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In questo capitolo sono raccolte le relazioni fondamentali sulle quali si fonda tutta la trattazione di questa dispensa dedicata al metodo degli elementi finiti o, pi precisamente, al metodo degli spostamenti, cio, a quel metodo degli elementi finiti in cui le incognite primarie sono spostamenti e rotazioni e loro derivate di vario ordine. Nel primo paragrafo vengono ricavate le relazioni che definiscono le matrici di rigidezza, di massa ed il vettore dei carichi nodali di un elemento, facendo anche cenno alle procedure di assemblaggio. Il secondo paragrafo contiene una breve trattazione delle tecniche di integrazione numerica di funzioni in una e due variabili indipendenti. Nel terzo paragrafo vengono ricavate le matrici che legano le derivate parziali prime e seconde di funzioni rispetto a due diversi sistemi di coordinate.
17.1 Introduzione
Come noto, il metodo degli elementi finiti una metodologia per la ricerca di soluzioni approssimate a problemi di varia natura fisica, che ottimamente si presta alle esigenze del calcolo automatico. L'originalit del metodo sta nel fatto che esso consente di costruire una soluzione approssimata facendo uso di approssimazioni locali, cio, il sistema di funzioni base i utilizzate per sviluppare la soluzione approssimata definito su ciascun sottodominio De in cui si pensa di suddividere il dominio totale D di definizione del problema. Facciamo unipotesi sulla geometria del problema:
D = D(e)
e =1
S = S (e)
e =1
E'
(17.1)
avendo indicato con E il numero totale di sottodomini (o elementi finiti) in cui si suddiviso il dominio D ed E il numero di elementi finiti che hanno almeno un lato sul contorno S. Ovviamente, risulta E E. In realt, le condizioni (17.1) difficilmente sono soddisfatte in quanto sul contorno si pu perdere qualche fettina di dominio.
Figura 17.1 Esempio di suddivisione del dominio in sottodomini o elementi finiti. Le regioni tratteggiate sono prese nelle sommatorie
{u } = N {q }
(e) (e) (e)
(17.2)
spostamento di un generico punto appartenente all'elemento e al vettore {q ( e ) } dei gradi di libert nodali appartenenti allo stesso elemento; N ( e ) detta la matrice delle funzioni di forma o di interpolazione. In generale, possiamo scrivere
{u } {u}delle
(e)
componenti di
{ } = B {q }
(e) (e) (e)
(17.3)
dove gli elementi della matrice B ( e ) possono essere espressi come combinazione lineare (e) degli elementi della matrice N . Per esempio, in campo lineare (deformazioni infinitesime),
{ }
ovvero
= {u1,1 u2,2
{ } = [ D ]{u }
dove
(..),1 = 0 0 0 (..),2 0 0 0 (..),3 (..),2 (..),1 0 (..),3 0 (..),1 0 (..),3 (..),2
(17.4)
[ D]
Quindi,
(17.5)
B(e) = [ D ] N (e)
(17.6)
{ } = [C ]{ }
(e) (e)
(17.7)
abbiamo
{ } = [C ] B {q }
(e) (e) (e)
(17.8)
17.2.2Espressione discretizzata del potenziale elastico, energia cinetica e potenziale dei carichi applicati
Scriviamo ora lenergia potenziale elastica per un corpo elastico:
1 T { } { } dV 2V
(17.9)
Ec =
T 1 {u } {u } dV 2V
(17.10)
in pi sappiamo che per un dato sistema di carichi per unit di volume X V superficie X S possiamo scrivere lenergia potenziale come:
T T U = L = {u } X V dV + {u } X S dS S V
{ }
{ } e per unit di
(17.11)
{ }
{ }
Se vale la discretizzazione operata in precedenza possiamo scrivere le espressioni (17.9), (17.10) e (17.11) per ogni elemento finito, sostituendo i risultati ottenuti nelle (17.2), (17.8) e portando fuori dagli integrali ci che non dipende dalle variabili spaziali. In questa maniera otteniamo:
(e) =
( ECe )
1 (e) q 2 1 = q (e) 2
{ }
T
{ }
(17.12)
{ }
{ }
U (e) = q (e)
{ }
F (e)
dove
{ X }dS +
N V (e)
{ X }dV
{ }
( e ) U ( e ) + + =0 q (e) q (e)
{ } { }
(17.14)
{ }
{ } { }
(17.15)
ovvero lequazione del moto non smorzato, discretizzata per un generico elemento finito e. Per chiarire i concetti, supponiamo si voglia analizzare la configurazione di equilibrio del sistema di molle rappresentato in Figura 17.21 Per la formulazione della matrice di rigidezza possiamo utilizzare il metodo diretto o il metodo energetico. Con riferimento allo schema di Figura 17.3, si ha:
Metodo diretto: Per la legge di Hooke, possiamo scrivere
{F } = K {u }
(e) (e) (e)
essendo k(e) la costante della molla e. La sopralineatura sta ad indicare che le grandezze sono valutate nel sistema locale della molla indicato in Figura 17.3. Si noti che
F1( e ) F1( e ) F2( e ) F2( e ) (e (e (e (e = k ( e ) = K11 ) ; = k ( e ) = K12 ) ; = k ( e ) = K 21) ; = k ( e ) = K 22) u1( e ) u2( e ) u1( e ) u2( e )
e, in generale,
( Kije ) =
Fi ( e ) u j( e )
E importante sottolineare che non si tratta di un'analisi agli elementi finiti, ma semplicemente di un'analisi matriciale che contiene in s molti degli aspetti connessi con la procedura agli elementi finiti.
Metodo energetico Sappiamo che l'energia di deformazione elastica della molla vale
(e) = 1 (e) (e) k u2 u1( e ) 2
2 (e) ui( e ) u j( e )
Si noti che
k ( e ) k ( e ) u1( e ) 1 (e) 1 (e) T (e) (e) (e) u1 u2( e ) ( e ) ( e ) ovvero = {u } K {u } (e) k 2 2 k u2 cio, l'energia di deformazione elastica una forma quadratica dei gradi di libert nodali. (e) =
{q }
(e)
locale; {q (e) } il vettore dei gradi di libert nodali dell'elemento nel sistema di riferimento
g
globale; ( e ) la matrice dei coseni direttori del sistema di riferimento locale rispetto a
{q }
(e)
= (e) q(e)
{ }
(17.16)
e, di conseguenza, sostituendo questa relazione nellequazione del moto e ricordando che la matrice ( e ) una matrice ortogonale, cos, ( e ) = ( e ) , otteniamo
M (e) q (e) g
1 T
{ }
+ K (e)
{q } = { F }
(e) (e) g
(17.17)
dove
matrice di rigidezza dellelemento nel sistema di riferimento globale matrice di rigidezza dellelemento nel sistema di riferimento globale (17.18) vettore dei carichi nodali equivalenti nel sistema di riferimento globale
{F }
(e)
(e) T
{F }
(e)
Con riferimento all'elemento molla ed allo schema di figura 3.4, possiamo scrivere
avendo indicato con s(e)i lo spostamento del generico nodo i. Moltiplicando scalarmente per i(e)l, ottengo
ui( e ) = ui( e )il( e ) ig + vi( e )il( e ) jg = ui( e )l ( e ) + vi( e ) m( e )
il( e ) ig = cos ( e ) = l ( e ) ; jl( e ) ig = cos + ( e ) = sin ( e ) = m( e ) ; 2 (e) (e) (e) (e) (e) il jg = sin ; jl jg = cos = l
( l(e), m(e) ) coseni direttori di i(e)l rispetto a ig e jg; ( -m(e), l(e) ) coseni direttori di j(e)l rispetto a ig e jg. In forma matriciale
ui( e ) l ( e ) (e) = (e) vi m m( e ) ui( e ) l ( e ) vi( e )
ui( e ) l ( e ) (e) = u j 0
m(e) 0 l
0
(e)
e, in forma compatta
{u } = {u }
(e) (e) (e)
10
17.2.5 Assemblaggio
Se la struttura stata discretizzata in un numero E di elementi finiti, l'energia di deformazione elastica dell'intera struttura data da
= (e)
e =1
(17.19)
dove
T 1 (e) T 1 K (e) q (e) = q (e) K (e) q(e) q l g l l g 2 2 Ora, espandiamo la matrice di rigidezza globale come segue
(e) =
{ }
{ }
{ }
{ }
(17.20)
[ 0] [ 0] (e) (e) K = [ 0] K g [ 0] [ 0]
[ 0 ] [ 0 ] [ 0 ]
essendo z il numero dei gradi di libert di tutta la struttura discretizzata. Sia {q} il vettore dei gradi di libert nodali di tutta la struttura; supponiamo, per semplicit di trattazione, che esso sia stato organizzato in modo che i gradi di libert nodali dell'elemento e occupino le posizioni corrispondenti agli elementi della matrice K ( e )
g
(e) =
1 (e) q 2
{ }
T g
K (e) q(e) g
{ }
1 (e) q 2
{ }
K (e) q (e) g
{ }
(17.21)
(17.22)
[ K ] = e1 K (e) g =
(17.23)
11
La stessa procedura vale anche per la matrice delle masse. Per quel che riguarda il vettore dei carichi nodali equivalenti, va ricordato che in questa operazione, le forze interne si annullano in quanto a due a due uguali e contrarie e, quindi, nel vettore dei carichi nodali {F}compaiono solo i carichi esterni applicati. Da un punto di vista meccanico, l'assemblaggio equivale ad imporre le condizioni di congruenza e di equilibrio ai nodi: 1. la congruenza degli spostamenti nodali; cio gli spostamenti generalizzati di un nodo debbono avere lo stesso valore per tutti gli elementi di cui il nodo fa parte; 2. l'equilibrio nel nodo delle forze esterne; cio le forze esterne applicate in un nodo devono essere equilibrate dalle forze interne trasmesse dagli elementi che concorrono in quel nodo. Concludendo, per l'intera struttura possiamo scrivere
[ M ]{q} + [ K ]{q} = {F }
dove [K] [M] {F} matrice di rigidezza ( NxN ) dellintera struttura; matrice dell masse ( NxN ) dellintera struttura;
(17.24)
essendo N il numero totale dei gradi di libert dell'intera struttura. Per ricavare l'equazione di equilibrio della molla nel sistema di riferimento struttura, possiamo partire dall'espressione dell'energia di deformazione elastica che, essendo uno scalare, un invariante rispetto al sistema di riferimento
(e) =
1 (e) u 2
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
K (e) u (e)
{ }
essendo K (e) = (e) K (e) (e) la matrice di rigidezza ( 4x4 ) della molla nel sistema di riferimento struttura. Applicando il teorema di Castigliano, otteniamo l'equazione di equilibrio per la generica molla
(e F1( e ) K11 ) (e) (e) F2 K 21 (e) = (e) F3 K 31 (e F4( e ) K 41) (e K12 ) (e K 22) (e K 32 ) (e K 42) (e K13 ) (e K 23) (e K 33 ) (e K 43) (e K14 ) u1( e ) (e ( K 24) u2e ) ( (e K 34 ) u3e ) (e ( K 44) u4e )
12
e, in forma compatta,
{F } = k {u }
(e) (e) (e)
Consideriamo l'equilibrio del nodo 4 (vedi Figura 17.5 ). Per l'equilibrio nelle direzioni x ed y, deve essere
da cui, tenendo presente l'equazione di equilibrio per la generica molla ricavata in precedenza, otteniamo
(1) (1) (1) (1) (1) (1) (1) F7 = K13 u1(1) + K 23 u2 + K 33 u3 + K 34 u4 + (2) (2) (2) (2) (2) (2) (2) + K13 u1(2) + K 23 u2 + K 33 u3 + K 34 u4 + (5) (5) (5) (5) (5) (5) (5) + K11 u1(5) + K12 u2 + K13 u3 + K14 u4
13
Si ottiene cos
(1) (1) (2) (2) F7 = K13 u1 + K 23 u2 + K13 u3 + K 24 u4 +
(1) (2) (5) (1) (2) (5) + K 33 + K 33 + K11 u7 + K 34 + K 34 + K12 u8 (5) (5) + K13 u11 + K14 u12
Quindi
(1) (1) (2) ( 2) K17 = K13 ; K 27 = K 23 ; K 37 = K13 ; K 47 = K 23 ; (1) (2) (5) K 57 = K 67 = 0; K 77 = K 33 + K 33 + K11 ; (1) (2) (5) K 78 = K 34 + K 34 + K12 ; K 79 = K 710 = 0; (5) K 7,11 = K13
K 7,12 = K14
e, quindi,
14
K 7,12 = K14
In modo analogo si ottengono gli altri contributi della matrice [K]. L'equazione di equilibrio dell'intero sistema di molle
F1 K11 F K 2 21 F3 K 31 F4 K 41 F5 K 51 F6 K 61 = F7 K 71 F8 K81 F9 K 91 F K 10 101 F11 K111 F K 12 121 K112 u1 K 212 u2 K 312 u3 K 412 u4 K 512 u5 K 612 u6 K 712 u7 K812 u8 K 912 u9 K1012 u10 K1112 u11 K1212 u12
K110 K 210 K 310 K 410 K 510 K 610 K 710 K810 K 910 K1010 K1110 K1210
K111 K 211 K 311 K 411 K 511 K 611 K 711 K811 K 911 K1011 K1111 K1211
[ K ]{q} = {F }
(17.25)
la quale rappresenta un sistema completo di equazioni algebriche lineari a coefficienti costanti. ben noto che la (17.25) ammette una soluzione unica se, e solo se, la matrice dei coefficienti [K] non singolare, cio, se il suo determinante diverso da zero. Da un punto di vista meccanico ci equivale ad eliminare i moti di corpo rigido della struttura. Cos, prima di procedere oltre, sar necessario imporre le condizioni al contorno della struttura, cio, identificare i suoi gradi di libert vincolati. Per chiarire la procedura, sia Nc < N il numero dei gradi di libert vincolati. Per semplicit, supponiamo che essi siano nulli; allora, il vettore {q} dei gradi di libert pu essere riorganizzato come segue
15 (17.26)
dove {q}f, dimensione ( N - Nc )x1, il vettore dei gradi di libert liberi. In corrispondenza, il vettore {F} dei carichi nodali equivalenti assumer la forma
{ F } {F } = a {R}
(17.27)
dove {F}a, dimensione ( N Nc )x1, il vettore {F} dei carichi esterni nodali che fanno lavoro sui gradi di libert liberi, e {R}, dimensione Nc, il vettore delle reazioni nodali equivalenti corrispondenti ai gradi di libert vincolati. Da ci segue la seguente forma partizionata per la (17.25)
[ K11 ] T [ K 21 ] [ K12 ] {q} f {F }a = [ K 22 ] {0} {R}
(17.28)
{q} f = [u7
T T
u8 u2
u9 u3
u10 u4 P 10 P4
u11 u12 ] u5 u6 ] = [ 0 0 0 0 0 0 ] P 11 P5 P ] 12 P6 ]
P8 U P P2 P3
16
K 710 K810 K 910 K1010 K1110 K1210 K110 K 210 K 310 K 410 K 510 K 610
K 711 K811 K 911 K1011 K1111 K1211 K111 K 211 K 311 K 411 K 511 K 611
K 712 K812 K 912 K1012 K1112 K1212 K112 K 212 K 312 K 412 K 512 K 612
(17.29)
da cui, sviluppando
e risolvendo
{q} f = [ K11 ] {F }a
1
(17.30)
Caso dinamico
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti Assumendo per {q}f una soluzione del tipo2
17
{q} f
si ha
= { Aq } e jt
2 [ M 11 ] + [ K11 ] { Aq } = { A f }
(17.31)
(17.32)
il grado del polinomio, il quale influisce sulla bont del modello di spostamento migliorandola all'aumentare del numero dei termini presi in considerazione. Va tuttavia osservato a questo proposito che spingersi troppo oltre in questa direzione pu essere deleterio in quanto ne derivano complicazioni di calcolo analitico e numerico. la scelta dei parametri nodali, che saranno poi le incognite del sistema da risolvere, la quale dipende dal problema trattato e dalle quantit che si vogliono ottenere come risultato finale; essi sono in genere spostamenti e rotazioni. il modello di spostamento deve soddisfare certi requisiti che garantiscono la convergenza della soluzione numerica a quella analitica man mano si infittisce la discretizzazione.
Si hanno elementi compatibili o conformi quando viene assicurata la continuit delle funzioni di forma e delle loro derivate fino all'ordine r - 1 (se r l'ordine max di derivata che compare nell'energia di deformazione elastica); si hanno elementi completi quando le
18
(17.33)
dove NE sta per il numero di nodi dell'elemento, x1(j) e x2(j) sono le coordinate del nodo j, Nj( 1, 2 ) sono funzioni scelte opportunamente (la loro forma esplicita dipende dalla forma in pianta dell'elemento nel piano fisico e dalla posizione di questo nel piano trasformato; esse godono della propriet di valere 1 nel nodo j e 0 negli altri nodi).
N1 = 1 ; N 2 = 2 ; N 3 = 1 1 2
(17.34)
In tal modo gli integrali delle funzioni di x1 e x2 estesi alla regione ricoperta dall'elemento possono essere trasformati in integrali di funzioni in 1 e 2 estesi all'area triangolare definita da: 0 1 1 e 0 2 1 1 identica per ciascun elemento.
19
Si noti che la scelta del riferimento naturale operata in modo tale che le due coordinate coincidano numericamente con due delle tre coordinate d'area del triangolo (vedi paragr {ref}{sec:Area}). Ne deriva che le coordinate del piano naturale sono pensabili anche come coordinate d'area per cui l'integrazione potr essere effettuata senza problemi, come si vedr nel paragr. {ref}{sec:Area}.
(17.35)
Si ha
N1 = L1 (1 ) L1 ( 2 ) = (1 1 )(1 2 ) ; N 2 = L2 (1 ) L1 ( 2 ) = 1 (1 2 ) ; N 3 = L2 (1 ) L2 ( 2 ) = 1 2 ; N 4 = L1 (1 ) L2 ( 2 ) = (1 1 ) 2
(17.36)
dove 1(j) e 2(j) sono le coordinate del nodo j nel piano naturale.
20
Se invece della trasformazione rappresentata in Figura 17.7, si vuole ottenere la trasformazione rappresentata in Figura 17.8, allora si ha
L1 (1 ) = 1 1 ; L2 (1 ) = 1 ; L1 ( 2 ) =
1 1 2 ; L1 ( 2 ) = + 2 2 2
(17.37)
si ha
21
(17.39)
ed, in corrispondenza,
N1 = L1 (1 ) L1 ( 2 ) =
)(1
( j) 2 2
22
f ( p )dp
H
i =1
f ( pi )
ove Hi il valore che il polinomio assume per p = pi, ed solitamente chiamato peso di integrazione. Questo metodo, noto come metodo di integrazione di Newton-Cotes, garantisce un errore di ordine N se l'intervallo tra le ascisse dei punti per i quali imposto il passaggio della funzione, ed N } il numero di tali punti.
23
Si pu ottenere una migliore approssimazione nella valutazione dell'integrale se si scelgono i punti di campionamento in modo da minimizzare l'errore, invece di sceglierli a priori. In tal modo sono poste 2N condizioni: N sui valori assunti dalla funzione nei punti, come gi per Newton-Cotes, ed N sulle ascisse dei punti stessi. Si pu quindi determinare un polinomio di grado 2N - 1 ( 2N costanti da determinare con 2N condizioni) e pertanto l'errore sar di ordine 2N, pi piccolo di quello di Newton-Cotes a parit di punti di campionamento. Ci significa anche che il metodo di Gauss permette di integrare esattamente un polinomio di grado 2N - 1. Per risolvere il sistema delle 2N equazioni sono richieste particolari manipolazioni matematiche, con le quali si arriva alla soluzione esplicita in termini di polinomi di Legendre. In tabella 3.1 sono riportati i valori dei pesi e dei punti di campionamento per N = 3 ed N = 5 N 3 pi -0.77460 0.00000 0.77460 -0.90618 -0.53847 0.00000 0.53847 0.90618
Tabella 17.1 Punti e pesi per integrazione gaussiana
Qualora la funzione integranda dipenda da due variabili, il modo pi ovvio di ottenere l'integrale con il metodo di Gauss quello di integrare prima rispetto ad una variabile: I= e quindi rispetto all'altra:
I
1 1
1 1
f ( p, q )dpdq
1 j =1
f ( p j , q)dq
H H
i =1 j =1 i
f ( p j , qi )
dove si supposto di scegliere lo stesso numero di punti di campionamento in ciascuna direzione, il che non ovviamente necessario. Scegliendo, ad esempio, N = 5 si integra esattamente una funzione che sia prodotto di due polinomi di nono grado in ciascuna delle due variabili. Naturalmente si potrebbe anche affrontare il problema di integrare direttamente tale funzione con un'unica integrazione, scrivendo quindi: I=
1 1
1 1
f ( p, q)dpdq
W f ( p , q )
i =1 i j i
Si pu dimostrare che in questo caso sono sufficienti 7 punti di campionamento per ottenere la stessa accuratezza.
24
Una formula di questo tipo viene utilizzata quando il dominio di integrazione triangolare. La formula si pu porre nella forma
fdA
A Wi f (i ,i , i )
i =1
In cui f la funzione da integrare numericamente; Wi sono i pesi di integrazione; A l'area del dominio triangolare; i, i, i, sono le coordinate d'area dell'i-esimo punto di integrazione. I valori dei pesi e delle coordinate per M = 7 (grado di precisione 5) ed M = 13 (grado di precisione 7) sono riportati nella tabella3.2 tratta dal lavoro di G.R. Cowper. Ricordiamo che con grado di precisione si indica il massimo ordine del polinomio in due variabili che la formula integra esattamente. wi 0.2250000000 0.1259391805 0.1323941528 -0.1495700445 0.1756152574 0.0533472356 0.0771137609 i 0.3333333333 0.7974269854 0.4701420641 0.3333333333 0.4793080678 0.8697397942 0.6384441886 i M=7 0.3333333333 0.1012865073 0.4701420641 M = 13 0.3333333333 0.2603459661 0.0651301029 0.3128654960 i 0.3333333333 0.1012865073 0.0597158718 0.3333333333 0.2603459661 0.0651301029 0.0486903154 molteplicit 1 3 3 1 3 3 6
Oltre al metodo di Gauss, che quello generalmete adottato nei codici di calcolo agli elementi finiti, esistono altri metodi di integrazione numerica, che qui di seguito richiamiamo brevemente.
( fi + fi +1 )
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti Calcolando l'integrale come somma delle aree dei singoli trapezi, si ottiene
25
I = f ( p)dp
a
H i f ( pi ) = Ai+1
i =0 i =0
N 1
N 1
da cui
H0 =
; H1 = H 2 = ....... = H N 1 ; H N =
(17.41)
f (0) = c f (1) = a 2 + b + c f (2) = 4a 2 + 2b + c il quale rappresenta un sistema di 3 equazioni nelle tra incognite a, b e c. A conti fatti, risulta
a= f (0) + f (2) 2 f (1) 4 f (1) f (0) f (12) ; b= ; c = f (0) 2 2 2 2
(17.42)
Integrando ora nell'intervallo [0;2] la parabola con i coefficienti dati dalla Tabella 17.2, si ottiene
2
f ( p )dp
f ( p)dp
26
H0 =
; H1 =
4 2 4 2 ; H 2 = ; H 3 = ; H N 1 = ; H N = 3 3 3 3 3
(17.43)
Si pu notare che, esclusi gli estremi, i pesi con indice pari valgono
2 e quelli 3
4 dispari . Si noti ancora che per poter applicare il metodo necessario che il numero di 3 intervallini sia pari.
I = f ( p)dp
a
L ( p) f dp = ( L ( p)dp ) f
a i =0 i i i =0 a i
b N
N b
H i = ( Li ( p )dp )
a
(17.44)
17.8.1 Matrice [ j ]
Nel caso si debbano valutare le derivate prime in x1 e x2 di funzioni delle coordinate 1e 2, va tenuto presente che
27
= J
con
J =
e , = 1, 2
(17.45)
(17.46)
[J] = (J) la matrice jacobiana della trasformazione x1 = x1 (1 , 2 ); x2 = x2 (1 , 2 ) Invertendo la relazione, si ha x 1 1 1 = [J ] x2 2 con x2 1 1 [J ] = 2 J x1 2 dove |J| il determinante della matrice [J], x1 x2 x2 x2 = J11 J 22 J12 J 21 1 2 1 1 In forma indiciale la (17.48) diventa J =
1 = J x
(17.47)
(17.48)
x2 1 1 J 22 = x1 J J 21 1
J12 J11
(17.49)
(17.50)
(17.51)
28
A titolo di esempio, proviamo a calcolare gli elementi della matrice [J] per il caso della trasformazione dell'elemento quadrangolare rappresentato in Figura 17.8, nel caso in cui i lati 14 e 23 siano paralleli all'asse x2, Figura 17.10, si ha x
4
J =
( = x j ) j =1
N j
(17.52)
Ma N J 1 = ( 21( j ) 1) + 2 2( j ) 2 1 2 N J = 2 1 1( j ) + ( 21( j ) 1) 1 2( j ) 2
(17.53)
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti x1 x2 = = x1(1) + l11 ; (1) t r x2 + l1 tan 0 ( N 2 + N3 ) + l2 N3 + l2 N 4
29
1 1 (1) t = x2 + l1 tan 01 + l21 + 2 + l2r (1 1 ) + 2 2 2 1 (1) t = x2 + l1 tan 01 + l21 + l2r (1 1 ) + 2 2 la quale, volendo, pu modificarsi se si tiene conto del fatto che
r t l2 + l1 tan 1 = l2 + l1 tan 0
(17.54)
(17.55)
(17.56)
In corrispondenza, si ha
[J ]
(17.57)
Come si vede, gli elementi di [J] e [J]-1 dipendono da 1 e 2 in modo nonlineare. Si noti che per l2t = l2r (elemento parallelogrammico) risulta k2(3) = 0 e gli elementi delle matrici jacobiane risultano indipendenti da 1 e 2. L'importanza di ci sta nel fatto che per il calcolo degli integrali serve l'espressione dell'elemento di area (se trattasi di integrali di superficie)
dx1dx2 = J d 1d 2
30
2 2 x1 H 11 2 = H 21 2 x2 H 2 31 x1 x2
H12 H 22 H 32
H13 H 23 H 33
H14 H 24 H 34
31
1 x2 x2 2 J 1 1 x 2 x2 1 x2 x2 J x2 x2 J 1 x2 2 x2 + 2 2 2 J 1 2 1 1 1 2 J 1 1 2 2 2 x 2 x1 1 x1 x1 J x1 x1 J 1 x1 2 x1 1 + 2 2 J 1 2 2 2 2 1 J 2 1 2 1 2 1 x1 x1 2 J 2 2 1 x1 x1 2 J 1 2
H 23 = 2 H 24 = H 25 = H 31 =
1 x1 x1 2 J 1 1 x 2 x1 1 x1 x1 J x1 x1 J 1 x1 2 x1 1 + 2 2 J 1 2 1 1 1 2 J 1 1 2 2 2 1 x2 2 x1 x2 2 x1 1 x x J x2 x1 J + 2 1 2 2 J 1 2 2 1 2 J 2 2 1 1 2 2 1 x2 x1 2 J 2 2
H 32 = H 33 =
1 x2 x1 x2 x1 + 2 J 2 1 1 2 1 x2 x1 2 J 1 1
H 34 = H 35 =
1 x2 2 x1 x2 2 x1 1 x x J x2 x1 J + 2 1 2 2 J 2 1 1 1 2 J 1 1 2 2 1 1
1 y x J y x J 1 y 2 x y 2 x + H 35 = 2 2 J q p p pq J p p q q p p
32
2 2 1 2 1 2 2 2 2
JJ 11 = JJ 21 JJ 31
JJ12 JJ 22 JJ 32
JJ13 JJ 23 JJ 33
JJ14 JJ 24 JJ 34
x x JJ 34 = 2 1 2 ; 2 2
x JJ 35 = 2 2
33
Per la formulazione di tutti e tre gli elementi finiti bidimensionali si far uso della teoria delle piastre di Kirchhoff applicata alle piastre composite multistrato.
Figura 17.11 Elemento asta sollecitato da un sistema di carichi concentrati nei nodi e distribuito lungo lasse
Dalle ipotesi comportamentali del modello asta, segue3 campo di spostamenti: u1 ( x1 , x2 , x3 ) = u1 ( x1 ); u2 = 0; u3 = 0 campo di deformazioni
11 = u1,1; 22 = 33 = 12 = 13 = 23 = 0
campo di tensioni (materiale isotropo, legge di Hooke)
11 = E11 = Eu1,1
(17.58)
Si noti che tutte le quantit (caratteristiche del materiale, geometria, spostamenti, deformazioni, ecc.) si riferiscono al generico elemento e; quindi, esse andrebbero contrassegnate con l'apice (e). Per non rendere troppo pesante la scrittura delle relazioni, ove non necessario tale apice verr omesso. Ci vale anche per gli altri elementi finiti.
34 In corrispondenza,
(17.59)
essendo L la lunghezza, A l'area della sezione trasversale, E il modulo di elasticit longitudinale o di Young, la densit del materiale dell'elemento considerato. Poich nell'espressione dell'energia di deformazione elastica compare solo la derivata prima, sufficiente assicurare la continuit della funzione; quindi, come funzioni di forma posso scegliere i polinomi di primo grado di Lagrange o di Hermite. Posto4 =x1/L, si ha
( u1( e ) ( ) = U1( e ) (1 ) + U 2e )
e, in forma matriciale,
u1( e ) ( ) = [1
U1( e ) = N ( e ) {q ( e ) } (e) U 2
(17.60)
df 1 df = , si ottiene dx1 L d
( 11e ) =
U1 + U 2 L
e, in forma matriciale,
( 11e ) = L
1 U1 (e) (e) U = B {q } L 2
(17.61)
Si ottiene cos
Trattasi di una trasformazione di coordinate che rende unitaria la lunghezza del generico elemento.
35
{F } = F + p N
1
F 1 1 dx1 = 1 + p1 L se 1 2 0 F2 2 T AL 2 1 M ( e ) = N ( e ) N ( e ) dV = 6 1 2 V (e)
L (e) T
F1
p1 = cos t
(17.62)
Si noti che il campo di deformazioni assunto (17.61) costante lungo l'asse dell'asta (constant strain field ); ci quanto previsto dalla soluzione esatta per l'asta caricata solo nei nodi, ma non lungo l'asse della stessa. Quindi, per l'asta caricata solo ai nodi la presente trattazione rientra nella formulazione matriciale dei problemi strutturali, cio, non si tratta di elementi finiti. In effetti, come si pu facilmente concludere dalla trattazione fatta, la matrice di rigidezza indipendente dal sistema di carichi e coincide con quella esatta nel caso dell'asta caricata solo ai nodi. Infatti, per l'asta caricata solo nei nodi F1 = F2 = F ,
Affinch sia u1,1 = cos t , deve essere u1 ( x1 ) lineare; posto u1 ( x1 ) = K 0 + K1 x1 ed imponendo che per x1 = 0 sia u1 = U1 e che per x1 = L(e) sia u1 = U 2 , si ricava
K 0 = U1 ; K1 =
e, quindi, x x ( u1 ( x1 ) = U1 1 1 + U 2e ) 1 L L
U 2 U1 L
Quindi assumo come soluzione approssimata per l'asta caricata anche lungo l'asse la soluzione esatta per l'asta caricata solo nei nodi. Per quel che riguarda il vettore dei carichi esterni, evidentemente esso varia al variare del sistema di carichi applicati all'asta ed affetto da errore in quanto nella riduzione di p1 ai nodi faccio uso di un campo di spostamento che non quello effettivo. Analogo discorso vale anche per la matrice delle masse. Giova osservare che nella derivazione delle caratteristiche dell'elemento asta si fatto uso delle espressioni di e Lin scritte sfruttando il modello unidimensionale dell'asta,
36
il quale di per s gi un'approssimazione. Ecco allora che se anche discretizzassi il sistema con un numero molto elevato di elementi, quest'approssimazione me la porto sempre dietro. Naturalmente, se volessi una soluzione molto pi accurata e svincolata dalle ipotesi tipiche del modello unidimensionale dell'asta, dovrei utilizzare elementi finiti tridimensionali, con ci rendendo il calcolo molto pi laborioso e costoso. Se utilizzo questo modello per studiare un corpo che non si comporta come un'asta ottengo evidentemente dei risultati non attendibili. Posso indagarne il comportamento col modello trave, prima di ricorrere agli elementi tridimensionali. Per quel che riguarda la matrice di rotazione, essa coincide con quella vista per le molle.
1,M1
2,M2 x1= L
u1 ( x1 , x2 , x3 ) = x3u3,1 ; u2 ( x1 , x2 , x3 ) = 0; u3 ( x1 , x2 , x3 ) = u3
campo di deformazioni:
37
11 = x3u3,11; 22 = 33 = 12 = 13 = 23 = 0
campo di tensioni (materiale isotropo; validit della legge di Hooke)
11 = E11 = x3 Eu3,11
In corrispondenza
=
1 1 1 T T 2 { } { } dV = 2 EJ { } { } dx1 = 2 EJu1,1dx1 2V 0 0
L L L
(17.63)
(17.64)
In aggiunta alle grandezze gi introdotte per l'elemento asta, si qui introdotto J, il momento d'inerzia della sezione trasversale della trave rispetto all'asse neutro x2. Poich nell'espressione dell'energia di deformazione elastica compare la derivata seconda dello spostamento trasversale u3, per l'esistenza degli integrali che compaiono nell'energia di deformazione elastica, la funzione u3(x1) deve avere almeno la derivata prima continua nei nodi. Perch ci avvenga necessario che tra i gradi di libert nodali figuri anche la derivata prima di u3. Utilizzando un'espressione in funzione dei parametri nodali, posto u3,1 ( x1 ) = ( x1 ) , sul piano trasformato = x1/L possiamo scrivere
u3 ( ) = N1W1 + N 2 1 + N3W2 + N 4 2
e, in forma matriciale,
u3 ( ) = N ( e ) {q ( e ) }
(17.65)
dove si posto
(e) N = [ N1 N2 N3 N4 ];
{q }
(e) T
= W1 1 W2 2
per le funzioni di forma utilizziamo i polinomi di Hermite cubici, 2m = 4 (per includere le sole derivate prime)5; si ottiene
Si noti che la nostra variabile nodale =u3,1, mentre nello sviluppo di u3( ) in termini di polinomi di Hermite compare u3, = L u3,1. Ne consegue che le funzioni di forma relative alle derivate prime si ottengono dai corrispondenti polinomi di Hermite moltiplicando questi ultimi per L.
38
2 1 L 2 L L 2 2 0 3 0 L L 3 0
In corrispondenza
11 =
= =
x3u3,11 =
1 x3u3, L2 (17.66)
x3 [ 6 + 12 L(4 + 6 ) 6 12 L( + 6 )]{q ( e) } L2 x 3 N ( e ) {q ( e ) } = B ( e ) {q ( e ) } , L2
K (e) =
V
6 3 L 6 3L 3L 2 L2 3L L2 1 T 2 EJ EJ N (e) N (e ) d = 3 = 3 , , 3 L 6 L 0 L 6 3L 2 3L 2 L2 3L L 54 13L 156 22 L 22 L 4 L2 13L 3L2 T AL M ( e ) = N ( e ) N ( e ) dV = (e) 13L 156 22 L 420 54 V 2 2 13L 3L 22 L 4 L F1 L T M1 (e) (e) T {F } = F + N = 2 F + L p3 N (e) d 3 0 2 M 2 F1 7 6 2L M1 F p3 L L = + + F2 27 20 12 6 M 2 4 L L nel caso di p3 = cost.
(17.67)
(17.68)
(17.69)
39
Giova osservare che poich il metodo degli elementi finiti trasferisce i carichi applicati ai nodi, lo sviluppo di un elemento finito con un carico concentrato lungo la linea d'asse ha solo interesse da un punto di vista didattico. Si vede infatti che il carico concentrato viene trasformato in un sistema di carichi equivalenti ai nodi (forze e momenti). Ancora, la trattazione con i polinomi di Hermite cubici coincide con la soluzione esatta della flessione di una trave caricata solo da carichi concentrati, come si vedr in una esercitazione. Un'altra osservazione riguarda la possibilit di aumentare il grado dei polinomi costituenti le funzioni di forma. E evidente che tale risultato pu essere ottenuto in modo diverso a seconda che si faccia uso di elementi langrangiani o hermitiani. Nell'ambito degli elementi lagrangiani per aumentare il grado del polinomio necessario introdurre dei nodi intermedi. Per esempio, per avere un'interpolazione quadratica \ necessario far uso dell'elemento a tre nodi di Figura 17.13; infatti, per esso abbiamo
da cui si evince che il valore della derivata prima in un nodo non dipende solo dal valore della funzione in quel nodo, ma anche dal valore della funzione negli altri due nodi. Per esempio, per il nodo 1 abbiamo
(1) 1 = u3,1 = u3,1 ( x1 = 0 ) = 2W1 + 4W2 W3
Quindi, l'assemblaggio non assicura in questo caso la continuit della derivata prima nel passaggio da un elemento a quello contiguo. Secondo quanto detto in precedenza, l'elemento hermitiano cubico un elemento conforme o compatibile; l'elemento lagrangiano quadratico non lo . Da quanto precede, evidente che non sempre facile formulare elementi conformi per cui spesso si preferiscono formulazioni non conformi che a volta da un punto di vista numerico presentano un comportamento migliore di quelli
40
conformi; infatti, il requisito di conformit una condizione sufficiente, ma non necessaria per la convergenza della soluzione approssimata a quella esatta.
Figura 17.13 (a) Elemento trave lagrangiano a tre nodi. (b) Trave a sbalzo suddivisa in tre elementi a tre nodi.
Per quel che riguarda la matrice di rotazione, essa si ottiene direttamente da quella ricavata nel paragr. 3.2.4 ricordando che nella trasformazione per rotazione gli angoli, e quindi , non cambiano. Con riferimento alla Figura 17.14, si ha
U1 0 0 0 U 2 0 0 0 1 m l 0 U 3 0 0 1 U 4 2
W1 m l 0 0 0 1 1 = W2 0 0 0 2 0 0 0
da cui segue l'espressione per la matrice di rotazione [(e)] m l 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 (e) = 0 0 0 m l 0 0 0 0 0 0 1 Prima di chiudere con l'elemento Beam, ricordiamo che per l'elemento trave sollecitato a torsione pura6 , si pu facilmente verificare (operando come fatto per l'elemento Rod e sostituendo al posto della rigidezza assiale EA la rigidezza torsionale GJt) che vale la seguente equazione di equilibrio torsionale
Nella letteratura, un elemento in grado di sopportare carichi assiali e momenti torcenti prende il nome di elemento BAR.
6
41
{ F } = K {q }
(e) (e) (e)
ove
GJ 1 1 K (e) = t ; L 1 1
{F } = M
(e)
M t1 ; t2
{q } =
(e)
1 2
(17.70)
U x x U x U
x U
Figura 17.14 Elemento trave ruotato
essendo G il modulo di elasticit tangenziale, Jt il modulo di rigidezza torsionale della sezione trasversale, 1 e 2 le rotazioni delle sezioni terminali, Mt1 ed Mt2 i momenti torcenti applicati alle sezioni teminali, come indicato in Figura 17.15.
42
Esso pu essere impiegato per simulare il comportamento membranale di piastre composite simmetricamente laminate [B]=[0].
43
Coordinate di area
Come ben noto, un sistema di coordinate nel piano un sistema di due parametri indipendenti atti ad individuare univocamente la posizione dei punti nel piano. Le coordinate di area rappresentano un particolare sistema di coordinate che si presta molto bene alla formulazione degli elementi finiti triangolari. Si consideri il triangolo rappresentato in figura 4.7
H x
x H
Sia P( x1, x2 ) un generico punto appartenente a tale triangolo. E evidente che la posizione di tale punto pu essere individuata dando le coordinate ( x1, x2 ) rispetto all'origine O, oppure dando le coordinate dei vertici 1, 2 e 3 rispetto all'origine O e la posizione di P rispetto ai vertici del triangolo stesso. Per individuare la posizione di P rispetto ai vertici posso pensare di dare le distanze h1 ed h2 delle due rette passanti per P e parallele ai lati 23
44
e 13 del triangolo8. Evidentemente, essendo tre i lati del triangolo, tre sono anche le rette che posso tracciare per P: segue che le tre quantit h1, h2 e h3 non sono indipendenti fra di loro, come si vedr tra breve. Possiamo ora anche pensare di adimensionalizzare queste quantit in modo che esse varino tra 0 e 1. Per fare ci, basta dividere hi per Hi. Poniamo allora hi ; 0 i 1; i = 1, 2,3 Hi Notiamo ora che, detta Ai( i=1,2,3 ) l'area del triangolino che ha come base il lato del triangolo opposto al vertice i e come vertice il punto P (Figura 17.18 a), si ha
i =
h1 =
2A 2 A1 2A ; h2 = 2 ; h3 = 3 23 13 12
Ora anche
H1 = 2A 2A 2A ; H2 = ; H3 = 23 13 12
i =
Ai ; 0 i 1; i = 1, 2,3 A
Queste coordinate prendono il nome di coordinate di area. E ora anche evidente che i tre parametri non sono indipendenti sussistendo la relazione
1 + 2 + 3 = 1
(17.71)
In Figura 17.18 b rappresentato l'andamento di una delle tre coordinate di area. Si noti che esse valgono 1 nel nodo cui si riferiscono e 0 negli altri due. Quindi possono essere utilizzate come funzioni di forma, come si far tra breve.
Dare, per esempio, solo h1 significa evidentemente non distinguere pi il punto P da tutti gli altri punti che giacciono sulla stessa retta ed appartengono al triangolo; come se io sostituissi al triangolo un segmento di lunghezza pari all'altezza H1 del triangolo rispetto alla base 23. Lo stesso dicasi per le altre due direzioni perpendicolari ai lati 12 e 13.
45
Figura 17.18 (a) Definizione delle aree Ai. (b) Diagramma delle coordinate di area.
Le coordinate di area godono della importante propriet di trasformare un qualsiasi triangolo del piano (x1, x2) in un triangolo rettangolo nel piano naturale (1 , 2), v. figura 4.9.
La corrispondenza biunivoca tra i due sistemi di coordinate (legge di trasformazione) data dalle relazioni:
46
(17.72)
dove x1(i )
( e x2i ) sono le coordinate dei vertici del triangolo considerato nel piano fisico,
Figura 17.19. In tal modo gli integrali delle funzioni di x1 e x2 estesi alla regione ricoperta dall'elemento possono essere trasformati in integrali di funzioni in 1 e 2 estesi all'area triangolare definita da 0 1 1 e 0 2 1 1 identica per ciascun elemento. La legge di trasformazione (17.72) insieme con la condizione (17.71) pu essere posta nella seguente forma matriciale
1 1 (1) x1 = x1 x x (1) 2 2 1 x x
(2) 1 (2) 2
1 1 x1(3) 2 (3) x2 3
Per la legge di trasformazione inversa (che quella di nostro interesse), detta Aij l'area spazzata dal raggio vettore che ha origine in O e la cui estremit descrive il lato individuato dai vertici i e j, si ha
1 2 A23 b1 1 2 = 2 A31 b2 2 A 2 A b 3 12 3 a1 1 a2 x1 a3 x2
dove le quantit ai e bi sono definite in Figura 17.20. Esse, e quindi la matrice di trasformazione, sono note se sono note le coordinate dei vertici del triangolo nel sistema di coordinate (x1, x2).
47
A titolo di esempio, si voglia calcolare Aij. Con riferimento allo schema di Figura 17.21 a, si ha
Aij = AT At1 At 2 Ar
dove
( x1( j ) x2 j ) AT = ; 2 ( x1( j ) x1(i ) )( x2( j ) x2(i ) ) ( x1( i ) x2i ) At1 = ; 2
At 2 =
Sostituendo queste espressioni nella relazione che ci d Aij e svolgendo i calcoli, otteniamo
Aij = 1 (i ) ( j ) ( x1 x2 x1( j ) x2(i ) ) 2
Per il calcolo delle aree Ai possiamo utilizzare la stessa formula generalizzandola al caso in cui il punto O sia un generico punto P di coordinate (x1, x2). Si ha (vedi Figura 17.21 b )
48
Risulta cos, i = 2; j = 3) 2 A1 = = = i = 1; j = 3) 2 A2 = = = i = 1; j = 2) 2 A3 = = = i = 2; j = 3; P = 1) 2A = =
(x (x
x
(2) 1
(2) (3) 1 2
(x (x (x
x
(1) 1
2 A23 + b1 x1 + a1 x2
(1) (3) 1 2
(x
x
(1) 1
2 A13 + b2 x1 + a2 x2
(1) (2) 1 2
(x
(2) 1
Per le derivate prime abbiamo, come si pu facilmente verificare operando sulla (17.37),
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti i bi i a = = i ; x1 2 A x2 2 A Quindi, per una generica funzione f(1 , 2),
3 3 f f 1 f 2 f 3 f i f bi = + + = = x1 1 x1 2 x1 3 x1 i =1 i x1 i =1 i 2 A 3 3 f f 1 f 2 f 3 f i f ai = + + = = x2 1 x2 2 x2 3 x2 i =1 i x2 i =1 i 2 A
49
(17.73)
Il risultato espresso dalla (17.73) di notevole importanza in quanto esso consente di esprimere in modo esplicito le derivate fatte rispetto alle coordinate (x1, x2) in funzione delle derivate fatte rispetto alle coordinate (1 , 2). Ci vuol dire che se noi attribuiamo alle coordinate (x1, x2) il significato di coordinate globali (sistema struttura) ed alle coordinate (1 , 2) quello di coordinate locali (sistema locale), allora le deformazioni possono essere calcolate direttamente nel sistema struttura (pur essendo le funzioni di forma espresse nel sistema locale), evitando cos il calcolo della matrice di rotazione ( e ) , come si vedr tra breve. Prima di chiudere questo paragrafo, ricordiamo che un ulteriore interesse per le coordinate di area sta nel fatto che esse consentono un calcolo immediato degli integrali. Risulta infatti
p q r 1 2 3
dA =
p !q !r ! 2A ( p + q + r + 2) !
(17.74)
50
il vettore delle componenti di deformazione9. Poich nell'integrale dell'energia di deformazione elastica compaiono solo le derivate prime delle componenti di spostamento membranale u1 e u2 ne consegue che per approssimare queste componenti di spostamento sono sufficienti delle funzioni continue. Alla luce di quanto detto in precedenza, sono sufficienti funzioni di interpolazione lineari. Dianzi si fatto vedere come le coordinate di area godano della propriet delle funzioni di forma di valere 1 nel nodo cui si riferiscono e 0 negli altri. Quindi esse possono essere direttamente utilizzate come funzioni di interpolazione lineari. Per il caso trattato possiamo dunque porre10
Ni = i ; i = 1, 3
In corrispondenza, si ha
3
e, in forma matriciale,
u1(1) (2) u1 0 u1(3) (1) 3 u2 (2) u2 (3) u2
u1 1 2 3 0 0 = u2 0 0 0 1 2
{ N ( e ) }T T {0}
{U1} T { N (e) } {U 2 }
{0}
{u } = N {q }
(e) (e) (e)
(17.75)
Per semplicit di scrittura nelle precedenti relazioni, cos come in quelle che seguiranno, si tralasciato l'apice (o) nelle componenti di spostamento e di deformazione. 10 Si noti che la legge di interpolazione per gli spostamenti del generico punto appartenente all'elemento la stessa di quella di interpolazione delle coordinate dello stesso punto; in tal caso si parla di elemento isoparametrico.
51
le funzioni di forma soddisfano al cosiddetto requisito di isotropia, cio, esse garantiscono uno stesso comportamento dell'elemento rispetto ai tre nodi del dominio triangolare o, in altri termini, l'elemento fornisce gli stessi risultati comunque sia orientato all'interno della struttura schematizzata; l'elemento cos formulato in grado di rappresentare uno stato a deformazione costante ed uno spostamento membranale di corpo rigido; gli spostamenti dei punti appartenenti ad un lato del triangolo dipendono solo dagli spostamenti dei nodi appartenenti a quel lato; infatti: o lato 1-2: 3=0. Dalla (17.75) si ricava u1 = u1(1)1 + u1(2) 2 ;
(1) (2) u2 = u2 1 + u2 2
u1 = u1(1) 2 + u1(2)3 ;
(1) (2) u 2 = u2 2 + u 2 3
u1 = u1(1)1 + u1(2)3 ;
(1) (2) u2 = u2 1 + u2 3
Quindi con l'assemblaggio viene assicurata la continuit di u1 e u2 su tutto il dominio di definizione del problema.
si ha
52
{ }
p
B ( e ) {q ( e ) } (17.76)
Quindi,
3 { N ( e ) }T bi i =1 i 2 A( e ) T B(e) = {0} (e) T 3 { N } ai 2 A( e ) i i =1
{0}
i =1 3
{N
(e) T
i {N (e) } i
T
i =1
ai 1 = (e) 2 A 2 A( e ) bi 2 A( e )
(17.77)
essendo
{a}
Si ottiene cos
= [ a1
a2
a3 ] ;
{b}
= [b1 b2
b3 ]
K ( e ) = B ( e ) A( e ) B ( e ) dA = A( e ) B ( e ) A( e ) B ( e )
A
(17.78)
53
essendo la funzione integranda costante rispetto alle variabili di integrazione. Si noti che la matrice di rigidezza ottenuta direttamente nel sistema struttura in quanto le derivate sono calcolate rispetto a x1 e x2. Ancora, il campo di deformazioni risulta costante all'interno del singolo elemento. Di qui il nome di constant strain triangle (CST) dato a questo elemento. Sostituendo la (17.77) nella (17.76), si ottiene 2 A( e )11 = b1u1(1) + b2u1(2) + b3u1(3)
(1) (2) (3) 2 A( e ) 22 = a1u2 + a2u2 + a3u2 (1) (2) (3) 2 A( e )12 = a1u1(1) + a2u1(2) + a3u1(3) + b1u2 + b2u2 + b3u2
le quali mostrano che nel caso pi generale le componenti della deformazione dipendono dagli spostamenti di tutti e tre i nodi dell'elemento. Ci comporta una discontinuit nelle deformazioni all'interfaccia tra i vari elementi.
(17.79)
[ m] =
m 0 0 m
(17.80)
Sostituendo nella (17.79) la (17.75), si ottiene per l'elemento finito Ec = = 1 (e) T (e) (e) e ) {u } m {u } dA 2 A( 1 (e) T {q } M ( e ) { q ( e ) } 2
(17.81)
54
M (e) =
[ 0]
(17.82)
[ M 11 ] = [ M 22 ] = m
(e)
A( e )
(e) T
(e)
2 1 1 m ( e ) A( e ) dA = 1 2 1 12 1 1 2
Nella letteratura, la matrice delle masse data dalla (17.82) nota come consistent mass matrix in quanto essa coerente col campo di spostamento (17.75) assunto all'interno dell'elemento. Molto spesso si fa uso della cosiddetta lumped mass matrix
1 0 0 m ( e ) A( e ) [ M 11 ] = [ M 22 ] = 0 1 0 3 0 0 1
ottenuta semplicemente assegnando a ciascun nodo la massa totale dell'elemento divisa per il numero di nodi dell'elemento, ovvero, assegnando all'elemento posto sulla diagonale principale il valore dato dalla somma di tutti gli elementi appartenenti alla sua stessa riga.
55
{ p}
= [ p1
p 21 ]
(17.83)
h {q }
(e)
(e)
N (e)
{ p } d = {q } { F }
(e) (e) T (e)
(17.84)
ove
{F } = h N
(e) ( e )
(e) T
{ p } d
(e)
Per esplicitare ulteriormente l'espressione di {F(e)} scindiamo l'integrale esteso a (e) nei tre contributi valutati sui tre lati del triangolo di lunghezze C1, C2 e C3, rispettivamente,
{F } = h N
(e) C1
(e) T
{ p } dC + h N
(e) 1 C2
(e) T
{ p } dC + h N
(e) 2 C3
(e) T
{ p } dC
(e) 3
{p }
(e) i
= p1( e )
p2 ( e )
56
Si consideri ora il contributo relativo al lato C1. Ricordando che su questo lato 1 = 0, dalla condizione 1 + 2 + 3 = 1 segue che sul lato C1 3 = 1 2 . Dunque, si ha
0 2 1 2 h N { p } dC = h 0 0 0 C1 C1
(e) T (e) 1
0 0 0 p1(1) (1) dC 0 2 1 2 p2
(17.85)
2 =
h2 H2
d2 =
dh2 H2
H 2 dh2 = C1 dC1
dh2 dC1 = H2 C1
C1d 2 = dC1
(17.86)
Al risultato espresso dalla (17.86) si pu pervenire in modo pi formale e generale come segue. Il generico segmento di lunghezza ds appartenente all'elemento finito vale
ds = (dx1 )2 + (dx2 )2
Ricordando che
(17.87)
57
il generico elemento della matrice jacobiana della trasformazione xi = d xi(j), e tenendo presente la(17.72), si ottiene
J ij = xi = xi( j ) j
essendo J =
e, quindi,
dxi = xi( j ) d j
j =1
(17.88)
Supponiamo ora che il segmento giaccia sul lato 23; in tal caso ds = dC1 ; 1 = 0; dxi3 = d 2 Dalla (17.88) si ricava
dxi = ( xi(2) xi(3) ) d 2
dC1 = d 2
(x
(2) 1
0 0 0 p1(1) (1) d 2 0 2 1 2 p2
T
(17.89)
C2
h N
(e) T
{p
(e)
} dC = hC2 02 0
1
0 1 1 0 0 0 2
0 0 p1(2) (2) d 3 0 1 1 p2
T
58
C3
h N
(e) T
{p
(e)
1 } dC = hC3 0 1 02 0
1
0 1 1 2
0 p1(2) (2) d 2 0 p2
T
(17.91)
(17.92)
la quale ci dice che i carichi distribuiti sui lati del triangolo si traducono in carichi concentrati nei nodi di intensit pari a met della risultante del carico distribuito sui lati che convergono in quel nodo. A titolo di esempio, si supponga di voler calcolare il vettore dei carichi nodali equivalenti al sistema di carichi rappresentato in Figura 17.24. Applicando il risultato espresso dalla (17.92), otteniamo 0 p (1)C 1 1 (1) h p C F (e) } = 1 1 { 2 0 0 0 cio, met del carico complessivo viene applicato ai nodi 2 e 3.
(17.93)
59
u1
Come l'elemento triangolare precedente, esso pu essere impiegato per simulare il comportamento membranale di piastre composite simmetricamente laminate [B]=[0].
11
60
x
Figura 17.25 Elemento finito Q4M. Gradi di libert nodali.
61
la corrispondenza biunivoca tra i due sistemi di coordinate (legge di trasformazione) data dalle relazioni:
( x1 = x1( j ) N j (1 , 2 ); x2 = x2 j ) N j (1 , 2 )
j =1 j =1 NE NE
(17.94)
con
Nj = 1 1 1( j )1 4
)(1
( j) 2 2
(17.95)
( x1(i ) , x2i ) sono le coordinate dei vertici del parallelogramma considerato nel piano fisico e
1(i ) , 2(i ) quelle degli stessi vertici nel piano naturale, Figura 17.26. In tal modo gli integrali
delle funzioni di x1 , x2 estesi alla regione ricoperta dall'elemento vengono trasformati in integrali di funzioni in 1 , 2 estesi all'area del quadrato definita da 1 1 , 2 1 identica per ciascun elemento. Alla (17.94) pu essere data la seguente forma matriciale
(e) T x1 { N } = x2 {0}T dove x { 1} T { N (e) } { x2 }
{0}
(17.96)
{ x1}
= x1(1)
x1(2)
x1(3)
x1(4) e
{ x2 }
(1) = x2
(2) x2
(3) x2
contenenti, rispettivamente, le ascisse e le ordinate dei nodi dell'elemento. Come gi detto, nel caso pi generale non possibile determinare la legge di trasformazione inversa (che
62
quella di nostro interesse), cio, non possibile invertire la (17.96), ovvero esprimere 1 , 2 in funzione di x1 , x2 .
Se invece usciamo dal nodo 1 spostandoci sul lato 14, allora f1 (1 ) resta fissata, mentre g1 ( 2 ) varia linearmente dal valore 1 nel nodo 1 al valore 0 nel nodo 4; essa non altro che il polinomio di Lagrange lineare L1 ( 2 ) riferito al nodo 1, cio,
g1 ( 2 ) = L1 ( 2 ) = 1 (1 2 ) 2
Risulta cos
N1 (1 , 2 ) = L1 (1 ) L1 ( 2 ) = 1 (1 1 )(1 2 ) 4
63
Se mi sposto dal nodo 2 al nodo 1, g 2 ( 2 ) resta fissa, mentre f 2 (1 ) deve variare linearmente dal valore 1 nel nodo 2 e al valore 0 nel nodo 1; essa non altro che il polinomio di Lagrange lineare L2 (1 ) riferito al nodo 2, cio,
f 2 (1 ) = L2 (1 ) = 1 (1 + 1 ) 2
Se invece esco dal nodo 2 spostandomi sul lato 23, allora f 2 (1 ) resta fissata, mentre g 2 ( 2 ) deve variare linearmente dal valore 1 nel nodo 2 al valore 0 nel nodo 3; essa non altro che il polinomio di Lagrange lineare L1 ( 2 ) riferito al nodo 2, cio,
g 2 ( 2 ) = L1 ( 2 ) = 1 (1 2 ) 2
Risulta cos
N 2 (1 , 2 ) = L2 (1 ) L1 ( 2 ) = 1 (1 + 1 )(1 2 ) 4
1 (1 + 1 )(1 + 2 ) 4 1 N 4 (1 , 2 ) = L1 (1 ) L2 ( 2 ) = (1 1 )(1 + 2 ) 4 N3 (1 , 2 ) = L2 (1 ) L2 ( 2 ) =
In forma compatta
Ni = 1 (1 + 1(i )1 )(1 + 2(i )2 ) 4
(17.97)
che coincide esattamente con la (17.95). Quindi anche questo elemento un elemento isoparametrico. In Figura 17.27 rappresentato l'andamento di N1 (1 , 2 ) . Possiamo dunque scrivere la legge di interpolazione delle componenti di spostamento,
64
u1 N1 = u2 0
N2
N3
N4
0
N1
0
N2
0
N3
{ N ( e ) }T = T {0}
U { 1} T { N (e) } {U 2 }
{0}
{u } = N {q }
(e) (e) (e)
(17.98)
65
le funzioni di forma soddisfano al cosiddetto requisito di isotropia, cio, esse garantiscono uno stesso comportamento dell'elemento qualunque sia la sua orientazione all'interno della struttura schematizzata; l'elemento cos formulato in grado di rappresentare uno stato a deformazione costante ed uno spostamento membranale di corpo rigido.
Prima di chiudere il paragrafo osserviamo che le funzioni di forma lagrangiane possono essere ottenute dai corrispondenti polinomi di Lagrange unidimensionali effettuando il prodotto tensore delle funzioni di interpolazione unidimensionali in direzione 1 con le altre in direzione 2. Si ha
1 (1 1 ) 1 N1 N 2 2 1 = (1 + 2 ) (1 2 ) N N 2 4 3 1 (1 + ) 2 1 2 1 1 4 (1 1 )(1 2 ) 4 (1 1 )(1 + 2 ) = 1 (1 + )(1 ) 1 (1 + )(1 + ) 1 2 1 2 4 4
(17.99)
il vettore delle componenti di deformazione. Cominciamo allora col calcolare l'espressione del vettore delle componenti di deformazione {p}. Ricordiamo innanzitutto che (vedi paragr. 17.8 )
66
essendo [J] la matrice jacobiana della trasformazione (17.96) i cui elementi valgono J = Quindi,
{ N ( e ) }T , [ J ] = ( e) T { x1} { N },
= { N (e) }
T
,
{x }
{ x2 }
In corrispondenza abbiamo
(0) (0) J 22 u1,1 J12 u1,2 u1,1 (0) (0) = u2,2 = J 21 u2,1 + J11 u2,2 (0) (0) (0) (0) u1,2 + u2,1 J 22 u2,1 J12 u2,2 J 21 u1,1 + J11 u1,2 u1,1 (0) (0) J 22 J12 0 0 u (0) (0) 2,1 = J 21 J11 0 0 (0) (0) (0) (0) u1, 2 J 21 J12 J 22 J11 u 2,2 u1 (0) (0) J 22 J12 0 0 u 2 ,1 (0) (0) = J 21 J11 0 0 (0) (0) (0) (0) u1 J 21 J12 J 22 J11 u 2 ,2 (0) (0) J 22 J12 0 0 {u ( e ) } ,1 (0) (0) = J 21 J11 0 0 (e) (0) (0) (0) (0) {u } J 21 , 2 J12 J 22 J11
{ }
p
{u }
(e)
= N (e)
{q }
(e)
67
{ }
p
(0) J 22 = 0 (0) J 21
0 J J
(0) 21 (0) 22
(0) J12
0
(0) J11
B ( e ) {q ( e ) }
(17.100)
(0) (0) J 22 0 0 J12 (e) (0) (0) B = 0 (17.101) J 21 0 J11 (0) (0) (0) (0) J 21 J12 J 22 J11 Restano da valutare le derivate rispetto a di { N ( e ) } , le quali entrano anche nelle (0) espressioni di J ; si ha
N j ,1 = N j ,2
1 (1 2( j )2 ) 4 1 = (1 1( j )1 ) 4
Si noti che l'elemento QM4 caratterizzato da un campo di deformazioni (e, di conseguenza, di tensioni) variabili da punto a punto in modo complicato, pur essendo (0) N j , funzioni lineari di ; ci dovuto ai termini J . Sostituendo la (17.100) nell'espressione dell'energia di deformazione elastica, si ha
1 (e) e) q 2 A(
{ }
B ( e ) A( e) B( e ) q ( e ) dA
{ }
{ }
{ } B( )
T e
e A( )
A( e ) B ( e ) dA q ( e) K ( e) q( e)
{ }
1 (e) q 2
{ }
{ }
(e) (e) A B J d 1d 2 (17.102)
1 1
( e) T
68
formalmente identica a quella dellelemento triangolare CST. La differenza notevole che in questo caso le funzioni integrande degli integrali che compaiono nelle espressioni di ( K ije ) sono in generale funzioni complesse delle variabili 1, 2. Per il loro calcolo si pu far ricorso alle formule di integrazione numerica viste in precedenza oppure a programmi di calcolo simbolico, quali Macsyma, Maple V, Matematica Derive ed altri. Si consideri il caso particolare dell'elemento finito rettangolare mostrato in Figura 17.28. Per esso valgono le seguenti relazioni
( x = xO ) +
con a a ; = 1 , 2
avendo indicato con 2a le lunghezze dei lati del rettangolo e con O l'origine del sistema di riferimento locale (parallelo al sistema di riferimento struttura x ) coincidente col baricentro del rettangolo.
Figura 17.28 Elemento finito rettangolare e sua trasformazione nel piano naturale.
1 1
= 1, 2
(17.103)
69
Facciamo innanzitutto vedere che la (17.103) un caso particolare della (17.94). Per fare ci, introduciamo nella (17.103) le coordinate dei nodi. Tenendo presente che x1( O ) =
(2) (1) x1(2) + x1(1) x1(3) + x1(4) x (3) + x2 x (4) + x2 ( = = 2 ; x2O ) = 2 ; 2 2 2 2 (3) (2) (4) (1) x1(2) x1(1) x1(3) x1(4) x2 x2 x2 x2 a1 = = a2 = = ; 2 2 2 2
si ottiene x1(2) + x1(1) x1(2) x1(1) 1 1 1 = (1 1 ) x1(1) + (1 + 1 ) x1(2) + 2 2 2 2 1 1 (1 1 )(1 2 + 1 + 2 ) x1(1) + (1 + 1 )(1 2 + 1 + 2 ) x1(2) 4 4 1 1 1 1 (1 1 )(1 2 ) x1(1) + (1 + 1 )(1 2 ) x1(2) + (1 + 1 )(1 + 2 ) x1(3) + (1 1 )(1 + 2 ) x1( 4) 4 4 4 4
x1
= = = =
x
i =1
(i ) 1
Ni
x2
= = = =
(3) (2) (2) x2 + x2 x (3) x2 1 1 (2) (3) + 2 2 = (1 2 ) x2 + (1 + 2 ) x2 2 2 2 2 1 1 (1 2 )(1 1 + 1 + 1 ) x2(2) + (1 + 2 )(1 1 + 1 + 1 ) x2(3) 4 4 1 1 1 1 (1 1 )(1 2 ) x2(1) + (1 + 1 )(1 2 ) x2(2) + (1 + 1 )(1 + 2 ) x2(3) + (1 1 )(1 + 2 ) x2( 4) 4 4 4 4
x
i =1
(i ) 2
Ni
he coincidono con le (17.94) e (17.95). Quindi, nella trattazione che segue utilizzeremo la trasformazione (17.103). Alla luce di ci, si ha J = a = 0 x per = per
(17.104)
70
(17.105)
cui seguono immediatamente tutte le relazioni ricavate in precedenza come casi particolari delle relazioni generali per un parallelogramma.
Per la simbologia, vedasi il parag 17.12.4. Sostituendo nella (17.106) la (17.98), si ottiene per l'elemento finito in esame Ec = = 1 (e) T (e) (e) e ) {u } m {u } dA 2 A( 1 (e) T {q } M ( e ) { q ( e ) } 2 (17.107)
[ M 22 ]
[ 0]
dove si posto
[ M 11 ] = [ M 22 ] = m { N }{ N }
(e) (e) A( e )
(e) T
dA =m
(e)
1 1
{ N }{ N }
(e)
1 1
(e) T
d 1d 2 (17.109)
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti Per l'elemento rettangolare di Figura 17.28, si ha
71
A( e )
{ N }{ N }
(e)
(e) T
dA =a1a2 { N ( e ) }{ N ( e ) } d1d 2
T 1 1
1 1
e, quindi,
( M ij ) = ( M ij ) = m(e) a1a2
11 22
1 1
1 1
{ N }{ N }
(e)
(e) T
d 1d 2
(i, j = 1, 4)
(1
)d = 2;
(1 + )
d = (1 ) 2 d =
1
8 3
si ottiene
16 12 9 12 M 12 16 12 9 [ M 11 ] = [ M 22 ] = 36 9 12 16 12 12 9 12 16
(e)
72
=1
= -1
= -1
{ p} d
con
{ p}
= [ p1
p2 ]
(17.110)
Sostituendo nella (17.110) la (17.98), per l'elemento finito avente spessore h costante si ottiene
Lex = h
( e )
{q }
(e)
(e) T
N (e)
{ p} d = {q (e) }
{F }
(e)
(17.111)
ove
{F } = h N
( e )
(e) T
{ p} d
(17.112)
Per esplicitare ulteriormente l'espressione di {F(e)} scindiamo l'integrale esteso a (e) nei quattro contributi valutati sui quattro lati del parallelograma di lunghezze C1, C2 , C3 e C4, rispettivamente,
73
(e) T
{F } = h N
(e) C1
(e) T
{ p } dc + h N
(e) 1 C2
(e) T
{ p } dc + h N
(e) 1 C3
(e) T
{ p } dc + h N
(e) 1 C4
{ p } dc
(e) 1
Si consideri ora il contributo relativo al lato C1. Ricordando che su questo lato 1 = -1, si ha
h N (e)
C1 T
{ p } dc =
(e) 1
1 1 2 = 2 0 C1
0 0 1 + 2 0 0 0 0 1 2
0 0 0 p1(1) (1) dc 0 0 1 + 2 p2
(17.114)
Resta da esprimere dC1 in funzione di d 2 . Per fare ci utilizziamo le relazioni di trasformazione (17.94). Come gi visto in precedenza per l'elemento CST, dx = J d Per il caso trattato, si ha J = e, in corrispondenza,
( dx = xi )
con J =
( = xi )
N i
N i N ( N d = xi ) i d1 + i d 2 2 1
essendo, per la (17.94), N i 1 ( i ) N i 1 (i ) = 1 (1 + 2(i ) 2 ); = 2 (1 + 1(i )1 ) 1 4 2 4 Particolarizzando i risultati ai singoli lati, si ha ( vedi Figura 17.29 ) lati C1, C3 : 1 = 1 d1 = 0. Segue
74
N1 1 = 2(i ) (1 1(i ) ) 2 1 =1 4 si ha
1 (i ) (i ) 1 (4) (1) x 2 (1 1(i ) ) = ( x x )d 2 4 2 1 (i ) (i ) 1 (3) (2) dx = x 2 (1 + 1(i ) ) = ( x x )d 2 4 2 dx = Quindi, lato C1 lato C3
1 1 (4) (1) d 2 ( x1(4) x1(1) ) 2 + ( x2 x2 ) 2 = C1d 2 2 2 1 1 (3) (2) dC3 = d1 ( x1(3) x1(2) ) 2 + ( x2 x2 ) 2 = C3 d1 2 2 dC1 = lati C2, C4 : 2 = 1 d 2 = 0. Risulta
( N dx = xi ) 1 d1 2 2 =1
(17.115) (17.116)
Operando come prima, si ottiene 1 1 (2) (1) d1 ( x1(2) x1(1) ) 2 + ( x2 x2 ) 2 = C2 d1 2 2 1 1 (3) (4) dC4 = d1 ( x1(3) x1(4) ) 2 + ( x2 x2 ) 2 = C4 d 1 2 2 dC2 = (17.117) (17.118)
Sostituendo la (17.115) nella (17.114), si ricava per il caso di carichi uniformemente distribuiti
(e) N
T
C1
{ p } dc = 1 N 2
(e) 1
1
+1
(e) T
{ p } C d
(e) 1 1
1 = C1 p1(1) 2
0 0
p1(1)
(1) p2
0 0
(1) p2
Operando in modo analogo sugli altri integrali che compaiono nella (17.113), si ha
75
C2
(e) N
{ p } dc = 1 N 2
(e) 2 1
+1
(e) T
{ p } C d
(e) 2 2
1 = C2 p1(2) 2 1 = C3 0 2
p1(2) p1(3)
0 0 p1(3)
(2) p2
(2) p2 (3) p2
0 0 (3) p2 0
C3
N N
(e) T
{ p } dc = 1 N 2
(e) 3 1
+1
(e) T
{ p } C d
(e) 3 3 (e) 4
0 0 p1(4)
(e) T
C4
{ p } dc = 1 N 2
(e) 4 1
+1
(e) T
{ p } C d
4
1 = C4 0 0 2
p1(4)
0 0
(4) p2
(4) p2
(17.119)
(x1, x3) e (x2, x3), rispettivamente (in altri termini, esse sono le rotazioni della normale alla superficie di riferimento attorno agli assi x2 ed x1, rispettivamente); ( (e) 12e ) = u3,12 , lo svergolamento della superficie di riferimento;
76
(0,1)
(17.120)
si ottiene = ,
( x = xO ) +
= 1, 2
(17.121)
[ J ] = 01
77
([ A]{ } + [ B ]{ }) + { } ([ B ]{ } + [ D]{ }) dA
T p p
(17.122)
essendo [A] la matrice delle rigidezze membranali, [B] la matrice delle rigidezze di accoppiamento e [D] la matrice delle rigidezze flessotorsionali;
{ }
p
{ }
il vettore delle curvature e dello svergolamento della superficie di riferimento della piastra. Poich nell'integrale dell'energia di deformazione elastica compaiono le derivate prime delle componenti di spostamento u1 e u2 e le derivate seconde della componente di spostamento u3 , ne consegue che per approssimare u1 e u2 sono sufficienti delle funzioni continue, mentre per u3 necessario imporre anche la continuit delle sue derivate prime. Alla luce di quanto detto in precedenza, per approssimare le componenti di spostamento membranale u1 e u2 utilizzeremo, per esempio, i polinomi di Lagrange (o di Hermite m=1) lineari; per approssimare la componente di spostamento trasversale u3 utilizzeremo i polinomi di Hermite cubici (m=2) e, di conseguenza, come parametri nodali incogniti ( ( ( ( avremo lo spostamento trasversale u3e ) e le rotazioni della normale 1( e ) = u3e ) e 2e ) = u3e ) . ,1 ,2 Per migliorare le caratteristiche di convergenza, aggiungiamo un altro parametro nodale, lo (e (e) svergolamento della superficie di riferimento 12 ) = u3,12 . Per concludere, in ogni nodo sono assunti come gradi di libert i seguenti u1 ; u2 ; u3 ; 1 ; 2 ; 12 .
78 Quindi,
{u ( ) }
e
[u1
u2
u3 ]
(17.123)
{u ( ) } {q( ) }
e e
[u1
u2
u3 ] u1(3) u1( 4)
( u21) ( u22) ( u23) ( u24) ( u31) ( u32) ( u33) ( u34)
= [u1(1)
u1( 2)
(17.124) Per la costruzione delle funzioni di forma relative alle componenti di spostamento membranale nulla varia rispetto a quanto detto a proposito dell'elemento Q4M. Ripetendo il procedimento ivi illustrato, si ottiene la legge di interpolazione delle componenti di spostamento membranale, u1 ( x1 , x2 ) = u1(1) N1 + u1( 2) N 2 + u1(3) N 3 + u1( 4) N 4 = u1(i ) N i
i =1 4 4
(17.125)
u1 N1 = 0 u2
N2 0
N3 0
N4 0
0 N1
0 N2
0 N3
{ }
{0}
e
{N ( ) }
{U1} {U 2 }
{u ( ) }
e p
= N (pe ) q (pe )
{ }
(17.126)
79
con ovvia definizione delle varie matrici introdotte. L'indice p sta ad indicare che quella quantit relativa alle componenti di spostamento membranale. Inoltre12
N1 (1 , 2 ) = L1 (1 ) L2 ( 2 ) = N 2 (1 , 2 ) = L2 (1 ) L1 ( 2 ) = N 4 (1 , 2 ) = L1 (1 ) L2 ( 2 ) =
(1 1 )(1 2 ) 1 (1 2 ) (1 1 ) 2
N 3 (1 , 2 ) = L2 (1 ) L2 ( 2 ) = 1 2
u3
(e)
( x1 , x2 )
1(1) P + 1( 2 ) P2 + 1( 3) P3 + 1( 4 ) P4 + 1
( ( ( ( 21) R1 + 22 ) R2 + 23) R3 + 24 ) R4 + (1 (2 (3 (4 12) S1 + 12 ) S2 + 12 ) S3 + 12 ) S4
= =
e T
i =1 3
(i ) (i ) (i ) (i ) u3 H i + 1 Pi + 2 Ri + 12 Si
i =1 T i =1 i =1 2 e e T e T 1 12
{H ( ) } {U } + {P( ) } { } + {R( ) } { } + {S ( ) } {
(17.127)
dove si posto
{U 3}
e
{ 2 }
{ 1 }
e
{12 }
{H ( ) } {R( ) }
e
= =
[ H1 [ R1
H2 R2
H3 R3
H 4 ]; R4 ] ;
{P( ) } {S ( ) }
e
[ P1 [ S1
P2 S2
P3 S3
P4 ] ; S4 ] ;
Per le funzioni di forma utilizziamo i polinomi di Hermite cubici, 2m=4. Esse sono date in Tabella 17.3.Alla (17.127) pu essere data la seguente forma matriciale compatta
( u3e )
(17.128)
dove
12
0;1
[ ]
80
{q( ) } {N ( ) }
e T k e k
T = {U 3 } = H (e)
{ 1}
T
{ 2 }
T
{12 }
e T
e T
{ } { P ( ) } { R ( ) } {S ( ) }
e
Mettendo assieme la (17.126) e la (17.127) possiamo scrivere la legge di interpolazione per le tre componenti dello spostamento nel modo seguente
{U1} T {0} {U 2 } T {U 3 } {0} {1} T S ( e ) { 2 } {12 }
{ }
{0}
e
{0}
T
{0}
T
{0}
T
{N ( ) }
{0}
T
{0}
e
{0}
e
{0}
e
{H ( ) } {P( ) } {R( ) } { }
T
{u }
(e)
u (pe ) = ( u3e )
{ }
N (pe ) = T {0}
{ } N ( ) } { } {
[ 0]
e k
q(e) p T (e) qk
(17.129)
81
2 2 3 2
= = = = = = = = = = = =
H 1 (1 ) H 1 ( 2 ) H 3 (1 ) H 1 ( 2 ) H 3 (1 ) H 3 ( 2 ) H 1 (1 ) H 3 ( 2 ) a1 H 2 (1 ) H 1 ( 2 ) a1 H 4 (1 ) H 1 ( 2 ) a1 H 4 (1 ) H 3 ( 2 ) a1 H 2 (1 ) H 3 ( 2 ) a2 H1 (1 ) H 2 ( 2 ) a2 H 3 (1 ) H 2 ( 2 ) a2 H 3 (1 ) H 4 ( 2 ) a2 H1 (1 ) H 4 ( 2 )
4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4
= = = = = = = = = = = =
N1 1 N2 1 N3 1 N4 1 N1 2 N2 2 N3 2 N4 2
= N1 12 = N 2 12 = N 3 12 = N 4 12
82
11 = u1,1 = 22 = u2,2 =
{ }
T ,1
{U1}
T , 2
1 N (e) a2
{ }
{U 2 }
1 N (e) a2
12 = u1,2 + u2,1 =
Quindi,
1 1 u1,2 + u2,1 a2 a1
{ }
T , 2
{U1} +
1 N (e) a1
{ }
T ,1
{U 2 }
{ }
p
{ }
{ } { }
{ }
T {U 2 } ,1
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
T ,1
{0}
1 N (e) a2
T , 2
{ }
{ }
1 N (e) a1
{ }
T , 2 T ,1
(17.130)
83
11 = u3,11 =
= 1 (e) H a12
1 u3, a12 1 1
T T T
1 1 1 1 1 1 1 1
{ }
22 = u3,22 =
= 1 (e) H 2 a2
{ }
T , 2 2
12 = 2u3,12 =
= Quindi, 2 (e) H a1a2
2 u3, a1a2 1 2
{ }
T ,1 2
11 { } = 22 12 1 (e) T (e) T (e) T (e) T 2 H , {U 3 } + P , {1} + R , { 2 } + S , {12 } 1 1 1 1 1 1 1 1 a1 T T T T 1 = 2 H (e) {U 3} + P( e) , {1} + R( e) , { 2 } + S ( e) , {12 } , 2 2 2 2 2 2 2 2 a2 2 (e) T (e) T (e) T (e) T H , {U 3 } + P , {1} + R , { 2 } + S , {12 } 1 2 1 2 1 2 1 2 a1a2 T T 1 1 1 1 (e) T (e) T P(e) R(e) S 2 H , ,11 ,11 ,11 1 1 a12 a12 a12 a1 T T T 1 1 1 1 (e) T = 2 H (e) P(e) R(e) S 2 2 2 , 2 2 , 2 2 , 2 2 , 2 2 a2 a2 a2 a2 T T T T 2 2 2 2 H (e) P(e) R(e) S (e) ,1 2 ,1 2 ,1 2 ,1 2 a1a2 a1a2 a1a2 a1a2
{ }
{ }
{ } { }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ } { }
{ }
{ }
{ }
( = Bk( e ) qke )
dove si posto
84
{ }
{ }
T ,11
{ }
T ,11
{ }
{ }
T , 2 2
{ }
T , 2 2 T ,1 2
{ }
{ }
2 R(e) a1a2
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
T
B (pe )
T
{ }
Bk( e )
T
([ A] B {q } [ B] B {q }) ([ B] B {q } [ D] B {q })]dA
T
(e)
p
(e)
p
(e)
(e)
(e)
p
(e)
p
(e)
(e)
1 (e) ( qp 2 A(e) + qk
{ }
T
q (pe ) B A B B B B [ ] [ ] (e) q k
(e) p
T
(e) p
(e) p
{ }
(e)
B( e ) T [ B ] B( e ) B( e ) T p k k
T
{ } + { } {q ( ) } ( ) [ D ] B ( ) )dA {q }
T
(e) k
e p
1 (e) qp 2 A(e)
{ } {q }
(e)
k
B( e) T A B( e) B( e) T B B( e) q( e) [ ] p p [ ] k p T p B ( e ) T B B ( e ) B( e) T D B( e ) q ( e ) k [ ] p k [ ] k k
{ } dA { }
(e)
{ }
{ }
85 (17.133)
1 (e) q 2
{ }
K (e) q(e)
{ }
11
11
11
(17.134)
{}
[M ]
= u1 u2 u3 u3,1 u3,2 0 0 S 0 M 0 M 0 0 S = 0 0 M 0 0 0 0 J S 0 0 S 0 0 J
86 segue
Ec
1 T {} [ M ]{ } dA 2A
(17.135)
{ }
{0}
{0}
T
{ }
{0}
e
{0}
e T ,1 T , 2
{}
{ } { }
{P( ) } 1 () {P } a
e 1
{R( ) } 1 () {R } a
T e 1
T ,1
{ }
1 (e) P a2
{ }
1 (e) R a2
{ }
T , 2
{0}
{ } { }
{ }
{ } { }
( = Ne ) q ( e )
{ }
N k( e ) 1 (e) Nk ,1 a1 1 (e) Nk , 2 a2
[ 0]
(17.137)
13
3,1
= ;u = . 1 3, 2 2
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti Sostituendo la (17.137) nella (17.135), si ottiene 1 ( e ) T ( e ) T (e) (e) Ec = q N [ M ] N q dA 2A
87
{ }
T
{ }
= =
1 (e) q 2
{ }
{ }
(17.138)
1 (e) q 2
{ }
M (e) q(e)
{ }
(e) dove l'espressione di M , la matrice delle masse dell'elemento, si ottiene per confronto e vale (e) M11 (e) = [ 0] M M (e) 31
con
(e) M11 = T (e) (e) (e) M N N dA = M 22 A T T (e) (e) (e) = a S N N dA = M 1 , 31 A 1 T T (e) (e) (e) = a S N N dA = M 2 , 32 A 2 T (e) (e) M 33 = dA = M 32
[ 0]
(e) M 22 (e) M 32
(17.139) (17.140)
(17.141)
(17.142)
{ }
88
Lex
= =
{} { p} dA
T
(17.143)
ove si posto { p}
T
[ p1
p2
p3
m1 m2 ]
Lex
{q( ) }
e
(e) N A
{ p} dA
(17.144)
Lex = q ( e )
per confronto si ricava
{ } {F ( ) }
T e e T
{F ( ) } = N ( )
e A
{ p} dA
(17.145)
{F ( ) }
e
{ } { } { }
e
si ha {F ( ) } = {N ( ) } p dA {F ( ) } = {N ( ) } p dA ( ) ( ) ( ) ({ N } p a { N } m a { N }
e
(17.146) (17.147) m2 dA
{F ( ) }
e
,1
, 2
(17.148)
89 (17.149)
La (17.145) tiene conto solo dei carichi distribuiti sulle facce dell'elemento. Vanno ancora aggiunti nella (17.146) e nella (17.147) i contributi di eventuali carichi membranali agenti sui lati dell'elemento, in analogia con quanto fatto per l'elemento quadrangolare Q4M.
u1 ( ) = L1 ( ) U1 + L2 ( ) U 2 + L3 ( ) U 3
con ( 0 1)
= Li ( ) U i
i =1
L1 ( ) = 2 ( 0.5 )( 1) ; L2 ( ) = 4 ( 1) ; L3 ( ) = 2 ( 0.5 ) ;
14
In tutti gli elementi trattati in questo paragrafo,i nodi sono assunti equidistanti
90
Per l'elemento finito a quattro nodi mostrato in Figura 17.31b le funzioni di forma sono i polinomi di Lagrange cubici; si ha
u1 ( ) = L1 ( ) U1 + L2 ( ) U 2 + L3 ( ) U 3 + L4 ( ) U 4
con
= Li ( ) U i
i =1
9 1 2 L1 ( ) = ( 1) ; 2 3 3 27 1 L3 ( ) = ( 1) ; 2 3
L2 ( ) =
27 2 ( 1) ; 2 3
9 1 2 L1 ( ) = ; 2 3 3
( j) (i ) j =1; j i ( j)
dove ( m ) rappresenta il valore che la coordinata naturale assume in corrispondenza del nodo m. Evidentemente, nell'ipotesi adottata di nodi equidistanti, si ha
( m) =
m 1 ; N 1
m = 1, 2,..., N
(17.150)
(n r )
91
Nel paragr?? si introdotto il concetto di coordinate di area. Si fatto osservare che se i, j , e k sono i tre vertici del triangolo, allora i rappresenta la distanza, adimensionalizzata rispetto all'altezza H i del triangolo relativa al lato jk , di una retta parallela al lato stesso. Se ne deduce che per quel che riguarda la coordinata i indifferente considerare il triangolo o un segmento di lunghezza pari all'altezza H i ; lo stesso dicasi per le altre due coordinate j e k . Allora, per ogni coordinata di area come se fossimo in presenza di un elemento unidimensionale e per essa vale quanto detto nel paragrafo precedente; in particolare, il polinomio di Lagrange Lm relativo a tutti i nodi che giacciono
( m) =
lato
jk
(quindi,di
coordinata15
i i( p ) (m) p =1; p m i( p ) i
Analogamente, i polinomi di Lagrange relativi ai nodi giacenti su rette parallele ai lati ik e ij si scrivono, rispettivamente,
Lm ( j ) =
n
j (j p ) (j m ) (j p )
p =1; p m
Lm ( k )
k k( p ) = ( m) p =1; p m k( p ) k
n
possibile ora costruire le funzioni di forma per il triangolo di Figura 17.32, ricordando che le funzioni di forma debbono soddisfare alla propriet di valere 1 nel nodo cui si riferiscono e 0 in tutti gli altri. Evidentemente, ricordando le propriet dei polinomi di Lagrange, per i nodi di vertice i, j , e k si ha16
15 16
Nello schema adottato, m = 1 si riferisce ai lati del triangolo e m = n si riferisce ai vertici. Nello scrivere le espressioni che seguono si tenuto presente che nel vertice i si ha
i = i( n ) = 1 ; nel
vertice j si ha
j = (j n ) = 1 ;nel vertice k
si ha
k = k( n ) = 1 .
92
i i( p ) ( p) p =1 1 i
n 1
j (j p )
1 (j p )
p =1
(17.151)
n 1
k k( p ) ( p) p =1 1 k
Restano da determinare le funzioni di forma relative ai nodi non di vertice. Esse si costruiscono agevolmente se si tiene presente che i fattori che compaiono a numeratore nelle espressioni dei polinomi di Lagrange rappresentano, quando uguagliati a zero, le equazioni delle rette passanti per i punti nodali, escluso il nodo cui si riferisce la funzione; il denominatore non altro che il numeratore valutato nel nodo cui si riferisce la funzione. Allora la funzione di forma relativa al generico nodo r avr a numeratore il prodotto delle espressioni che si ottengono dalle equazioni che rappresentano le rette non passanti per il nodo r ed a denominatore il numeratore valutato nel nodo r. Per chiarire la procedura esposta, si consideri come primo esempio il triangolo a sei nodi rappresentato in Figura 17.33. Per esso si ha N=6; n=3.
93
1(1) = 0; 1( 2) = ; 1( 3) = 1(i ) = 1;
Segue dalla eq. (17.151)(1), N1 (1 )
(1) ( 2) 1 1( p ) 1 1 1 1 = = = 1 ( 21 1) ( p) p =1 1 1 1(1) 1 1( 2) 1
2
1 2
)( )(
2(1) = 0; 2( 2) = ; 2( 3) = 1(i ) = 1;
Segue dalla eq. (17.151)(2), N 2 ( 2 )
(1) ( 2) 2 2( p ) 2 2 2 2 = = = 2 ( 2 2 1) ( p) ( ( p =1 1 1 21) 1 2 2) 2
2
1 2
)( )(
94
3(1) = 0; 3( 2) = ; 3( 3) = 1(i ) = 1;
Segue dalla eq. (17.151)(3), N 3 ( 3 )
(1) ( 2) 3 3( p ) 3 3 3 3 = = = 3 ( 2 3 1) ( p) p =1 1 1 3(1) 1 3( 2) 3
2
1 2
)( )(
1 1 Consideriamo ora il nodo di vertice 4. Esso ha coordinate 1 = ; 2 = ; 3 = 0 . La 2 2 funzione N 4 deve annullarsi nei nodi 1, 2, 3, 5 e 6 ed assumere valore unitario nel nodo 4: ci equivale ad imporre che N 4 si annulli sui lati 13 e 23 .Queste due linee in termini delle coordinate di area 1 , 2 e 3 hanno equazioni 2 = 0 e 1 = 0 , rispettivamente. Si ottiene cos
N 4 (1 , 2 ) =
1 2
11 22
= 4 1 2
Ripetendo lo stesso discorso per gli altri due nodi non di vertice, abbiamo
N 5 ( 2 , 3 ) = N 6 (1 , 3 ) =
2 3 1 3
11 22 11 22
= 4 2 3 = 4 1 3
Per le funzioni di forma relative ai nodi non di vertice possiamo pertanto scrivere (quando j = 3 allora j + 1 = 1 )
N i = 4 i i +1 ; i = j + 3;
j = 1, 2, 3
Come ulteriore esempio, consideriamo il triangolo a 10 nodi mostrato in Figura 17.34. Per esso si ha N=10; n=4.
95
1(1) = 0; 1( 2) = ; 1(3) = ; 1( 4) = 1( i ) = 1;
Segue dalla eq. (17.151)(1),
1 3
2 3
N1 (1 ) =
1 1 = ( p) p =1 1 1
3
( p)
1 1 1 3 3
1 2 = 9 1 2 1 1 1 2 3 3 1 2 1 1 3 3
96
2 1 Consideriamo ora il nodo di vertice 4. Esso ha coordinate 1 = ; 2 = ; 3 = 0 . La 3 3 funzione N 4 deve annullarsi in tutti i nodi, tranne che nel nodo 4 dove assume valore unitario: ci equivale ad imporre che N 4 si annulli sui lati 13 e 23 e sulla linea 58 . I due lati in termini delle coordinate di area 1 , 2 e 3 hanno equazioni 2 = 0 e 1 = 0 , 1 rispettivamente; la linea 58 equazione 1 = . Si ottiene cos 3
N 4 (1 , 2 ) =
1 2 1 3
1 2 1 2 1 3 3 3 3
27 1 1 2 1 2 3
Ripetendo lo stesso discorso per gli altri cinque nodi posti sui lati del triangolo, abbiamo
N 5 (1 , 2 ) = N 6 ( 2 , 3 ) = N 7 ( 2 , 3 ) = N8 (1 , 3 ) N 9 (1 , 3 ) = =
27 1 1 2 2 2 3 27 1 2 3 2 2 3 27 1 2 3 3 2 3 27 1 1 3 3 2 3 27 1 1 3 1 2 3
1 1 1 Consideriamo ora il nodo interno 10. Esso ha coordinate 1 = ; 2 = ; 3 = . La 3 3 3 funzione N10 deve annullarsi in tutti i nodi, tranne che nel nodo 10 dove vale 1: ci equivale ad imporre che N10 si annulli su tutti e tre i lati del triangolo, i quali in termini delle coordinate di area 1 , 2 e 3 hanno equazioni 1 = 0 , 2 = 0 e 3 = 0 . Si ottiene cos N10 (1 , 2 , 3 ) =
1 2 3
111 333
= 27 1 2 3
97
p = 0,1, 2,....
Esso caratterizzato dall'avere su ogni lato e su ogni parallela ad esso un numero di nodi n=p+1. L'elemento quadrangolare a quattro nodi QM4 studiato nel paragr. 17.13 dunque un elemento lagrangiano del primo ordine. Anche le funzioni di forma lagrangiane per gli elementi di ordine superiore si ottengono dal prodotto tensore delle corrispondenti funzioni di interpolazione unidimensionali discusse nel paragr. 17.11 , come visto nel paragr. 17.13, eq. ??. Per chiarire quanto detto, si consideri come primo esempio l'elemento quadrangolare a nove nodi rappresentato in Figura 17.36. Per esso si ha N=9 e, quindi, p=2. Trattasi dunque di elemento lagrangiano del secondo ordine.
17
Il caso
p= 0
98
2
Figura 17.36 Elementi.
Per le funzioni di forma, effettuando il prodotto tensore delle funzioni di interpolazione unidimensionali (polinomi di Lagrange quadratici) in direzione 1 con le altre in direzione 2 ,si ha 1 2 (1 1) 1 N7 1 N 6 = (1 1 )(1 + 2 ) ( 2 1) 2 1 2 N5 (1 + 1) 1 2
N1 N 2 N3 ovvero
N8 N9 N4
(1 2 )(1 + 2 )
1 ( 2 + 1) 2 2
Capitolo 17: Il metodo degli elementi finiti N1 = 1 (1 1)( 2 1) 1 2 4 1 (1 + 1)( 2 1) 1 2 4 1 (1 + 1)( 2 + 1) 1 2 4 1 (1 1)(1 + 2 ) 1 2 4 N2 = 1 (1 12 ) ( 2 1) 2 2 1 (1 + 1 ) (1 22 ) 1 2 1 (1 12 ) (1 + 2 ) 2 4 1 (1 1) (1 22 ) 1 4
99
N3 =
N1 =
N5 =
N6 =
N7 =
N8 =
N 9 = (1 12 )(1 22 ) Come secondo esempio si consideri l'elemento quadrangolare a 16 nodi rappresentato in Figura 17.37. Per esso si ha N=16 e, quindi, 3=2. Trattasi dunque di elemento lagrangiano del terzo ordine.
10
11
16
15
12
13
14
100
Marco Di Sciuva Elementi di analisi strutturale 18 2 1 18 2 1 35 (1 1) 1 36 35 ( 2 1) 2 36 N10 108 108 1 2 1 2 1 (1 1) 2 ( 2 1) N9 6 6 35 35 = N8 108 + 1 ( 2 1) 108 + 1 ( 2 1) 35 1 6 1 35 2 6 2 N7 18 ( + 1) 2 1 18 ( + 1) 2 1 2 1 2 35 1 36 35 36
T
N1 N2 N3 N4
101
E evidente che questo non un elemento lagrangiano e, di conseguenza, le funzioni di forma non possono essere ottenute come prodotto tensore di polinomi di Lagrange unidimensionali. Mostriamo allora la procedura per costruire le funzioni di forma. Come gi ripetutamente detto, la funzione di forma N1 deve annullarsi nei nodi 2,3,....,8 ed assumere valore unitario nel nodo 1: ci equivale a dire che N1 deve annullarsi, vedi figura 17.38, sui lati di equazioni 1 = 1 e 2 = 2 e sulla retta di equazione 1 + 1 + 2 = 0 . Dunque, N1 assume l'espressione
N1 = c (1 1 )(1 2 )(1 + 1 + 2 )
1 dove la costante c si determina imponendo che N1 ( 1, 1) = 1 ; si ottiene c = . 4 Procedendo in modo analogo per tutte le altre funzioni di forma, si ottiene il seguente risultato Nodi di vertice Ni = 1 ( ( 1 + 1(i )1 1 + 2i ) 2 1(i )1 + 2i ) 2 1 ; 4
)(
)(
i = 1,3, 5, 7
i = 2, 6 i = 4,8
(17.152) (17.153)
{ ( s )} = Q ( s ) ({ ( s ) ( s ) })
*
(17.154)
avendo indicato con ( s ) il vettore delle componenti della deformazione dovuta agli
effetti igrotermici.
102
Deformazioni igrotermiche
{ ( s ) } = T { ( s )} + m { ( s )}
(17.155)
dove
{ ( s )}
= 11 ( s ) 22 ( s ) 12 ( s )
il vettore dei coefficienti di dilatazione termica dell' s-esimo strato (supposti indipendenti da T e m ), riferiti agli assi x1 , x2 e
= 11 ( s ) 22 ( s ) 12 ( s ) il vettore dei coefficienti di dilatazione per assorbimento di umidit (supposti indipendenti da T e m ) dell' s-esimo strato, riferiti agli assi x1 , x2 ; T e m (in generale funzioni di x1 , x2 , x3 ) rappresentano l'incremento di temperatura T e d umidit m (espresso in percentuale di incremento di peso) rispetto ad un valore di riferimento.
T
{ ( s )}
Variazione virtuale dell'energia di deformazione elastica La variazione virtuale dell'energia di deformazione elastica della piastra composita, conseguente ad una variazione virtuale { } della deformazione totale vale
d = = { ( s )} { ( s )} d =
T
[ A]{ p } + [ B ]{ } { p } + [ B ]{ p } + [ D ]{ } { } d (17.156)
({N } { } + {M } { }) d
T T p
({N } { } + {M } { }) d
T T p
) )
(17.157)
M xx z xx {M } = M yy = z yy = z Q ( s ) { ( s )} T + z Q ( s ) { ( s )} m M z xy xy
(17.158)
103
Per esempio, nell'ipotesi che il gradiente di temperatura abbia andamento lineare lungo lo spessore del laminato e che sia costante la percentuale di umidit assorbita,
T = T0 + zT1 ; m = costante
si ottiene
N xx A1t B1t A1m t t m N yy = T0 A2 + T1 B2 + m A2 N At Bt Am xy 6 6 6 t t M xx B1 D1 B1m t t m M yy = T0 B2 + T1 D2 + m B2 M Bt Dt Bm xy 6 6 6
(17.159)
(17.160)
dove
(A ,B ,D )
t i t i t i
= =
((1, z, z ) Q )
2 t i
(A
e
m i
, Bim )
( (1, z ) Q )
m i
Qit ( s ) = Q i1 ( s ) xx ( s ) + Q i 2 ( s ) yy ( s ) + Q i 6 ( s ) xy ( s ) Qim ( s ) = Q i1 ( s ) xx ( s ) + Q i 2 ( s ) yy ( s ) + Q i 6 ( s ) xy ( s )
per i = 1, 2, 6 .
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