
difettosa?).
Allora quando, se un quando esiste, una
HS P dovrebbe assumere un S S RI allo scopo di
cambiare certe caratteristiche della sua
personalità, come la tendenza alla
depressione o all’ansia? Vi prego di leggere la
mia nota (2012) all’inizio del libro. Sembra
che le HS P abbiano una variante genetica che
fa abbassare più facilmente il livello di
serotonina, ma che questo non sia il
problema fondamentale, come sembrava
all’inizio. L’allele portatore della variante, non
conduce di per sé alla depressione, ma anzi
potrebbe offrire certi vantaggi, caratteristici
della personalità delle HS P , come riflettere
prima di agire e prendere quindi migliori
decisioni. L’effetto della variante genetica
sembra dipendere da quanto siete
cronicamente sovrastimolati, e pare che sia
legato alla vostra infanzia.
Alcune scimmie nascono con la tendenza a
fermarsi per controllare suoni e immagini
nuove. Questa è anche una caratteristica del
nostro tratto di personalità, a cui si
aggiungono i vantaggi, tipici degli esseri
umani, di una più profonda comprensione
del passato e del futuro e di una maggiore
capacità di riflessione (se scegliamo di farlo).
Tali scimmie si comportano per lo più come
le altre, ma, da giovani, sono più lente
nell’esplorare situazioni nuove e mostrano un
battito cardiaco più elevato e più variabile,
nonché un più alto livello di ormoni dello
stress. Si comportano similmente ai bambini
descritti da Jerome Kagan di cui abbiamo
parlato nel capitolo 2. Ma notate che, fino a
questo punto, il loro livello di serotonina non
è diminuito.
Le differenze più significative si
evidenziano quando queste scimmie vengono
sottoposte a un forte stress (overaroused) per
molto tempo. Allora, se paragonati alle loro
compagne, tali individui più reattivi
sembrano ansiosi, depressi e compulsivi. Se
vengono ripetutamente stressati, mostrano
più spesso tali comportamenti, ed è a questo
punto che i loro neurotrasmettitori
diminuiscono.
Questi stessi comportamenti e
cambiamenti fisici sono evidenti anche in
qualsiasi scimmia traumatizzata nell’infanzia
tramite la separazione dalla madre. 5 È
interessante notare che, quando sottoposte al
primo trauma, inizialmente ad aumentare
sono gli ormoni dello stress come il cortisolo.
Ma poi, con il passare del tempo,
specialmente a causa di altri fattori di stress
come l’isolamento, i livelli di serotonina
diminuiscono. Allora le scimmie diventano
più reattive in modo permanente.
Il punto fondamentale di questi due studi
è che a generare il problema sono
sovraccarico cronico, lo stress o un trauma
infantile – non il tratto ereditario. Lo
abbiamo già visto nel capitolo 2. I bambini
sensibili sperimentano molti brevi momenti
di sovrastimolazione, il che accresce
l’adrenalina, ma se si sentono sicuri stanno
bene. Tuttavia quando un bambino sensibile
(o qualunque bambino) è insicuro, la
sovrastimolazione a breve termine si
trasforma in overarousal a lungo termine,
facendo aumentare il cortisolo. E, alla fine, la
serotonina risulta troppo bassa (secondo gli
studi eseguiti sulle scimmie).
Questa ricerca è importante per le HS P . Ci
fa capire perché è fondamentale evitare
l’overarousal cronico. Se la nostra infanzia ci
ha portati a sentirci minacciati da ogni cosa,
allora dobbiamo fare un lavoro interiore – di
solito in terapia – per cambiare quel
condizionamento, anche se ci vorranno anni.
Kramer cita prove che dimostrano che può
svilupparsi una suscettibilità permanente
all’overarousal e alla depressione, se i livelli di
serotonina non ritornano alla normalità, fino
al punto di creare danni. Perciò noi
dovremmo vivere sicuri, riposati e con un
buon livello di serotonina. Questo ci
permette di godere dei vantaggi del nostro
tratto e di apprezzare i dettagli. E vuole anche
dire che gli inevitabili momenti di
sovrastimolazione non portano di per sé a un
aumento del cortisolo nel giro di giorni né a
una diminuzione della serotonina nel giro di
mesi e anni. Se accade, possiamo ancora
correggere la situazione. Ma ci vuole tempo, e
per facilitare questa correzione potremmo
voler usare un farmaco per un breve periodo.
2. Scavare a fondo
1. M. Weissbluth, Sleep-Loss Stress and
Tem peram ental Difficultness: Psychobiological
Processes and Practical Considerations, in G.
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5. Le relazioni sociali
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3. Ibidem .
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trad. it. Vincere la tim idezza, Milano, GEO, 1993.
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10. C.G. Jung, Psychological Types, in W. McGuire
(a cura di), The Collected Works of C. G. Jung, vol.
6, Princeton, N.J., Princeton University Press,
1961, pp. 5-6; trad. it. di C.L. Musatti e L.
Aurigemma, Tipi psicologici, Torino, Bollati
Boringhieri, 2008.
11. Idem , pp. 373-407.
12. Idem , pp. 442-443.
13. L. Silverman, Parenting Young Gifted Children,
Special Issue in «Intellectual Giftedness in Young
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Psychology and Personality Study», 1983, 28, p.
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Appropriateness, Situational Constraint, and Self-
Efficacy in Shyness, in «Journal of Personality»,
57, 1989, pp. 870-90.
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Persone altamente sensibili
di Elaine Aron
Copyright © 1996, 1998, 2013 Elaine N. Aron
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Titolo dell’opera originale The Highly Sensitive
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Overwhelms You
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