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Appunti di Fisica

di Vincenzo Russo (vincenzo.russo@neminis.org) Universit degli studi di Napoli Federico II Corso di Laurea in Informatica
Sommario Questi appunti sono stati scritti in base al corso di Fisica II tenuto dal prof. Ninno per il Corso di Laurea in Informatica presso la facolt di Scienze MFN dellUniversit degli studi di Napoli Federico II. Non si danno garanzie della totale correttezza degli appunti a causa di potenziali errori introdotti dallautore di questo documento.

Indice
1 Le onde 1.1 Le grandezze in gioco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Onde in una corda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Trasporto di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Interferenze di onde 2.1 Il principio di sovrapposizione degli eetti . 2.2 Inteferenza da sorgente doppia . . . . . . . 2.3 Dirazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Interferenza della luce in una doppia fessura 2.5 Dirazione dei raggi X: diusione di Bragg 2.6 Onde stazionarie . . . . . . . . . . . . . . . 3 Modelli atomici 3.1 Il modello atomico di Rutherford . . . . . 3.2 Lo spettro dellIdrogeno . . . . . . . . . . 3.3 Il modello atomico di Bohr . . . . . . . . 3.3.1 Dimostrazione della Teoria di Bohr 4 Introduzione alla Fisica Quantistica 4.1 Le ipotesi di de Broglie . . . . . . . 4.2 La funzione donda . . . . . . . . . . 4.3 Il principio di indeterminazione . . . 4.4 Pacchetto donda . . . . . . . . . . . 5 5 5 9 11 11 11 13 14 15 15 18 18 19 20 20 23 23 25 26 28 30 30 32 33 35

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5 La teoria moderna della meccanisca quantistica 5.1 Lequazione di Schroedinger dipendente dal tempo 5.2 Equazione di Schroedinger per una particella libera 5.3 Valori medi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4 Equazione di Schroedinger indipendente dal tempo

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6 Meccanica quantistica degli atomi 38 6.1 La teoria di Schroedinger e latomo di Idrogeno . . . . . . . 38 6.2 Lo Spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 6.3 Il principio di esclusione di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . 41 7 Solidi: strutture cristalline e legami 7.1 Strutture cristalline . . . . . . . . . . 7.1.1 Esempi di strutture cristalline 7.2 Legame covalente . . . . . . . . . . . 7.3 Legame ionico . . . . . . . . . . . . . 7.4 Legame metallico . . . . . . . . . . . 42 42 43 43 43 44

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8 Teoria ad elettrone libero nei solidi 8.1 Modello classico della teoria ad elettrone libero . . 8.1.1 Derivazione della legge di Ohm dal modello troni liberi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8.1.2 Conducibilit e libero cammino medio . . . 8.2 Modello quanto-meccanico della teoria ad elettrone

. . . . a elet. . . . . . . . libero

45 . 46 . 46 . 48 . 49

8.2.1 8.2.2

Buca di potenziale tridimensionale e livello di Fermi 50 Densit degli stati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 53 53 55 55 56 57

9 Teoria della bande 9.1 Bande di energia . 9.2 Gap energetico . . 9.3 Conduttori, isolanti 9.4 Massa ecace . . . 9.5 Buche . . . . . . .

. . e . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . semiconduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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10 Semiconduttori 10.1 Semiconduttori intrinseci . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10.1.1 Densit degli elettroni e delle buche . . . . . . . . 10.2 Semiconduttori estrinseci . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10.3 Densit di carica e livello di Fermi nei semiconduttori estrinseci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10.4 Conducibilit dei semiconduttori intrinseci ed estrinseci . 10.4.1 Dettagli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

59 . 59 . 59 . 61 . 63 . 64 . 65

11 Introduzione ai transistor 67 11.1 Giunzione PN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 11.2 Transistor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 A Argomenti non trattati B Figure 69 69

Elenco delle gure


1 2 3 Diagramma di unonda in una corda . . . . . . . . . . . . . . . . Pacchetto donda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rappresentazione parziale della degenerazione degli stati nellatomo di idrogeno. Lenergia E determinata soltanto dal numero quantico principale n. La variazione spaziale dipende invece dai tre numeri quantitici n, l, ml . In questo graco la degenerazione rispetto a ml non viene mostrata. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Schema di un reticolo cristallino con passo reticolare pari ad a. . Schema semplicato di bande elettroniche di un semiconduttore. In teoria i livelli energetici possibili sono inniti ma ad alti valori lelettrone viene espulso. Le bande hanno ampiezza dierente in relazione agli orbitali atomici da cui derivano. . . . . . . . . . . . Giunzione PN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Transistor bipolare PNP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 28

4 5

40 53

6 7

54 67 68

Le onde

Nella vita quotidiana si sempre a contatto con le onde, anche se spesso ci accade incosciamente. Le onde trasportano energia e quantit di moto (e non materia) e, come avremo modo di vedere nel seguito, esiste una quantit enorme di tipi di onde. Nel quotidiano ci imbattiamo di continuo nel pi frequente fenomeno ondulatorio: la luce. Purtroppo, nel caso delle onde luminose, le grandezze in gioco sono talmente piccole da non permettere allocchio umano di accorgersi della natura stessa del fenomeno.

1.1

Le grandezze in gioco

Prima di proseguire bene fare una panoramica sulle grandezze in gioco. Quando parleremo di onde, parleremo anche di periodo, frequenza, velocit, lunghezza donda, ampiezza e fase. Il periodo T il tempo che intercorre tra due picchi di onda. La frequenza il numero di picchi di onda per unit di tempo; corrisponde quindi allinverso del periodo: = 1 T (1)

La lunghezza donda la distanza fra due picchi donda. La velocit dellonda si calcola invece con una formula che deriva direttamente dalla Fisica classica, ovvero quella che lega la velocit allo spazio e al tempo: T dove rappresenta lo spazio e T rappresenta il tempo. Per la (1), la (2) pu diventare: v= v = (2)

(3)

Lampiezza donda A la distanza fra il picco donda e lasse delle ascisse, mentre la fase indica un particolare istante durante lo svolgersi di un fenomeno periodico e viene misurata tramite un angolo, detto angolo di fase.

1.2

Onde in una corda

Consideriamo ora una corda stesa lungo lasse delle x. Se pizzichiamo questa corda a una delle estremit, lo spiazzamento provocato si propagher nella direzione y o z. Per il momento considereremo soltanto la direzione y.

Figura 1: Diagramma di unonda in una corda

Come si nota dalla gura qui sopra, lo spiazzamento trasverso nella direzione y varia con x (ovvero varia col punto della corda preso in considerazione) e con il tempo t. Matematicamente parlando, avremo: y = f (x, t) (4)

Lesatta forma dellonda e la funzione f del nostro caso sono determinate dalla sorgente che produce le pulsazioni e dalla natura della corda. Uno dei pi importanti e comuni metodi di propagazione di unonda la propagazione sinusoidale. Ad esempio: attacchiamo allestremo iniziale di una corda un blocco collegato ad una molla. Se tiriamo verso il basso il blocco e poi lo rilasciamo, esso inizier a oscillare verticalmente a causa della molla alla quale collegato. Sappiamo che le coordinate lungo lasse y (del blocco) ci sono date dallequazione del moto oscilattorio: A sin(t + ) (5)

La stessa formula ci indica lo spiazzamente trasverso allestremit della corda alla quale attaccato il blocco, quindi: y(x0 = 0, t) = A sin(t + ) (6)

Questo spiazzamento introdotto a x0 = 0 si propagher lungo la corda, cosicch altri punti della corda, pi tardi nel tempo, oscilleranno nella direzione y secondo la stessa legge. Se la velocit dellonda nella corda v, il tempo impiegato a propagarsi lungo la distanza x dato da: 6

x (7) v Cos, lo spiazzamento generato dallonda nel punto x al tempo t sar lo stesso al tempo t t0 nel punto x0 = 0, con t0 il tempo impiegato per arrivare dallorigine (x0 = 0) al punto x, ovvero: t= x v Se nella (6) imponiamo t t0 = t avremo t0 = y(x, t) = A sin[(t t0 ) + ] ma t0 =
x v,

(8)

(9)

quindi y(x, t) = A sin(t

x + ) (10) v Lequazione (10) la forma pi generale dellequazione donda. Non nel nostro interesse una tale generalit, pertanto possiamo limitarci alle onde per le quali y = 0 quando x = 0 e t = 0, caso in cui langolo = 0 oppure = . A seconda dei due valori dellangolo , abbiamo due forme equivalenti dellequazione donda y(x, t) = A sin(t kx) y(x, t) = A sin(kx t) (11) (12)

Lequazione donda

La prima riguardo il caso di = 0 e la seconda relativa al caso di = . La costante k detta costante di propagazione o numero donda ed tale che (13) v Le equazioni (11) e (12) rappresentano unonda piana (a propagazione sinusoidale) che si propaga nel senso positivo delle ascisse. Per unonda piana che si propaga nel senso negativo delle ascisse possiamo modicare la (12) come segue k= y(x, t) = A sin(kx + t) (14)

Il numero donda

Onda piana

Per comprendere il signicato sico delle equazioni (12) e (14) possiamo analizzarle da due punti di vista: ssando un instante temporale oppure ssando un punto della corda. Nel primo caso, pensiamo di poter eettuare delle istantanee dellonda che viaggia attraverso la corda. Questo vuol dire poter ssare un particolare istante di tempo, per esempio t1 , nellequazione (12) y(x, t1 ) = A sin(kx 1 ) 7 (15)

con 1 = t1 la traslazione di fase al tempo t1 . Al tempo t2 ci sar uno sfasamento di un angolo 2 . Ad ogni modo landamento rester sempre sinusoidale. Possiamo usare la (15) per calcolare la lunghezza donda , che, ricordiamo, la distanza fra due massimi. Nella gura 11-5 del libro [1] = x2 x1 (16)

I valori x1 e x2 sono due valori consecutivi di x per i quali la funzione sinusoidale (15) assume valore massimo +1, ovvero kx1 1 = e + 2)rad 2 Risolvendo contemporaneamente la (17) e la (18), abbiamo kx2 1 = ( x1 = (1 + e x2 = (1 + quindi 2 (21) k Abbiamo quindi osservato la (12) dal punto di vista degli istanti temporali. Un altro punto di vista quello di ssare un punto della corda e analizzare tale punto come funzione del tempo. Fissando un particolare punto x1 nella (12) abbiamo = x2 x1 = y(x, t) = A sin(1 t) (22) 1 + 2) 2 k (20) 1 ) 2 k (18) rad 2 (17)

(19)

con 1 = kx1 langolo di sfasamento dipendente dal punto scelto (al contrario di prima, dove langolo era funzione dellinstante di tempo). La (22) simile alla (5), che descrive il moto del corpo attaccato alla molla (equazione del moto oscillatorio). Con la posizione x ssata, y varier con sin(t) e il punto osciller secondo un moto armonico con ampiezza A e frequenza = 2 (23)

La (22), con opportuni xi e i , descrive il moto di ogni altro punto xi della corda. Durante la propagazione, tutte le particelle della corda oscillano con la stessa ampiezza e frequenza, nonostante lo sfasamento tra loro. 8

1.3

Trasporto di energia

Uno degli aspetti pi importanti del moto donda che esso fornisce un metodo per trasportare energia. Prima dellarrivo di unonda, una particella della corda priva di energia meccanica; allarrivo dellonda invece, la particella esegue un moto armonico che le conferisce energia cinetica e potenziale. Londa, nel ruolo di mezzo di trasporto per lenergia, ha donato questultima alla particella in questione. Il moto ondoso costituisce uno dei due modi principali di trasportare energia. Laltro dato dallo spostamento di una o pi particelle, che muovendosi portano con se la propria energia cinetica. Tale energia cinetica pu essere trasferita ad altre particelle nel mezzo nel quale esse si propagano. Ci sono due dierenze importanti tra i due modi di trasportare energia: 1. il moto ondoso traferisce energia senza spostamento di materia, al contrario di ci che accade col moto delle particelle 2. lenergia di un insieme di particelle localizzata nella zona in cui le particelle si trovano in un dato istante di tempo; in unonda lenergia distribuita sullintero spazio occupato dallonda in un dato istante. Ora passiamo a calcolare la frequenza1 alla quale lenergia trasmessa da unonda in una corda2 . Consideriamo la propagazione sinusoidale rappresentata dalla (12). La frequenza di produzione di energia conosciuta come Potenza (P). Possiamo ottenere P calcolando lenergia che attraversa in un secondo un punto di una corda. Questa sar uguale allenergia delle particelle della corda in una lunghezza donda, moltiplicata per la frequenza 3 P = (energia per lunghezza d onda) (24)

Per trovare lenergia in una lunghezza donda notiamo che ogni particella nella corda oscilla con la stessa ampiezza donda e la stessa frequenza. Poich lenergia totale di una particella oscillante proporzionale al quadrato dellampiezza doscillazione, concludiamo che tutte le particelle hanno la stessa energia. A un certo istante lenergia di una particella pu essere tutta cinetica, tutta potenziale o un misto delle due. Per calcolare lenergia cinetica della particella in una corda necessitiamo di unespressione per la velocit trasversa vy . Essa pu essere ottenuta dierenziando y nella (12) rispetto al tempo y = A sin(kx t) = A cos(kx t) (25) t t Ora possiamo calcolare lenergia (cinetica) di una particella (c) di massa m vy =
per unit di tempo. calcolo vale in maniera simile per gli altri tipi di onda. 3 La frequenza ci indica il numero di lunghezze donda passanti in un secondo per il punto dato.
2 Il 1 Energia

E(c) = Dalla (25) otteniamo che vymax in 1. Quindi la (26) diventa

1 2 mvymax (26) 2 = A, poich il coseno ha il suo massimo

1 m 2 A2 (27) 2 Poich lenergia uguale per tutte le particelle, per ottenere lenergia di una lunghezza donda suciente sostituire m nella (27) con la massa contenuta di una lunghezza donda. Se lampiezza donda pi piccola della lunghezza donda (condizione spesso vericata) allora la massa in una lughezza donda con la massa per unit di lunghezza della corda. Quindi E(c) = energia per lunghezza d onda = Sostituendo la (28) nella (24) avremo P = che equivale a P = 2 2 v 2 A2 (30) 1 2 A2 2 (29) 1 2 A2 2 (28)

sapendo che = v e = 2. Da quanto appena esposto si ottengono due risultati generali per le onde: la potenza trasportata da unonda 1) proporzionale al quadrato dellampiezza e 2) alla velocit di propagazione. Inne, deniamo lintensit I come la potenza trasmessa per unit di area perpendicolare alla direzione di propagazione dellonda.

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Interferenze di onde

Ora analizzeremo ci che accade quando due o pi onde si scontrano tra loro. Analizzeremo tale fenomeno prima con le onde nellacqua e successivamente prenderemo in esame le onde luminose.

2.1

Il principio di sovrapposizione degli eetti

Uno dei principi fondamentali che governano la propagazione delle onde il principio di sovrapposizione degli eetti 4 . Gli esperimenti hanno dimostrato che due (o pi) onde dierenti possono propagarsi nello stesso spazio in maniera indipendente e quando si incontrano londa risultante semplicemente la somma algebrica delle due (o pi) onde separate. Dopo essersi incontrate, le onde continueranno a propagarsi normalmente secondo landamento denito dalla funzione matematica che le rappresenta, come se nessuna sovrapposizione fosse mai avvenuta. Il principio di sovrapposizione ci porta al fenomeno conosciuto come interferenza. Se due onde uguali (in ampiezza, lunghezza donda e velocit) che partono da due sorgenti diverse viaggiano nella stessa direzione, possono interferire in due modi: costruttivo e distruttivo. Linteferenza costruttiva se le onde sono in fase o sfasate di unintera (o multiplo intero) lunghezza donda. Diventa invece uninterferenza distruttiva se le onde sono sfasate di mezza lunghezza donda (o una lunghezza e mezza, etc.).

2.2

Inteferenza da sorgente doppia

Dallesperimento di gura 12-3 del libro [1], che riporta un fenomeno di interferenza dove non vige pi la restrizione di onde che viaggiano nella medesima direzione, ricaviamo i seguenti concetti: la dierenza di percorso (o cammino) la dierenza nelle distanze percorse da due onde a partire dalle rispettive sorgenti no ad arrivare a un punto comune linterferenza costruttiva se la dierenza di percorso di zero lunghezze donda, una lunghezza donda oppure un multiplo intero di una lunghezza donda n. Formalmente 1 1 sin a + sin b = 2 sin (a + b) cos (a b) 2 2 (31)

Consideriamo un punto P e due onde y1 e y2 , originate dai punti s1 e s2 5 . La distanza di P da s1 e s2 rispettivamente x1 e x2 . Quindi y1 = A sin(kx1 t) (32)

4 Il principio di sovrapposizione degli eetti non vale per le onde ad ampiezza molto grande che si propagano in mezzi deformabili. 5 s e s sono dette sorgenti puntiformi. 1 2

11

y2 = A sin(kx2 t) Pertanto, dal principio di sovrapposizione degli eetti, avremo y1 + y2 = A[sin(kx1 t) + sin(kx2 t)]

(33)

(34)

Supponiamo che la dierenza di percorso sia un multiplo intero della lunghezza donda, ovvero x2 x1 = n con n = 1, 2, ... Segue allora che x2 = x1 + n Dal fatto che =
2 k

Interferenza costruttiva

(35)

(36)

otteniamo che x2 = x1 + 2n k (37)

quindi la (34) diventa y = y1 + y2 = A[sin(kx1 t) + sin(kx1 + 2n t) Usando la (31) nella (38) otteniamo 1 1 y = A[2 sin (kx1 t + kx1 + 2n t) cos (kx1 t kx1 2n + t)] (39) 2 2 ovvero, semplicando 1 1 y = A[2 sin (kx1 t + kx1 + 2n t) cos (2n)] 2 2 o ancora, dato che 2 = 2 1 1 y = 2A[sin (kx1 t + kx1 + 2n t) cos (2n)] 2 2 La (41) pu essere scritta anche come y = 2A sin(kx1 t) poich possiamo considerare kx1 t = e ricordare che se n dispari abbiamo sin( + n) = sin (44) (43) (40) (38)

(41)

(42)

12

cos(n) = 1 mentre se n pari abbiamo sin( + n) = sin cos(n) = 1

(45)

(46) (47)

La (42) mostra formalmente che due onde con una dierenza di percorso che un multiplo intero di si sommano in unonda che ha unampiezza donda che due volte quella delle onde inziali y1 e y2 . Supponiamo ora che la dierenza di percorso sia di met lunghezza donda, ovvero x2 x1 = ma =
2 k ,

Interferenza distruttiva

2 k

(48)

quindi la (48) diventa x2 x1 = (49)

Londa risultante in questo caso y = y1 + y2 = A[sin(kx1 t) + sin(kx1 + t)] Usando la (31) nella (50) otteniamo 1 1 y = 2A sin (kx1 t + kx1 t + ) cos 2 2 = 0 e quindi y = y1 + y2 = 0 (51) (50)

Ma cos 2

(52)

Per denizione la (52) risulta uninterferenza distruttiva. Lo stesso risultato 3 si sarebbe ottenuto se x2 x1 = 2 oppure 5 e cos via, ovvero 2 x2 x1 = n + 1 (2n + 1) = 2 2 (53)

2.3

Dirazione

Se una serie di onde piane o di onde sferiche di grosso raggio si scontra contro una barriera con una piccola apertura, delle onde circolari si propagano al di l dellapertura, come se questa agisse da sorgente puntiforme. Questo fenomeno chiamato dirazione. Per piccola apertura si intende molto minore della lunghezza donda dellonda che si infrange sulla barriera. Se invece tale apertura fosse di dimensioni molto pi grandi della lunghezza donda, si osserverebbe un

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fenomeno diverso, che vedrebbe propagarsi aldil dellapertura delle onde assimilabili a delle onde piane. Nel caso in cui invece la grandezza dellapertura fosse nellordine di grandezza della lunghezza donda, allora le onde propagate aldil dellapertura non sarebbero n onde circolari n onde piane. Il calcolo dettagliato della gura prodotta da unonda in presenza di un ostacolo troppo complicato per essere arontato in questa sede; tuttavia il sico olandese Christian Huygens ha ideato un metodo geometrico che considera ogni punto di un fronte donda come una sorgente puntiforme di onde: il nuovo fronte donda qualche tempo dopo allora la gura di interferenza prodotta da queste sorgenti puntiformi.

2.4

Interferenza della luce in una doppia fessura

Per sperimentare linterferenza della luce si pu ricorrere a un semplice equipaggiamento. Un sorgente di luce monocromatica (lunghezza donda singola) illumina uno schermo opaco con due piccole fessure s1 e s2 . Secondo il metodo di Huygens, queste due fessure divengono sorgenti puntiformi di luce. Se noi facciamo infrangere la luce che passa attraverso le fessure su di uno schermo, noteremo un alternarsi di bande scure e chiare che indicano, rispettivamente, inteferenze distruttive e costruttive. Anch linterferenza sia osservabile, la distanza6 d tra le due fessure non deve essere pi grande della lunghezza donda. Questo implica che nel caso della luce, d debba assumere un valore di pochi microns (106 m) mentre la distanza D tra le fessure e lo schermo deve essere svariati centimetri, ovvero D d. Quindi possiamo concludere che le due linee s1 P e s2 P sono al pi parallele. Nella gura 12-9b del libro [1] una perpendicolare alla linea s1 P stata tracciata dalla fessura s2 al punto Q. La distanza in eccedenza s1 Q percorsa dallonda dalla fessura s1 la dierenza di cammino, indicata col simbolo , tra le due onde quando esse raggiungono il punto P . Dal triangolo s1 s2 Q che si formato si ha che la dierenza di cammino data da = d sin Quindi avremo che uninterferenza costruttiva se = d sin = n ed distruttiva se 1 (56) = d sin = (n + ) 2 Concludiamo dicendo che se su uno schermo opaco pratichiamo una serie di fessure (quindi pi delle due analizzate in questo caso) si parla di grata di dirazione. Le equazioni (55) e (56) sono applicabili anche in questo caso.
6 Fare riferimento alla gura 12-9a del libro [1]. Per motivi di tempo alcune gure non verrano incluse direttamente in questi appunti.

(54)

(55)

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2.5

Dirazione dei raggi X: diusione di Bragg

Max von Laue not che nei solidi cristallini (che hanno la caratteristica di avere una struttura molecolare regolare) gli spazi interatomirci sono dello stesso ordine di grandezza della lunghezza donda dei raggi X. Successivamente mostr che la caratteristica di regolarit oerta dagli atomi di un solido cristallino potevano essere usati come una grata di dirazione. Consideriamo una rappresentazione planare di un cristallo cubico, cio un solido i cui atomi sono collocati lungo gli angoli di unit cubiche. Sia d la distanza interatomica. Quando i raggi X colpiscono il cristallo con un angolo di incidenza rispetto al piano di questi atomi, gli atomi diondono i raggi X in tutte le direzioni. Per adesso limitiamoci a considerare i raggi X diusi in maniera speculare, cio quei raggi il cui angolo di uscita uguale allangolo di incidenza dei raggi X sparati contro il cristallo. Se facciamo riferimento alla gura 12-16 del libro [1] possiamo vedere che i raggi X riessi dallatomo B (secondo strato del cristallo) hanno una dierenza di cammino con i raggi X riessi dallatomo A (primo strato di cristallo). Questa dierenza data dal cammino in pi che i raggi che colpiscono il secondo strato devono fare rispetto a quelli che colpiscono il primo strato e dal cammino in pi che i raggi riessi dal secondo strato devono fare rispetto a quelli riessi dal primo strato. In entrambi i casi questo cammino vale l, poich stiamo considerando i raggi riessi specularmente, e quindi la dierenza di cammino totale 2l. Geometricamente, dalla (54) abbiamo l = d sin e quindi 2l = 2d sin (58) (57)

La radiazione riessa dal cristallo, quindi, si sommer costruttivamente se 2l = 2d sin = n con n = 1, 2, 3... Lequazione (59) conosciuta come condizione di Bragg. (59)

2.6

Onde stazionarie

Unonda stazionaria7 una perturbazione periodica di un mezzo materiale, le cui oscillazioni sono limitate. Per esempio se ssiamo una corda a un sostegno e facciamo oscillare laltro estremo, la perturbazione del mezzo limitata alla lunghezza della corda; la perturbazione non si pu propagare oltre. Un esempio di onda stazionaria la corda di una chitarra. In una corda siatta vi sono delle frequenze che producono delle particolari congurazioni; tali frequenze sono dette frequenze di risonanza. La minima
7 Consultare

anche gli appunti sulla Corda vibrante rilasciati dal prof. Ninno.

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frequenza di risonanza chiamata frequenza fondamentale 1 e d luogo al modo di vibrazione fondamentale o prima armonica. La seconda frequenza di risonanza 2 produce il modo di vibrazione conosciuto come seconda armonica. La frequenza 2 tale che 2 = 21 (60)

Il discorso segue allo stesso modo per la terza frequenza di risonanza 3 . Si noti che alcuni punti della corda in vibrazione sono fermi (gura 12 19 del libro [1]). Questi punti vengono chiamati nodi. A met strada tra ogni coppia di nodi c un punto di ampiezza massima che viene chiamato ventre. Le estremit sse della corda sono ovviamente dei nodi. Quando le onde raggiungono lestremit ssata di una corda, queste vengono riesse nella direzione opposta e si sommano alle altre onde secondo il principio di sovrapposizione. Assumiamo che londa incidente y1 viaggino nel verso positivo delle ascisse y1 = A sin(kx t) mentre londa riessa y2 viaggi, ovviamente, nel verso opposto y2 = A sin(kx + t) Sommando le due onde abbiamo y = y1 + y2 = A[sin(kx t) + sin(kx + t)] che per la (31) diventa 1 1 (64) y = y1 + y2 = 2A[ sin(2kx) cos(2t)] = 2A sin(kx) cos(t) 2 2 Lequazione (64) lequazione di unonda stazionaria. Possiamo notare che, come nel caso delle onde piane, le particelle della corda si muovono secondo un moto armonico con frequenza donda = 2 . Al contrario, per, delle onde piane, lampiezza di oscillazione non la stessa in tutti i punti (tutti i valori di x nellequazione (64)) della corda. Ci sono alcuni punti per i quali lampiezza di oscillazione (A) sar pari a zero; questi punti sono i gi citati nodi. Per i nodi vale sin(kx) = 0 Per questo la funzione donda (64) varr zero se valutata nei nodi. Consideriamo una corda di lunghezza l. Allora y(x = l) = 0, ovvero 0 = 2A sin(kl) cos(t) (66) (65) (63) (62) (61)

Dato che lequazione (66) deve essere soddisfatta per ogni istante di tempo t, possiamo concludere che il seno ad essere zero, ovvero

16

sin(kl) = 0 cio kl = , 2, 3, ..., n

(67)

(68)

con n un intero. Si noti che kl = , 2, 3, ..., n ci d sempre un valore zero per sin(kl), ma i valori negativi di kl corrispondono a valori negativi di k e quindi della lunghezza donda , che sicamente inaccettabile. Pertanto, ricordando che = e sostituendo nella (68) abbiamo 2l = n ovvero 2 l (71) n il che ci dice che le onde stazionarie non possono avere una lunghezza donda aribitraria come accade con le onde piane, ma rispetter la legge (71). = (70) 2 k (69)

17

Modelli atomici

Svariati esperimenti fatti nel ventesimo secolo hanno rivelato la presenza di elettroni nellatomo. Questo ha portato col tempo ha intensicare il numero di esperimenti per cercare di ricreare un modello che rappresentasse fedelmente latomo.

3.1

Il modello atomico di Rutherford

Rutherford propose un modello atomico formato da un nucleo centrale a carica positiva e un elettrone che ruota intorno a questo nucleo. Il modello per soriva di un problema grave: se eettivamente lelettrone ruotava in moto accellerato e quindi emetteva radiazione elettromagnetica perdendo cos energia, esso allora avrebbe dovuto cambiare la propria velocit, con la conseguenza che il suo comportamento si sarebbe tradotto in un moto a spirale intorno al nucleo no al collassamento sullo stesso. Ci riassumibile dicendo che il modello di Rutherford instabile8 . La frequenza della radiazione emessa dipende dal raggio; se il moto fosse stato davvero a spirale, lelettrone avrebbe emesso radiazioni a varie frequenze ma con continuit, mentre gli esperimenti mostrarono che soltanto radiazioni a determinate frequenze venivano emesse. Il modello di Rutherford divenne quindi inaccettabile. Se volessimo calcolare lenergia totale dellatomo, essa sarebbe data dalla somma dellenergia cinetica del protone, dellenergia cinetica dellelettrone e dellenergia elettrostatica9 dellinterazione tra protone ed elettrone. Per semplicit assumeremo che il nucleo resti stazionario, trascurando lenergia cinetica del protone; possiamo dunque scrivere Etotal = dove 1 e2 4 0 r2 la forza di Coulomb, con e la carica. Dato che F = ma allora 1 e2 v2 =m 2 4 0 r r con
v2 r

1 e2 1 mv 2 2 4 0 r2

(72)

(73)

(74)

(75)

laccellerazione. Moltiplicando entrambi i membri per 1 r otteniamo 2

8 Linstabilit dovuta alla leggi dellelettromagnetismo classico che prevedono, in questo caso, che lelettrone in movimento, emettendo radiazioni, perde energia. 9 La forza di attrazione di Coulomb.

18

1 e2 mv 2 = 2 8 0 r Usando la (76) nella (72) otteniamo Etotal =

(76)

1 e2 e2 1 1 1 e2 e2 = ( )= (77) 8 0 r 4 0 r r 8 0 4 0 8 0 r Quindi lenergia totale una funzione di r che pi grande pi fa tendere lenergia totale a zero.

3.2

Lo spettro dellIdrogeno

Per sperimentare lo spettro elettromagnetico dellidrogeno, il gas fu messo in un tubo di vetro ai cui estremi vi erano due elettrodi. Grazie a questi elettrodi si potevano inviare scariche elettriche che attraversassero il gas, causando lemissione di radiazioni elettromagnetiche da parte di questultimo. Un campione di radiazioni veniva poi deviato attraverso una grata di dirazione. Il campione di interferenza di una grata di dirazione simile a quello osservabile nellesperimento con doppia fessura. Consiste infatti di un massimo centrale ( = 0) che contiene tutte le lunghezze donda presenti nella radiazione incidente. In pi, comunque, massimi secondari possono essere osservati sullo schermo laddove le condizioni siano simili a quelle dellesperimento con doppia fessura d sin = n (78)

Ricordiamo che d la distanza fra le fessure adiacenti. Se la radiazione incidente contiene pi lunghezze donda (e frequenze), gli angoli ai quali queste massimi di inteferenza si vericano cambiano a seconda della lunghezza donda, poich, dallequazione (78) si ha che sin = n . Possiamo quindi separare e d misurare le lunghezze donda presenti nella radiazione. Con questa tipologia di esperimento si veric che lo spettro dellidrogeno consisteva in una famiglia di linee (lunghezze donda). Le linee di una famiglia potevano essere ricavate grazie a una semplice relazione empirica: la relazione di Rydberg-Ritz, che ci fornisce una serie di linee 1 1 1 = R{ 2 2 } nk nj (79)

dove R = 1.0967757 107 m1 la costante di Rydberg e nk e nj sono interi. Per un dato nk , nj = nk + 1, nk + 2, ... Per esempio se nk = 1 allora nj = 2, 3, 4, 5... Questa famiglia la serie di Lyman, corrispondente alle frequenze della parte ultravioletta dello spettro se nk = 2 allora nj = 3, 4, 5... Questa famiglia la serie di Balmer, corrispondente alle frequenze della parte visibile dello spettro con nk = 3 oppure nk = 4 abbiamo le famiglie corrispondenti alla parte infrarossa dello spettro 19

3.3

Il modello atomico di Bohr

Per evitare i problemi di instabilit e spettro continuo incontrati col modello Rutherford, Bohr propose un modello per latomo di Idrogeno che pu essere riassunto in tre postulati. Postulato 1. Invece di un numero innito di orbite, con dierenti raggi, che sono possibili nella meccanica classica, lelettrone pu viaggiare soltanto in precise orbite, quelle per le quali il momento angolare L assume i valori dati da L = mvr = n con n = 1, 2, 3... e h =n 2 (80)

la costante di Planck divisia per 2.

Postulato 2. Al contrario di quanto predetto dalla teoria classica dellelettromagnetismo, un elettrone in una delle orbite permesse non emette radiazioni durante il suo moto. Postulato 3. Se un elettrone si trova in unorbita permessa di energia Ei e si sposta in unaltra orbita permessa di energia pi bassa Ef , la radiazione elettromagnetica emessa avr una frequenza data da = Ei Ef h (81)

Il primo postulato usa lidea di quantizzazione dellenergia introdotta da Planck nello studio della radazione di corpo nero. Al contrario di Planck, per, Bohr quantizza il momento angolare orbitale, non lenergia. Ad ogni modo, vedremo che per eetto della quantizzazione del momento angolare anche lenergia risulta quantizzata. Il secondo postulato necessario per evitare linstabilit predetta dalla teoria classica dellelettromagnetismo. Il terzo postulato in sostanza una riaermazione del concetto di fotone introdotto da Einstein, al quale viene aancato il requisito di conservazione dellenergia. Se la luce fatta di fotoni di energia h, allora, quando un fotone emesso da un atomo, latomo perde una percentuale di energia uguale allenergia del fotone, cio Ei Ef = h. 3.3.1 Dimostrazione della Teoria di Bohr

Vogliamo ora dimostrare che a partire dallequazione (80) possiamo arrivare allequazione (79). Innanzitutto, partendo dalla (80) possiamo scrivere v= n mr (82)

20

Se sostituiamo la (82) nella (75) otteniamo


2 m 1 e2 = n2 2 2 2 4 0 r r m r

(83)

equazione che possiamo risolvere per i possibili raggi rn delle orbite. Otteniamo pertanto rn = n 2 r 0 dove 4 2 0 (85) e2 m Notare che soltanto orbite con raggio r0 , 4r0 , 9r0 , ... sono orbite permesse. La restrizione delle orbite ammesse (attraverso la quantizzazione del momento angolare delle orbite stesse) ci porta immediatamente come risultato la quantizzazione dello spettro di energia. Sostituendo la (84) nella (77) otteniamo r0 = E= Usando la (85) nella (86) abbiamo En = E = ovvero E0 (88) n2 con n = 1, 2, 3... numero dellorbita per la quale ci interessa calcolare lenergia e dove En = E0 = e4 m 8 2 h2 0 (89) e4 m 1 8 2 h2 n2 0 (87) e2 8 0 n2 r0 (86) (84)

A questo punto supponiamo che un elettrone si trovi in un stato di energia 0 0 Ei = E2 e che esso si sposti verso uno stato di energia Ef = E2 . Ricordando n n
i f

che, secondo il terzo postulato di Bohr, la frequenza della radiazione emessa E E = i h f , abbiamo che =
0 0 { E2 } { E2 } n n i f

E0 1 1 ( 2) h n2 ni f

(90)

Per il fatto che = c, possiamo ricavare un espressione per la lunghezza donda dei fotoni emessi dallatomo di idrogeno; tale espressione molto simile allequazione di Rydberg-Ritz (79)

21

1 1 1 1 E0 1 = ( 2 2 ) = RBohr ( 2 2 ) hc nf ni nf ni

(91)

con RBohr R, con R costante di Rydberg. Questo dimostra che i dati sperimentali corrispondono con la teoria di Bohr.

22

Introduzione alla Fisica Quantistica

Allinizio del secolo scorso si inizi a ipotizzare che il moto ondulatorio foosse formato da particelle corpuscolari che avessero un andamento ondulatorio. I primi risultati in questa direzione sono le ipotesi di de Broglie e il principio di indeterminazione.

4.1

Le ipotesi di de Broglie

Louis de Broglie ipotizz che era possibile mettere in relazione il moto ondulatorio con quello accelerato: il moto di una particella governato dalle propiet di una propagazione di un onda detta pilota. La lunghezza donda e la frequenza dellonda pilota associate con il momento p di una particella e lenergia E sono = = h p (92)

E (93) h Per provare che le ipotesi di de Broglie sono esatte necessario eettuare un esperimento che dimostri che un fascio di particelle esibisce le propriet delle onde, come interferenza e dirazione. La fattibilit di un tale esperimento da analizzare. Si consideri un corpo di massa 0.1kg che si muove alla velocit di 103 m/ sec. Secondo le ipotesi, la lunghezza donda dellonda pilota sar = h 6.63 1034 J sec = = 6.63 1036 m p 0.1kg 103 m/sec (94)

E chiaro che in questo caso la lunghezza donda ha un ordine di grandezza pi piccolo del diametro di un atomo. Inoltre, come detto nelle sezioni precedenti, per osservare i fenomeni di interferenza necessario disporre delle grate di dirazione con fessure della dimensione nello stesso ordine di grandezza della lunghezza donda in esame. Visto che impossibile ricavare una fessura delle dimensioni nellordine dei 1036 m per limiti naturali, ci ci porta a concludere che non possiamo usare un oggetto macroscopico come il corpo considerato. La pi piccola grata di dirazione disponibile in natura sono i solidi cristallini dove la dimensione d nellordine di pochi Angstroms (1010 m). Pertanto necessitiamo di un fascio di particelle con una lunghezza donda nello stesso ordine di grandezza, ovvero il momento delle particelle deve essere relativamente piccolo: necessitiamo, dunque, di un fascio di elettroni. Si pensato quindi di proiettare su un cristallo di nickel un fascio di elettroni (allo stesso modo di come Bragg proiett raggi X). E possibile modulare il voltaggio V e langolo di incidenza . Se la propagazione del fascio di tipo corpuscolare, allora dovremmo aspettarci unintesit I del fascio riesso che dipenda monotonicamente sia da che da V . Se invece la propagazione tipo

23

ondoso, allora c da aspettarsi che si verichi un fenomeno di dirazione simile a quello osservato da Bragg nellesperimento coi raggi X, cio che venga vericata la condizione di Bragg n = 2d sin (95)

Dagli esperimenti con raggi X sappiamo che la distanza interatomica del nickel 0.91. Per i raggi X di lunghezza donda 1.65 langolo di incidenza che soddisfa la condizione di Bragg per la dirazione di primo ordine (n = 1) sin = 1.65 = 0.907 2 0.91 = 65 (96) (97)

Langolo di incidenza per il fascio di elettroni denito come 2 + = 180 il che implica, in seguito alle (97), che = 50 . E questo il valore che verr usato nellesperimento. A questo punto, secondo lequazione (92), sappiamo che la lunghezza donda di una particella dovrebbe dipendere dal suo momento p. Questo a sua volta legato allenergia cinetica della particella e lenergia cinetica dipende dal voltaggio della particella tramite la relazione 1 mv 2 = eV (98) 2 dove e la carica della particella (lelettrone) e V il voltaggio. Durante lesperimento il voltaggio stato variato in maniera crescente e lintensit I stata misurata per dierenti valori di V . Il massimo stato osservato a 54V . Lenergia cinetica Ek vale Ek = quindi il momento p p= ma Ek = eV e quindi segue che p= 2meV (101) Sostituendo il momento p nellequazione (92) abbiamo h = 2meV 6.63 1034 J sec 2 9.1 1031 kg 1.6 1019 C 54V 1.67 1010 m = 1.67 = 2mEk (100) 1 m2 v 2 p2 1 mv 2 = = 2 2 m 2m (99)

24

valore molto vicino ai 1.65 della lunghezza donda dei raggi X. Questo testimonia la natura ondosa del fascio di elettroni e conferma le ipotesi di de Broglie.

4.2

La funzione donda

Una volta accettato il fatto che una particella guidata da unonda, ci si chiede quale sia la natura di tale onda. Innanzitutto procediamo col notare che lelemento che accomuna il fenomeno ondulatorio a quello corpuscolare lintensit I. Nel primo caso lintesit proporzionale al quadrato dellampiezza donda, ossia I A2 se consideriamo lequazione dellonda piana. Nel secondo caso abbiamo I = vN E (103) (102)

dove N il numero di particelle del fascio, v la velocit delle particelle ed E lenergia di una particella. Se consideriamo il caso specico delle radiazioni elettromagnetiche, lequazione precedente diventa I = cN h (104)

dove c la velocit del fascio e h lenergia di ogni fotone. Con lapproccio classico, per aumentare lintensit del fascio si agisce sul numero N . Nello schema a fotoni, ovvero secondo la teoria delle onde, si agisce invece sullampiezza donda A. Questo ci porta al fatto che N A2 (105)

Quando parliamo della densit dei fotoni, non bisogna pensare che N sia il numero esatto di fotoni nel fascio, nel senso che possibile trovare lo stesso numero di fotoni in un dato volume del fascio; ci sono delle uttuazioni. Tali uttuazioni non si notano con le intensit a cui siamo abituati quotidinamente, dove il numero N troppo elevato per permettere di notare le piccole dierenze. Se immaginiamo invece una luce con unintensit corrispondente a 100 fotoni per metro quadro, in questo caso le uttuazioni sarebbero ben visibili. La ragione di questa casualit nel comportamento dei fotoni risiede nel processo stesso di emissione dei fotoni10 . A causa di ci, parleremo di probabilit di trovare un fotone in un certo volume. Supponiamo N = 1f otone/m3 ; dato che questo fotone pu essere ovunque allinterno del metro cubo di volume, la probabilit di trovare tale fotone in una porzione di volume V = 1cm3 sar una su un
10 Lemissione di un fotone un processo statistico nel quale un gran numero di atomi, dopo essere stati eccitati o ionizzati, eventualmente decadono (con un tempo di dimezzamento tipicamente nellordine dei 108 sec) allo stato di energia pi basso mentre emettono fotoni. Non c modo di predirre se un atomo decadr prima o dopo del tempo di dimezzamento.

25

milione (1m3 = 106 cm3 ). Se N = 10f otoni/m3 la probabilit cresce di dieci volte. E chiaro quindi che la probabilit di trovare un fotone in una data porzione di volume di un fascio proporzionale alla densit N . Ma la densit N proporzionale al quadrato dellampiezza donda, quindi naturale concludere, come lo stesso Einstein fece, che la probabilit di trovare un fotone in una data porzione di volume (densit di probabilit) di un fascio proporzionale al quadrato dellampiezza donda associata al fascio. Allinterno dello schema a fotoni, londa non un campo elettromagnetico; essa rappresentata da una funzione matematica che misura la densit di probabilit del fotone. Successivamente Max Born estese questa interpretazione probabilistica alle onde di materia proposte da de Broglie per le particelle di materia. La risposta alla domanda iniziale (qual la natura dellonda associata a un fascio di particelle?) risulta quindi essere: una funzione matematica, la cosiddetta funzione donda il cui signicato sico viene cos descritto: In un certo istante t viene eettuata una misura per localizzare una particella associata a una certa funzione donda . La probabilit P (r, t)dV che la particella verr trovata allinterno della porzione di volume dV centrato intorno a un punto con vettore di posizione r (rispetto a un insieme di coordinate prescelte) uguale a ||2 dV , cio P (r, t)dV = ||2 dV (106)

E da notare che la probabilit di trovare una particella da qualche parte nello spazio deve essere ununit, pertanto la funzione donda deve essere normalizzata, ovvero deve soddisfare la condizione

||2 dV = 1

(107)

E interessante notare che tra i critici dellinterpretazione probablistica delle onde di materia vi erano allepoca Einstein11 e de Broglie, poich queste nuove teorie erano controcorrente con un principio saldo della Fisica no a quel momento: il determinismo. Di l a poco, infatti, si arriv allenunciato di uno dei principi fondamentali della meccanica quantistica: il principio di indeterminazione di Heisenberg.

4.3

Il principio di indeterminazione

Nella sica classica, se si conosco le forze in atto su una particella e si conosco inoltre le condizioni iniziali, risolvendo le leggi di Newton per il moto, possibile determinare o predirre la posizione x(t) per qualsiasi altro tempo t. Si assume quindi determinismo. Si parte dal pressupposto che la posizione e la velocit
11 Ricordiamo

la famosa frase Dio non gioca a dadi con lUniverso.

26

iniziali possono essere sempre determinate in modo esatto. La posizione della meccanica quantistica invece diversa e viene di solito introdotta col famoso principio di indeterminazione 12 di Heisenberg: Un esperimento non pu determinare simulataneamente una componente del momento della particella, per esempio px , e il valore esatto della corrispondente coordinata x. Il meglio che si pu fare px x dove rappresenta lincertezza della misura. Il principio di inderterminazione, quindi, non solo aerma che impossibile determinare con precisione e allo stesso tempo quantit di moto e posizione di una particella, ma fornisce una relazione (la (108)) per quanticare lerrore commesso nella rilevazione di questi dati. E importante chiarire tre punti a proposito del principio di indeterminazione: 1. Le limitazioni imposte non hanno nulla a che fare con la qualit degli strumenti usati negli esperimenti. La relazione (108) continua a valere anche in presenza di ipotetici strumenti ideali di misurazione. 2. Il principio non aerma che non si in grado di determinare la posizione o il momento in modo esatto. Ad ogni modo, se x = 0 allora lincertezza nella misurazione del momento sar innita; se px = 0 sar lincertezza della misurazione della posizione a essere innita. Quindi, in un determinato istante, possibile determinare esattamente soltanto una delle due grandezze. 3. Successivamente vedremo che il principio di indeterminazione diretta conseguenza delle ipotesi di de Broglie. Queste, abbiamo visto, sono state confermate dagli esperimenti, quindi anche il principio di indeterminazione basato su esperimenti. Abbiamo detto che nella sica classica si assume di poter determinare la posizione e la velocit di una particella con il grado di accuratezza che si desidera. Questassunzione risulta essere unottima approssimazione quando si tratta con oggetti macroscopici, poich la costante di Planck ha un valore irrisorio a confronto di un corpo macroscopico. Ci non vale quando parliamo delluniverso microscopico, dove intervengono particelle come gli elettroni. In un atomo di idrogeno, determinare la posizione di un elettrone signica avere unincertezza sulla quantit di moto di circa il 50%: un valore davvero non trascurabile13 .
12 Il principio non si applica soltanto alla posizione e alla quantit di moto, ma a qualsiasi coppia di variabili canonicamente coniugate. 13 Dati presi dallesempio a pagina 295 del libro [1]

(108)

27

4.4

Pacchetto donda

Abbiamo visto che la propagazione di una particella nello spazio governata dalla funzione donda (x, t). Vogliamo ora trovare una forma matematica specica per questa funzione. Iniziamo col considerare lequazione classica di unonda piana (Equazione (12)) e ricordiamo le seguenti propriet 1. Lampiezza A uguale in ogni punto 2. La lunghezza donda ben denita; = 3. La frequenza ben denita; =
2 2 k

4. Lequazione considerata descrive unonda piana che viaggia nel verso positivo delle ascisse con una velocit (109) v = = k E possibile, dunque, associare questonda a una particella libera? Se la particella ha una ben denita energia e un ben denito momento, londa soddisfa i requisiti di de Broglie, ovvero ha anchessa una ben denita lunghezza donda e frequenza, come gi detto. E da notare che, avendo londa la stessa ampiezza in qualsiasi punto, la probabilit di trovare la particella in un punto la stessa per tutti i valori di x, ovvero la particella del tutto non localizzata, x = . Questo risultato non deve meravigliare, poich segue direttamente dal principio di indeterminazione di Heisenberg (Equazione (108)); infatti, una ben denita lunghezza donda implica un ben denito valore per il momento della particella14 , ovvero implica che px = 0. Questo implica, per la (108), che lindeterminazione della posizione innita. Dobbiamo quindi trovare un tipo donda che ci permetta di descrivere una particella parzialmente localizzata. Londa che cerchiamo unonda che abbia un ampiezza dierente da zero soltanto in quelle regioni di spazio dove c una possibilit di trovare una particella. Unonda di questo tipo si presenta come nella gura sottostante

Figura 2: Pacchetto donda


14 Per

le ipotesi di de Broglie p =

h .

28

ed detta pacchetto donda. Pi localizzata la particella, pi deve essere stretto il pacchetto donda. Matematicamente, un tale pacchetto donda si ottiene mixando tra loro un numero innito di onde sinusoidali del tipo descritto dallequazione (12). Ognuna di queste onde dierisce da quella che la precede in lunghezza donda e frequenza per valori piccolissimi, innitesimali. Il numero di onde coinvolte nella creazione del pacchetto determinato dallampiezza donda A della particolare onda, cio lampiezza diventa funzione della lunghezza donda e della frequenza: A(, ). Dato che la somma tra le varie onde costituenti il pacchetto fatta su onde che dieriscono per valori innitesimali di e , tale somma pu essere scritta come un integrale doppio rispetto a e , oppure, visto che = 2 e = 2 , k lintegrale pu essere scritto anche rispetto a k e

(x, t) =
0 0

A(k, w) sin(kx t)dkd

(110)

Il coeciente A determina la porzione di una particolare lunghezza donda e frequenza che deve essere mixata nel pacchetto. Questi coecienti, in pratica, determinano la forma del pacchetto donda. Pi grande lintervallo di k (e quindi di ) sul quale sommiamo le onde per formare il pacchetto, pi stretto (frequenza pi grande) sar il pacchetto donda risultante. Quando contiene un solo k, londa ha una ben denita lunghezza donda e quindi la particella guidata dallonda ha un ben denito momento che, per lennesima volta, in seguito al principio di indeterminazione e al fatto che lampiezza uguale in tutti i punti, ci porta a una completa indeterminazione della posizione della particella. Scegliendo un range molto grande di k (quindi ) si riesce a localizzare la particella, poich essa non ha pi un ben denito momento.

29

La teoria moderna della meccanisca quantistica

Abbiamo visto come lintroduzione dei postulati di quantizzazione abbiano permesso di spiegare fenomeni come la radiazione di corpo nero, leetto fotoelettrico e lo spettro dellidrogeno. Queste teorie costituiscono ci che viene indicata come la OQT (Old Quantum Theory - Vecchia Teoria Quantistica). Nonostante il suo successo, la OQT ha delle grosse decienze: 1. La teoria pu essere applicata soltanto a sistemi periodici (come il moto circolare, loscillatore armonico, etc.), ma in Fisica esistono sistemi di rilevante importanza che non sono sistemi periodici 2. Nonostante la teoria di Bohr riesca a predire le lunghezze donda dello spettro didrogeno, non riesce invece a spiegare perch certe lunghezze donda sono pi intense di altre, ovvero non considera le frequenze di transizione 3. Sempre riguardo la teoria di Bohr, essa spiega bene lo spettro dellidrogeno monoatomico e in generale abbastanza bene quello di tutti i metalli alcalini, ma non riesce a spiegare lo spettro di semplici atomi multielettrone, come lelio (He) 4. La OQT non una teoria unicata o generale. Essa assegna a particelle microscopiche un percorso ben denito, che non possibile per il principio di intedeterminazione.

5.1

Lequazione di Schroedinger dipendente dal tempo

Le basi della moderna meccanica quantistica sono state gettate dal sico Erwin Schroedinger nel 1925. Una teoria equivalente, ma matematicamente dierente, fu elaborata nello stesso periodo da Heisenberg. In questa sede ci occuperemo soltanto della teoria di Schroedinger. Nella sezione precedente abbiamo mostrato un fatto di importanza rilevante nella sica quantistica: una particella guidata da unonda pilota. Abbiamo visto che una particella libera, con un ben denito momento e una ben denita energia, viene associata ad unonda piana esprimibile attraverso una delle due seguenti equazioni = A sin(kx t) = A cos(kx t) (111) (112)

o una combinazione lineare delle due. Come abbiamo visto, per descrivere una particella libera che sia parzialmente localizzata abbiamo bisogno di un pacchetto donde. Se invece ci troviamo a cospetto di una particella non libera (sulla quale, quindi, agiscono delle forze), le ipotesi di de Broglie non ci aiutano a capire come associare unonda a tale

30

particella. La dicolt sta nel fatto che, con delle forze in atto, la particella non ha valori ben deniti di momento ed energia; non ha senso quindi parlare di lunghezza donda e di frequenza, poich sono valori variabili. Schroedinger colma questo vuoto, fornendo il modo di trovare la funzione donda (x, t) per una particella non libera attraverso le forze che agiscono su di essa (o meglio attraverso lenergia potenziale associata a queste forze). Lequazione di Schroedinger unequazione dierenziale che risolta ci fornisce le possibile funzioni donda associabili a una particella in una data situazione sica. Lequazione ci d uno strumento per capire come la funzione donda varia al variare delle forze agenti. Poich la funzione donda una funzione dello spazio e del tempo, lequazione di Schroedinger contiene derivate rispetto allo spazio (quindi rispetto a x, y, z) e rispetto al tempo t. Ci limiteremo a considerare il moto nella sola dimensione x. Esistono diversi argomentazioni che ci permettono di arrivare allequazione di Schroedinger. In questa sede useremo quella basata sullidea che esiste una correlazione tra gli operatori matematici15 e le grandezze siche. Lenergia totale di una particella uguale alla sua energia cinetica pi la sua energia potenziale 1 mv 2 + Ep 2 che diventa, in seguito a p = mv, E= E= (113)

p2 + Ep (114) 2m Moltiplicando ambedue i lati dellequazione per la funzione donda otteniamo p2 + Ep (115) 2m Vedremo nel seguito che c una correlazione tra lenergia E e loperatore i t e tra il momento p e loperatore i x . In base a questo possiamo scrivere la (115) come segue E = 1 = (i )(i ) + Ep t 2m x x che possiamo riscrivere come segue, poich i e sono costanti i
2 2 = + Ep t 2m x2 convenzionalmente scritta come

(116)

(117)

15 In matematica un operatore un simbolo o un insieme di questi che indica unoperazione da compiere. Per esempio, loperatore i x posto davanti a una funzione, indica che la funzione deve essere dierenziata rispetto alla variabile x e poi il risultato deve essere moltiplicato per i , dove i il numero immaginario 1

31

2 + Ep = i (118) 2 2m x t Questultima equazione conosciuta come equazione di Schroedinger monodimensionale dipendente dal tempo. Se lenergia potenziale Ep conosciuta, lequazione pu essere risolta e possiamo trovare quindi le possibili funzioni donda da associare alla particella. Si noti che lequazione di Schroedinger non pu essere derivata da altri principi; essa stessa un principio primario che non pu essere derivato matematicamente. La giusticazione sta nel fatto che gli esperimenti concordano con i risultati teorici predicibili con tal equazione.

5.2

Equazione di Schroedinger per una particella libera

Consideriamo ora una particella libera, senza forze agenti su di essa, con un 1 momento p = mv e energia E = 2 mv 2 . Non essendoci alcuna forza (F = 0), lenergia potenziale Ep costante, il che vuol dire che possiamo scegliere Ep = 0. Sostituendo tale valore nella (118) otteniamo 2 =i (119) 2m x2 t Come gi detto, trattandosi di una particella libera, potremmo scegliere come funzione donda una di quelle rappresentati unonda piana, cio la (111) o la (112) o una combinazione lineare delle due. Se per proviamo a sostituire una di queste due equazioni nella dellequazione (118) vedremo che nessuna delle due la soddisfa. Questo accade perch dierenziando due volte (rispetto a x) una funzione seno si ottiene nuovamente la medesima funzione, mentre dierenziandola una solta volta (rispetto al tempo t) si ottiene la funzione coseno e noi sappiamo che le due funzioni hanno la stessa immagine soltanto per alcuni angoli. Si spiega cos perch scegliere una di quelle due funzioni come soluzione non soddisfa lequazione di Schroedinger. Esiste per una combinazione lineare della (111) e della (112) che soddisfa lequazione di Schroedinger = A[cos(kx t) + i sin(kx t)] che pu essere scritta come = Aei(kxt) Se sostituiamo la (121) nella (119) otteniamo 2 Aei(kxt) Aei(kxt) =i 2m x2 t Dierenziando la (122) due volte rispetto a x avremo Aei(kxt) = ikAei(kxt) x 32
2 2

(120)

(121)

(122)

(123)

2 Aei(kxt) = i2 k 2 Aei(kxt) = k 2 Aei(kxt) x2 Dierenziandola invece rispetto al tempo t otteniamo Aei(kxt) = iAei(kxt) t La (122) diventa quindi
2

(124)

(125)

2m

k 2 Aei(kxt) = i2 Aei(kxt)
2 2

(126)

k Aei(kxt) = Aei(kxt) 2m ovvero, semplicando


2 2

(127)

k = (128) 2m In altre parole possibile aermare che per una particella libera con momento ed energia ben deniti, la funzione donda che soddisfa lequazione di Scheroedinger (119) e le ipotesi di de Broglie ((92) e (93)) data dalla (121). Il fatto che questultima non sia una funzione reale (possiede componenti immaginarie) non un problema. La stessa funzione donda non ha alcun signicato sico, mentre ha un tale signicato il quadrato del suo valore assoluto ||2 . Quando una funzione complessa, possiamo scrivere ||2 = dove il complesso coniugato
16

(129)

della funzione . Nel caso precedente (130)

||2 = = A ei(kxt) Aei(kxt) = A A

Il risultato una quantit reale, come ci si aspettava dalla (106), poich una probabit con componente immaginaria non matematicamente denita.

5.3

Valori medi

Una delle conseguenze del principio di indeterminazione che la posizione, il momento e lenergia di una particella non possono essere determinate con precisione. Ad ogni modo, possiamo sempre parlare di valori medi. Il signicato sico di un valore medio il seguente:
16 Il complesso coniugato di una funzione una funzione la cui parte reale la stessa della parte reale di e la cui parte immaginaria il negativo della parte immaginaria di .

33

Supponiamo di prendere un numero molto grande di particelle, tutte descritte dalla stessa funzione donda (x, t). Se noi misuriamo, ad esempio, il momento p di ognuna di queste particelle, vedremo che esso non lo stesso per tutte le particelle, nonostante esse siano accomunate dalla medesima funzione donda. Possiamo per calcolare il valore medio del momento e notare che, se eettuiamo di nuovo lo stesso esperimento per un altro sistema di particelle, il valore medio sar ancora lo stesso. Quello che a questo punto ci si chiede e se sia possibile determinare questo valore medio senza ricorrere agli esperimenti. La risposta aermativa. Per farlo necessario eettuare una media ponderata della posizione delle particelle. Sia Ntot il numero totale di particelle distribuite lungo lasse delle x in modo tale che ci siano N1 particelle a x1 , N2 particelle a x2 e cos via. La posizione media della particella sar data da x1 N1 + x2 N2 + ... xi Ni = (131) Ntot Ni Supponiamo ora di avere una singola particella anzich un insieme di esse e supponiamo inoltre che essa abbia dierenti probabilit di essere trovata in dierenti posizioni; ad esempio, probabilit P1 di trovarsi in x1 , probabilit P2 di trovarsi in x2 e cos via. Ad ogni modo, poich la particella pu trovarsi ovunque, la somma di queste probabilit deve essere uguale a 1 x= Pi = 1 (132)

Aermare ci equivale ad aermare che le probabilit sono normalizzate. La posizione media di una particella pu quindi essere calcolata come x= xi Pi (133)

Quando lintervallo x = xi xi1 tende a zero, questa sommatoria diventa un integrale

x=

xP (x)dx

(134)

Come nel caso delle probabilit discrete, anche nel caso continuo la somma delle probabilit deve essere normalizzata

P (x)dx = 1

(135)

Se la posizione della particella varia col tempo, allora la probabilit di trovare la particella tra x e x + dx una funzione del tempo ed scritta come P (x, t)dx. Il valore medio di x sar quindi x=
xP (x, t)dx P (x, t)dx

(136)

34

Stavolta la normalizzazione della probabilit stata imposta direttamente nel calcolo del valore medio, includendo il denominatore, dato che tale quantit deve essere uguale a uno (vedi (135)). A questo punto, dalla (106) ricaviamo che P (x, t)dx = ||2 dx (137)

Prima abbiamo detto che una funzione complessa (vedi (129)), quindi la (136) diventa x=
x dx dx

(138)

Se siamo al cospetto di una funzione donda normalizzata, il denomiatore risulta superuo. E di uso comune scrivere il numeratore dellequazione precedente con la x tra due funzioni donda, come segue

x=

dx

(139)

Si noti che non solo possiamo ottenere il valore medio di x dalla ma anche il valore medio di tutte quelle quantit dinamiche che possono essere scritte in funzione di x, come ad esempio lenergia potenziale Ep (x)

Ep =

Ep (x)dx

(140)

Per quelle grandezze che per il princio di indeterminazione non posso essere scritte in funzione di x (come il momento p e lenergia totale E) si procede dierenziando la funzione donda per trovare gli operatori associabili a una quantit. Ricordiamo i seguenti due operatori p i Ei x t (141) (142)

5.4

Equazione di Schroedinger indipendente dal tempo

Ricordiamo lequazione di Schroedinger monodimensionale dipendente dal tempo 2 (143) + Ep (x) = i 2m x2 t Tale equazione unequazione dierenziale parziale che pu essere risolta con il metodo di separazione delle variabili. Il metodo consiste nel trovare una soluzione che sia un prodotto di due funzioni: la prima funzione di x soltanto e la seconda funzione di t soltanto 35
2

(x, t) = (x)(t)

(144)

Se sostituiamo la (144)17 nella (143) otteniamo al primo membro una quantit che dipende da x e al secondo membro una quantit che dipende invece da t, ovvero 1 (t) 1 2 (x) + Ep (x) = i 2m (x) x2 (t) t
2

(145)

Dato che x e t sono variabili indipendenti, lequazione (145) sar corretta se ognuno dei membri sar uguale alla stessa costante G detta costante di separazione, cio e 1 (t) =G (t) t (147) 1 2 (x) + Ep (x) = G 2m (x) x2
2

(146)

E chiaro che ci basta risolvere una sola tra le due ultime equazioni; scegliamo la (147) che la pi semplice da risolvere e otteniamo (t) = Ke
Gt

(148)

dove K la costante naturale antilogaritmica dellintegrazione. Poich una costante arbitraria, possiamo sceglierla per comodit uguale a 1, semplicando lequazione. Vogliamo ora determinare il valore della costante G. Senza entrare troppo nei dettagli, possibile vercare che i quindi t Dalla (142) e dalla (150) deduciamo che G=i G=E Risolvendo poi la (146) otteniamo ovvero, per la (151)
17 Ricordiamo

(x, t) = G(x, t) t

(149)

(150)

(151)

2 + Ep (x) = G 2m x2
2

(152)

che questa anche la forma generica dellequazione di unonda stazionaria

36

2 + Ep (x) = E 2m x2 Questultima lequazione di Schroedinger indipendente dal tempo.

(153)

37

Meccanica quantistica degli atomi

Con lintroduzione della teoria di Schroedinger, ci che prima era un postulato (come la quantizzazione dellenergia, del momento, etc.) ora pu essere dedotto da principi matematici. Ma non solo. La teoria di Schroedinger permette anche di ottenere spiegazioni sul perch certe linee spettrali appaiono pi luminose di altre, ovvero essa pu essere usata per calcolare le frequenze di transizione. In generale essa permette di spiegare cose prima rimaste inspiegabili per i limiti degli strumenti matematici a disposizione. In questa sezione non aronteremo in maniera approfondita laspetto matematico, che risulta essere troppo complesso per essere analizzato in questa sede, ma piuttosto discuteremo il signicato sico dei risultati ottenuti, risultati che porteranno poi alla formulazione del principio di esclusione, che fornir spiegazione sullo stato stazionario di atomi con pi elettroni.

6.1

La teoria di Schroedinger e latomo di Idrogeno

Dal modello atomico di Bohr noi sappiamo che lenergia potenziale di un elettrone in un campo elettrico di un nucleo Ep = 1 e2 4 0 r (154)

con r = x2 + y 2 + z 2 la distanza dellelettrone dal protone, ed e la carica dellelettrone. Se il nucleo ha pi di una carica positiva, dobbiamo includere le cariche addizionali nellenergia di Coulomb. Questo viene fatto tramite un termine moltiplicativo Z detto numero atomico Ep = 1 Ze2 4 0 r (155)

Ora estendiamo lequazione di Schoedinger (153) al caso di una particella libera di muoversi in tre dimensioni. Ci che otteniamo quanto segue 2 2 2 + + 2 ] + Ep (x, y, z) = E (156) 2m x2 y 2 z Otteniamo ancora una volta unequazione dierenziale parziale che, poich presenta una funzione in tre variabili (Ep ), risulta alquanto dicile da risolvere, almeno nella forma presentata. Se trasformiamo lequazione utilizzando le coordinate polari otteniamo unequazione che possibile risolvere col metodo di separazione delle variabili gi citato. Applicando tale metodo otterremo tre equazioni dierenziali che presentano una funzione con una sola coordinata. Risolvendo queste equazioni otteniamo lenergia18 [ En = Z 2 e4 m 1 8 2 h2 n 2 0 (157)
2

18 Lenergia diventa meno negativa (quindi pi grande) al crescere del numero quantico principale.

38

con n = 1, 2, ....19 numero quantico principale, e otteniamo, inoltre, i seguenti numeri quantici: l = 0, 1, 2, ..., n 1, numero quantico azimutale, un parametro che 2 quantizza il modulo quadro del momento angolare orbitale |L| ml = 0, 1, 2, ... l, numero quantico magnetico, che descrive la componente z del momento angolare orbitale, ovvero Lz = ml (158)

Da questultima relazione deduciamo la quantizzazione dello spazio, ovvero il vettore L del momento non pu assumere posizioni arbitrarie rispetto allasse z, ma tali posizioni seguono la legge descritta appunto dalla (158). Si noti, inoltre, che lenergia En funzione del solo numero quantico principale, mentre la funzione dipende anche dagli altri due numeri quantici appena esposti. Dato che per ogni n esistono diversi valori di l e ml , un elettrone pu assumere diverse caratteristiche pur mantenendo la stessa energia. Gli stati che hanno la stessa energia ma dierenti valori per i numeri quantici l e ml sono detti stati degeneri.
19 Con n indichiamo il numero quantico principale, che nel modello atomico di Bohr determina il raggio medio dellorbita delllelettrone: ci connesso con la quantizzazione dellenergia. Nel modello quantomeccanico, n determina la distanza media dal nucleo degli elettroni e la maggior parte della loro energia. Orbitali con lo stesso numero quantico principale costituiscono un livello energetico.

39

Figura 3: Rappresentazione parziale della degenerazione degli stati nellatomo di idrogeno. Lenergia E determinata soltanto dal numero quantico principale n. La variazione spaziale dipende invece dai tre numeri quantitici n, l, ml . In questo graco la degenerazione rispetto a ml non viene mostrata. Gli stati con l = 0 vengono detti stati s dal nome originale sharp, quelli con l = 1 sono detti invece stati p dal nome principal; con l = 2 abbiamo gli stati d, da diuse e inne per l = 3 abbiamo gli stati f che sta per fundamental. I nomi originali sono stati poi abbandonati e gli stati successivi sono stati siglati come stati g, h, i, etc.

6.2

Lo Spin

Lo Spin il momento angolare intrinseco associato con le particelle della meccanica quantistica. Diversamente dagli oggetti rotanti della meccanica classica, che derivano il loro momento angolare dalla rotazione delle parti costituenti, lo spin non associato con alcuna massa interna. Ad esempio, le particelle elementari, come gli elettroni, possiedono uno spin, anche se sono particelle puntiformi. Per analogia di ci che accade per il momento L e per spiegare i risultati speri-

40

mentali, Uhlenbeck e Guodsmit ipotizzarono che la grandezza dello spin S e la sua componente z fossero quantizzate come segue S= dove s =
1 2

[s(s + 1)] Sz = ms

(159) (160)

e
1 2,

e sar da ora conosciuto come numero quantico di spin. dove ms = Lesistenza dello spin e il suo comportamento sono entrate come ipotesi nella teoria di Schroedinger. La ragione che questa teoria non relativistica. Quando Dirac svilupper la teoria relativistica della meccanica quantistica, allora lo spin e le regole che governano il suo comportamento potranno essere dedotte naturalmente attraverso formulazioni matematiche.

6.3

Il principio di esclusione di Pauli

Il pi basso livello di energia di un elettrone detto stato stazionario. Nellatomo di idrogeno specicato dai seguenti valori per i numeri quantici 1 (161) 2 Il principio di esclusione di Pauli un principio della meccanica quantistica, che dichiara che: due fermioni identici, non possono occupare lo stesso stato quantico. Formulato da Wolfgang Pauli nel 1925, viene anche citato come "principio di esclusione" o "principio di Pauli". Il principio di esclusione si applica solo ai fermioni, particelle che formano stati quantici antisimmetrici e hanno spin semi-intero. I fermioni includono protoni, neutroni, ed elettroni, i tre tipi di particelle che compongono la materia ordinaria. Il principio di esclusione alla base della comprensione di molte delle caratteristiche distintive della materia. Esso non valido nel caso di particelle come i fotoni e i gravitoni, poich queste sono dei bosoni (ovvero, formano stati quantici simmetrici e hanno spin intero). Quando il principio parla di fermioni identici, intende che hanno esattamente gli stessi numeri quantici, spin compreso. Basta, infatti, un solo numero quantico diverso, per permettere a due fermioni di occupare lo stesso stato quantico. Consideriamo, ad esempio, latomo di Elio, dove si hanno due elettroni sullo stato 1s (vedi Figura 3). Questo possibile perch i due elettroni hanno lo spin diverso (precisamente uno verso il basso e laltro verso alto). n = 1, l = 0, ml = 0, ms =

41

Solidi: strutture cristalline e legami

La materia si manifesta sotto tre forme (o fasi): gassoso, liquido e solido; le ultime due sono dette sistemi condensati. I semiconduttori sono solidi cristallini. Per capire le loro propriet elettriche necessario conoscere le basi della loro struttura cristallina.

7.1

Strutture cristalline

Un solido cristallino una sequenza periodica e tridimensionale di atomi o molecole chiamate strutture cristalline. La prova dellorganizzazione regolare delle strutture cristalline ci perviene dagli esperimenti di dirazione dei raggi X, che inoltre hanno permesso anche di determinare leettiva struttura di queste organizzazioni. Una struttura cristallina pu essere specicata da un arrangiamento periodico di reticoli, agli angoli dei quali sono posti gli atomi (o gruppi di essi). Un reticolo una disposizione periodica di punti nello spazio, una mera astrazione matematica. Qualcuno potrebbe pensare che ci siano innite organizzazioni di reticoli, ma in realt ci sono soltanto quattordici reticoli di base, conosciuti come i reticoli di Braveis. Ogni altro reticolo pu essere costruito con un susseguirsi di uno di questi quattordici reticoli. I sette sistemi cristallini sono: cubico tetragonale ortorombico monoclino triclino esagonale romboedrico (o trigonale) mentre la centratura del reticolo pu essere: primitiva (P) a corpo centrato (I): un punto del reticolo al centro della cella a facce centrate (F): un punto del reticolo al centro di ogni faccia con una faccia centrata (A, B o C): un punto del reticolo al centro di una sola delle facce Ovviamente non tutte le combinazioni sistema cristallino-centratura sono possibili, altrimenti i reticoli di Bravais risultanti sarebbero pi di quattordici.

42

7.1.1

Esempi di strutture cristalline

Il cloruro di sodio (NaCl) un reticolo di Bravais cubico a facce centrate. Il cloruro di cesio (CsCl) un semplice reticolo di Bravais cubico. Lesempio pi interessante il Diamante (ovvero Carbonio), che insieme a Silicio e Germanio, ha valenza20 4. Mettendo insieme atomi con valenza 4, ognuno di essi sar circondato da altri quattro atomi dello stesso tipo. Ci accade con il diamante cos come col silicio, soltanto che in questultimo caso le distanze interatomiche sono minori. Si noti che con una combinazione di atomi di carbonio non si riesce mai ad ottenere un cubo a facce centrate n un cubo a corpo centrato, per possibile individuare nella struttura due cubi a facce centrate, il secondo traslato lungo la diagonale del primo cubo. Questo signica che il diamante non un reticolo di Bravais puro, ma ottenuto dalla combinazione di due di questi. Il legame covalente nel diamante ne garantisce sia la durezza sia le caratteristiche isolanti.

7.2

Legame covalente

Un legame covalente si instaura quando una o pi coppie di elettroni vengono messe in comune fra due atomi. Ci avviene per una ragione ben precisa: gli atomi tendono al minor dispendio energetico possibile ottenibile con la stabilit della loro congurazione elettronica (ad esempio lottetto). Nel legame covalente ci sono sempre due elettroni che formano il legame. Questi elettroni di valenza si accoppieranno secondo lo schema per avere uno lo spin up e laltro lo spin down. Un legame covalente in cui viene condivisa una sola coppia di elettroni viene detto legame monovalente, se vengono condivise due coppie di elettroni viene detto bivalente e se le coppie condivise sono tre, si dice legame trivalente. Nel caso del diamante siamo in prensenza di un legame tetravalente (quattro coppie di elettroni in compartecipazione).

7.3

Legame ionico

Nei composti binari il legame ionico si forma tra metalli e non metalli e si ha quando la dierenza di elettronegativit tra gli atomi coinvolti nel legame supera il valore convenzionale di 1,9; gli elettroni coinvolti nel legame risultano permanentemente legati allatomo pi elettronegativo, che quindi diventato uno ione negativo; laltro atomo, avendo perso un elettrone, diventato uno ione positivo. In composti di questi tipo (sali) il legame non direzionato tra due atomi distinti, ma una forza di attrazione elettrostatica distribuita uniformemente nello spazio attorno ad ogni ione. Allo stato solido le coppie di ioni, in funzione delle dimensioni e della carica di ciascuno, si dispongono in reticoli cristallini regolari, in modo da minimizzare lenergia potenziale elettrostatica.
20 Numero

di elettroni messi in compartecipazione da un atomo per formare legami.

43

7.4

Legame metallico

Il legame metallico un caso particolare di legame chimico delocalizzato e consiste in una attrazione elettrostatica che si instaura tra gli elettroni di valenza mobili e ioni positivi metallici. Gli atomi di metallo hanno in genere pochi elettroni di valenza che sono facilmente delocalizzabili in un reticolo di atomi metallici caricati positivamente. Come nel caso del legame ionico non esistono quindi molecole vere e proprie ma aggregati reticolari di atomi metallici tenuti insieme da questa forza di tipo elettrostatico. Questo modello spiega alcune propriet dei metalli come le loro elevate conducibilit elettrica (infatti, essendo tali elettroni non legati a nessun atomo particolare, risultano essere estremamente mobili) e termica, la loro malleabilit e duttilit.

44

Teoria ad elettrone libero nei solidi

Se una batteria viene connessa in serie con un amperometro e un pezzo di qualche materiale, lamperometro indicher un usso di particelle cariche (una corrente i) attraverso il circuito. Allo stesso tempo ci sar un abbassamento di potenziale V misurato dal voltmetro. Se si varia il voltaggio V della batteria, la corrente i varia proporzionalmente con esso. Possiamo quindi aermare che V = Ri (162)

dove R una costante di proporzionalit meglio nota come resistenza del mezzo. Lequazione (162) conosciuta come legge di Ohm. Possiamo formulare la legge di Ohm in modo pi appropriato a capire il fenomeno di conduzione. Il fatto che sussiste una dierenza di potenziale V nel mezzo signica in realt che sul mezzo insiste un campo elettrico . Se il mezzo uniforme in geometria e qualit, il campo elettrico sar costante, e segue quindi che
a

Vab = V =
b

dx = d

(163)

dove d = ba la lunghezza del mezzo e dove a e b sono i capi del conduttore. Fissata una certe dierenza di potenziale (e quindi il campo elettrico), al crescere dellarea A della sezione del mezzo, cresce anche la corrente, poich il mezzo ore meno resistenza al passaggio della stessa. Possiamo eliminare il parametro geometrico A introducendo una nuova quantit: la densit di corrente J, denita come la corrente per unit darea di sezione J= oppure, equivalmentemente i = JA Sostituendo la (165) e la (163) nella legge di Ohm otteniamo d = RAJ o, equivalmentemente A =R J d Ponendo la quantit = R A la precedente diventa d = J (168) (167) (166) (165) i A (164)

1 dove rappresenta la resistivit del mezzo e il suo inverso = rappresenta invece la conduttivit elettrica o semplicemente conduttivit e si misura in m1 . Sapendo della conduttivit possiamo allora scrivere (168) come

45

J =

(169)

La (168) e la (169) sono due forme equivalenti della legge di Ohm. Sia la resistivit che la conduttivit sono entrambe propriet intrinseche del mezzo e non dipendono dalla geometria del mezzo.

8.1

Modello classico della teoria ad elettrone libero

Ad opera dei sici Drude e Lorentz, quando ancora la meccanica quantistica doveva fare il suo avvento, il cossiddetto modello classico della teoria ad elettrone libero. Il modello si basa su delle assunzioni: Lassunzione principale del modello suppore che un metallo composto da una sequenza di ioni con elettroni di valenza liberi di vagare attraverso la sequenza ionica, con lunica restrizione che essi rimangono connati nei limiti del solido. Poich questi elettroni sono responsabili della conduzione di un solido, sono anche detti elettroni di conduzione. La repulsione tra le cariche negative viene ignorata. Lenergia potenziale dovuta agli ioni viene ritenuta costante ovunque. Gli elettroni liberi sono trattati come un gas neutrale che obbedisce alla legge di Maxwell-Boltzmann. In assenza di campo elettrico, gli elettroni liberi si muovono con la loro velocit termica data dai risultati dei gas ideali 3 1 mv 2 = kB T 2 2 (170)

J dove v 2 la media dei quadrati delle velocit termiche, kB = 1.38 1023 K la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta del solido e quindi del gas elettronico.

Quando il campo elettrico applicato a un solido, il gas elettronico acquisisce un velocit di deriva nella direzione opposta a quella del campo elettrico, producendo cos corrente. 8.1.1 Derivazione della legge di Ohm dal modello a elettroni liberi

Consideriamo un pezzo di metallo a temperatura ambiente Ta . Secondo il modello a elettroni liberi in questo metallo ci sono degli elettroni che si stanno muovendo casualmente alla loro velocit termica, la cui media si ottiene dallequazione (170). Alla temperatura Ta abbiamo vrms = 3kb Ta m (171)

46

dove vrms detto valore ecace, calcolato come la radice quadrata della media dei quadrati (Root Mean Square - RMS). Alla temperatura ambiente e senza alcun campo elettrico applicato, nel metallo non c corrente, poich il numero di elettroni che passa da destra a sinistra in un pezzo di metallo mediamente lo stesso di quelli che passano da sinistra a destra. Per avere una corrente nel pezzo di metallo necessario un campo elettrico, che pu essere creato applicando una dierenza di potenziale ai capi del conduttore. Quandi si applica il campo elettrico, gli elettroni si muovono con moto accelerato nel verso opposto a quello della forza applicata dal campo, per tanto la forza del campo elettrico |F | = a = m|a| quindi a (173) m con m la massa dellelettrone. Laccelerazione uniforme, pertanto ci si aspetta che essa cresca con laumentare della distanza percorsa dallelettrone. Ci invece non accade, poich gli elettroni si scontrano con gli ioni, impedendo cos una crescita indenita della velocit. Gli elettroni invece si muovono con una velocit di deriva costante vd . Si noti inoltre che quando si parla di velocit di deriva, si parla di una grandezza diversa dalla velocit termica a cui si accennava poco prima. La velocit di deriva si manifesta soltanto sotto lazione di un campo elettrico, la velocit termica presente invece in assenza di forze applicate. A questo punto possiamo denire la corrente elettrica come la quantit di carica per unit di tempo che passa per un dato punto |a| = q (174) t Consideriamo un conduttore con sezione A e supponiamo che ci siano N elettroni nel pezzo di conduttore, allora avremo che i= q = qN umerodielettronicheattraversanoAinuntempot (175) dove q la carica dellelettrone. Ci interessa a questo punto quanticare il numero di elettroni che attraversano A nel tempo t. In un tempo t un elettrone percorrer uno spazio x = vd t (176) (172)

quindi viagger in una porzione di conduttore di volume Ax. Quindi il numero di elettroni che attraversano A nel tempo t sono N Ax 47 (177)

ovvero N Avd t quindi la quantit di carica , sostituendo nella (175) q = qN Avd t A questo punto, sostituendo la (179) nella (174) otteniamo qN Avd t = qN Avd (180) t Questo evidenzia che la corrente cresce proporzionalmente col crescere del numero di elettroni nel conduttore, della sezione dello stesso e della velocit di deriva. Inne, possiamo scrivere la densit di corrente (vedi (164)) come i= J= 8.1.2 qN Avd = qN vd A (181) (179) (178)

Conducibilit e libero cammino medio

Abbiamo detto che un elettrone in un metallo sotto leetto di un campo elettrico si muove con velocit costante di deriva vd , che tale grazie agli urti dellelettrone con gli ioni. Chiamiamo il tempo medio tra due urti successivi, allora la velocit di deriva pu essere ottenuta secondo la seguente formula q (182) m dove, dalle leggi di Newton e dal fatto che il campo elettrico esercita una F forza F = q, abbiamo a = m = q . m Nel tempo lelettrone accelera nch non urta col prossimo ione; in seguito allurto la velocit di azzera. Quindi il campo elettrico in grado di accelerare lelettrone soltanto nellintervallo medio tra due urti successivi. Sostituendo la (182) nella (181) otteniamo vd = a = q q2 N = m m da questultima e dalla (169) otteniamo J = qN = (183)

q2 N (184) m E chiaro, a qusto punto, che grazie alla teoria del modello ad elettrone libero stato possibile derivare matematicamente la conducibilit elettrica. Per dimostrare in modo completo la legge di Ohm bisogna dimostrare che la conduttivit elettrica (Eq. (184)) indipendente dal campo elettrico. Dato che per denzione q, N e m sono indipendenti da , bisogna mostrare soltanto che non dipende dal campo elettrico. Se deniamo la distanza media tra ioni come 48

il libero cammino medio l, e deniamo la velocit media degli elettroni v come una combinazione della velocit di deriva vd e la velocit termica vrms , possiamo scrivere che l (185) v e possiamo dimostrare che nella stragrande maggioranza dei casi vale la relazione = vd vrms
21

(186)

Ne segue che vd pu essere ignorata nel calcolo di , quindi possiamo riconsiderare la (185) ignorando componente vd di v, ottenendo cos = l vrms (187)

La velocit terminca vrms non dipende da , quindi abbiamo raggiunto il nostro scopo.

8.2

Modello quanto-meccanico della teoria ad elettrone libero

Molte delle dicolt incontrate col modello classico della teoria a elettrone libero furono sorpassate grazie allavvento della meccanica quantistica. Il modello classico venne rivisitato in base ai seguenti due importanti principi: Lelettrone deve essere trattato quanto-meccanicamente. Questo quantizzer lenergia dello spettro del gas elettronico. Lelettrone deve obbedire al principio di Pauli, secondo il quale due elettroni non possono avere lo stesso insieme di numeri quantici (lo stesso stato quantico). Nonostante questi due cambiamenti, parte delle assunzioni fatte nel modello classico permangono: Un metallo composto da una sequenza di ioni con elettroni di valenza liberi di vagare attraverso la sequenza ionica, con lunica restrizione che essi rimangono connati nei limiti del solido. La repulsione tra le cariche negative viene ignorata. Lenergia potenziale dovuta agli ioni viene ritenuta costante ovunque (quindi viene ignorata). Essenzialmente, la visione a gas elettronico resta, ma il gas va trattato quantomeccanicamente.
21 Per

calcolo di si intende il ricavo di tale quantit dalla formula (182).

49

8.2.1

Buca di potenziale tridimensionale e livello di Fermi

Se vogliamo trattare il gas elettronico quantisticamente, dobbiamo capire qual lenergia potenziale degli elettroni. Si noti che gli elettroni non vanno mai oltre i bordi di un conduttore, ma restano sempre nei limiti, come se qualche forza li trattenesse dentro, come sei ai bordi del conduttorre ci fosse una barriera di potenziale innito. Allinterno invece lenergia potenziale sar uniforme, poich si assunto di ignorare linterazione tra elettroni e ioni in questa prima approssimazine del modello, che verr successivamente ranato. Per il nostro obiettivo tale approssimazione suciente. Per ora quindi consideriamo il caso di unenergia potenziale uniforme allinterno e un potenziale innito ai limiti del solido, cosicch nessun elettrone pu sfuggire al solido stesso. Abbiamo dunque una buca di potenziale innita, nella quale lenergia potenziale Ep (x) data da Ep (x) = se 0 > x > a, oppure da Ep (x) = 0 se 0 x a. Lequazione di Schroedinger allinterno di una buca di potenziale d2 + Ep (x) = E 2m dx2 ma poich allinterno della buca Ep (x) = 0, allora
2

(188)

(189)

(190)

d2 = E 2m dx2 In tre dimensioni questultima equazione diventa d2 x d2 y d2 z + 2 + 2 ] = E 2m dx2 dy dz [


2

(191)

(192)

Trattasi, come gi visto, di unequazione dierenziale risolvibile col metodo di separazione delle variabili, ovvero assumiamo una soluzione del tipo (x, y, z) = 1 (x)2 (y)3 (z) (193)

Se sostituiamo la (193) nella (192) otteniamo tre equazioni dierenziali, ognuna indentica al caso monodimensionale e quindi con una soluzione del tipo = B sin kx. Quindi la soluzione per (x, y, z) sar (x, y, z) = A sin(k1 x) sin(k2 y) sin(k3 z) (194)

con A = B 3 . Se imponiamo la condizione (x, y, z) = 0 per x = a, y = a e z = a, otteniamo

50

(195) a con ni = 1, 2, 3... e i = 1..3. I valori k1 , k2 e k3 sono anche le componenti del vettore k = (k1 , k2 , k3 ) che individua il momento angolare dellelettrone nella buca di potenziale. Se consideriamo tutti i possibili livelli di energia, i numeri n1 , n2 e n3 possono essere considerati come le coordinate di elettroni su un livello, pertanto in questo sistema la distanza di un punto dallorigine sar ki = ni n2 = n2 + n2 + n2 1 2 3 Se poniamo 2 (197) 2ma2 possiamo scrivere che lenergia degli elettroni ora quantizzata seconda una legge che si lega a tre numeri quantici (n1 , n2 , n3 ) E0 = En2 = E0 n 2 (198) (196)

Il livello con la pi alta energia detto livello di Fermi ed la sua energia Ef calcolabile come segue E f = E0 n 2 f (199)

dove nf il raggio della sfera con la quale si possono schematizzare tutti i possibili livelli. Il livello di Fermi quindi si calcola considerando la massima distanza dallorigine. 8.2.2 Densit degli stati

Lenergia di un elettrone pu assumere valori quantizzati secondo la legge (198). Dagli esperimenti si notato che questo valore sempre molto piccolo e quindi gli elettroni occupano livelli molto vicini tra loro a partire da quello con E = 0eV e proseguendo verso lalto (valori di energia crescenti). Cos, nonostante lenergia sia quantizzata, la separazione energetica tra i livelli tanto piccola da aver indotto gli scienziati ad usare spesso il termine quasicontinous per descrivere lo spettro di energia elettronico di un solido. Possiamo a questo punto introdurre il concetto di densit degli stati di energia, che semplicher di molto i nostri futuri calcoli. Sia g(E)dE il numero di stati di energia disponibili tra il valore E e il valore E + dE. Tornando per un attimo alla sfera n-dimensionale con cui si rappresenta un reticolo, consideriamo un ottavo di sfera di raggio n e unaltro ottavo di sfera di raggion n + dn. Tutti gli stati di energia tra questi due ottavi di sfera hanno energie che oscillano tra il valore E = n2 E0 e E + dE = (n + dn)2 E0 . Possiamo scegliere dn tale che dE sia piccolo, ma la natura quasicontinua dello spettro implica comunque un numero molto grande di punti

51

allinterno dellottante di sfera. La densit degli stati di energia pu essere cos calcolata 1 g(E)dE = (2)( 4n2 dn)(1) (200) 8 dove 2 il numero di orientamento di spin permesso (su o gi), 1 la densit di volume (nel nostro caso) e 1 4n2 dn il volume dellottante22 . Quindi, 8 semplicando, g(E)dE = n2 dn Dalla (198) possiamo scrivere n= E E0 (202) (201)

e dierenziando n rispetto a E possiamo arrivare a riscirvere la funzione g(E) in termini dellenergia E piuttosto che in termini di n E 2 1 dn = dE = 2 2E0
1

1 dE EE0

(203)

Sostituendo i valori di n e dn appena trovati nellequazione (200) otterremo g(E) = C EdE dove C una costante che vale
3 3/2

(204)

3/2 , 2E0

oppure, usando i risultati della (197),

(2m) C = a 2 3 2 . La funzione g(E) quindi proporzionale alla radice quadrata dellenergia.

22 Il volume dellottante ottenuto sottraendo al volume della sfera esterna (quella con raggio maggiore) il volume della sfera interna. Il volume della sfera si calcola con la formula 4r 3 . In questo caso, per la prima sfera abbiamo 4 (n + dn)3 mentre per la seconda abbiamo 3 3 4 3 n . Facendo opportuni calcoli e poi eettuando la gi citata dierenza, otteniamo il valore 3 4n2 dn.

52

Figura 4: Schema di un reticolo cristallino con passo reticolare pari ad a.

Teoria della bande

Fino ad ora abbiamo studiato i metalli secondo il modello della teoria ad elettrone libero (sia essa classica o revisionata secondo la meccanica quantistica). I metalli, o conduttori, sono ben diversi, per, dai seminconduttori e dagli isolanti, dove uno studio basato sul concetto di elettrone libero di muoversi in un reticolo non pi utile. Inizieremo con lillustrare un semplice esempio che, pur non rispecchiando un caso reale, ci aiuter a capire meglio alcuni concetti importanti. Consideriamo il reticolo cristallino in gura, con passo reticolare pari ad a. Un generico atomo di questo reticolo avr la posizione xn = na (205)

Supponiamo ora di aggiungere un elettrone a questa catena; esso spender del tempo su un atomo, piuttosto che su un altro, piuttosto che su un altro ancora. Introduciamo una funzione (n, t) tale che il modulo quadro |(n, t)|2 indichi esattamente la probabilit di trovare un elettrone sullatomo n al tempo t. Scriviamo quindi lequazione di Schroedinger dipendente dal tempo (poich dipende dal tempo) (n, t) = Ep (n, t) a(n 1, t) a(n + 1, t) (206) t Supponiamo che lettrone abbia la possibilit di passare dallatomo n allatomo n 1 o allatomo n + 1 (motivo per cui compaiono le funzioni (n 1, t) e (n + 1, t)), il segno negativo davanti alla a serve a considerare la perdita dellenergia in caso di spostamento dellelettrone. Il termine a controlla allora la transizione dellelettrone tra gli atomi: se a = 0 lelettrone resta sullatomo n. i

9.1

Bande di energia

Quello che abbiamo visto nellintroduzione, come gi anticipato, non rappresenta aatto un cristallo reale. Nella realt non esiste una sola banda, ma una successione di queste e con diverse caratteristiche. Il sico svizzero Felix Bloch elabor la teoria delle bande denendo il legame metallico sulla base di concetti fondamentali della meccanica quantistica. Applicando lequazione di Schroedinger ad un numero di Avogadro (una mole) di atomi metallici si ottiene una successione di livelli energetici orbitalici: i livelli 53

pi bassi contengono elettroni e sono deniti bande di valenza, quelli a energia maggiore sono vuoti e rappresentano le bande di conduzione. I conduttori metallici sono caratterizzati da avere una banda di valenza solo parzialmente riempita o una banda di valenza in stretta contiguit, o addirittura sovrapposta, alla banda di conduzione: in questo modo gli elettroni risultano praticamente mobili e possono facilmente passare da un livello di energia E1 ad un livello E2 , generando una corrente elettrica per imposizione di una dierenza di potenziale o per assorbimento di un determinato fotone h (fotoelettricit). Aumentando la temperatura, aumentano i moti oscillatori degli atomi lungo lasse del nodo cristallino: in questo modo, come gi visto, il usso libero di elettroni risulta ostacolato e si spiega il perch la conduttanza elettrica diminuisca con laumentare della temperatura. La distribuzione degli elettroni segue la statistica di Fermi-Dirac. Lenergia di Fermi Ef il valore dellenergia che separa il pi alto livello energetico occupato dal pi basso livello non occupato nello stato fondamentale a 0 K.

Figura 5: Schema semplicato di bande elettroniche di un semiconduttore. In teoria i livelli energetici possibili sono inniti ma ad alti valori lelettrone viene espulso. Le bande hanno ampiezza dierente in relazione agli orbitali atomici da cui derivano. I semiconduttori possiedono invece una distribuzione orbitalica dove la banda di conduzione separata dalla banda di valenza da un piccolo gap energetico, minore di un elettronvolt per mole di elettroni. Con il processo di drogaggio possibile rendere conduttore un siatto metallo: inserendo lacune 23 elettroniche si pu arrivare praticamente ad annullare il gap, mentre aumentando articialmente il numero di elettroni, questi, essendo gi totalmente piene le bande di valenza, si distribuiranno nella banda di conduzione riempiendola parzialmente
23 Dette

anche buche, successivamente verranno presentate dettagliatamente.

54

e divenendo mobili nel continuum di energia quantizzata. Aumentando la temperatura si fornisce energia agli elettroni che possono cos facilmente superare il piccolo gap energetico; questo eetto prevale sul moto oscillatorio degli atomi; la conduttanza di un semiconduttore aumenta allaumentare della temperatura. Gli isolanti sono caratterizati dallavere un forte gap energetico tra le bande di valenza e quelle di conduzione, dellordine di qualche elettronvolt per mole di elettroni, rendendo impossibile il libero uire degli elettroni. In pratica il legame metallico pu classicamente immaginarsi come un reticolo cristallino formato dai cationi dei metalli e da un "mare" di elettroni delocalizzati. In questo modo si spiegano le peculiarit dei metalli: la conduzione del calore legata alla motilit degli elettroni che incrementano la loro energia cinetica mentre duttilit e malleabilit sono spiegabili dal libero scorrimento reciproco dei piani reticolari, il quale non provoca la distruzione delledicio cristallino in quanto il legame non costituito da pochi elettroni localizzati, ma da tutti gli elettroni disponibili.

9.2

Gap energetico

Il gap energetico del quale abbiamo parlato nel precedente paragrafo, pu essere di due tipi e i semiconduttori possono classicarsi proprio in base a questa distinzione. Abbiamo quindi semiconduttori a gap indiretto dove il minimo della banda di conduzione disallineato con il massimo della banda di valenza semiconduttori a gap diretto dove il minimo della banda di conduzione allineato con il massimo della banda di valenza. I primi, pur essendo degli ottimi portatori di carica, non sono indicati per applicazioni optoelettroniche, poich la probabilit di emissione radiativa si riduce. I secondi invece sono molto indicati per applicazioni in cui si necessita emissione radiativa.

9.3

Conduttori, isolanti e semiconduttori

Anch gli elettroni possano sperimentare unaccelerazione in presenza di un campo elettrico e quindi contribuire alla corrente elettrica, essi devono essere in grado di spostarsi in nuovi e pi alti stati di energia. Ci signica che gli stati disponibili agli elettroni devono essere allo stesso tempo vuoti e permessi. Ad esempio, se pochi elettroni risiedono in una banda che altrimenti sarebbe vuota, questo signica che c un buon numero di stati non occupati che pu ospitare elettroni; gli elettroni possono quindi acquisire energia dal campo elettrico e contribuire al fenomeno di corrente elettrica, spostandosi in stati di energia pi elevati, resi disponibili dalla banda semivuota. Se invece una banda piena, gli elettroni in essa non potranno contribuire alla corrente, poich essi non possono spostarsi in stati di energia pi alti e di conseguenza non subiranno alcuna accelerazione dal campo elettrico. 55

Il numero di elettroni che pu trovarsi in una banda limitato. Sappiamo che ci sono N diversi stati di energia in ogni banda. Se la banda una banda s (cio una banda formata soltanto stati atomici s), allora i numeri quntici assumono i 1 valori l = 0, ml = 0, ms = 2 . Possiamo quindi mettere due elettroni in ognuno degli N stati senza violare il principio di Pauli. In una banda p abbiamo l = 1, ml = 0, 1, 1 e per ogni valore di ml abbiamo ms = 1 . Possiamo allora 2 posizionare sei elettroni in ognuno degli N stati. In generale, poich per un dato l abbiamo (2l + 1) valori di ml e per ogni ml ci sono due valori di ms , in totale, in una banda, abbiamo spazio per 2(2l + 1)N elettroni. Consideriamo un ipotetico elemento di N atomi, ognuno dei quali con 11 elettroni, per un totale di 11N elettroni. 2N elettroni possono andare nella banda 1s, altri 2N possono andare nella banda 2s, 6N invece nella banda 2p. Restano N elettroni, che posizioniamo nella banda 3s, che rimarr vuota per met (infatti essa pu ospitare 2N elettroni). Questo permette agli N elettroni della 3s di essere accelerati da un eventuale campo elettrico verso stati di energia pi alti. Questo ipotetico solido sicuramente un buon conduttore elettrico.

9.4

Massa ecace

Sappiamo che se un elettrone libero, quando esso si trova in un campo elettrico , questo esercita sullelettrone una forza q (dove q la carica dellelettrone) che, per le leggi di Newton, produce unaccelerazione inversamente proporzionale alla sua massa, ovvero q (207) m Cosa accade, invece, se lelettrone non libero ma sotto linuenza dellenergia potenziale degli ioni di un reticolo di un cristallo? La risposta che lelettrone viene ancora accelerato secondo le leggi di Newton, ma reagisce come se avesse una massa eettiva diversa dalla sua vera messa. Come vedremo, questo accade perch non lunico campo elettrico che agisce, in questo caso, sullelettrone. La massa ecace vale a= m =
2 d2 E dk2

(208)

Quando lelettrone libero si ha m = m , mentre se lelettrone si trova in un cristallo m = m , poich lenergia in questo caso non proporzionale a k 2 . La ragione sica che lelettrone nel cristallo si muove sotto linuenza di forze interne, esercitate dal campo elettrico degli ioni del reticolo, e di una forza esterna esercitata dallazione del campo elettrico . Senza entrare nel dettaglio, possiamo aermare quanto segue sulla massa ecace dellelettrone m non sempre uguale ad m m pu essere pi grande di m (anche innita) m pu essere pi piccola di m (anche negativa, in cima a una banda) 56

Il concetto di massa ecace ha molti utilizzi. Si pensi, ad esempio, allespressione per la conduttivit derivate nel modello a elettrone libero 1 (209) m Grazie alla massa ecace possiamo tranquillamente estendere questa relazione, riportandoci nel caso pi reale in cui un elettrone non sia libero, sostituendo m con m . Mentre questa correzione non porta alcun cambiamento per quei metalli per cui vale m m , risulta interessante invece per quei metalli, come il ferro, per cui m di gran lunga maggiore di m (nel caso del ferro abbiamo m = 10m. Questo spiega perch il ferro non un buon conduttore24 . Capire, invece, cosa accade quando si ha un valore di massa ecace negativo, ci porta al prossimo paragrafo, dove aronteremo il discorso delle buche.

9.5

Buche

Alla temperatura T = 0 K, la struttura a bande di un semiconduttore caratterizzata dal fatto di avere una banda di valenza completamente occupata e una banda di conduzione completamente vuota. In questa situazione un semiconduttore appare come un isoltante con conduttivit = 0. Quando per la temperatura viene innalzata, alcuni elettroni nella banda di valenza ricevono abbastanza energia termica e vengono eccitati verso la banda di conduzione, poich il gap nei semiconduttori alquanto piccolo. Il risultato che avremo degli elettroni in una banda di conduzione altrimenti vuota e degli stati non occupati in una banda di valenza altrimenti completa. Questi stati vuoti non occupati vengono chiamati buche o lacune. Sotto linuenza di un campo elettrico, gli elettroni che ora si trovano nella banda di conduzione possono spostarsi a stati di energia pi elevati, proprio perch la banda di conduzione ancora semivuota; in tal modo tali elettroni contribuiscono alla densit di corrente J. Allo stesso modo gli elettroni della banda di valenza tendono a spostarsi verso gli stati a pi alta energia, ovvero verso le buche lasciate libere dagli elettroni spostatisi nella banda di conduzione. Dal paragrafo precendete, noi assumeremo che gli stati vuoti in cima alla banda di valenza sono stati con massa ecace negativa. La conduzione grazie ad elettroni della banda di valenza che si spostano verso le buche equivalente alla conduzione grazie a particelle a carica positiva e a massa positiva. Il numero di queste particelle positive lo stesso del numero di buche. Pertanto, considerando il contributo della banda di valenza alla corrente elettrica, ignoreremo gli elettroni, ma lanalizzeremo nellottica di una conduzione dovuta allo spostamento di cariche positive. Quando ci troviamo al cospetto di una banda di valenza piena, il suo contributo alla densit di corrente (o equivalentemente alla corrente) nullo, ovvero
24 Lelettrone, risultando di massa ecace ben pi grande della massa reale, tende di pi a urtare con ioni e altri elettroni, abbassando notevolemente la sua capacit di parteceipare al fenomeno della corrente elettrica.

57

Jf ull = 0

(210)

Se rimuoviamo un elettrone i dalla cima della banda di valenza (ricordando che lelettrone ha massa ecace negativa), il contributo alla densit di corrente degli elettroni restanti sar Jremaining = Jf ull Ji = 0 Ji = Ji dove Ji il contributo dellelettrone i. Il valore di Ji ci dato da Ji = |q|vi (212) (211)

dove vi la velocit di deriva dellelettrone, acquisita grazie allazione del campo elettrico e |q| la quantit di carica dellelettrone. Per quanto detto nel paragrafo 8.1.2 a pagina 48, abbiamo vi = ai i (213)

dove ai laccelerazione dellelettrone i e dove i il tempo medio che intercorre tra le collisioni elettrone-ione. Quindi, usando la (213) e la (212) allinterno della (211) otteniamo Jremaining = |q|ai i (214)

Si capisce quindi che il contributo dato dagli elettroni restanti dopo la rimozione di uno di essi dalla banda di valenza equivale al contributo di una singola carica. Se avessimo rimosso due elettroni, allora il contributo sarebbe stato uguale a quello di due cariche, e cos via. Non possiamo ancora specicare cariche positive poich laccelerazione ai potrebbe essere negativa (ovvero nella direzione opposta a quella del campo elettrico ), ma se andiamo a esplicitare avremo ai = |q| m i (215)

dove la massa ecace, come gi detto negativa, quindi lintera quantit risulter positiva ai = |q| |m | i (216)

e quindi laccelerazione ai nella stessa direzione del campo elettrico. Possiamo quindi aermare che il contributo alla corrente dato dagli elettroni che restano nella banda di valenza togliendone n lo stesso contributo dato dalle n buche con carica e massa positive. La corrente totale quindi sar la somma del contributo oerto dalla buche che si spostano nel verso del campo elettrico e del contributo oerto dagli elettroni che si spostano nel verso opposto.

58

10

Semiconduttori

Abbiamo visto nel capitolo precedente come la teoria delle bande ci ha permesso di distinguere tra conduttori, isolanti e semiconduttori. I semiconduttori, al contrario di isolanti e conduttori, hanno iniziato a destare interesse negli anni 30 e il boom del loro utilizzo arrivato soltanto negli anni 50, rivoluzionando il mondo dellelettronica. In questa sezione aronteremo il discorso sui semiconduttori intrinseci, su quelli estrinseci, il relativo drogaggio e altre propriet.

10.1

Semiconduttori intrinseci

Un semiconduttore intrinseco un semiconduttore nel quale il livello delle impurit talemente basso da non inuire aatto sulle caratteristiche elettriche del materiale, che risultano determinate soltanto dalla struttura a bande dello stesso. I semiconduttori sono solidi che a temperatura T = 0 K sono dei perfetti isolanti, con la banda di valenza separata, tramite la banda proibita (o gap), dalla banda di conduzione. Nei semiconduttori (come Silicio e Germanio), per, il gap talmente piccolo che a temperatura ambiente alcuni elettroni della banda di valenza entrano nella banda di conduzione, e possono quindi essere accelerati da un campo elettrico applicabile tramite una dierenza di potenziale. 10.1.1 Densit degli elettroni e delle buche

Dovrebbe essere chiaro dunque che il fattore determinante per la conducibilit elettrica di un semiconduttore il numero di elettroni per unit di volume, Ne , che vengono eccittati nella banda di conduzione a una data temperatura T . Vogliamo, quindi, determinare questo numero. Imponiamo come limite inferiore dellenergia (lo zero dellenergia) la cima della banda di valenza; il numero Ne pu essere ottenuto moltiplicando la densit degli stati in ogni intervallo di energia incrementale per la probabilit di occupazione di quel dato intervallo. Il risultato sar il numero degli stati occupati in un dato intervallo di energia. A questo punto integriamo tra il fondo e la cima della banda di conduzione
cima

Ne =
f ondo

(densit degli stati) (f unzione di F ermi)dE

(217)

In precedenza abbiamo visto che gli elettroni nella banda di conduzione sono organizzati secondo il principio di Pauli e seguono quindi la distribuzione di Fermi-Dirac. Dobbiamo per apportare delle modiche, sostituendo la massa reale con la massa ecace; possiamo quindi usare per la densit degli stati g(E) lespressione usata nel paragrafo 8.2.2 a pagina 51 g(E) = Ce E 1/2 dove (218)

59

Ce =

(2m )3/2 a3 e 2 3 2

(219)

Notiamo che questultima equazione contiene il valore a3 che il volume del solido. Possiamo ora iniziare a calcolare il valore Ne ; la parte destra dellequazione (217) va divisa per a3 e questo pu essere fatto semplicemente eliminando a3 da Ce . Quando in precedenza abbiamo derivato lequazione (218) abbiamo misurato lenergia E dal fondo della banda di conduzione. Dato che qui abbiamo scelto come zero dellenergia (E = 0 ) la cima della banda di valenza, dobbiamo eettuare una correzione nella (218) per adeguarla al nostro caso particolare, sottraendo ad E il valore Eg che costistuisce lenergia della banda proibita; riscriviamo quindi la (218) come segue g(E) = Ce (E Eg )1/2 Ricordiamo inoltre che la funzione di distribuzione di Fermi F (E) = 1
EE exp( kB Tf

(220)

)+1

(221)

A questo punto dovremmo sostituire nella (217) queste ultime due espressioni, trovandoci per di fronte al primo problema: gli integrali che coinvolgono la funzione di Fermi sono in generale troppo dicili o addirittura impossibili da risolvere analiticamente. Il secondo problema, poi, determinare la larghezza della banda di conduzione, a ne di poter conoscere il limite superiore dellintegrale. Per quanto riguarda il primo problema, fortunatamente ci viene in aiuto il fatto che lenergia di fermi Ef giace nel mezzo del gap energetico25 . Nei semiconduttori (nella fattispecie quelli usati in elettronica, come il silicio e il germanio) Eg 1eV , quindi, poich il fondo della banda di conduzione Eg /2 sopra Ef , possiamo stimare che E Ef 0.5eV . Inoltre, a temperatura ambiente (T = 300 K) la costante di Boltzmann vale kB = 0.025eV . Queste quantit, introdotte nella funzione di Fermi, ci permettono di ignorare il +1 al denominatore, che pu essere trascurato poich il termine esponenziale largamente maggiore di uno. Ad esempio, per E = Eg , cio per un livello di energia corrispondente al fondo della banda di conduzione, avremo exp( E Ef 1eV 0.5eV ) = exp( ) = e20 109 kB T 0.025eV (222)

Per livelli di energia superiori avremo valori per lesponenziale ancora maggiori, pertanto F (E) = 1 exp(
EEf kB T

)+1

exp(

E Ef ) kB T

(223)

25 In questa sede non ci si occuper di dimostrare che lenergia di Fermi collocata a met della banda proibita.

60

Questo esponenziale pi semplice da integrare rispetto alla funzione F (E) originale. Notiamo che poich F (E) decresce esponenzialmente al crescere di E, il prodotto g(E)F (E) sar apprezzabile soltanto per valori molto bassi di energia, vicino al fondo della banda di conduzione26 ; ne segue che lintegrando potr essere ignorato al di sopra di certe energie. Assodato che alla cima della banda di conduzione la funzione di Fermi restituisce valori trascurabili, deduciamo che non abbiamo pi bisogno di conoscere lampiezza della banda con precisione, ma possiamo usare come limite superiore per lintegrale

Ne = Ce
Eg

(E Eg )1/2 exp(

E Ef )dE kB T

(224)

Non entrando nel merito della risoluzione, avremo inne Ne = Ef E g 1 2m 3/2 ( e ) exp( ) 4 2 kB T (225)

10.2

Semiconduttori estrinseci

Le caratteristiche elettriche di un semiconduttore possono essere variate drasticamente aggiungendo una quantit di atomi estranei al cristallo puro. Loperazione di aggiungere impurit al cristallo detta drogaggio. Si usano come droganti gli elementi del gruppo V o del gruppo III della tavola periodica. I primi vengono detti donatori i secondi accettatori. Dagli esperimenti si accertato che gli atomi di impurit vanno a sostituirsi agli atomi del cristallo nel legame covalente. Quando un atomo del gruppo V rimpiazza un atomo di silicio, che ricordiamo essere tetravalente, soltanto quattro dei suoi cinque elettroni partecipano al legame covalente con un atomo di silicio. Abbiamo quindi un elttrone in eccesso. Come mostreremo nel seguito, questo elettrone in eccesso non fortemente legato allatomo di appartenenza, e quindi latomo di impurit pu essere facilmente ionizzato, permettendo allelettrone in eccesso di spostarsi nel reticolo del cristallo e contribuire al processo di conduzione. In termini di teoria della bande, lelettrone in eccesso nellatomo di impurit a temperature T = 0 K occupa un livello energetico ED che si trova a circa 102 eV sotto la banda di conduzione; bastano quindi soltanto 102 eV per ionizzare latomo di impurit. Appena la temperatura viene innalzata anche solo verso la temperatura ambiente, lelettrone in eccesso pu essere eccitato nella banda di conduzione, dove potr contribuire alla corrente. Si dice che questo elettrone viene donato dallatomo di impurit27 , che pertanto viene detto donatore e il livello di energia ED viene detto livello di energia di impurit. Questi elettroni donati si vanno ad aggiungere a quelli che normalmente vengono eccittati dalla banda di valenza verso la banda di conduzione, rendendo
26 Al fondo della banda di conduzione F (E) 109 , mentre alla cima della banda F (E) 1026 . 27 Si noti che quando un donatore dona un elettrone, non vengono lasciate buche, poich il legame tetravalente viene mantenuto dagli altri quattro elettroni.

61

cos il numero delle cariche negative disponibili superiore a quello delle cariche positive (buche). Pertanto, un siatto semiconduttore viene detto di tipo n. Prima di passare a parlare degli accettatori, vogliamo calcolare con quanta energia lelettrone in eccesso legato allatomo di appartenenza o, equivalentemente, vogliamo sapere quanto sotto la banda di conduzione si trova il livello ED . Possiamo ottenere una stima sperimentalmente, secondo un modello grezzo, in accordo col quale sappiamo che lelettrone legato al proprio atomo da una carica +q. Il problema quindi ridotto a un atomo simile a quello di idrogeno. Dobbiamo, comunque, fare delle modiche, dovute al fatto che mentre nellatomo di idrogeno lelettrone libero di orbitare, nel nostro caso interagisce con latomo di impurit mentre si sposta nel mezzo di silicio. Questo implica che la costante dielettrica del mezzo deve rimpiazzare la costante dielettrica dello spazio libero, = 1 va sostituita la massa reale dellelettrone con la massa ecace m e Il modello di Bohr e quello quantomeccanico ci forniscono la seguente formula per calcolare lenergia di legame di un elettrone E= Nel silicio
0

q4 m 8( 0 )2

= 13.6eV

(226)

= 12

e m = 0.31m. Segue che e E = (13.6eV )

0.31 = 0.029eV (227) 122 Questa quantit, quindi, rappresenta lenergia necessaria a strappare via lelettrone dal suo atomo di appartenenza, ed chiaro che, essendo lenergia termica a temperatura ambiente pari a kB T = 0.025eV, loperazione risulta molto facile. Passiamo ora ad analizzare cosa accade se il drogante un elemento del gruppo III della tavola periodica. Essendo elementi trivalenti, essi non riesco a completare il legame con gli atomi di silicio, facendo quindi comparire nel mezzo un insieme di buche. Tali buche a temperatura T = 0 K ovviamente non verranno riempite, ma a temperature superiori gli elettroni degli atomi di silicio adiacenti si sposteranno per andare a occupare le buche. Le buche, quindi, inizieranno a migrare lungo il cristallo. In termini di teoria della bande, avremo un livello di energia EA che si trover sopra la banda di valenza. A T = 0 K questo livello sar vuoto e la banda di valenza piena; quando ci sar energia termica (quindi temperature pi elevate) gli elettroni dell banda di valenza potranno spostarsi nel livello EA , creando delle buche mobili nella banda di valenza. Calcoli simili a quelli fatti precedentemente, mostrano che il livello EA situato molto vicino alla cima della banda di valenza, e quindi pu essere facilmente raggiunto dagli elettroni della banda di valenza. Le buche create dallo spostamento degli elettroni della banda di valenza nel livello EA si aggiungono a

62

quelle che normalmente si creano dalla migrazione degli elettroni della banda di valenza nella banda di conduzione. Per questo motivo, semiconduttori di questo tipo sono detti di tipo p.

10.3

Densit di carica e livello di Fermi nei semiconduttori estrinseci

In presenza di drogaggio vi sono due sorgenti di elettroni; i primi provengono dalla banda di valenza, i secondi vengono dalla banda proibita a seguito del drogaggio. Per stabilire limportanza delle due sorgenti necessario analizzare il comportamento del semiconduttore drogato in funzione della variazione di temperatura. La variazione del comportamento di un materiale al variare della temperatura sappiamo che dipende dal numero di elettroni per unit di volume del mezzo, Ne . Questo risultato, per, labbiamo ottenuto per i semiconduttori intrinseci e ci interessa vericare se esso ancora valido dopo il drogaggio, ovvero ci interessa assicurarci che il drogaggio non cambi n la funzione di Fermi F (E) n la densit degli stati g(E). La prima non dipende dal drogaggio; per quanto riguarda la seconda, pur essendo stato sperimentato un cambiamento di banda in funzione del drogaggio, esso irrilevante. Pertanto, concludiamo che il risultato (225) ancora valido nel caso di drogaggio. Vogliamo ora considerare il caso di un semiconduttore di tipo n, ovvero drogato con atomi donatori (il discorso simile anche nel caso di drogaggio con accettatori ). In un siatto semincoduttore abbiamo un aumento di elettroni, dovuto allo spostamento del livello di Fermi (che aumenta a causa del drogaggio con donatori) verso la banda di conduzione. Vediamo come dimostrare questo comportamento. Dallesperienza con semiconduttori intrinseci sappiamo che il livello di fermi Ef a met della banda proibita, mentre dal drogaggio con donatori sappiamo che il numero di cariche negative Ne maggiore del numero di cariche positive Np ; ci che ci interessa sapere quanto maggiore Ne rispetto a Np . Indichiamo con ND la densit dei donatori e immaginiamo che tutti i donatori abbiano ceduto il proprio elettrone in eccesso; avremo
+ Ne = Np + ND

(228)
+ ND

dove indicata che i donatori sono ionizzati. Il valore alla densit dei donatori ed
+ ND = ND (1 F (ED ))

+ ND

corrisponde

(229)

ovvero uguale al numero di donatori per la probabilit che sia stato ceduto un elettrone (o equivalentemente la probabilit di trovare uno stato vuoto), dove ED ricordiamo livello di energia di impurit. Si noti che (230) +1 e In questo caso la F non pu essere approssimata come abbiamo fatto nella (223) poich in questo caso si ha
ED Ef kB T

F (ED ) =

63

ED Ef < kB T

(231)

il che implica che lesponenziale non risulta indenitamente pi grande della constante +1 che ci interesserebbe trascurare. Questo ci porta a non poter risolvere lintegrale analiticamente, constringedoci ad adottare una risoluzione numerica. Quello che otteniamo la situazione nella gura 25 6 del libro [1]. Ancora una volta, nel caso intrinseco abbiamo che Ef Eg /2. Allaumentare della temperatura, Ef cresce. I risultati ci dicono che, nel caso di semiconduttori drogati, abbiamo che alle basse temperature il livello di Fermi a met tra ED e il fondo della banda di conduzione, cio Ef = Eg + ED 2 (232)

Se la temperatura cresce, Ef si avvicina al valore per i semiconduttori intrinseci. pi alta la concentrazione di drogaggio pi deve essere alta la temperatura anch avvenga la transizione fra questi due regimi. In pratica, a temperature basse abbiamo due sorgenti di elettroni eettive, la banda di valenza e i donatori, quindi la nuova cima della banda di valenza come se fosse a ED . A temperature elevate gli elettroni dei donatori sono gi passati nella banda di conduzione, quindi il livello di fermi si abbassa no a Eg 2 , come se il semiconduttore fosse, appunto, intrinseco; ci implica che lunica sorgente di elettroni resta la banda di valenza.

10.4

Conducibilit dei semiconduttori intrinseci ed estrinseci

In precendeza abbiamo visto come nei metalli la conducibilit diminuisse allaumentare della temperatura, ovvero T 1 (233)

Questo, come sappiamo, causato dallaumentare degli urti elettrone-ione al crescere della temperatura. Nei semiconduttori invece accade un fenomeno esattamente opposto, che vede la conduttivit crescere esponenzialmente allaumentare della temperatura. Per i semincoduttori intrinseci abbiamo = 0 exp( ) T dove una costante, mentre per quelli drogati = 0 exp( ) T 64 (234)

(235)

con = . Se passiamo ai logaritmi la (234) otteniamo (236) T e si ottiene un graco come quello di gura 25 8 del libro [1], dove linclinazione della retta proporzionale a T ; per valori di T grandi si ottiene una retta prossima allasse delle y. Per il semiconduttore drogato, per il quale, passando la (235) ai logaritmi otteniamo ln = (237) T si ha un graco come quello di gura 25 9 del libro [1]. La spiegazione di questo graco ci viene data dal fatto che per un semiconduttore drogato abbiamo due regimi di conducibilit, uno alle basse temperature e laltro alle alte temperature. Si osservi la regione del graco nella quale si ha un picco e poi una discesa: questa la regione di funzionamento dei dispositivi elettronici basati su semiconduttore. Nella parte curva della regione la conducibilit abbastanza bassa per piccole variazioni di temperatura. ln = 10.4.1 Dettagli

Per capire meglio il graco di gura 25 9 del libro [1] dobbiamo entrare pi nel dettaglio. Innanzitutto ricordiamo che per un metallo la conduttivit data da N q2 (238) m dove N il numero di portatori di carica (elettroni), q la carica dellelettro1 ne, T il tempo medio tra le collisioni e m la massa reale dellelettrone. Nei semiconduttori la formula risulta simile, sostituendo ad m la massa ecace m e tenendo conto del fatto che i contributi alla corrente vengono dati sia dagli elettroni che dalle buche = = N p q 2 p N e q 2 e + m m e p (239)

Ricordiamo che nel metallo il numero N non funzione della temperatura, al contrario di ci che accade per Ne e Np nel caso dei semiconduttori, che risultano essere funzioni esponenziali della temperatura. Nel caso del semiconduttore intrinseco, abbiamo che Ne = Np = Ni e quindi = Ni q 2 [ e p + ] m mp e (240)

Allo stesso modo si ragiona per il caso del semiconduttore drogato, dove per abbiamo Ne = Np e quindi dobbiamo individuare il livello di Fermi, che la causa del comportamento del graco in gura 25 9. E importante capire la piccola curva in questo graco; essa dovuta alla transizione del livello di Fermi dalla zona tra Eg ed ED a quella in cui arriva ad Eg /2. Inoltre, quando si alza 65

molto la temperatura, landamento dominato da e non dalla funzione esponenziale; poich inversamente proporzionale alla temperatura, allaumentare di questa si ha una diminuzione di e come conseguenza la curva nel graco. Se per la temperatura viene fatta ancora salire, la conduzione viene adata alla banda di valenza, che fornir elettroni alla banda di conduzione; nel graco si noter una nuova salita. Inne, aumentare la temperatura a dismisura porter a un fenomeno di saturazione, in seguito al quale il semiconduttore non pi in grado di condurre elettricit.

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11

Introduzione ai transistor

In questa sezione ci occuperemo di una breve introduzione ai transistor, che nascono dalla combinazione di seminconduttori di tipo n con quelli di tipo p.

11.1

Giunzione PN

Vediamo cosa accade se si metteno in contatto un semiconduttore di tipo p con uno di tipo n, creando quella che conosciuta come giunzione pn.

Figura 6: Giunzione PN Nel punto di contatto tra i due semiconduttori si passa da una zona con molte lacune ad una con molti elettroni. Il contatto fa s che gli elettroni nella zona n tendono a muoversi verso la zona p per occupare le lacune; come diretta conseguenza si ha anche uno spostamento della lacune dalla zona p alla zona n. Lo spostamento degli elettroni da n a p fa s che in n abbiamo degli ioni negativi; lo stesso accade in p. Si crea cos una zona formata da strati di ioni che genera un campo elettrico orientato da n a p; tale campo rende impossibile un ulteriore spostamento di elettroni e buche, impedendo corrente e stabilendo un equilibrio. Questa zona che si viene a formare detta zona di svuotamento. Se si riesce a prendere il controllo del campo elettrico venutosi a formare, allora ci si mette in grado di poter decidere se ci debba essere passaggio di corrente o meno. Applicando una dierenza di potenziale, possiamo far variare lintensit del campo elettrico. In polarizzazione diretta la barriera di potenziale viene abbassata, poich il campo elettrico generato dalla dierenza di potenziale nel verso opposto di quello esistente nella zona di svuotamento, e si favorisce cos il passaggio di elettroni; in polarizzazione inversa il campo elettrico della zona di svuotamento viene raorzato da quello generato dalla dierenza di potenziale (sono entrambi nello stesso verso) e la corrente elettrica viene totalemente inibita. Un discorso simile pu essere fatto per una giunzione di tipo np. 67

11.2

Transistor

Un transistor si ottiene con due giunzioni, una di tipo PN e laltra di tipo NP. A seconda di come si sceglie di combinare le giunzioni, otteniamo un transistor PNP oppure NPN.

Figura 7: Transistor bipolare PNP In gura abbiamo un transistor bipolare, detto anche BJT (Bipolar Junction Transistor), ed di tipo PNP. In un transistor BJT (transistor a giunzione bipolare) una corrente elettrica inviata nella base (B) e modula (controlla) la corrente che scorre tra gli altri due terminali noti come emettitore (E) e collettore (C). Per fare questo, il transistor sfrutta la vicinanza di due giunzioni PN opposte: quando la giunzione base-emettitore viene polarizzata direttamente, i portatori di carica (elettroni e lacune) che transitano attraverso di essa diondono verso la vicina giunzione collettore-base, dove vengono in gran parte catturati dal campo elettrico interno alla giunzione stessa, che in questo modo viene percorsa da corrente anche se polarizzata inversamente. Tanto maggiore la frazione di corrente catturata dalla giunzione di collettore, tanto migliore il transistor: in un transistor ideale, perfetto, tutta la corrente che entra dallemettitore dovrebbe essere deviata verso il collettore senza raggiungere mai il contatto di base. In pratica, in un normale transistor per usi generici la corrente uscente dal collettore il 98-99% di quella che entra nellemettitore, e dalla base esce solo l1-2% di essa. Il rapporto fra corrente di collettore e corrente di base detto del transistor, ed uno dei parametri fondamentali di questo dispositivo. Lordine delle giunzioni non importante: si possono usare sia una coppia di giunzioni PN e NP (ottenendo un transistor PNP) oppure due giunzioni NP e PN (ottenendo un transistor NPN, complementare al primo): un transistor e il suo complementare funzionano in modo quasi identico, ma le tensioni ai loro capi devono essere invertite di polarit (da positive a negative e viceversa).

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Argomenti non trattati


Radiazione di corpo nero: consultare appunti rilasciati dal prof. Ninno. Inserire tra capitolo 2 e capitolo 3 di questo documento. Buca di potenziale bidimensionale innita: consultare il libro [1] paragrafo 20.3a. Statistica di Fermi-Dirac: consultare il libro [1] paragrafo 23.3e.

Figure

Per questioni di tempo in questo documento non sono state incluse molte gure necessarie alla comprensione delle spiegazioni. Per questo motivo, in sostituzione vengono citate le corrispondenti gure dal libro [1]

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Riferimenti bibliograci
[1] Garcia, Damask, Schwarz, Physics for computer science students, (Springer 1998) [2] Paul A. Tipler, Invito alla Fisica, (Zanichelli 2001) [3] Appunti vari dalle lezioni del prof. Ninno [4] http://en.wikipedia.org/ [5] http://it.wikipedia.org/

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