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Divulgazione Scientifica CRPR/InForma - rivista semestrale del Centro Regionale Progettazioe e Restauro - N.

1 - Anno 2006

BIOTECNOLOGIE PER I BENI CULTURALI


Innovazioni scientifiche Bio-cleaning, Bio-reinforcing
Franco Palla*

In questi ultimi anni le biotecnologie hanno fornito pro- ratezza, in quanto la ricerca nel campo della biologia
cedure innovative utilizzabili, per la caratterizzazione molecolare e della microbiologia ha permesso la sele-
del deterioramento di substrati sia organici che inorga- zione e caratterizzazione di numerosi ceppi batterici con
nici, in progetti di conservazione/restauro delle opere specifiche attività cellulari, alcuni già utilizzati per il ri-
d’arte. In particolare, l’applicazione di questi protocolli sanamento di ambienti inquinati, applicabili con buoni
tecnologici fornisce informazioni sia sulla natura dei risultati. In particolare, è stato possibile identificare e
consorzi microbici che colonizzano un substrato sia purificare un ampio numero di molecole biologiche di
sulle loro potenzialità biodeteriogene, che sulla possibi- cui è stata valutata l’efficienza e la selettività d’azione,
lità di controllarli e, recentemente, anche per lo sviluppo proprio da quei biodeteriogeni (batteri, funghi, attino-
di nuove procedure per la pulitura e il consolidamento di miceti) in grado di innescare il deterioramento di sub-
manufatti deteriorati. Nell’attenta revisione pubblicata strati organici e inorganici. In generale, i microrganismi
da Gonzalez nel 2003, sono presentate molte delle me- presentano enormi potenzialità nell’indurre trasforma-
todologie molecolari già in uso o che a breve e lungo ter- zioni biochimiche sia perché utilizzano il substrato co-
mine saranno utilizzate per una caratterizzazione sempre lonizzato come fonte nutrizionale, sia perché rilasciano
più precisa dei consorzi microbici coinvolti nel deterio- nell’ambiente circostante diverse proteine con attività
ramento delle opere d’arte e/o presenti nell’aerosol di catalitica (enzimi). Gli enzimi sono in grado di favorire
ambienti utilizzati per la loro conservazione e fruizione. reazioni chimiche che trasformano un substrato, agendo
Molti microrganismi che colonizzano i manufatti arti- in maniera specifica e in tempi molto rapidi. Sono clas-
stici ne inducono il deterioramento poiché producono e sificati proprio in base alla reazione che catalizzano ri-
secernono proteine enzimatiche come amilasi, cellulasi, correndo per la loro identificazione al suffisso asi,
lipasi, proteasi, in grado di modificare la struttura chi- quindi, parliamo di amilasi, lipasi, proteasi, transferasi,
mica del substrato. Diversi studi mostrano che l’azione isomerasi etc. Proteine enzimatiche sono prodotte e ri-
“distruttiva”, conseguente all’attività metabolica micro- lasciate nell’ambiente circostante da microrganismi
bica, può essere utilizzata per la rimozione biologica di come attinomiceti, batteri, funghi, oppure possono es-
patine superficiali su opere d’arte, o addirittura conver- sere presenti in piante, animali o nella saliva dei mam-
tita in azione “costruttiva” perché in grado di indurre la miferi (glicosidasi).
formazione di precipitati di calcite su manufatti a base Gli enzimi che possono avere un’applicazione pratica
carbonatica. La selezione e caratterizzazione moleco- nel campo dei beni culturali appartengono alle idrolasi
lare, di ceppi batterici con specifiche attività cellulari (glicosidasi, lipasi, proteasi) e sono in grado di cataliz-
trovano un’interessante applicazione in trattamenti di zare il degrado di macromolecole insolubili in acqua
biopulitura e biorecupero di manufatti artistici. come tali, ma lo diventano quando ridotte in frammenti
più piccoli.
Attualmente è possibile rimuovere patine costituite da
LA RIMOZIONE BIOLOGICA, BIOPULITURA, DI polisaccaridi (amido, cellulosa, gomme vegetali), pro-
PATINE teine (albumine, caseine, colle, collagene, gelatine ani-
mali, uovo), lipidi (cere, grassi, oli).
Solitamente tra le prime fasi del restauro di un’opera Diverse sono le fonti da cui isolare proteine enzimati-
d’arte è prevista la pulitura, azione che permette la rimo- che come: i) le Amilasi che possono essere sia d’origine
zione dei materiali depositati sulla superficie modifi- animale (amilasi pancreatica, ptialina della saliva) sia di
cando immediatamente l’aspetto estetico del manufatto. derivazione batterica (Bacillus) o fungina (Aspergillus);
Poiché i materiali da rimuovere si trovano a diretto con- ii) le Lipasi che derivano da tessuti animali (pancreas),
tatto con la superficie dell’opera, la pulitura può causare da tessuti vegetali (germi di avena e frumento), da spe-
dei danni irreversibili quindi deve essere seguita in cie batteriche come Bacillus e da funghi come Aspergil-
modo selettivo, deve avvenire attraverso la rimozione di lus e Penicillum; iii) la Pepsina, la Tripsina e le Proteasi
strati successivi di deposito, differenziando l’azione tra possono essere estratte sia da pancreas e stomaco di ani-
zona e zona, alleggerendo o rimovendo in profondità, mali sia da microrganismi come Bacillus e Aspergillum.
senza entrare in contatto diretto con i materiali originali. L’utilizzo razionale di un enzima o di una miscela di en-
La biopulitura sembra soddisfare questi canoni d’accu- zimi, richiede alcune informazioni preliminari come la

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nel 1988 l’uso di una miscela di enzimi per la rimozione
di un legante proteico/oleoso da una superficie pittorica.
La rimozione di una spessa patina proteica dalla super-
ficie di un dipinto a olio su tela fu riportato nel 1994 da
Bellucci e Cremonesi, che utilizzarono Proteasi e Lipasi
microbica, entrambi in forma gelificata a pH 8.0. Sem-
pre nello stesso anno Bonomi, descrive la rimozione di
una patina proteica da una scultura policroma in terra-
cotta, mediante l’uso di Proteasi in soluzione acquosa ri-
scaldata a 40°C. In questi ultimi anni, sono stati definiti
diversi protocolli utilizzabili nel restauro di opere poli-
crome, che permettono di modulare il metabolismo mi-
crobico e l’azione idrolitica degli enzimi. Recente-
mente, Sorlini e collaboratori, ricorrendo all’uso di cel-
lule batteriche vitali abbinato a specifici enzimi degra-
danti la matrice organica della colla animale, hanno rea-
lizzato la ripulitura di uno degli affreschi del Campo-
santo Monumentale di Pisa. In particolare, sono stati uti-
lizzati batteri del genere Pseudomonas, ceppo P. stutzeri
A29 capaci di degradare la colla in tempi rapidi, ridu-
cendo al minimo il rischio d’alterazione dei pigmenti,
con un’efficienza compresa tra 80-90%. L’operazione è
stata eseguita su diverse zone dell’affresco, mantenendo
i batteri sulla superficie per un periodo di 10-12 ore alla
temperatura compresa tra 28-30°C. Questi batteri etero-
trofi sono capaci di degradare la maggior parte della so-
stanza organica, mentre per la rimozione della colla re-
sidua sono state utilizzate proteine enzimatiche come la
Proteasi TypeXIX. Questo protocollo prevede che alla
fine del trattamento, i batteri applicati siano rimossi
dalla superficie per evitare il possibile innesco di pro-
cessi deteriogeni a carico dei pigmenti. Infine, questo
tipologia del materiale che deve essere rimosso (pro- metodo oltre ad essere innovativo ed efficiente, si è ri-
teine, amidi, oli e grassi), l’attività idrolitica e la speci- velato anche economico quindi applicabile per la biopu-
ficità d’azione dell’enzima, la temperatura, il pH e la litura anche di superfici estese.
concentrazione salina ottimali per il corretto funziona- Sebastianelli, riporta l’utilizzo di Lipasi Type VII per la
mento. rimozione di residui di sostanze grasse e cerose dalla su-
I primi tentativi di pulitura mediante l’uso di enzimi ri- perficie di dipinti staccati e collocati su supporti in
salgono al 1970 e furono realizzati, inizialmente su ma- gesso. Dopo una fase iniziale in cui era stata effettuata
nufatti di natura cartacea e successivamente su opere po- la pulitura (con tampone di cotone idrofilo) con solu-
licrome su tele e tavole, ma rimasero come esperienze zioni di White spirit (70%) - alcool Isopropilico (30%)
isolate. Wendelbo riportava il trattamento enzimatico e diluente nitro (40%)- alcool Isopropilico (40%) – Me-
(Tripsina in tampone fosfato a pH 8.0, per 10 minuti a tilEtiPirrolidone (20%), era stata riscontrata la presenza
40°C) di colle animali, che avevano prodotto l’adesione di cere e lipidi. Per la rimozione di queste sostanze è
di pagine di libri. Successivamente, Segal e Cooper ri- stato utilizzato l’enzima Lipasi TypeVII ad una tempera-
corsero all’utilizzo di un duplice trattamento enzimatico tura di 38°C e ad un pH compreso tra 8.0 e 9.0; in pre-
per la rimozione da pergamene di adesivi a base di senza di basse percentuali di carbonato d’ammonio. Per
amido e proteine (colla animale), rispettivamente con quanto concerne i tempi d’applicazione, è stata valutata
Amilasi (in tampone fosfato pH 7.0, incubando a 38°C l’efficienza enzimatica a due e sette minuti. Quest’ul-
sino a 60 minuti) e con Proteasi microbica (in tampone timo tempo d’incubazione, si è rivelato il più idoneo e
fosfato a pH 7.5 incubando a 40°C). Nel 1979 Makes ri- ha permesso di eliminare tutti i residui di sostanze
portava la prima applicazione su tele dipinte, successiva- grasse e cerose in maniera selettiva senza interagire con
mente nel 1982 l’uso di Amilasi e Proteasi per la rimo- i materiali costitutivi.
zione di colla di pasta dal retro di un dipinto ad olio e La superficie pulita enzimaticamente è stata rifinita ri-

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correndo a mezzia acquosi a tampone e miscele solventi, sufficienti di materiale, sia per la lentezza della reazione
al fine di inibire un’eventuale attività enzimatica residua. di carbonatazione. Un’altra metodologia propone l’in-
duzione di cristalli di calcite nei pori del materiale lapi-
LA MINERALIZZAZIONE INDOTTA COME deo mediante un processo di biomineralizzazione in-
BIO-RIMEDIO DI SUPERFICI DETERIORATE dotta. La prima applicazione si basava sull’uso di Ma-
cromolecole da Matrice Organica (Organic Matrix Ma-
Per quanto concerne i manufatti calcarei, una delle prin- cromoleculs, OMMs) estratte dalla conchiglia del mol-
cipali cause di degrado è la conversione di carbonato di lusco Mytilus californianus. Le glicoproteine ricche in
calcio in solfato di calcio, dovuta ad inquinanti chimici acido aspartico e glutammico, componenti la conchiglia
e biologici presenti nell’atmosfera in grado di deposi- di questo mollusco, sono in grado di controllare la for-
tarsi sulle superfici. In particolare, questo fenomeno si mazione di cristalli di calcite. Diversi lavori mostrano
riscontra nelle opere d’arte esposte all’aria ed è diretta- una buona efficienza di induzione di precipitati di cal-
mente influenzato dalle condizioni ambientali come cite in campioni di pietra calcarea dovuti all’uso delle
umidità, vento, pioggia, escursione termica, gas inqui- macromolecole della matrice organica, con conseguente
nanti e polveri. Inoltre l’attività industriale, l’urbanizza- formazione di nuovi cristalli di calcite fortemente legati
zione e i trasporti accelerano il processo di deteriora- alla struttura minerale in cui le OMMs erano state pre-
mento delle opere d’arte, poiché producono e rilasciano liminarmente fatte assorbire. Attualmente, anche se il
nell’atmosfera sostanze inquinanti come ossidi di zolfo, recupero di OMMs dalle conchiglie del mollusco è stato
carbonio e azoto, anidride solforosa, particellato [Saiz- notevolmente incrementato questa pratica rimane an-
Jimenez 1993, 1995]. Il ricorso all’uso di microrganismi cora costosa e necessita di lunghi tempi di realizzazione
per la rimozione di patine è stato applicato sperimental- Per ovviare a ciò, Levi e collaboratori [1998] hanno uti-
mente per la biopulitura di manufatti lapidei [Gauri et al. lizzato polipeptidi sintetici, come PolyA (poly-aspar-
1992, Heselmeyer et al. 1991] e recentemente, Sorlini e tate) o PolyA-L (poly aspartate-leucine), che mostrano
collaboratori [1997] mostrano l’utilizzo di alcuni ceppi una simile attività nel formare nuclei di cristallizza-
batterici del genere Desulfovibrio per la rimozione di pa- zione.
tine di solfati da superfici lapidee. Gli autori ricorrono Nel suolo, nelle acque e nei sedimenti marini la precipi-
all’uso della sepiolite come materiale inerte su cui far tazione di CaCO3 è un processo molto comune ed è
crescere il biofilm batterico di D. desulfuricans e D. vul- noto che l’attività batterica può controllare la genesi dei
garis. La sepiolite, colonizzata con uno dei due ceppi carbonati, che formano inizialmente un nucleo di preci-
batterici, è stata stratificata su patine di solfati presenti pitazione da cui si origina una struttura cristallina com-
sulla superficie di campioni di marmo incubando per 30 plessa che intrappolando all’interno il microrganismo.
ore in condizioni di anaerobiosi. I risultati mostrano che Batteri calcinogenici furono evidenziati già da Drew nel
la maggiore efficienza di rimozione dei solfati si ottiene 1914 con Bacterium calcis (successivamente riclassifi-
utilizzando una coltura pura di Desulfovibrio vulgaris cato come Pseudomonas calcis), e recentemente è stato
subs. vulgaris, che ha prodotto una riduzione della pa- messo a punto un protocollo che prevede l’utilizzo di
tina sino al 25-33% dopo 36-48 ore d’incubazione, rag- cellule batteriche vitali di Micrococcus sp. ceppo
giungendo il 99% dopo quattro giorni. Efficienze infe- BC434 o di Bacillus subtilis ceppo PB19. Paragonando
riori (43-58%) sono state ottenute utilizzando ceppi di l’efficienza di induzione di precipitati di CaCO3 su uno
Desulfovibrio desulfuricans. Paragonando l’efficienza di stesso litotipo (Pietra di Lecce) è possibile osservare la
rimozione della patina di solfati, da campioni di marmo, formazione di un nucleo di deposito di CaCO3 che pro-
mediante sepiolite non-inoculata e sepiolite inoculata gressivamente induce la formazione di cristalli. Questo
con Desulfovibrio vulgaris subs. vulgaris, si osserva un processo di mineralizzazione bio-controllata sembra
notevole incremento nella rimozione della patina che dal continuare anche dopo la morte dei batteri induttori at-
24% passa al 78%. traverso un meccanismo fisico-chimico non ancora
Un’interessante applicazione di cellule batteriche o di chiaro.
macromolecole biologiche nel campo dei beni culturali Recentemente è stato dimostrato che miscele di Bacillus
è rappresentato dai lavori di Tiano e Mastromei in grado cereus, sebbene siano in grado di ridurre la porosità
di indurre precipitati di calcite, in substrati calcarei, al della pietra non mostravano un efficiente effetto conso-
fine di realizzare una ricalcificazione di substrati degra- lidante [Castainer et al. 2000], mentre con Micrococcus
dati. Il vecchio approccio basato sull’uso esclusivo di xantus la penetrazione sembra incrementare, ma l’effi-
soluzioni di idrossido di calcio è stato dimostrato non cienza del trattamento è influenzata da altri numerosi
adeguato da Larson [2000] sia per la limitata solubilità fattori.
dell’idrossido di calcio con il conseguente reiterare delle Infine, i risultati di trattamenti di bio-rinforzo di mate-
applicazioni sino all’introduzione nei pori di quantità riali lapidei mediante l’applicazione di matrici organi-

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che sono ancora in una fase iniziale, ma ugualmente in- colare è una disciplina che ha rivoluzionato molti campi
coraggianti soprattutto quando si utilizza PolyAsp sinte- della ricerca scientifica e, in questi ultimi anni, anche
tico [Tiano] o cellule batteriche frazionate, BCFs, [Ma- quello dei beni culturali, e le ulteriori conoscenze deri-
stromei], mentre rimane ancora un procedimento com- vanti da questo settore della ricerca non potranno far al-
plesso l’estrazione delle OMMs dalle conchiglie e la tro che condurre ad una realizzazione sempre più esatta
successiva applicabilità nel campo dei processi di re- dei processi di conservazione e di restauro.
stauro.

CONCLUSIONI Bibliografia

I materiali che si accumulano sulla superficie di un di- BARABESI C., SALVIANTI F., MASTROMEI G. & PE-
pinto, sia per processi naturali sia per successivi inter- RITO B., 2003, Microbial calcium carbonate precipitationfor
venti sull’opera, cambiano nel tempo la loro struttura reinforcement of monumental stones, ,in C. Saiz-Jmenez ed.,
macromolecolare che si traduce in un cambiamento Molecular Biology and Cultural Heritage. Balkema publisher,
della loro solubilità. E’ noto che in conseguenza a feno- Lisse, the Netherland, pp. 209-212.
meni di ossidazione, i composti polisaccaridici, le pro-
teine e i grassi tendono ad incrementare la loro polarità, BELLUCCI R. & CREMONESI P., 1994, L’uso degli enzimi
rendendo necessario il ricorso all’uso di solventi polari nella conservazione e nel restauro dei dipinti, Kermes 21, 45-
o sostanze alcaline per la loro rimozione. Solitamente i 64.
solventi polari sono anche penetranti, con valori di ri-
tenzione medio-alti, rappresentando un potenziale ri- BONOMI R., 1994, Utilizzo degli enzimi per il restauro di una
schio d’indebolimento del legante dello strato del co- scultura in terracotta policroma, in OPD Restauro, 6, 101-107.
lore. Inoltre, se l’azione dei solventi polari non risulta
sufficiente è necessario ricorrere all’uso di altri reagenti CASTAINER S., LE METAYER-LEVREL G., ORIAL G.,
(alcali) che frammentando le macromolecole rendono LOUBIER J.F. & PERTHUISOT J.P., 2000, Bacterial carbo-
questi materiali più solubili, però possono rappresentare natogenesis and applications to preservation and restoration of
un ulteriore rischio per lo strato pittorico perché pos- historic property, in Cifferi O., Tiano P., Mastromei G. (eds) of
sono causare alterazioni cromatiche dei pigmenti. Microbes and Art, NewYork Kluwer Acad/Plenum Publis-
Sebbene non siano molte le applicazioni di preparazioni hers,pp 246-262.
enzimatiche per la pulitura di superfici di manufatti ar-
tistici gli enzimi idrolitici costituiscono una reale alter- CREMONESI P., 1992, L’uso degli enzimi nella pulitura di
nativa, perché sono in grado di degradare le macromo- opere policrome, il Prato.
lecole con un’azione più blanda e con una notevole se-
lettività d’azione. Le conoscenze derivanti dalla ricerca GAURI K., PARKS L., JANES J. & ATLAS R., 1992, Remo-
di base hanno permesso di determinare i vari livelli val of sulphated-crust from marble using sulphate-reducing
strutturali che una proteina può assumere, l’identifica- bateria, in Proceedings of International Conference on stone
zione dei siti di riconoscimento e di catalisi. cleaning and the Nature, Soil and Decay mechanisms of stone,
Inoltre, numerosi studi di tossicità escludono qualsiasi ed Webster r., Donheadd, Edinburg, UK, pp 160-165.
potenziale rischio per l’operatore nell’uso di amilasi, li-
pasi e proteasi in soluzione acquosa, dove l’unica cau- HESELMEYER K., FISCHER U., KRUMBEIN W.E. &
tela riguarda la loro manipolazione in forma di polveri WARSCHEID T., 1991, Application of Desulfovibrio vulgaris
evitando sia l’inalazione sia un prolungato contatto con for the bioconversion of rock gypsum crust into calcite, BIO-
la cute. forum 1-2, 89.
Infine, il riconsolidamento bioindotto costituisce an-
ch’esso una procedura innovativa anche se necessita di LARSON J.H., MADDEN C. & SUTHERLAND I., 200, Ince
ulteriori ricerche per il completo passaggio dalla fase di Blundell: the preservation of an important collection of classi-
laboratorio alle applicazioni pratiche. Comprendere la cal sculptures, J. Cult. Heritage 1, 79-87.
correlazione tra sequenze geniche e macromolecole, LEVI Y., ALBECK S., BRACK A., WEINER S. & ADDADI
chiarire il meccanismo che regola la produzione delle W., 1998, Control over aragonite crystal nucleation and
molecole componenti la matrice organica, standardiz- growth: an in vitro study of biomineralization, Chem. Eur. J.
zare i processi d’estrazione, non più da molluschi ma ad 4, 389-396.
esempio da batteri bio-ingegnerizzati, ne implementerà
l’utilizzo. MAKES F., 1979, Enzymatic consolidation of painting, Uni-
Posso senz’altro concludere che la biotecnologia mole- versity of Goteborg, Sweden.

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